(english / italiano)

Srebrenica: parola in codice per il linciaggio dei Serbi

1) Tentato linciaggio del premier Vučić a Potočari (Srebrenica) / Serb PM attacked with stones at Srebrenica memorial
2) An Interview with Diana Johnstone: “Denying” the Srebrenica Genocide Because It’s Not True
3) Opinioni: Efraim Zuroff  / Giorgio Coianiz e Sergio Gervasutti / Sandi Volk / Vitaly Churkin, Sergey Lavrov, Nebojsa Malic


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Bosnia and Herzegovina: Serb PM attacked with stones at Srebrenica memorial (RT, 11 lug 2015)
A crowd of angry mourners chased Serbian Prime Minister Aleksandar Vucic during a ceremony for the 20th anniversary of the mass killing of Muslims in Srebrenica on Saturday, pelting the Serbian leader with rocks and bottles. The prime minster was reportedly hit in the face with a stone, breaking his glasses...

Serbia demands investigation after ‘deplorable’ attack on PM at Srebrenica (RT, July 11, 2015)

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Vučić aggredito a Potočari

Andrea Oskari Rossini
 | Potočari  11 luglio 2015

Domani a Srebrenica non ci saranno più né il Primo ministro serbo né gli hooligan che lo hanno aggredito. Solo un po' di tensione in più
L'esito era prevedibile. Aspettando l'inizio delle commemorazioni ufficiali tra le tombe del Memoriale di Potočari, chiedevo ai bosniaci che continuavano ad affluire cosa ne pensassero della presenza del Primo Ministro serbo, Aleksandar Vučić. Nessuno dava risposte positive. Un signore di Tuzla era stato il più esplicito: “Non bisogna permetterlo.”
Eppure la visita era iniziata nel migliore dei modi. Vučić era stato accolto dalle Madri di Srebrenica, che gli avevano appuntato sul petto una margherita bianco-verde, simbolo del genocidio del '95. Anche il sindaco di Srebrenica, Ćamil Duraković, aveva mostrato disponibilità nei confronti del Primo Ministro. Ma le polemiche della vigilia avevano lasciato il segno. Proprio Duraković, nei giorni dell'arresto di Naser Orić in Svizzera su mandato interpol richiesto dalla Serbia, aveva detto di non poter garantire la sicurezza di Vučić a Potočari. Il rilascio del comandante della difesa di Srebrenica aveva fatto calare la tensione, ma ormai le parole erano state pronunciate. La vicenda del voto sulla Risoluzione per Srebrenica, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, aveva inquinato ancor più lo scenario. Il Primo Ministro serbo aveva legato la propria partecipazione al respingimento della Risoluzione, perché per la Serbia il termine “genocidio” è inaccettabile. Troppi distinguo.

La folla

Dopo i discorsi tenuti nell'ex base dei caschi blu olandesi, i rappresentanti internazionali si sono spostati nell'area del Memoriale. La folla – più di 50.000 persone - ha cominciato a sussultare. Vučić ha deposto un fiore per le vittime, poi è cominciata l'aggressione. Un gruppo ha spiegato uno striscione con una frase attribuita a Vučić (“Per ogni serbo morto uccideremo 100 musulmani”), e in un attimo sono tornati gli anni '90, con l'aggiunta di qualche sporadico “Allahu Akbar”. Nonostante la difesa delle forze di sicurezza, e gli inviti alla calma immediatamente pronunciati dal reis ulema Kavazović, il leader religioso dei musulmani bosniaci, la scena faceva paura. È diventato immediatamente chiaro che far entrare Vučić, in quell'arena, era stata una leggerezza, e la commemorazione delle vittime di Srebrenica è diventata subito qualcos'altro.
Domani a Srebrenica non ci saranno più né Vučić né gli “eroi” che l'hanno costretto a fuggire, solo un po' di tensione in più nel giorno in cui i serbi commemorano le proprie vittime al Memoriale di Kravica, tra manifesti di Putin e inni alla Republika Srpska.

Un'occasione sprecata

Nei Balcani vige la politica del “Da, ali”, “Sì, però”. È un leit motiv, sia tra la gente comune che nelle posizioni ufficiali. “Anche noi abbiamo commesso crimini, però”. Nella condanna dei crimini di guerra non servono i “però”. Serve la posizione delle Donne in Nero di Belgrado. Anche loro vengono dalla Serbia, e si presentano al Memoriale di Potočari ogni 11 luglio. Con un messaggio semplice: “Solidarietà” con le vittime, e “Responsabilità” per i crimini commessi dalla propria parte. Non si può aspettare che Vučić parli tutto a un tratto come le Donne in Nero, sue oppositrici da sempre. Negli anni '90, lui era parte integrante della politica nazionalista serba che tanti lutti ha provocato nella regione. Proprio per questo, tuttavia, il cambiamento del suo discorso politico è un segnale importante. Non ha certo la limpidezza della posizione delle donne, ma oggi Vučić china il capo di fronte alle vittime di una strage che fino a qualche anno fa, per gran parte delle istituzioni e dell'opinione pubblica serba, non era neppure esistita. Per questo quella di oggi è stata un'occasione sprecata.

11 luglio

L'11 luglio è una data sempre più carica di significati. Il ricordo della più grande strage avvenuta in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale meriterebbe più rispetto, e un profilo più basso da parte dei diversi rappresentanti delle istituzioni coinvolte. Meno chiasso prima, durante, e dopo. Si tratta di seppellire le vittime faticosamente ritrovate e identificate dall'Istituto Internazionale per le Persone Scomparse e dall'apposita commissione bosniaca nel corso dell'anno trascorso, e di manifestare rispetto per loro e i loro familiari. La politica stride in questa giornata. Ci sono famiglie che hanno atteso 20 anni questo momento. Altre continuano a vivere con l'angoscia di non sapere dove sono i resti dei propri cari. Ci sono madri che, perdendo la ragione, vanno sui campi minati alla ricerca delle ossa dei figli, sulla base di semplici voci secondo cui “lì ci potrebbe essere una fossa”. Vučić ha risposto all'aggressione subita oggi in Bosnia con parole di saggezza e moderazione, dichiarando di voler continuare con una politica di mano tesa verso il vicino e di riconciliazione tra Serbia e Bosnia Erzegovina. Potrebbe fare di più. Intervenire presso le istituzioni serbo bosniache perché mettano a disposizione delle famiglie le informazioni sulla dislocazione delle fosse comuni. Mancano ancora quasi 2.000 persone all'appello, e non è possibile aspettare altri 20 anni. La riconciliazione ha bisogno di gesti concreti. La sua presenza, l'anno prossimo, sarebbe accolta in maniera diversa.

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Governo bosniaco ha imposto che si organizzino indagini

13. 07. 2015. – Il Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina ha imposto al Ministero della Sicurezza di indagare tutte le circostanze che hanno paortato all’attacco contro il premier serbo Aleksandar Vucic a Potocari, nei pressi di Srebrenica, sabato scorso. Il Ministro della Sicurezza della Bosnia ed Erzegovina Dragan Mektic ha detto in conferenza stampa dopo la riunione straordinaria del Consiglio dei ministri a Sarajevo che l’Agenzia per le indagini e la protezione Sipa ha ignorato le richieste dell’aiuto nell’organizzazione della cerimonia commemorativa del ventesimo anniversario della strage. Il coordinamento tra le agenzie della polizia ha funzionato malissimo. I loro membri litigavano tra di loro, ha dichiarato Mektic. Il Governo della Bosnia ed Erzegovina ha ordinato che tutti gli organi della polizia statale collaborino nelle indagini.

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Agenzia Securitas è stata incaricata della sicurezza durante la cerimonia commemorativa a Potocari

13. 07. 2015. – L’agenzia Securitas, che appartiene a Mirsad Catic, il consulente del lieder dei musulmani bosniaci Bakir Izetbegovic, è stata incaricata della sicurezza durante la cerimonia commemorativa a Potocari nei pressi di Srebrenica, ha riportato la TV della Federazione della Bosnia ed Erzegovina. La procura dello Stato ha organizzato le indagini sull’attacco contro il premier serbo Aleksandar Vucic. Quell’incidente ha dimostrato che i servizi di sicurezza e la polizia della Bosnia ed Erzegovina non sono organizzzati bene, ha riportato la TV della Federazione.

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Vasic: sono state identificate altre 10 persone che hanno aggredito il premier Vucic 

16. 07. 2015. – Il direttore della polizia della Repubblica serba Gojko Vasic ha confermato a Banjaluka che le indagini della polizia sull’incidente dell’11 luglio a Srebrenica, nel quale è stato aggredito il premier serbo Aleksandar Vucic, hanno dato i primi risultati. Finora sono state identificate venti persone che hanno sicuramente partecipato all’attacco. Le indagini sono dirette dalla procura speciale della Repubblica serba. Scambieremo le informazioni con i colleghi della Bosnia ed Erzegovina e la Serbia, perché deve essere scoperto chi ha partecipato al tentativo di attentato contro il premier Vucic, ha detto Vasic. Il Ministero dell’Interno della Repubblica serba ha già consegnato le relazioni alla procura speciale, nelle quali sono state identificate le persone che hanno preso parte all’attentato contro Vucic dopo la commemorazione delle vittime della strage a Srebrenica.

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Dacic: Serbia attende relazione ufficiale dalle autorità della Bosnia ed Erzegovina 

17. 07. 2015. – La Serbia continuerà a condurre la politica della riconciliazione e del rafforzamento della stabilità nella regione. L’incidente che è accaduto durante la cerimonia commemorativa in occasione del ventesimo anniversario della strage a Srebrenica, nel quale è stato aggredito il premier Aleksandar Vucic, avrà le conseguenze negative, ha dichiarato il capo della diplomazia serba Ivica Dacic. L’attacco contro il premier Vucic a Potocari, nei pressi di Srebrenica, è uno dei peggiori incidenti nei rapporti tra i due Stati. La Serbia attende la relazione ufficiale al riguardo dalle autorità della Bosnia ed Erzegovina, ha dichiarato il ministro Dacic.


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JULY 16, 2015

Saturday, July 11th, was the official 20th anniversary of what is called the “Srebrenica Massacre” and “the Srebrenica Genocide,” when Muslim men were killed by Serbian forces in the Bosnian civil war of 1992 to 1995. The Western consensus about what happened at Srebrenica is, like the official history of the Rwandan massacres, disputed by academics, journalists and international criminal defense attorneys including Ed Herman, David Peterson, Michael Parenti, Robin Philpot, John Philpot, Christopher Black, Peter Erlinder, Ramsey Clark, and Diana Johnstone.  Both official histories serve as cornerstones of Western interventionist ideology.

Last week, prior to the July 11th commemoration, Russia infuriated Samantha Power, US Ambassador to the United Nations, by vetoing a Security Council resolution on Srebrenica because it included the word “genocide.” Four Security Council members, Angola, China, Nigeria and Venezuela, abstained. Speaking to the Voice of America, Samantha Power then called all those who disagree with the Western consensus “genocide deniers.”  I spoke to genocide denier Diana Johnstone, author of Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions and Queen of Chaos: the Misadventures of Hillary Clinton, coming in September from CounterPunch Books.

Ann Garrison: Diana Johnstone, UN Ambassador Samantha Power calls you a genocide denier, along with Ed Herman, David Peterson, Michael Parenti, and anyone else who’s dared to challenge Western consensus on what happened at Srebrenica in July 1995. What’s your response?

Diana Johnstone: Well, I am very much a genocide denier, and I’m proud of it and I can say why.

AG: Please do.

DJ: Yes, because what happened was not a genocide. Note that denying “genocide” means denying an interpretation, not the facts, whatever they are. There was a massacre of prisoners, whose proportions are disputed. That was a war crime. But it was not genocide. When your victims are military age men and you spare women and children, that cannot be genocide by any sensible definition. The International Criminal Tribunal for Yugoslavia was set up to blame the Serbs for genocide, and they did so by a far-fetched sociological explanation, claiming that because the Bosnian Muslims had a patriarchal society, killing the men would be a sort of genocide in one town. But that is not what people understand by genocide.

AG: Why were Serbians a US target?  And why were Bosnian Muslims favored?

DJ: Well, for one thing, the Clinton Administration and subsequent administrations have had a policy of allying with Muslims all around the world. Partly in a long term anti-Russian strategy which goes back to Zbigniew Brzezinski’s policy of supporting Mujahadeen in Afghanistan. The notion that the soft underbelly of the Russian Empire is Muslim and that they can be used against Orthodox Christians – that’s a long term US strategy going back to Brzezinski’s role in the 1970s.

AG: In the Carter Administration?

DJ: Yes, and so Serbia was seen as a potential Russian ally in the region, as the Serbs are Orthodox Christians, and so that was the reason it was targeted. The story was that Orthodox Christians are the bad guys and the Muslims are the good guys. And that’s been a constant US strategy for the last several decades.

AG: So, you’re saying that the USA is not constantly fighting evil Muslims all over the world?  

DJ: No, it’s fighting the less evil ones. It’s been fighting the ones who are more secular. It was fighting the less fanatic. In Bosnia, the US supported Izetbegovic who was the most Islamist politician among Muslims there, who had written a declaration saying a country with a Muslim majority should be ruled by Islamic law.  It was fighting Gaddafi, whose main enemy was the extreme Muslims, and it got rid of Gaddafi, and now they’re taking over Libya. It attacked Saddam Hussein, who had a secular society, who was hated by the Islamic extremists. And now they’re taking over Iraq. And the United States has been against Assad’s regime in Syria. They have targeted precisely the Muslim regimes which were not religiously fanatic. So of course Islam is divided, so the United States has been killing Muslims, but they have been favoring the most extremist.

There’s another point I want to make and that is that calling Srebrenica a genocide is extremely harmful for more than one reason. Of course we know that the main reason for this has been to justify future wars by saying, “Oh dear, we let this happen in Rwanda. We let this happen in Srebrenica, so we have to have preventive wars to prevent it from happening again.” That’s the ideological pretext used by the United States. But, the fact is that supporting the view that the West stood by – which is a sort of Samantha Power thing –  we just stood by and let the Serbs commit genocide against Muslims is harmful in other ways as well.  That line, which is untrue, is used to recruit people to extreme Islam against the West, which is what is happening in the Middle East. Because they think the West is the enemy, the West supported genocide of Muslims, we are the victims, therefore we are justified. And they’re recruiting young men from all over the world, including Europe, to go and fight the West partly on the basis of that pretext. So it’s very harmful, this lie.

AG: So all of the US attacks on secular states, where Islam is the dominant religion, have led to Islamic fundamentalism and recruitment to groups like ISIS? 

DJ: ​Absolutely, absolutely. And the whole US policy for the past decades has in fact inspired this extreme Muslim radicalism against the West. The notion was that we’ll get the Muslims on our side by supporting them, but it’s worked quite the opposite way because we have weakened the secular Muslim leaders, and with the help of our dear ally Saudi Arabia, which is of course an extremist Muslim state and our close ally in the region.

AG: Would you like to say anything about the controversial figure of 8,000 dead? Global Research published an interview with Ed Herman headlined “The Srebrenica Massacre was a Gigantic Political Fraud,” in which he says that the numbers were inflated without supporting forensic evidence and that there were many massacres in the Srebrenica area, including massacres of women and children in Serb villages.

DJ: Well, I’m very skeptical about this 8,000 number, more than skeptical. I think it’s clearly not true, but I didn’t want to dwell on that because my main point is not so much how many bodies, but the uses of this, the exploitation of it.  And also, the fact that since it was men and boys of military age, this cannot be genocide.  This is the sort of massacre that happens in wars.  Men get killed because of what they are; they’re on the other side.  That’s what it’s all about.  And of course it happened on both sides. This was a war; it wasn’t just Serbs killing Muslims. Muslims were killing Serbs. I mean this was a civil war with two sides fighting.

AG: That is exactly what is ignored about Rwanda. The infamous 100 days in Rwanda were the final days of a four year war of aggression that begin when Ugandan troops invaded Rwanda in October 1990 and then waged a four year war until they seized power in Kigali.  The received story treats the 100 days as though it happened in a vacuum.

Is there anything else you’d like to say about Srebrenica?

DJ: Well, maybe there is one more thing I should have said.

AG: Go ahead.

DJ: That is, it’s very ironic that Bill Clinton is going there as one of the official mourners of the dead at Srebrenica, because a story that is very much circulated outside of mainstream media is that the whole Srebrenica Massacre was a trap that was deliberately laid to lure the Serbs in because Alija Izetbegovic, the Muslim leader, had heard from Bill Clinton that Clinton needed for there to be a massacre of at least 5000 Muslims in order to politically bring the US and NATO into the war on the Muslim side.

That’s in a book by a Bosnian Muslim leader, Ibran Mustafic. The book, however, is in Serbo-Croatian. It was mentioned in a UN report that a lot of Muslims have said that the Srebrenica Massacre was a setup in order to blame the Serbs and get the US and NATO in on the Bosnian Muslim side. That’s been said by a lot of people, and there’s a documentary film about it, but that has been kept out of the mainstream discourse entirely.

AG: Is there documentation that Clinton said that?

DJ:  There’s documentation that Izetbegovic thought he said that. And, remember that they don’t speak the same language. Clinton might have said offhand, “Well, y’know I’d need a massacre of at least 5000 to be politically able to come in,” without really meaning that anyone should stage such a massacre. I’m not accusing Clinton of having ordered the massacre. But on the other hand, it is extremely probable that Izetbegovic, whose whole strategy was to portray the Bosnian Muslims as pure victims, might have taken that up. And he ordered the commander out of Srebrenica. There was no defense there, although there were more soldiers, more Bosnian Muslim soldiers, in Srebrenica than Serbian soldiers who attacked. But they did not defend, they ran away. And this has been interpreted by a lot of Bosnian Muslims as deliberately setting things up in order to have Serb vengeance, because there had been a lot of Serb victims of the Muslim soldiers. They had killed over 3000 Serb villagers in the region. And so, many believe that this was deliberately set up to have the victims that would bring the US in on the Bosnia Muslim side.  Even the French General Morillon said that.

But another reason it was not genocide against Muslims is that the Serbs were allied with another group of Bosnian Muslims on the western side of Bosnia, whose leader was a secular Muslim, Fikret Abdic, who was originally more popular than Izetbegovic, got more votes. So the genocide label is absolutely absurd, and yes I’m a genocide denier because it’s not true.

Diana Johnstone is the Paris-based American author of Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western DelusionsHer 2005 essay “Srebrenica Revisited,” can be read on the Counterpunch website. From 1979 to 1990, she was the European Editor of In These Times. From 1990 to 1996, she was the press officer of the Green group in the European Parliament.  She is also the author of “The Politics of Euromissiles: Europe’s Role in America’s World,” and her new book “Queen of Chaos: The Misadventures of Hillary Clinton,” will be published by Counterpunch Books this year.  She can be reached at diana.johnstone@....


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Read also:

All Srebrenica massacre culprits must be punished – Moscow (July 11, 2015)
The opinions of Vitaly Churkin, Sergey Lavrov, Nebojsa Malic
http://rt.com/news/273037-srebrenica-massacre-anniversary-justice/

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Zuroff: a Srebrenica non è stato commesso un genocidio 

15. 07. 2015. – Il direttore del Centro Simon Wiesenthal Efraim Zuroff ha dichiarato che quello che è accaduto a Srebrenica nel 1995 non è stato un genocidio. La parola genocidio è stata abusata molte volte. Quel termine si abusa anche quando si parla dell’olocausto. L’olocausto è il genocidio. Nessuno desidera che esso accada di nuovo. Quello che è accaduto a Srebrenica non è stato un genociodio perché, tra l’altro, le forze serbe hanno liberato donne e bambini e non li hanno uccisi, ha detto Zuroff.

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Lettera apparsa sul Messaggero Veneto (Udine) martedì 14/7/2015

SREBRENICA E LA STRADA DEL PERDONO

Perchè si consumò il massacro di 7-8 mila uomini musulmani di Bosnia, a Srebrenica, nel 1995 da parte di milizie serbo-bosniache e di cui si celebra in questi giorni il 20º anniversario? Perchè da Srebrenica erano partite nei mesi precedenti offensive musulmane contro i villaggi serbi della valle della Drina, tra Bratunac e Srbrenica, con stragi efferate di quattromila serbi, 1300 dei quali civili, donne, bambini e vecchi. Questa non vuole essere una spiegazione-giustificazione, ma la storia perversa di una delle troppe vendette incrociate delle guerre balcaniche.Attualmente le stragi contro i serbi sono state cancellate da un nuovo negazionismo occidentale desideroso di solidarietà verso i musulmani . E allora, che fine hanno fatto i quattromila serbi di Sarajevo scomparsi nell'assedio della città e finiti in gran parte nelle gole di Kazany? Quale la sorte dei prigionieri serbi rinchiusi nelle carceri-silos di Tarcin e Celebici vicino Sarajevo? Chi verrà mai punito o accusato per i massacri commessi dai mujaheddin, quei cinquemila combattenti della Jihad islamica arrivati in Bosnia dall’ Afghanistan e dai paesi islamici? Come per le foibe, si tacciono, politicamente e continuamente, molti degli effetti e delle cause della nostra storia. Giorgio Coianiz San Giorgio di Nogaro 

(risponde Sergio Gervasutti)  “Occhio per occhio, e il mondo intero diventerebbe cieco”. Mi è tornata in mente questa massima di Gibran quando pochi giorni fa ho letto che una folla di musulmani inferociti ha cacciato a sassate il premier serbo, Aleksandar Vucic, presente alla cerimonia-omaggio alle vittime del massacro di Srebrenica, dove oltre ottomila musulmani furono uccisi da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Mladic, nella zona protetta che si trovava al momento sotto la tutela delle truppe olandesi delle Nazioni Unite. Naturalmente non si tratta di auspicare che venga fatto silenzio su molti degli effetti e delle cause della nostra storia o che vengano fornite spiegazioni/giustificazioni a vicende aberranti come il genocidio di Srebrenica. È piuttosto un dovere della comunità internazionale perseguire la lunga strada del perdono e della riconciliazione per garantire un futuro migliore ai popoli di quella tormentata regione.

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Che Vucic, ex braccio destro di Seselj, capo dei cetnici e del Partito Radicale serbo, sia stato cacciato non è proprio una gran sorpresa. Negli anni della guerra dichiarava in parlamento che "per ogni serbo ucciso uccideremo 100 mussulmani", quindi mi pare che le pietre se le sia più che meritate. Il problema è che le stesse pietre se le meritano i governanti di TUTTI i paesi dell'ex Jugo. Oggi, dopo aver mollato Seselj, Vucic è capo del governo e capo di un nuovo partito - il Partito  Progressista Serbo - sostenitore dell'adesione alla UE, di politiche di "stabilizzaizone" (taglio del 10% di pensioni e salari) e della privatizzazione del privatizzabile e quindi "coccolo" dell'occidente. Un parafascista prima, un parafascista anche peggiore ora. 
Dall'altra parte non ci sono (stati) solo i mujaheddin arabi, arivati da tutto il mondo mussulmano, ma anche la pesante ingerenza del wahabismo saudita, quello a cui si ispira lSIS. Questi cercano di diffondere - senza gran successo per fortuna - in Bosnia il mussulmanesimo militante e integrale, armato e parafascista, e molti di loro sono a combattere proprio con l'Isis. Tollerati e sostenuti dall'"islamismo moderato" del presidente Izetbegovic, figlio dell'ex presidente messo giustamente in galera all'epoca della  Jugoslavia (come Seselj tra l'altro) per sciovinismo e incitamento all'odio etnico e religioso a causa di un suo papello. Sia gli uni che gli altri funzionali al progetto di distruzione della Jugoslavia che ha visto il sostegno a tutte le frangie più estreme del nazionalismo(come avviene oggi in Ucraina in forma anche più estrema) dei suoi vari popoli da parte di UE e USA. Con un continuum di demonizzazione del popolo serbo che non conosce tregue e che non può che alimentare il nazionalismo serbo. Oggi TUTTI i paesi nati dall'ex Jugoslavia sono in mano a vere e proprie bande di criminali. E che coloro che li hanno sostenuti nelle guerre "etniche" nella  ex Jugo in nome del "diritto di autodeterminazione dei popoli" e che li hanno messi al potere oggi cerchino di ribaltare la frittata fa ancora più voltare lo stomaco. 
La vera pacificazione avverrà quando i vari popoli faranno i conti con i vari responsabili locali della guerra e della rapina dei beni sociali/statali (che chiamano pudicamente privatizzazioni) che li ha portati in condizioni di vita indescrivibili rispetto a prima. Perché tra le bande che si sono spartite il controllo di quanto si poteva arraffare oggi la "pacificazione" sta effettivamente avvenendo sulla base del reciproco riconoscimento del loro diritto al bottino e a sfruttare i "loro" popoli. 
Quanto a Smuraglia da lui non ci si poteva aspettare altro che la difesa dei "diritti umani" nel nome dei quali le guerre sono state fatte, in particolare in nome del "diritto umano" a privatizzare tutto. 

Sandi Volk