Da Hiroshima al futuro
– Report e link ai video
– Disponibili gli Atti del convegno
– Testo dell'intervento di S. Angeleri per Jugocoord Onlus
– Sintesi dell'intervento di S. Cararo per PaP
Venerdì 9 agosto, a 74 anni dal bombardamento atomico, si rinnova l’appuntamento per dire no alle armi. In campo anche i Fridays for Future
“Ricordiamo che il 7 luglio 2017 è stato lanciato il Trattato Onu di Proibizione delle armi nucleari, ma la realtà politica e sociale dei vari Governi e Stati è preoccupata d’altro. Le armi (specialmente quelle nucleari) sono state sempre avvolte da segreti militari: le decisioni al riguardo sono lontane dalla nostra volontà e dalla nostra portata. Venerdì 9 alle 10 ci ritroveremo perciò davanti alla base statunitense, per ricordare questo terribile evento. Oltre a vari interventi, musica e canti, un’installazione dell’artista Guerrino Dirindin rammenterà con un totem il potere dell’uomo di portare vita ma anche morte e distruzione”.
Oltre alle adesioni di Beati i costruttori di Pace, Centro Balducci, Emergency, Anpi e Bilanci di Giustizia, quest’anno si segnala anche quella del comitato Friday For Future di Pordenone. “Un aspetto che viene spesso sottovalutato quando si affronta la tematica delle armi e, in particolare, le implicazioni che esse hanno nella società umana, è l’impatto sull’ambiente e sulla biodiversità”, spiegano i giovani attivisti. “Ingenti finanziamenti alle forze militari, che si sommano a quelli per i combustibili fossili, contribuiscono a deturpare il suolo, l’aria e le falde acquifere, con conseguenze e ripercussioni sulla vita e sulla salute umana. E se spesso i disastri ambientali sono l’effetto collaterale di operazioni ed esercitazioni militari. Succede anche, come testimoniano alcuni conflitti del passato, come la Guerra del Golfo, che danneggiare gli ecosistemi fa parte del piano di azione. E’ quindi necessario intervenire non solo per gli esseri viventi oggi, ma anche per tutti quelli di domani, che rischiano sempre più di trovarsi in un pianeta ferito e debole”.
Alla notizia è stato dato in Italia scarsissimo rilievo politico e mediatico (l’Ansale ha dedicato poche righe). Eppure siamo di fronte a una decisione che ha drammatiche implicazioni per l’Italia, con altri paesi europei a fare da prima linea in un nuovo confronto nucleare Usa-Russia non meno pericoloso di quello della guerra fredda.
Il Trattato Inf, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, eliminò tutti i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5.500 km) con base a terra, anzitutto i missili balistici Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania occidentale, e quelli da crociera lanciati da terra, schierati dagli Stati uniti in Gran Bretagna, Italia, Germania occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione sovietica sul proprio territorio.
Nel 2014 l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che «di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra».
Il piano è stato confermato dall’amministrazione Trump: nel 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di «un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada».
Da parte sua, Mosca negava che il suo missile da crociera violasse il Trattato e a sua volta accusava Washington di aver installato in Polonia e Romania rampe di lancio di missili intercettori (quelli dello «scudo»), che possono essere usate per lanciare missili da crociera a testata nucleare.
In tale quadro va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile nucleare Usa a raggio intermedio schierato in Europa può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington. Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse missili nucleari a raggio intermedio in Messico.
«Gli Stati uniti – sottolinea Pompeo nella dichiarazione – apprezzano grandemente la costante cooperazione e risolutezza degli alleati Nato nel rispondere alla violazione russa del Trattato». Apprezzamento meritato: gli alleati, Italia compresa, hanno dichiarato la Russia colpevole di aver violato il Trattato, accettando a scatola chiusa l’accusa fatta dagli Usa senza alcuna prova reale.
La cancellazione del Trattato Inf, sospeso anche dalla Russia il 3 luglio, si inserisce in una nuova corsa agli armamenti ormai basata non tanto sulla quantità ma sulla qualità delle armi nucleari e dei loro vettori e sulla loro dislocazione.
Fonti militari informano che gli Stati uniti stanno mettendo a punto nuovi missili nucleari a raggio intermedio con base a terra, sia da crociera che balistici (questi capaci di colpire gli obiettivi in 6-11 minuti dal lancio). La Russia ha avvertito che, se verranno schierati in Europa, punterà i suoi missili nucleari sui territori in cui saranno installati.
L’affossamento del Trattato Inf ha un ulteriore scopo strategico. Lo ha rivelato lo stesso Pompeo, accusando la Cina di schierare (sul proprio territorio) missili nucleari a raggio intermedio con base a terra con i quali «minaccia gli Stati uniti e i loro alleati in Asia».
Il segretario di Stato avverte quindi: «Non c’è ragione che gli Stati uniti continuino a concedere questo cruciale vantaggio militare a potenze come la Cina». Gli Usa dunque si preparano a schierare nuovi missili nucleari a raggio intermedio non solo contro la Russia ma anche contro la Cina. Ambedue in grado di rispondere schierando nuove armi nucleari.
Significativa la posizione della Commissione europea, che ieri ha dichiarato: «Incoraggiamo a preservare i risultati del Trattato Inf, dobbiamo stare attenti a non imboccare la strada di una nuova corsa agli armamenti che ridurrebbe i risultati significativi raggiunti dopo la fine della Guerra fredda».
Ci vuole una bella faccia tosta per dichiarare questo, dopo che la stessa Ue ha contribuito all’affossamento del Trattato Inf: all’Assemblea generale Onu (21 dicembre 2018), l’Unione europea compatta ha bocciato la risoluzione con cui la Russia proponeva di preservare il Trattato stabilendo meccanismi di verifica e negoziati. L’Ue ha dato così di fatto luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa.
Sono passati solo tre giorni e già gli Stati Uniti annunciano di voler dispiegare nuovi missili in Asia, in tempi rapidi, preferibilmente entro i prossimi mesi. A renderlo noto è il nuovo capo del Pentagono, Mark Esper, spiegando che l’obiettivo è quello di contrastare l’ascesa della Cina nella regione. Interpellato sulla possibilità di un dispiegamento Usa di nuove armi convenzionali a medio raggio in Asia, il segretario alla Difesa ha risposto: “Sì, mi piacerebbe farlo”. Il possesso e dispiegamento di armi convenzionali a medio raggio non è più vincolato al rispetto del Trattato Inf sul controllo dei missili, ufficialmente scaduto il 2 agosto.
Tre giorni fa è infatti scaduto il Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) che per tre decenni era stato punto centrale degli accordi per la sicurezza globale. L’accordo era stato firmato nel 1987 dall’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e dal leader sovietico Mikhail Gorbaciov, dopo uno storico vertice a Reykjavik. La firma del trattato aveva portato alla rimozione di 2.600 testate americane e sovietiche e di missili balistici convenzionali con raggio d’azione tra i 500 e i 5.500 chilometri.
Già a febbraio era stata annunciata la decisione della Amministrazione Trump di denunciare il trattato Inf accusando la Russia di averlo violato e con controaccuse russe.
Il segretario della Nato Stoltenberg, tre giorni fa aveva comunicato su twitter una informazione pesante come un macigno e che riporta in Europa lo spettro dell’installazione di nuovi missili Usa così come avvenuto dopo la direttiva n.67 del 1979, in piena guerra fredda, firmata dal presidente Usa Carter, da quello francese Giscard D’Estaing e dal cancelliere tedesco Schmidt. “Oggi, il Trattato Inf cessa di esistere. La Russia è la sola responsabile della fine del Trattato. La Nato risponderà con misura e responsabilità e continuerà a garantire in modo credibile deterrenza e difesa credibili”, aveva twittato il segretario generale della Nato.
La Russia ha lasciato aperto uno spiraglio per una possibile moratoria sul dispiegamento di nuovi armamenti nucleari sul fronte europeo: “Abbiamo proposto agli Usa e ad altri Paesi Nato di valutare la possibilità di dichiarare lo stesso tipo di moratoria sul dispiegamento dei missili di raggio breve e intermedio, come quella annunciata da Vladimir Putin”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Sergey Ryabkov. Il riferimento era ad una proposta di Mosca sulla possibilità di astenersi, sia da parte russa, sia da parte statunitense, dal dispiegamento di missili in regioni di particolare rilievo per entrambe le parti. Putin, ha ricordato il viceministro, ha detto che “se gli Stati Uniti non dispiegheranno assetti in certe regioni, allora la Russia si asterrà da analoghe iniziative”.
Il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato Inf potrebbe rilanciare la corsa agli armamenti, ma permetterà anche a Washington di ammodernare il proprio arsenale nucleare, obbiettivo apertamente annunciato pubblicamente dal Pentagono da oltre un anno. In particolare gli Usa intendono dotarsi di due nuovi armi: un missile nucleare a bassa potenza lanciabile da un sottomarino (categoria che non rientra nei vincoli del trattato) e un nuovo missile da crociera che invece violerebbe l’accordo, ma – sostiene il Pentagono – solo in caso di effettivo dispiegamento, mentre la ricerca e sviluppo non sarebbero invece proibiti Si tratterebbe della risposta al missile russo 9M729, la cui portata massima è per Mosca di soli 490 chilometri – dunque al di sotto dei limiti del trattato, che riguarda la categoria “intermedia” a partire dai 500 chilometri – ma che secondo il Pentagono è già stato testato a distanze ben superiori.
Occorre sapere però che anche il Trattato INF disdetto, avvantaggiava gli Stati Uniti, perché escludeva dallo smantellamento tutti i missili e le bombe nucleari trasportate dai bombardieri o dai sottomarini, categorie in cui le forze armate statunitensi sono superiori alla Russia. La differenza dai precedenti trattati Salt I e Salt II, che avevano di fatto congelato gli arsenali di missili balistici delle due superpotenze, l’Inf prevedeva per la prima volta l’effettiva distruzione di missili e testate. Inoltre, il trattato prevedeva la possibilità di reciproche ispezioni per la verifica della distruzione delle testate: ben 2.291 missili entro il 1991, quasi tutti quelli di media gittata (fra 500 e 5.500 chilometri) e il 4% del totale degli arsenali nucleari.
L’Inf mise di fatto fine alla corsa agli armamenti avviata negli anni ’80 dagli Usa. In diversi paesi europei aderenti alla Nato vennero installato i missili Cruise e Pershing IA e II, chiamati in gergo gli “Euromissili”.
La decisione della Nato avviata con la direttiva n.67 nel dicembre del 1979 e dispiegata nei primi anni ‘80 portò a un’ondata di manifestazioni pacifiste in tutta Europa. Anche se la prima vera manifestazione nazionale in Italia è databile solo nel 1981, anche allora per lungo tempo fu sottovalutata la portata dello scontro che si andava delineando.
In Italia la base militare in cui vennero installati gli euromissili fu quella di Comiso in Sicilia, dove tra il 1983 e il 1984 si svolsero manifestazioni e blocchi dei lavori alla base, anche con durissimi scontri tra antimilitaristi e polizia. Per mesi a ridosso della base militare sorse l’Imac (International Meeting Against Cruise) un campeggio da cui partivano le azioni di protesta.
Lo scontro politico sull’installazione dei missili fu durissimo con i partiti filo Nato che sostenevano l’installazione e le forze che vi si opponevano (Pci, Dp, settori del Psi e del mondi cattolico, movimenti antagonisti).
Ma sulle coordinate politiche della mobilitazione pesò non poco la decisione dell’allora Pci di accettare l’alleanza Nato come ombrello dentro cui sviluppare il proprio progetto. La discussione dentro il movimento per la pace fu in molti momenti aspra e, giustamente, divaricante. I missili installati a Comiso furono smantellati proprio a partire dal 1987 sulla base del Trattato Inf firmato a Reykiavik da Usa e Urss.
Gli anniversari del primo impiego dell’arma atomica a Hiroshima il 6 agosto del 1945 rischiano di cadere nell’oblio. I sopravvissuti alla tragedia (hibakusha) si contano ormai sulle dita delle mani e il clima internazionale attuale è meno propizio a siffatte commemorazioni.. Quella che ebbe luogo nel 2015 per marcare il 70mo anniversario fu deludente e passò quasi inosservata. Maggiore eco ebbe l’anno successivo la storica visita del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama nella città giapponese, la prima di un presidente americano, e il discorso magistrale che egli pronunciò in tale occasione. È poco probabile che il suo successore segua il suo esempio..
Furono oltre 100mila le vittime che persero la vita a Hiroshima e molti di più i feriti, gli ustionati e gli esposti alle radiazioni che perirono successivamente. Tre giorni dopo, il 9 agosto, analoga sorte toccò ai cittadini di Nagasaki. Il numero delle vittime fu allora inferiore (circa 80mila) benché l’ordigno fosse più potente: le colline della la città fecero da scudo. Il simbolismo nei due casi può essere intrepretato diversamente: con Hiroshima si ricorda il primo impiego dell’arma atomica, con Nagasaki se ne può evocare l’ultimo impiego. Non sono mancate tuttavia da allora le occasioni in cui l’umanità si è trovata sull’orlo della catastrofe nucleare. Se Hiroshima viene ancora oggi da alcuni giustificata per aver accelerato la capitolazione del Giappone evitando ulteriori massacri, è assai più difficile trovare analoghe giustificazioni per il successivo annientamento di Nagasaki.
Le vittime dell’arma nucleare sono state nella stragrande maggioranza giapponesi ma occorrerebbe aggiungere alla lista gli stranieri soprattutto coreani che si trovavano nelle due città e tutti coloro che nei decenni successivi persero la vita o patirono grandi sofferenze a seguito delle oltre 2000 esplosioni atomiche sperimentali, molte delle quali effettuate nell’atmosfera.
Il rischio di un impiego dell’arma nucleare, lungi dall’attenuarsi, si sta accrescendo. L’“orologio dell’apocalisse” istituito dagli scienziati del Bulletin of Atomic Scientists di Chicago segna oggi una distanza dall’apocalisse analoga a quella dei momenti più tesi della guerra fredda. Tutti i paesi nucleari stanno ammodernando i propri arsenali atomici per renderli più efficienti e più facilmente utilizzabili e si vanno diffondendo le tecnologie per intercettarle e quelle per sfuggire alle intercettazioni: si ritorna insomma alla spirale del riarmo che portò negli anni ottanta allo schieramento di 60.000 testate atomiche, una cifra da capogiro se si pensa che ne basta qualche centinaio per rendere invivibile il nostro pianeta.
Ancora più preoccupante è il fatto che anziché progredire sulla via della stabilità strategica si stanno facendo passi indietro. Coincide proprio con l’anniversario di Hiroshima di quest’anno la formalizzazione definitiva del ritiro degli Stati Uniti dal Trattato INF sulla proibizione delle armi nucleari a raggio intermedio che aveva assicurato 30 anni di stabilità all’Europa. Inoltre Washington “non ha ancora deciso” se una proroga del il trattato con la Russia sulle armi nucleari di lunga gittata, il Nuovo Start, risponda ai propri interessi, mentre non ha esitato a violare l’intesa sul nucleare iranianodel 2015 che allontanava il rischio di un avvicinamento di Teheran all’arma nucleare. La Russia, anch’essa poco propensa ai a vincoli dell’arms control, ha giuoco facile nell’approfittare dei varchi offerti dagli americani per sottrarsi agli impegni presi.
Le lobby che promuovono il controllo e la riduzione degli armamenti non dispongono delle risorse molto superiori di cui si avvalgono le lobby delle armi, e non riescono ad attirare l’interesse del mondo politico. Ciò accade in Italia dove non vi è alcun riferimento al controllo degli armamenti nel ”Contratto di Governo” dell’attuale maggioranza al potere. I nostri parlamentari hanno ignorato recenti le iniziative dell‘ associazione internazionale Parlamentarians for Nuclear Non Proliferation and Disarmament e i sindaci trascurato iniziative analoghe dell’associazione Mayors for Peace guidata dal Sindaco di Hiroshima. Ancora oggi nessuna norma internazionale proibisce espressamentel’impiego dell’arma nucleare contro le città. Le autoproclamazioni da parte di alcuni nostri comuni come “municipi denuclearizzati” lasciano il tempo che trovano.
L’Europa cerca di fare il possibile. Essa si è dotata di una meritevole strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa che risale al 2003 e che meriterebbe di essere aggiornata. Ma sulla riduzione degli controllo degli armamenti nucleari non si riesce a giungere a intese consensuali. Mai l’UE fu più divisa che in occasione della negoziazione, due anni orsono, di un Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Nel 2010 venne costituito un Consorzio Europeo di Think Tank dedicato alla non proliferazione. Solo di recente è stato aggiunto il disarmo tra i compiti di tale Consorzio. Un passo nella giusta direzione che si aggiunge a quanto gli istituti di ricerca, gli scienziati, e in genere la società civile cercano di fare in Europa per ravvivare la coscienza di questi problemi. L’educazione al disarmo nelle scuole, università, accademie militari e diplomatiche costituisce un obiettivo perseguito, almeno sulla carta, non solo dalle Nazioni Unite ma anche da singoli Stati.
Un ruolo particolare spetta alle autorità religiose. In questo campo le chiese cristiane e in particolare quella cattolica hanno un ruolo trainante. Nel 2017 si tenne a Roma, presso il Vaticano, una grande conferenza internazionale dedicata alle prospettive per un mondo privo di armi nucleari cui parteciparono esponenti di varie confessioni. Non tutte si trovarono in prima linea, come la Santa Sede, a favore del disarmo. Risulta essere in programma una prossima visita del Santo Padre in Giappone. Essendosi schierato nettamente a favore del disarmo, egli vorrà sicuramente effettuare una visita alle città martiri e lanciare un forte messaggio a favore del disarmo nucleare.
Hiroshima e Nagasaki devono rimanere, analogamente ai campi di sterminio nazisti, una meta per le scolaresche di tutto il mondo e in genere per civili e militari. Non si tratta di viaggi turistici ma di visite volte a mantenere viva la memoria, la conoscenza e la coscienza di quanto avvenne in passato e di quanto rischia ancora di avvenire in futuro.
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