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PER LE VITTIME CIVILI E MILITARI DELL'URANIO DEPLETO (U238)
 
0) LINKS E BREVI
L'inchiesta del Fatto Quotidiano (Giugno 2020) ed altri collegamenti
 
1) L’URANIO CONTRO I CIVILI (G. Piccin / Il Manifesto, 29.8..2020)
Un avvocato italiano e il suo collega serbo insieme nel difendere le vittime civili e militari dell’uranio impoverito
 
2) TWO INTERNATIONAL SYMPOSIA IN NIŠ, SERBIA: »Consequences of the bombing of the FR Yugoslavia with depleted uranium in 1999«
– Schleichender Genozid (B. Hug / Rubikon, 13. Juli 2019)
... Vom 17. bis zum 19. Juni 2019 fand in der Universität Niš, Niš/Südserbien, das 2. Internationale Symposium zum Thema Uran 238 — Konsequenzen der Bombardierung von Jugoslawien mit abgereichertem Uran im Jahr 1999 statt ...
– Das lange Schweigen. Eindrücke von einem Symposium im serbischen Nis gegen den Einsatz von Uranmunition (G. Schumann / junge Welt vom 03.07.2019)
– 2e Symposium international de Niš du 17 au 19 juin 2019 (B. Hug / Horizons et débats, juillet 2019)
– Premier symposium international à Niš, Serbie du Sud, juin 2018 (B. Hug et N.P. Ammitzboell / Horizons et débats, mars 2019)
 
3) DU BOMBINGS BY NATO HAVE CAUSED CANCER – NOW ALSO CONFIRMED BY COURT IN FRANCE (Current Concerns, June 2020)
 
4) MORTI DA URANIO IMPOVERITO, GUERRA SPORCA E MENZOGNE DA VERGOGNA (E. Remondino, Giugno 2019)
 
5) ABOUT FRIEDER WAGNER'S DOCUMENTARY FILMS AND BOOK
About Frieder Wagner's Documentary Films ‹Deadly Dust – Todesstaub› (2007) and ‹Der Arzt und die verstrahlten Kinder von Basra› (“The Doctor, the Depleted Uranium and the Dying Children” (2003) and Book "Todesstaub – made in USA, Uranmunition verseucht die Welt" (2019)
– Uranmunition: Der Verschwiegene Millionen-Mord Muss Ans Licht! (C. Müller, 09. Mär 2019)
 
 
=== 0: LINKS E BREVI ===
 
--- L'INCHIESTA DEL FATTO QUOTIDIANO:
 
“Scaricabarile sull’uranio e pressioni su chi parla” (di Alessandro Mantovani | 27 GIUGNO 2020)
Il colonnello Filomeni - Responsabile della sicurezza nel 2018 in Iraq, conferma la denuncia del suo comandante: “Impossibile valutare i rischi per i militari”...
 
Militari morti per uranio impoverito, colonnello: “In Iraq situazione sconcertante. No prevenzione e tutela della salute, gestione da dilettanti” (di Alessandro Mantovani e Alberto Sofia, 27 GIUGNO 2020)
Fabio Filomeni, tenente colonnello dei corpi speciali dell’Esercito ora in pensione, è l’uomo chiave della vicenda denunciata dal generale Roberto Vannaccidopo il suo periodo di comando della missione italiana in Iraq tra il settembre 2017 e l’agosto 2018. Nominato datore di lavoro, quindi responsabile della tutela della salute del contingente, il generale ha riferito ai magistrati ordinari e militari di Roma che non gli è stato possibile valutare i rischi connessi all’uranio impoverito e agli altri agenti inquinanti presenti nel teatro iracheno. Filomeni era il Responsabile della prevenzione e della protezione (Rspp).
L’Osservatorio militare conta oltre 7600 malati e 375 morti di patologie che si ritengono collegate all’uso dell’uranio impoverito tra i militari italiani che hanno operato all’estero dagli anni Novanta a oggi. La Difesa ha già subito oltre 150 condanne a pagare risarcimenti e indennità ma tuttora resiste a tutte le istanze dei militari e dei loro familiari.
 
Militari italiani morti per l’uranio impoverito, la testimonianza di un ex senatore: ‘Ho denunciato, il Pd mi ha escluso’ (Sono le Venti /Nove, 20 GIUGNO 2020)
“Sono stato accusato di essere anti-militarista per aver speso almeno due anni lavorando a difesa della salute dei militari”. Così Giampiero Scanu, ex presidente della commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito e sulle malattie dei soldati impiegati in missioni e sulle resistenze delle forze armate, a Sono le Venti, il programma di Peter Gomez in onda sul Nove. Secondo Scanu, non ricandidato dopo il lavoro fatto in Commissione, “in questa legislatura si sta insabbiando tutto”. “Chi ha fatto le liste – spiega – è stato Renzi. Certo è che i miei rapporti con il partito si sono ridotti allo zero”. Ecco la terza parte dell’inchiesta di Sono le Venti (Nove).
 
Militari italiani morti per l’uranio impoverito, generale denuncia: “Omissioni nella tutela della salute”. Il servizio di Sono le Venti (Nove, 18 GIUGNO 2020)
Per l’Osservatorio militare sono morti 372 militari. E altri 7693 si sono ammalati. Tutti a causa dell’uranio impoverito. Ora, però, come rivelato a Sono le Venti (in onda sul Nove dal lunedì al venerdì dalle 19.53) è un generale in carica, Roberto Vannacci, denuncia le omissioni all’interno dell’esercito...
 
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Déclaré «Mort pour la France», ce gendarme relance la polémique des bombardements de l’Otan à l’uranium appauvri (08.06.2020 – Par Fabien Buzzanca)
Le capitaine de gendarmerie Henri Friconneau, décédé des suites d’une exposition à l’uranium appauvri au Kosovo en 2000, vient d’être déclaré «Mort pour la France». Auparavant, la justice française avait donné raison à sa veuve contre l’Armée. L’occasion de remettre en lumière ce scandale qui a probablement coûté la vie à de nombreuses personnes...
 
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L’uranium appauvri existe — quand il tue les occupants! 
Ceux qui, à l’époque, dénonçaient l’empoisonnement massif des populations des Balkans à l’uranium appauvri étaient traités de conspirationnistes. Or aujourd’hui, même la justice française le reconnaît. Le cancer d’un gendarme français, envoyé au Kosovo après les bombardements de l’Otan, a été attribué à la radioactivité de l’uranium appauvri de missiles des forces de l’OTAN utilisés contre les Serbes en 1999. 
L’ironie de ce crime de guerre et contre l’environnement, c’est qu’il aff ecte avant tout les populations que l’OTAN, en 1999, a pré- tendu défendre. L’épuration ethnique qui s’en est suivie à l’encontre des Serbes, Roms et autres minorités a au moins ceci de bon qu’elle les préserve de l’empoisonnement. Pendant ce temps, les Kosovars continuent d’ériger des statues à M. Clinton et Mme Albright...
Antipresse | 1 novembre 2019 https://log.antipresse.net/kosovo-uranium/ 
(Source: Alerte OTAN! Bulletin trimestriel du Comité de Surveillance OTAN, N°75 - 4eme trimestre 2019 
www.csotan.org - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
 
 
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L’uranio contro i civili

Storie. Un avvocato italiano e il suo collega serbo insieme nel difendere le vittime civili e militari dell’uranio impoverito utilizzato alla fine degli anni ’90 dalla Nato nell’ex Jugoslavia
 
di Gregorio Piccin 
su Il Manifesto del 29.08.2020
 

La responsabilità istituzionale per le «vittime interne» dell’uranio impoverito impiegato nelle «guerre umanitarie» della Nato nell’ex Jugoslavia è stata dimostrata inequivocabilmente dalla relazione finale della IV Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Gianpiero Scanu e dalle 170 cause di servizio risarcitorie e indennitarie a favore di altrettanti ex militari strappate nei tribunali al ministero della Difesa dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia. Per le responsabilità individuali delle alte cariche istituzionali dovremo invece attendere gli esiti delle indagini aperte dalla procura della Repubblica di Roma e dalla procura Militare grazie ad un esposto depositato recentemente dal generale Roberto Vannacci e supportato dalle dichiarazioni del colonnello Fabio Filomeni.

MA QUELLA che si prospetta come una spallata definitiva al muro di gomma (nazionale ed internazionale) sull’affaire uranio impoverito è la inedita saldatura tra le vittime militari dei Paesi che parteciparono all’aggressione e quelle civili dei Paesi aggrediti.

GLI INCONTRI alla base di questa iniziativa epocale si svolgono da oltre un anno, con molta discrezione, nello studio romano di Angelo Tartaglia. L’eco dei ripetuti successi dell’avvocato italiano, che non pochi grattacapi ha procurato e sta procurando al ministero della Difesa, hanno raggiunto il suo collega serbo Srdjan Aleksic il quale, accompagnato da Domenico Leggiero dell’Osservatorio militare, ha voluto assolutamente incontrarlo.

OGGI SONO PRONTI a rendere pubblica, in esclusiva per il manifesto, la loro strategia che punta ad ottenere verità e giustizia ai massimi livelli. «Ho incontrato il mio collega Srdjan Aleksic per la prima volta presso il mio studio», spiega Tartaglia. «Mi raccontò di aver perso la madre a causa dell’uranio impoverito. È uno dei più autorevoli avvocati dei Balcani e si è subito creato fra di noi una grande intesa professionale ed umana. È arrivato il tempo di affrontare questa tematica che in Italia ha colpito e continua a colpire i nostri militari reduci da queste aree contaminate, ad un livello più alto. Affrontare la questione nei tribunali in Serbia significa entrare nel cuore giuridico del problema. Non risparmierò le mie energie, dedicherò tutto me stesso e con me il mio collega finché non avremmo raggiunto lo scopo di tutelare tutti.. Mai più un danno così enorme alle persone inermi ed al territorio….».

ALEKSIC è infatti molto noto in Serbia: da anni organizza presso l’università di giurisprudenza di Niš simposi internazionali sull’uranio impoverito coinvolgendo massimi esperti da Russia, Giappone, Francia, Belgio, Germania e Cina.
«Il problema delle conseguenze dei bombardamenti è stata la mia ossessione per parecchi anni» spiega Aleksic – «Non solo per la tragedia che ha colpito la mia famiglia ma anche per i contatti personali quotidiani con i miei concittadini e con le persone del sud di Serbia. Il carcinoma ed altre malattie gravi con aumento di mortalità hanno segnato gli anni dopo l’aggressione criminale della Nato. Anzi, queste malattie sono diventate sinonimo dell’aggressione stessa. Grazie all’esperienza accumulata dal mio collega Tartaglia, faremo partire in autunno a Niš, Kragujevac, Belgrado, Vranje e Novi Sad altrettante cause risarcitorie. Si tratta di cause a favore dei malati di carcinoma, con incontestabili prove mediche che la malattia e’ provocata dall’uranio impoverito sparso durante i bombardamenti della Nato».

OLTRE alla sua esperienza l’avvocato Tartaglia ha messo a disposizione le perizie di istituzioni di riferimento che in Serbia non esistono come la Clinica Universitaria La Sapienza di Roma, l’Istituto di nanotecnologia di Milano e il Politecnico di Torino. «E comunque le cinque cause saranno solo il primo passo», continua Aleksic. «Nel mio ufficio adesso ho più di duemila casi di persone malate che in quel periodo lavoravano in Kosovo e Metohija. Dobbiamo radunare tutti i malati di carcinoma e altre malattie causate dall’uranio perché ogni singolo caso possa essere giustamente risarcito. Ciò vale anche per le famiglie dei morti che possiedono documentazione medica adeguata con prova della causa di morte. Verificheremo ogni singolo caso presso l’Istituto di nanotecnologia in Italia, presenteremo ogni singolo caso nei tribunali in Serbia e tramite le migliaia di cartelle cliniche chiederemo all’Onu di inviare ispettori indipendenti per fare verifiche sulla contaminazione dei territori a distanza di 21 anni dai bombardamenti. Poi ci rivolgeremo alla Corte dei diritti dell’uomo a Strasburgo e informeremo il Parlamento europeo. Il nostro obiettivo è che in tali processi siano chiamati in causa anche i Paesi che hanno partecipato direttamente o indirettamente ai bombardamenti Nato del 1999 anche mettendo a disposizione le loro basi. Questi Paesi, per la quasi totalità europei, dovranno farsi carico della bonifica totale dell’uranio impoverito presente sui nostri territori”.

Mentre la relazione finale della IV Commissione parlamentare d’inchiesta è stata depositata dallo stesso Scanu presso la presidenza del Parlamento europeo, l’internazionalismo giuridico che gli avvocati Tartaglia ed Aleksic stanno mettendo in campo varca i confini del legittimo risarcimento per le vittime militari e civili di questo maledetto metallo pesante ed assume chiari contorni politici: ristabilire finalmente quel diritto internazionale ed umanitario espropriato e fatto a pezzi dalla Nato.

 
 
=== 2: TWO INTERNATIONAL SYMPOSIA IN NIŠ, SERBIA ===
 
 
Samstag, 13. Juli 2019
 
Schleichender Genozid
An den Wirkungen von abgereichertem Uran, das bei der Bombardierung Ex-Jugoslawiens 1999 verwendet wurde, sterben die Menschen dort noch heute. 

von Barbara Hug 
 
Der Krieg ist vorbei, und sein völkerrechtswidriger Charakter kann heutzutage nicht mehr bestritten werden. Die öffentliche Aufmerksamkeit wandert weiter zu den nächsten Kriegsschauplätzen, auf denen meist ebenfalls NATO-Staaten aktiv sind. Während die Kampfhandlungen in Jugoslawien jedoch aus dem kollektiven Gedächtnis verschwinden, sind die Folgen des Krieges für viele Menschen vor Ort grausige Gegenwart. Die Krebsrate in Serbien und im Kosovo ist in Folge der dort eingesetzten Uranmunition extrem angestiegen. Eine Warnung auch im Hinblick auf künftige Kriegshandlungen, die es zu verhindern gilt.
Vom 17. bis zum 19. Juni 2019 fand in der Universität Niš, Niš/Südserbien, das 2.. Internationale Symposium zum Thema Uran 238 — Konsequenzen der Bombardierung von Jugoslawien mit abgereichertem Uran im Jahr 1999 statt.. Veranstalter waren das Anwaltsbüro Srdjan Aleksić, Niš, der Verein für den Schutz kritischer Infrastruktur, Belgrad, sowie die Orthodoxe Akademie für Wissenschaft, Kunst, Handwerk und Innovation von Serbien.

Der Krieg gegen Jugoslawien ist 20 Jahre vorbei. Inzwischen hat sich die NATO an den Grenzen Serbiens eingerichtet, siegesgewiss, und inzwischen steht die deutsche Regierung dem Aufbau einer zweiten UCK wieder beratend und finanziell zur Seite. Warum der Blick in die Vergangenheit?

Weil die stets steigende Krebsrate in Serbien und im Kosovo horrende Ausmaße annimmt und die NATO-Staaten noch genauso kriegslüstern agieren wie zuvor. 

Die NATO öffnete 1999 ihr Waffenarsenal über Jugoslawien, um der Welt zu zeigen, wie „gut“ ihre Kriegsmaschine läuft. Später „durften“ auch der Irak und Afghanistan den „Segen“ radioaktiver und chemisch-toxischer Uranmunition erfahren. 

Schon 2001 wies der Spiegeljournalist Siegesmund von Ilsemann darauf hin, dass amerikanische Forscher das Risiko von abgereichertem Uran, depleted uranium, DU, durch den vom Boden aufgewirbelten Staub kannten. Oberstleutnant Ziehmn vom US-Atomwaffenzentrum Los Alamos warnte 1991 in einem Brief: 

„Es gab und es gibt weiterhin Bedenken hinsichtlich der Auswirkungen von abgereichertem Uran auf die Umwelt. Daher besteht die Gefahr, dass DU-Munition politisch als nicht mehr hinnehmbar erscheinen könnte.“

Nicht gerne wird zugegeben, welche den 1999-Krieg lange überdauernden Kriegsschäden die Kriegsallianz hinterlassen hat. Das Thema Uranmunition blieb tabu, die Bevölkerung Serbiens und des Kosovo schwieg lange, musste jedoch die massiv und schnell auftretenden Fälle von bösartigen Tumoren und Leukämien in den Familien realisieren. Sich heute darüber hinwegzutäuschen ist nicht mehr möglich. 

Während die NATO und ihre Think Tanks noch immer versuchen, die Problematik unter den Tisch zu kehren, begann ein serbischer Rechtsanwalt aus dem Süden Serbiens, Srdjan Aleksić aus Niš, mit dem Aufbau einer Bewegung, deren Ziel darin besteht, finanzielle Entschädigung für die Opfer zu erhalten. Er vertritt erkrankte Kläger aus Vranje und Niš oder deren Familien. Wie schon 2018 organisierte er 2019 ein internationales Symposium in der Universität Niš. Legale, politische, ökonomische und ökologische Aspekte, Gesundheit und Sicherheit waren die Themen der Experten. 

Die Situation des südlich von Niš gelegenen Berggebietes um Vranje machte besonders von sich reden. Auf einem Hügel bei dem Dorf Plackovica bombardierte die NATO einen Sendemast. Die Arbeiter, die zur Wiederherstellung des Mastes beordert waren, starben alle nach wenigen Jahren an Krebs.. Plackovica ist heute ein Geisterdorf. Die heutige Bequereldosis übersteigt die Schwelle der Unbedenklichkeit bei weitem. Eine Bürgerinitiative unter Führung von Gradimir Jovanovic hat sich in Vranje gebildet.

Mirjana Andjelkovic Lukic aus Belgrad trug zur speziellen chemischen Kriegsführung vor. Man habe Explosionsvorrichtungen mit verschiedenen Zusätzen verwendet, um ihre Energie zu erhöhen. Daraus seien extrem giftige Gase entstanden, die zusammen mit den bombardierten Objekten Effekte eines speziellen chemischen Krieges hatten. Für die elektrischen Leitungen sei ein neuer, nicht flüchtiger Stoff verwendet worden, genannt „weiche Bomben“ aus elektroleitenden Fasern. Diese seien ein Produkt aus der Nanotechnologie. 

Rechtliche, menschenrechtliche und rechtsethische Aspekte, vorgetragen von griechischen Referenten Janis Rahiotis und Nikolos Progulis, bezeugten die dringende Notwendigkeit einer international getragenen juristischen Aufarbeitung des Krieges von 1999.
 
* Die Völkerrechtswidrigkeit dieses Angriffskrieges stand ja außer Zweifel und die Umdeutungen zu einer „Humanitären Intervention” erweisen sich auch 20 Jahre später als unhaltbare Konstruktion, bedenkt man die zahllosen Opfer unter der Zivilbevölkerung. Ist es humanitär, die Bevölkerung eines kleinen Landes buchstäblich zu vergiften? *

Mehr als 300 Teilnehmer, — auswärtige Gäste und Vortragende — aus Griechenland, Norwegen, Italien, Deutschland, Schweiz, Russland, Bulgarien, Nordmazedonien, Bosnien mit Republik Srpska und Malta bezeugten das hohe Interesse, das zumindest in der Zivilgesellschaft dieser Länder vorhanden ist. Serbien hat eine weltweit grosse Diaspora, deren Mitglieder ebenfalls betroffen sind. 

Das Ziel dieser engagierten Tagung war es, mehr öffentliches Bewusstsein über den Zusammenhang zwischen den steigenden Krebsraten und den von der NATO angewendeten Waffen zu erzeugen. Die WHO hat schon lange eindeutig Stellung bezogen: DU ist ein Alpha-Strahler, ein gen-toxischer Stoff. Wenn sich dieser innerhalb des Körpers befindet, zum Beispiel durch inhalierten Staub, ist er krebserzeugend. DU zählt die Internationale Agency for research on cancer der WHO zur Gruppe 1 der krebserzeugenden Substanzen. 

Der in Serbien und Kosovo auftretende Krebs ist äußerst aggressiv, und der Mensch erkrankt schon etwa 5 Jahre nach der Exposition. Wollte man diesen Krebs behandeln, bräuchte es exakte chemisch-radiologische und medizinische Analysen, um die angepasste Behandlung festzulegen. Die arme Bevölkerung auf dem Balkan kann das Geld für solche Behandlungen und Abklärungen nicht aufbringen. Wer ist also dafür zuständig? Falls überhaupt geholfen werden kann, muss den Betroffenen zuerst einmal eine angemessene Entschädigung bezahlt werden. Weiter braucht es eine tiefe und umfassende Dekontaminierung der bombardierten Gebiete — sodass wenigstens die Bauern ihre Tiere wieder auf die Wiesen lassen können. Das Wasser muss kontinuierlich auf Uran und weitere schädliche Substanzen untersucht werden.

Angesichts der Äußerungen von Parlamentariern zum zwanzigsten Jahrestag des Krieges, die die damalige Entscheidung, Jugoslawien zu bombardieren, immer noch verteidigen, muss ein Blick in die politische „Trickkiste“ im Herbst 1998 geworfen werden. Der Angriffskrieg musste „gesichert“ werden. Ein Blick zurück sei erlaubt:

Da die Befürchtung bestanden hatte, dass die kommende rot-grüne Regierung den Beschluss nicht durchbringen könnte, war noch kurz vor Ende der offiziellen Amtszeit des Kanzlers Kohl eine Sondersitzung des alten Bundestages einberufen worden. Als der Antrag im Oktober 1998 im Parlament für eine deutsche Beteiligung am Krieg gegen Jugoslawien eingebracht wurde, war es allen Parlamentariern klar, dass es sich dabei um einen Angriffskrieg ohne UN -Sicherheitsratsbeschluss handelt.. Das ist dem Antrag der Bundesregierung und auch der Stellungnahme des Außenministers Kinkel zu entnehmen. Mit 500 Ja und 62 Neinstimmen, 18 Enthaltungen wurde die deutsche Beteiligung am Krieg beschlossen, bevor die rot-grüne Regierung ans Ruder kam. 

Die rot-grüne Regierung blies dann die Kriegstrompeten umso lauter. Die Vorarbeit der Zerstückelung Jugoslawiens hatten jedoch Kohl, Genscher und weitere geleistet. Erst aufgrund dieser destruktiven, geheimdienstlichen Vorarbeit war der Krieg möglich, das erwünschte Resultat wurde wohl erreicht.

So wie es jetzt aussieht, wird sich die westliche „Wertegemeinschaft” keine Sekunde um die in Niš aufgeworfene Thematik kümmern. Bis jetzt schaut man zum Beispiel in Deutschland mit voller Verachtung auf die Serben — als hätten diese kein Lebensrecht. Wiederholt sich die Geschichte?
 
 
Quellen und Anmerkungen:
Die Vorträge werden demnächst in englischer Sprache verfügbar sein: Anwaltsbüro Srdjan Aleksić, simpozijum @ uranium238.org und advokati.aleksic @ gmail..com.
 
Barbara Hug ist Psychologin und arbeitet in eigener Praxis in der Schweiz. Nebenberuflich interessiert sie sich als freie Journalistin für Themen zur sozialen, wirtschaftlichen und ökologischen Situation in Jugoslawien und dem Osten Europas und schreibt zu Gesundheitsschäden durch ionisierende Strahlung.
 
Dieses Werk ist unter einer Creative Commons-Lizenz(Namensnennung - Nicht kommerziell - Keine Bearbeitungen 4.0 International) lizenziert. Unter Einhaltung der Lizenzbedingungen dürfen Sie es verbreiten und vervielfältigen.
 
 
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Aus: junge Welt (Berlin), Ausgabe vom 03.07.2019, Seite 12 / Thema KRIEGSFOLGEN

Das lange Schweigen
Die ehemalige »Bundesrepublik Jugoslawien« zwanzig Jahre nach dem NATO-Krieg. Eindrücke von einem Symposium im serbischen Nis gegen den Einsatz von Uranmunition

Von Gerd Schumann
 

Tatort Nis. An jenem Maitag des Jahres 1999 lag vor den Augen der Piloten ein geographisches Dreieck: die Universität am Fluss Nisava, gegenüber die alte türkische Festung aus Osmanenzeiten, noch immer gut erhalten, und an deren imposanter Mauer schließlich der hallenartige Trakt eines traditionellen Bauernmarktes. Den attackierten die Kampfjets, warfen Streubomben, dort wie an 333 anderen Zielorten auf dem Territorium der Bundesrepublik Jugoslawien, insgesamt 1.392 Mal – mit 289.536 Stück sogenannter Streumunition.

Heute steht im Zentrum des Dreiecks ein Gedenkmonument, ein Kuppelbau mit Christenkreuz darauf, an den Säulen drei goldene Tafeln, auf denen fast 200 Namen eingraviert sind: von Opfern der Luftschläge jenes verhängnisvollen Frühlings vor zwanzig Jahren, als die Imperien der nördlichen Hemisphäre 78 Tage und Nächte lang angriffen. 3.500 Menschen starben 1999 während des Krieges, 10..000 wurden verletzt, die Infrastruktur des südslawischen Vielvölkerstaats wurde schwer beschädigt.

Tabuthema

Die Kriegsfolgen wiegen immer noch schwer, Besserung ist nicht absehbar. Es heißt, es gebe kaum eine serbische Familie, die keinen Angehörigen verloren habe – auch wegen der Spätfolgen. Neben den Clusterbomben wurden laut offiziellen NATO-Angaben in Serbien inklusive Kosovo sowie Montenegro etwa 15 Tonnen Uranmunition verschossen. Hinzu kommen die vier Jahre zuvor in der bosnischen Serbenrepublik (Republika Srpska) vor allem gegen Brücken eingesetzten Geschosse. Die Dunkelziffer liegt seriösen Schätzungen zufolge drei Mal so hoch.

Darum sollte es in Nis gehen, um »DU«, Depleted Uranium, abgereichertes Uran. Der Stoff, der die mittlerweile von einigen als »ökologische Katastrophe« bezeichnete Lage in Teilen Serbiens mitverursacht hat. Ein Tabuthema in Medien und Politik immer noch, nunmehr behandelt auf einem mehrtägigen internationalen Symposium unter dem etwas sperrig klingenden Titel »Consequences of the bombing of the FR Yugoslavia with depleted uranium in 1999« (Die Folgen der Bombardierung der Bundesrepublik Jugoslawien mit abgereichter Uran im Jahr 1999). In Nis trugen Experten, Wissenschaftler und Juristen, aus Serbien sowie aus Bulgarien, Russland, Malta, Griechenland, Deutschland und der Schweiz angereiste ihre Sicht auf die Dinge vor. Ein Gedanke zog sich durch alle Vorträge: Endlich etwas tun und bewegen.

Welche Konsequenzen aber können gezogen werden, wenn der Einsatz hochgefährlicher und zudem offenbar dauerhaft Mensch und Umwelt kontaminierender Waffen in Angriffskriegen geschieht, in Irak wie in Jugoslawien unter Bruch des Völkerrechts? Und wenn das »Recht« weiterhin, auch zwanzig Jahre danach das Recht der Sieger ist? Müsste nicht der Angreifer für den Wiederaufbau der immer noch am Boden liegenden Chemiewerke von Pancevo oder für das zerstörte Zastava-Autowerk in Kragujevac aufkommen? Und auch für die 1995 zerbombten Ziele in Bosnien-Herzegowina? Die Fragen bleiben angesichts der Umstände offen. Aber sie müssen gestellt werden, weil sie existentiell sind.

Geschosse mit abgereichertem Uran, ein Abfallprodukt bei der Herstellung von Kernbrennstäben für Atomkraftwerke, werden von den USA und Großbritannien seit dem zweiten Golfkrieg 1991 eingesetzt, wie der der Mediziner Klaus-Dieter Kolenda in Nis ausführte: »Weitere Einsätze erfolgten in den Kriegen des Westens 1999 auf dem Balkan, in Afghanistan seit 2001, im Irak-Krieg 2003, außerdem in Somalia, wahrscheinlich auch in Libyen und zuletzt in Syrien. Der Irak ist das Land, in dem bisher wohl die größte Menge an Uranwaffen eingesetzt worden ist.«

Mehr als 2.500 Tonnen sollen dort verschossen worden sein. Hunderte Wracks von Panzern, zerschmettert von DU-Munition, die Besatzungen verbrannt, lagen in der Wüste vor Basra. Kinder spielten in ihnen nach dem Krieg. Der Filmemacher Frieder Wagner, der mit seinen Arbeiten zum »Todesstaub« einiges Aufsehen erregt hat, berichtete: »Der Besuch in der Uni-Geburtsklinik von Basra war für mich ein Blick in die Hölle. Ich habe Babys gesehen, die man nicht mehr als menschliche Wesen erkennen konnte. Mit monströsen Hinterköpfen, mit einem Hautsack am Rücken, der die inneren Organe enthielt. Sie hatten keine Arme, keine Beine, keine Nase oder nur ein Auge in der Mitte. Davon träume ich heute noch.« (Regensburg digital, 16.11.2012)

Fremde Herrschaft

Nis zählt zu den ältesten Städten auf dem Balkan, die erste Besiedlung erfolgte 6.000 Jahre vor unserer Zeitrechnung. Der römische Via Militaris führte von Konstantinopel nach Singidium (Belgrad) durch das damalige Naissus (Nis), Handelsplatz des Römerreichs, das irgendwann wie alle Großmächte unterging, ersetzt durch neue Fremdherrscher, türkische Eroberer (1474–1877), die Habsburger (1914), die deutschen Faschisten (1941–1944). Die waren die Fürchterlichsten. Im Konzentrationslager Crveni Krst (Rotes Kreuz) wurden von den 30.000 Gefangenen 12.000 ermordet, die meisten öffentlich hingerichtet, viele Partisanen und deren Familienangehörige darunter, Serben, Juden, Roma. Für sie kam die Befreiung von Nis durch die Rote Armee und die Tito-Partisanen im Oktober 1944 zu spät.

Zum Ende des Jahrtausends kamen die Deutschen zurück, diesmal im Bund mit den USA als Hauptkraft sowie anderen Partnern aus dem Nordatlantikpakt (NATO). Mit AWACS und anderer Luft-Hightech reaktivierten sie ihren Ruf aus alten Zeiten. In den USA firmiert die »Operation Allied Force« (Vereinte Streitmacht) der NATO unter der Bezeichnung »Operation Noble Anvil« (Edler Amboss), in Serbien wurde sie zur »Operation Merciful Angel« (Barmherziger Engel) umgetauft.

Barmherzig und edel. So waren sie nicht, so sind sie nicht, die Bomber. Der Krieg war von Beginn an eine Aggression der Reichen im Norden aus kaum nachvollziehbaren Motiven, zumindest wenn die damals offiziell verbreiteten zugrundegelegt werden, gespeist aus Behauptungen, Halbwahrheiten und Lügen. Namen wie William Clinton, Anthony Blair, Joseph Fischer, Gerhard Schröder, Rudolf Scharping stehen dafür. Die Aggressoren selbst reden inzwischen nicht mehr gerne darüber, führen sich aber weiterhin als Oberschiedsrichter auf und dominieren Wirtschaft und Politik in den nunmehr ethnisch cleanen Kleinstaaten des ehemaligen Jugoslawien.

»Auch ich bin auf die Kriegspropaganda hereingefallen«, bewertet Florian D. Pfaff heute seine Haltung zum Jugoslawien-Krieg und nennt »insbesondere den Vergleich von Slobodan Milosevic mit Hitler«, dem er als Major der Bundeswehr aufgesessen sei. Auf dem Niser Symposium setzte er sich mit der Verantwortung von Soldaten auseinander und mit »Ethik im Völkerrecht«. Pfaff: Verträge und Gesetze untersagen zwar lobenswerterweise Angriffskriege, »aber es handelt sich nur um normative Aussagen. Staaten sind auf dem Papier daran gebunden«.. Die ausgeübte Praxis der »Wertegemeinschaft« jedoch widerspreche »in geradezu erstaunlichem Ausmaß den moralischen und rechtlichen Normen«.

Major Pfaff, Jahrgang 1957, Soldat ab 1976, hatte 2003 jegliche Beteiligung am Irak-Krieg, der trotz gegenteiliger Behauptungen von der BRD tatkräftig unterstützt wurde, verweigert. Er wurde daraufhin nicht mehr befördert, klagte, verlor und wurde schließlich 2013 in den Ruhestand versetzt. Sein Vergehen: Er wollte nicht klein beigegeben.

In Nis war der gemaßregelte Offizier bereits beim ersten Symposium vor einem Jahr aufgetreten. Dieses wie auch das aktuelle in der zweiten Junihälfte hat Professor Srdan Aleksic initiiert, ein für sein soziales Engagement geschätzter ortsansässiger Rechtsanwalt mit einer angesehenen Kanzlei im Rücken. Sein vordringliches Ziel: Öffentlichkeit schaffen für das Thema DU. Viele der etwa eine Viertelmillion Einwohner von Nis hatten nicht verstanden, warum der Tod weiter umging. Es herrschte Schweigen im ganzen Land, auch weil die NATO stur die Folgen explodierter DU-Granaten bestritt.

Srdan Aleksic: »Lange war mir der Grund dafür, dass so viele Leute sterben, nicht klar. Dann habe ich von der Klage italienischer Soldaten gelesen, woraus deutlich wurde, dass es eine Verbindung zwischen Krankheitsfällen und Todesrate auf der einen und verschossener Uranmunition auf der anderen Seite gibt. Es wurde mir bewusst, dass meine Mutter vor vier Jahren deswegen verstorben ist. Sie hat auf dem Feld gearbeitet, als fünf Meter weiter Uranmunition von NATO-Flugzeugen einschlug. Angriffsziel waren eingegrabene serbische Panzer, die eine Bodenoffensive aus Richtung Mazedonien abwehren sollten. Einige Monate nach Kriegsende litten die Mutter und andere unter schwerem Ausschlag. Medikamente haben nicht geholfen. Bei meiner Mutter wanderte die Erkrankung in die Knochen. Sie ist unter großem Leiden und Schmerzen an Knochenkrebs verstorben.«

Steigende Krebsrate

Militärs geht es nicht um Empathie, sondern um Effektivität, und die DU-Munition verschafft ihnen einen unschätzbar wichtigen Vorteil gegenüber dem Feind. Bei der Rüstungsindustrie wird die Munition geschätzt wegen des preisgünstigen Materials, bei Generälen wegen ihrer Durchschlagskraft. Das hohe spezifische Gewicht und seine Feuer erzeugende Wirkung – bei der Explosion von Uranmunition entstehen Temperaturen von mehr als 3.000 Grad – sorgen dafür, dass sie selbst dicke Stahlplatten und Stahlbeton wie Butter durchschneidet. Getroffene Ziele brennen aus, derweil sich das hochtoxische Material in feinen Uranstaub verwandelt und über Luft und Wasser verbreitet. Aufgenommen durch Menschen »entfaltet das Uran seine krankmachende und tödliche Wirkung« (…) und »gelangt mit dem Blut in alle Organe«, beschreibt eine Broschüre der »Internationalen Ärzte für die Verhütung des Atomkrieges, Ärzte in sozialer Verantwortung e. V.« (IPPNW) die nukleare Kette.

Die Folgen des Einsatzes von Uranmunition sind eine unbequeme Wahrheit und das vielleicht größte Problem des Landes. »Inzwischen erleben Serbien und Kosovo eine ständig steigende Krebsrate, hervorgerufen durch die verwendete Munition. Ein Testgebiet für neue Waffen, das war der Krieg 1999 auch. Niemand fühlt sich zuständig, niemand will die Verantwortung übernehmen.« So schreibt die Schweizer Psychologin Barbara Hug in einer Rezension eines Buches über die Todesopfer unter Kinder und Jugendlichen, das die ehemalige Ministerin für Menschenrechte der jugoslawischen Regierung Margit Savovic 2002 herausgegeben hat. (Children Accuse – Victims of NATO Aggression against FR Yugoslavia, Belgrad 2002).

Das verschossene Uran weist eine Halbwertzeit von 4,5 Milliarden Jahren auf und ist nur schwer entsorgbar. Professor Manfred Mohr, Völkerrechtler und Sprecher der »Internationalen Koalition zur Ächtung von Uranwaffen« (ICBUW), stellte in Nis zur humanitären Situation fest: »Die medizinische Versorgung ist meist völlig unzureichend, und es hat sich erwiesen, dass es zu teuer oder komplett unmöglich ist, betroffene Gebiete zu dekontaminieren.«

Zumindest die Beseitigung der DU-Geschosse sei unverzichtbar, so die verbreitete Expertenmeinung. Im Boden verbliebenes Material würde weiter auf seine Umgebung ausstrahlen. Doch fehlt es in den meisten ärmeren Ländern an Ausrüstung, um das Problem anzugehen. Der mazedonische Vertreter verwies ebenso wie der montenegrinische in Nis darauf, dass es selbst an einfachster Schutzkleidung mangele, an Sicherheitshandschuhen oder geeignetem Schuhwerk.

In den USA beispielsweise sollten 1997 für die Räumung von 77 Tonnen verschossenen DU-Materials auf einem Testgelände der US-Armee im Bundesstaat Indiana mindestens 7,8 Milliarden Dollar bezahlt werden – »ohne das Roden aller Pflanzen, das Abtragen des Erdreichs in bis zu sechs Metern Tiefe und die langfristigen Kosten für die Lagerung des Erdaushubs in riesigen Spezialcontainern«, wie der Journalist Marius Münstermann erfuhr. Dem Verteidigungsministerium war das zu teuer.

Die Hersteller blieben wie immer unbehelligt. Zu denen gehört der US-Rüstungskonzern General Dynamics, der einen Umsatz von etwa 32 Milliarden US-Dollar jährlich ausweist. Aerojet Rocketdyne Holdings (ehemals Gen-Corp) und Orbital ATK (Alliant Techsystems) lassen nicht nur Uranmunition produzieren, die Honeywell-Tochter gilt zudem als größter Produzent von Clusterbomben. Das britische Unternehmen BAE Systems (British Aerospace Electronic Systems) hat es mit seiner Waffenpalette auf Rang drei unter den Rüstungskonzerne weltweit gebracht, derweil über den Düsseldorfer Konzern Rheinmetall berichtet wurde, dass er noch 2015 die Ausrüstung von »Leopard«-Panzern mit Uranmunition anbot..

Srdan Aleksic’ Recherchen nach dem tragischen Tod seiner Mutter führten dazu, auf mögliche humanitäre Schritte zur Hilfe für die Opfer zu drängen. Aleksic: »Zwischen 2000 und 2019 sind 15.000 bis 18..000 Menschen verstorben. Bis zu 30.000 erkrankten an Krebs. Viele Ärzte vertreten mittlerweile die Ansicht, dass Uranmunition die Verursacherin ist.«

US-Botschafter in Aktion

Das Symposium in Nis sah sich mit einigen nicht vorhersehbaren Schwierigkeiten konfrontiert. So fiel überraschend eine Exkursion in die Stadt Vranje aus. Dort war Ende Mai 1999 DU-Munition eingesetzt worden, was das Umweltprogramm der Vereinten Nationen (UNEP) in einer Studie bestätigte. In Vranje, so der Plan, sollten von den Fachleuten Gespräche mit Betroffenen geführt werden, mit Helfern, Medizinern und mit dem Bürgermeister. Die Absage kam am Vorabend.

Es stellte sich heraus, dass der Vranjer Bürgermeister von Kyle Scott, Trumps Botschafter in Belgrad, kontaktiert worden war. Scott habe ein finanzielles Angebot für den Bau eines Kindergartens gemacht, hieß es – immerhin in Höhe von 250.000 Dollar. Das zeigte offenbar Wirkung. Auch die Vertreter des offiziellen Belgrad, die in Nis teilnehmen wollten, darunter Vertreter verschiedener Ministerien, zogen in der Folge ihre Unterstützung zurück.

Vermutungen kursierten, dass die Vertreter der NATO im Verbindungsbüros zum Generalstab der serbischen Armee im Rahmen des NATO-Programms »Partnership for peace« Einfluss genommen hätten. Bestätigungen hierfür gab es natürlich nicht. Dass der politische und ökonomische Einfluss des Westens in Serbien einiges Erpressungspotential birgt, ist indes kein Geheimnis. Angesichts der angestrebten EU-Mitgliedschaft haben diesbezügliche Bemühungen für die Regierung Vorrang. Wohlverhalten fördere die Chancen, und EU bedeute Entwicklung, glaubt man in Belgrad.

Dem traten in Nis Experten aus verschiedenen Nachbarländern entgegen. Den Menschen auf dem Balkan sei erzählt worden, dass der soziale Niedergang als Kriegsfolge sowie der Verlust an Souveränität letztlich kein Problem sein würden, weil Reichtum und Sicherheit einziehen würden, wenn sie der NATO und der EU beiträten, so der Rechtsanwalt Yiannis C. Rachiotis aus Athen. Zwanzig Jahre später hätten Rumänien, Bulgarien, Albanien, Kroatien die Vorgaben erfüllt. »Sind sie also reich?« Griechenland habe vor langer Zeit dasselbe getan. Ergebnis: »Die Vereinigten Staaten kontrollieren unser Militär und die Außenpolitik, Deutschland den Rest.«

Serbien sei als einziges unabhängiges Land übrig. »Diese geopolitische Wirklichkeit darf nicht vergessen werden«, meinte der Jurist, der sich auch mit dem Haager Ad-hoc-Tribunal zu Jugoslawien (ICTY) beschäftigte. Dieses habe dem Westen gedient, um die Auflösung der Bundesrepublik Jugoslawien zu legitimieren und die serbische Führung in Bosnien zu delegitimieren.. Es ähnele einem »neokolonialen Gerichtskomitee«, so Rachiotis.

Keine Chance

Keine Anklage nirgends; jedenfalls nicht gegen NATO-Angriffskrieger, gegen deren Führer, gegen die Bomberpiloten, die Nis ins Visier nahmen und ihren »Job« gründlich erledigten. Velimir Nedeljkovic, Professor am Institut für Arbeitssicherheit der Universität von Nis verlor zwei Kollegen. Seine Bewertung der gesellschaftlichen Lage fällt bitter aus. Eine Chance auf ökonomische Entwicklung sieht er nicht, eine Art Marshallplan sei nicht in Sicht. Das Durchschnittseinkommen in der Region liegt bei wenigen hundert Euro, die Preise in den Supermärkten haben westeuropäisches Niveau. Die Arbeitslosigkeit beträgt offiziell 14 Prozent, die tatsächliche Quote ist um einiges höher, bei den jungen Leuten bis 30 Jahre liegt sie bei über 30 Prozent. Jährlich wandern 50.000 bis 70.000 Menschen ins Ausland, meist Fachkräfte. »Serbien blutet aus – Deutschland profitiert davon« konstatierte Die Welt (5.2.2019). Besonders um die medizinische Versorgung im Land steht es inzwischen schlecht – und das nicht nur wegen der Kriegsfolgen.

Gibt es Rechtsmittel, um schnell mehr Hilfe für Betroffene von DU-Folgeschäden zu ermöglichen? In Italien haben etwa 40 Gerichtsverfahren von im Kosovo eingesetzten Soldaten immerhin zu Entschädigungszahlungen geführt. Auch Srdan Aleksic dachte eine Zeitlang daran, die NATO zu verklagen. Eine komplexe Angelegenheit: Dieser Eindruck drängte sich zumindest im Laufe des Symposiums auf. Auf dem juristischen Weg, so eines der Ergebnisse, seien viele Hindernisse zu überwinden. Das italienische Verfahren sei nicht auf andere Länder oder auf Zivilisten übertragbar. Zudem dauere ein juristisches Verfahren zu lange, sei zu teuer und bleibe wahrscheinlich erfolglos.

Angestrebt sei nunmehr, eine internationale Initiative. Aleksic: »Wir bemühen uns um einen Vertrag, wonach westliche Länder helfen, die Probleme zu beseitigen.« Wie das durchgesetzt werden kann, bleibt unklar. Dass Information und Aufklärung, auch über Uranmunition und Atomwaffen generell, verstärkt auf die Agenda gerückt werden sollen, liegt auf der Hand. Jüngst hat das serbische Parlament eine Kommission eingesetzt, die Krankheitsfälle im Zusammenhang mit verschossener DU-Munition untersuchen soll. Das ist zumindest ein Anfang.

Letztlich bot das Symposium einen erstaunlich genauen Einblick in die komplizierte Situation. Indem es sich sowohl mit den Kriegen zur Zerschlagung Jugoslawiens als auch mit der Perspektive eines Landes, das aus westlicher Sicht erledigt ist, auseinandersetzte, öffnete es auch den Blick auf die Hauptprobleme zwanzig Jahre nach dem Krieg.

Dabei wurde – bedauerlicherweise – ein multiethnisch angelegtes Zukunftsprojekt, wie es Jugoslawien sein wollte, kaum thematisiert. Eine Rückschau darauf hätte angesichts der nicht nur für die EU-Peripherie furchteinflößenden Wirklichkeit anregend wirken können.. Aber immerhin: Europa ohne Serbien und Russland sei nicht denkbar, lautete die wohl allgemeine Auffassung in Nis. Und als im Rahmen eines Vortrags über den rapiden Rückgang des Tourismus eine Landkarte des alten, noch sozialistischen Jugoslawien gezeigt wurde, brandete Beifall auf. Der hatte wenig mit der Gesellschaftsform Jugoslawiens zu tun, aber doch mit dem Modell eines Europas ohne westliche Vorherrschaft.

 
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[Horizons et débats (Zurich),   N° 15, 8 juillet 2019]
 

«Uranium 238 – conséquences des bombardements de la Yougoslavie avec de l’uranium appauvri en 1999»

2e Symposium international de Niš du 17 au 19 juin 2019

par Barbara Hug

La guerre contre la Yougoslavie est terminée depuis 20 ans. Entre-temps, l’OTAN s’est établie aux frontières de la Serbie, confiante dans sa victoire, et le gouvernement allemand a fourni à nouveau des conseils et un soutien financier pour la construction d’un deuxième UÇK.1 Pourquoi ce regard vers le passé?
La raison est la suivante: le taux sans cesse croissant de cancer en Serbie et au Kosovo atteint des proportions effroyables et le bellicisme des Etats membres de l’OTAN n’a pas diminué.
L’OTAN a déversé son arsenal d’armes sur la Yougoslavie en 1999 pour montrer au monde à quel point sa machine de guerre fonctionne «bien». Plus tard, l’Irak et l’Afghanistan ont également eu droit à expérimenter la «bénédiction» des munitions à l’uranium radioactif et chimio-toxique. 
Dès 2001, le journaliste du Spiegel Siegesmund von Ilsemann soulignait que les chercheurs américains connaissaient parfaitement les risques de l’uranium appauvri émanant des tourbillons de poussière venant du sol. Le lieutenant-colonel Ziehmn, du Centre des armes nucléaires de Los Alamos, a mis en garde dans une lettre de 1991: «Les effets de l’uranium appauvri sur l’environnement ont suscité et continuent de susciter des préoccupations. Par conséquent, il existe un risque que les munitions à l’uranium appauvri puissent paraître politiquement inacceptables.»
L’alliance de guerre a grande peine à admettre les dommages de guerre durables provoqués par elle en 1999. Le sujet des munitions à l’uranium est resté tabou, les populations de la Serbie et du Kosovo sont restées silencieuses pendant longtemps, mais ont néanmoins dû prendre conscience des nombreux cas de tumeurs malignes et de leucémies qui se sont développés dans les familles. A l’heure actuelle, il n’est plus possible de cacher les faits. Alors que l’OTAN et ses laboratoires d’idées tentent toujours et encore de passer le problème sous silence, Srdjan Aleksic, un avocat originaire de Niš/Serbie du Sud, a commencé à développer un mouvement dont l’objectif est d’obtenir une compensation financière pour les victimes. Il représente les plaignants malades de Vranje et de Niš ou leurs familles. Comme en 2018, il a organisé un colloque international à l’Université de Niš du 17 au 19 juin 2019. Les aspects juridiques, politiques, économiques, écologiques, sanitaires et sécuritaires furent présentés par des spécialistes. L’événement fut organisé par le cabinet d’avocats de Srdjan Aleksic de Niš, l’Association pour la protection des infrastructures critiques de Belgrade et l’Académie orthodoxe des sciences, de l’art, de l’artisanat et de l’innovation de Serbie.
La situation de la région montagneuse autour de Vranje, au sud de Niš, était au centre de l’intérêt. Sur une colline près du village de Plackovica, l’OTAN a bombardé une tour de transmission. Les ouvriers qui s’y sont rendus pour reconstruire le mât sont tous morts d’un cancer après quelques années. Aujourd’hui, Plackovica est un village fantôme. La dose de becquerel actuelle dépasse de loin le seuil de l’innocuité. Une initiative citoyenne dirigée par Gradimir Jovanovic s’est formée à Vranje.
Les aspects juridiques, des droits de l’homme et de l’éthique juridique, présentés par les conférenciers grecs Janis Rahiotis et Nikolos Progulis, ont illustré l’urgente nécessité d’une réévaluation juridique internationale de la guerre de 1999. Il ne fait aucun doute que cette guerre d’agression était contraire au droit international et sa scandaleuse transformation en «intervention humanitaire» s’est avérée intenable même 20 ans plus tard, au vu des nombreuses victimes parmi la population civile. Est-ce humanitaire de littéralement empoisonner la population d’un petit pays? 
Plus de 300 participants – invités et conférenciers étrangers – venus de Grèce, de Norvège, d’Italie, d’Allemagne, de Suisse, de Russie, de Bulgarie, de Macédoine du Nord, de Bosnie avec la République de Srpska et de Malte ont témoigné du grand intérêt suscité par ces informations dans la société civile de ces pays. La Serbie compte une importante diaspora dans le monde entier, dont les membres sont également touchés par les conséquences décrites. 
L’objectif de cette importante réunion était de sensibiliser l’opinion publique au lien entre l’augmentation des taux de cancer et les armes utilisées par l’OTAN. L’OMS a depuis longtemps adopté une position univoque: l’uranium appauvri est un émetteur alpha, une substance génotoxique. S’il se trouve à l’intérieur du corps, par exemple suite à l’inhalation de poussière, il est cancérigène. L’uranium appauvri est classé dans le groupe 1 des substances cancérigènes par le Centre international de recherche sur le cancer de l’OMS. Le cancer prévalant en Serbie et au Kosovo est extrêmement agressif et les personnes ayant été exposées tombent malades environ 5 ans plus tard. Pour traiter ce cancer, il faudrait préalablement de précises analyses chimiques, radiologiques et médicales pour déterminer le traitement approprié. La population pauvre des Balkans ne peut se permettre de tels examens médicaux et traitements. Qui doit donc prendre en charge les frais? Si l’on veut fournir de l’aide, il faut d’abord exiger une indemnisation adéquate.
En outre, une décontamination profonde et complète des zones bombardées est nécessaire, afin de permettre au moins aux agriculteurs de faire sortir à nouveau leurs animaux dans les prairies. L’eau doit être analysée en permanence pour détecter la présence d’uranium et d’autres substances nocives.
Actuellement, il semble que la «communauté de valeurs» occidentale ne prévoit nullement de se préoccuper de telles tâches. Jusqu’à présent, certains cercles en Allemagne regardent les Serbes avec grand mépris – comme s’ils n’avaient pas droit à la vie … L’histoire se répète-t-elle?    •

Les diverses interventions seront bientôt disponibles en anglais. Contact: Cabinet d’avocats Srdjan Aleksic, simpozijum(at)uranium238.org et advokati.aleksic(at)gmail.com

1    «Outre le ‹développement d’un Kosovo stable, démocratique, multiethnique et pacifique›, les missions de la Bundeswehr consistent également à soutenir la création de la ‹Force de sécurité du Kosovo› et d’autres forces de sécurité kosovares», dixit Spoutnik du 7 juin. Faut-il donc imaginer que l’UÇK va continuer à exister sous une nouvelle appellation avec l’aide de la Bundeswehr?

 
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[Horizons et débats (Zurich),  N° 6/7, 18 mars 2019]
 

Conséquences des bombardements de la République fédérale de Yougoslavie avec de l’uranium appauvri en 1999

Premier symposium international à Niš, Serbie du Sud, juin 2018*

par Barbara Hug et Niels Peter Ammitzboell

L’Université de Nis a été le lieu privilégié d’une conférence consacrée à la question de la responsabilité juridique internationale et de la responsabilité civile pour les dommages résultant du bombardement de la Yougoslavie avec des munitions à l’uranium appauvri.. Nous avons devant nous les actes complets contenant toutes les interventions tenues à Niš/Serbie du Sud en juin 2018. 

La guerre de démembrement de la Yougoslavie, préparée avec la plus grande précision par les diverses forces militaires et les services secrets, a duré de mars à juin 1999. 19  Etats membres de l’OTAN ont participé à cette intervention immonde et sanglante. On voulait mener une guerre pour des raisons «morales», selon la version menteuse de l’impitoyable alliance occidentale. Au printemps 1999, les oiseaux ne chantaient plus et des feuilles brunes tombaient des arbres. Les images des enfants, ayant peu après développé des leucémies parlent le langage de la mort. Ces enfants aussi voulaient vivre, mais au nom d’une «morale» perverse, ils doivent souffrir et mourir. 
Les effrayantes conséquences de la guerre contre la Yougoslavie n’ont toujours pas été suffisamment éclairées, bien qu’un certain nombre d’auteurs courageux et intelligents aient publié des documentations sur les jalons posés pendant les années de préparation de la guerre et sur les motifs de cette guerre.1 Selon Erich Schmidt-Eenboom, par exemple, la perspective pour l’avenir d’une zone de paix paneuropéenne a été sérieusement affectée par la guerre du Kosovo, non seulement sur le plan matériel mais surtout au niveau de la conscience des populations et des élites politiques en Russie.
 Responsabilité en vertu du droit international – qui l’assume? L’OTAN en tant qu’organisation internationale, les Etats membres de l’OTAN ou les deux ensemble? A qui faut-il adresser les demandes d’indemnisation, qui est responsable au niveau du droit civil? L’examen des faits et la présentation des nombreuses et tragiques conséquences de la guerre révèlent également les taux de cancer, dont l’augmentation est alarmante.
Les graves dommages causés à la communauté internationale, à l’interdiction de la guerre, au maintien de la paix et aux accords juridiques entre les Etats se reflètent dans les explications des intervenants russes. Des professeurs de droit russes ont présenté à l’auditoire, sans aucun euphémisme, 
leurs connaissances approfondies des violations criminelles du droit internatio-
nal commises par l’alliance de l’OTAN. 
Les intervenants serbes étaient tout aussi clairs. Très instructif pour les nombreux auditeurs!
Ainsi, Marija Zekic, avocate de Belgrade, a évoqué les manœuvres de camouflage auxquelles le Programme des Nations Unies pour l’environnement (PNUE) s’est consacré, sous l’impulsion de son directeur général Klaus Töpfer. Bakary Kante du Sénégal, alors directeur d’un département du PNUE, avait souligné sans équivoque dans son rapport que les générations futures vivant 
dans la zone bombardée souffriraient de cancers et de leucémies et que les fausses couches et les malformations des nouveau-nés allaient augmenter. Les bombardements de l’OTAN ont eu lieu au moment des semailles, dont la récolte était absolument vitale pour la population – céréales, tournesol, soja, betterave sucrière et légumes, selon M. Kante. Ce rapport aurait dû rester caché.
Slobodan Petkovic, ancien général de l’armée yougoslave, actif dans la défense NBC, se réfère au manuel pour la Kfor: «Kfor, International Brigade, West, Depleted Uranium, Information and Instructions». Là, les soldats sont avertis des dangers radioactifs émanant des munitions à l’uranium. «L’inhalation de particules insolubles de poussière d’uranium est associée à long terme à des conséquences néfastes sur la santé, y compris des cancers et des malformations chez les nouveau-nés.
Radomir Kovacevic, président de l’Institut de médecine du travail de Belgrade, a présenté un exposé sur les transformations génétiques graves observées dans la population de la Serbie du sud-est à la suite de l’agression de l’OTAN en 1999. 
Le bombardement est décrit par Ratomir Antonovic comme un génocide retardé des populations vivant sur le territoire de la Yougoslavie ainsi que dans les Etats voisins. 2019 sera l’année de «l’épidémie» des maladies cancéreuses.. Le plan de l’OTAN visant à réduire considérablement le nombre de Serbes en tant que groupe ethnique se concrétisera. Antonovic est responsable 
de la gestion de la sécurité à la faculté de droit de l’Université Constantin le Grand de Nis.
Le nombre écrasant d’actes de guerre perpétrés en violation du droit international, commis par l’OTAN, soulève la question de savoir qui est responsable des nombreux dommages de guerre, notamment de l’augmentation massive du nombre de maladies cancéreuses, et comment obtenir une indemnisation adéquate pour les victimes et leurs familles. 
Dans une sorte d’étude pilote, l’avocat Srdjan Aleksic examine les possibilités légales d’indemnisation. C’est une prise de conscience internationale croissante de ce crime, qui ne pourra jamais être occulté par des considérations «morales». La morale se caractérise par l’attitude morale de ne pas nuire et d’agir selon cette conviction humaine.2
Comme les plans de l’Alliance belliciste occidentale parlent plus souvent de «petites guerres régionales», auxquelles il faut s’attendre, la guerre en Serbie peut nous servir de grand avertissement. Il s’agissait d’une guerre locale limitée, menée avec un effet dévastateur: la décimation «durable» de la population. Quand on calcule la toxicité du potentiel radioactif des armes utilisées, on reste figé d’horreur.    •

* Organisation de la conférence et édition du livre: Srdjan Aleksic, avocat à Niš, et Sreto Nogo, Faculté de droit, Belgrade; 1re édition 2018 en serbe et en russe, 2e édition 2019 en anglais (100 exemplaires pour les participants étrangers); ISBN de l’édition serbe 978-86-7746-723-4; version électronique en anglais sur demande au cabinet «Aleksic», Niš, advokati.aleksic(at)gmail.com La conférence a eu lieu dans l’auditorium de l’Université de Niš.

(Traduction Horizons et débats)

1    Dieter S. Lutz, Erich Schmidt-Eenboom, Matthias Küntzel, Heinz Loquai, Cathrin Schütz, Hannes Hofbauer, Maria Mies, Diana Johnstone, Ramsey Clark, Wolfgang Richter, Mira Beham, Jörg Becker, Norman Paech, Peter Handke, Michel Chossudovsky, Noam Chomsky, Falco Accame, Ralph Hartmann, Gerhard Beestermöller – liste non exhaustive – ont livré leurs analyses rétrospectives et prospectives.
2    La «politique étrangère» de l’Alliance de l’OTAN était donc directement dirigée contre la doctrine de paix de l’Eglise catholique, telle qu’elle est énoncée en 1983 dans l’expression «La justice crée la paix» de la Conférence épiscopale allemande. Pour le théologien catholique Gerhard Beestermöller, la résolution du Bundestag allemand du 16/10/1998 pouvait placé les soldats catholiques en détresse morale. Avaient-ils le droit de participer à une guerre en violation du droit international?

Pendant la guerre de 1999, la Serbie fut bombardée par la Belgique, le Canada, la République tchèque, le Danemark, la France, l’Allemagne, la Grèce, la Hongrie, l’Islande, l’Italie, le Luxembourg, les Pays-Bas, la Norvège, la Pologne, le Portugal, l’Espagne, la Turquie, le Royaume-Uni et les Etats-Unis.

Interventions lors du Symposium

  • Prof Ilija Zindovic, PhD, Legal Basis for Civil Liability for the Consequences of Nato Bombing
  • Academician Juri Golik, Nato Aggression against FRY Must Be Punished 
  • Prof Manfred Mohr, ICBUW, Uranium Weapons I: A Case of Environmental Destruction through War Political and Legal Framework
  • Aicha Kheinette, ICBUW, Uranium Weapons II:Nato Bombing of Yugoslavia – Facts and Consequences
  • Academician Sergey Baburin, Peace Keeping Issues and the Problem of the Responsibility of the Aggressor
  • Prof Aleksandr Korobeev, PhD, Jurisdiction of UN International Court of Justice on the Cases Submitted in Relation to the Countries – Nato Members and Their Use of Force: Analyses of Judicial Practice 
  • Dr Mirosav Baljak, Jurisdiction of the European Court of Human Rights 
  • Dr Konjahin Vladimir, PhD, About the Question on Establishing the Liability of Nato Countries for the Aggression against Yugoslavia – Reality and Perspectives 
  • Dr Pilikina Ekaterina Georgievna, PhD, Criminal Legal Command Responsibility on the Example of Nato Operations against Yugoslavia
  • Radomir Kovacevic, Contamination with Depleted Uranium and Genetic Changes in Population of Southeast Serbia as a Consequence of Nato Aggression against Yugoslavia in 1999
  • Dr Margit Savovic, The Crime that Must Not Be Forgiven
  • Dr Yuri Duk, PhD, Nato Justice and Democracy, Yugoslav Version
  • Prof Tatjana Minazeva, PhD, State Sovereignty as the Power of Law in «Risky Society»
  • Prof Luydmila Inogamova-Hegaj, Problems of National Jurisdiction for Aggression
  • Marija Zekic, Dishonor of the «Civilized Nations»
  • Prof Kozukharik Dmitriy Nikolayevich, PhD, About the Responsibility for Genocide and Aggression against the Yugoslav People
  • Prof Hatidza Berisa, PhD, The Conse­quences of Nato Aggression of 1999 on the Environment and the Health of People 
  • Ratomir Antonovic, MA, The United Criminal Enterprise of Nato Countries against FRY
  • Viktor Nuzdic, The Consequences of Nato Bombing of the Republic of Serbia
  • Jovan Nikolic, MD, Urologist Methods of Rhetoric and Demagogy in Concealing the Harmful Effects of the Radioactive Ammunition Use 
  • Prof Slavko Milojkovic, PhD, Prof. Srdjan Aleksic, PhD Nato Aggression against FRY in 1999 and Post Traumatic Stress Disorder
  • Prof Milenko Kreca, PhD, Principle of Sovereignty and International Criminal Tribunals for the Former Yugoslavia and Rwanda
  • Slobodan Petkovic, Retired General, Depleted Uranium, Protection of Environment and Population is Our Lasting Concern and Obligation
  • Zhao Xiaolin, PhD, Nato Legal Responsibility for Bombing of Yugoslavia
  • Prof Andon G. Kostadinovic, PhD, The Consequences of Nato Aggression on the Employees’ Social and Material Position and Increased Number of Malignant Patients in Our Country Population
  • Danilo Kostic, Civil and Legal Responsibility of Nato Member States for Aggression against FR Yugoslavia in 1999
  • General Prof Spasoje Mucibabic, PhD, Preparation and Implementation of the Project «Lawsuit against Nato States that Participated in the Aggression against Serbia in 1999»
  • Prof Srdjan Aleksic, PhD, Misa Petkovic, Lawyer, Civil Liability of the International Organization and Member States, with a Reference to Nato Responsibility for the Bombing of FRY in 1999

bha./na. En Serbie, il y a une augmentation évidente du nombre de maladies dont l’apparition peut être liée aux conséquences des bombardements, notamment suite à l’utilisation de munitions à l’uranium appauvri. Le Dr Slobodan Cikaric, PhD, radiologue renommé, aujourd’hui à la retraite, président de la Société serbe de lutte contre le cancer et rédacteur en chef de la revue «Cancer, prévention, découverte, guérison», a analysé l’état de l’évolution des tumeurs malignes en Serbie. Il note qu’en surveillant la progression des tumeurs malignes en Serbie centrale entre 2001 et 2009, il est arrivé à la conclusion suivante: 
«Nous avons identifié les 17 tumeurs malignes les plus courantes avec par année plus de 10 nouveaux cas par 100 000 habitants. Nous avons suivi la courbe de croissance des deux taux [des nouveaux cas et des décès] durant cette période. En particulier, nous avons identifié des néoplasmes systémiques (leucémie/lymphome) et observé l’incidence et la mortalité dans la population des deux sexes et de tous les groupes d’âge en Serbie centrale pendant la période de 2001 à 2009. 
La croissance des deux taux diffère légèrement pour les 17 tumeurs au cours de la période 2001–2005 (période de latence). Cikaric indique en outre que le nombre de patients souffrant de tumeurs était en moyenne de 1% et le nombre de décès était de 1,4% et dans le cas de la leucémie et des néoplasmes de 2,5% par an. 
Mais déjà en 2006, 2007, 2008 et 2009, l’incidence et le taux de mortalité des tumeurs malignes dans toutes les localités ont augmenté chez les deux sexes par rapport à la période précédente de 4 ans, le nombre de patients augmentant de 6,6% et l’augmentation moyenne des décès de 7,8% par an. Pour les néoplasmes systémiques (leucémie et lymphome), l’augmentation est encore plus marquée, soit 74% pour les patients et 139% pour les personnes décédées.
En analysant la situation en 2014, Cikaric conclut que le nombre de tumeurs malignes nouvellement enregistrées en Serbie est 2,8 fois plus élevé que dans le reste du monde. Il appelle cela ‹le désastre serbe›.» 

(Extrait de l’exposé de Slobodan Petkovic)

 
=== 3 ===
 
 
[Current Concerns (Switzerland), No 13, 23 June 2020]
 
DU bombings by NATO have caused cancer  – Now also confirmed by court in France
 
ef. After a four years lawsuit a French court has acknowledged that the death of Henri Friconneau, a gendarme captain, who died in 2015 of a rare angiosarcoma, was caused by depleted uranium (DU), to which he was exposed during his OPEX1 mission in Kosovo. This was reported by the French newspaper “La voix du gendarme” (The voice of the gendarme) on 31 May 2020.
   
The French magazine Marianne had reported on 1 November 2019: “He [Friconneau) and his colleagues were lodged in barracks of the former Yugoslav army, which still at that time bore the marks of the bomb attacks. In May 2014, the investigating officer […] was hospitalised for persistent pain in his left posterior, against which anti-inflammatory drugs were ineffective. The analyses showed that he was eaten up by a metastatic bone angiosarcoma that affected the liver, lungs and heart. He would die of it a year later.”
  
His wife, Loret Friconneau, has now been granted the right to add her husband’s name to the list of deserving “Mort pour la France (Died for France)”. She has also been awarded a widow’s pension, which the French Ministry of Defence had previously refused to grant her. In 2000 Henri Friconneau had been stationed in Kosovo for six months and had come into contact with DU contained in the remains of missiles used by NATO against the Serbs in 1999.
  
Thanks to the counter-inquiries carried out by her lawyer Véronique Rachet-Darfeuille, a French court, after similar lawsuits in Italy, has now confirmed the connection between the use of DU munitions in the NATO bombings and the increased number of cancer cases among both military, and the civilian population.
  
Lawyer Dr Srdjan Aleksic from the Serbian city of Nis has for years taken cases to court for numerous families who have lost relatives to mostly severe multiple cancers since the war in Yugoslavia in 1999. He is currently preparing lawsuits in all NATO member states that took part in the war of aggression against the former Federal Republic of Yugoslavia and is already. He has already brought his action before the Serbian judiciary.
For the international lawsuits Aleksic has assembled a team of 26 lawyers and professors from Serbia, Germany, France, Italy, Russia, China, Great Britain and Turkey. Numerous medical doctors are engaged in compiling and analysing the deleterious consequences of DU use. According to the Serbian Ministry of Health, a diagnosis of cancer is being issued for on average one child per day. Overall, the incidence of cancer is now five times higher than before the attack. It stands at around 33,000 cases per year (https://de-de.facebook.com/ratnasteta/). Aleksic held two international conferences in Nis in 2018 and 2019 (see Current Concerns No. 15 from 11 July 2019).
   
He told the newspaper “Vesti” for the Serbian diaspora on 3 June 2020: “This acknowledgement from France, another Nato country, confirming the Italian ones, is of pivotal importance. It confirms the cause-and-effect relation between these catastrophic diseases and the fired missiles containing depleted uranium.  It underpins and strengthens our hope that we will be able to prove the causal link between the 1999 bombing of the Federal Republic of Yugoslavia and the growing spread of cancer in southern Serbia, Kosovo and Metohija. It is therefore a great opportunity for the sick and the families of the deceased to prove this truth and to receive compensation.” According to ‘Vesti’ Aleksic has now submitted 1,500 submissions with medical files to the United Nations Human Rights Committee in Geneva. They are from Serbian citizens who believe that their illness is the result of the NATO bombing: “I explained their cases and requested that the UN send independent investigators to Serbia to deal with the protection of human rights as well as with the environmental protection.”

1  Opérations extérieures: Time-limited foreign missions of the French armed forces under UN or NATO mandate.
 
 
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Dello stesso Autore si veda anche:
 
Uranio impoverito, basta morti negate (Remocontro, 8 Febbraio 2018)
Depleted uranium, le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta. «Sconvolgenti criticità» scoperte nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro dei militari.
– Stop al negazionismo.
– Stato maggiore sotto accusa per i militari contaminati.
– Scompare però il destino delle popolazioni civili colpite dai bombardamenti
https://www.remocontro.it/2018/02/08/uranio-impoverito-arma-suicida-troppe-morti-negate/
 
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Morti da uranio impoverito, guerra sporca e menzogne da vergogna

Proiettili all’uranio impoverito usati usati in Bosnia e poi sulla Jugoslavia di Milosevic nelle guerre Nato anno ’90. C’erano anche i nostri soldati lasciasti senza alcuna protezione, che ne stanno ancora oggi morendo. 7500 gli ammalati, 366 i militari morti. Allarme tumori in Serbia e Kosovo colpite dalle bombe Nato nel 1999, ma è silenzio sui civili contaminati nelle zone bombardate

Di Ennio Remondino
1 Giugno 2019
 

Uranio impoverito
la merda diventa oro
e se chi tocca muore zitti!

Morti da uranio impoverito, guerra sporca e menzogne da vergogna

Scusate la volgarità della espressione, ma questo è il segreto inconfessabile che si nasconde dietro la vergogna Uranio Impoverito. Uno scarto dell’arricchimento dell’uranio per bombe atomiche o centrali nucleari che ti costava un occhio della testa immagazzinare e proteggere come dovuto. Poi negli Usa scoprono che un po’ di quella porcheria, rende i proiettili come dei fulmini di Giove, in grado di fondere corazze d’acciaio senza bisogno di tanto esplosivo per frantumarle.

  • Ordigni all’uranio impoverito usati per la prima volta in Iraq, esclusiva Usa, e in Europa e come armamento Nato, sulla Bosnia, 1995, contro i serbo bosniaci di Karadzic, e poi, senza risparmi, contro l’esercito jugoslavo di Milosevic nella campagna per il Kosovo 1999.
  • Soldati italiani operativi nell’aerea senza alcun avvertimento di rischio né indicazioni di prudenza, mentre ad esempio in Kosovo, altri militari Nato si muovevano tra i relitti dei blindati serbi colpiti, usando tute e mascherine. Loro sapevano cose noi ignote?
  • Sospetti immediati di scienziati serbi, tra loro uno strano suicidio, il professor Predrag Polić, affogato nelle acque del Danubio su cui stava indagando.
  • Terre presumibilmente contaminare raccolte nascostamente e altrettanto segretamente portate in Italia, le prima analisi sempre ufficiose, i dati di radioattività da paura con la prima denuncia pubblica, allora in una sala del Senato.
  • Poi le prima morti per leucemia tra quei soldati inconsapevoli comandati alla morte da industrie di armamenti assassine, e successivamente da ufficiali (alti comandi che dovevano sapere) incapaci o irresponsabili.
  • Questo è contributo diretto di Remocontro, (Ennio Remondinose serve per qualche querela), perché dietro quella sporca storia noi abbiamo lavorato per anni e da subito.
  • Eravamo la, sotto le bombe, e dopo. Con quei primi scienziati serbi che indagavano anche contro Milosevic, e l’amico Predrag ‘suicidato’, il mio personale sospetto. A cercare un po’ di verità quando ancora non si poteva immaginare certo la dimensione del dramma che avrebbe colpito anche in casa nostra.

Ora la cronaca di altri

«Uranio impoverito e militari colpiti da tumori, qualcosa si muove», titola l’Avvenire con la cronaca di Luca Liveranivenerdì 31 maggio.
«L’uranio impoverito uccide ancora», il titolo secco del manifesto di martedì 28 a firma di Nicole Corritore, citando ‘OBC Transeuropa’, il vecchio e noto Osservatorio Balcani e Caucaso.
Nicole parte con i numeri. «366 i militari italiani morti. Allarme tumori in Serbia colpita dalle bombe Nato nel 1999: sono 7.500 i nostri soldati che si sono ammalati dopo le missioni in Bosnia (1995) e in Kosovo (1999), ma è silenzio sui civili contaminati nelle zone bombardate. Sempre più evidente la correlazione tra questo componente dei proiettili e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra. E anche tra la popolazione civile».
Poche righe, detto tutto, salvo dettagli da raccapriccio, da indignazione. Prendiamo un po’ dall’uno e dall’altra.

Metalli pesanti nel midollo osseo

«Il militare italiano morto suicida a ottobre, che era stato in Serbia nel 1999, aveva nel midollo osseo metalli pesanti. Come la popolazione civile serba che ha vissuto sotto i bombardamenti Nato a Belgrado. Ennesima conferma, sostiene Domenico Leggiero del comitato Osservatorio Militare, della correlazione tra l’uranio impoverito dei proiettili e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra. Ad oggi 366 i decessi – afferma l’Osservatorio – e 7.500 i malati. Correlazione finora negata dalle Forze Armate, nei processi per richieste di risarcimento. «Già 130 le sentenze che riconoscono il nesso di causalità», afferma l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale di molti dei militari colpiti.
«A soli due giorni dalla morte di Daniele Nuzzi un altro militare ci lascia…». È Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare ad annunciarlo sulla pagina Facebook «Vittime dell’uranio impoverito» il 18 aprile scorso.. È la 366esima vittima per uranio impoverito tra i militari italiani, la cosiddetta «Sindrome dei Balcani». […] Daniele Nuzzi, deceduto il 15 aprile a 48 anni, aveva prestato servizio in diverse missioni in territori bombardati con il DU e al rientro in Italia si era ammalato.. Come dichiarato dall’Osservatorio Militare nel giorno del suo decesso, «gli era stato negato dall’amministrazione militare il riconoscimento di vittime del dovere, ottenuto solo dopo qualche anno».

Dal 2001 è una vera battaglia

Battaglia per la vita dei circa 7500 militari malato della stessa malattia, chiamiamolo cancro del sangue, per semplificare, 366 sconfitte, soldato morti, e battaglia legare tra chi nega l’esistenza di una correlazione tra esposizione al DU e malattia, e chi sostiene il contrario con numeri di morti e malati alla mano e sentenze di condanna a carico del ministero della Difesa. 119 sentenze di condanna a carico della Difesa e 352 quelle in corso di giudizio, ma ancora non si riconosce l’evidenza.
Nel 2000 la Commissione Mandelli e tra il 2005 e il 2018, ben quattro Commissioni parlamentari sull’utilizzo del DU nelle missioni all’estero e nei poligoni e nelle installazioni militari in Italia. Relazione finale dell’ultima Commissione, d15 febbraio 2018, ribadito il «nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari».
La novità, rispetto al passato, è che la relazione è stata consegnata a marzo 2018 da Gian Piero Scanu, presidente dell’ultima Commissione, a Darko Laketic, presidente della neonata Commissione di indagine sulle conseguenze del bombardamento Nato del 1999 sui cittadini della Serbia. La messa a conoscenza delle indagini parlamentari italiane ha spinto poi la Serbia a istituire una commissione.

Sulla parte balcanica Nicole Corritore

«Secondo le dichiarazioni di Laketic alla Rtv (le televisione pubblica serba) lo scorso 19 marzo, la commissione ha già realizzato un’indagine medico-scientifica con la collaborazione dell’Istituto “Milan Jovanovic Batut” di Belgrado, centrata sui soggetti nati dopo il 1999 in Serbia centrale: «Dai primi risultati, emerge che nella fascia d’età 5-9 anni si ha una maggiore e significativa percentuale di malati rispetto ad altre fasce di età, oltre a una maggiore disposizione a contrarre nel tempo malattie tumorali maligne del sangue».
Guerra chimica su Belgrado
con Pancevo che bruciava
«Sappiamo inoltre che sull’insorgere delle neoplasia ha influito un fattore tossico, ma non sappiamo quale dei tanti (…). Nel dibattito pubblico è dominante l’uranio impoverito, ma devo ricordare che il DU rappresenta solo la punta dell’iceberg. A causa del bombardamento sono state rilasciate nell’ambiente molte e diverse sostanze cancerogene».

Depleted Uranium e allarme chimico

Dai dati Nato, senza possibilità di riscontro, risultano essere 112 i siti colpiti con DU, di cui 1 in Montenegro, 10 in Serbia e 85 in Kosovo. Tra questi, le città di Pancevo e Kragujevac. Pancevo, il cui distretto industriale comprende anche un petrolchimico e una raffineria, è stata bombardata a partire dal 24 marzo, quando ormai non c’era più nulla da distruggere, salvo far volere per aria diossine e scaricare veleni nel Danubio.
Notizia di Remocontro,
allarme attacco chimico
A Belgrado suona per la prima e unica volta l’allarme attacco chimico. Per aria una nube unica, non si respirava. La radio di Stati che consiglia, chiudetevi in casa e fazzoletti bagnati alla bocca. Con la bomba Pancevo e irrorarci di veleni alle porte della capitale, evacuazione di Belgrado e resa di fatto? Quando la vittima diventa complice di chi la colpisce. Da allora, mai più un allarme di attacco chimico, tutti a respirare veleni, per gli altri tre mesi di bombardamenti che dovevano ancora venire. Tutto questo fu denunciato in diretta tv allora, ma scopro un mondo di distretti.

Zastava, bandiera, automobili e armi

Kragujevac è stata colpita tra il 9 e il 12 aprile. La fabbrica automobilistica “Zastava” di Kragujevac e il nascosto settore militare, kalashnikov e armi leggere – colpita anche con proiettili al DU – è stata subito ripulita da decine di operai della fabbrica per ripartire prima possibile con la produzione. Neoplasie maligne e molti operai deceduti negli anni successivi. 1500 operai della Zastava definiti «casi a rischio». Solo il 17 aprile scorso la commissione di Laketic ha incontrato a Kragujevac una rappresentanza degli operai coinvolti nella bonifica dai quali si è fatta consegnare documentazione medica.
Prima della Serbia la Bosnia, la parte serba alle porte di Sarajevo, ad esempio, dove aveano la loro caserme le forze armate di Karadzic. Bombardamenti pesanti all’uranio impoverito, ma poi, popolazione serba in fuga da pulizia etnica volontaria, e nessuna statistica medica possibile.
Torniamo a Nicole Corritore: «Come mai in Bosnia Erzegovina, a seguito di indagine governativa nel 2004, i cui risultati non sono stati poi resi pubblici, vige il silenzio? Perché non si parla dei civili in Kosovo, bombardato con 25mila dei 31mila proiettili usati nel 1999? Ed infine: viste le conferme scientifiche delle devastanti conseguenze su popolazioni e ambiente, perché non viene bandito l’uso di questi proiettili? Uno scandalo, vergognosamente attuale».

 
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AGAINST PUBLIC-LAW CONCEALMENT OF WAR CRIMES (by Eva-Maria Föllmer-Müller, Current Concerns (CH) n.17/2020)
... The filmmaker and Grimme Prize winner Frieder Wagner had produced a documentary on the use of uranium ammunition (DU) for WDR in 2004 (“Der Arzt und die verstrahlten Kinder von Basra – The Doctor, the Depleted Uranium and the Dying Children”). In 2004, after having once broadcast this documentary about the harmful effects of depleted uranium (DU) in war zones – without the usual advance notice and therefore with a lower viewing rate – the WDR had not given Frieder Wagner any more commissions...
Link to english version of “THE DOCTOR, THE DEPLETED URANIUM AND THE DYING CHILDREN”
 
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Uranmunition: Der verschwiegene Millionen-Mord muss ans Licht!

Christian Müller / 09. Mär 2019 - Alle wissen, dass es Atombomben gibt. Aber wissen auch alle, dass die NATO seit vielen Jahren radioaktive Munition einsetzt?

Das Buch müsste eine Sensation werden. Wenn …

Es geht um einen doppelten Skandal:

  • Die in den Jugoslawien-Kriegen in den 1990er Jahren, im Irak, in Afghanistan und auch wieder in Syrien durch die USA und Grossbritannien eingesetzte Uranmunition hat eine tödliche Langzeitwirkung. Es können in deren Folge in den nächsten Jahren noch Hunderttausende von Menschen daran sterben.
  • Die westlichen Medien wollen davon nichts wissen. Ein Wissenschaftsjournalist der deutschen Tageszeitung DIE ZEIT, Gero von Randow, hat massgebend mitgeholfen, diese «abenteuerlichsten Vermutungen» der deutschen Presse zum Verstummen zu bringen – im Auftrag oder zumindest auf Wunsch des damaligen Chefredaktors Theo Sommer und/oder des (noch heute herrschenden) ZEIT-Herausgebers und NATO-Verehrers Josef Joffe, wie jetzt nachvollziehbar kombiniert werden kann. Siehe hier und hier. Zu Josef Joffe siehe auch hier und hier.

Nur, es ist zu befürchten, dass auch jetzt die Medien dazu schweigen werden. Zu erwarten ist nämlich, dass Tausende die NATO wegen Kriegsverbrechen einklagen und für die Opfer und deren Hinterbliebene finanzielle Entschädigungen verlangen werden. Und welches NATO-Land könnte sich darüber freuen?

Was ist Uranmunition?

Bei der Produktion der Brennstäbe für die Atomkraftwerke und auch bei der Produktion von Atombomben entsteht, gewissermassen als Abfall, abgereichertes Uran – Depleted Uranium, in der gebräuchlichen Abkürzung deshalb DU. Das kann industriell für nichts gebraucht werden, ausser für militärische Zwecke. DU ist nämlich unheimlich schwer – sein spezifisches Gewicht ist mehr als doppelt so hoch wie das von Stahl – und kann dadurch, in geeignete Munition eingebaut, auch locker die Stahlpanzerung eines schweren Tanks durchschlagen. 

Die Uranmunition genannten Geschosse werden vor allem von den US-Kampfjets Fairchild A-10 Thunderbolt gegen Panzer eingesetzt. Dass diese Munition radioaktiv strahlend und hochgiftig ist, wird dabei stillschweigend hingenommen. Seit dem Golfkrieg 1991 setzt die US-Armee – unter offensichtlicher Duldung der NATO-Verbündeten, also auch Deutschlands – urangehärtete Munition, Bomben und Granaten ein. Im Kosovo ebenso wie in Bosnien und Serbien, in Kuwait, Afghanistan, im Libanon, in Somalia, im Irak und in Syrien. 

Ein unermüdlicher Journalist hat recherchiert

Es ist dem deutschen Filmemacher und Journalisten Frieder Wagner zu verdanken, dass das Thema jetzt doch endlich wieder auf den Tisch kommt. Er hat seine Recherchen und Reiseberichte in die kriegsgeschädigten Gebiete in ein Buch gebracht, das eben im proMedia-Verlag erschienen ist: «Todesstaub – made in USA».

Wir haben das Buch gelesen. Zwei Passagen daraus:

«Wenn Urangeschosse ihr Ziel treffen, verbrennt das verwendete abgereicherte Uran zu winzigsten Partikeln. Dieser ‹Todesstaub› kann eingeatmet in alle Organe gelangen, weil er 100 Mal kleiner ist als rote Blutkörperchen und so auch die Mutter-Kind-Schranke überwindet. Die Uranteilchen verseuchen im Irak und überall dort, wo diese Waffen bisher eingesetzt wurden, zudem den Boden, die Luft und das Wasser. Sie verursachen Krebs. Viele Generationen werden über Jahrhunderte geschädigt, weil sich ihr genetischer Code verändert.»

«Eine Studie der britischen Atomenergiebehörde aus dem Jahr 1992 besagt, dass beim Einsatz von 40 Tonnen dieser Munition in bewohnten Gebieten bis zu 500'000 Todesopfer durch radioaktive Verseuchung zu erwarten sind. Im Krieg 1991 (Zweiter Golfkrieg. Red.) wurden allein 320 Tonnen dieser Munition eingesetzt. Wie furchtbar mögen also die Folgen der Uranwaffen in Bosnien (1995), in Jugoslawien (1999), Afghanistan (2001) und im zweiten Irak-Krieg (2003) sein, wo insgesamt circa 2200 Tonnen eingesetzt wurden? Es gibt alarmierende Hinweise, dass vor allem in Afghanistan, von 2001 bis heute, und im israelischen Krieg gegen den Libanon 2006 auch mit höher angereicherten Sprengsätzen experimentiert wurde – mit der Zivilbevölkerung als Versuchskaninchen.»

Der Verlag sagt dazu: «Der Dokumentarfilmer und Autor Frieder Wagner hat in den Kinderkrankenhäusern des Irak Bilder des Schreckens gesehen und aufgenommen. In seinen Filmen ‹Deadly Dust – Todesstaub› (2007) und ‹Der Arzt und die verstrahlten Kinder von Basra› (2003) berichtet er über die Vertuschungsstrategie der Militärs, der Industrie und von Regierungen, aber auch jener der Medien und der Politik. Seine jahrelange Beschäftigung mit dem Thema führte ihn zu den verseuchten Kriegsschauplätzen, wo er gemeinsam mit dem deutschen Arzt Siegwart-Horst Günther (1925–2015) wichtige Fakten zutage förderte, die nun erstmals in Buchform erscheinen.»

Zum Autor Frieder Wagner

Frieder Wagner, geboren 1942, ist deutscher Journalist und Filmemacher. Für seine Fernseharbeiten wurde er mit dem Adolf-Grimme-Preis ausgezeichnet. Seit 1982 stellt er in Personalunion als Autor, Kameramann und Regisseur eigene Fernseh-Dokumentationen für ARD und ZDF her. Seine für die WDR-Reihe ‹Die Story› gedrehte Dokumentation ‹Der Arzt und die verstrahlten Kinder von Basra› über die Folgen des Einsatzes der Uranmunition erhielt 2004 den Europäischen Fernsehpreis. Zu seinem Film «Deadly Dust/Todesstaub; Uranmunition und die Folgen» hier anklicken.

Die Deutsche Zeitung Die Welt hat im Februar 2018 einen ausführlichen Artikel zum Thema Uranmunition publiziert. Darin findet sich gleich am Anfang ein eindrückliches Video, hier anklicken.

Zum Buch: Frieder Wagner: Todesstaub – made in USA, Uranmunition verseucht die Welt. 232 Seiten, mit eingelegter Film-DVD «Deadly Dust – Todesstaub»
 
Weitere Publikationen zum Thema Uranmunition
Zu den Opfern des Einsatzes von Uranmunition gehören, wie im Text erwähnt, auch Tausende von Menschen im ehemaligen Jugoslawien. Es ist deshalb nicht verwunderlich, dass dort das Interesse an diesem Thema deutlich höher ist. In Serbien etwa beschäftigen sich mittlerweile nicht nur Journalisten, sondern insbesondere auch Ärzte, Wissenschaftler und auch Juristen mit den Spätfolgen der von der NATO durchgeführten Bombardierungen mit Uranmunition. Infosperber ist daran, sich die dortigen Forschungsergebnisse zu beschaffen und diese seinen Leserinnen und Lesern in einigen Tagen ebenfalls zugänglich zu machen.