Ricordo di Pierluigi Visintin
Domenica scorsa, il 13 luglio, è morto a Udine Pierluigi Visintin, mio amico e autore di tanti libri sulla storia partigiana. Nel 1991 aveva pubblicato I giorni del Cormôr, un testo in forma di dramma teatrale sulle grandi lotte bracciantili avvenute nel 1950 nella Bassa Friulana. In seguito ha scritto Romano il Mancino e i Diavoli Rossi, i protagonisti di una delle imprese più eroiche della Resistenza, la liberazione dalle carceri di Udine, il 7 febbraio del 1945, di 70 prigionieri dei nazifascisti. L'intento di Pierluigi era quello di togliere dall'anonimato coloro che avevano combattuto, per questo aveva fatto decine e decine di interviste a partigiani, a comunisti, sindacalisti ecc., proponendo le loro biografie e le loro foto. Per lui dare un volto a queste persone significava riconoscere la loro partecipazione e la loro importanza nelle lotte. Erano tutti compagni che nel dopoguerra erano stati costretti all'emigrazione, in Svizzera, in Francia, in Jugoslavia, e lui aveva raccolto le loro storie. Le aveva fatte conoscere attraverso i libri, ma anche attraverso spettacoli teatrali e musicali, per i quali aveva saputo coinvolgere artisti e musicisti friulani, impegnandoli in un lavoro non solo culturale ma anche politico.
È stato anche autore di un libro su Giuseppe Nogara, l'arcivescovo di Udine collaborazionista dei fascisti (dal titolo "Che il mondo intero attonito sta". Giuseppe Nogara, luci ed ombre di un arcivescovo, insieme con me) e di un altro libro sulle organizzazioni antesignane di Gladio e il loro intervento nelle elezioni del '48 nella nostra regione, dal titolo Come si vincono le elezioni (insieme con Faustino Nazzi). È stato inoltre, negli anni Novanta, il direttore della collana di storia e politica "I quaderni del Picchio" della Kappa Vu (il Picchio era il suo soprannome, per la sua capacità e determinazione nell'andare a fondo nelle cose che ricercava e studiava...)
Ma vorrei ricordare Pierluigi anche - e soprattutto - per un altro motivo: all'inizio degli anni novanta fu il primo ad accorgersi delle manovre revisionistiche che stavano iniziando a livello storiografico. Fu lui che raccolse la documentazione necessaria a capire chi era Marco Pirina, il neofascista coinvolto nell'inchiesta sul golpe Borghese, che nel 1990 stava cominciando in maniera subdola, presentandosi come storico della Resistenza, ad insinuarsi, nella nostra regione, nel mondo della storiografia resistenziale, cercando di farsi accreditare come storico. Pierluigi scoprì il suo passato politico, costringendolo a rivelarsi e rendendogli più difficili le sue provocazioni.
La morte di Pierluigi è stata una grande perdita per tutti noi che stiamo cercando di difendere la memoria di coloro che hanno combattuto nella Resistenza e i loro ideali.
Per questo ho voluto ricordarlo a tutti voi.
Alessandra Kersevan