Onu-Ican: 243 parlamentari italiani hanno firmato per la ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari
Per liberare l’Italia dalle atomiche non basta una firma
Trattato Onu-Ican. 243 parlamentari italiani hanno firmato per la ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari
su Il Manifesto del 19.11.2017
L’Ican, coalizione internazionale di Ong insignita del Nobel per la Pace 2017, comunica che 243 parlamentari italiani hanno firmato l’«Impegno Ican» a promuovere la firma e la ratifica da parte del governo italiano del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.
È il Trattato adottato dalle Nazioni Unite il 7 luglio 2017. Che all’Articolo 1 stabilisce che «ciascuno Stato parte si impegna a non permettere mai, in nessuna circostanza, qualsiasi stazionamento, installazione o spiegamento di qualsiasi arma nucleare nel proprio territorio; a non ricevere il trasferimento di armi nucleari né il controllo su tali armi direttamente o indirettamente». All’Articolo 4 il Trattato stabilisce: «Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi».
Impegnandosi a promuovere l’adesione dell’Italia al Trattato Onu, i 243 parlamentari si sono quindi impegnati a promuovere: 1) la rapida rimozione dal territorio italiano delle bombe nucleari Usa B-61 e la non-installazione delle nuove B61-12 e di qualsiasi altra arma nucleare; 2) l’uscita dell’Italia dal gruppo di paesi che, nella Nato, «forniscono all’Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe nucleari, su cui gli Stati uniti mantengono l’assoluto controllo, e personale addestrato a tale scopo» (The role of NATO’s nuclear forces); 3) l’uscita dell’Italia dal Gruppo di pianificazione nucleare della Nato, in base all’Articolo 18 del Trattato Onu che permette agli Stati parte di mantenere gli obblighi relativi a precedenti accordi internazionali solo nei casi in cui essi siano compatibili col Trattato.
I parlamentari che hanno firmato tale impegno appartengono ai seguenti gruppi: 95 al Partito democratico (Pd), 89 al Movimento 5 Stelle, 25 ad Articolo 1-Mdp, 24 a Sinistra italiana-Sel, 8 al Gruppo misto, 2 a Scelta civica. Nel dibattito alla Camera, il 19 settembre scorso, solo i gruppi Sinistra italiana-Sel e Articolo 1-Mdp hanno chiesto la rimozione delle armi nucleari dall’Italia, come prescrive il Trattato di non-proliferazione, e l’adesione al Trattato Onu. Il Movimento 5 Stelle ha chiesto al governo solo di «relazionare al Parlamento sulla presenza in Italia di armi nucleari e dichiarare l’indisponibilità dell’Italia ad utilizzarle». La Lega Nord ha chiesto di «non rinunciare alla garanzia offerta dalla disponibilità Usa a proteggere anche nuclearmente l’Europa e il nostro paese». Il Pd – con la mozione di maggioranza approvata nella stessa seduta anche con i voti di Gruppo misto, Scelta civica, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Alternativa popolare, Democrazia solidale – ha impegnato il governo a «continuare a perseguire l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari» (mentre mantiene in Italia armi nucleari violando il Trattato di non-proliferazione) e a «valutare, compatibilmente con gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica, la possibilità di aderire al Trattato Onu». Il governo ha espresso «parere favorevole» ma il giorno dopo, con gli altri 28 del Consiglio nord-atlantico, ha respinto in toto e attaccato il Trattato Onu.
I parlamentari di Pd, Gruppo misto e Scelta civica, e quelli del M5S, che hanno firmato l’Impegno Ican differenziandosi dalle posizioni dei loro gruppi, devono a questo punto dimostrare di volerlo mantenere, promuovendo con gli altri una chiara iniziativa parlamentare perché l’Italia firmi e ratifichi il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari. Lo deve fare in particolare Luigi Di Maio, firmatario dell’Impegno Ican, per la sua posizione rilevante di candidato premier.
Aspettiamo di vedere nel suo programma di governo l’impegno ad aderire al Trattato Onu, liberando l’Italia dalle bombe nucleari Usa e da qualsiasi altra arma nucleare.
Cosa si nasconde dietro il progetto “euro-nukes”
Vincent Brousseau ha lavorato per 15 anni presso la BCE, in particolare nel Sancta Santorum della politica monetaria, ed è uno dei maggiori esperti francesi sull’euro. Ma essendo anche un grande conoscitore della scena politica tedesca e di questioni geostrategiche e militari, ha preparato un dossier del massimo interesse su quello che sta succedendo in Germania intorno alla possibilità di eludere il divieto alle armi nucleari impostole dopo la seconda guerra mondiale, e mettere silenziosamente le mani sulla forza d’urto francese tramite la creazione di una “bomba nucleare europea” («Euro-nukes»). Colpo di mano militare molto inquietante in un periodo in cui le previsioni geopolitiche sono di grande incertezza e turbolenza, ma naturalmente sottovalutato dagli utili idioti della “costruzione europea” e passato per lo più sotto silenzio dalla grande stampa.
Tradotto da Carmenthesister per http://vocidallestero.it/
Dossier strategico di Vincent Brousseau, 15 luglio 2017
Cos’è il trattato di Mosca?
Alcuni mesi fa, un comunicato dell’agenzia Reuters (di metà novembre 2016) ricordava incidentalmente che nessun accordo di pace è stato firmato tra il Giappone e la Russia dopo la seconda guerra mondiale. Questi due Stati sono quindi, dal punto di vista giuridico, ancora in guerra dal 1945.
Il pomo della discordia ancora presente tra Tokyo e Mosca che impedisce di firmare il trattato di pace rimane la questione delle isole Curili del Sud, ex giapponesi, che Stalin conquistò nel 1945 e l’URSS e poi la Russia hanno sempre rifiutato di restituire.
La notizia di fine anno scorso, dal tono ottimista, assicurava tuttavia che erano stati fatti dei progressi verso questo trattato di pace. Va da sé che, da un punto di vista pratico, tra questi due paesi la pace regna da diversi decenni, ma è il caso di notare che la firma di tali trattati può essere ancora una questione lunga.
Alleata del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania ha vissuto la stessa situazione dal 1945 al 1990. È un trattato del 1990 che ha formalmente chiuso le ostilità, 45 anni dopo la capitolazione del Reich. Questo Trattato, il cui titolo ufficiale è “Trattato sullo stato finale della Germania“, è comunemente noto come il Trattato di Mosca. E’ chiamato anche “Trattato 2+4” o “Trattato 4+2” perché fu firmato e ratificato tra:
– i rappresentanti delle due Germanie dell’epoca (Germania occidentale denominata “Repubblica federale tedesca” o “RFT” e Germania orientale “Repubblica democratica tedesca “o” DDR”),
– i rappresentanti delle quattro potenze alleate della seconda guerra mondiale: Francia, Stati Uniti, Regno Unito e URSS.
La firma di questo trattato il 12 settembre 1990 a Mosca aprì la strada alla riunificazione tedesca.
Molto breve, questo trattato, che consiste in un preambolo e dieci articoli, stabilisce con precisione lo status internazionale della Germania unita nel cuore dell’Europa, con il tacito consenso di tutti i suoi vicini. Il trattato regola molti temi sugli affari esteri dei due stati tedeschi, come la demarcazione delle frontiere esterne, l’adesione alle alleanze e le forze militari. Con questo trattato, la Germania dovrebbe nuovamente assumere piena sovranità e diventare uno stato come qualsiasi altro.
Firma del “Trattato di Mosca” il 12 settembre 1990, che ripristina la “sovranità totale” della Germania.
Questo Trattato di Mosca, che consacra la riunificazione e ristabilisce in linea di principio la sovranità della Germania, contiene tuttavia alcune restrizioni molto importanti.
Pertanto, la Germania non è autorizzata a modificare i propri confini, neanche sulla base di un accordo con il paese di frontiera interessato.
Questo, a priori, può sembrare assurdo, ma non lo è, perché l’impegno è preso dalla Germania non nei confronti del paese di frontiera (che in linea di principio potrebbe liberarla da tale impegno), ma verso ciascuno dei quattro alleati, considerati individualmente. Così la Russia potrebbe opporsi a un’ipotetica modifica del confine, ad esempio, ceco-tedesco, anche se i due paesi interessati fossero d’accordo. Va da sé che ciò costituisce una restrizione di ciò che si intende comunemente con la parola “sovranità”.
Dal lato britannico, responsabile della redazione e della ratifica del Trattato di Mosca era Margaret Thatcher. La Thatcher, ancor più di Mitterrand, la sua controparte all’epoca, nutriva una vera diffidenza verso un ritorno della Germania nel consesso delle grandi potenze. Un articolo del Financial Times di inizio 2017 ha ricordato questo utile dettaglio, quasi dimenticato. La Thatcher, dice l’articolo, pensava anche di instaurare un’ “alleanza” con l’URSS all’esplicito scopo di contenere l’ascesa di una Germania riunificata, e motivava questa scelta facendo riferimento al periodo del 1941-1945 , quando Londra e Mosca erano alleati contro Berlino. Questo rende bene l’atmosfera.
Un’altra importante e ben nota restrizione si trova nell’articolo 3 del Trattato di Mosca, che pone un divieto permanente alla Germania di avere accesso alle armi nucleari.
Sulla base di questo articolo, la Germania non può né ricercare, né acquisire, né testare, né detenere o utilizzare qualsiasi arma atomica. E questo impegno, di nuovo, è assunto nei confronti di ciascuno dei quattro alleati, considerati individualmente.
Ciò significa che, se per qualche motivo la Germania decidesse di ignorare il trattato e di avviare un procedimento di accesso alle armi atomiche, la Russia – o anche qualsiasi altra delle tre potenze – sarebbe autorizzata di diritto a impedirlo con un’azione militare. Anche qui, si capisce che la sovranità della Germania non è stata restaurata in modo pieno.
Quali sono le posizioni dell’opinione pubblica russa e tedesca su questo argomento?
– La Russia ha, per ovvie ragioni storiche, un forte sentimento di paura verso la Germania. Né il sentimento popolare, né alcun governo russo, come un tempo il governo sovietico, sarebbero disposti a tollerare la minima violazione di questo divieto nucleare.
– La Germania ha, per gli stessi evidenti motivi storici, un forte senso di vergogna per il suo passato bellicoso. L’opinione pubblica tedesca è completamente a favore della rigorosa osservanza del divieto nucleare militare tedesco, ed è sempre stato così. Nessun governo tedesco o ex governo tedesco occidentale si è mai opposto pubblicamente a questa limitazione. C’era un certo sospetto che la Germania orientale tentasse di aggirare il divieto, ma probabilmente sono solo voci infondate.
E tuttavia, è preciso dovere di un governo prevedere ogni scenario. E i tedeschi sono persone metodiche e serie che usano prevedere tutto, anche l’improbabile. Quindi mi risulta difficile immaginare che i leader politici tedeschi non abbiano mai pensato a come rendere il loro paese una potenza atomica.
Cosa si intende per forza atomica?
Lo status di potenza nucleare non si ottiene semplicemente dal possesso di tre testate nucleari immagazzinate sotto un hangar. Comprende un notevole numero di altre cose.
Bisogna non solo avere le armi, ma avere la loro catena produttiva, sapere come mantenerla e proteggerla, averne testato l’efficacia, aver testato naturalmente le stesse armi, sapere ed essere in grado di tenerle al sicuro, avere una catena di comando rigorosa (in particolare per evitare di non essere in grado di utilizzarle, a seguito del tradimento o della morte di un solo uomo).
Devi avere persone addestrate per costruire siti, mantenerli, realizzare dei modelli dell’arma e dei suoi vettori in termini fisici e matematici, costruire i vettori, costruire l’arma in quanto tale, costruire e testare i dispositivi di trasmissione degli ordini in modo sicuro.
Si consideri, per esempio, tutta la logistica necessaria alla Francia per mantenere in permanenza la sua flotta di sottomarini nucleari lanciamissili balistici (SSBN) o lo sforzo scientifico richiesto per riuscire a simulare virtualmente gli effetti dell’esplosione – cosa fondamentale da quando i test nucleari sono vietati.
Ognuna delle cinque potenze nucleari ufficiali ha dovuto quindi sostenere un investimento enorme in tempo, persone e capitali, per decenni. È perciò totalmente irrealistico immaginare che un nuovo soggetto possa diventare una potenza nucleare dall’oggi al domani.
Se Charles de Gaulle non avesse voluto l’ingresso del suo paese nel ristretto club delle potenze nucleari, sarebbe molto difficile per la Francia raggiungere questo obiettivo oggi.
È per questo che in Francia sono poche le proposte che il paese rinunci a questo status; provengono da persone che sono più legate ad un ordine mondiale transnazionale che alla sovranità nazionale della Francia. Citerò per esempio la proposta fatta nel 2009 da MM. Juppé, Rocard, Norlain e Richard, oggi quasi dimenticata …
Pertanto, un possibile accesso del nostro vicino tedesco allo status di potenza nucleare sembra a priori un rischio lontano. Anche se, per ipotesi, la Germania pretendesse di eludere l’articolo 3 del Trattato di Mosca, il lavoro da intraprendere sarebbe talmente grande che i quattro alleati avrebbero molto tempo a disposizione per accorgersi della manovra e farla fallire.
Ma abbandoniamoci a un piccolo esercizio di paranoia. Dopo tutto, se io fossi tedesco, senza dubbio avrei già pensato ai modi per aggirare l’ostacolo.
È così impossibile?
Come ho evidenziato prima, diventare una potenza nucleare comporta l’acquisizione di diverse cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra.
Alcune sono immateriali (creare una rigorosa catena di comando, o addestrare ingegneri e scienziati); per loro stessa natura, queste cose possono essere fatte in maniera relativamente discreta.
Al contrario, il test nucleare iniziale è tutt’altro che discreto; e nel caso della Germania è proibito due volte: una volta a causa dell’articolo 3 del Trattato di Mosca, e l’altra a causa del divieto globale per i test nucleari.
Ma tra questi due estremi?
Tra questi due estremi c’è ad esempio l’acquisizione delle tecnologie necessarie per i missili intercontinentali, o la creazione di una catena di produzione – la realizzazione fisica e la convalida, vale a dire altri tipi di test – e le catene di produzione di altri dispositivi di lancio. Ad esempio, sottomarini.
Tutte queste azioni non possono essere fatte con assoluta discrezione, ovviamente, ma sono meno appariscenti del test di Mururoa del 24 agosto 1968.
Ora, da alcune notizie di attualità, nel corso degli ultimi semestri, risultano dei sintomi che tendono a confermare che potrebbe esserci un silenzioso interesse da parte della Germania a compiere questi passi verso l’accesso al nucleare. Parlerò solo di due di questi sintomi, pur essendo consapevole che possono spiegarsi in modo diverso – e che sono, infatti, spiegati in modo diverso. Ma in questo campo non si è mai troppo diffidenti …
Questi due esempi sono:
– l’ingresso della Germania in Airbus;
– e la vendita, o meglio il regalo, fatto dalla Germania a Israele di sommergibili del tipo denominato Dolphin.
Il silenzioso interesse della Germania per la bomba
In primo luogo, l’Airbus. Il gruppo Airbus è stato creato nel 2000 da parte degli Stati francese e spagnolo e due gruppi privati, uno francese e uno tedesco, sulla base della struttura omonima esistente dagli anni ’70. La scelta del nome, EADS, che non è né francese né spagnolo, né tedesco, testimonia la pretesa “volontà dell’Europa” riguardo al progetto. La quota dello Stato francese nella partecipazione al gruppo è passata dal 48% nel 1999 all’ … 11% nel 2015, mentre la quota dello Stato federale tedesco è dell’11% dal 2014.
Inoltre, il gruppo è anche costruttore di missili strategici della Force océanique stratégique (FOST) francese e, di conseguenza, titolare di alcune tecnologie molto avanzate, che riguardano il nucleare ma anche il settore spaziale. (L’aspetto spaziale è particolarmente legato al fatto che le testate di questi missili sono “rientranti”, cioè svolgono parte del viaggio nello spazio e devono rimanere funzionali dopo il rientro nell’atmosfera.)
Stiamo parlando di tecnologie molto avanzate, paragonabili solo alle loro controparti russe e americane. Totalmente fuori dalla portata dei “piccoli candidati” al nucleare come la Libia o la Corea del Nord, sono costate alla Francia un lavoro di diversi decenni.
La struttura di Airbus offrirebbe allo Stato tedesco un modo per recuperare queste tecniche, se decidesse in questo senso? La risposta è che è una questione di tempo.
Se la Germania ha davanti a sé un orizzonte di qualche anno, è impensabile che non ci riesca. Naturalmente, si suppone che la Germania non dovrebbe voler fare una cosa del genere, ma trovo questa garanzia piuttosto debole.
Diamo un’occhiata alla storia dei Dolphin.
Sono sottomarini di costruzione tedesca. Certamente c’è un mondo tra queste macchine e un SNLE francese. Ma resta il fatto che sono in grado di lanciare armi nucleari con un vettore di missili da crociera. Queste navi sono vendute allo Stato di Israele a tariffe molto vantaggiose, e i primi sono stati decisamente regalati.
Questa strana generosità ha suscitato delle domande.
Leggiamo sul sito irenees.net dell’associazione Modus Operandi, la seguente osservazione:
“Le vere ragioni non sono mai state espresse in maniera esplicita, ma come per voler ‘farsi perdonare’, la Germania si è semplicemente offerta di finanziare integralmente i primi due sottomarini (640 milioni di dollari) e di condividere le spese per il terzo.”
Farsi perdonare? Questa è una spiegazione comoda. Ma c’è una spiegazione meno innocua.
Come ho ricordato, l’accesso allo status di potenza nucleare comporta un notevole numero di passi, tra cui la costruzione, il funzionamento e la verifica delle linee di produzione tramite dei test. “Test”, l’ostacolo è questo. La Germania è stata in grado di creare la linea di produzione dei Dolphin, ma certamente non è in grado di verificare che il prodotto finito possa effettuare un lancio nucleare a causa dell’articolo 3 del Trattato di Mosca.
Tuttavia, può aggirare l’ostacolo facendo fare il test … alla marina israeliana.
Si comprende quindi che il vero pagamento di ciò che sarebbe, altrimenti, un puro e semplice regalo, potrebbe consistere in questo: la convalida del prodotto, che è essenziale e che era la più grande difficoltà. Nessuna forza nucleare è tale senza test e convalide, sia per i vettori e i dispositivi di lancio, che per le cariche nucleari stesse.
Del resto, questa operazione non è sfuggita alla vigilanza degli esperti, compresi i media russi, dal momento che Sputnik le ha dedicato una sezione speciale nel mese di aprile 2015, per rivelare ai suoi lettori che “Berlino fornirà a Israele un sottomarino a capacità nucleare “.
Ci sono motivi per credere che la direzione politica tedesca non abbia necessariamente rinunciato ad acquisire lo status nucleare, un giorno, nonostante le particolari difficoltà della Germania a perseguire un tale obiettivo.
Ma siccome questo obiettivo non è facile da raggiungere, vediamo se esiste un modo più intelligente. È qui che entra in gioco l’Europa.
La proposta “Kiesewetter”
Roderich Kiesewetter è un deputato tedesco (CDU), membro della commissione parlamentare per gli affari esteri del Bundestag, ed ex ufficiale di stato maggiore del Bundeswehr.
È anche membro, insieme a Andrew Duff, un altro individuo che ho già introdotto ai membri e ai sostenitori dell’UPR, del “European Coucil on Foreign Relations” (ECFR).
I due uomini hanno in comune una insolita specialità: sondano il terreno.
Questa attività consiste nel mettere delle idee sul tavolo, presentandole come proprie, senza coinvolgere personalità o istituzioni ufficiali, sia tedesche che europee (come Juncker o la Commissione Europea). L’obiettivo è vedere se queste idee non provocano particolari reazioni da parte degli altri politici, della stampa e dell’opinione pubblica, o se provocano al contrario una levata di scudi.
Ora, nel novembre 2016, Roderich Kiesewetter ha lanciato un’idea, presentandola come sua, in linea con il suo doppio incarico militare + Affari Esteri.
Questa idea è quella di utilizzare la costruzione europea per aggirare gli ostacoli che ho descritto sopra. Ed è un’idea brillante. Invece di preoccuparsi di avanzare subdolamente verso lo status nucleare, acquisirlo di diritto; in quanto il divieto riguarda la Germania, è possibile acquisirlo non come Germania ma come membro dell’Unione Europea.
L’idea è nata già da un po’ di tempo, e si conforma a una tendenza attuale dello spirito tedesco, che è quella di presentarsi come un bravo membro del mondo occidentale e democratico, piuttosto che un cattivo tedesco capace delle idee più abominevoli. (Per inciso, mi spiego così l’improbabile propensione dei nostri amici tedeschi per la lingua inglese: questione di immagine, soprattutto nei confronti degli altri occidentali.)
Questo pretesto avrebbe potuto essere la Crimea. Avrebbe potuto essere l’«ascesa del populismo». Non avrebbe potuto essere la Brexit, che ha l’effetto di portare fuori dalla UE un paese nucleare, lasciandolo nella NATO. Alla fine, sarà l’elezione di Trump.
La giustificazione è perfetta in relazione alle circostanze:
– l’atteggiamento trasgressivo e la vaghezza di Trump sugli impegni di Washington nella NATO;
– il rischio di perdere l’”ombrello nucleare” americano, agitato nei media euro-atlantici;
– la “minaccia” di una Russia sospettata delle peggiori intenzioni da parte di questi medesimi media.
Sicuramente, l’opportunità di sondare il terreno è perfetta. Se ne prende atto.
Reuters ha quindi presentato l’idea di “Kiesewetter” in una notizia del 16 novembre 2016. Se chi mi legge tiene a mente quanto appena detto, ogni riga del messaggio (in inglese) dovrebbe apparire chiara e trasparente.
Naturalmente, la proposta è accompagnata dalla riaffermazione che “la Germania stessa” non deve diventare una potenza nucleare. Tuttavia questa frase fa parte della retorica obbligatoria. Diamo un’occhiata più da vicino al contenuto concreto della proposta.
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