ROSSO XXI
Periodico del Movimento per la Confederazione dei Comunisti
http://www.confederazionecomunisti.it/ROSSOXXI.htm
N° 12 - SETTEMBRE 2002
IL "PROCESSO MILOSEVIC" E L'IMPERIALISMO
di Aldo Bernardini
(quarta ed ultima parte)
(Per leggere l'articolo nella sua interezza si vedano le URL:
http://www.confederazionecomunisti.it/Il%20processo%20
Milosevic%20e%20l%27imperialismo.htm
e
http://www.confederazionecomunisti.it/Il%20processo%20
Milosevic%20e%20l%27imperialismo2.htm )
6. Non cessava però l?azione antijugoslava. L?imperialismo
non aveva conseguito tutti i suoi scopi. L?Unione Europea per
parte sua riprendeva dunque in questa fase l?azione di
embargo contro la Jugoslavia. Ad es., si vietavano le
forniture di prodotti petroliferi alla Serbia con eccezioni,
se autorizzate, per il Montenegro e il Kosovo;
successivamente si consentiva, sempre previa autorizzazione,
la fornitura di prodotti petroliferi soltanto alle città di
Nis e di Pirot, amministrate dall?opposizione jugoslava, nel
quadro di un progetto ?energia in cambio della democrazia?!
L?eliminazione di Milosevic restava all?ordine del giorno,
per gli occidentali. L?obiettivo venne perseguito con la
gravissima, inammissibile pressione nei confronti delle
elezioni jugoslave del 24 settembre 2000: o la ?democrazia?
(come la intendono lorsignori, e cioè l?asservimento) o ogni
sorta di guai. Il 18 settembre 2000, a Bruxelles, i ministri
degli esteri dell?Unione europea hanno approvato un inaudito
?messaggio al popolo serbo?, invitandolo a ?ricusare
chiaramente e pacificamente la politica di Milosevic?
attraverso le elezioni. ?Una scelta elettorale che conducesse
a un cambiamento democratico (la consueta solfa: democratico
come lo intendono lorsignori o i ?soliti noti?: n.d.a.)
provocherebbe un mutamento radicale della politica
dell?Unione europea nei confronti della Serbia?. Pur senza
verifica di eventuali precedenti, si può affermare che è
entrato così sulla scena mondiale il ?gangsterismo
internazionale? con un infame ricatto, che prosegue quello di
Rambouillet, contro la libera scelta elettorale del popolo
jugoslavo.
La turpe vicenda delle elezioni jugoslave del 24 settembre
2000 è stata dunque connotata dalla prosecuzione
dell?ingerenza degli Stati NATO, esercitata a tutto campo,
nonostante una vana denuncia del governo jugoslavo al C.d.s.,
con i finanziamenti ingenti alle opposizioni, campagne
massicce di propaganda e falsificazioni attraverso i media
radio-televisivi dall?esterno, manovre militari e navali in
tutti gli spazi circostanti e il dichiarato ricatto sugli
elettori jugoslavi, dopo gli ottanta giorni di bombardamenti,
attraverso la minaccia di mantenere e aggravare le sanzioni e
di eventuali altre misure, nel caso il risultato del voto non
fosse stato quello voluto dall?Occidente. Proprio perché
l?esito elettorale non è apparso subito appagante
(nell?elezione al Parlamento federale la maggioranza è stata
presa dal Partito socialista e dagli alleati di Milosevic),
si è innescato un vero e proprio ?colpo di stato?,
mimetizzato come esito di manifestazioni popolari, in realtà
finanziate e pilotate anch?esse in larga misura dall?estero:
il risultato elettorale tra i due candidati presidenziali ha
visto il prevalere di non eccessiva misura di Kostunica, ma
anche sulla base dell?annullamento delle votazioni relative
al Kosovo, ciò che avrebbe imposto la ripetizione di tali
votazioni ?regionali?: con tutta e maggiore probabilità si
sarebbe dovuta tenere una votazione di ballottaggio a livello
federale, ma questo è stato impedito anche dagli organizzati
e foraggiati (pure dall?estero) moti di piazza, con lo scopo
pure di ?disintegrare? nei fatti il successo del Partito
socialista di Milosevic. Cosicché in Serbia è divenuto
premier il principale agente dell?imperialismo, Djindjic. La
violazione del divieto di ingerenza e di attentato
all?indipendenza politica della Federazione jugoslava (art.
2, punto 4, Carta) è stata ancora una volta mostruosa e
toglie ogni validità ?democratica? e giuridica alle elezioni
presidenziali e ai cambiamenti fattuali susseguiti.
La nuova dirigenza jugoslava, voluta dagli Stati NATO, ha fra
l?altro, pure con violazioni costituzionali, compromesso la
posizione della Jugoslavia quale membro originario delle
N.U.. Il presidente federale Kostunica ha presentato domanda
di ammissione della Jugoslavia alle N.U. come nuovo membro,
infrangendo quindi la corretta posizione della continuità
dello Stato. Ciò fra l?altro espone la Jugoslavia a gravi
problemi in tema di continuità di trattati e rapporti
internazionali e a richieste di risarcimento da parte
soprattutto delle altre repubbliche ex jugoslave. Non basta.
Proprio Kostunica ha firmato con il presidente montenegrino
Djukanovic (a quanto si dice implicato in affari di
contrabbando e aspirante secessionista) un?intesa per
l?allentamento dei vincoli federali tra Serbia e Montenegro,
con la prospettiva di un?eventuale separazione allo scadere
di un triennio, e inoltre la sottoposizione ad arbitrato
dell?Unione europea delle questioni attinenti all?attuazione
dell?intesa: che peraltro sta incontrando difficoltà nelle
assemblee parlamentari jugoslave competenti.
Si comprende come la vicenda elettorale del settembre 2000
possa plausibilmente considerarsi sfociata in un colpo di
stato promosso dalle forze imperialistiche. Anche qui
ingerenza esterna e violazioni costituzionali interne
attestano lo stravolgimento del diritto e la distorsione dei
fatti.
7. Ben si intende come per portare avanti questi disegni
fosse necessario fiaccare il Partito socialista serbo e
togliere dalla scena politica il suo presidente Slobodan
Milosevic. Questa è stata la mira di lungo tempo dei centri
imperialistici, che pure di Milosevic si erano serviti per
compromessi inevitabili (e per i quali Milosevic stesso verrà
criticato dagli jugoslavi o serbi più intransigenti). Forse
può apparire esagerato ritenere che il Tribunale dell?Aja sia
stato costituito proprio con il lontano e primario bersaglio
costituito dagli jugoslavi resistenti e dalla loro componente
più tenace, quella serba, e dunque da Milosevic come leader
più prestigioso di tali forze. Se si scorrono le cronache, si
vedrà che la minaccia di incriminazione contro Milosevic e i
suoi principali collaboratori è stata agitata da tempo,
mentre nulla di serio è stato mai incombente sul leader
croato Tudjiman (ora defunto) e su quello bosniaco-musulmano
Izebetgovic, così che talune incriminazioni di croati e
bosniaci-musulmani possono dare l?impressione di azioni di
copertura.
L?incriminazione formale di Milosevic da parte del Tribunale
dell?Aja è avvenuta durante i bombardamenti della primavera
1999: incriminazione di un capo di stato in carica, con
l?evidente scopo immediato di giustificare l?illegale azione
degli Stati NATO. Atto gravissimo e fuori da ogni regola
internazionale. La stessa incriminazione di Milosevic e
l?ordine di arresto di un capo di stato in funzione hanno
urtato contro specifiche norme internazionali sulle immunità
degli individui-organi, come può desumersi dalla recente
sentenza del 14 febbraio 2002 della Corte internazionale di
giustizia in una controversia tra Congo e Belgio: norme che,
certamente, nessuna decisione del C.d.s. avrebbe potuto
validamente intaccare.
La nuova dirigenza jugoslava, oltre ad avere intrapreso una
via liberistica rovinosa per il popolo, si è piegata - con
qualche contrasto fra Kostunica e Djindjic - persino a una
collaborazione con l?illegittimo Tribunale dell?Aja per i
crimini nella ex Jugoslavia (il quale ha, oltretutto,
dimostrato la sua partigianeria, ?archiviando? senza esame -
l?ineffabile procuratore Carla Del Ponte - le denunce
presentate contro i crimini della NATO, condannati invece in
precedenza dalla sentenza del Tribunale distrettuale di
Belgrado del 21 settembre 2000).
L?incarcerazione a Belgrado del presidente Slobodan
Milosevic, nel marzo 2001, è avvenuta, tra proteste popolari
che forse proprio Milosevic ha impedito sfociassero in
episodi cruenti, sulla base di accuse di reati finanziari, a
quanto pare del tutto inconsistenti. In realtà si trattava di
mettere sotto custodia l?ex presidente per la successiva
ignominiosa operazione: la consegna di Milosevic (28 giugno
2001) all?illegale ?Tribunale internazionale dell?Aja per i
crimini nella ex Jugoslavia? è avvenuta, dietro promessa di
danaro (si ripercorra l?intervista a Djindjic all?inizio di
questo scritto), con l?infamia di una implicita, nella
sostanza falsa, assoluzione dei crimini occidentali e NATO a
sfregio delle vittime e dei sacrifici del popolo jugoslavo: è
stata addirittura ignorata una pronuncia della Corte
costituzionale jugoslava, che aveva sospeso - era stato
impossibile votare una legge che in realtà avrebbe poi dovuto
aver rango costituzionale! - un decreto governativo federale
sulla cooperazione con il Tribunale dell?Aja, in quanto
contrastante con il divieto dell?estradizione di cittadini
stabilito dall?art. 27 della Costituzione federale. In
realtà, la consegna dell?(ex) presidente Milosevic è stata
effettuata sulla base di un successivo decreto del governo
serbo, cioè di un?entità federata assolutamente incompetente
(e comunque addirittura in violazione dell?art. 47 della
stessa Costituzione serba, anch?esso vietante l?estradizione
dei cittadini). Dopo l?avvenuta consegna di Milosevic, la
Corte costituzionale jugoslava ha consolidato in annullamento
(6 novembre 2001) la sospensione, del 28 giugno 2001, del già
ricordato decreto governativo federale. Come è chiaro,
assolutamente illegittimo è il decreto serbo.
Rapimento e sequestro di persona: in un mondo di media
civiltà giuridica verrebbe così classificata la cattura e la
consegna del presidente Slobodan Milosevic.
Per completezza, si ricorda che recentemente il parlamento
federale ha approvato una legge (non costituzionale) sulla
cooperazione con il Tribunale dell?Aja, legge alla quale si
vorrebbe dare effetto retroattivo e che appare comunque
viziata sotto diversi profili costituzionali: nuove pressioni
soprattutto statunitensi sul piano dei promessi aiuti
finanziari hanno ottenuto questo risultato, in base al quale
taluni collaboratori di Milosevic si sono ?spontaneamente?
consegnati al Tribunale dell?Aja.
8. In una guerra civile accadono fatti orribili da tutti i
lati ma attribuirne la responsabilità ad una parte sola e
soprattutto direttamente a un determinato dirigente è prova
di fondamentale, radicale mancanza di senso storico e
sentimento di giustizia, questa rivelandosi solo come
giustizia dei vincitori (ben singolari ?vincitori? peraltro,
nel caso jugoslavo). La praticamente nulla considerazione
riservata ai comportamenti dei croati e dei bosniaci
musulmani, dirigenti compresi, dal Tribunale dell?Aja
(l?autodeterminazione negata ai serbi di Krajina e di Bosnia
e la relativa ?pulizia etnica?), nonché ancora a quelli
dell?Uck (con la massiccia cacciata dei serbi dal Kosovo) e
in modo particolarmente rivelatore il già ricordato non luogo
a procedere in rapporto alla denuncia degli evidentissimi
crimini NATO (78 giorni di bombardamenti anche all?uranio
impoverito su ogni tipo di obiettivi in Jugoslavia), ne
costituiscono definitiva dimostrazione. Nella consegna
dell?ex Presidente Milosevic, il volgare baratto monetario
(un uomo contro danaro? bene ha detto Raniero La Valle,
quella moneta al cambio vale ?trenta denari?) attesta che non
di ?giustizia internazionale? si tratta (ammesso e non
concesso che questa possa esistere), bensì della svendita di
un uomo da sacrificare, acciocché l?umanità creda di aver
trovato il colpevole di tutto e i veri aggressori risultino
mondati.
Personalmente ritengo per tanti motivi, che qui non possono
neppure sfiorarsi, che prevalgano nell?attuale contesto
mondiale le considerazioni di inopportunità rispetto a
meccanismi di c.d. giustizia penale internazionale nei
confronti di individui e in particolare di organi titolari di
funzioni statali. Senza dubbio, una legittimità formale in
tali meccanismi può riconoscersi, qualora basati su accordi
tra Stati che vengano ratificati nel rispetto delle relative
Costituzioni (vengono infatti spesso in gioco garanzie
costituzionali). Ma tale legittimità è del tutto carente in
organismi creati in decisioni del C.d.s. delle N.U.: si
tratta dei due casi del Tribunale per la ex Jugoslavia e di
quello per il Ruanda.
Tralasciamo quest?ultimo. Per il primo, forti perplessità
furono sollevate in C.d.s. da alcuni Stati, come la Cina, che
peraltro, malauguratamente e diremmo sciaguratamente, non
esitarono ad avallare con il voto una soluzione non
ammissibile in diritto internazionale, l?istituzione del
Tribunale.
Singolare (ma forse non troppo) è che furono gli Stati Uniti
a mostrarsi assolutamente determinati, e ad essere
determinanti, per l?istituzione del Tribunale: proprio dunque
lo Stato che rifiuta oggi categoricamente di sottoporsi alla
recentemente costituita Corte penale internazionale (di Roma)
sui crimini di diritti internazionale. Si vuole per altri,
anzi si impone, ciò che si respinge per se stessi. Vero è che
anche nei riguardi del Tribunale dell?Aja gli USA cominciano
a manifestare impazienza e a ventilare termini per la
cessazione della sua attività: a supporto, se ce ne fosse
bisogno, della conclamata indipendenza di quell?organismo e
probabilmente perché l?iniziativa si sta rivelando
controproducente proprio nel caso Milosevic. Va però tenuta
d?occhio con molta cautela l?alternativa, non sempre
internazionalmente lecita, che stanno oggi privilegiando
taluni centri imperialistici, a cominciare dagli Stati Uniti:
l?estensione ?universale? della propria giurisdizione penale
statale per certe categorie di reati (contro l?umanità,
terrorismo ecc.) per l?arbitrarietà basata sulla forza che
impronta di sé tali iniziative (anche se talora rivolte
contro effettivi criminali internazionali?).
Il Tribunale penale internazionale (dell?Aja) per i crimini
nella ex Jugoslavia (giudice ad hoc, quindi ?speciale?, in
parte funzionante retroattivamente, con norme processuali
discutibilissime, finanziato anche da privati come Soros e da
singoli Stati come gli USA, che impiega come polizia
giudiziaria forze della NATO, cioè occupanti e aggressori
della Jugoslavia, e utilizza i servizi segreti degli stessi
paesi), non ha fondamento normativo. A parte questo aspetto
basilare, non appare difficile riscontrare nel suo
funzionamento, tanto per le relative norme quanto per la
prassi e la giurisprudenza sviluppate, violazione di
importanti principi sui diritti dell?uomo (quelli
dell?imputato Milosevic sono ampiamente violati, e per questo
si agita il problema di un ricorso alla Corte europea dei
diritti dell?uomo di Strasburgo) e distorsioni della realtà
di fatto e giuridica. Non dimentichiamo certo le
incriminazioni ?segrete? o i veri e propri sequestri di
persona per catturare gli incriminati, che non hanno escluso
scontri sanguinosi e perdite di vite umane! D?altra parte, se
la competenza per materia appare ritagliata in modo da
escludere i crimini contro la pace (pur se non, formalmente,
gli altri crimini in ipotesi ascrivibili a soggetti diversi
da quelli jugoslavi, come gli Stati occidentali operanti o
non nel quadro della NATO), tale mutilazione incide sul
generale contesto di riferimenti assunto dallo stesso
Tribunale rispetto alle vicende jugoslave: queste vengono
acriticamente valutate secondo la corrente interpretazione
occidentale (sull?autodeterminazione, sull?estinzione dello
Stato jugoslavo, sulla Jugoslavia federale come aggressore,
ecc.).
Nella sua dichiarazione sulla illegittimità del Tribunale
dell?Aja, resa davanti a questo il 30 agosto 2001, Milosevic
sintetizza in modo chiaro i tre fondamentali vizi che
inficiano l?azione di tale organo ?giudiziario?: la Carta
delle N.U. non dà al C.d.s. il potere di creare un tribunale
penale; un tribunale che riguarda un unico contesto temporale
e politico e prende di mira un singolo Paese ed è stato
creato dal ?potere politico internazionale? per servire i
propri interessi geo-politici, non è idoneo ad operare con
criteri di uguaglianza e conduce a divisioni e violenza; il
tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è
incapace di proteggere i diritti fondamentali o di garantire
un giusto processo.
Nessuna norma della Carta delle N.U. (nonostante gli sforzi
di tanti internazionalisti, degni di miglior causa) ne può
stare a fondamento: solo, e con qualche dubbio, come detto,
una convenzione internazionale, debitamente e
costituzionalmente ratificata dagli Stati interessati,
avrebbe potuto dare una base a un Tribunale internazionale
con giurisdizione su individui. Una convenzione del genere
non può ritenersi surrogata (e solo poi per i fatti di
Bosnia-Erzegovina) dal complesso di accordi di Dayton e di
Parigi (1995) sulla cessazione delle ostilità in
Bosnia-Erzegovina: accordi c.d. in forma semplificata e
comunque non debitamente ratificati (essi comunque
genericamente prevedono non una collaborazione con il
Tribunale dell?Aja, come viene propalato, bensì la normale
cooperazione fra Stati nel perseguimento dei crimini di
guerra), che quindi sono inidonei allo scopo e forse anche
viziati da violenza a danno della parte jugoslava. Le Nazioni
Unite non sono una federazione, non hanno potere diretto
sugli individui; il Consiglio di sicurezza non è un
supergoverno e non ha sugli individui poteri né normativi né
giurisdizionali. Altrimenti, se si seguissero le correnti
interpretazioni estensive di comodo, dovremmo accettare che
il Consiglio di sicurezza possa stabilire, con il pretesto di
una situazione di minaccia alla pace discrezionalmente
pronunciata, qualunque cosa anche nell?ordine interno degli
Stati, la cui indipendenza e sovranità è invece presupposto
invalicabile della loro partecipazione alle Nazioni Unite:
potrebbe dichiarare decaduti i capi di stato e altri titolari
di organi o colpire i cittadini degli Stati (membri o no) e
così via. Saremmo di fronte alla prospettiva spaventosa di
una dittatura mondiale del C.d.s., mentre la Carta delle N.U.
enuncia limiti precisi rispetto ai vincoli assunti dagli
Stati. Il Consiglio di sicurezza non può, al posto di misure
specifiche (di c.d. polizia internazionale) per il
mantenimento o ripristino della pace - quelle indicate come
tipologie dagli artt. 41 e 42 Carta N.U. o similari o al più
l?invio di corpi di pace, salva sempre la riserva delle
questioni interne -, emanare un proprio ?ordine?, con cui si
istituisce un organismo (il Tribunale dell?Aja) dotato di un
potere giurisdizionale su individui (e ancor più
individui-organi), cioè di un potere che il Consiglio di
sicurezza per sé non possiede: una misura che urta
frontalmente con l?ordine costituzionale degli Stati, in
particolare di quello nel caso maggiormente interessato (la
Jugoslavia), e cioè con il ricordato presupposto
dell?indipendenza e sovranità, sulla base del quale gli Stati
divengono membri delle N.U.. Ha giustamente osservato
Milosevic, in uno dei suoi così pertinenti e dignitosi
interventi di fronte al Tribunale dell?Aja, che se la Carta
delle N.U. avesse previsto simili possibilità, le N.U. stesse
non sarebbero mai sorte. Come negare che anche qui si abbia
un totale travolgimento di principi internazionali basilari?
9. Il Presidente Milosevic, pur con qualche errore che possa
ascriverglisi, è stato il difensore accanito della Jugoslavia
precedente e di quella ?residua? e della stessa idea
(progressista) jugoslava, persino quando ha assunto le difese
della componente serba, dalla quale non avrebbe potuto non
prendere le mosse per salvare il salvabile a fronte delle
secessioni e dell?aggressione anzitutto economica e politica
di chi le sosteneva dall?esterno. La sua violenta e
fraudolenta estromissione non ha fornito soluzioni di sorta:
la crisi dei Balcani è lungi da una conclusione (la Macedonia
insegna e tutti gli altri casi restano in realtà aperti).
Solo il mantenimento di un?idea e di una realtà
?jugoslavista? avrebbe potuto consentire esiti diversi.
Il discorso di Milosevic a Kosovo Polie del 28 giugno 1989,
nell?anniversario della storica battaglia del 1389 tra serbi
e turchi, che viene indicato da chi non l?ha mai letto come
un?arringa di fanatico nazionalismo, contiene certo una
difesa dei serbi e il rifiuto di consentire una secessione
del Kosovo, ma esplicitamente associa tali obiettivi ad un
alto apprezzamento della tradizione socialista, del
multiculturalismo e pluralismo nazionali (si conclude con
?viva la Serbia, viva la Jugoslavia!?). Tutto ciò ha trovato,
come è stato già accennato, riflesso normativo nella
Costituzione serba del 1990 e in quella jugoslava del 1992: a
differenza ad es. da quella croata (?la Croazia è lo Stato
dei croati?), queste carte costituzionali fanno riferimento a
coloro che vivono nella Repubblica federata serba o nella
Jugoslavia federale, la Costituzione di quest?ultima è poi
espressamente aperta all?adesione di altre Repubbliche.
Incertezze, errori tattici, forzature non sono mancate, e
neppure probabilmente situazioni di oggettiva formale non
aderenza al precedente dettato costituzionale jugoslavo:
spiegabili peraltro nella congiuntura di disgregazione e
sfacelo progredienti della Federazione di allora e di fronte
all?evidente ostilità non solo platonica delle forze estere
decisive. Ciò può anche avere destato, in altre componenti
della Jugoslavia, timori di volontà serbe egemoniche, volontà
del resto in effetti presenti in talune forze serbe
ultranazionalistiche.
Ma quel che conta è la linea che emerge gradualmente:
Milosevic, pur dovendo prendere atto della sconfitta storica
del socialismo in Europa, ha operato per difendere il
difendibile nel contesto europeo e mondiale e per seminare
quindi per una prospettiva futura, per sostenere una
concezione di indipendenza e di socialità avanzata pur nel
complessivo pauroso arretramento provocato dalla caduta dei
Paesi socialisti europei e dalla piena restaurazione di
rapporti capitalistici, per verità però già anticipata dal
revisionismo a cominciare proprio dalla Jugoslavia. Conta il
mantenimento dell?idea ?internazionalista? jugoslava e
l?apertura costituzionale e pratica a tutte le etnie, difesa
proprio da Milosevic contro gli estremisti. Certo, merita
riflessione il fatto che proprio nel Paese che per primo
aveva conosciuto il revisionismo al potere, o almeno in una
parte fondamentale di esso, vi sia stata la resistenza più
tenace contro l?imperialismo con scandalo di tanti
?comunisti? nostrani, che tuttora professano ammirazione più
o meno dichiarata per il liquidatore Gorbaciov (tutt?altro
che apprezzato da Milosevic) e per questo partecipano ancora,
in modo tante volte subdolo, alla campagna di denigrazione e
di demonizzazione di Milosevic.
E? invece precisamente alla resistenza guidata da Milosevic
e, sinora, al suo esemplare comportamento nel vergognoso
?processo? dell?Aja che riteniamo doversi in larga misura il
fatto che la Jugoslavia e particolarmente la Serbia non
possano considerarsi - nonostante i Quisling che attualmente
la reggono - totalmente domate e, per ora almeno, non
integralmente acquisite all?imperialismo. Se ripercorriamo i
cenni iniziali dell?intervista a Djindjic, siamo ora forse
maggiormente in grado di valutare la portata della condotta
processuale di Milosevic, del suo rifiuto di riconoscere,
come è giuridicamente ineccepibile, lo pseudo-tribunale
speciale che pretende di giudicare l?eroica resistenza di uno
Stato e di un popolo, avendo assolto preventivamente i
crimini dell?imperialismo, del quale quindi quell?organismo
si rivela strumento arbitrario di violenza mascherata da
diritto. Per ora, a quanto si sa, Milosevic sta smontando i
?teoremi giudiziari?, in base ai quali egli dovrebbe apparire
l?artefice, e il principale se non addirittura l?unico
artefice, dei mali della Jugoslavia. Tali ?teoremi? si
fondano su assunti dati per certi e incontrovertibili:
qualunque fosse stata o fosse la sua posizione formale o la
carica rivestita, Milosevic dalla fine degli anni ?80 avrebbe
controllato e organizzato tutto in Jugoslavia e naturalmente
avrebbe anche organizzato, deciso, fatto eseguire o almeno
non impedito, dato che non avrebbe potuto non sapere, i
crimini di guerra e contro l?umanità e addirittura i genocidi
ascritti ai serbi (delle altre componenti quasi non si
parla). Ma indubitabilmente vi è una logica (perversa) in
tutto ciò: la vera colpa è di aver preteso di resistere
all?imperialismo, che quindi è stato ?costretto? a ricorrere
alla guerra! E? merito di Milosevic, e non è un caso che i
media abbiano dopo i giorni iniziali oscurato il processo,
aver disvelato il carattere tutto politico e di parte degli
avvenimenti ?giudiziari? dell?Aja: quia lupus sum, la
?morale? delle forze imperialistiche è stata messa a nudo.
Milosevic, come mi è stato chiaro nell?incontro che ho avuto
con lui il 16 agosto 2001 nell?ingiusto carcere di
Scheveningen, sa bene (sono sue parole) che ?globalizzazione
è nuovo imperialismo, è dominio mondiale, non fondandosi
sull?eguaglianza fra popoli e fra Stati?.
Occorre che le forze antimperialistiche diano maggior
solidarietà a questo dirigente e a tutti gli jugoslavi che
resistono: è dovere e interesse comune.
(4. Fine)
Periodico del Movimento per la Confederazione dei Comunisti
http://www.confederazionecomunisti.it/ROSSOXXI.htm
N° 12 - SETTEMBRE 2002
IL "PROCESSO MILOSEVIC" E L'IMPERIALISMO
di Aldo Bernardini
(quarta ed ultima parte)
(Per leggere l'articolo nella sua interezza si vedano le URL:
http://www.confederazionecomunisti.it/Il%20processo%20
Milosevic%20e%20l%27imperialismo.htm
e
http://www.confederazionecomunisti.it/Il%20processo%20
Milosevic%20e%20l%27imperialismo2.htm )
6. Non cessava però l?azione antijugoslava. L?imperialismo
non aveva conseguito tutti i suoi scopi. L?Unione Europea per
parte sua riprendeva dunque in questa fase l?azione di
embargo contro la Jugoslavia. Ad es., si vietavano le
forniture di prodotti petroliferi alla Serbia con eccezioni,
se autorizzate, per il Montenegro e il Kosovo;
successivamente si consentiva, sempre previa autorizzazione,
la fornitura di prodotti petroliferi soltanto alle città di
Nis e di Pirot, amministrate dall?opposizione jugoslava, nel
quadro di un progetto ?energia in cambio della democrazia?!
L?eliminazione di Milosevic restava all?ordine del giorno,
per gli occidentali. L?obiettivo venne perseguito con la
gravissima, inammissibile pressione nei confronti delle
elezioni jugoslave del 24 settembre 2000: o la ?democrazia?
(come la intendono lorsignori, e cioè l?asservimento) o ogni
sorta di guai. Il 18 settembre 2000, a Bruxelles, i ministri
degli esteri dell?Unione europea hanno approvato un inaudito
?messaggio al popolo serbo?, invitandolo a ?ricusare
chiaramente e pacificamente la politica di Milosevic?
attraverso le elezioni. ?Una scelta elettorale che conducesse
a un cambiamento democratico (la consueta solfa: democratico
come lo intendono lorsignori o i ?soliti noti?: n.d.a.)
provocherebbe un mutamento radicale della politica
dell?Unione europea nei confronti della Serbia?. Pur senza
verifica di eventuali precedenti, si può affermare che è
entrato così sulla scena mondiale il ?gangsterismo
internazionale? con un infame ricatto, che prosegue quello di
Rambouillet, contro la libera scelta elettorale del popolo
jugoslavo.
La turpe vicenda delle elezioni jugoslave del 24 settembre
2000 è stata dunque connotata dalla prosecuzione
dell?ingerenza degli Stati NATO, esercitata a tutto campo,
nonostante una vana denuncia del governo jugoslavo al C.d.s.,
con i finanziamenti ingenti alle opposizioni, campagne
massicce di propaganda e falsificazioni attraverso i media
radio-televisivi dall?esterno, manovre militari e navali in
tutti gli spazi circostanti e il dichiarato ricatto sugli
elettori jugoslavi, dopo gli ottanta giorni di bombardamenti,
attraverso la minaccia di mantenere e aggravare le sanzioni e
di eventuali altre misure, nel caso il risultato del voto non
fosse stato quello voluto dall?Occidente. Proprio perché
l?esito elettorale non è apparso subito appagante
(nell?elezione al Parlamento federale la maggioranza è stata
presa dal Partito socialista e dagli alleati di Milosevic),
si è innescato un vero e proprio ?colpo di stato?,
mimetizzato come esito di manifestazioni popolari, in realtà
finanziate e pilotate anch?esse in larga misura dall?estero:
il risultato elettorale tra i due candidati presidenziali ha
visto il prevalere di non eccessiva misura di Kostunica, ma
anche sulla base dell?annullamento delle votazioni relative
al Kosovo, ciò che avrebbe imposto la ripetizione di tali
votazioni ?regionali?: con tutta e maggiore probabilità si
sarebbe dovuta tenere una votazione di ballottaggio a livello
federale, ma questo è stato impedito anche dagli organizzati
e foraggiati (pure dall?estero) moti di piazza, con lo scopo
pure di ?disintegrare? nei fatti il successo del Partito
socialista di Milosevic. Cosicché in Serbia è divenuto
premier il principale agente dell?imperialismo, Djindjic. La
violazione del divieto di ingerenza e di attentato
all?indipendenza politica della Federazione jugoslava (art.
2, punto 4, Carta) è stata ancora una volta mostruosa e
toglie ogni validità ?democratica? e giuridica alle elezioni
presidenziali e ai cambiamenti fattuali susseguiti.
La nuova dirigenza jugoslava, voluta dagli Stati NATO, ha fra
l?altro, pure con violazioni costituzionali, compromesso la
posizione della Jugoslavia quale membro originario delle
N.U.. Il presidente federale Kostunica ha presentato domanda
di ammissione della Jugoslavia alle N.U. come nuovo membro,
infrangendo quindi la corretta posizione della continuità
dello Stato. Ciò fra l?altro espone la Jugoslavia a gravi
problemi in tema di continuità di trattati e rapporti
internazionali e a richieste di risarcimento da parte
soprattutto delle altre repubbliche ex jugoslave. Non basta.
Proprio Kostunica ha firmato con il presidente montenegrino
Djukanovic (a quanto si dice implicato in affari di
contrabbando e aspirante secessionista) un?intesa per
l?allentamento dei vincoli federali tra Serbia e Montenegro,
con la prospettiva di un?eventuale separazione allo scadere
di un triennio, e inoltre la sottoposizione ad arbitrato
dell?Unione europea delle questioni attinenti all?attuazione
dell?intesa: che peraltro sta incontrando difficoltà nelle
assemblee parlamentari jugoslave competenti.
Si comprende come la vicenda elettorale del settembre 2000
possa plausibilmente considerarsi sfociata in un colpo di
stato promosso dalle forze imperialistiche. Anche qui
ingerenza esterna e violazioni costituzionali interne
attestano lo stravolgimento del diritto e la distorsione dei
fatti.
7. Ben si intende come per portare avanti questi disegni
fosse necessario fiaccare il Partito socialista serbo e
togliere dalla scena politica il suo presidente Slobodan
Milosevic. Questa è stata la mira di lungo tempo dei centri
imperialistici, che pure di Milosevic si erano serviti per
compromessi inevitabili (e per i quali Milosevic stesso verrà
criticato dagli jugoslavi o serbi più intransigenti). Forse
può apparire esagerato ritenere che il Tribunale dell?Aja sia
stato costituito proprio con il lontano e primario bersaglio
costituito dagli jugoslavi resistenti e dalla loro componente
più tenace, quella serba, e dunque da Milosevic come leader
più prestigioso di tali forze. Se si scorrono le cronache, si
vedrà che la minaccia di incriminazione contro Milosevic e i
suoi principali collaboratori è stata agitata da tempo,
mentre nulla di serio è stato mai incombente sul leader
croato Tudjiman (ora defunto) e su quello bosniaco-musulmano
Izebetgovic, così che talune incriminazioni di croati e
bosniaci-musulmani possono dare l?impressione di azioni di
copertura.
L?incriminazione formale di Milosevic da parte del Tribunale
dell?Aja è avvenuta durante i bombardamenti della primavera
1999: incriminazione di un capo di stato in carica, con
l?evidente scopo immediato di giustificare l?illegale azione
degli Stati NATO. Atto gravissimo e fuori da ogni regola
internazionale. La stessa incriminazione di Milosevic e
l?ordine di arresto di un capo di stato in funzione hanno
urtato contro specifiche norme internazionali sulle immunità
degli individui-organi, come può desumersi dalla recente
sentenza del 14 febbraio 2002 della Corte internazionale di
giustizia in una controversia tra Congo e Belgio: norme che,
certamente, nessuna decisione del C.d.s. avrebbe potuto
validamente intaccare.
La nuova dirigenza jugoslava, oltre ad avere intrapreso una
via liberistica rovinosa per il popolo, si è piegata - con
qualche contrasto fra Kostunica e Djindjic - persino a una
collaborazione con l?illegittimo Tribunale dell?Aja per i
crimini nella ex Jugoslavia (il quale ha, oltretutto,
dimostrato la sua partigianeria, ?archiviando? senza esame -
l?ineffabile procuratore Carla Del Ponte - le denunce
presentate contro i crimini della NATO, condannati invece in
precedenza dalla sentenza del Tribunale distrettuale di
Belgrado del 21 settembre 2000).
L?incarcerazione a Belgrado del presidente Slobodan
Milosevic, nel marzo 2001, è avvenuta, tra proteste popolari
che forse proprio Milosevic ha impedito sfociassero in
episodi cruenti, sulla base di accuse di reati finanziari, a
quanto pare del tutto inconsistenti. In realtà si trattava di
mettere sotto custodia l?ex presidente per la successiva
ignominiosa operazione: la consegna di Milosevic (28 giugno
2001) all?illegale ?Tribunale internazionale dell?Aja per i
crimini nella ex Jugoslavia? è avvenuta, dietro promessa di
danaro (si ripercorra l?intervista a Djindjic all?inizio di
questo scritto), con l?infamia di una implicita, nella
sostanza falsa, assoluzione dei crimini occidentali e NATO a
sfregio delle vittime e dei sacrifici del popolo jugoslavo: è
stata addirittura ignorata una pronuncia della Corte
costituzionale jugoslava, che aveva sospeso - era stato
impossibile votare una legge che in realtà avrebbe poi dovuto
aver rango costituzionale! - un decreto governativo federale
sulla cooperazione con il Tribunale dell?Aja, in quanto
contrastante con il divieto dell?estradizione di cittadini
stabilito dall?art. 27 della Costituzione federale. In
realtà, la consegna dell?(ex) presidente Milosevic è stata
effettuata sulla base di un successivo decreto del governo
serbo, cioè di un?entità federata assolutamente incompetente
(e comunque addirittura in violazione dell?art. 47 della
stessa Costituzione serba, anch?esso vietante l?estradizione
dei cittadini). Dopo l?avvenuta consegna di Milosevic, la
Corte costituzionale jugoslava ha consolidato in annullamento
(6 novembre 2001) la sospensione, del 28 giugno 2001, del già
ricordato decreto governativo federale. Come è chiaro,
assolutamente illegittimo è il decreto serbo.
Rapimento e sequestro di persona: in un mondo di media
civiltà giuridica verrebbe così classificata la cattura e la
consegna del presidente Slobodan Milosevic.
Per completezza, si ricorda che recentemente il parlamento
federale ha approvato una legge (non costituzionale) sulla
cooperazione con il Tribunale dell?Aja, legge alla quale si
vorrebbe dare effetto retroattivo e che appare comunque
viziata sotto diversi profili costituzionali: nuove pressioni
soprattutto statunitensi sul piano dei promessi aiuti
finanziari hanno ottenuto questo risultato, in base al quale
taluni collaboratori di Milosevic si sono ?spontaneamente?
consegnati al Tribunale dell?Aja.
8. In una guerra civile accadono fatti orribili da tutti i
lati ma attribuirne la responsabilità ad una parte sola e
soprattutto direttamente a un determinato dirigente è prova
di fondamentale, radicale mancanza di senso storico e
sentimento di giustizia, questa rivelandosi solo come
giustizia dei vincitori (ben singolari ?vincitori? peraltro,
nel caso jugoslavo). La praticamente nulla considerazione
riservata ai comportamenti dei croati e dei bosniaci
musulmani, dirigenti compresi, dal Tribunale dell?Aja
(l?autodeterminazione negata ai serbi di Krajina e di Bosnia
e la relativa ?pulizia etnica?), nonché ancora a quelli
dell?Uck (con la massiccia cacciata dei serbi dal Kosovo) e
in modo particolarmente rivelatore il già ricordato non luogo
a procedere in rapporto alla denuncia degli evidentissimi
crimini NATO (78 giorni di bombardamenti anche all?uranio
impoverito su ogni tipo di obiettivi in Jugoslavia), ne
costituiscono definitiva dimostrazione. Nella consegna
dell?ex Presidente Milosevic, il volgare baratto monetario
(un uomo contro danaro? bene ha detto Raniero La Valle,
quella moneta al cambio vale ?trenta denari?) attesta che non
di ?giustizia internazionale? si tratta (ammesso e non
concesso che questa possa esistere), bensì della svendita di
un uomo da sacrificare, acciocché l?umanità creda di aver
trovato il colpevole di tutto e i veri aggressori risultino
mondati.
Personalmente ritengo per tanti motivi, che qui non possono
neppure sfiorarsi, che prevalgano nell?attuale contesto
mondiale le considerazioni di inopportunità rispetto a
meccanismi di c.d. giustizia penale internazionale nei
confronti di individui e in particolare di organi titolari di
funzioni statali. Senza dubbio, una legittimità formale in
tali meccanismi può riconoscersi, qualora basati su accordi
tra Stati che vengano ratificati nel rispetto delle relative
Costituzioni (vengono infatti spesso in gioco garanzie
costituzionali). Ma tale legittimità è del tutto carente in
organismi creati in decisioni del C.d.s. delle N.U.: si
tratta dei due casi del Tribunale per la ex Jugoslavia e di
quello per il Ruanda.
Tralasciamo quest?ultimo. Per il primo, forti perplessità
furono sollevate in C.d.s. da alcuni Stati, come la Cina, che
peraltro, malauguratamente e diremmo sciaguratamente, non
esitarono ad avallare con il voto una soluzione non
ammissibile in diritto internazionale, l?istituzione del
Tribunale.
Singolare (ma forse non troppo) è che furono gli Stati Uniti
a mostrarsi assolutamente determinati, e ad essere
determinanti, per l?istituzione del Tribunale: proprio dunque
lo Stato che rifiuta oggi categoricamente di sottoporsi alla
recentemente costituita Corte penale internazionale (di Roma)
sui crimini di diritti internazionale. Si vuole per altri,
anzi si impone, ciò che si respinge per se stessi. Vero è che
anche nei riguardi del Tribunale dell?Aja gli USA cominciano
a manifestare impazienza e a ventilare termini per la
cessazione della sua attività: a supporto, se ce ne fosse
bisogno, della conclamata indipendenza di quell?organismo e
probabilmente perché l?iniziativa si sta rivelando
controproducente proprio nel caso Milosevic. Va però tenuta
d?occhio con molta cautela l?alternativa, non sempre
internazionalmente lecita, che stanno oggi privilegiando
taluni centri imperialistici, a cominciare dagli Stati Uniti:
l?estensione ?universale? della propria giurisdizione penale
statale per certe categorie di reati (contro l?umanità,
terrorismo ecc.) per l?arbitrarietà basata sulla forza che
impronta di sé tali iniziative (anche se talora rivolte
contro effettivi criminali internazionali?).
Il Tribunale penale internazionale (dell?Aja) per i crimini
nella ex Jugoslavia (giudice ad hoc, quindi ?speciale?, in
parte funzionante retroattivamente, con norme processuali
discutibilissime, finanziato anche da privati come Soros e da
singoli Stati come gli USA, che impiega come polizia
giudiziaria forze della NATO, cioè occupanti e aggressori
della Jugoslavia, e utilizza i servizi segreti degli stessi
paesi), non ha fondamento normativo. A parte questo aspetto
basilare, non appare difficile riscontrare nel suo
funzionamento, tanto per le relative norme quanto per la
prassi e la giurisprudenza sviluppate, violazione di
importanti principi sui diritti dell?uomo (quelli
dell?imputato Milosevic sono ampiamente violati, e per questo
si agita il problema di un ricorso alla Corte europea dei
diritti dell?uomo di Strasburgo) e distorsioni della realtà
di fatto e giuridica. Non dimentichiamo certo le
incriminazioni ?segrete? o i veri e propri sequestri di
persona per catturare gli incriminati, che non hanno escluso
scontri sanguinosi e perdite di vite umane! D?altra parte, se
la competenza per materia appare ritagliata in modo da
escludere i crimini contro la pace (pur se non, formalmente,
gli altri crimini in ipotesi ascrivibili a soggetti diversi
da quelli jugoslavi, come gli Stati occidentali operanti o
non nel quadro della NATO), tale mutilazione incide sul
generale contesto di riferimenti assunto dallo stesso
Tribunale rispetto alle vicende jugoslave: queste vengono
acriticamente valutate secondo la corrente interpretazione
occidentale (sull?autodeterminazione, sull?estinzione dello
Stato jugoslavo, sulla Jugoslavia federale come aggressore,
ecc.).
Nella sua dichiarazione sulla illegittimità del Tribunale
dell?Aja, resa davanti a questo il 30 agosto 2001, Milosevic
sintetizza in modo chiaro i tre fondamentali vizi che
inficiano l?azione di tale organo ?giudiziario?: la Carta
delle N.U. non dà al C.d.s. il potere di creare un tribunale
penale; un tribunale che riguarda un unico contesto temporale
e politico e prende di mira un singolo Paese ed è stato
creato dal ?potere politico internazionale? per servire i
propri interessi geo-politici, non è idoneo ad operare con
criteri di uguaglianza e conduce a divisioni e violenza; il
tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è
incapace di proteggere i diritti fondamentali o di garantire
un giusto processo.
Nessuna norma della Carta delle N.U. (nonostante gli sforzi
di tanti internazionalisti, degni di miglior causa) ne può
stare a fondamento: solo, e con qualche dubbio, come detto,
una convenzione internazionale, debitamente e
costituzionalmente ratificata dagli Stati interessati,
avrebbe potuto dare una base a un Tribunale internazionale
con giurisdizione su individui. Una convenzione del genere
non può ritenersi surrogata (e solo poi per i fatti di
Bosnia-Erzegovina) dal complesso di accordi di Dayton e di
Parigi (1995) sulla cessazione delle ostilità in
Bosnia-Erzegovina: accordi c.d. in forma semplificata e
comunque non debitamente ratificati (essi comunque
genericamente prevedono non una collaborazione con il
Tribunale dell?Aja, come viene propalato, bensì la normale
cooperazione fra Stati nel perseguimento dei crimini di
guerra), che quindi sono inidonei allo scopo e forse anche
viziati da violenza a danno della parte jugoslava. Le Nazioni
Unite non sono una federazione, non hanno potere diretto
sugli individui; il Consiglio di sicurezza non è un
supergoverno e non ha sugli individui poteri né normativi né
giurisdizionali. Altrimenti, se si seguissero le correnti
interpretazioni estensive di comodo, dovremmo accettare che
il Consiglio di sicurezza possa stabilire, con il pretesto di
una situazione di minaccia alla pace discrezionalmente
pronunciata, qualunque cosa anche nell?ordine interno degli
Stati, la cui indipendenza e sovranità è invece presupposto
invalicabile della loro partecipazione alle Nazioni Unite:
potrebbe dichiarare decaduti i capi di stato e altri titolari
di organi o colpire i cittadini degli Stati (membri o no) e
così via. Saremmo di fronte alla prospettiva spaventosa di
una dittatura mondiale del C.d.s., mentre la Carta delle N.U.
enuncia limiti precisi rispetto ai vincoli assunti dagli
Stati. Il Consiglio di sicurezza non può, al posto di misure
specifiche (di c.d. polizia internazionale) per il
mantenimento o ripristino della pace - quelle indicate come
tipologie dagli artt. 41 e 42 Carta N.U. o similari o al più
l?invio di corpi di pace, salva sempre la riserva delle
questioni interne -, emanare un proprio ?ordine?, con cui si
istituisce un organismo (il Tribunale dell?Aja) dotato di un
potere giurisdizionale su individui (e ancor più
individui-organi), cioè di un potere che il Consiglio di
sicurezza per sé non possiede: una misura che urta
frontalmente con l?ordine costituzionale degli Stati, in
particolare di quello nel caso maggiormente interessato (la
Jugoslavia), e cioè con il ricordato presupposto
dell?indipendenza e sovranità, sulla base del quale gli Stati
divengono membri delle N.U.. Ha giustamente osservato
Milosevic, in uno dei suoi così pertinenti e dignitosi
interventi di fronte al Tribunale dell?Aja, che se la Carta
delle N.U. avesse previsto simili possibilità, le N.U. stesse
non sarebbero mai sorte. Come negare che anche qui si abbia
un totale travolgimento di principi internazionali basilari?
9. Il Presidente Milosevic, pur con qualche errore che possa
ascriverglisi, è stato il difensore accanito della Jugoslavia
precedente e di quella ?residua? e della stessa idea
(progressista) jugoslava, persino quando ha assunto le difese
della componente serba, dalla quale non avrebbe potuto non
prendere le mosse per salvare il salvabile a fronte delle
secessioni e dell?aggressione anzitutto economica e politica
di chi le sosteneva dall?esterno. La sua violenta e
fraudolenta estromissione non ha fornito soluzioni di sorta:
la crisi dei Balcani è lungi da una conclusione (la Macedonia
insegna e tutti gli altri casi restano in realtà aperti).
Solo il mantenimento di un?idea e di una realtà
?jugoslavista? avrebbe potuto consentire esiti diversi.
Il discorso di Milosevic a Kosovo Polie del 28 giugno 1989,
nell?anniversario della storica battaglia del 1389 tra serbi
e turchi, che viene indicato da chi non l?ha mai letto come
un?arringa di fanatico nazionalismo, contiene certo una
difesa dei serbi e il rifiuto di consentire una secessione
del Kosovo, ma esplicitamente associa tali obiettivi ad un
alto apprezzamento della tradizione socialista, del
multiculturalismo e pluralismo nazionali (si conclude con
?viva la Serbia, viva la Jugoslavia!?). Tutto ciò ha trovato,
come è stato già accennato, riflesso normativo nella
Costituzione serba del 1990 e in quella jugoslava del 1992: a
differenza ad es. da quella croata (?la Croazia è lo Stato
dei croati?), queste carte costituzionali fanno riferimento a
coloro che vivono nella Repubblica federata serba o nella
Jugoslavia federale, la Costituzione di quest?ultima è poi
espressamente aperta all?adesione di altre Repubbliche.
Incertezze, errori tattici, forzature non sono mancate, e
neppure probabilmente situazioni di oggettiva formale non
aderenza al precedente dettato costituzionale jugoslavo:
spiegabili peraltro nella congiuntura di disgregazione e
sfacelo progredienti della Federazione di allora e di fronte
all?evidente ostilità non solo platonica delle forze estere
decisive. Ciò può anche avere destato, in altre componenti
della Jugoslavia, timori di volontà serbe egemoniche, volontà
del resto in effetti presenti in talune forze serbe
ultranazionalistiche.
Ma quel che conta è la linea che emerge gradualmente:
Milosevic, pur dovendo prendere atto della sconfitta storica
del socialismo in Europa, ha operato per difendere il
difendibile nel contesto europeo e mondiale e per seminare
quindi per una prospettiva futura, per sostenere una
concezione di indipendenza e di socialità avanzata pur nel
complessivo pauroso arretramento provocato dalla caduta dei
Paesi socialisti europei e dalla piena restaurazione di
rapporti capitalistici, per verità però già anticipata dal
revisionismo a cominciare proprio dalla Jugoslavia. Conta il
mantenimento dell?idea ?internazionalista? jugoslava e
l?apertura costituzionale e pratica a tutte le etnie, difesa
proprio da Milosevic contro gli estremisti. Certo, merita
riflessione il fatto che proprio nel Paese che per primo
aveva conosciuto il revisionismo al potere, o almeno in una
parte fondamentale di esso, vi sia stata la resistenza più
tenace contro l?imperialismo con scandalo di tanti
?comunisti? nostrani, che tuttora professano ammirazione più
o meno dichiarata per il liquidatore Gorbaciov (tutt?altro
che apprezzato da Milosevic) e per questo partecipano ancora,
in modo tante volte subdolo, alla campagna di denigrazione e
di demonizzazione di Milosevic.
E? invece precisamente alla resistenza guidata da Milosevic
e, sinora, al suo esemplare comportamento nel vergognoso
?processo? dell?Aja che riteniamo doversi in larga misura il
fatto che la Jugoslavia e particolarmente la Serbia non
possano considerarsi - nonostante i Quisling che attualmente
la reggono - totalmente domate e, per ora almeno, non
integralmente acquisite all?imperialismo. Se ripercorriamo i
cenni iniziali dell?intervista a Djindjic, siamo ora forse
maggiormente in grado di valutare la portata della condotta
processuale di Milosevic, del suo rifiuto di riconoscere,
come è giuridicamente ineccepibile, lo pseudo-tribunale
speciale che pretende di giudicare l?eroica resistenza di uno
Stato e di un popolo, avendo assolto preventivamente i
crimini dell?imperialismo, del quale quindi quell?organismo
si rivela strumento arbitrario di violenza mascherata da
diritto. Per ora, a quanto si sa, Milosevic sta smontando i
?teoremi giudiziari?, in base ai quali egli dovrebbe apparire
l?artefice, e il principale se non addirittura l?unico
artefice, dei mali della Jugoslavia. Tali ?teoremi? si
fondano su assunti dati per certi e incontrovertibili:
qualunque fosse stata o fosse la sua posizione formale o la
carica rivestita, Milosevic dalla fine degli anni ?80 avrebbe
controllato e organizzato tutto in Jugoslavia e naturalmente
avrebbe anche organizzato, deciso, fatto eseguire o almeno
non impedito, dato che non avrebbe potuto non sapere, i
crimini di guerra e contro l?umanità e addirittura i genocidi
ascritti ai serbi (delle altre componenti quasi non si
parla). Ma indubitabilmente vi è una logica (perversa) in
tutto ciò: la vera colpa è di aver preteso di resistere
all?imperialismo, che quindi è stato ?costretto? a ricorrere
alla guerra! E? merito di Milosevic, e non è un caso che i
media abbiano dopo i giorni iniziali oscurato il processo,
aver disvelato il carattere tutto politico e di parte degli
avvenimenti ?giudiziari? dell?Aja: quia lupus sum, la
?morale? delle forze imperialistiche è stata messa a nudo.
Milosevic, come mi è stato chiaro nell?incontro che ho avuto
con lui il 16 agosto 2001 nell?ingiusto carcere di
Scheveningen, sa bene (sono sue parole) che ?globalizzazione
è nuovo imperialismo, è dominio mondiale, non fondandosi
sull?eguaglianza fra popoli e fra Stati?.
Occorre che le forze antimperialistiche diano maggior
solidarietà a questo dirigente e a tutti gli jugoslavi che
resistono: è dovere e interesse comune.
(4. Fine)