By Bill Van Auken - 29 September 2011
L’Otan réalise ses propres reportages. Ou clips de promotion. C’est selon. Ils sont délivrés gratuitement aux journalistes ayant besoin d’images et d’interview pour illustrer leur couverture du pays. Il suffit de demander les séquences vidéos auprès du service presse de l’Otan ou de les télécharger directement sur des sites relais professionnels destinés aux journalistes et documentalistes. Des images a priori neutres, sans présence de militaire ou de porte-parole de l'Otan.
VIDEO: http://tempsreel.nouvelobs.com/actualite/monde/20110914.OBS0339/video-le-tripoli-merveilleux-de-l-otan.html
Urgent Appeal: A Major, Unnoticed Rebel Abuse in Plain Sight
September 9, 2011
http://www.uruknet.de/?s1=8&p=81290&s2=11
Massacre survenu à l'hôpital d'Abou Salim. Anonyme - 14 septembre 2011
SUL SITO www.disarmiamoli.org potrete trovare le attività che si svolgeranno a Pisa e Bari.
Sollecitiamo tutti i comitati, le forze sindacali e politiche a promuovere iniziative contro il colonialismo di ieri e di oggi, segnalandoci eventuali (e auspicabili) mobilitazioni locali, per ricordare ma anche per denunciare il massacro della NATO a Sirte, Bani Walid e nelle altre città libiche dove si combatte contro la nuova occupazione militare occidentale.
La Rete nazionale Disarmiamoli!
5 ottobre 1911 / 2011: l’avventura coloniale italiana in Libia continua.
A cento anni di distanza il movimento contro la guerra ricorda e denuncia i bombardamenti di ieri e di oggi.
5 ottobre 1911 – Inizia l’avventura coloniale italiana in Libia, con lo sbarco delle truppe regie inviate dal governo Giolitti a Tripoli. Un’occupazione che finirà trentuno anni dopo, con la fuga delle truppe nazi/fasciste sotto la pressione dell’esercito inglese.
Il popolo libico non dimenticherà mai la ferocia dell’occupazione italiana, caratterizzata dai campi di concentramento, dalle impiccagioni e dai bombardamenti chimici all'iprite ordinati da Rodolfo Graziani, generale fascista inviato per sconfiggere la resistenza guidata da Omar al-Mukhtàr.
A cento anni di distanza gli aerei italiani volano di nuovo nei cieli della Libia, scaricando sulle popolazioni tonnellate di ordigni micidiali, per consolidare la nuova occupazione del paese arabo.
I comandi delle forze aeree e terrestri della NATO sono il braccio operativo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per far rispettare la risoluzione 1973, varata allo scopo di “tutelare e proteggere” l’incolumità delle popolazioni libiche.
I civili caduti in questi mesi sotto le bombe dell’Alleanza smentiscono in maniera clamorosa l’ennesima operazione mediatica, tesa a mascherare una classica aggressione coloniale.
La rete di basi italiane coinvolte è molto ampia, alzando le quotazioni delle nostre aziende petrolifere nella spartizione del bottino di guerra, com’è emerso il primo settembre scorso durante il vergognoso summit parigino voluto da Sarkozy sulla “nuova” Libia. Le percentuali di petrolio e gas saranno proporzionali alla quantità di bombe scagliate su Tripoli. I francesi lottano per il 35%. Inglesi e statunitensi sono in pole position. Le quotazioni italiane sono in ribasso a causa dell’iniziale titubanza berlusconiana nell’invio dei bombardieri sulla testa dell’amico Gheddafi.
Il Presidente Giorgio Napolitano si è speso (ed ha fatto spendere milioni di euro pubblici) perché il 150° anniversario dell’Unità d’Italia divenisse un momento centrale della vita politica e culturale del paese. Stesso impeto “patriottico” ha messo nel perorare la causa interventista contro la Libia, dando così un contributo decisivo per la realizzazione della nuova proiezione bellica italiana verso le sponde sud del Mediterraneo. Il personaggio, degno della migliore tradizione trasformistica italiota, non darà certo il medesimo contributo per ricordare i 100 anni che ci separano dalla prima occupazione militare italiana della Libia.
In un paese (e in una sinistra) disorientati dalla propaganda bellicista bipartisan, tesa a legittimare l’attuale aggressione militare della NATO, solo il movimento contro la guerra può spendersi per ricordare questa data.
Sollecitiamo i coordinamenti nowar, i comitati pacifisti, le forze politiche, sociali e sindacali indipendenti a trasformare il 5 ottobre in una giornata di denuncia della nuova guerra imperialista, che vede governo e “opposizione” italiani contendersi con i partner/concorrenti europei i brandelli di un paese devastato dalle bombe e dalle truppe al soldo della NATO
La Rete nazionale Disarmiamoli!
www.disarmiamoli.org info@... 3384014989 - 3381028120
Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma" <comitatoantifasc_pr @ alice.it>Data: 27 settembre 2011 01.03.36 GMT+02.00Oggetto: centenario dell'eccidio di Langhirano del 1911Nell'Appennino parmense, a Langhirano, il 28 settembre 1911 quattro persone di un gruppo di uomini e donne che manifestavano, del tutto pacificamente, l'avversione popolare alla guerra colonialista dell'Italia in Libia furono barbaramente uccise dai carabinieri.Nella ricorrenza del centenario dell'eccidio diverse iniziative commemorative si terranno a Langhirano a fine settembre, inizio ottobre, e seguenti. (...)Nel cimitero di Langhirano sorge un piccolo monumento funebre che ricorda un tragico fatto accaduto nel settembre del 1911.
L’epigrafe incisa dice: Il proletariato ai suoi martiri.
E’ un monumento modesto: la consueta fiamma di bronzo agitata dal vento, una stele da cui pende una corona di spine e un blocco di marmo sbozzato a colpi di mazza, dono dei cavatori apuani. Sotto riposano i morti: Elisa Grassi di 24 anni, Maria Montali di 22, Severino Frati di 33, Antonio Gennari di 43.
Era scoppiata la guerra di Libia. Sotto la spinta di alcuni gruppi capitalistici nazionali, il governo Giolitti si era deciso ad innalzare nuovamente la bandiera delle imprese coloniali, sfruttando l’azione di penetrazione che già da vari anni il Banco di Roma svolgeva in Tripolitania in continuo contrasto con la Turchia che la occupava. Il pretesto per dare inizio alle ostilità contro il governo turco non fu difficile trovarlo. Così, dopo le sfortunate avventure di Crispi, un’altra guerra colonialistica in terra africana era cominciata.
Il popolo fu contrario all’impresa libica, il ricordo dei 4000 morti di Abba Garima era ancora troppo vivo nella memoria degli italiani. E del resto il carattere aggressivo, imperialistico, di quella guerra era del tutto evidente.
Per tali ragioni l’opposizione alla guerra di Libia si manifestò subito con un moto spontaneo e profondo in ogni parte del paese. Le direzioni del Partito socialista e della CGL proclamarono uno sciopero generale di protesta di ventiquattro ore. Era il 27 settembre.
Nella provincia di Parma la decisione dello sciopero fu accolta con slancio. Nelle strade la canzone propagandistica Tripoli, bel suol d’amore veniva cantata con opportune modifiche in cui si esprimeva tutto l’odio dei parmigiani contro quella guerra di rapina:
Nella giornata del 27 lo sciopero fu compatto tanto in città quanto nelle campagne. Soltanto i tramvieri delle linee a vapore fecero eccezione. Era stato perciò necessario che gli scioperanti impedissero il traffico delle tramvie, bloccando la partenza dei treni nelle stazioni poste a capo delle varie linee. Ma anche questa operazione era riuscita poichè i tramvieri, controllati dalla polizia, non domandavano in fondo che un pretesto qualsiasi per unirsi agli scioperanti.
Lo sciopero però cessava a mezzogiorno dell’indomani. Il mattino del 28 quindi, verso le cinque, che il sole non si era ancora levato, un gruppo di una quarantina fra uomini e donne, s’incamminò dalle case di Langhirano verso la stazione per vedere se era possibile impedire la partenza del tram anche per quel giorno. Camminavano calmi e con intenzioni così poco aggressive che si erano portati dietro anche i bambini. Nessuno gridava. La dimostrazione non poteva essere più pacifica e corretta.
Quando però il gruppo giunse alla stazione, la trovò presidiata da una squadra di carabinieri appoggiata da alcune guardie forestali: impugnavano i moschetti con aria minacciosa.
Le carrozze non erano ancora pronte e la macchina si trovava dentro al deposito.
Parte dei dimostranti si dispose perciò attraverso i binari, mentre gli altri entravano nel piazzale interno della stazione.
Pareva che ogni cosa si svolgesse senza incidenti: tra qualche minuto sarebbero venuti i tramvieri, la gente avrebbe parlato con loro, il convoglio non si sarebbe formato e la manifestazione si sarebbe sciolta.
Invece di colpo, i carabinieri si scagliarono violentemente contro gli operai e i contadini, gettando a terra le donne e calpestandole. Poi, quasi subito, senza intimazioni, senza squilli di tromba, senza preavviso, incominciarono a sparare furiosamente.
Fu un momento d’angoscia: i carabinieri non sparavano in alto, ma contro la folla! Le scariche durarono pochi attimi e tuttavia sembrò che non dovessero aver fine. I dimostranti colpiti dal piombo cadevano al suolo rantolando, gridando di dolore; gli altri fuggivano verso il paese inseguiti dal sibilo dei proiettili.
Quando il fuoco cessò, undici corpi giacevano a terra nel piazzale. Un proiettile aveva forato la nuca d’una ragazza ventenne, Maria Montali: altri due colpi l’avevano presa alle spalle.
Un’altra donna, Elisa Grassi, incinta da alcuni mesi, era stramazzata coi polmoni squarciati.
Severino Frati, invece, ai primi colpi, era balzato sul piano caricatore di una vettura, ma qui l’aveva raggiunto una guardia forestale che, dal basso, sparandogli alla gola, gli aveva reciso la vena del collo: il Frati era caduto giù di schianto. Più tardi si ebbe modo di constatare che il Frati era letteralmente crivellato di proiettili alla coscia e al braccio destro.
Antonio Gennari era stato raggiunto da una palla che gli aveva asportato l’occhio e da altri due colpi alle spalle che l’avevano attraversato da parte a parte: “Fucilato alla schiena”, disse poi un testimonio.
Tre morti, un moribondo (il Gennari, che morirà qualche tempo dopo all’ospedale di Parma) e sette feriti, tra cui alcuni assai gravi, giacevano dunque, immersi nel loro sangue, sul piazzale di Langhirano.
Compiuto l’eccidio, col moschetto ancora fumante in pugno, il comandante della squadra omicida, chiamò il capo stazione e gli disse: “Ora lei, capo, può fare attaccare la macchina che i binari sono sgombri”.
Nello stesso istante, sul piazzale, un ferito si alzò e, barcollando, cercò d’allontanarsi dal luogo della strage; ma un carabiniere lo vide, sollevò ancora una volta il moschetto e lo colpì con un’altra fucilata alla schiena. L’uomo cadde bocconi nella polvere.
Libia: Rainews diffonde bugie di guerra? (18 settembre 2011)
Libia: Rainews fornisce informazioni di guerra non verificabili
Gentile Corradino Mineo,
segnalo quest'altra pagina web che mi lascia alquanto dubbioso su Rainews:
http://www.rainews24.rai.it/ it/news.php?newsid=156655
"Il colonnello libico Muammar Gheddafipotrebbe essere riuscito a fuggire da Sebha, una delle ultime roccaforti del regime caduta nelle ultime ore nelle mani degli insorti. Lo ha riferito un portavoce del Consiglio Nazionale di Transizione, citato dall'emittente 'al-Arabiya'.
Secondo il portavoce, gli insorti controllano al momento la maggior parte di Sebha, anche se in alcuni quartieri ci sono ancora dei cecchini pro-Gheddafi.
La stessa fonte ha riferito che il Cnt sta verificando delle voci su un'eventuale fuga dello stesso colonnello dalla città della Libia sud-occidentale".
TITOLO: Al Arabiya: "Gheddafi in fuga da Sebha"
Gentile Corradino, faccio le seguenti osservazioni:
1) ma come si chiama questo portavoce del Cnt? E' definito: "un portavoce del Cnt".
2) cosa dice questo anonimo portavoce? Che "sta verificando delle voci su un'eventuale fuga" di Gheddafi,
Le chiedo: questa è una "notizia"? E' notiziabile secondo i vostri standard una fonte "indefinita" che "sta verificando" se è vera una cosa "eventuale"?
Se questa è una notizia, con tale sistema ognuno può fabbricare tutte le notizie del mondo.
Ma soprattutto: chi è il giornalista di Rainews che gestisce queste pagine web? Perché non si firma e non ci mette la faccia?
Le sembra buon giornalismo?
Perché non usa il suo tempo per conteggiare tutte le finte notizie di guerra che Al Arabiya ha diffuso con questi sistemi basati su notizie da verificare che diventavano titoli di notizie che sfuggivano a ogni controllo?
Se il giornalismo si riduce alla fabbrica del "si dice" allora l'opinione pubblica viene drogata da un'informazione inconsistente in quanto inverificabile.
La differenza fra la chiacchiera e l'inchiesta è la differenza fra il giornalismo spazzatura e il buon giornalismo.
Al Arabiya si è specializzata in questo giornalismo spazzatura, basta leggere questa "notizia data il 6 settembre...
Tripoli, 6 set. - (Adnkronos/Aki) - Il colonnello Muammar Gheddafi e suo figlio Saif al-Islamstarebbero valutando la possibilita' di andare in esilio in Burkina Faso. Secondo quanto rivela una fonte militare francese alla tv satellitare 'al-Arabiya', "Gheddafi e il figlio stanno valutando la possibilita' di unirsi alla carovana arrivata ieri in Niger per poi recarsi in Burkina Faso il cui governo ha gia' offerto loro asilo politico".
Fonti locali hanno infatti reso noto oggi che un convoglio con a bordo esponenti del passato regime libico hanno raggiunto oggi il Niger e non e' chiaro se tra loro si trovi anche Gheddafi.
06/09/2011
Ma come è possibile valutare la possibilità di unirsi ad una carovana che è GIA' arrivata in Niger se si è ANCORA in Libia?
E' come valutare la possibilità di salire in groppa a un cavallo che è già a un chilometro da me.
E che credibilità ha una "fonte militare francese" che dice una simile assurdità?
Questo è Al Arabiya, la fonte che voi citate. Una fonte inattendibile che costruisce le notizie su espressioni come "starebbero valutando la possibilità" messa in bocca a una fonte anonima. E' tutto tranne che un'informazione falsificabile, direbbe Popper, quel Popper che scrisse "Cattiva maestra televisione".
Buon lavoro
Alessandro
Oggetto: ammiragli di pace e san francesco tradito
Data: 26 settembre 2011 18.25.53 GMT+02.00
Avevano già funzionato benissimo a febbraio le false fosse comuni sul mare di Tripoli: un video e delle foto, il sito americano One day on Earth (http://www.onedayonearth.org/profiles/blogs/mass-burial-tripoli-libya-feb) aveva spacciato per tali il rifacimento di un cimitero avvenuto nell´agosto scorso. Il mondo credette, e anche se in pochi giorni il trucco fu svelato, chi se n´è accorto? Nell´immaginario rimanevano a pesare le "fosse scavate in fretta dai miliziani di Gheddafi" per nascondere parte dei "diecimila morti e 50mila feriti fra i manifestanti", cifre sparate da un twitter della saudita Al Arabiya il 22 febbraio, fonte un sedicente membro libico del Tribunale penale internazionale, il quale ultimo lo sconfessava il giorno dopo, ma sempre invano. Come ha insegnato la propaganda nazista, dire menzogne enormi e ripeterle come un disco rotto paga; le smentite non saranno udite. Adesso, forse poiché non ancora tutti i membri belligeranti della Nato hanno deciso il rinnovo dell´adesione alla Operazione Unified Protector, quella sì già rinnovata dalla Nato per gli ultimi tre mesi di quest´anno, era forse utile un´altra notizia della serie "demonizza il nemico per giustificare la presenza umanitaria internazionle e legittimare ulteriormente il nuovo regime libico". Ed ecco che domenica 25, tal Salem Fergani membro del Tnc di Abdel Jalil (dal lontano febbraio autonominatosi "unico rappresentante del popolo libico", poi via via riconosciuto da vari paesi), tira fuori dal cappello di prestigiatore (in dotazione a tutti i membri del Cnt, pare) un altro orrore: una fossa comune di prigionieri uccisi. La prima forse a riferire con gioia è al Jazeera che senza alcun dubbio titola nella versione inglese (http://english.aljazeera.net/news/africa/2011/09/20119251823889148.html) "Mass grave of Libyan prisoners found". Il pezzo sul sito annuncia/denuncia: "Trovata una fossa comune con i resti di 1.700 prigionieri uccisi. La notizia è arrivata domenica mentre centinaia di combattenti del Cnt entrano a Sirte, che gli aerei Nato hanno bombardato due volte nella giornata". Ovviamente Al Jazeera non si fa alcun problema per la città assediata, centrata dai Grad (quando li lanciavano i lealisti, la Nato li bombardava a tutto spiano perché sono un´arma indiscriminata e dunque "minaccia ai civili"), Sirte e le altre città bombardate e piene di civili. E sulla fossa prosegue: "Khalid Sharif, portavoce del consiglio militare del Cnt, dice: `abbiamo trovato il luogo dove tutti quei martiri sono sepolti´ aggiungendo che è `la prova degli atti criminali del regime di Gheddafi´". Una prova necessaria. E Salim Al Ferjani, membro del Comitato nominato dal Cnt per identificare i resti, precisa: "Hanno infierito con l´acido sui corpi, per eliminare le tracce". Non è male evocare una crudeltà ulteriore.
Comunque in Italia i media non leggono la Cnn. E riprendono acriticamente la bufala di Al Jazeera. Primeggia Repubblica.it (http://www.repubblica.it/esteri/2011/09/25/news/tripoli_trovata_fossa_comune_1200_cadaveri_tra_prigionieri_e_insorti-22199360/) ad esempio cita come oro colato appunto Al Jazeera, come fonte sacra: "Una fossa comune con 1200 cadaveri è stata trovata nei pressi della prigione di Abu Salim. Lo riporta la tv qatariota (dal sito definita "panaraba") Al Jazeera, confermando la notizia senza però fornire ulteriori dettagli". (Il corsivo è nostro). Poi Repubblica.it aggiunge di suo che fra i cadaveri ci sarebbero non solo i prigionieri del 1996 ma anche gli insorti di adesso. Repubblica cartaceo dedica tutta la pagina 17 del 26 settembre, a firma Renato Caprile da Tripoli, alla triste scoperta: "1.700 cadaveri" (come se ogni cadavere fosse già lì, in evidenza sotto l´occhio del reporter), "una delle più agghiaccianti fosse comuni mai scoperte". Il giornalista è portato sul posto a vedere il "cimitero senza lapidi" che "attivisti del Cnt" (attivisti, una bella definizione, non come mercenari o miliziani) hanno portato "ieri" alla luce. "La prova di un massacro": un´altra delle pistole fumanti così ecessarie a questa guerra. Ed ecco, scrive Caprile, "brandelli di stoffa intrisi di sangue e scoloriti dal tempo" (un armato del Cnt ha trovato "stringe al petto come una reliquia" proprio la tuta con il nome del suo vecchio amico Abdul Salem, il nome c´è ancora e così il foro del proiettile che l´ha ucciso 15 anni fa; l´ha trovata "come per miracolo": già) : "la prova di un massacro". Insieme a "teschi, femori, tibbie, costole ammucchiati qua e là alla rinfusa".
Come mai la Cnn ha visto altro? Del resto, qualche settimana fa Repubblica.it parlava della denuncia delle amazzoni di Gheddafi ("Lui e tutti i suoi figli e i suoi funzionari ci stupravano": un altro classico della guerra in Libia), senza controllare la fonte dalla quale proveniva, una fonte screditatissima dalla stessa Onu. E´ quella psicologa di Bengasi, la Sergewa, dai cui era partita tutta la campagna diffamatoria nei confronti dei "mercenari di Gheddafi stupratori di massa", campagna rivelatasi falsa. Repubblica non ricordava che la psicologa era già stata sbugiardata dall´inviato dell´Onu e da Amnesty. La quale ultima pure non è certo filoGheddafi. Ad esempio Amnesty, che a gran voce e a lungo ha denunciato l´assedio a Misurata da parte dei lealisti - vedi il rapporto Misrata nder Siege - da settimane tace sugli assedi alle città lealiste, che la Nato bombarda e il Cnt attacca dichiaratamente con Grad, missili che la Nato stessa chiama "armi indiscriminate". Minaccia ai civili.
Marinella Correggia
27.09.2011
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