Jovanka Broz e gli avvoltoi

Qualche considerazione sull'articolo "La vedova di Tito, povera, sola
in tugurio", di Elisabetta Rosaspina, apparso oggi sul Corriere della
Sera, il cui testo alleghiamo di seguito.
Davvero miserrimo è l'approccio alla storia ed alla realtà jugoslave
da parte dei giornalisti occidentali: lo sapevamo bene, oggi ne
abbiamo un ennesimo esempio. L'articolo abbonda di gratuite
sciocchezze; particolarmente assurda quella secondo cui i giovani
politici serbi odierni, quarantenni, pur con tutti i limiti che certo
hanno, non saprebbero nemmeno se Jovanka sia ancora viva o meno.
E' vero: Jovanka Broz subì angherie da parte di certi collaboratori di
Tito, ed è tuttora, sicuramente, ipersorvegliata. Ma Jovanka Broz è,
ed è stata sempre, una donna coraggiosa e discreta.
A sua disposizione, nella casa dove vive ora, che è la stessa in cui
visse con Tito, ha una donna di servizio ed un portiere. La villa,
certo, necessita di grandi lavori di riparazione. Si noti bene: delle
presunte "40 dimore di Tito", a parte quella nella quale vive adesso
Jovanka Broz, soltanto la villa sull'isoletta di Vanga,
nell'arcipelago di Brioni, dovrebbe essere ancora nella sua
disponibilità, e dovrebbe poi passare agli eredi - eppure il signor
Tudjman ci ha passato qualche sua vacanza... Paraltro, speriamo che
diventi una villa-museo!
Ma le altre 38 presunte "dimore di Tito"...?
I leader, le comunità di ogni repubblica federata, regione, comune,
"dal monte Triglav al fiume Vardar", gareggiavano nell'invitare Tito a
trascorrere le proprie vacanze, a curarsi, in ville già esistenti
oppure costruite per lui, nuove di zecca. Lo invitavano a
soggiornarvi, foss'anche per una volta sola. Ebbene: le residenze a
Kranjska Gora, a Zagorje, in Dalmazia, sulla costa montenegrina, sono
tutte rimaste proprietà delle rispettive repubbliche, regioni,
comuni... Tutte proprietà pubbliche. Altro che "patrimoni personali"!
Sono i politici occidentali, quelli che sì che si arricchiscono
personalmente sfruttando i loro incarichi politici.

(a cura di Ivan ed Andrea)


La vedova di Tito, povera, sola in tugurio

di Elisabetta Rosaspina
"Corriere della Sera", lunedì 27 febbraio

Dopo oltre 25 anni Jovanka chiede di riavere l'eredità e le foto del
marito
La vedova di Tito, povera e sola in un tugurio
La battaglia dell'ex first lady jugoslava contro la miseria e per
riavere i ricordi di famiglia. Da anni vive in una casa fatiscente

BELGRADO - Da pochi giorni il riscaldamento ha ripreso finalmente a
funzionare in un piccolo appartamento statale di Dedinje, al 65 di
Bulevar Mira, zona residenziale di Belgrado. E un gruppo di operai sta
studiando come bloccare le infiltrazioni di umidità e di pioggia dal
tetto. È una notizia, perché sotto quel tetto malconcio vive la «prima
vedova» di Jugoslavia: Jovanka Broz, 81 anni, per 28 moglie di Tito.
L'ultima.
«Ma non era morta tanto tempo fa?» hanno chiesto, sorpresi, funzionari
di governo trenta-quarantenni ai giornalisti che chiedevano
spiegazioni sull'infelice declino della «Signora Tito». No,
l'ottantenne Jovanka, considerata un tempo una delle tre donne più
belle nella storia dell'umanità, dopo Nefertiti e Marilyn Monroe, non
è morta. E' sopravvissuta, senza clamori e senza denaro,
all'insofferenza dei successori del marito che poco dopo la morte del
presidente, il 4 maggio 1980, l'hanno relegata in una cadente casa di
proprietà pubblica, attrezzata con il minimo indispensabile. Come una
qualunque pensionata senza diritti. Proprio lei, che per oltre un
quarto di secolo si era occupata, senza risparmio di energie e di
soldi, delle quaranta residenze del consorte sparse per la Jugoslavia.
Proprio lei che, appena ventottenne, aveva accettato di sposare l'uomo
più potente del Paese, giunto al suo sessantesimo compleanno e al suo
terzo o quarto matrimonio.

Un'altra, al suo posto, avrebbe finito per regolare i conti, in banca
e in piazza, vendendo a caro prezzo dettagliate memorie. Ma Jovanka,
come sanno bene i giornalisti e gli editori locali, è una vedova di
ferro: non parla, non apre la porta e nemmeno la posta. Di giorno
pulisce la casa, stira e si cucina il pranzo. È protetta da tre
guardie del corpo che, a turno, vanno a farle la spesa e vegliano
sulle sue serate solitarie e, per anni, anche piuttosto gelide. Riceve
soltanto la sorella e un paio di nipoti.
«All'inizio la signora Broz temeva di mettere in pericolo la sua vita,
se avesse svelato segreti e retroscena dei suoi anni con Tito -
considera Toma Fila, il suo avvocato -. Ma adesso tutto ciò che vuole
è ritrovare i suoi ricordi, le foto, le lettere, i cimeli del marito».
Non è un semplice desiderio né un desiderio semplice: da oltre
vent'anni, a differenza dei due figli che Tito ha avuto da nozze
precedenti, Jovanka si batte senza tregua nei tribunali per quelli che
considera beni personali. A complicare la vertenza c'è una legge,
varata poco dopo i funerali solenni del consorte, in base alla quale
tutto quanto appartenuto a Tito spetta allo Stato: la «legge Jovanka»,
come la definisce il suo legale.
Di più, furono stilati quattro inventari delle proprietà del defunto
presidente e il quarto elenco comprendeva il 90 per cento degli
oggetti, anche di uso comune, passati per le storiche mani, destinati
alla nazionalizzazione ma poi scomparsi. A moglie e figli toccavano un
po' di abiti e alcuni fucili da caccia. Jovanka, del resto, non godeva
più delle simpatie dello staff del marito già tre anni prima che lui
morisse, quando il vecchio presidente era stato di fatto esautorato
dei suoi poteri. La volitiva consorte era stata confinata agli arresti
domiciliari, lontana da lui, con l'accusa di complottare contro il
governo.
Riapparve in pubblico ai funerali di Tito, per evitare interrogativi
imbarazzanti tra i cento capi di Stato invitati alla cerimonia. Ma il
giorno dopo aveva perso di nuovo tutte le prerogative che il marito
aveva invano cercato di conservarle nelle sue ultime, non scritte,
volontà. I palazzi in cui aveva vissuto, con tutti gli arredi, le
scuderie, i preziosi doni ricevuti durante i viaggi ufficiali e da
ospiti di rango, scomparvero per sempre dai suoi orizzonti. Era
finita, ma Jovanka non si è mai arresa, anche se il patrimonio
personale di Tito ha un valore più storico che finanziario, e la
popolarità dell'ex capo partigiano era in declino già negli anni '80:
«Devono restituirmi almeno i vestiti, i telegrammi di condoglianze per
la sua morte, le sue lettere, le nostre foto - reclamava lei
all'avvocato, che è riuscito a farle assegnare almeno una pensione -,
si sono presi anche i beni provenienti dalla mia famiglia». Una causa
persa, se l'oblio calato su Jovanka non l'avesse spinta quasi
all'indigenza. La pratica è arrivata sul tavolo del ministro dei
diritti umani e delle minoranze, Rasim Ljajic: «La sua situazione era
una vergogna nazionale - ha riconosciuto Ljajic -, la signora Broz
viveva in condizioni catastrofiche e bisognava correre ai ripari». Il
tetto sarà sistemato, i termosifoni ora funzionano, ma di eredità non
si parla.

Elisabetta Rosaspina
27 febbraio 2006