Radovan Karadzic, un ricordo
In un momento in cui il mondo esulta per la cattura del "criminale" Karadzic, penso sia onesto proporre un'immagine di "minoranza" dell'uomo.
Nei primi anni '90 ebbi l'occasione di parlargli molte volte. In una affrontai il tema dei crimini di guerra di cui era accusato. Gli dissi "neanche mia moglie mi crede quando le dico che non mi sembri un criminale"; lui mi rispose che nei primi giorni della guerra civile "cittadini uccisero altri cittadini", e che nessuna autorità era abbastanza forte da fermare il massacro. Quando lui prese in mano la situazione i massacri furono fermati. Per dare a mia moglie un messaggio concreto della sua buona fede mi consegnò un documento in cui mi permetteva di attraversare le linee serbe con bambini musulmani da portare in Italia per cure.
Quando i croati sfondarono il fronte occidentale migliaia di profughi serbi stavano scappando dai territori invasi. C'era una ragazza croata con un tumore in fase terminale che voleva morire tra le braccia di sua madre, abitante a Banja Luka. Per una croata viaggiare contro la corrente dei serbi in fuga era un grosso problema, e nemmeno importanti organizzazioni internazionali erano riuscite ad aiutarla. Io chiesi aiuto a Karadzic e lo ottenni. Degli amici veneti e triestini la misero su di un aereo per Belgrado; qui venne presa in carico da miei colleghi serbi che la nascosero per una notte in un ospedale, quindi iniziò il suo viaggio verso Banja Luka in una ambulanza messa a disposizione dai serbo-bosniaci. Io la precedevo di qualche chilometro per trattare il suo passaggio ai vari posti di blocco. La ragazza era molto coraggiosa e strinse la vita tra i denti, rifiutandosi di morire prima di aver visto sua madre. Alla fine arrivò a casa della madre e poche dopo ore morì come aveva chiesto. I serbo-bosniaci mi diedero una medaglia quale segno di riconoscenza per aver dato loro l'occasione di mostrare la loro vera natura.
Prima che la guerra volgesse in favore dei croati e dei musulmani la sacca di Bihac era assediata dall'esercito di Mladic e la gente stava per morire di fame.
Io fui contattato da alcuni membri del Quinto Corpo d'Armata musulmano per una missione di soccorso alla popolazione di Bihac. Avevano riempito due camion con cibo, in particolare zucchero, ma non sapevano come passare attraverso le linee serbe. Nemmeno l'ONU era riuscita ad ottenere i permessi.
Io offrii una cena a Zagabria ad un membro dello stato maggiore croato e ottenni da lui il permesso di passare attraverso il territorio croato, fino al confine di Moscenica con la zona occupata dai serbi.
Arrivai poi a Pale di sera e chiesi di parlare con Karadzic; era occupato con il Gruppo di Contatto europeo, e mi fu chiesto di aspettare. Nell'attesa molto lunga fui invitato a cena in una sala piena di soldati e funzionari del governo serbo-bosniaco. A metà della cena mi accorsi che i presenti si irrigidivano, mentre alla mie spalle la voce di Karadzic: "cosa vuoi questa volta?" Io riuscii a malapena ad ingoiare un grosso boccone e balbettai: "i bambini di Bihac stanno morendo di fame, tu non li lascerai morire, vero?"
Karadzic sospirò e mi diede il permesso di passare con i camion, ma mi raccomandò di fare attenzione perchè "quelli erano terroristi". Io ebbi il coraggio di rispondergli "è proprio quello che dicono di te".
Così fui in grado di guidare i due camion con targa croata con due autisti musulmani attraverso la Croazia e la Republika Srpska. Nessun osò torcere un capello ai miei autisti. Ebbi solo un problema con un funzionario dell'ONU che mi denunciò per violazione dell'embargo contro la Serbia, avendo io una tanica di benzina in macchina...
Poi i due camion riuscirono a passare dentro la sacca di Bihac, altri camion li seguirono nelle settimane seguenti, poi i musulmani cercarono di rapirmi, ma questa è un'altra storia.
Quando il Tribunale dell'Aja emise il primo mandato di cattura contro Karadzic la motivazione era quella di essere stato il comandante in capo dell'esercito serbo che si era reso responsabile di quei crimini. Chissà se qualcuno ricorda che una settimana prima di Srebrenica il giornalista del Piccolo di Trieste, Maranzana, aveva scritto un articolo in cui definiva Karadzic un presidente ormai praticamente spodestato (da Mladic, per ordine di Milosevic?) quasi prigioniero nella sua residenza di Pale. La mia impressione è che il Tribunale, in ossequio a chi pagava lo stipendo ai suoi giudici, abbia emesso il mandato di cattura un po' frettolosamente, inventandosi gli unici crimini di cui Karadzic poteva certamente definirsi innocente.
Io non so se Radovan abbia rubato da bambino la marmellata o se abbia mai ordinato di uccidere qualcuno nella sua vita; posso solo testimoniare che l'uomo che io ho conosciuto mi ha sempre concesso di aiutare bambini di entrambe le fazioni senza alcuna discriminazione. Non ebbi mai l'impressione di parlare con un mostro.
Marino Andolina
pediatra (Trieste)