"Dick Marty è a Pristina da ieri sera e ha in programma incontri con alti esponenti di Eulex (missione civile Ue che sostituirà l'Unmik, missione Onu per il Kosovo ndr) e del governo kosovaro". Stop. Con queste telegrafiche parole Christophe Lamfalussy, portavoce di Eulex, ha confermato le indiscrezioni dei giorni scorsi.
Visita riservata. Marty è l'inviato del Consiglio d'Europa e non è arrivato in Kosovo a caso. Sta lavorando a uno dei tanti argomenti che ancora dividono, come un fossato profondo, i serbi dagli albanesi in Kosovo: i crimini commessi dall'Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck) contro civili serbi durante il conflitto del 1999. In particolare, all'attenzione di Marty, c'è il cosiddetto caso della 'casa gialla'. Secondo le tesi della procura di Belgrado che indaga sui crimini di guerra, in una piccola abitazione del villaggio di Burrell, nell'Albania settentrionale, trecento civili non-albanesi, per lo più serbi, sono stati rapiti, uccisi e sottoposti a espianti di organi. Non ne è convinto solo Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di guerra, ma anche l'Unmik stessa che, nel 2004, aprì un'inchiesta sulla vicenda inviando degli ispettori sul luogo. Il risultato di questa inchiesta racconta di evidenti riscontri di un eccidio all'interno della 'casa gialla' di Burrell. In realtà, in un primo momento, l'Unmil aveva negato di essere in possesso di materiale riguardo alla vicenda, ma poi ha inviato a Belgrado il materiale. Il disgelo (la Serbia dal 1 gennaio 2010 ha usufruito del regime dei visti agevolati Ue) tra Bruxelles e Belgrado comincia a dare i suoi frutti.
Una lunga storia. Il senatore svizzero Marty, nelle scorse settimane, sempre nel massimo riserbo, era stato a Belgrado dove aveva incontrato lo stesso Vukcevic. Il procuratore serbo ha fornito all'inviato Unmik altre testimonianze, documenti e riscontri per chiedere che l'inchiesta vada avanti. Lo stesso Vukcevic, a marzo dello scorso anno, ha chiesto anche al governo albanese di riaprire l'inchiesta sulla vicenda.
La prima ricostruzione della vicenda è apparsa tra le pagine del libro La Caccia di Carla Del Ponte, ex procuratore capo del tribunale dell'Aja.
Finito il suo mandato, però, della 'casa gialla' non si era parlato per un bel po'. Adesso la storia torna a galla, anche perché il figlio di un cittadino serbo scomparso nel 1999, Rade Dragovic, aveva riconosciuto il padre in una foto nella quale un comandante Uck lo mostrava morto come un trofeo di guerra. In tuta mimetica. Ma il figlio Rade ha sempre sostenuto che il padre non ha mai preso parte a operazioni militari. Secondo il procuratore Vukcevic questa è la prova dell'uccisione di civili serbi da parte di guerriglieri dell'Uck. Sarebbe già questo, da solo, un fattore che merita di essere approfondito, soprattutto perché la quasi totalità dei dirigenti dell'Uck oggi rappresenta la classe dirigente del Kosovo indipendente. Se poi fosse dimostrato il traffico d'organi espiantati, nella 'casa gialla' o meno, da miliziani Uck a civili serbi e non assassinati durante il conflitto, ci si troverebbe di fronte a un crimine senza precedenti.
Christian Elia
Nella scorsa primavera, i funzionari dell'Unmik (la Missione Onu in Kosovo) hanno inviato al procuratore serbo per i crimini di guerra Vladimir Vukcevic la documentazione relativa alle indagini sul presunto traffico di organi umani durante il conflitto del 1999 in Kosovo. Dopo una prima lettera in cui si affermava che l'Unmik non era in possesso di alcun materiale sul caso della cosiddetta "Casa Gialla", hanno successivamente scritto che in seguito a una più dettagliata ricerca erano stati rinvenuti negli archivi alcuni documenti. Si tratta di dieci diversi files, tra cui il rapporto completo sulla 'casa gialla'. Secondo tale relazione - che contiene i risultati dell'esame della scena del crimine fatta a Burrel città nel nord dell'Albania, nel 2004 - gli investigatori hanno trovato tracce di sangue (identificati mediante la soluzione chimica Luminol) su due pareti e sul pavimento di una stanza a pianterreno, che si pensa possa essere stata utilizzata come sala operatoria. Decine di testimoni, quelli ascoltati sia dalla procura di Belgrado che dagli investigatori dell'Aja, hanno dichiarato che molto probabilmente circa 300 non-albanesi, per lo più serbi, siano stati rapiti, uccisi e sottoposti a espianti di organi. PeaceReporter, sulla questione, ha sentito gli uffici della procura di Belgrado.
Qual è il contenuto di questi documenti che l'Unmik ha tenuto nascosto per molto tempo?
Si tratta di documenti altamente riservati. Le indagini sono ancora in corso e vista la delicatezza dell'oggetto, saranno coperte da segreto. Abbiamo riscontrato una serie di dettagli interessanti, ed è giunto il momento di condurre una seria indagine. Sono convinto che noi e i giudici della procura di Tirana dovremmo lavorare in maniera coordinata, ma dal momento che la politica ha interferito in questo caso, faremo ogni sforzo per portare la questione anche a livello internazionale. Abbiamo 134 testimoni diretti o indiretti, e oltre 200 pagine di materiale. Crediamo, poi, di aver individuato il luogo in cui, a nostro parere, i serbi e gli altri non-albanesi sono stati sepolti.
Tra le persone identificate come autori di questi crimini, c'è qualcuno che ha ricoperto ruoli di alto rango nella vita politica del Kosovo?
Siamo riusciti a ottenere alcuni nuovi elementi e dettagli sorprendenti. Attraverso conti bancari in Albania e Svizzera, abbiamo raggiunto prove estremamente significative che indicano come alcune figure politiche di alto profilo di Kosovo e Albania siano state coinvolte nei crimini commessi nel nord dell'Albania e, quello che qui interessa, nei fatti della "casa gialla". Tra gli altri, siamo in possesso di documenti e numeri di conti bancari riconducibili a Ramush Haradinaj (ndr all'epoca dei fatti comandante dell'Uçk, successivamente processato e prosciolto in primo grado dal Tribunale dell'Aja).
Perché le autorità dell'Unmik sono state reticenti nel consegnarvi il rapporto completo?
Immediatamente dopo l'apertura dell'inchiesta, abbiamo chiesto alle autorità dell'Unmik di fornirci i risultati delle loro indagini. Il 6 giugno 2008, ricevemmo una risposta dall'Unmik in cui negavano che tali indagini erano mai stati effettuate. Attraverso canali informali, venimmo in possesso della relazione principale sulla 'casa gialla'. La relazione contiene un elenco di medicinali e attrezzature che rendono verosimile l'ipotesi che in quella casa sia stata approntata una sala operatoria. Inoltre, nel documento veniva individuato come magazzino di raccolta delle prove rinvenute nella 'casa gialla' il Centro medico-legale di Orahovac.
Solo dopo aver inoltrato una richiesta al Consiglio di Sicurezza Onu nel dicembre del 2008, la relazione ci è stata ufficialmente consegnata. In quell'occasione, il segretario generale del nostro ufficio, Bojan Lapčević, ha consegnato al team di Alan Le Roy, il sottosegretario delle Nazioni Unite incaricato delle operazioni di pace, la lettera del giugno 2008 in cui i funzionari dell'Unmik negavano di aver compiuto delle indagini. Solo così, le autorità dell'Unmik sono state invitate dall'organo competente delle Nazioni Unite a fornire tutte le informazioni in loro possesso, che avrebbero potuto contribuire a chiarire la triste vicenda del traffico di organi. Adesso, la mia impressione è che tutti vogliano la verità sugli eventi che hanno avuto luogo nel nord dell'Albania.
Credete che la missione EULEX contribuirà a indagini più obiettive?
Ci auguriamo che Eulex (ndr la Missione europea di giustizia) indagherà sulle denunce di scomparsa dei serbi, legate ai reati compiuti nel nord dell'Albania. A giudicare dalle premesse credo che affronteranno a questo caso con serietà e con la dovuta considerazione. Mi permetto di ricordarvi che la signora Carla Del Ponte (ndr ex procuratore all'Aja presso il Tribunale per i crimini di guerra commessi nell'ex Jugoslavia) ha scritto nel suo libro sul presunto traffico di organi nel nord dell'Albania e che il Tribunale dell'Aja ha anche un'ampia documentazione a sostegno di tali affermazioni. In diverse occasioni abbiamo parlato con gli investigatori del Tribunale internazionale e in seguito alle istruzioni impartite dal procuratore capo Serge Brammertz, l'indagine ha preso il giusto corso, contribuendo alla divulgazione di una serie di fatti che, a nostro parere, sono stati finora oscurati. Ci aspettiamo che anche il signor Dick Marty, l'inviato speciale del Consiglio d'Europa, compia il suo lavoro d'indagine. Credo che, in seguito alle prove raccolte, le istituzioni e le organizzazioni internazionali siano state messe in allerta. Le autorità Eulex sono chiamate a un serio esame di obiettività. E dal punto di vista procedurale, si tratta di un caso estremamente forte che avrà una forte eco.
Nicola Sessa