OTTOBRE / 2:
Appelli e campagne
1) Appello-petizione per un approccio obiettivo ed aperto al contraddittorio sulla Rivoluzione Russa all'avvicinarsi del centenario della Rivoluzione d'Ottobre del 1917 (Annie Lacroix-Riz, Georges Gastaud, Jean Salem)
2) Appello per la costruzione di una grande mobilitazione per il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre. Vogliamo manifestare a Roma il 7 novembre (FGC)
Vedi anche:
L'Ottobre sta arrivando. Campagna politica per il centenario dell’Ottobre
Coordinamento per le iniziative sul Centenario dalla Rivoluzione d’Ottobre
La rivoluzione d'Ottobre e i diritti dei lavoratori (di Américo Nunes | omilitante.pcp.pt, traduzione da marx21.it, maggio 2017)
Alla nostra pagina https://www.cnj.it/INIZIATIVE/1917.htm , frequentemente aggiornata, è riportata una rassegna di documenti fondamentali assieme al calendario delle iniziative promosse nel centenario della Rivoluzione d'Ottobre
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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - urss e rivoluzione di ottobre - 21-03-17 - n. 625
Annie Lacroix-Riz, Georges Gastaud, Jean Salem | initiative-communiste.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
08/03/2017
Basta occhiali "bianchi" sull'Ottobre 1917, basta "Libri neri" anticomunisti a ripetizione.
E se dibattessimo in modo sereno a proposito dell'Ottobre 1917 e di ciò che ne è seguito?
Un appello di storici, intellettuali e militanti del movimento operaio. 8 marzo 1917, centesimo anniversario dell'inizio della rivoluzione russa.
L'appello è lanciato da Annie Lacroix-Riz, professore emerito di storia contemporanea all'Università Parigi VII, da Georges Gastaud, filosofo figlio di resistenti e da Jean Salem, filosofo, professore all'Università Parigi I Pantheon Sorbonne.
Avvincinandoci al centenario del 7 novembre 1917, si prepara prima di tutto, da parte di certi ambienti politico-mediatici messi sull'avviso da certi altri universitari, a presentare una versione rozzamente manichea, ferocemente tinta di anticomunismo, antibolscevismo ed antisovietismo.
Non solamente l'Ottobre non è stato che un "putsch" bolscevico che interrompeva l'amabile corso della democrazia iniziato dalla rivoluzione russa di febbraio, non solamente i bolscevichi non ebbero giocato alcun ruolo importante nel febbraio 1917, non solamente l'immensa sollevazione proletaria e contadina che preparerà, caratterizzerà e seguirà il 7 novembre 1917 non ha comportato caratteri autenticamente democratici, popolari e socialisti, non solamente ciò che ne è seguito si è rivelato interamente catastrofico per la Russia e per l'umanità, ma tutto questo processo storico si sarebbe sviluppato - così come l'ulteriore costruzione dell'URSS - dentro un contesto puramente russo e chimicamente puro, quasi esente dai furiosi interventi imperialisti, dalla sanguinaria ed esacerbata difesa dei propri privilegi da parte delle classi che ne venivano spossessate, dalla brutale repressione della rivoluzione operaia in Germania, dall'ascesa del fascismo, del nazismo, del franchismo e del militarismo, dal Giappone imperiale all'Europa occidentale (Ungheria, Italia, Spagna…).
I firmatari di questo appello sono atterriti dal vedere dei professionisti del campo storico unirsi all'aria viziata della nostra epoca anticomunista, "postmoderna" e grandemente antiprogressista, senza eccessivi scrupoli metodologici nel formare il dossier iperbolicamente contrario a carico dell'Ottobre russo. Quei medesimi che evocavano con commiserazione l'eccessiva ingenuità storiografica di ieri e che denunciavano i "partiti presi" propri della congiuntura politica che seguì Stalingrato, l'8 maggio 1945 (*) e l'ascesa di un possente partito comunista in Francia, non si interrogano neanche un secondo sulla configurazione politica attuale, nella quale schierano la loro sedicente critica riflessione storica: offensiva neoliberista mondiale, annessione alla sfera euroatlantica dei paesi ex socialisti, dominazione di Berlino sulla "costruzione europea", forza del Front National e spostamento a destra della società francese, annullamento delle conquiste sociali del CNR legate all'attività dei ministri comunisti del 1945-1947, risorgimento degli imperi capitalisti rivaleggianti per l'egemonia mondiale, spinta esponenziale, europea, o persino mondiale, dei diversi tipi di estremismo di destra e di integralismo religioso, degrado dei rapporti di forza planetari tra capitale e lavoro, demonizzazione della Federazione Russa che la NATO pressa alle sue frontiere da Vilnius a Kiev, proliferazione delle guerre neocoloniali travestite da "diritti di ingerenza umanitaria" (Africa e vicino Oriente) criminalizzazione delle organizzazioni comuniste nei paesi ex socialisti (Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria…), negazionismo caratterizzato dal rifiuto delle autorità giapponesi di riconoscere i genocidi commessi in Corea e in Cina, quando non addirittura il tributo d'onore puro e semplice ai gruppi neonazisti che proliferano nel risveglio dei poteri fascisti appoggiati dalla UE e dalla NATO (Ucraina, Ungheria, ex repubbliche sovietiche del Baltico)…
Questo tentativo pseudo-storico di "cestinare" l'Ottobre 1917 nella memoria collettiva prende oggettivamente piede in un paesaggio storiografico dominato dalla reazione:
- crescente indulgenza verso il colonialismo francese (vedi gli "aspetti positivi della colonizzazione" - sic - che gli ambienti sarkozysti pretendono di iscrivere nei programmi scolastici), denigrazione della Rivoluzione Francese, specialmente della sua fase giacobina e robespierrista, tendenza a riabilitare Vichy e a denigrare la Resistenza patriottica (specialmente negando il ruolo eminente che giocarono i comunisti),
- tendenza a rapportarsi in modo canagliesco con la storia nazionale, ora svalutando la multisecolare costruzione di uno Stato-nazione in favore di una euro-storiografia politicamente corretta, ora pretendendo di resuscitare un "romanzo nazionale" spurgato della lotta tra le classi e dell'apporto dei comunisti al Fronte Popolare, alla Resistenza, alle riforme progressiste della Liberazione, al rifiuto delle guerre coloniali, alla difesa delle libertà, della pace, della sovranità nazionale, dell'eguaglianza tra uomo e donna, e al progresso sociale,
- equiparazione odiosa perpetrata all'interno dei programmi e dei manuali di storia degli scolari sotto la categoria dell'"ascesa dei totalitarismi" tra il terzo reich e la Patria di Stalingrado (1).
Insomma è come se certi ambienti che si sono accaparrati l'editoria, i media e una buona parte dell'Università fossero meno ansiosi di illuminare sotto una prospettiva dialettica, dinamica ed eventualmente sottoposta al contraddittorio i Dieci Giorni che sconvolsero il mondo (come cioè abbia potuto un semplice "putsch" bolscevico mobilitare milioni di proletari e di contadini, spazzar via gli eserciti bianchi sostenuti da diciotto corpi di spedizione stranieri, suscitare una straordinaria fioritura culturale, sollevare l'entusiasmo del movimento operaio e dei popoli dominati, sconfiggere poi l'invincibile "Wermacht", mettere al centro della problematica geopolitica mondiale per sette decenni la contraddizione socialismo/capitalismo, la decolonizzazione e l'eguaglianza dei generi?) anziché dare retrospettivamente lezioni al popolo ed in particolare ai giovani, per tenerli sempre lontani dalle lotte operaie e rivoluzionarie…
Oscurando a volontà l'Ottobre 1917, le sue cause, i suoi sviluppi e ciò che ne è seguito, non si finisce forse per impallidire ed arrossire di fronte al terribile bilancio della restaurazione mondiale del capitalismo, il quale, sotto il nome di "mondializzazione liberale" è riuscito a liquidare la multiforme esperienza della Rivoluzione bolscevica? Peraltro, i sondaggi d'opinione attestano che, avendo successivamente sperimentato entrambi i due sistemi antagonisti, i popoli dell'ex campo socialista e più ancora fortemente quelli dell'ex-URSS, continuano ad onorare Lenin e tutto ciò che ha permesso di costruire una società alternativa in fatto di conquiste sociali, di pace civile, di diritto al lavoro, di accesso alle cure sanitarie ed all'istruzione, di rispetto delle minoranze, di sviluppo delle lingue e delle culture nazionali, di scoperte scientifiche, ecc. Dei veri democratici non dovrebbero forse ascoltare le parole e le opinioni dei popoli, invece di cestinarle sotto il termine dispregiativo di "Ostalgie"? E' così imbarazzante che i popoli che hanno testato l'uno dopo l'altro entrambi i sistemi sociali e che pertanto non hanno affatto dimenticato i freni del "socialismo reale" negli anni 70 e 80, affermino oramai, dopo aver testato la restaurazione del capitalismo, l'"integrazione europea" sovranazionale e neoliberista, della sanguinaria destabilizzazione di interi paesi (Jugoslavia, Ucraina, ecc. ), dell'ascesa dell'estremismo di destra, della pressione militare esercitata dalla NATO alle frontiere con la Russia, che il socialismo era alla fine senza dubbio migliore, suoi difetti compresi, dell'esplosione delle mafie e delle diseguaglianze che gli sono succedute sotto la denominazione fortemente discutibile di "democrazia liberale"?
E' per questo che, sebbene i firmatari di quest'appello non abbiano necessariamente tutti il medesimo approccio alla storia russo-sovietica, essi si fanno un punto d'onore nel dire con forza che la Rivoluzione d'Ottobre del 1917 deve cessare di esser letta attraverso le lenti "bianche", "termidoriane", controrivoluzionarie se non addirittura fasciste di quelli che meno studiano il movimento comunista, le lotte delle classi soggiogate e le rivoluzioni popolari - tra cui sempre di più la Rivoluzione Francese e la Comune di Parigi - di quelli che le combattono strenuamente senza nemmeno avere l'onestà intellettuale di mostrare il loro orientamento di parte.
Non chiediamo qui un'agiografia della Rivoluzione Russa, ma di permettere alle giovani generazioni di avvicinarsi allo studio del passato dialetticamente, di misurare la complessità a partire dalle dinamiche delle classi e dei rapporti di forza internazionali relativi alle epoche, tenendo conto di tutti gli aspetti; e soprattutto ci si deve approvare a questo studio senza i paraocchi anticomunisti, senza pregiudizi antisovietici, e alla fine, senza posizioni di principio controrivoluzionarie.
Contro coloro che stanno già cercando di anticipare la prossima commemorazione dell'Ottobre 1917 sulla base di un manifesto pregiudizio antibolscevico, riapriamo il dibattito in contraddittorio, tornando ai fatti ed ai processi storici ed alla loro ricontestualizzazione. In una parola, evitiamo di fare di questo centenario dell'Ottobre una forma di revanscismo postumo per i "bianchi" e per tutti coloro che, nella nostra epoca, sognano un mondo definitivamente venduto al capitalismo, all'integrazione euroatlantica, alla regressione sociale, alle guerre imperialiste ed alla fascistizzazione politica.
Vedi elenco firmatari
Note:
1) Ricordiamo che nel 1966, durante la sua visita di Stato a Mosca, il generale De Gaulle ha lealmente ricordato il ruolo preminente e centrale che la "Russia sovietica" ha giocato nella liberazione del nostro Paese.
2) N.d.t.: nell'originale il termine "kärchériser", neologismo derivato dalla nota marca di aspirapolvere Karcher (famoso anche perché utilizzato in Francia anche dall'ex presidente Sarkhozy a proposito della necessità di "liberarsi" del proletariato e del sottoproletariato delle periferie in tumulto) è stato reso in italiano col termine "cestinare".
Appello-petizione per un approccio obiettivo ed aperto al contraddittorio sulla Rivoluzione Russa all'avvicinarsi del centenario della Rivoluzione d'Ottobre del 1917
Annie Lacroix-Riz, Georges Gastaud, Jean Salem | initiative-communiste.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
08/03/2017
Basta occhiali "bianchi" sull'Ottobre 1917, basta "Libri neri" anticomunisti a ripetizione.
E se dibattessimo in modo sereno a proposito dell'Ottobre 1917 e di ciò che ne è seguito?
Un appello di storici, intellettuali e militanti del movimento operaio. 8 marzo 1917, centesimo anniversario dell'inizio della rivoluzione russa.
L'appello è lanciato da Annie Lacroix-Riz, professore emerito di storia contemporanea all'Università Parigi VII, da Georges Gastaud, filosofo figlio di resistenti e da Jean Salem, filosofo, professore all'Università Parigi I Pantheon Sorbonne.
Avvincinandoci al centenario del 7 novembre 1917, si prepara prima di tutto, da parte di certi ambienti politico-mediatici messi sull'avviso da certi altri universitari, a presentare una versione rozzamente manichea, ferocemente tinta di anticomunismo, antibolscevismo ed antisovietismo.
Non solamente l'Ottobre non è stato che un "putsch" bolscevico che interrompeva l'amabile corso della democrazia iniziato dalla rivoluzione russa di febbraio, non solamente i bolscevichi non ebbero giocato alcun ruolo importante nel febbraio 1917, non solamente l'immensa sollevazione proletaria e contadina che preparerà, caratterizzerà e seguirà il 7 novembre 1917 non ha comportato caratteri autenticamente democratici, popolari e socialisti, non solamente ciò che ne è seguito si è rivelato interamente catastrofico per la Russia e per l'umanità, ma tutto questo processo storico si sarebbe sviluppato - così come l'ulteriore costruzione dell'URSS - dentro un contesto puramente russo e chimicamente puro, quasi esente dai furiosi interventi imperialisti, dalla sanguinaria ed esacerbata difesa dei propri privilegi da parte delle classi che ne venivano spossessate, dalla brutale repressione della rivoluzione operaia in Germania, dall'ascesa del fascismo, del nazismo, del franchismo e del militarismo, dal Giappone imperiale all'Europa occidentale (Ungheria, Italia, Spagna…).
I firmatari di questo appello sono atterriti dal vedere dei professionisti del campo storico unirsi all'aria viziata della nostra epoca anticomunista, "postmoderna" e grandemente antiprogressista, senza eccessivi scrupoli metodologici nel formare il dossier iperbolicamente contrario a carico dell'Ottobre russo. Quei medesimi che evocavano con commiserazione l'eccessiva ingenuità storiografica di ieri e che denunciavano i "partiti presi" propri della congiuntura politica che seguì Stalingrato, l'8 maggio 1945 (*) e l'ascesa di un possente partito comunista in Francia, non si interrogano neanche un secondo sulla configurazione politica attuale, nella quale schierano la loro sedicente critica riflessione storica: offensiva neoliberista mondiale, annessione alla sfera euroatlantica dei paesi ex socialisti, dominazione di Berlino sulla "costruzione europea", forza del Front National e spostamento a destra della società francese, annullamento delle conquiste sociali del CNR legate all'attività dei ministri comunisti del 1945-1947, risorgimento degli imperi capitalisti rivaleggianti per l'egemonia mondiale, spinta esponenziale, europea, o persino mondiale, dei diversi tipi di estremismo di destra e di integralismo religioso, degrado dei rapporti di forza planetari tra capitale e lavoro, demonizzazione della Federazione Russa che la NATO pressa alle sue frontiere da Vilnius a Kiev, proliferazione delle guerre neocoloniali travestite da "diritti di ingerenza umanitaria" (Africa e vicino Oriente) criminalizzazione delle organizzazioni comuniste nei paesi ex socialisti (Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria…), negazionismo caratterizzato dal rifiuto delle autorità giapponesi di riconoscere i genocidi commessi in Corea e in Cina, quando non addirittura il tributo d'onore puro e semplice ai gruppi neonazisti che proliferano nel risveglio dei poteri fascisti appoggiati dalla UE e dalla NATO (Ucraina, Ungheria, ex repubbliche sovietiche del Baltico)…
Questo tentativo pseudo-storico di "cestinare" l'Ottobre 1917 nella memoria collettiva prende oggettivamente piede in un paesaggio storiografico dominato dalla reazione:
- crescente indulgenza verso il colonialismo francese (vedi gli "aspetti positivi della colonizzazione" - sic - che gli ambienti sarkozysti pretendono di iscrivere nei programmi scolastici), denigrazione della Rivoluzione Francese, specialmente della sua fase giacobina e robespierrista, tendenza a riabilitare Vichy e a denigrare la Resistenza patriottica (specialmente negando il ruolo eminente che giocarono i comunisti),
- tendenza a rapportarsi in modo canagliesco con la storia nazionale, ora svalutando la multisecolare costruzione di uno Stato-nazione in favore di una euro-storiografia politicamente corretta, ora pretendendo di resuscitare un "romanzo nazionale" spurgato della lotta tra le classi e dell'apporto dei comunisti al Fronte Popolare, alla Resistenza, alle riforme progressiste della Liberazione, al rifiuto delle guerre coloniali, alla difesa delle libertà, della pace, della sovranità nazionale, dell'eguaglianza tra uomo e donna, e al progresso sociale,
- equiparazione odiosa perpetrata all'interno dei programmi e dei manuali di storia degli scolari sotto la categoria dell'"ascesa dei totalitarismi" tra il terzo reich e la Patria di Stalingrado (1).
Insomma è come se certi ambienti che si sono accaparrati l'editoria, i media e una buona parte dell'Università fossero meno ansiosi di illuminare sotto una prospettiva dialettica, dinamica ed eventualmente sottoposta al contraddittorio i Dieci Giorni che sconvolsero il mondo (come cioè abbia potuto un semplice "putsch" bolscevico mobilitare milioni di proletari e di contadini, spazzar via gli eserciti bianchi sostenuti da diciotto corpi di spedizione stranieri, suscitare una straordinaria fioritura culturale, sollevare l'entusiasmo del movimento operaio e dei popoli dominati, sconfiggere poi l'invincibile "Wermacht", mettere al centro della problematica geopolitica mondiale per sette decenni la contraddizione socialismo/capitalismo, la decolonizzazione e l'eguaglianza dei generi?) anziché dare retrospettivamente lezioni al popolo ed in particolare ai giovani, per tenerli sempre lontani dalle lotte operaie e rivoluzionarie…
Oscurando a volontà l'Ottobre 1917, le sue cause, i suoi sviluppi e ciò che ne è seguito, non si finisce forse per impallidire ed arrossire di fronte al terribile bilancio della restaurazione mondiale del capitalismo, il quale, sotto il nome di "mondializzazione liberale" è riuscito a liquidare la multiforme esperienza della Rivoluzione bolscevica? Peraltro, i sondaggi d'opinione attestano che, avendo successivamente sperimentato entrambi i due sistemi antagonisti, i popoli dell'ex campo socialista e più ancora fortemente quelli dell'ex-URSS, continuano ad onorare Lenin e tutto ciò che ha permesso di costruire una società alternativa in fatto di conquiste sociali, di pace civile, di diritto al lavoro, di accesso alle cure sanitarie ed all'istruzione, di rispetto delle minoranze, di sviluppo delle lingue e delle culture nazionali, di scoperte scientifiche, ecc. Dei veri democratici non dovrebbero forse ascoltare le parole e le opinioni dei popoli, invece di cestinarle sotto il termine dispregiativo di "Ostalgie"? E' così imbarazzante che i popoli che hanno testato l'uno dopo l'altro entrambi i sistemi sociali e che pertanto non hanno affatto dimenticato i freni del "socialismo reale" negli anni 70 e 80, affermino oramai, dopo aver testato la restaurazione del capitalismo, l'"integrazione europea" sovranazionale e neoliberista, della sanguinaria destabilizzazione di interi paesi (Jugoslavia, Ucraina, ecc. ), dell'ascesa dell'estremismo di destra, della pressione militare esercitata dalla NATO alle frontiere con la Russia, che il socialismo era alla fine senza dubbio migliore, suoi difetti compresi, dell'esplosione delle mafie e delle diseguaglianze che gli sono succedute sotto la denominazione fortemente discutibile di "democrazia liberale"?
E' per questo che, sebbene i firmatari di quest'appello non abbiano necessariamente tutti il medesimo approccio alla storia russo-sovietica, essi si fanno un punto d'onore nel dire con forza che la Rivoluzione d'Ottobre del 1917 deve cessare di esser letta attraverso le lenti "bianche", "termidoriane", controrivoluzionarie se non addirittura fasciste di quelli che meno studiano il movimento comunista, le lotte delle classi soggiogate e le rivoluzioni popolari - tra cui sempre di più la Rivoluzione Francese e la Comune di Parigi - di quelli che le combattono strenuamente senza nemmeno avere l'onestà intellettuale di mostrare il loro orientamento di parte.
Non chiediamo qui un'agiografia della Rivoluzione Russa, ma di permettere alle giovani generazioni di avvicinarsi allo studio del passato dialetticamente, di misurare la complessità a partire dalle dinamiche delle classi e dei rapporti di forza internazionali relativi alle epoche, tenendo conto di tutti gli aspetti; e soprattutto ci si deve approvare a questo studio senza i paraocchi anticomunisti, senza pregiudizi antisovietici, e alla fine, senza posizioni di principio controrivoluzionarie.
Contro coloro che stanno già cercando di anticipare la prossima commemorazione dell'Ottobre 1917 sulla base di un manifesto pregiudizio antibolscevico, riapriamo il dibattito in contraddittorio, tornando ai fatti ed ai processi storici ed alla loro ricontestualizzazione. In una parola, evitiamo di fare di questo centenario dell'Ottobre una forma di revanscismo postumo per i "bianchi" e per tutti coloro che, nella nostra epoca, sognano un mondo definitivamente venduto al capitalismo, all'integrazione euroatlantica, alla regressione sociale, alle guerre imperialiste ed alla fascistizzazione politica.
Vedi elenco firmatari
Note:
1) Ricordiamo che nel 1966, durante la sua visita di Stato a Mosca, il generale De Gaulle ha lealmente ricordato il ruolo preminente e centrale che la "Russia sovietica" ha giocato nella liberazione del nostro Paese.
2) N.d.t.: nell'originale il termine "kärchériser", neologismo derivato dalla nota marca di aspirapolvere Karcher (famoso anche perché utilizzato in Francia anche dall'ex presidente Sarkhozy a proposito della necessità di "liberarsi" del proletariato e del sottoproletariato delle periferie in tumulto) è stato reso in italiano col termine "cestinare".
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Appello per la costruzione di una grande mobilitazione per il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre
Il prossimo 7 novembre cadrà il centesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Da quella rivoluzione nacque il primo Stato socialista della storia dell’umanità, governato dai lavoratori e dal loro partito. Per quasi un secolo i lavoratori e i popoli oppressi di tutto il mondo hanno guardato all’Unione Sovietica sapendo che essa incarnava le loro migliori speranze e aspirazioni. In vista di questa ricorrenza, il Fronte della Gioventù Comunista fa appello a tutta la gioventù, ai lavoratori, ai comunisti per costruire a Roma una grande mobilitazione nazionale, operaia e comunista, in occasione del centenario della Rivoluzione d’Ottobre.
Riteniamo che sia assolutamente attuale e necessario l’impegno della gioventù comunista nella costruzione di una mobilitazione per i cento anni della Rivoluzione d’Ottobre, e ci assumiamo per questo la responsabilità di lanciare questo appello. La nostra scelta non è guidata da nostalgia per il passato, ma dalla convinzione che quelle idee debbano animare le lotte di una nuova generazione condannata a un futuro di precarietà e sfruttamento. Siamo convinti che non solo non esista nessuna contraddizione fra questa decisione e la nostra giovane età, ma che appunto questa sia pienamente coerente con la mobilitazione che vogliamo costruire.
Certo, la nostra generazione è nata dopo la caduta del Muro di Berlino. Siamo i giovani a cui è stato raccontato che questo sistema sarebbe stato l’ultimo orizzonte dell’umanità, che nessun altro mondo è possibile. Ma siamo anche la generazione su cui oggi, più di tutte, si abbatte uno spaventoso attacco condotto dai padroni a livello continentale, che mira a polverizzare tutti i diritti conquistati nella lotta dalle generazioni che ci hanno preceduto. Un attacco divenuto più aggressivo con l’inizio della crisi del capitalismo, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: disoccupazione, privatizzazioni selvagge di sanità, istruzione e beni statali, mentre un’intera generazione si vede negare il diritto al lavoro, allo studio, a una casa o alla salute, nel nome degli interessi di un pugno di persone. In Italia la disoccupazione giovanile è arrivata al 40%, mentre quella generale si attesta attorno al 12%. In tutto il mondo, 8 persone possiedono la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, la metà più povera del pianeta.
L’attacco ideologico che oggi mira a criminalizzare e revisionare la storia del movimento operaio non potrà mai negare questa verità: per anni il socialismo reale, pur con tutte le sue contraddizioni, ha rappresentato un’alternativa credibile alla barbarie di questo sistema. Nei paesi socialisti esistevano piena occupazione, sanità e istruzione totalmente gratuite. Un giovane nato in un paese socialista aveva la sicurezza che in futuro avrebbe avuto un lavoro, una casa, diritti e dignità; in URSS esistevano libero accesso alla cultura, allo sport, diritti per le donne con oltre 20 mesi di maternità retribuita e un’uguaglianza sostanziale e non solo formale fra uomo e donna. Tutto questo non esiste nel capitalismo.
Essere comunisti oggi significa lottare nel solco di quelle idee, le idee di Marx e di Engels, di Lenin e di Stalin, di Gramsci e di centinaia di rivoluzionari in tutto il mondo. La storia del movimento operaio e comunista è una storia gloriosa, fatta di lotte, vittorie e conquiste ottenute con il sangue e il sacrificio di migliaia di lavoratori e giovani che hanno lottato per idee di libertà, giustizia e uguaglianza. Nel solco di questa storia hanno lottato i partigiani per la libertà contro la tirannia fascista, i lavoratori in Italia e in tutto il mondo, i popoli amanti della pace e in lotta contro l’imperialismo e l’oppressione coloniale.
Oggi noi ci sentiamo eredi di questa storia, delle sue vittorie e delle sue sconfitte. Essere rivoluzionari oggi vuol dire lottare per il potere ai lavoratori, dinanzi alla dittatura dei grandi monopoli bancari e industriali; per il potere popolare contro l’Unione Europea delle banche e della finanza. Significa lottare per la pace, mentre lo scontro fra potenze imperialiste scatena nuove guerre e conflitti nell’interesse dei monopoli, contro i popoli e i lavoratori. Significa lottare per un futuro dignitoso, contro l’ingiustizia dello sfruttamento e l’arricchimento di un pugno di parassiti a scapito della stragrande maggioranza della popolazione. Tutto questo è oggi di profonda attualità. È attuale essere comunisti, lavorare per ricostruire un grande partito comunista forgiando nel fuoco della lotta quotidiana i futuri quadri rivoluzionari di questo partito.
Con queste idee vogliamo manifestare a Roma il 7 novembre. Costruire una grande mobilitazione nazionale, che vada oltre la mera celebrazione e le rievocazioni nostalgiche senza rinnegare la lezione e l’attualità della strategia rivoluzionaria che ha condotto i bolscevichi di Lenin alla vittoria. Una mobilitazione combattiva, animata dalla coscienza di chi lotta assumendo su di sé una storia gloriosa, capace di legare quelle idee alla lotta del nostro tempo, con lo sguardo rivolto al futuro. Una manifestazione che, a 100 anni dalla prima rivoluzione proletaria, sappia urlare che la lotta non è finita, che i lavoratori hanno ancora un mondo da guadagnare e nulla da perdere se non le loro catene.
Riteniamo che sia assolutamente attuale e necessario l’impegno della gioventù comunista nella costruzione di una mobilitazione per i cento anni della Rivoluzione d’Ottobre, e ci assumiamo per questo la responsabilità di lanciare questo appello. La nostra scelta non è guidata da nostalgia per il passato, ma dalla convinzione che quelle idee debbano animare le lotte di una nuova generazione condannata a un futuro di precarietà e sfruttamento. Siamo convinti che non solo non esista nessuna contraddizione fra questa decisione e la nostra giovane età, ma che appunto questa sia pienamente coerente con la mobilitazione che vogliamo costruire.
Certo, la nostra generazione è nata dopo la caduta del Muro di Berlino. Siamo i giovani a cui è stato raccontato che questo sistema sarebbe stato l’ultimo orizzonte dell’umanità, che nessun altro mondo è possibile. Ma siamo anche la generazione su cui oggi, più di tutte, si abbatte uno spaventoso attacco condotto dai padroni a livello continentale, che mira a polverizzare tutti i diritti conquistati nella lotta dalle generazioni che ci hanno preceduto. Un attacco divenuto più aggressivo con l’inizio della crisi del capitalismo, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: disoccupazione, privatizzazioni selvagge di sanità, istruzione e beni statali, mentre un’intera generazione si vede negare il diritto al lavoro, allo studio, a una casa o alla salute, nel nome degli interessi di un pugno di persone. In Italia la disoccupazione giovanile è arrivata al 40%, mentre quella generale si attesta attorno al 12%. In tutto il mondo, 8 persone possiedono la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, la metà più povera del pianeta.
L’attacco ideologico che oggi mira a criminalizzare e revisionare la storia del movimento operaio non potrà mai negare questa verità: per anni il socialismo reale, pur con tutte le sue contraddizioni, ha rappresentato un’alternativa credibile alla barbarie di questo sistema. Nei paesi socialisti esistevano piena occupazione, sanità e istruzione totalmente gratuite. Un giovane nato in un paese socialista aveva la sicurezza che in futuro avrebbe avuto un lavoro, una casa, diritti e dignità; in URSS esistevano libero accesso alla cultura, allo sport, diritti per le donne con oltre 20 mesi di maternità retribuita e un’uguaglianza sostanziale e non solo formale fra uomo e donna. Tutto questo non esiste nel capitalismo.
Essere comunisti oggi significa lottare nel solco di quelle idee, le idee di Marx e di Engels, di Lenin e di Stalin, di Gramsci e di centinaia di rivoluzionari in tutto il mondo. La storia del movimento operaio e comunista è una storia gloriosa, fatta di lotte, vittorie e conquiste ottenute con il sangue e il sacrificio di migliaia di lavoratori e giovani che hanno lottato per idee di libertà, giustizia e uguaglianza. Nel solco di questa storia hanno lottato i partigiani per la libertà contro la tirannia fascista, i lavoratori in Italia e in tutto il mondo, i popoli amanti della pace e in lotta contro l’imperialismo e l’oppressione coloniale.
Oggi noi ci sentiamo eredi di questa storia, delle sue vittorie e delle sue sconfitte. Essere rivoluzionari oggi vuol dire lottare per il potere ai lavoratori, dinanzi alla dittatura dei grandi monopoli bancari e industriali; per il potere popolare contro l’Unione Europea delle banche e della finanza. Significa lottare per la pace, mentre lo scontro fra potenze imperialiste scatena nuove guerre e conflitti nell’interesse dei monopoli, contro i popoli e i lavoratori. Significa lottare per un futuro dignitoso, contro l’ingiustizia dello sfruttamento e l’arricchimento di un pugno di parassiti a scapito della stragrande maggioranza della popolazione. Tutto questo è oggi di profonda attualità. È attuale essere comunisti, lavorare per ricostruire un grande partito comunista forgiando nel fuoco della lotta quotidiana i futuri quadri rivoluzionari di questo partito.
Con queste idee vogliamo manifestare a Roma il 7 novembre. Costruire una grande mobilitazione nazionale, che vada oltre la mera celebrazione e le rievocazioni nostalgiche senza rinnegare la lezione e l’attualità della strategia rivoluzionaria che ha condotto i bolscevichi di Lenin alla vittoria. Una mobilitazione combattiva, animata dalla coscienza di chi lotta assumendo su di sé una storia gloriosa, capace di legare quelle idee alla lotta del nostro tempo, con lo sguardo rivolto al futuro. Una manifestazione che, a 100 anni dalla prima rivoluzione proletaria, sappia urlare che la lotta non è finita, che i lavoratori hanno ancora un mondo da guadagnare e nulla da perdere se non le loro catene.