Kosovo: l'industria del sesso

Nonostante il Kosovo sia un protettorato internazionale
rimane, a tre anni dalla fine della guerra, un'area
politicamente instabile nonche' luogo di traffici illegali
ed uno dei centri piu' attivi per la cosiddetta "industria
del sesso".

(07/08/2002) Il recente rapporto dell'Institute for War &
Peace Reporting, redatto da Jeta Xharra, titola per l'appunto
"Kosovo sex industry". La giornalista di origine albanese ha
condotto un'indagine sul luogo, in cui ha descritto i locali
notturni dove ragazze provenienti da diversi paesi, in
prevalenza Moldavia, Ucraina, Romania, si esibiscono in
spogliarelli e offrono "servizi vari" ai clienti piu' esigenti.

Come riporta la Xharra, nel Kosovo post bellico l'industria del
sesso e' il "business" che sta crescendo piu' velocemente: il
paese infatti e' stato sottoposto ad uno sconvolgimento
sociale e politico senza precedenti dopo il conflitto del
1999. Mobilitata per oltre un decennio contro il regime di
Milosevic, la popolazione ora e' ridotta al ruolo di al
bergatore per la forza di peacekeeping della KFOR,
che fornisce un flusso stabile di clienti ai circa 120
"strip club".

La provenienza delle ragazze impiegate nei locali notturni
come abbiamo detto e' varia. "Circa il 60 per cento proviene
dalla Moldavia, le altre dalla Romania e dall'Ucraina".
Secondo i dati forniti dalla International Organisation of
Migration (IOM) il 70 per cento delle donne viene adescato
direttamente nei paesi di provenienza con la promessa
di lavori comuni, quali servizi di pulizia, baby-sitting
e lavori domestici.

Sebbene l'arrivo dei 45.000 peacekeepers internazionali -
continua il rapporto - sia stato un fattore di sicuro
incremento per l'industria del sesso, secondo ricerche
svolte lo scorso anno da un team della IOM in Kosovo le
vittime del trafficking affermano che la maggior parte
della loro clientela e' composta da persone locali.
Inoltre, nonostante la riluttanza ad ammettere che donne
kosovare siano oggetto di trafficking e di prostituzione,
la giornalista dell'IWPR riporta alcuni casi di donne
kosovare rapite e costrette a prostituirsi.

La citta' che piu' sembra essere coinvolta nell'industria
del sesso e' Urosevac (in albanese Ferizaj), ai confini
con la Macedonia. Gia' prima della guerra - si legge
nel rapporto - questa citta' di circa 130.000 abitanti
godeva di una pessima reputazione, guadagnandosi il titolo
di capitale dei gangsters kosovari. A differenza di
Pristina, dove le donne non possono entrare liberamente
nei club, a Urosevac possono farlo in tutta tranquillita'.
I gestori dei locali non sembrano nemmeno preoccuparsi
della polizia. A colloquio con Jamie Higgins, capo della
sezione dell'UNMIK che si occupa del trafficking e della
prostituzione, la giornalista dell'IWPR e' venuta a sapere
che "in quanto centro del crimine organizzato, un assalto
alla citta' richiederebbe un piano dettagliato ed un
numero consistente di poliziotti sul terreno - molti
pie' di quelli a disposizione dell'Unita' per il
trafficking e la prostituzione".

Ma una dichiarazione simile stride col fatto che, sempre
a Urosevac, l'Apachi Club, che prende il nome del famoso
elicottero degli USA, e' stato uno dei primi club ad
aprire dopo l'intervento della NATO, con ogni probabilita'
- scrive la ricercatrice dell'IWPR - per offrire servizi
ai clienti di Bondsteel, la vicina base militare statunitense.

A cura di Luka Zanoni
Fonte: IWPR , Osservatorio sui Balcani
http://www.osservatoriobalcani.it/