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Politiche securitarie: Chi è legale e chi illegale?
di A. A.
su redazione del 04/10/2007
Ieri a Porta a Porta, con l'intramontabile Vespa, ormai infinito quanto Pippo Baudo, a trattare il tema del giorno c'era il Ministro della Giustizia.
Dunque, tra le cento rapine del mese ce ne è una che casca a fagiolo per dare sostanza alla indecente politica securitaria che, stando alle anticipazioni, farà tabula rasa di buona parte degli articoli costituzionali in tema di giustizia penale. Il tema della puntata è la sciagurata rapina fallita di un ex della lotta armata degli anni "70 da anni in semilibertà. Un bel colpo per i fautori della tolleranza zero all'italiana: quella che a partire dai lavavetri per arrivare, c'è da giurarci, al dissenso sociale e politico, mira a far piazza pulita dei lacci e lacciuoli che erano sopravvissuti all'avvento delle leggi cosiddette "eccezionali" (in realtà mai sospese) varate sul finire degli anni "70. Si tratta di una politica mirata, costruita negli anni, volta a strumentalizzare un disagio in larga parte prodotto da scelte di politica estera e militare ben al di fuori dei dettami costituzionali, come le guerre a cui l'Italia si è prestata violando leggi, Costituzione e diritto internazionale: a proposito di legalità e di impunità (è il caso dei vicini Balcani).
Ma dietro questa campagna d'odio reazionaria, dove si affaccia lo spettro minaccioso di una nuova xenofobia, si nasconde dell'altro, qualcosa di ancora più torbido. Come mai infatti dietro la facciata ipocrita di una classe politica tutta orientata a esigere (dagli altri) un rigore legalitario inflessibile, calpestando in realtà la base dei nostri principii costituzionali esattamente come avviene in alcune dittature, si nascondono ben più loschi traffici capaci di condizionare, se non guidare, scelte di politica decisive per il futuro del nostro Paese e dei popoli mediterranei? Non è ormai un mistero per nessuno, anche se pochi si azzardano a pronunciarne il nome, il rapporto strettissimo che lega settori importanti della politica italiana, assolutamente trasversali, con la malavita kosovaro-albanese, con quella che autorevoli esponenti degli apparati di polizia (assolutamente inascoltati) definiscono la più potente e ramificata organizzazione criminale a livello europeo. Eppure è a questa mafia che si è consegnato il potere nel vicino Kosovo, ed è sempre a questa realtà criminale che il nostro governo, in continuità con i precedenti, vuole consegnare anche formalmente uno status di indipendenza territoriale violando le disposizioni ONU in materia e numerosi accordi internazionali. E' anche così che si darà nuova forza ai traffici, già ora egemoni, che da quella Regione si diramano nel resto d'Europa alimentando quel senso di insicurezza che ora si vorrebbe addebitare ai più deboli, e spesso alle vittime, di questo complesso criminale: i lavavetri, gli ultimi, i rom, i pària del nostro tempo insomma. E non solo: i dissidenti, i "sovversivi" per classificazione, quelli che non ci stanno e non rinunciano al loro NO!
E' una triste realtà quella di un Paese capace di andare avanti per emergenze successive, per strumentalizzazioni di episodi circoscritti finalizzate all'affermazione di concezioni liberticide, dove la legge diventa uno strumento differenziato e anche formalmente non uguale per tutti. Chi si può permettere mediatiche chiamate alle armi, chi si può permettere il terrore razzista e squadrista e chi non può opporsi a tutto questo. Come a Milano nel corso della protesta antifascista dello scorso anno, come in altre mille occasioni.
Tutto quello che è già una realtà strisciante sta per essere formalizzato e definito in misure di legge, il pacchetto sicurezza e quanto potrà seguire dopo. Sempre che questo governo non inciampi sulle sue stesse forzature, e cada in un nulla di fatto. Ciò che ha resistito fino ad ora rischia di soccombere, come dire che la "democrazia" formale nel nostro Paese è mai come adesso in pericolo. Poco importa se non c'è più il governo Berlusconi, il pacchetto Amato è sul piano delle garanzie assai peggio del precedente pacchetto Pisanu. Non c'è che dire. Un bel capolavoro specialmente considerando che la risicata vittoria elettorale avvenne anche puntando su una concezione della giustizia assai garantista, riformatrice in senso avanzato, dove la massima espansione del ricorso alle misure alternative, e ai criteri dell'Art.27 della Costituzione italiana, sarebbe stato il perno di un sistema penale rinnovato rispetto alla concezione del Codice Penale fascista tuttora in vigore. E' quell'art.27 della Costituzione che il Ministro della Giustizia Mastella ha tentato di spiegare ai telespettatori, chiarendo che il vero tema è proprio quello della sua sostanziale abrogazione, a partire dalla legge Gozzini che si inseriva nel meccanismo di questo articolo costituzionale mai applicato fino in fondo. Lo stesso articolo, questo molti non lo sanno, che vede nei fatti esclusi già da tempo migliaia di detenuti italiani, in particolare quelli condannati negli ultimi anni per reati di tipo associativo e di pericolo presunto, quei reati "originali" che non presuppongono il compimento di alcun atto illecito ma sono reati in sé, risiedono nel pensiero, nell'essere, nell'esistere di una persona che in quanto tale deve vedersi rinchiusa fino all'ultimo giorno della sua condanna; una condanna intesa come misura afflittiva fine a se stessa.
Certo, in Italia c'è sempre la possibilità discrezionale che in attesa di una sentenza definitiva un giudice intervenga per concedere misure di attenuazione. E' il caso degli arresti domiciliari, e delle misure di reinserimento in ambito lavorativo e familiare, ma non appena la sentenza si fa definitiva per questi imputati pesa sempre, in caso di condanna, contraddittoriamente e in maniera perversa ed illogica, l'esclusione dalle misure alternative, da quanto prevede la legge Simeone, la legge Gozzini ecc. e il ritorno a condizioni detentive a regime speciale (peraltro illegittime) per ogni minimo residuo pena, fosse anche di pochi giorni. Siamo sicuri ciò non toccherà quegli indagati eccellenti che proprio in questi giorni sono stati associati all'inchiesta per concorso nello stragismo fascista (o di Stato) degli anni "70.
Un sistema penale in mezzo al guado: ma, "tranquilli", a passare per intero dall'altra parte, abolendo pure le discrezionalità dovute all'autorità giudiziaria e abolendo ogni misura alternativa anche per i reati minori, ci sta pensando il Ministro dell'Interno. E il pragmatico e acuto politologo ospite del teatrino di Porta a Porta non poteva non chiudere segnalando una banale ovvietà: se le cose stanno così non rimane che costruire nuove carceri. Ma di questo passo forse occorreranno gli stadi.