Bari 7 novembre 2003 - ore 17.30

Università di lingue - Aula B via Garruba 6 Bari

 
Comunicazione televisione e guerra

in collaborazione con la Sezione di Filosofia del linguaggio del
Dipartimento di pratiche linguistiche e analisi dei testi
dell’Università di Bari

 
Sedìci persone - le parole negate del bombardamento della TV di Belgrado


Alle due e sei minuti del 23 aprile del 1999 il palazzo della tv
nazionale di Belgrado Rts, la Radio Televizija Srbije, viene colpito
dai missili Cruise della NATO. 16 persone che stavano lavorando
all’interno dello stabile vengono uccise...

 
Sedìci persone, il documentario ideato e diretto da Corrado Veneziano,
con la consulenza giuridica di Domenico Gallo, ripropone, a quattro
anni di distanza dalla “guerra umanitaria” della NATO, la questione del
rapporto tra informazione e guerra.


Ne discutono con l’autore

Corrado Veneziano

Augusto Ponzio - Università di Bari

Enrica Simonetti - giornalista

Patrizia Calefato - Univ. di Bari

Susan Petrilli - Università di Bari


Coordina

Franco Schettini


associazione Most za Beograd -  INFO: 0805562663


--- ALLEGATI - TERZA ED ULTIMA PARTE ---


http://www.sedicipersone.it/Premessa.htm

LA PREMESSA

La notte del 23 aprile 1999, la Nato bombardò gli studi della
televisione nazionale di Belgrado, uccidendo sedici persone. Interno al
più generale progetto di azzeramento delle gerarchie - e del regime -
serbo, l'attacco fu preceduto e seguìto da altre incursioni: una guerra
che ha goduto della attiva collaborazione militare italiana, e
dell'utilizzo delle basi logistiche statunitensi presenti nel nostro
territorio.
Se durante lo svolgimento del conflitto (per esempio col bombardamento
di colonne di profughi o dell'ambasciata cinese), la Nato parlò di
"effetti collaterali", accennando a scuse più o meno formali o a errori
di valutazione, in questo caso la troupe televisiva fu interpretata
come "figura militare da contrastare nell'atto della sua funzione di
guerra".
Ciò che accadde in quella circostanza vale la pena di essere ripreso e
problematizzato. E' la prima volta che la stampa viene del tutto
proposta come braccio armato di un regime, ed è il primo caso in cui la
morte di una omogenea unità professionale (per l'appunto una troupe
televisiva) non abbia sollevato le proteste in altri Stati di analoghe
o contigue associazioni di categoria.
A nulla sono servite le cause intentate dai parenti delle vittime, né
il richiamo a precise disposizioni del diritto internazionale, che
parlano di liceità di un attacco militare solo nei confronti di
obiettivi e di forze militari o di persone al seguito delle forze
armate (è il caso dei piloti).
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo alla quale inizialmente è stata
denunciata l'azione, ha risposto che essa non può accettare un ricorso
vòlto a far valere la responsabilità degli Stati membri per un fatto
extraterritoriale La Corte di Cassazione italiana, coinvolta anch'essa
nel giudizio, ha sentenziato che "la scelta di una modalità di
conduzione delle ostilità rientra tra gli atti del Governo" aggiungendo
che tali costituiscono espressione di una funzione politica che "per
sua natura è tale da non potersi configurare, in rapporto a essa, una
situazione di interesse protetto a che gli atti in cui si manifesta
assumano o non assumano un determinato contenuto".
Quindi la Corte ha dichiarato che i Trattati internazionali sui Diritti
dell'Uomo non attribuiscono diritti a nessuno, poiché le leggi che vi
hanno dato applicazione nel nostro ordinamento "non contengono norme
espresse che consentono alle persone offese di chiedere allo Stato
riparazione dei danni loro dovuti dalla violazione delle norme
internazionali". La Cassazione, da un lato dichiara astratte e non
determinanti le leggi internazionali, dall'altro rivendica il principio
della legittimità assoluta delle azioni belliche decise dal Governo
italiano.
La stampa è qui probabilmente intesa e proposta come accompagnamento
ideale di una forza militare, e come tale repressa e combattuta.
Il gioco degli automatismi - così innescato - potrebbe portare a derive
ancor più tragiche e deliranti. Gli slittamenti progressivi del terrore
permetterebbero la sovrapposizione di giornalisti televisivi (e
giornalisti radio, operatori e cameramen, truccatori, etc.) con quella
di insegnanti e docenti universitari, educatori e commentatori, e poi
artisti, pubblicitari, traduttori, doppiatori, financo antennisti.
L'intero universo della comunicazione potrebbe essere, in questa
prospettiva, annullato e falcidiato, giacché succube di un potere che -
pur se eletto democraticamente - viene valutato come dittatoriale e
totalitario.
Il lavoro che qui si propone vuole aprire una discussione partendo da
questo circoscritto avvenimento: valutando differenze e analogie
interne al lavoro della comunicazione e della stampa, problematizzando
il concetto di libertà di pensiero e di divulgazione, denunciando ogni
coinvolgimento dello Stato italiano in avventure belliche di ogni segno
e colore.
C'è un pensiero diffuso, in psicoanalisi, che vede, nelle operazioni di
chi commette atti di repressione, una irrisolta proiezione personale:
colui che censura un atto d'amore, secondo questa logica, ha forse
contraddizioni in ambito sessuale; se rimprovera troppo spesso i
bambini, ha probabilmente vissuto in modo infelice la sua infanzia. E
se uno Stato uccide una troupe giornalistica, forse i suoi
rappresentanti sono inconsciamente convinti che essa possa – debba -
essere assoldata e servire con coerenza le istanze che il potere di
quello Stato comunque le richiede.
C'è un luogo comune, in linguistica, che interpreta l'afasia come uno
dei segnali di anticipazione dell'atrofia, e poi della paralisi,
relazionale e argomentativa. Non vorremmo che la totale assenza di
analisi e discussione - nel corso di questi quattro anni - su quel
tragico avvenimento fosse una spia pericolosa di una profonda
regressione, ideale e politica, nella quale siamo avvolti.

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BELGRADO, 23 APRILE 1999
di Riccardo Noury

Alle due e sei minuti del 23 aprile 1999 il palazzo della tv nazionale
di Belgrado Rts, la Radio Televizija Srbije, viene colpito dai missili
Cruise della Nato: 16 persone che stavano lavorando all’interno dello
stabile vengono uccise. Si tratta di una giornalista, tecnici
dell’audio e cameramen. Un errore fatale? No. Si sapeva, infatti, che
l’edificio situato sulla via Aberdareva era stato incluso fra gli
obiettivi di quelle operazioni di guerra in quanto la tv nazionale era
considerata il megafono della propaganda di Slobodan Milosevic e, come
conseguenza, i giornalisti e i dipendenti erano ritenuti "voci e
braccia armate" radiotelevisivi di quel governo.
Il documentario di Corrado Veneziano pone al centro della riflessione,
in occasione del quarto anniversario dell’accaduto, una domanda
centrale: i chiarimenti dati allora, come oggi, da alcune istituzioni e
organismi internazionali esauriscono per sempre l’argomento? Oggi, il
palazzo della tv nazionale serba è stato ricostruito attorno a quello
sventrato, le cui macerie sono ancora chiaramente visibili a
testimoniare la tragedia. Una lapide, in lingua serba, ricorda i sedici
nomi di quelle "Sedìcipersone".
Il filmato mostra sedici inviati, conduttori e operatori della Rai
mentre commentano quell’atto di guerra, e contiene interviste ad
altrettanti giornalisti serbi e ad alcuni parenti delle vittime. Le
immagini girate fra le macerie della tv serba, pochi minuti dopo
l’attacco, completano la visione. Sono le immagini di un massacro,
mentre la voce di Paola Ricci ci ricorda i princìpi della libertà di
stampa e dei diritti umani, tratti dalle convenzioni internazionali.

Sedìcipersone
Le parole negate del bombardamento della Tv di Belgrado
un documentario ideato e diretto da Corrado Veneziano
con la consulenza giuridica di Domenico Gallo
Per informazioni: www.sedicipersone.it

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http://www.amnesty.it/notiziario/03_04/parole2.php3
Amnesty International: NOTIZIARIO MENSILE, Aprile 2003

23 Apr 03

cronaca di un massacro annunciato

Bisogna restare svegli la notte. È passato, all'alba (trascurato e
pigiato in una porzione dello schermo di rai sat) il documentario di
Veneziano, sedìcipersone: ricostruzione del bombardamento nato ai danni
della rts. ne ho già scritto con dovizia di particolari: “il 23 aprile
del ’99, al suo trentesimo giorno di guerra contro la federazione
jugoslava, l’alleanza atlantica bombarda la sede della televisione di
stato rts: il palazzo di ulica abardareva –come dire viale mazzini- è
colpito dal primo cruise alle due del mattino, mentre programmisti,
tecnici ed impiegati sono al lavoro. moriranno in sedici. è la cronaca
di un massacro annunciato, che lascia in eredità un precedente
spaventoso. già un’ansa dell’otto di aprile ‘99 riportava da Bruxelles
il sinistro annuncio rivolto a Milosevic dai vertici nato: se non verrà
interrotta la propaganda antiamericana in onda sulla rts, le
installazioni della televisione jugoslava verranno considerate
legittimo obiettivo militare. dalla censura al diritto di strage il
passo è più breve di quel che si creda*.
Il documentario di Veneziano è semplice, privo di orpelli: si apre con
un battito cardiaco e come un battito cardiaco è essenziale. le
immagini sono quelle, per chi avesse fegato possono essere più
esplicite le fotografie delle autopsie delle vittime, che si trovano
(solo per individui dallo stomaco forte) qui e qui. le parole scelte da
Veneziano sono indispensabili e niente affatto sottointese, quanto le
immagini:
“ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione
incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e
quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso
ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.
(dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, articolo 19).
“la popolazione civile e le persone civili godranno di una protezione
generale contro i pericoli derivanti da operazioni militari. allo scopo
di rendere effettiva tale protezione, saranno osservate, in ogni
circostanza, le seguenti regole, le quali si aggiungono alle altre
regole del diritto internazionale applicabile. sia la popolazione
civile che le persone civili non dovranno essere oggetto di attacchi.
sono vietati gli atti o minacce di violenza, il cui scopo principale
sia di diffondere il terrore fra la popolazione civile. le persone
civili godranno della protezione concessa dalla presente sezione, salvo
che esse partecipino direttamente alle ostilità e per la durata di
detta partecipazione. sono vietati gli attacchi indiscriminati. con
l'espressione attacchi indiscriminati si intendono: a) quelli che non
sono diretti contro un obiettivo militare determinato; b) quelli che
impiegano metodi o mezzi di combattimento che non possono essere
diretti contro un obiettivo militare determinato; o c) quelli che
impiegano metodi o mezzi di combattimento i cui effetti non possono
essere limitati, come prescrive il presente protocollo, e che sono, di
conseguenza, in ciascuno di tali casi, atti a colpire indistintamente
obiettivi militari e persone civili o beni di carattere civile. saranno
considerati indiscriminati, fra gli altri, i seguenti tipi di attacchi:
a) gli attacchi mediante bombardamento, quali che siano i metodi e i
mezzi impiegati, che trattino come obiettivo militare unico un certo
numero di obiettivi militari chiaramente distanziati e distinti,
situati in una città, un paese, un villaggio o in qualsiasi altra zona
che contenga una concentrazione analoga di persone civili o di beni di
carattere civile; b) gli attacchi dai quali ci si può attendere che
provochino incidentalmente morti e feriti fra la popolazione civile,
danni ai beni di carattere civile, o una combinazione di perdite umane
e di danni, che risulterebbero eccessivi rispetto al vantaggio militare
concreto e diretto previsto. sono vietati gli attacchi diretti a titolo
di rappresaglia contro la popolazione civile o le persone civili. la
popolazione civile comprende tutte le persone civili”.
(convenzione di Ginevra, primo protocollo aggiuntivo).
Veneziano dà voce ai giornalisti, quelli italiani –a cominciare da
Remondino, osservatore coraggioso dei 78 giorni di aggressione alla
serbia nel ’99- e quelli serbi; le parole si sovrappongono fra il
desiderio di testimonianza e la richiesta di giustizia, fra l’angoscia
di chi ha perduto amici e colleghi allo smarrimento di chi comprende
che le ‘nuove guerre’ non contemplano più l’inviolabilità dei civili.
parole chiare, essenziali, dure. anche quelle del briefing nato che,
motivando il bombardamento della rts del 23 aprile ’99, spiegò: “in
nessuno dei casi è stata riscontrata l’intenzionalità di produrre
vittime, al di là della logica militare”.
più chiaro di così, credetemi, si muore. e a morire furono in sedici.
"hanno mantenuto la promessa più idiota: hanno centrato il palazzo
della tv di Belgrado. una sorta di contro-informazione militare: invece
che lanciare volantini, hanno lanciato un missile. una strage via
etere, nel nome del primato della propaganda di chi ha più armi e più
armate. la propaganda del nemico è un'offesa alla civiltà liberale, la
propaganda occidentale che è la verità che cammina. la censura e
l'autocensura che alitano sulla rai sono un tocco di "professionalità":
la censura imposta da Milosevic alle sue emittenti è un crimine contro
l'umanità. siamo all'apoteosi della "mitologia del nemico": che ha solo
torti e delitti, che va sfiancato e pure ammutolito, sconfitto
militarmente e spogliato delle proprie (giuste o sbagliate) ragioni.
noi siamo Abele e lui Caino, punto e basta: ma era poi Abele quello che
uccideva? anche la bibbia sarà riscritta alla luce della sapienza dei
generali". (nichi vendola, liberazione, il giorno dopo la strage)
*quando il nemico è il media, babsi jones per clorofilla, registrazione
free alla sezione ‘speciali’