MA CHE BEL PANORAMA!
(Nota: la copertina di Panorama di questa settimana recita:
FUORI SOFRI!)
http://www.liberazione.it/giornale/030722/archdef.asp
Liberazione, 22/7/2003
E' giallo sul ruolo di "Panorama" nella vicenda del dossier-uranio
di Beppe Lopez
«Panorama pagò centomila euro il falso dossier». E «la trattativa del
settimanale del premier si svolse a Washington». l'Unità ribadisce e
precisa i contorni di un giallo politico-giornalistico il cui
straordinario rilievo, per Articolo 21 si sintetizza così: «Il falso
dossier uranio è utilizzato da Bush e Blair per motivare l'attacco
all'Iraq. La prova che mancava viene fornita, guarda guarda, dal
settimanale d'assalto dell'amico Berlusconi. Le tre B procedono fedeli
e compatte verso la guerra bugiarda. Berlusconi, presidente del
Consiglio, conferma in Parlamento che esistono prove irrefutabili del
possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam. Il premier
era distratto? Non aveva letto i rapporti Sismi. Il suo direttore di
fedeltà Rossella, lo aveva tenuto all'oscuro di una notizia di tale
portata strategica? L'intero Parlamento avrebbe di che interrogarsi».
Così come il Comitato parlamentare di controllo e la Procura di Roma.
Nonché gli organi di tutela della deontologia giornalistica,
meritoriamente intervenuti per vicende ben meno importanti.
Nella ricostruzione del direttore Carlo Rossella e della giornalista
Elisabetta Burba di Panorama, raccolta dal Corriere della Sera fra
sabato e domenica, non si fa menzione né dell'origine americana dei
documenti, né dei quattrini pagati per ottenerlo, né di un qualsiasi
ruolo di Berlusconi. «Non si è trattato di un "infortunio"», scrive
Gianni Cipriani. «Si è trattato di un inquinamento ben studiato e
riuscito»: a) «c'è qualcuno (in Usa, ndr) che vuole immettere nel
mercato dei servizi segreti un dossier di "carta straccia"»; b) il
Sismi, che si accorge della "bufala", lo chiude in cassaforte; c) "la
carta straccia", ben pagata, è andata da Washington a Roma, e qui,
«secondo una nota apparsa sul sito Articolo 21, i contatti sarebbero
stati tenuti da Pino Buongiorno, all'epoca corrispondente del
settimanale dagli Stati Uniti. Attraverso questa mediazione sono state
create le premesse per l'attivazione della Burba»; d) «qui (a Roma,
ndr) è stata valutata e portata all'ambasciata americana», come
confermeranno i diretti interessati, dalla Burba su iniziativa e
volontà di Rossella: e) «dall'ambasciata il carteggio è tornato negli
Stati Uniti, al Dipartimento di Stato, che a sua volta lo ha girato
alla "comunità di intelligence"», essendo diventato nel frattempo
"carta pregiata" legittimata dall'avvenuta "triangolazione"
Washington-Roma-Washington. Triangolazione alla quale si sono sottratti
i servizi segreti del Paese guidato dall'alleato Berlusconi, ma nella
quale avrebbe avuto un ruolo, anche se solo di semplice passacarte, il
settimanale di proprietà dell'amico Berlusconi.
«Questa storia risale all'ottobre del 2002», racconta Elisabetta Burba
sul Corriere. «Una mia fonte, che in passato si era rivelata
attendibile, mi diede alcuni documenti... Mi resi conto che poteva
essere uno scoop mondiale... Se si trattava di una bufala e io l'avessi
pubblicata avrei finito la carriera». D'accordo con Rossella, va in
Niger per controllare. Torna a Roma spiegando al direttore che «la
storia mi sembrava una bufala... Rossella mi organizzò un incontro con
alcune persone dell'ambasciata. Andai da sola e diedi loro il dossier.
Nessuno mi disse più nulla e comunque la decisione di non pubblicare
era già stata presa».
Conferma Rossella: «Sapevo perfettamente che quel materiale poteva
rivelarsi uno scoop mondiale e dunque chiamai personalmente l'ufficio
stampa (dell'ambasciata Usa, ndr) e li informai di quanto stava
avvenendo. Proposi di consegnare loro una copia del dossier per avere
una valutazione». Perché, gli chiede Fiorenza Sarzanini, non vi
rivolgeste per le verifiche ad esperti o a fonti governative del nostro
Paese? Rossella: «Perché ritenevo che gli unici in grado di dare una
valutazione corretta fossero gli americani che da anni si occupano di
Iraq e di armi di distruzione di massa. Il mio obiettivo era
esclusivamente quello di non pubblicare una "polpetta avvelenata", non
di informare gli Stati Uniti».
In realtà, rileva Cipriani sull'Unità, «quando si parla di cose del
genere, gli interlocutori non sono esattamente semplici diplomatici di
carriera» e perciò «è abbastanza evidente che la direzione di Panorama
si sia rivolta agli 007 americani sapendo ciò che stava facendo».
Perché allora non rivolgersi alle autorità italiane? E qui c'è "un
particolare curioso": una intervista esclusiva per l'Europa di
Condoleezza Rice a Panorama. «Ottimo scoop. Una coincidenza? O una
chiacchierata concordata tramite l'ambasciata di via Veneto che voleva
dimostrare riconoscenza?».
(Nota: la copertina di Panorama di questa settimana recita:
FUORI SOFRI!)
http://www.liberazione.it/giornale/030722/archdef.asp
Liberazione, 22/7/2003
E' giallo sul ruolo di "Panorama" nella vicenda del dossier-uranio
di Beppe Lopez
«Panorama pagò centomila euro il falso dossier». E «la trattativa del
settimanale del premier si svolse a Washington». l'Unità ribadisce e
precisa i contorni di un giallo politico-giornalistico il cui
straordinario rilievo, per Articolo 21 si sintetizza così: «Il falso
dossier uranio è utilizzato da Bush e Blair per motivare l'attacco
all'Iraq. La prova che mancava viene fornita, guarda guarda, dal
settimanale d'assalto dell'amico Berlusconi. Le tre B procedono fedeli
e compatte verso la guerra bugiarda. Berlusconi, presidente del
Consiglio, conferma in Parlamento che esistono prove irrefutabili del
possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam. Il premier
era distratto? Non aveva letto i rapporti Sismi. Il suo direttore di
fedeltà Rossella, lo aveva tenuto all'oscuro di una notizia di tale
portata strategica? L'intero Parlamento avrebbe di che interrogarsi».
Così come il Comitato parlamentare di controllo e la Procura di Roma.
Nonché gli organi di tutela della deontologia giornalistica,
meritoriamente intervenuti per vicende ben meno importanti.
Nella ricostruzione del direttore Carlo Rossella e della giornalista
Elisabetta Burba di Panorama, raccolta dal Corriere della Sera fra
sabato e domenica, non si fa menzione né dell'origine americana dei
documenti, né dei quattrini pagati per ottenerlo, né di un qualsiasi
ruolo di Berlusconi. «Non si è trattato di un "infortunio"», scrive
Gianni Cipriani. «Si è trattato di un inquinamento ben studiato e
riuscito»: a) «c'è qualcuno (in Usa, ndr) che vuole immettere nel
mercato dei servizi segreti un dossier di "carta straccia"»; b) il
Sismi, che si accorge della "bufala", lo chiude in cassaforte; c) "la
carta straccia", ben pagata, è andata da Washington a Roma, e qui,
«secondo una nota apparsa sul sito Articolo 21, i contatti sarebbero
stati tenuti da Pino Buongiorno, all'epoca corrispondente del
settimanale dagli Stati Uniti. Attraverso questa mediazione sono state
create le premesse per l'attivazione della Burba»; d) «qui (a Roma,
ndr) è stata valutata e portata all'ambasciata americana», come
confermeranno i diretti interessati, dalla Burba su iniziativa e
volontà di Rossella: e) «dall'ambasciata il carteggio è tornato negli
Stati Uniti, al Dipartimento di Stato, che a sua volta lo ha girato
alla "comunità di intelligence"», essendo diventato nel frattempo
"carta pregiata" legittimata dall'avvenuta "triangolazione"
Washington-Roma-Washington. Triangolazione alla quale si sono sottratti
i servizi segreti del Paese guidato dall'alleato Berlusconi, ma nella
quale avrebbe avuto un ruolo, anche se solo di semplice passacarte, il
settimanale di proprietà dell'amico Berlusconi.
«Questa storia risale all'ottobre del 2002», racconta Elisabetta Burba
sul Corriere. «Una mia fonte, che in passato si era rivelata
attendibile, mi diede alcuni documenti... Mi resi conto che poteva
essere uno scoop mondiale... Se si trattava di una bufala e io l'avessi
pubblicata avrei finito la carriera». D'accordo con Rossella, va in
Niger per controllare. Torna a Roma spiegando al direttore che «la
storia mi sembrava una bufala... Rossella mi organizzò un incontro con
alcune persone dell'ambasciata. Andai da sola e diedi loro il dossier.
Nessuno mi disse più nulla e comunque la decisione di non pubblicare
era già stata presa».
Conferma Rossella: «Sapevo perfettamente che quel materiale poteva
rivelarsi uno scoop mondiale e dunque chiamai personalmente l'ufficio
stampa (dell'ambasciata Usa, ndr) e li informai di quanto stava
avvenendo. Proposi di consegnare loro una copia del dossier per avere
una valutazione». Perché, gli chiede Fiorenza Sarzanini, non vi
rivolgeste per le verifiche ad esperti o a fonti governative del nostro
Paese? Rossella: «Perché ritenevo che gli unici in grado di dare una
valutazione corretta fossero gli americani che da anni si occupano di
Iraq e di armi di distruzione di massa. Il mio obiettivo era
esclusivamente quello di non pubblicare una "polpetta avvelenata", non
di informare gli Stati Uniti».
In realtà, rileva Cipriani sull'Unità, «quando si parla di cose del
genere, gli interlocutori non sono esattamente semplici diplomatici di
carriera» e perciò «è abbastanza evidente che la direzione di Panorama
si sia rivolta agli 007 americani sapendo ciò che stava facendo».
Perché allora non rivolgersi alle autorità italiane? E qui c'è "un
particolare curioso": una intervista esclusiva per l'Europa di
Condoleezza Rice a Panorama. «Ottimo scoop. Una coincidenza? O una
chiacchierata concordata tramite l'ambasciata di via Veneto che voleva
dimostrare riconoscenza?».