Slovenia: le micidiali conseguenze della secessione dalla Jugoslavia
per l'economia della piccola repubblica


Sulle micidiali conseguenze della liberalizzazione dell'economia in
Slovenia vedi:
Delocalizzazione ad est: la manodopera slovena è troppo cara
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2722 )

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http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
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La Slovenia ed i mercati del sud est

Gorenje, Lasko, Radenska. Marche ben conosciute nei mercati delle ex
Repubbliche della Jugoslavia. Con l’entrata nell’UE però i prodotti
sloveni subiranno dazi all’export che influiranno sino del 30% sui loro
prezzi. A Lubjana intanto ci si attrezza.

(11/02/2004)

Di Donald F. Reindl – Radio Free Europe
Traduzione a cura dell’Osservatorio sui Balcani

La Slovenia già percepisce i vantaggi economici che potrebbero arrivare
con l’Unione europea, in particolare l’accesso libero ai mercati
europei. Ma l’allargamento potrebbe creare anche problemi ad alcuni
settori dell’economia slovena.

Il primo maggio decadrà automaticamente il trattato di libero scambio
firmato dalla Slovenia con le altre Repubbliche dell’ex-Jugoslavia ed
ai beni sloveni si applicheranno nuove tariffe doganali sino a
raggiungere, in alcuni casi, un 30% del prezzo originale. Lo riporta il
quotidiano “Delo” dello scorso 28 dicembre.

Le nuove tariffe riguarderanno tutti i membri dell’Unione ma avranno
naturalmente effetti in particolare sulla Slovenia che conserva forti
legami economici con i mercati del sud est Europa. France But, Ministro
per l’agricoltura sloveno, su “Delo” del 3 gennaio sottolinea come le
nuove regole colpiranno in particolare il settore agro-alimentare
dell’industria slovena.

L’Unione Europea non ha alcun accordo sul commercio con la Bosnia
Erzegovina ed ha accordi asimmetrici con la Croazia e la Macedonia.
Permette loro di esportare alcuni beni a tariffe ridotte nel mercato
europeo ma non può avvenire viceversa.

Prima del crollo della Jugoslavia, nel 1991, la Slovenia godeva di una
posizione privilegiata nel mercato interno jugoslavo grazie alle sue
industrie ben strutturate ed una manodopera altamente specializzata.
Materia prime o semilavorati venivano inviati da altri luoghi della
Jugoslavia in Slovenia dove venivano trasformati in beni finiti poi
esportati verso l’occidente o rivenduti, con profitto, nelle altre
Repubbliche.

Nel 1949 l’ideologo comunista Edvard Kardelj ed il Ministro per
l’economia Boris Kidric – entrambi sloveni – decisero di promuovere in
Slovenia un’industrializzazione più rapida che in altre parti del
Paese, avvantaggiandosi del relativamente già avanzato stadio di
sviluppo della regione. Questa ed altre decisioni lanciarono la
Slovenia ai vertici della modernizzazione economica nel sud est europeo.

Le tensioni nazionali iniziarono a disgregare il modello economico
jugoslavo ben prima che crollasse la Jugoslavia. Più il benessere
cresceva più gli sloveni percepivano negativamente la necessità di
ridistribuire, attraverso il budget federale, la ricchezza con altre
Repubbliche meno sviluppate, investendola in industrie datate e on
poche prospettive.

Accuse di sfruttamento arrivavano da entrambe le parti in causa: gli
sloveni si lamentavano di essere privati di risorse che avrebbero
potuto investire in modo più efficiente autonomamente; le altre
Repubbliche affermavano che la crescita slovena avveniva sulle loro
spalle. Gli economisti Mojmir Mrak e Joze Damijan descrivono bene come
si decise di imporre sui beni sloveni una sorta di dazio, il che portò
lentamente il mercato interno al collasso (vedi la loro ricerca
[commissionata dall'attuale regime nazionalista antijugoslavo, ndCNJ]).

Dopo l’indipendenza la Slovenia ha ricostruito molti dei legami
economici che aveva con le Repubbliche jugoslave. Nonostante i maggiori
partner commerciali rimangano Germania ed Italia, sia per quanto
riguarda le importazioni che le esportazioni, intensi rapporti, per
quanto riguarda le esportazioni, esistono anche con la Croazia, la
Bosnia Erzegovina, la Macedonia e la Serbia Montenegro. Per l’export
però la questione è diversa. La Croazia, nel 2003, è il quinto Paese
dal quale la Slovenia importa maggiormente. Ma nessuna delle altre
Repubbliche è riuscita ad entrare tra i primi 20 Paesi dai quali la
Slovenia si rifornisce.

La Slovenia, rispetto alle altre ex Repubbliche, ha una bilancia
commerciale sempre in attivo. Da un minimo del 200 per cento ad un
massimo del 600 per cento. Il mercato del sud est Europa è estremamente
attraente per i settori industriali sloveni meno competitivi vista una
domanda di bassa qualità. In particolare per quello agricolo, quello
alimentare, quello chimico e per quanto riguarda il legname. Un solo
esempio riportato da “Delo”. Il 30% della produzione di latte slovena
viene esportato, l’85% di questo verso Paesi della ex-Jugoslavia.

Questi ultimi hanno poco da offrire in cambio. Sempre su di un articolo
di “Delo” si nota come nel 2003 la Slovenia ha esportato beni in
Montenegro per un valore di 51 milioni di dollari mentre ne ha
importati solo per un controvalore di 78 mila dollari. Il Montenegro
poco può offrire oltre al turismo, il vino ed i distillati.

Dati simili anche per quanto riguarda i rapporti con la Macedonia. 23
milioni di export, per la maggior parte acqua minerale, carne in
scatola e salumi e 6 milioni di import: vino, tabacco e pomodori che
vengono diretti verso nord. La Macedonia sarebbe interessata ad
aumentare le proprie esportazioni verso la Slovenia di metalli e
prodotti chimici.

Un modo con il quale la Slovenia ha provato a riequilibrare il rapporto
import-export è quello degli investimenti diretti nelle altre ex
Repubbliche. Lo scorso anno 220 aziende slovene sono state registrate
in Bosnia Erzegovina. E sembra ve ne siano molte altre interessate. Nel
settembre del 2003 Dragan Covic, membro della Presidenza bosniaca,
approfittò di una visita ufficiale a Lubiana per invitare gli
imprenditori sloveni a partecipare, nel febbraio 2004, ad una fiera per
gli investitori organizzata a Mostar. La Slovenia è già attualmente uno
dei maggiori investitori stranieri [SIC] in Bosnia Erzegovina.

Le altre ex Repubbliche jugoslave vedono l’entrata della Slovenia
nell’UE come un’opportunità per rettificare l’andamento delle bilance
commerciali. “Delo” lo scorso 28 dicembre notava come gli importatori
spesso venivano attaccati sui media macedoni quali responsabili di
bilance commerciali pesantemente passive.

D’altro canto gli imprenditori sloveni temono invece che, dati i nuovi
dazi, a trarne vantaggio potrebbero essere i colleghi serbi, che
potrebbero aumentare le loro fette di mercato alle spese della Slovenia.

Vi è un chiaro interesse sloveno a proteggere i propri interessi
commerciali nel sud est Europa che emerge anche dal pieno appoggio che
viene dato all’allargamento dell’Unione verso sud. “Ma questo deve
avvenire in tempi relativamente rapidi perché i prodotti sloveni non
godranno all’infinito di vantaggi comparati derivanti da marchi già
conosciuti nel sud est Europa”, ha commentato a “Delo” Silvester Cotar,
della Camera di Commercio slovena.

Inoltre la somiglianza delle lingue parlate e le affinità culturali non
potranno che significare, nel riavvicinamento tra le ex Repubbliche,
opportunità economiche. [SIC]


» Fonte: © Osservatorio sui Balcani