PROPOSTE DI LAVORO, AUGURI  
E PRO MEMORIA PER IL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA
PER IL NUOVO ANNO


Con il nuovo anno, la partita contro la guerra in Iraq e nel Medio
Oriente rimane ancora tutta aperta.

Al momento le aspettative per il ritiro immediato delle truppe italiane
restano disattese sia dal governo di destra in carica che dalla
coalizione di centro-sinistra che si candida a sostituirlo. Fino ad ora
segnali di inversione di tendenza non se ne vedono. Ciò rende ancora
più decisiva l’iniziativa del movimento contro la guerra e la sua piena
autonomia dal quadro politico esistente.

Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq, in
venti mesi di attività ha posto dentro il movimento questioni,
iniziative e obiettivi in parte coincidenti e in parte dissonanti.

Nei prossimi mesi le realtà politiche, associative, informative che
hanno dato vita al Comitato per il ritiro dei militari dall’Iraq,
saranno chiamate a portare il loro contributo sia sugli appuntamenti
che il Comitato si è già dato autonomamente sia negli appuntamenti
unitari con le altre realtà del movimento contro la guerra.

 
1) Segnaliamo per il mese di gennaio l’appuntamento per il forum su
“Informazione, ideologia, guerra” che stiamo organizzando per sabato 28
gennaio a Roma. A questo appuntamento parteciperanno giornalisti,
mediattivisti e realtà del movimento contro la guerra. Il terreno
dell’informazione ci sembra decisivo per lo sviluppo e l’autonomia del
movimento. La lotta contro quello che viene definito lo “tsunami
informativo” davanti al quale tentennano e capitolano in molti, è in
realtà una battaglia che individua nelle scelte politiche l’origine e
non la conseguenza della disinformazione. L’autonomia del movimento
diventa quindi decisiva sia per delineare alternative alle scelte della
politica sia per resistere allo tsunami informativo. Tra l’altro
l’ipoteca rappresentata dalla minaccia di attentati in Italia e la sua
strumentalizzazione, deve vedere il movimento affrontare e chiarire per
tempo le valutazioni da dare e le iniziative da prendere. Non sarà una
discussione semplice ma riteniamo che vada fatta.

2) Gli altri appuntamenti di gennaio riguardano la gestione sul
territorio nazionale delle due proposte di legge presentato dal
deputato Mauro Bulgarelli sul referendum contro la presenza di armi,
siti e porti nucleari nelle basi militari straniere in Italia e per la
desecretazione sui documenti di Stato degli ultimi venticinque anni.

Una prima iniziativa c’è già stata a Cesena (dove c’è la base militare
di Pisignano) mentre altre due sono in cantiere per gennaio in Toscana
(Camp Darby) e in Sicilia (Sigonella). La vicenda della base della
Maddalena in Sardegna è un incoraggiamento importante che ha portato la
vicenda delle basi militari nell’agenda politica nazionale.

2) A tale proposito, sarebbe utile verificare la possibilità di fare il
3 febbraio (anniversario della strage del Cermis) una giornata di
“pressing” con dei SIT IN (anche non in numerosissimi ma chiari nei
cartelli e nei volantini) sotto le sedi delle regioni che ospitano le
basi militari. Si può cominciare nelle regioni dove l’attività è stata
già avviata e cercare di coinvolgere le regioni dove ancora non ci sono
realtà in movimento.

3) Per il 18 febbraio è stata convocata dalle reti impegnate
storicamente sulla Palestina una manifestazione nazionale a Roma. Il
Comitato deve sentirsi impegnato a dare il massimo contributo alla
riuscita di questa manifestazione si solidarietà con la lotta del
popolo palestinese.. Non solo perché abbiamo sempre sostenuto che la
situazione di Iraq e Palestina sono strettamente collegate, ma anche
perché tra gli obiettivi della manifestazione c’è anche la richiesta di
revoca dell’accordo di cooperazione militare Italia-Israele che,
insieme al ritiro delle truppe dall’Iraq, rappresenta il banco di prova
del prossimo governo sulle scelte di politica estera e militare. Su
questo è stata comunque convocata una seconda riunione nazionale il 15
gennaio a Firenze.

4) La manifestazione del 18 marzo contro la guerra. Su quella data e
sul fatto che ci debba essere una grande manifestazione – tra l’altro
coordinata a livello internazionale – non possono esserci dubbi. Come è
noto ci sono settori del movimento (la maggioranza del PRC ma non solo)
che preferirebbe rinviarla a dopo le elezioni, mentre sulla
piattaforma, le proposte fino ad oggi in discussione tendono ad
escludere il punto del riconoscimento e sostegno della Resistenza
popolare contro l’occupazione militare dell’Iraq. Ciò sarebbe un
arretramento rispetto alla manifestazione nazionale del 19 marzo 2005
che invece – e finalmente – su questo aveva rotto gli indugi schierando
il movimento contro la guerra al fianco della Resistenza irachena. Un
passaggio della discussione sulla manifestazione è l’assemblea
nazionale prevista per l’11 febbraio a Firenze convocata da diverse
(non tutte) le realtà del movimento no war (Bastaguerra, Arci, Un Ponte
per  etc.). Riteniamo che in quella sede vada ribadito che la
manifestazione del 18 marzo va fatta e su una piattaforma più avanzata
possibile.

Un altro passaggio verso la manifestazione sarà l’assemblea generale
dei movimenti sociali che, inizialmente prevista per metà gennaio,
subirà uno slittamento a febbraio a causa delle mobilitazioni in corso
(TAV, carovita, reddito acqua etc.). In quella sede la scadenza del 18
marzo come data della manifestazione nazionale ed internazionale contro
la guerra verrà ribadita con forza.

5) Infine, ma non per importanza, il 9 aprile sapremo con quale governo
dovremo fare i conti nei prossimi anni. I primi cinquanta giorni
saranno sufficienti per capire che aria tira sull’agenda relativa alla
guerra, al ritiro delle truppe dall’Iraq, alla revoca dell’accordo di
cooperazione militare con Israele, alle scelte di politica militare ed
internazionale. La data del 2 giugno torna così ad essere un
appuntamento significativo per verificare o meno la discontinuità con
il governo della guerra. Le manganellate della polizia alla
manifestazione del 2 giugno del 2005 hanno persuaso molti che la festa
della Repubblica non può legittimare le politiche belliciste e la
cultura militarista del nostro paese.


Con questo promemoria di proposte e appuntamenti cogliamo l’occasione
per fare gli auguri per il nuovo anno a tutte e a tutti gli attivisti
del movimento contro la guerra, con la speranza che il 2006 porti il
nostro paese fuori da ogni complicità con la guerra e l’oppressione di
altri popoli.


Dicembre 2005


Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq

Info: viadalliraqora@...

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Informazione-ideologia-guerra
Un momento di confronto nel movimento nowar con il mondo
dell’informazione

Forum

Roma, 28 gennaio, ore 10.00-18.00

(centro congressi Cavour, via Cavour 50/A)

Partecipano:

Giulietto Chiesa, Maurizio Torrealta, Alberto Burgio, Umberto Zona,
Paolo Serventi Longhi, Vladimiro Giacchè, Jurgen Elsaesser, Antonello
Petrillo, Stefano Chiarini, Maurizio Musolino, Sergio Cararo, Roberto
Taddeo, Valter Lorenzi, mediattivisti e attivisti del movimento contro
la guerra. Altri relatori devono ancora confermare.

Sul piano dei mezzi di comunicazione di massa, spesso anche nel
movimento e nella sinistra c’è una posizione consolatoria e remissiva.
Ci si lamenta della disinformazione e si addebita a questa molte che
invece sono responsabilità della “politica”
La questione che sta emergendo non è solo quella delle menzogne di
guerra, sulle quali si è rivelata una contraddizione/debolezza politica
di gestione dei governi della guerra e della informazione “arruolata”.
Sulla guerra questo atteggiamento è contraddetto ad esempio
dall’orientamento maggioritario dell’opinione pubblica che, nonostante
la informazione “embedded”, si schiera contro la guerra e vuole il
ritiro delle truppe (vedi gli USA ma anche l’Italia e la Gran
Bretagna). Non solo. La straordinaria socializzazione del video sulla
strage di Falluja trasmesso da RAI News e ritrasmesso in centinaia di
assemblee locali, ha incontrato un'accoglienza superiore alle
aspettative. Il problema dunque è la politica e non l’informazione.

Nel nostro paese esiste ed opera un sistema di guerra bipartizan che
sta lavorando per mantenere la presenza militare straniera in Iraq, ha
abbondantemente metabolizzato la guerra contro la Jugoslavia, sta
metabolizzando la preparazione e la gestione di nuove possibili guerre
contro l’Iran e la Siria, sta sperimentando una “operazione umanitaria”
in Darfur e dopodomani chissà dove. Su tutto grava poi la
consapevolezza del rischio di uno scenario londinese o madrileno anche
in Italia. Le reazioni – come è noto – sono state diverse. Positive nel
caso spagnolo, devastanti per il movimento contro la guerra in Gran
Bretagna. Sulla capacità del movimento di giocare d’anticipo su questi
scenari, possiamo anche noi sperimentare una capacità di autonomia,
resistenza e contrattacco politico sul piano dell’informazione che
inchiodi il governo della guerra (e i suoi alleati nell’opposizione)
alle proprie responsabilità.

Il clima di repressione preventiva e di islamofobia manipola la realtà
e mobilita la paura. La caccia all’islamico sta occultando il fatto che
le uniche stragi in Italia fino ad oggi non le hanno compiute gli
islamici ma uomini “battezzati” e legati in gran parte agli USA. Che
fine ha fatto ad esempio la recente inchiesta sulla DSSA, la polizia
parallela che ha invocato il segreto NATO? I due agenti speciali
inglesi "beccati" a Bassora con l’auto piena di armi ed esplosivi
offrono un’altra versione degli attentati nei mercati iracheni? Quanto
c’è da scavare sulla politica degli attentati? Come mai nessuno si
prende la briga di andare più a fondo e si accontenta di una chiave di
lettura che al massimo arriva alla semplificazione della “spirale
guerra-terrorismo”?

Dobbiamo cominciare a delineare una strategia di attacco dei movimenti
sul piano dell’informazione. 


a)  Il primo problema è l’autonomia critica rispetto a quello che ci
viene propinato. In tal senso, partendo dall’assunto che “tutto quello
che ci dicono è falso", spetta a loro (i guerrafondai) dimostrare il
contrario. Questo implica un livello alto di autonomia e alterità nel
rapporto con l’informazione, propedeutico alla ricerca ed alla
circolazione di fonti di informazione alternative a quelle esistenti ma
che diventano “consolatorie” e insufficenti se non precedute da una
rottura netta con l’informazione ufficiale.


b)  Il secondo problema attiene alla resistenza contro quello che
Giulietto Chiesa definisce lo “tsunami informativo”. Anche qui è la
politica che decide. Allo tsunami si resiste o ci si lascia trascinare
sulla base del posizionamento politico. Fassino, per fare un esempio –
accreditando la legittimità delle elezioni irachene e le sue
percentuali – non è stato una vittima dello tsunami informativo ma se
ne è collocato al suo epicentro sulla base di una riflessione e una
posizione politica.


Il forum che intendiamo promuovere, intende essere un momento alto di
confronto tra movimento contro la guerra e quei pezzi del mondo
dell’informazione più avanzati ed autonomi, sia per delineare
un’alleanza importante sia per cominciare a fornire alcuni strumenti di
crescita culturale e politica dell’autonomia dei movimenti stessi.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall'Iraq