Riceviamo e volentieri diffondiamo:


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Università Ca' Foscari Venezia
Laboratorio Immigrazione



Giornata di studio e dibattito pubblico



NUOVE GUERRE E RAZZISMO CONTRO GLI IMMIGRATI


Intervengono
Michel CHOSSUDOVSKY
COMITATO NAZIONALE DEGLI IMMIGRATI
Edoarda MASI
COORDINATION NATIONALE DES SANS-PAPIERS
Peter KAMMERER
CENTRE DE CONTACTS SUISSES-IMMIGRES/SOS RACISME



Sabato 7 dicembre 2002 ore 9,30 - 17,00


San Basilio - Aula 1
Dorsoduro, 1098 - Venezia


Informazioni: Università di Venezia - Laboratorio Immigrazione
30123 Venezia - Fondamenta Briati 2530 - tel. 0412346011 - fax
0415246793 - E-mail: labimm@...

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Nuove guerre e razzismo contro gli immigrati


Da dieci anni almeno (si può prendere il trattato di Schengen, del
1992, a data-simbolo) l'Europa ufficiale, degli stati, dei governi,
dei massmedia presenta l'immigrazione come un problema essenzialmente
di ordine pubblico, un problema bellico, si potrebbe quasi dire, da
affidare sempre più alle polizie e agli eserciti, o alle marine
militari. La massa degli immigrati, che è composta pressoché nella sua
totalità di lavoratori salariati forzati alla emigrazione dalla
devastazione ("pacifica" o bellica) di crescenti aree del Sud del
mondo, viene giorno dopo giorno criminalizzata come un grave pericolo
da cui bisogna proteggersi con ogni mezzo. Di qui le politiche di
"immigrazione zero", sperimentate in anticipo nella Francia e nella
Gran Bretagna di metà anni '70, ed ora estese all'intero continente
europeo.
Questa è, però, solo la immagine pubblica della questione, è la
superficie del fenomeno. Poiché invece in realtà, come tutti sanno,
nell'ultimo decennio il numero degli immigrati presenti in Europa è,
nonostante tutto, di molto aumentato. E questo è successo perché le
imprese europee di tutti i settori dell'economia hanno un bisogno
inesauribile di manodopera a basso costo, priva dei più elementari
diritti, iper-flessibile, costretta ad accettare mansioni, ritmi ed
orari di lavoro tra i più pesanti e disagiati, e nessuna forza-lavoro
quanto quella immigrata risponde (forzatamente!) a tali
caratteristiche.
Le politiche di "immigrazione zero" non sono affatto disfunzionali a
queste necessità delle imprese, come talora si afferma, ma
costituiscono un ottimo strumento proprio per produrre una simile
manodopera a zero diritti poiché -con la moltiplicazione dei divieti e
delle restrizioni agli ingressi ed alla permanenza in Europa-
moltiplicano per i nuovi immigrati il rischio della "illegalità", e
spingono verso l'"illegalità", o pongono sotto il permanente ricatto
di cadere nella "irregolarità", anche quote non indifferenti di
lavoratori regolari. Con effetti negativi a cascata, come è sempre più
evidente, anche sulle condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori
autoctoni.
Con la legge Bossi-Fini, che il Comitato nazionale degli immigrati ha
definito "razzista e disumana" anche in quanto "introduce elementi di
segregazionismo e di semi-schiavitù", l'Italia si è posta
all'avanguardia di tale tendenza, di tale produzione intenzionale di
"irregolarità". Che non riguarda solo o principalmente il piano del
diritto, quanto innanzitutto i rapporti di fatto che vengono prima e
contano assai più delle stesse norme giuridiche, condizionandone
l'applicazione.
Non condividendo l'indifferenza di larga parte del "mondo della
cultura" nei confronti di questo trattamento inferiorizzante e spesso
spietato riservato agli immigrati (pensiamo ai tanti morti annegati
nel Mediterraneo o a cosa sono i cd. Centri di permanenza temporanea),
nel dicembre 2001 il Laboratorio di Formazione e Ricerca
sull'Immigrazione prese l'iniziativa di una giornata di studio e di
dibattito pubblico finalizzata ad esaminare e criticare quella che può
essere definita la mondializzazione delle politiche restrittive e
punitive verso gli immigrati. Una giornata che raggiunse in pieno il
proprio scopo, grazie alla intensa partecipazione delle più importanti
associazioni degli immigrati e dei sans-papiers presenti in Italia,
Svizzera e Francia, ed al contributo di operatori e studiosi impegnati
attivamente a contrastare le pratiche discriminatorie e razziste e ad
implementare quelle realmente capaci di unire lavoratori immigrati ed
autoctoni.
Sentiamo la necessità di reiterare quest'anno l'iniziativa,
organizzando il giorno 7 dicembre 2002 una nuova giornata di lavoro
che non si limiterà ad aggiornare la situazione sugli stessi temi
affrontati lo scorso anno (le condizioni di lavoro ed i diritti
sociali, politici, culturali e religiosi degli immigrati), ma si
misurerà anche con gli effetti che l'"enduring freedom" proclamata un
anno fa dagli Stati Uniti, e fatta propria in larga misura anche dagli
stati europei, sta avendo sulle condizioni di esistenza della massa
degli immigrati.
Parliamo al plurale di "nuove guerre" poiché prendiamo sul serio la
"promessa" di una "guerra senza fine" al "terrorismo", che a non
pochi, a cominciare dagli stessi Stati Uniti, appare invece come una
catena di guerre dagli evidenti obiettivi economici e politici di
dominazione, per così dire, neo-coloniale sulle popolazioni di colore,
sia fuori che dentro l'Occidente, una catena di guerre intrinsecamente
legata a quello che per solito si definisce come processo di
mondializzazione.
Queste "nuove guerre", infatti, vedono da un lato i paesi più ricchi e
sviluppati e dall'altro paesi più poveri o meno sviluppati esterni al
mondo occidentale, o quanto meno al "cuore" di esso (come l'Iraq, la
Jugoslavia, l'Afghanistan, la Colombia, la Palestina, ieri la Libia,
la Somalia o Panama, domani, a quel che pare, l'Iran o la Corea del
Nord), e si accompagnano ad un rilancio massiccio di vecchi stereotipi
di tipo razzista nei confronti delle popolazioni "di colore". Che
sarebbero naturalmente inclini alla guerra, ad ogni forma di barbarie,
alla follia sterminista, al terrorismo, al traffico di droga, al
servilismo verso i dittatori ed a quant'altre belle "inclinazioni" si
possano loro attribuire. (A conferma della nostra convinzione che il
razzismo non è affatto una eterna malattia dello spirito dovuta alla
ineliminabile "paura dell'altro", è bensì la espressione storicamente
determinata di dati rapporti sociali di oppressione, di razza, di
nazione, di sesso e di classe, ed è da questi di continuo alimentato.)
Le conseguenze sugli immigrati di queste "nuove guerre" e di questo
"nuovo" rilancio del razzismo sono pesanti. La vita quotidiana si è
fatta più difficile innanzitutto per gli immigrati di origine araba ed
"islamica". La diffidenza, l'ostilità, il clima di sospetto
generalizzato stanno pesando però in modo crescente sull'intera massa
degli immigrati, su una "scena pubblica" in cui si fa sempre più forte
la richiesta di una immigrazione selezionata per nazionalità
(preferenza nazionale per le popolazioni bianche), per religione
(preferenza per le popolazioni di "religione" cristiana), per fedeltà
politica (preferenza per le nazionalità che non hanno avuto
contenziosi con le vecchie potenze coloniali). Ciò che ha fatto
parlare degli studiosi quali A. Morice di una sorta di selezione
sistematica tra elementi buoni e cattivi dell'immigrazione, di un
rilancio del "razzismo europeo" o, anche, di "una accentuata tensione
razzista della gestione della manodopera".
Un allarme del genere non ci appare affatto ingiustificato. E non solo
per quel che riguarda gli immigrati arabo-musulmani (o per quelli di
origine albanese e jugoslava, che sono già sotto "tiro" dei mass media
da anni), ma anche per quel che riguarda gli immigrati cinesi (a
misura che la Cina viene sempre più raffigurata come il possibile, o
certo, "avversario strategico" dell'Occidente) e, si può prevederlo,
quelli sud-americani, a misura che dai loro paesi salga, come sta
salendo, una resistenza ad accettare le atroci conseguenze che ha
sulle aree sotto-sviluppate il processo di mondializzazione in corso.
Su questi temi abbiamo invitato il giorno 7 dicembre p.v. ad
intervenire: Comitato nazionale degli immigrati, Centre de contacts
Suisses-Immigrés/Sos Racisme, Coordination nationale des sans-papiers
(Francia), studiosi di livello internazionale del processo di
mondializzazione e dei rapporti Occidente-Asia quali Michel
Chossudovsky ed Edoarda Masi, Alain Morice e Peter Kammerer e quanti
altri (operatori, studiosi, studenti o lavoratori) siano interessati
alla questione. Arrivederci a presto, a Venezia!





Informazioni
* La giornata di studio si svolgerà all'università di Venezia,
nell'aula grande di San Basilio con inizio alle ore 9.30 e si
concluderà alle ore 17.00.
* Dalle ore 18 in poi ci sarà spazio per incontri informali volti allo
scambio di esperienze e a stabilire momenti e forme di collegamento
tra le strutture di lavoro omogenee.
* San Basilio può essere raggiunto dalla Stazione ferroviaria muovendo
prima in direzione di piazzale Roma e poi delle Zattere (20 minuti di
cammino), e si può raggiungere in modo ancora più agevole da piazzale
Roma (chiedendo di San Sebastiano, o di San Basilio).
* Per ogni informazione (inclusa la possibilità di alloggio per la
serata di venerdì 6), ci si può rivolgere al Laboratorio Immigrazione:
tel. 041-2346011/8; e-mail: labimm@...


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