ed. ExOrma 2010
ed. Jaca Book 2010
da Il manifesto del 23/7/2010 p. 9
di T. D. F.
A rompere il lungo silenzio editoriale su un enigma irrisolto d'Europa, il Kosovo, sono usciti in questo periodo due libri importanti, originali perfino nel metodo di approccio ai Balcani. All'inizio dell'anno, Lupi nella nebbia. Kosovo: l'Onu ostaggio di mafie e Usa di Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano (ed. Jaka Book); e in questi giorni L'urlo del Kosovo di Alessandro Di Meo (ed. Exòrma).
Per Lupi nella nebbia, si tratta di un prezioso lavoro di giornalismo d'inchiesta che prende le mosse da semplici osservazioni e domande che tutti quanti avrebbero dovuto farsi in questi 11 anni dalla fine della guerra della Nato del 1999. Vale a dire: il Kosovo è grande come l'Abruzzo ed è diventato stato; dovrebbe essere il paese più sicuro al mondo con una miriade di osservatori internazionali e ben 14mila soldati della Kfor-Nato, invece si spara ancora e c'è tensione armata soprattutto a nord; le poche minoranze rimaste vivono in enclave superprotette mentre in 300mila sono fuggiti nel terrore; ci sono stati innumerevoli uccisioni e sparizioni di serbi, rom e albanesi «collaborazionisti»; i magistrati internazionali, l'Interpol, l'Osce, le Nazioni unite che pure lo hanno amministrato, denunciano che l'illegalità delle mafie governa il paese, diventato ormai snodo dei traffici malavitosi verso l'Occidente di prostituzione, droga, organi, armi. Ciononostante svetta la statua di Bill Clinton sulla piazza di Pristina a eterno riconoscimento della guerra «umanitaria» della Nato contro quella che era ancora Jugoslavia.
Così gli autori hanno pensato bene di indagare a partire dal non-detto degli organismi internazionali. Per scoprire che qualche agente della sicurezza internazionale si chiede se «non abbiamo bombardato la parte sbagliata»; che esistono e sono numerose le inchieste e le denunce sul nesso indissolubile tra traffici illeciti e leadership dell'Uck (l'esercito di liberazione nazionale, con diramazioni in Macedonia, valle di Precevo, Montenegro), l'attuale governo guidato da Hashim Thaqi, capo indiscusso dell'Uck, la stessa cosiddetta opposizione, primo fra tutti Ramush Haradinay, anche lui premier in pectore e leader militare Uck; che ognuno di queste inchieste è stata monitorata, revisionata, bloccata e nuovamente istruita da funzionari americani, prima inviati e rappresentanti dell'Onu, poi diventati all'improvviso «esperti» dei ministeri kosovari. Pubblicando, ecco la novità del libro, per ognuna delle inchieste e denunce, prove concrete di tutta la documentazione internazionale. Fino alla scoperta del «Rapporto ufficio persone scomparse» dell'Onu del febbraio 2004, del documento-dossier del 30 novembre 2005 e di quello conclusivo del 10 febbraio 2006 del quartier generale dell'Onu a Pristina, sui delitti della «casa gialla» - denunciata nel suo libro «La caccia» dall'ex procuratore Carla Del Ponte - , l'edificio di Burrell nel nord dell'Albania, dove vennero deportati centinaia di serbi e dove, in una sala operatoria fatiscente, subirono l'espianto di organi utilizzato per finanziare l'Uck. Nessuno di questi crimini di guerra - feroci anche quelli contro i rivali albanesi della brigata Mergimi legata al leader Ibrahim Rugova - è mai stato punito. «Per non destabilizzare il Kosovo», dicono i governi complici dell'Ue e degli Usa.
E singolarmente, proprio dalla «casa gialla» inizia L'urlo del Kosovo di Di Meo. Se gli autori di Lupi nella nebbia hanno trovato la testimonianza di un albanese che sentiva «lamenti in serbo» venire dalla «casa», Di Meo comincia a raccontare con il nome di Jelena, una donna serbo kosovara ora profuga in Serbia, che ha perso il marito rapito con altre centinaia di serbi e albanesi «collaborazionisti» fin dal giugno del 1998 e forse finito nella «casa gialla». La figlia Dragana ogni anno viene ospitata in Italia grazie al sostegno di alcune Ong come Un Ponte per..., che insieme ad altre come Abc sono impegnate nelle adozioni a distanza verso i profughi e i bambini serbi e rom. Ecco la novità di questo narrare. Si tratta di testimonianza diretta nel tentativo di ricostruire quello che la menzogna dei media e poi la guerra della Nato, ben oltre i nazionalismi locali, ha inesorabilmente strappato: il legame umano e il senso d'appartenenza. Testimoni è meglio che inviati. Perché non è il diritto-dovere di cronaca che può far scoprire i profughi più dimenticati di tutti, quelli serbi - dalla Krajina croata, dalla Bosnia, dal Kosovo. È solo il testimone che può decidere di ri-attraversare scuole, ospedali, città, monasteri rasi al suolo, cercando a ritroso la devastazione degli «effetti collaterali», quei raid dell'aviazione della Nato che per 78 giorni colpirono quasi esclusivamente obiettivi civili.
Un rapporto di Amnesty International del 2000 indicò questo effetti collaterali come «omicidi mirati» a terrorizzare. Provate allora a parlare con i sopravvissuti, ad inventariare i nomi dei bambini, provate a stenografare le loro storie di vittime infinite e non riconosciute da nessuno. A raccogliere e interpretare queste vite, ad adottarle come chiave di comprensione del presente. Non è un caso che il libro si apra con la dedica ad un'altra ragazza, Sladjana, morta da poco di cancro alle ossa. Perché i bombardamenti «umanitari» erano anche all'uranio impoverito. Ci siamo battuti perché proprio l'uranio impoverito venisse riconosciuto come la causa della morte di decine di soldati italiani reduci dalla Bosnia e dal Kosovo, ma nessuna commissione parlamentare si è mai occupata delle vittime civili provocate dalle bombe «intelligenti» quando colpivano ospedali, scuole, fabbriche, ponti, autobus, vagoni ferroviari, piazze, scuole.
Ramus Haradinaj e’ stato arrestato ieri in Kosovo
21. jul 2010.
L’ex comandante della cosiddetta UCK Ramus Haradinaj e’ stato arrestato ieri in Kosovo, su mandato di cattura spiccato dal tribunale dell’Aja ed e’ stato trasferito nel carcere del tribunale, dove la corte d’appello ha annullato la sentenza con la quale e’ stato assolto da 37 punti d’accusa ed ha imposto il parziale rinnovamento del suo processo. Lo ha confermato la rappresentante del tribunale Nerma Jelacic, dopo che il presidente dei giudici Patrick Robinson, comunicando la decisione del rinnovamento del processo, ha aperto il mandato di cattura contro Haradinaj che e’ stato segretato e che e’ stato spiccato il 19 luglio. La corte ha valutato che dall’inizio alla fine del processo contro Haradinaj i testimoni della procura sono stati intimiditi, minacciati, uccisi. Il processo sara’ rinnovato parzialmente anche contro gli ex membri dell’UCK Idriz Baljaj, assolto da tutti i capi d’accusa e Ljah Brahimaj, condannato a sei anni di reclusione.
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TPI : retour à la case prison pour Ramush HaradinajRamush Haradinaj sera rejugé par le TPI et a été placé en détention à La Haye jusqu’à son nouveau procès. Accusé de crimes de guerre et de crimes contre l’humanité, l’ancien commandant de l’UCK et ancien Premier ministre du Kosovo avait été acquitté par le TPI en avril 2008. Ce premier procès a été cassé en raison des pressions exercées sur les témoins.
Procès de Ramush Haradinaj : vers un nouveau fiasco judiciaire ?
Pressions sur les témoins : le TPIY inculpe les « anges gardiens » de Ramush Haradinaj
Impossible justice au Kosovo : témoin aujourd’hui, mort demain
Kosovo : comment la LDK fait taire les témoins « protégés » du procès Haradinaj
Kosovo : l’ancien Premier ministre Ramush Haradinaj acquitté à La Haye
--- FLASHBACK I ---
KOSOVO: HARADINAJ, IN SERBIA FEDINA LUNGA E PESANTE
(ANSA) - BELGRADO, 8 MAR - Stragi, rapimenti, attentati, torture: e' lungo il dossier confezionato dai serbi sull'ex premier kosovaro Ramush Haradinaj, e comprende ben 108 capi di imputazione, tutti molto pesanti.
Haradinaj, ricordano a Belgrado, era comandante dell'Esercito di liberazione albanese (Uck) nella zona di Metohija (Dukadjin in lingua albanese), nel Kosovo occidentale. Era a capo di un gruppo denominato 'Aquile nere' che i serbi considerano responsabile degli episodi piu' brutali del conflitto kosovaro.
Sarebbero state appunto le Aquile nere, sostiene Belgrado, a trucidare il 12 giugno del 1998 un numero imprecisato di rom che partecipavano a un matrimonio nei pressi della citta' di Djakovica. Il commando, racconta l'emittente B-92, aveva fermato la colonna dei gitani festanti portandoli tutti in una cantina di un albergo: li', afferma B-92, lo stesso Haradinaj avrebbe violentato la sposa - poi brutalizzata da altri miliziani - e torturato i restanti ostaggi. Molti uomini avrebbero subito anch'essi violenze sessuali: fra le tante atrocita' di quella strage, l'emittente serba riferisce di unghie strappate, di sigarette spente sulla pelle dei prigionieri, di orecchie mozzate fatte poi ingoiare a forza alle vittime. Solo dopo ore di sevizie, i rom sarebbero stati fucilati.
Al premier kosovaro dimissionario Belgrado imputa la morte di 40 serbi i cui corpi sono stati ritrovati nel lago di Radonjic (in serbo Radonjicko Jesero) e in alcuni pozzi vicini con addosso evidenti segni di torture. Quelle vittime sarebbero state rapite dalle loro case nel settembre del 1998 e tenute in carceri clandestine attorno al monastero di Decani, prima dell'uccisione.
Sempre Haradinaj e' additato dai serbi come il responsabile di diversi massacri di famiglie serbe avvenuti nell'estate del 1998 nella zona di Glodjan, cittadina natale dell'ex premier: il bilancio delle vittime era di almeno 20 civili, i cui cadaveri sono stati ritrovati semisepolti in un campo agricolo. Altra strage che ebbe larga risonanza in Serbia e della quale Haradinaj e' ritenuto responsabile, e' quella avvenuta a Pec nel dicembre del 1998: una bomba a mano venne lanciata in un caffe' della citta', il 'Panda', uccidendo sei liceali serbi.
Il dossier sull'ex premier non si ferma qui: anche alcuni albanesi sarebbero stati vittime della brutalita' delle 'Aquile nere', secondo Belgrado. Attribuito ad Haradinaj e' ad esempio il rapimento di quattro sostenitori del moderato Ibrahim Rugova, oggi presidente del Kosovo: i quattro sarebbero morti per le torture subite durante la prigionia. Per quella vicenda, il fratello Daut Haradinaj e' stato condannato nel dicembre del 2002 da un tribunale di Pristina a cinque anni di reclusione: misteriosamente, da quel processo e' stata stralciata - e si e' persa poi nel nulla - la posizione di Ramush.
Altra accusa che per le autorita' serbe lega i due fratelli Haradinaj e' l'irruzione, nel luglio del 2000, nella casa della famiglia albanese Mussaj, in passato bollata come 'collaborazionista'. Uno degli attaccati venne ucciso, ma gli altri si difesero: una granata feri' gravemente l'ex premier, poi curato secondo l'agenzia serba Beta in una base militare tedesca.
Stando agli inquirenti serbi, Haradinaj era stato il capo dei servizi segreti dell'Uck, e quindi implicato nelle operazioni piu' sporche della guerra. Il lungo e scioccante elenco e' stato inviato gia' negli scorsi anni dal ministero della giustizia serbo ai magistrati del Tribunale penale internazionale.
Spettera' all'Aja decidere sulla fondatezza o meno di quelle accuse: ma in Serbia, Haradinaj resta un ricercato eccellente per reati di terrorismo, strage, associazione eversiva. (ANSA). OT
08/03/2005 18:56
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Fonte: LA NEWSLETTER DI MISTERI D'ITALIA
Anno 6 - n. 99 13 aprile 2005
KOSOVO: DA PREMIER AD IMPUTATO DI CRIMINI DI GUERRA
Il primo ministro del Kosovo, Ramus Haradinaj, si è dimesso dal suo incarico dopo aver ricevuto l'incriminazione per crimini di guerra da parte del Tribunale penale internazionale dell'Aja (TPI).
Ex capo del gruppo terroristico UCK (Esercito di liberazione del Kosovo) e noto trafficante di droga, Haradinaj era stato inopinatamente nominato a capo del gioverno provvisorio della provincia serba sotto tutela dell'ONU. Impotente, difronte a questa nomina, era rimasta la comunità internazionale che aveva sostenuto la "guerra umanitaria" per la liberazione del Kosovo.
Haradinaj è stato immediatamente trasferito all'Aja, sede del TPI. Con lui c'e' anche un alto ufficiale del Corpo di protezione civile del Kosovo (TMK), la finzione in cui è stato trasferito tuitto l'apparato militare del disciolto UCK. L'ufficiale è Lahi Ibrahimi, 35 anni, cugino di Haradinaj e fra il 1998 e il 1999suo braccio destro proprio nell'UCK.
Terzo incriminato è Alush Agushi, 46 anni, anch'egli un ex appartenente all'UCK e attualmente detenuto nel carcere di Pristina per crimini di guerra per i quali è imputato insieme a Daut Haradinaj, fratello del premier.
Stragi, rapimenti, attentati, torture: è lungo il dossier su Ramush Haradinaj e comprende ben 108 capi di imputazione, tutti molto pesanti.
Haradinaj era il comandante dell'UCK nella zona di Metohija (Dukadjin in lingua albanese), nel Kosovo occidentale. Era a capo di un gruppo denominato Aquile nere, ritenuto responsabile degli episodi più brutali del conflitto kosovaro. Sarebbero state appunto le Aquile nere a trucidare il 12 giugno del 1998un numero imprecisato di civili, di etnia rom, che partecipavano a un matrimonio nei pressi della città di Djakovica. Il commando aveva fermato la colonna dei gitani festanti, portandoli tutti in una cantina di un albergo: lì lo stesso Haradinaj avrebbe violentato la sposa - poi brutalizzata da altri miliziani - e torturato i restanti ostaggi. Molti uomini avrebbero subito anch'essi violenze sessuali. Fra le tante atrocità di quella strage: unghie strappate, sigarette spente sulla pelle dei prigionieri, orecchie mozzate fatte poi ingoiare a forza alle vittime. Solo dopo ore di sevizie, i rom sarebbero stati fucilati.
Al premier kosovaro è imputata anche la morte di 40 serbi i cui corpi sono stati ritrovati nel lago di Radonjic (in serbo Radonjicko Jesero) e in alcuni pozzi vicini con addosso evidenti segni di torture. Quelle vittime sarebbero state rapite dalle loro case nel settembre del 1998e tenute in carceri clandestine attorno al monastero di Decani, prima dell'uccisione.
Sempre Haradinaj è additato come il responsabile di diversi massacri di famiglie serbe avvenuti nell'estate del 1998nella zona di Glodjan, sua cittadina natale: il bilancio delle vittime era di almeno 20 civili, i cui cadaveri sono stati ritrovati semisepolti in un campo agricolo.
Altra strage che ebbe larga risonanza in Serbia e della quale Haradinaj è ritenuto responsabile, è quella avvenuta a Pec nel dicembre del 1998: una bomba a mano venne lanciata in un caffé della città, il Panda bar, uccidendo sei liceali serbi.
Il dossier sull'ex premier non si ferma qui: anche alcuni albanesi sarebbero stati vittime della brutalità delle Aquile nere. Attribuito ad Haradinaj è il rapimento di quattro sostenitori del moderato Ibrahim Rugova, oggi presidente del Kosovo: i quattro sarebbero morti per le torture subite durante la prigionia. Per quella vicenda, il fratello di Ramush, Daut Haradinaj, è stato condannato nel dicembre del 2002da un tribunale di Pristina a cinque anni di reclusione: misteriosamente, da quel processo è stata stralciata - e si è persa poi nel nulla - la posizione dell'influente ex capo della guerriglia kosovara.
Un'altra accusa che lega i due fratelli Haradinaj è l'irruzione, nel luglio del 2000, nella casa della famiglia albanese Mussaj, in passato bollata come collaborazionista. Uno degli attaccati venne ucciso, ma gli altri si difesero: una granata ferì gravemente l'ex premier, poi curato in una base militare americana in Germania.
Stando ad inquirenti di parte serba, Haradinaj sarebbe stato il capo dei servizi segreti dell'UCK, implicato nelle operazioni più sporche della guerra.
Su proposta del presidente Ibrahim Rugova, l'ex comandante dell'UCK era stato eletto primo ministro con la maggioranza dei voti del parlamento kosovaro, il 3 dicembre scorso.
Altri tre albanesi, tutti appartenenti al disciolto Esercito di liberazione del Kosovo, sono sotto processo davanti al Tribunale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia.
La prima udienza si è svolta lo scorso 15 novembre quando nell'aula dell'Aja sono comparsi in manette Fatmir Limaj, 33 anni, Haradin Bala, 57 e Isak Musliu, 34. Tutti e tre sono accusati di "uccisioni, trattamenti crudeli, torture e atti inumani" commessi contro civili serbi e albanesi del Kosovo detenuti in un campo di prigionia della guerriglia albanese a Lapushnik, nella parte orientale del paese.
Musliu e Bala furono imprigionati il 18 febbraio 2003 mentre Limaj, esponente politico di spicco del Kosovo, si consegnò volontariamente alle autorità austriache qualche settimana dopo.
--- I nostri LINK su Haradinaj ---
Who is Ramush Haradinaj? (2004)
A Prime Minister with a Kalashnikov (2004)
HARADINAJ SITUATION THREATENS TO UNLEASH MASSIVE VIOLENCE IN KOSOVO (2005)
Kosovo: Haradinaj incriminato all’Aja (08.03.2005)
Il danese ed il kosovaro, un sodalizio per il futuro del Kosovo (08.03.2005)
Dal più alto funzionario UNMIK Jessen-Petersen arrivano parole di gratitudine nei confronti di Haradinaj...
Kosovo: trottola continua? (06.04.2005)
Dopo le dichiarazioni di Jessen-Petersen ritenute da alcuni troppo amichevoli nei confronti dell'ex Primo ministro Ramush Haradinaj si fanno insistenti le voci su una sua possibile partenza...
Un attentato al futuro del Kosovo? (18.04.2005)
The UN in Kosovo praises potential war criminal - why? (2005)
L'incriminazione di Haradinaj: via libera per la secessione del Kosovo? (2005)
Ritorno a casa (10.06.2005)
Dopo soli tre mesi in prigione all'Aja Ramush Haradinaj, ex premier del Kosovo, è ritornato. I giudici gli hanno permesso di aspettare il processo, previsto per il 2007, a casa. Non poco sulla decisione hanno pesato le garanzie a suo favore date dai rappresentanti UNMIK [sic]
U.S. praises indicted former Kosovo P.M. (2007)
Witness in Haradinaj case murdered (2007)
Kosovo suspect is hardly a pariah (2007)
"He is a good guy, and innocent"
Haradinaj's Political Friendships (2008)
Vanity Fair meets Ramush Haradinaj (2008)
--- FLASHBACK II ---
TPI: RICORSO DEL PONTE CONTRO LIBERTA' PAROLA A HARADINAJ
(ANSA) - L'AJA, 20 OTT - L'ex primo ministro del Kosovo Ramush Haradinaj non deve essere autorizzato a svolgere un sia pur limitato ruolo pubblico. E' quanto sostiene il procuratore generale del Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia nel ricorso presentato oggi contro la decisione presa nei giorni scorsi dai giudici dell'Aja. Haradinaj, 36 anni, e' accusato di crimini di guerra commessi contro civili serbi, rom e albanesi durante il conflitto del 1998-99 tra l'Armata di liberazione del Kosovo (Uck) del quale era il comandante, e le forze serbe. Dopo essersi consegnato in marzo all'Aja, ha ottenuto la liberta' provvisoria in giugno, dopo che le forze dell'Onu, che controllano il Kosovo, si sono impegnate a garantire che non si sottrarra' al processo. Dopo essersi consegnato Haradinaj si e' anche dimesso da primo ministro. Il 12 ottobre scorso il Tpi ha concesso all'ex premier la facolta' di parola e quindi di partecipare parzialmente alla vita pubblica. Del Ponte ha subito preannunciato un ricorso, ottenendo la sospensione del provvedimento, che oggi ha provveduto a depositare. Per il procuratore i giudici hanno dato ''troppo peso all'impegno della missione Onu e troppo poco a quello delle vittime''. Del Ponte richiama poi il fatto che gli imputati in attesa di giudizio da parte del Tpi non sono autorizzati a partecipare alla vita politica o ad occupare cariche elettive. (ANSA). VS
20/10/2005 13:00
TPI: KOSOVO; DEL PONTE, HARADINAJ ERA UN GANGSTER ASSASSINO
(ANSA) L'AJA, 5 MAR - L'ex primo ministro kosovaro Ramush Haradinaj e' stato un ''un gangster'', le cui mani sono ''macchiate di sangue''. Il procuratore generale del Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia Carla del Ponte e' stata particolarmente dura nella requisitoria che ha oggi aperto il processo contro l'ex comandante dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), accusato insieme a Lahi Brahimai, 37 anni e Idriz Balaj, 35, di crimini di guerra e contro l'umanita'. ''Non dubitate che questo capo guerriero, i suoi luogotenenti e complici hanno le mani macchiane di sangue'', e che si tratta di ''gangster in uniforme, con in mano il potere, una combinazione mortale'', ha aggiunto il procuratore. Haradinaj, 38 anni, e' stato primo ministro del Kosovo, una volta finita la guerra, solo per un centinaio di giorni e si e' dimesso quando e' stato incriminato all'Aja per le atrocita' commesse nel biennio 1998-99 dai separatisti albanesi. L'atto di accusa a carico di Haradinaj, rimasto per diverso tempo segreto, e degli altri due imputati che erano ufficiali dell'Uck, include numerosi reati tra i quali, omicidi, torture, stupri contro la popolazione serba e civili albanesi accusati di aver collaborato con il nemico. I tre accusati si sono finora dichiarati non colpevoli. Il governo del Kosovo, dove Haradinaj e' trattato come un eroe, ha comunque chiesto e ottenuto per lui la liberta' vigilata prima del processo e gli offerto assistenza legale per gestire la propria difesa. ''Vi assicuro che non c'era nulla di eroico e di nobile nei crimini contenuti nel dossier che riguarda i tre imputati'', che ''erano degli assassini brutali'', ha avvertito Del Ponte. Nella prossima udienza la parola passera' agli imputati. (ANSA). RED-VS
05/03/2007 16:28
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Notizie Glassrbije (Radioyu.org) - 05. aprile 2008. 19:02
Tadic: urgentemente presentare un ricorso alla liberazione di Haradinaj
Il Presidente della Serbia Boris Tadic ha chiesto alla procura del tribunale dell’Aia di presentare urgentemente ricorso alla decisione scandalosa e sbagliata del tribunale di liberare definitivamente Ramus Haradinaj, ha comunicato l’ufficio stampa del presidente serbo. „Haradinaj ha commesso pesanti crimini di guerra. La sentenza sulla sua innocenza e’ una decisione che offende le sue vittime innocenti. Per questa ragione chiedo alla procura del tribunale di presentare ricorso e che Haradinaj sia condannato per i crimini che ha commesso. La Serbia e’ disposta ad aiutare il tribunale dell’Aia e consegnare le prove dei suoi delitti. L’ex procuratore capo Carla del Ponte ha confermato che i testimoni della procura nel processo contro Haradinaj erano minacciati, intimiditi e uccisi per impedire che deponessero le testimonianze contro di lui“, ha dichiarato il presidente serbo Boris Tadic.
Kostunica: L’Unione europea deve pronunciarsi sulla legalita’ del tribunale dell’Aia
Il premier serbo Vojislav Kostunica ha chiesto all’Unione europea di avviare il processo della verifica della credibilita’ del tribunale dell’Aia dopo che esso ha emesso la sentenza di innocenza dell’ex lieder dell’UCK Ramus Haradinaj. „Se l’Unione europea continuera’ ad ignorare le pesanti violazioni nei confronti del diritto e la giustizia del tribunale dell’Aia e la sua derisione della giustizia ed equita’ la Serbia dovra’ porre in modo responsabile la questione del lavoro del tribunale dell’Aia. I cittadini della Serbia a molta ragione sono rammaricati del lavoro di questo tribunale. Bisogna porre il quesito come il tribunale dell’Aia possa essere rilevante per la valutazione dei rapporti tra la Serbia e l’Unione europea“, ha dichiarato il premier serbo Vojislav Kostunica.