Informazione


ANCORA INIZIATIVE SEGNALATE
Nuovi appuntamenti e qualche reminder di iniziative importanti in programma

* Pisa 23-24/4: ORA E SEMPRE... Due giorni sui vecchi e nuovi fascismi
* Muggia (TS) 23/4: LIPA. Un reading musicale per commemorare una strage
* Conversano (BA) 24/4: JASENOVAC - omelia di un silenzio
* Bologna, sabato 25 Aprile 2015:
– UCRAINA: GOLPE GUERRA RESISTENZA
– DRUG GOJKO. Dai racconti di Nello Marignoli, partigiano italiano nell'Armata Popolare Jugoslava


=== Pisa 23-24/4 ===

http://www.diecifebbraio.info/2015/04/pisa-23-2442015-ora-e-sempre-resistenza/

Pisa, c/o Circolo ARCI Alhambra – Via Fermi 27


ORA E SEMPRE RESISTENZA

Due giorni sui vecchi e nuovi fascismi

GIOVEDI 23/4/2015 ORE 17:30

IL BUON ITALIANO? Crimini fascisti e colpe impunite

Andrea Martocchia – www.diecifebbraio.info
Carlo Giuntoli – Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca

a seguire:

Apericena e Canti Resistenti del Coro Controcanto Pisano

VENERDI 24/4/2015 ORE 17:30

ORA LI RICONOSCETE. Identificare e combattere il fascismo oggi

Ilaria Mugnai – Brigate di Solidarietà Attiva Toscana
Tavolo di discussione: Antifascismo a Pisa. Esperienze e percorsi di lotta in comune

a seguire:

Apericena militante

Giovani Comunisti/e

INFO: gcpisa@... / www.giovanicomunistipisa.wordpress.com



=== Muggia (TS) 23/4 ===

Muggia (TS), giovedì 23 aprile 2015
alle ore 21.00 al Teatro Verdi - Via S. Giovanni, 4

LIPA
Un reading musicale per commemorare una strage
 
Lipa di Giuseppe Vergara, spettacolo prodotto da Teatro Incontro, torna in scena a Muggia nell’ambito delle manifestazioni celebrative del venticinque aprile organizzate dal Comune di Muggia.
  
Questa è la settima replica del reading musicale con Tiziana Bertoli, Luca Giustolisi, Katia Monaco e Stefano Vattovani e la musica dal vivo dell’orchestra Bachibaflax che eseguirà la colonna sonora scritta dal maestro Marco Vilevich.
 
Durante lo spettacolo si potrà ascoltare la storia del paese di Lipa che il 30 aprile del 1944 fu raso al suolo da un rastrellamento nazifascista trasformatosi in una strage di innocenti civili. 269 persone furono trucidate quel triste giorno, 121 di loro erano bambini, gli altri anziani e donne. L’intento dello spettacolo è quello di far conoscere questa triste vicenda attraverso un testo che intreccia il linguaggio storico a quello narrativo.
 
Durata: 1 ora e 40 minuti ca.
Entrata ad offerta libera.
 
Per maggiori informazioni e per la visione di contributi video dello spettacolo
 
http://www.giuseppevergara.com/teatro/lipa/


=== Conversano (BA) 24/4 ===

Conversano (Ba), 24 aprile 2015
c/o La Casa delle Arti, Via Donato Jaia 14

in occasione del 70° anniversario della Liberazione
l'Associazione Culturale "Luciano Locaputo" organizza lo spettacolo

Jasenovac - omelia di un silenzio

1941-45: l’infernale dittatura Ustascia in Jugoslavia 

Spettacolo per attore solo e video – di e con Dino Parrotta - 
Compagnia Primo Teatro

Scritto, diretto e interpretato da : Dino Parrotta
Durata: 60 minuti
Consulenza storiografica: Prof. Andrea Catone, Paolo Vinella 
Scenografia Video: Pasquale Polignano



=== Bologna, 25 Aprile ===


Bologna, sabato 25 Aprile 2015
dalle ore 11:00 alle 12:30 presso: Bar Macondo, Via del Pratello 22

UCRAINA: GOLPE GUERRA RESISTENZA

Presentazione del libro e della campagna della Rete "Noi Saremo Tutto"
http://www.noisaremotutto.org/

promuovono: 
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
https://www.facebook.com/ucraina.antifascista.bo
Campagna Noi Restiamo Bologna



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Bologna, sabato 25 Aprile 2015
alle ore 16:30 presso la Sala Benjamin, Via del Pratello 53

Per il 25 Aprile del Settantesimo:

"DRUG GOJKO"

MONOLOGO DI PIETRO BENEDETTI
TRATTO DAI RACCONTI DI NELLO MARIGNOLI, PARTIGIANO ITALIANO NELL'ARMATA POPOLARE JUGOSLAVA

Nell'ambito del festival antifascista Pratello R'Esiste
https://www.facebook.com/events/1441825289443559/

co-promosso da:
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it
Giovani Comunisti Bologna
https://www.facebook.com/gcbolo

Ingresso a SOTTOSCRIZIONE LIBERA

Sullo spettacolo vedi anche: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm




(srpskohrvatski / italiano)

Radio Jugoslavia può esistere solo in Jugoslavia

1) «Non spegnete Radio Jugoslavia!» (Carlo Perigli, 18 aprile 2015)
2) Radio Jugoslavija nastavlja protest / Medijsko "samoubistvo" države (Glassrbije.org)
3) Le proteste degli impiegati della Radio Internazionale di Serbia (Voiceofserbia.org/it)


O istom temu procitaj:

- UNS: Pronaći rešenje za Radio Jugoslaviju 

- UNV: Podrška opstanku važnog medija za Srbiju 

- SINOS: Posebni zahtevi EU za Srbiju? 

- Mediji o nama


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«Non spegnete Radio Jugoslavia!»



18 aprile 2015

Dopo 79 anni e tre guerre, Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia, sembra destinata a scomparire, lasciando disoccupati e senza liquidazione circa 150 lavoratori

Di Carlo Perigli


«Non spegnete Radio Jugoslavia!», questo il grido con il quale i centinaia di lavoratori della storica emittente stanno manifestando da giorni il proprio dissenso di fronte alla sede del governo serbo, ormai pronto a chiudere, dopo ben 79 anni di servizio, la storica emittente. Un destino triste, per quella che una volta era il fiore all’occhiello del sistema mediatico jugoslavo, l’unica emittente ad onde corte in grado di arrivare in ogni parte del mondo e di farsi comprendere con i suoi programmi in 12 lingue.

Certo, la Jugoslavia non c’è più e con il tempo la radio si è adattata ai ben noti quanto tristi eventi storici, vedendo il suo nome cambiato più volte nel corso degli anni ’90 e 2000, fino al definitivo Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia. Del Paese che fu rimane l’eredità di una radio che iniziò a trasmettere già dal 1936, durante l’allora regno, con il fine di contrastare la propaganda fascista. Una radio che sotto l’occupazione nazista cambiò nome inRadio Jugoslavia Libera, con i programmi trasmessi direttamente dalla Russia, e che iniziò a crescere vertiginosamente con la fondazione della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia.

Ma l’opposizione alla chiusura di Radio Jugoslavia non è solo una questione di nostalgia, tutt’altro, il cuore della questione è composto dalla dignità di circa 150 lavoratori che da un giorno all’altro rischiano di ritrovarsi disoccupati, vittime di una spending review – con annessa e massiccia privatizzazione dell’economia – che sta fagocitando quel che rimane dello stato sociale di Belgrado. In questo senso si spiegano la Strategia sui Media e la legge sull’informazione approvate lo scorso anno, che prevedono la cessazione da parte dello Stato dei finanziamenti diretti nei confronti dei media. Nonostante i primi proclami, il governo non ha manifestato l’intenzione di trasformare o includere Radio Jugoslavia nel  servizio pubblico, decisione che porterà inevitabilmente la radio a scomparire, lasciando i dipendenti senza lavoro né, secondo riportato da InSerbia.info, la liquidazione, che in casi come questi non è prevista.

«Sebbene la nuova legge sui media risale al 2014 – si legge nella lettera inviata dai lavoratori al premier serbo Aleksander Vucic – siamo sicuri che ci sia un modo per Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia di sopravvivere, essendo l’unica stazione ad onde corte del Paese le cui trasmissioni raggiungono tutti i continenti». Chiedono, in sintesi, di far sopravvivere una stazione che offre i suoi programmi in dodici lingue, come fanno altri Paesi europei con le loro emittenti, dalla Deutsche Welle in Germania alla Bbc in Inghilterra. Chiedono di non essere considerati numeri, di vedere riconosciuta la loro dignità, di non permettere che l’avvicinamento della Serbia all’Europa equivalga ad un loro passaggio nel tritacarne sociale.



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Radio Jugoslavija nastavlja protest

Čet, 16/04/2015 - 11:38 -- MRS

Zaposleni u Radio Jugoslaviji (Međunarodni radiо Srbija), nakon četvoročasovnog protesta ispred Vlade Srbije, nisu dobili nikakav odgovor na pismo i zahtev za prijem koji su uputili premijeru Srbije Aleksandru Vučiću. Dobili su samo informaciju da je kabinet predsednika Vlade "uzeo predmet u razmatranje" i da će predstavnici ove medijske kuće biti pozvani na razgovor. Protest se nastavlja i biće ponovljen narednog četvrtka, ukoliko do razgovora ne dođe.

***

Ispred Vlade Srbije održan je četvoročasovni mirni protest više od 70 zaposlenih u Radio Jugoslaviji (Međunarodni radio Srbija), zbog najave gašenja naše medijske kuće, koja postoji već 79 godina i emituje program na 12 jezika. Predstavnici zaposlenih zatražili su prijem i predali pismo za premijera Aleksandra Vučića, u kojem se skreće pažnja na štetnost gašenja takvog medija za interese države Srbije i ukazuje na položaj u koji se dovode svi zaposleni, koji ostaju bez posla, ali i bez adekvatnih nadoknada. Ako ne bude reakcija iz Vlade ili Ministarstva  za kulturu i informisanje, zaposleni su najavili novo okupljanje ispred Vlade sledeće nedelje.

Medijskom strategijom i novim Zakonom o javnom informisanju, predviđeno je povlačenje države iz vlasništva nad medijima i njihovog direktnog finansiranja. Za Radio Jugoslaviju, uprkos ranijim najavama, nije ponuđena nikakva mogućnost transformacije, racionalizacije ili uključivanja u Javni servis, mada je Zakonom utvrđen javni interes informisanja svetske javnosti o dešavanjima u Srbiji.

Direktor Međunarodnog radija Srbija Milorad Vujović ocenio je kako je nedopustivo da se 1. jula ugasi jedini državni servis za informisanje inostrane javnosti o događajima u Srbiji na 11 svetskih jezika, koji emituje program 79 godina. "Taj vid nedovoljno razvijenog sluha je nedopustiv, jer postoji mogućnost da u okviru Javnog servisa, a prema Zakonu o javnim medijskim servisima, radio nastavi da obavlja svoju funkciju", kazao je Vujović novinarima. Prema njegovim rečima, gašenje jedine stanice sa kratkim talasima u zemlji, čiji se program može čuti u svim delovima sveta, predstavlja gubitak i za propagiranje Srbije i ostavlja prazan prostor u informisanju inostrane javnosti i srpske dijaspore. Vujović je ukazao da se u regionu dešavaju suprotni trendovi i da svi žele da obezbede što veći uticaj na javno mnenje u svetu, kao i da 20 zemalja EU takođe imaju ovakav vid svetskog servisa.

Direktor Vujović  kazao je da još uvek nije jasno šta će se dešavati sa zaposlenima, ali postoji bojazan da će svi zaposleni, njih 96, bitu upućeni  na Nacionalnu službu za zapošljavanje, bez otpremnina ili bili kakvih nadoknada. "Nema mogućnosti za privatizaciju ovakvog tipa medija, iako su neki modeli javno-privatnog partnerstva mogući, ali u ovom trenutku to nije ponuđeno kao opcija", rekao je Vujović.

[VIDEO: direktor Radio Jugoslavije Milorad Vujović]

Predsednica Sindikata novinara Radija Jelica Tapušković kazala je da su rukovodstvo i predstavnici sindikata pokušali nekoliko puta da razgovaraju sa predstavnicima Ministarstva kulture i informisanja o svom problemu. "Sa ministrom Ivanom Tasovcem nismo razgovarali, ali nas je primio državni sekretar zadužen za medije Saša Mirković sa kojim je razmatrana mogućnost reorganizacije radija i njegov dalji rad", kazala je ona i navela da su poslednji put sa njim razgovarali u decembru prošle godine. Tapuškovićeva je navela da nakon toga i pored više pisama i zahteva nije bilo odgovora iz Ministarstva kulture i informisanja, da bi pre dva dana, kada je najavljen protest zaposlenih, stiglo pismo u kome se navodi da se "radi na aktu kojim će da se odrede pravne posledice ukidanja radija", bez objašnjenja šta to znači.

Prema njenim rečima, dalji potezi zaposlenih u tom radiju zavisiće od ishoda razgovora sa nadležnima.

[VIDEO: predsednica sindikata i novinar Jelica Tapušković]

[VIDEO: prevodilac i spiker u redakciji za engleski jezik Dragan Milojević]

Zaposleni u Međunarodnom radiju Srbija nosili su transparente na kojima je pored ostalog poslao "Da se glas Srbije i dalje čuje širom sveta", "Tamo gde se ne čujemo, sigurno je kraj sveta".


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Medijsko "samoubistvo" države

Čet, 16/04/2015 - 10:35 -- MRS

Novinarska udruženja i mediji u Srbiji objavili su na svojim internet stranama i u programima saopštenje zaposlenih u Radio Jugoslaviji, koje je izazvalo brojne reakcije. Prenosimo neke od njih.



Ovo je potpuno neverovatno ! Nemam reči da izrazim svoje čuđenje, nevericu i ogorčenost činjenicom da, u vreme pojačavanja informativnog rata u regionu i svetu, Srbija dobrovoljno odustaje od medijskog afirmisanja svojih interesa prema inostranstvu ! A najstrašnije je to što se takva iracionalna i više nego apsurdna odluka donosi u ime "evropskih standarda " u oblasti medija. Pa da li je ikome iz nadležnih instanci poznato da Nemačka kao lider te iste EU ne samo da nema nameru da ukida svoj međunarodni servis, nego čak jača državnu propagandu preko svog "Deutsche Welle"-a ? I da se potpuno ista stvar odnosi i na "Radio France Internationale", BBC, "Voice of America", "Glas Rusije", kao i međunarodne servise Hrvatske, Albanije, Rumunije i mnoštva drugih zemalja ? Posebno je poražavajuće to što bi Srbija u slučaju gašenja Međunarodnog Radija Srbije bila jedina zemlja u regionu koja se SVOJEVOLJNO odrekla tako važnog segmenta svoje državne propagande - i to upravo u vreme kada države u susedstvu taj segment kontinuirano jačaju, iako se nalaze u podjednako teškoj (ili čak i težoj) finansijskoj situaciji ! Pobogu, kakvi su to "evropski standardi" ?! Da li bi , u svesti nekog suženog, plitkog i bahatog birokratskog uma, Srbija trebalo svetu da pokaže da je nekakva beketovska medijska "avangarda" koja će pokazati da je spremna da izvrši ritualno medijsko samoubistvo na državnom nivou i sa mazohističkim žarom još jednom poseče granu na kojoj sedi ?! Potpuno je neshvatljivo takvo ignorisanje objektivnih činjenica i odsustvo svake volje za rešavanje statusa MRS u situaciji koja zahteva još snažnije angažovanje propagandnih potencijala Srbije u skladu sa osnovnim ciljevima državne i nacionalne politike, a nikako ograničavanje ili čak (kao u ovom slučaju ) svesno i namerno odricanje od tih potencijala ! Takav neverovatno rigidan i neodgovoran odnos je ne samo apsurdan nego i štetan po državne interese - a posebno u sadašnjoj bremenitoj spoljno-političkoj situaciji, odnosno situaciji kada sve veći prostor i uticaj na domaćoj medijskoj sceni preuzimaju faktori koji nemaju nimalo afirmativan stav prema tim interesima. Ako je u resornim strukturama preostalo još malo zdravog razuma i osećaja za odgovornu državnu politiku, onda se pod hitno mora pronaći način da MRS nastavi da informiše svetsku javnost - jer, ako su Nemačka i mnoge druge zemlje EU našle način da finansiraju i ojačaju svoje međunarodne servise, onda nema nijednog racionalnog razloga da Srbija ne sledi njihov primer i ne učini isto. Ili je, možda, u ovoj zemlji problem upravo u terminima "racionalnost" i "odgovornost" ?

Ljubo D. Večić

Informisanje inostrane javnosti u javnom interesu

Prema clanu 7. tacka 19. Zakona o javnim medijskim servisima, javni interes, u skladu sa zakonom kojim se uređuje oblast javnog informisanja, koji javni medijski servis ostvaruje kroz svoje programske sadržaje, je informisanje inostrane javnosti o događajima i pojavama u Republici Srbiji.
Po clanu 13. st. 1. i 2. ovog zakona:
RTS pruža medijske usluge na najmanje dva televizijska i najmanje tri radijska programa na teritoriji Republike Srbije.
RTV pruža medijske usluge na najmanje dva televizijska i najmanje tri radijska programa na teritoriji Autonomne pokrajine Vojvodine.
Ako RTS i RTV kao javni medijski servisi nisu duzni da informisu inostranu javnost o događajima i pojavama u Republici Srbiji i ako se u clanu 2. ovog zakona ne pominje "Radio Jugoslavija" ("Međunarodni radiju Srbija") kao javni mediski servis, koji onda javni medijski servis ili drugi pruzalac medijske usluge (i radio-difuzne usluge na kratkim talasima) ima tu duznost (informisanje inostrane javnosti), i to u javnom interesu?

Dejan R. Popovic, dipl. inz.

Čiji je naš javni interes?

Ako nije javni interes države Srbije da informiše svet na 12 jezika preko svog medija, šta je onda njen interes? ILI Čiji je interes da svet informiše o Srbiji putem javnih servisa drugih država!?

Aleksandra Javoljević, politikolog

Prst na čelo

Radio Jugoslavija vec 79 godina na vrlo odmeren način informiše stranu javnost bez bilo kakvog senzacionalizma. To čini na, u svetu, najzastupljenijim jezicima. Mnoge ambasade preuzimaju, baš zbog toga, vesti ove kuće. Kratkotalasna frekvencija je, takođe, i vojna frekvencija. Ovakav medij nikako ne može biti privatizovan, a po zakonu obavlja funkciju od javnog značaja! Kao potpuno poseban slučaj u medijskoj sferi, MORAO bi se pronaći modalitet za opstanak!


Le persone che lavorano nella Radio Internazinale di Serbia terranno le proteste domani davanti al Palazzo del Governo

15. 04. 2015. – Le persone che lavorano nella Radio Internazinale di Serbia terranno le manifestazini di protesta domani davanti al Palazzo del Governo, perché il Governo ha annunciato che chiuderà la nostra Radio, la quale è stata fondata 79 anni fa e che emette i suoi programmi in dodici lingue. La Strategia sui media e la nuova legge sulle informazioni pubbliche prevedono che lo Stato smetterà di finanziare il lavoro dei media. Nonostante gli annunci alla Radio Internazinale di Serbia non è stata offerta nessuna possibilità che essa sia trasformata e inclusa nel Servizio pubblico. La legge prevede però che l'opinione piubblica deve essere informata su quello che accade in Serbia. Gli impiegati della Radio Internazionale di Serbia potrebbero trovarsi sulla strada e senza lavoro, perché per questo tipo di media non sono previste le buonuscite.
Durante le proteste gli impiegati della Radio Internazionale di Serbia consegneranno la lettera al premier Aleksandar Vucic, nella quale saranno sottolineate le conseguenze negative della chiusra della Radio e la situazione difficile nella quale si troveranno gli impiegati. „Noi resteremo senza lavoro e senza buonuscite. Sebbene le nuove leggi sui media siano state approvate nell’anno 2014, siamo sicuri che esista la possibilità che la Radio Internazionale di Serbia continui a lavorare. La nostra è l’unica Radio in Serbia che emetta il suo programma in onde corti. Il suo programma si sente in tutti i continenti. Nella Radio Internazionale di Serbia lavorano meno di cento persone. Prima che prendiate la decisione definitiva, verficate se la Germania abbia smesso di finanzire la Radio Deutsche Welle, la Gran Bretagna la Radio BBC, gli Stati Uniti la Radio Voice of America, la Cina la Radio China international, la Russia la Radio Voce della Russi. La situazione è simile in Croazia, Bulgaria, Romania, Albania. Queste Radio sono finanziate dai loro Stati. Pensateci un po’. Che almeno qualche rappresentante del Governo serbo parli con gli impiegati della Radio Internazionale di Serbia prima che si prenda la decisione finale sul suo destino. La nostra Radio emette il programma in dodici lingue e offre molte potenzialità per la presentazione della Serbia nel mondo. Siamo sicuri che ascolterete la nostra voce“, scrive nella lettera che gli impiegati della Radio Internazionale di Serbia consegneranno al premier Aleksandar Vucic.

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Manifestazioni di protesta degli impiegati della Radio Internazionale di Serbia davanti al Palazzo di Governo

16. 04. 2015. - 19:48 -- MRS

Davanti al Palazzo del Governo serbo le persone impiegate nella Radio Jugoslavia (Radio Internazionale di Serbia) hanno tenuto le manifestazioni di protesta che sono durate quattro ore. Le proteste sono state organizzate perché il Governo serbo ha preso la decisione di chiudere la Radio Internazionale di Serbia, la quale è stata fondata 79 anni fa. La nostra Radio emette il programma in dodici lingue. I rappresentanti delle persone impiegate nella Radio Internazionale di Serbia hanno consegnato la lettera al premier Aleksandar Vucic, nella quale è stato ribadito che la Serbia ha bisogno di una radio del genere e che esiste la possibilità che gli impiegati saranno licenziati senza fuoruscite. Se non arriveranno le reazioni del Governo e il Ministero della Cultura e le Informazioni, saranno tenute nuove manifestazioni di protesta. La Strategia sui media e la nuova legge sull’informazione pubblica prevede che lo Stato cesserà di finanziare in modo diretto i media. Alla Radio Juogoslavia non è stata offerta nessuna possibilità di trasformazione o l’inclusione nel servizio pubblico, anche se la legge prevede che le informazioni su quello che accade in Serbia hanno l’importanza pubblica.
Il direttore della Radio Internazionale di Serbia Milorad Vujovic ha detto che è incomprensibile che sia stata presa la decisione che il 1 luglio sarà chiusa l’unica Radio statale che emetta le trasmissioni in onde corti sugli avvenimenti e la situazione in Serbia in unidici lingue. La Radio Internazionale di Serbia è stata fondata 79 anni fa. Questa forma di autismo è inspiegabile. Secondo la legge sui media pubblici la nostra Radio potrebbe diventare parte del Servizio pubblico. Se cesserà di esistere l’unica Radio che emetta il suo programma in onde corti in tutti i continenti sarà creato un vuoto nello spazio delle informazioni che saranno presentate alla comunità internazioale e la diaspora serba, ha detto Vujovic. Nei Paesi della nostra regione la poltica è diversa. Tutti i Paesi desiderano avere l’influenza sull’opinione pubblica dell’estero. Circa venti Paesi dell’Unione europea hanno una Radio del genere. Non è ancora chiaro che cosa succederà con gli impiegati. Abbiamo paura che 96 persone che lavorano nella Radio Internazionale di Serbia saranno mandati senza fuoruscite all’Uffico nazionale per la ricerca di lavoro. Non esiste la possibilità che la nostra Radio sarà privatizzata. Sono previsti certi modelli della collaborazione tra il settore privato e pubblico nei media. In questo momento quel modello non è stato offerto come una delle opzioni, ha dichiarato il direttore Milorad Vujovic.
La presidente del Sindacato dei giornalisti della Radio Internazionale di Serbia Jelica Tapuskovic ha detto che la direzione e i rappresentanti del Sindacato hanno tentato alcune volte di parlare con gli esponenti del Ministero della Cultura e le Informazioni. Non siamo riusciti a parlare con il ministro Tasovac. Siamo stati ricevuti dal segretario statale alle questioni che riguardano i media Sascia Mirkovic. Con lui abbiamo parlato della possibilità che la nostra Radio sia ristrutturata. Abbiamo parlato con Mirkovic per l’ultima volta a dicembre. Alle nostre lettere inviate al Ministero della Cutura e le Informazioni non sono arrivate le risposte. Due giorni fa, dopo che abbiamo annunciato che avremo tenuto le manifestazioni di protesta, è arrivata la lettera del Ministero, nella quale è stato precisato che si stanno determinando le conseguenze giuridiche della chiusura della Radio. Non è stato spegato il vero significato di queste parole. Le mosse delle persone che lavorano nella Radio Internazionale di Serbia dipenderanno dai risultati dei colloqui con i rappresentanti del Governo, ha dichiarato la Tapuskovic.
Le persone impiegate nella Radio Internazionale di Serbia portavano i manifesti sui quali scriveva: “La voce della Serbia deve sentirsi in tutto il mondo” e “Lì dove non si sente la nostra voce è sicuramente la fine del mondo”. Molti media in Serbia hanno riportato le notizie sulle manifestazioni di protesta degli impiegati della Radio Internazionale di Serbia davanti al Palazzo del Governo.




(srpskohrvatski / italiano)

Aggiornamenti dal Kosmet martoriato

1) Kosovo - Europa sola andata. Storia di un fallimento politico e militare (di Luigi Mazza, 14/3/2015)

2) Nel Kosovo continuano le aggressioni
Osude zbog napada na mladića u Kosovskoj Mitrovici / Che succede a Kosovska Mitrovica? (C. Perigli, 12/4/2015) / Izbodeni mladić operisan

3) Aggiornamenti da www.glassrbije.org
Traže pravdu za srpske žrtve na Kosmetu / Jedanaest godina od pogroma nad Srbima na KiM / Se Priština non formerà il Tribunale per i crimini dell’UCK, lo farà l’ONU / Il premier albanese Edi Rama: "Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico" / Belgrado: se Thaci viene in Serbia verrà arrestato 


Vedi anche:

Diritto e ... rovescio internazionale nel caso jugoslavo
di Andrea Martocchia, segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS
Flashback / Diritto, adieu / La notizia più recente / Il Kosovo e la missione EULEX / Altri aspetti dello stato di illegalità in Kosovo / Il caso Jelisić / La magistratura come prosecuzione della guerra con altri mezzi
Articolo pubblicato nell'ultimo numero (1/2015) di MarxVentuno rivistahttp://www.marx21.it/component/content/article/32-la-rivista-marxventuno/25447-marxventuno-n1-2015.html


=== 1 ===

http://www.lacittafutura.it/mondo/europa/kosovo-storia-di-un-fallimento-politico-e-militare.html

KOSOVO - EUROPA SOLA ANDATA. STORIA DI UN FALLIMENTO POLITICO E MILITARE

Marzo 14, 2015


Tra allarme terrorismo, economia nulla e disoccupazione record, i kosovari fuggono dal Kosovo passando per Serbia e Ungheria. L'Europa non li vuole e presidia il confine serbo-ungherese. A Pristina comanda ancora l'UCK, che Nato e Onu, con la risoluzione 1244, dovevano smantellare. L'ISIS offre fino a 30mila euro ai giovani disoccupati per unirsi nei combattimenti. Intanto nel paese, dopo il fallimento di Eulex, c'è un problema da risolvere: la giustizia. 

di Luigi Mazza 

FUGA DAL KOSOVO 

Si torna a parlare di Kosovo anche in Italia dopo che, dai Balcani, giungono notizie di “emergenza profughi”. Molti analisti, così come i giornalisti locali, parlano di “esodo” e “fuga”, ma i media nostrani non si sbilanciano troppo nonostante le parole chiave – profughi, albanesi, musulmani, allarme terrorismo, Isis ecc. - siano delle migliori per intossicare una narrazione. Il fatto è che il Kosovo è l'emblema più vicino a casa nostra del fallimento delle “missioni di pace” in cui l'Italia più si è spesa; il fatto è che, nella favola balcanica degli anni Novanta, i kosovaro-albanesi erano i veri “buoni” da difendere; il fatto è che a decidere di bombardare Belgrado fu un imbarazzante Bill Clinton, uscito ammaccato dal Sexgate, e che fu Massimo D'Alema a decidere che anche l'Italia era pronta per impantanarsi in Kosovo. 

Ogni giorno centinaia di kosovari fuggono dalla miseria e dalla corruzione di un paese nato già fallito. Sfidano il freddo, il rischio di una multa di 7.500 euro, e affrontano tortuosi viaggi in pullman o costosissimi passaggi in taxi, pur di raggiungere l'odiata Serbia (la cui polizia chiude un occhio) e superare la frontiera con l'Ungheria, presidiatissima da una task force speciale nelle ultime settimane, per entrare in Europa. Puntano soprattutto a Francia, Germania, Austria, Svezia e Olanda. Secondo l'Agenzia Statistica del Kosovo, il paese che si lasciano alle spalle questi nuovi “clandestini” ha una disoccupazione che oscilla tra il 35 e il 45%, per raggiungere il 60% tra i più giovani. E le prospettive future non sembrano buone perché gli investimenti internazionali, che rappresentavano l'unica vera fonte di introiti per la precaria economia nazionale, sono crollati. 

A destabilizzare la situazione interna, e la percezione che se ne ha in Europa, la notizia che lo Stato Islamico - secondo quanto dichiarato proprio dal segretario della comunità islamica in Kosovo, Resul Rexhepi – starebbe offrendo tra i 20 e i 30 mila euro, a fronte di uno stipendio medio di 200 euro, ai giovani kosovari per combattere nelle proprie fila. 55 nuovi adepti sono stati arrestati tra agosto e settembre scorsi, mentre 200 sarebbero quelli partiti per combattere in Siria e Iraq, di cui un centinaio rientrati in patria e 34 morti sul campo. Queste notizie vengono maneggiate con molta cura tra New York, Pristina e Roma: non bisogna dimenticare che i musulmani kosovari, oltre a essere stati coccolati in chiave anti-sovietica, una volta iniziata la missione Nato erano stati lasciati liberi di distruggere e saccheggiare case, ospedali e scuole, così come chiese e cimiteri ortodossi della comunità serba. E non bisogna dimenticare che i kosovaro-albanesi credono in Allah ma anche in Clinton e Bush (a cui dedicano strade, piazze e statue) e nella bandiera a stelle e strisce. 

A ottobre scorso, sulle mura trecentesche del bellissimo monastero ortodosso di Decani, patrimonio Unesco dell'umanità, sono comparse scritte inneggianti all'Isis e all'UCK. Il sito, pattugliato giorno e notte da militari italiani (per questo molto stimati dalla comunità serba locale) è da sempre bersaglio di blitz da parte di gruppi di kosovaro-albanesi, che nel 2007 addirittura lo presero di mira con un lanciarazzi bellico. 

Il KOSOVO OGGI, TRA POLITICA E CRIMINALITÀ 

Sono passati sette anni dalla dichiarazione d'indipendenza del Kosovo e sedici dall'intervento delle forze Nato, che il 12 giugno 1999 entrarono nella “Piana del merlo” per sedare i violenti scontri tra la polizia serbo-jugoslava e le forze militari e paramilitari kosovaro-albanesi dell'UCK (Esercito di liberazione del Kosovo). Il Kosovo oggi è molto più che un paese povero che deve gestire un dopoguerra. Zona franca per contrabbandieri e criminali prestati all'imprenditoria, snodo strategico per i traffici illegali di ogni tipo: da armi e droga, a organi e prostitute. Il tasso di disoccupazione è fuori controllo, e la corruzione impregna a tutti i livelli il tessuto istituzionale: molti degli uomini che dominano la scena politica oggi vengono direttamente dai vertici dell'UCK, formalmente sciolta nel 1999. 

È dalle ceneri dell'UCK che nasce il Partito Democratico del Kosovo (PDK) di Hashim Thaçi, attuale ministro degli esteri ed ex primo ministro (dal 2007 al 2015), che guidò l'UCK finanziandola grazie al commercio di eroina e cocaina. Così come dall'UCK è stato riciclato Ramush Haradinaj, nominato premier nel 2005 e poi costretto a dimettersi perché accusato di crimini di guerra, con 36 capi d'imputazione, dal Tribunale dell'Aja. Haradinaj, oggi leader dell'AAK (Alleanza per il Futuro del Kosovo), è stato assolto in appello e in primo grado dopo che quasi tutti i testimoni sono morti in circostanze misteriose. Smantellare e disarmare l'UCK era uno degli obiettivi centrali della risoluzione 1244 con cui il 10 giugno 1999, con Belgrado ormai piegata dalle bombe della Nato, l'Onu diede mandato alle forze internazionali di entrare in Kosovo. Ma, secondo i serbi rimasti in Kosovo e molti giornalisti indipendenti locali, l'UCK sta tuttora governando il paese perché l'intervento Nato avrebbe spianato la strada proprio a personaggi come Haradinaj e Thaçi. 

Il sistema giudiziario kosovaro è stato creato e gestito direttamente dall'ONU, in collaborazione con Osce e Unione Europea, tramite la missione Umnik. La responsabilità è passata, nel 2008, alla missione Eulex che, se secondo l'immaginario collettivo occidentale era ostacolata da Serbia e Russia, nella realtà ha sempre trovato gli ostacoli maggiori nella stessa classe politica del Kosovo, che non gradisce indagini e processi nei confronti di ex ribelli kosovaro-albanesi e reduci dell'UCK, oggi malamente ripuliti e incravattati. A parte questioni di microcriminalità, Eulex non è riuscita a incidere per aiutare il Kosovo a conquistare uno stato di diritto, ed è finita prima nel mirino della Corte dei conti dell'Unione Europea perché i risultati raggiunti non giustificherebbero le spese sostenute dalla comunità internazionale, e poi è finita nel caos quando la procuratrice britannica Maria Bamieh, membra della stessa EULEX, ha accusato pubblicamente alti funzionari della missione di intascare tangenti per archiviare le procedure avviate. 

Così lo scorso anno l'Unione Europea si era detta pronta a stanziare 150 milioni di euro per istituire un tribunale penale internazionale, simile a quello dell'Aja, ma con sede (anche) in Kosovo. La notizia è sempre rimasta più o meno ufficiosa, ma gli incontri dell'anno scorso tra l'Ufficio del Rappresentante dell'UE in Kosovo Samuel Zhbogar e i leader kosovari, così come la visita di Jonathan Moore per conto del Dipartimento di Stato Usa, lasciavano credere che si sarebbe arrivati presto a una svolta. Che nei fatti non c'è stata. 

La sicurezza interna del neonato stato, ad oggi riconosciuto da 110 paesi delle Nazioni Unite, è praticamente affidata al lavoro dei 5000 uomini (di cui 500 italiani) della missione Kfor, oggi guidata dal generale italiano Salvatore Farina, che lavorano in sinergia con la Kosovo Police, presidiando e pattugliando le zone più a rischio, dalle enclavi serbe alle zone del nord kosovaro e portando avanti missioni diconfidence building e intermediazione tra la cittadinanza serba e quella kosovara. 

Ad oggi in Kosovo, secondo l'organizzazione Humanitarian Fund Law, si sono celebrati 85 processi per crimini di guerra, con 62 imputati albanesi e 22 serbi. Pochissimi, se si pensa che solo tra il 1998 e il 1999 ben 13.146 persone sono morte o sparite nel nulla. E restano impuniti trafficanti di organi, contrabbandieri, mafiosi (locali e non) che fanno affari con armi e droga, così come criminali che fanno viaggiare rifiuti tossici da e per il Kosovo. 

Questo, il più giovane stato d'Europa, è il Kosovo che i kosovari non vogliono più e da cui fuggono passando per la Serbia. 



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Nel Kosovo continuano le aggressioni
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Osude zbog napada na mladića u Kosovskoj Mitrovici, policija obavila uviđaj

Čet, 09/04/2015 - Opštinsko rukovodstvo Kosovske Mitrovice najoštrije je osudilo napad na srpskog mladića S. N. (17) koji je povređen u tom gradu kada su ga napale nepoznate osobe koje su prešle iz južnog u severni deo grada. Gradonačelnik Severne Mitrovice Goran Rakić poručio je počiniocima napada da će biti gonjeni i da na glavnom mostu koji su prešli da bi napali srpske mladiće postoje sigurnosne kamere. Pozivam građane da budu suzdržani, održaćemo sastanak sa kosovskom policijom i obavestiti o daljim koracima koje ćemo preduzeti u pravcu očuvanja mira u gradu, rekao je Rakić. Predsednik privremenog opštinskog organa u Kosovskoj Mitrovici Aleksandar Spirić izjavio je da su zbog poslednjeg incidenta građani Kosovske Mitrovice uznemireni i zabrinuti. U severnom delu Kosovske Mitrovice u blizini ibarskog mosta večeras oko 18.00 časova izboden je mladić srpske nacionalnosti S. N. (17) koji je zbrinut u mitrovičkoj bolnici. Regionalni šef opetrative kosovske policije Željko Bojić izjavio je da je nekoliko osoba sa kapuljačama na glavi prešlo glavni most na Ibru, koji razdvaja severni od južnog dela grada, i da je tom prilikom napadnut srpski mladić. 
(Izvor: Tanjug )

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Che succede a Kosovska Mitrovica?


12 aprile 2015

Nuovamente tesa la situazione in Kosovo e Metochia. Dopo l’aggressione ai danni di un giovane serbo, negli ultimi giorni eventi di violenza si sono verificati ai danni di albanesi e bosniaci


Di Carlo Perigli


Nuovamente alta la tensione a Kosovska Mitrovica, la ‘città divisa’ del Kosovo settentrionale, teatro negli ultimi quattro giorni di diverse aggressioni. A far scattare la scintilla l’accoltellamento subito da un diciassettenne serbo  da parte di un gruppo di cinque persone non identificate, a pochi metri dalla stazione di polizia sul ponte di Austerlitz, che separa  la parte sud della città, a maggioranza albanese, da quella nord, una delle poche enclavi serbe rimaste intatte nella regione.

Mentre proseguono le indagini sull’aggressione, le autorità locali, secondo quanto riportato da Tanjug.sr, hanno avviato un’inchiesta per valutare un’eventuale condotta negligente da parte dei tre poliziotti che avrebbero dovuto vigilare sulla zona, al momento sospesi a tempo indeterminato. Nel frattempo, l’evento ha scatenato un rapido susseguirsi di aggressioni, che fino ad ora hanno portato al ferimento di tre giovani albanesi e di due bosniaci.


“I recenti incidenti a Kosovska Mitrovica –  ha dichiarato alla RTS Milivoje Mihajlovic, direttore dell’Ufficio governativo serbo per le relazioni con i media – mostrano la necessità di una maggiore vigilanza sul fiume Ibar e meno tensione da parte di Pristina. Penso che questi eventi mostrino la tensione etnica che sta emergendo nuovamente, forse causata dai problemi economici, ma sicuramente da alcune idee circolate ultimamente”. Un chiaro riferimento alle dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa dal premier albanese Edi Rama, che aveva prospettato come “inevitabile” la futura unione con il Kosovo, “che all’Ue piaccia o no”. Un’idea che, secondo Mihajlovic, stimola passioni nazionaliste pericolose, anche a causa della mancata condanna da parte di Stati Uniti e Unione Europea. Sentimenti che forse per qualcuno sono utili, specialmente di fronte ad un Paese sull’orlo del baratro, dal quale negli ultimi mesi sono scappate circa 150.000 persone.

Così, l’atmosfera a Kosovska Mitrovica torna a farsi nuovamente incandescente, a distanza di quasi un anno dai tumulti del 22 giugno, quando un nutrito gruppo di nazionalisti albanesi ingaggiò violenti scontri con le forze di sicurezza internazionale, nel tentativo di raggiungere la parte nord della città. La dinamica degli ultimi fatti però, ricorda da molto vicino quella serie di omicidi – in parte mai chiariti – che scatenarono il pogrom anti-serbo del 17 marzo 2004,nel quale persero la vita 28 persone e migliaia di non-albanesi furono costretti ad abbandonare le loro case, buona parte delle quali distrutte insieme a monasteri e cimiteri.


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Fonte: http://www.b92.net 

KM: Izbodeni mladić operisan

Izvor: B92, Beta 

Kosovska Mitrovica -- Mladić S. N. (17) srpske nacionalnosti uboden je nožem u grudi kod glavnog mosta u Kosovskoj Mitrovici. On je operisan, ali je još uvek životno ugrožen.

Povređeni mladić je operisan i nalazi se u stabilnom stanju, ali je i dalje životno ugrožen, izjavio je doktor Saša Dimkić.

"Radi se o povredama nanetim oštrim predmetom od pozadi i to su ozbiljne povrede", rekao je Dimkić i dodao da su sedamnaestogodišnjem N.S. povređeni desna strana grudnog koša, desno plućno krilo, dijafragma i jetra. 

Direktor bolnice u severnom delu Kosovske Mitrovice Milan Ivanovićrekao je nakon incidenta na mostu da je u tu bolnicu dopremljen mladić srpske nacionalnosti, star 17 godina, koga je napala grupa Albanaca koji su iz južnog dela prešli glavni most. Nakon operacije, povređeni mladić je u stabilnom stanju. 

"Povređen mladić S. N. probudio se iz anestezije, a nakon operacije koja je trajala tri sata on se sada oporavlja u šok sobi. On je zadobio tešku povredu, opasnu po život, ali smo zaustavili krvarenje i sada, posle operacije, on se oseća stabilno. Očekujem povoljan postoperativni tok, iako se komplikacije ne mogu isključiti," rekao je za KoSSev, direktor bolnice u Kosovskoj Mitrovic. 

Direktor gradske bolnice je ranije za B92 rekao da je povređeni mladić izgubio dosta krvi.. 

Napad na mladića srpske nacionalnosti dogodio se oko 18 h dok je bio sa još dvojicom mladića, koji su uspeli da pobegnu. 

"Oko 17:50, u blizini glavnog mosta u Severnoj Mitrovici, iz pravca južnog dela, došlo je sedam lica koji su imali kapuljače na glavama. Tom prilikom nanela su povrede N.S., rođenom 1998, oštrim predmetom u predelu plećke. Lice je zbrinuto u bolnici", potvrdio je za KoSSev regionalni komandir Kosovske policije Željko Bojić. 

Nakon incidenta napadači su pobegli u južni deo Kosovske Mitrovice, kazali su svedoci, javlja Beta. 

Bojić je naveo i da su u blizini mosta bili pripadnici KPS-a, ali da niko nije uhapšen jer se sve desilo iznenada i bez povoda. 

Kosovska policija će legitimisati sve koji prelaze glavni most na Ibru u Kosovskoj Mitrovici, rekao je Bojić.

Đurić: Ovo je zločin na nacionalnoj osnovi

Direktor Kancelarije za Kosovo i Metohiju Marko Đurić osudio je napad na mladića u severnom delu Kosovske Mitrovice, ocenivši da se radi o zločinu na nacionalnoj osnovi koji uznemiruje i obeshrabruje. 

"Zločin koji je izveden na nacionalnoj osnovi, na mestu koje treba da bude simbol mira i koje treba i bukvalno da bude most pomirenja i zajedništva, uznemiruje i potpuno obeshrabruje. U predvečerje najvećeg hrišćanskog praznika, Vaskrsa, srpskom narodu na Kosovu i Metohiji se ponovo šalju poruke koje podsećaju na neka loša, a ne tako daleka vremena", rekao je DJurić. 

On je ocenio da je taj napad uznemirio "sve stanovnike Severne Kosovske Mitrovice i sve nas koji ulažemo velike napore da u Pokrajini zaživi mir, tolerancija i bezbedan život za sve građane". 

Kako se navodi u saopštenju Kancelarije, Đurić je pozvao pokrajinske organe i nadležne predstavnike međunarodne zajednice da hitno pronađu i kazne počinioce napada. 

"Samo u tom slučaju ćemo moći da se nadamo da napori koje ulaže Vlada Srbije kako bi se na Kosmetu živelo bolje i bezbednije, nisu uzaludni", kazao je Đurić.

"Pronaći i kazniti napadače"

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Gradonačelnik Goran Rakić ocenio je da je reč o "gnusnom zločinu" čije će počinioce "goniti do kraja". 

"Onima koji pokušavaju da uruše ionako krhki mir u Mitrovici, poručujem da im to neće uspeti", kazao je gradonačelnik severnog dela Kosovske Mitrovice. 

Rakić je pozvao sugrađane da ostanu mirni i pribrani i najavio da će čim dobije prve informacije iz operacione sale o stanju povređenog mladića, održati sastanak sa svim bezbednosnim strukturama u gradu gde će odlučiti o daljim koracima. 
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Predsednik Srpske liste Aleksandar Jablanović najoštrije je osudio napad na mladića S.N. (17) koji je izboden u severnom delu Kosovske Mitrovice i zatražio hitnu reakciju Kfora i Euleksa.. 

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Aggiornamenti da www.glassrbije.org
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L' Associazione dei familiari delle vittime, rapite e uccise dall' UCK nel Kosovo e Metohija, chiedono giustizia:

Traže pravdu za srpske žrtve na Kosmetu

Pon, 30/03/2015 – Predstavnici Udruženja porodica kidnapovanih i ubijenih na Kosovu i Metohiji razgovarali su sa ministrom odbrane Bratislavom Gašićem i predsednikom komisije Vlade Srbije za nestala lica Veljkom Odalovićem. Predsednik Udruženja Simo Spasić je, posle sastanka održanog u Ministarstvu odbrane, izjavio novinarima da porodice punih 17 godina traže istinu i pravdu za srpske žrtve na Kosmetu. Porodice žrtava ne mogu da prihvate da su oni koji su počinili zločine nad Srbima na Kosovu i Metohiji i dalje na slobodi, rekao je Spasić. (............)

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http://www.glassrbije.org/%C4%8Dlanak/jedanaest-godina-od-pogroma-nad-srbima-na-kim

Jedanaest godina od pogroma nad Srbima na KiM

Uto, 17/03/2015 - 08:51 -- MRS

Danas se navršava 11-ogodišnjica martovskog progoma nad Srbima na KiM, kada je 17. i 18. marta 2004. u talasu nasilja ekstremnih kosovskih Albanaca sa Kosmeta proterano još 4.012 Srba. Oni se uglavnom više nikad nisu vratili u svoje domove jer za to nemaju, pre svega, bezbednosne uslove.

Tokom nasilja na KiM 17. i 18. marta 2004. ubijeno je 19 osoba, a povređeno najmanje 170 građana srpske nacionalnosti, kao i desetine pripadnika međunarodnih snaga koji su se, štiteći Srbe i njihovu imovinu, sukobili sa s lokalnim ekstremnim Albancima. Tokom dva pomenuta dana porušeno je oko 800 srpskih kuća i zapaljeno 35 pravoslavnih verskih objekata, uključujući 18 spomenika kulture, među kojima je i čuvena crkva Bogorodice Ljeviške u Prizrenu, podignuta u periodu 1306-1307. godine, na ostacima svetinje iz 11. veka. Stradala je takođe i Prizrenska bogoslovija, koja je na tim prostorima delovala čak i pod Osmanlijama.
Hram Bogorodice Ljeviške, jedan je od najreprezentativnijih spomenika srdenjovekovne Srbije, episkopsko središte srpske crkve u srednjem veku, a monumentalni oblik dobio je u vreme Kralja Milutina (1282-1321), mada je i ranije bio arhijerejsko središte prizrenskog episkopa srpske crkve.

Crkva je nekoliko godina posle martovskog nasilja 2014. delimično obnovljena, prva liturgija u njoj služena je šest godina kasnije, ali tragovi devastacije i požara i danas nisu otklonjeni. Bogorodica Ljeviška u Prizrenu je od 2006. na listi spomenika pod zaštitom UNESKO-a. U prvo vreme hram je obezbeđivao Kfor, a sada ga čuvaju pripadnici Kosovske policijske službe. Prema podacima Eparhije raško-prizrenske SPC, iz aprila 2004, ukupan broj uništenih crkvenih zgrada SPC tokom martovskog pogroma 2004. bio je blizu 100.

Povod ili izgovor za pogrom bila je neosnovana kampanja tamošnjih albanskih medija prema kojoj su lokalni Srbi optuženi da su psima naterali preko reke Ibar grupu dečaka Albanaca iz sela Čabar kod Zubin Potoka, na severu KiM, pri čemu se jedan dečak utopio u reci. Unmik policija utvrdila je da su optužbe bile lažne, a portparol međunarodne policije Neridž Sing izjavio je tada da su albanski dečaci prethodno bili pod jakim pritiskom albanskih novinara i političara da optuže Srbe iz susednog sela. Pogrom albanskih ekstremista nad Srbima 17. i 18. marta 2004. na KiM osudili su Savet bezbednosti UN, kao i EU, a Parlamentarna skupština SE je 29. aprila 2004. donela odgovarajuću rezoluciju.

Petar B. Popović

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Occidente: Se Priština non formerà il Tribunale per i crimini dell’UCK, lo farà l’ONU

19. 03. 2015. – I rappresentanti diplomatici degli USA, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Italia e il rappresentante speciale dell’UE a Priština hanno rilevato che se le autorità di Priština non formeranno il Tribunale speciale per i crimini dell’organizzazione torroristica dell’UCK, quel Tribunale sarà formato dall’ONU. Loro hanno indicato che se il parlamento kosovaro non dovesse riuscire ad adottare la decisione sull’istituzone del Tribunale speciale, quella questione saà subito mandata al Consiglio di Sicurezza, secondo la Risoluzione 1244.
Zapad: Ako Priština ne formira sud za zločine OVK, to će učiniti UN 

Čet, 19/03/2015 - Diplomatska predstavnoštva SAD, Nemačke, Velike Britanije, Holandije, Italije i specijalni predstavnik EU u Prištini upozorili su prištinske vlasti da će, ako kosovski parlament ne uspe da formira Specijalni sud za zločine terorističke OVK, taj sud biti formiran pod okriljem UN. Oni su ukazali da će, ako kosovska skupština ne uspe da izglasa odluku o osnivanju Specijalnog suda, to pitanje bez odlaganja biti preneto na Savet bezbednosti UN, po Rezoluciji 1244.

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Vucic: Kosovo e Albania non si uniranno...

07. 04. 2015. – Il premier Aleksandar Vucic ha dichiarato che il Kosovo e l’Albania non saranno mai uniti. Vucic l’ha detto commentando la dichiarazione del premier albanese Edi Rama che il Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico se l’Unione europea non aprirà le strade per le loro integrazioni europee e la liberalizzazione del regime del rilascio dei visti. Prometto al premier Rama che il Kosovo e l’Albania non si uniranno mai in modo classico, come egli dice. I leader albanesi dovrebbero cessare di provocare l’instabilità nella regione, ha dichiarato Vucic.

Djuric: dichiarazioni di Rama sono un attacco contro la pace e la stabilità nella regione

07. 04. 2015. – Il direttore dell’ufficio dell’Esecutivo serbo per il Kosovo e Metochia Marko Djuric ha comunicato in conferenza stampa che le dichiarazioni del premier albanese Edi Rama sull’unione tra il Kosovo e l’Albania rappresentano un attacco contro la pace, la stabilità nella regione e un invito alla modifica delle frontiere sui Balcani. Tirana dovrebbe smettere di battere sui timpani di guerra. Le dichiarazioni del genere possono causare soltanto il deterioramemto della stabilità nella ragione, la quale è molto fragile. La Serbia non permetterà mai che il Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico, come ha annunciato Rama. Il premier albanese Edi Rama ha detto nell’intervista rilasciata alla TV di Pristina che il Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico se l’Unione europea non aprirà le strade per le loro integrazioni europee e la liberalizzazione del regime del rilascio dei visti ai loro cittadini.

M. Kocijančić, portavoce Commissione europea: Sono inaccettabili le provocazioni di Thaci e Rama:

Kocijančič: Neprihvatljive provokacije Tačija i Rame

08/04/2015 – Izjave premijera Albanije Edija Rame i kosovskog ministra spoljnih poslova Hašima Tačija o ujedinjenju Albanije i Kosova su neprihvatljive provokacije i nisu u skladu sa politikom saradnje u regionu, saopštila je portparolka Evropke komisije Maja Kocijančič. Zapadni Balkan ima jasnu evropsku perspektivu koja je utvrđena na najvišem nivou, poručila je Kocijančič, dodajući da Brisel očekuje od svih u regionu da vode politiku pomirenja i dobrosusedske saradnje. Sve provokativne izjave koje odstupaju od te politike su neprihvatljive, izjavila je portparolka visoke predstavnice EU za spoljnu politiku i bezbednost Federike Mogerini. Rama je nakon zajedničke posete sa Tačijem u Ulcinju rekao televiziji Klan Kosova da će se Kosovo i Albanija ujediniti na klasičan način ukoliko Kosovo ne bude imalo jasnu evropsku perspektivu.Ova izjava izazvala je juče oštru reakciju premijera Srbije Aleksandra Vučiča, koji je rekao da su Rama i Tači "prekardašili" i da se Kosovo i Albanija nikada neće ujediniti.
(Izvor: Tanjug)

Vucic: salutiamo le reazioni dell’Ue alla dichiarazione di Rama 

08. 04. 2015. – Il premier Aleksandar Vucic ha detto che l’Unione europea ha reagito in modo piuttosto timido alla dichiarazione provocativa del premier albanese Edi Rama che il Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico. Deve finalmente terminare il processo del cambiamento delle frontiere sui Balcani, ha detto Vucic a Krupanj, dove ha presenziato all’apertura della fabbrica della compagnia tessile turca Jinsi. La Serbia continuerà a condurre la politica di pace. Noi però non possiamo non reagire alle centinaia di dichiarazioni del genere. Le dichiarazioni del premier albanese Edi Rama e del ministro degli esetri del Kosovo Hashim Taci sull’unione sono le provocazini inaccettabili che non sono in linea con la politca della collaborazione nella regione,ha dichiarato la portavoce della Commissione europea Maja Kocijancic.

Al Parlamento europeo: Inappropriata la dichiarazione del premier Edi Rama sull' unione del Kosovo con l' Albania.

EP: Izjava Edija Rame neprimerena

Uto, 14/04/2015 - Spoljnopolitički odbor Evropskog parlamenta, u raspravi o izveštaju o napretku Bosne i Hercegovine i Albanije, ocenio je neprimerenom nedavnu izjavu albanskog premijera Edija Rame o ujedinjenju Kosova i Albanije, objavila je Al Džazira na svom veb sajtu. U nedavnom zajedničkom intervjuu Rame i kosovskog ministra spoljnih poslova Hašima Tačija prištinskoj televiziji "Klan Kosova", albanski premijer je rekao da "ujedinjenje Kosova i Albanije" ima dve alternative i da sve zavisi od pristupa EU. Predsednik parlamentarne grupe za Srbiju u EP Edvard Kukan rekao je za "Blic" da mu se ne dopada izjava albanskog premijera Edija Rame o ujedinjenju Kosova i Albanije.
(Izvor: Tanjug)

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Kosovo: Belgrado, se Thaci viene in Serbia verrà arrestato 

Belgrado, 16 apr. (AdnKronos/Dpa) - Il vice premier e ministro degli Esteri del Kosovo Hashim Thaci verrà arrestato se andrà in Serbia. Dopo le notizie secondo cui Thaci sarebbe pronto a prendere parte ad una conferenza a Belgrado, sia il ministro dell'Interno serbo, Nebojsa Stefanovic, che il procuratore Vladimir Vukcevic hanno affermato che se questo dovesse avvenire verrebbe arrestato con l'accusa di crimini di guerra durante il conflitto in Kosovo. "La polizia agirà in conformità con la legge e lo consegnerà alla giustizia", ha precisato Stefanovic. "L'inchiesta contro Thaci - ha spiegato da parte sua Vukcevic al quotidiano Blic - è stata sospesa perché è fuori dalla portata delle autorità serbe". (fonte: intopic / Il Tempo)



(srpskohrvatski / руссий / english / francais / italiano)

Serbia: UE e NATO impegnate a rovinare i rapporti con la Russia

1) Nov. 2014: Per la prima volta in 13 anni l'esercito russo è tornato in Serbia / Российская армия возвращается в Сербию 
2) L’intégration européenne de la Serbie au prix des sanctions contre la Russie ? (CdB)
3) Nov. 2014: Serbia does not consider membership in any military alliance (Tanjug)
4) Dic. 2014: Putin ha discusso con il Primo Ministro d'Ungheria e il Presidente della Serbia le prospettive di cooperazione
5) Jan. 2015: NATO–Serbia "Individual Partnership Action Plan" agreed
6) Marzo-Aprile 2015: Forti pressioni dalla UE per rovinare i rapporti tra Serbia e Russia
Nikolić: Kukan fa inutilmente pressione / E. Remondino: Liberazione dal nazismo, boicottaggio di Usa e Ue al 70° celebrato a Mosca. 'Adeguarsi al boicottaggio deciso dagli stati europei'
7) Brevi da www.glassrbije.org:
Mogherini a Belgrado / Dačić: Srbija vojno neutralna, nije otišla ni korak dalje ka NATO-u / Screening a Bruxelles / Mogerini u Beogradu / Mogherini: la Serbia e il Kosovo sono Stati sovrani (SIC) / Nikita Mihalkov cittadino onorario della Serbia: "Vi siamo molto grati perché in tempi estremamente difficili avete deciso di partecipare alla parata militare che a Mosca sarà organizzata in occasione del Settantesimo anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale..." 


Vedi anche: 

La Serbia con i piedi in più staffe (JUGOINFO del 22/9/2014)

Putin: il ‘vaccino’ al virus nazista perde efficacia in Europa (Politika, 16 ottobre 2014)
Traduzione italiana dell'intervista di Vladimir Putin al giornale Politika
ENG.: Putin: Nazi Virus ‘Vaccine’ Losing Effect in Europe (Global Research, October 16, 2014)
http://www.globalresearch.ca/putin-nazi-virus-vaccine-losing-effect-in-europe/5408271
ORIG.: ЕКСКЛУЗИВНИ ИНТЕРВЈУ: ВЛАДИМИР ПУТИН, председник Руске Федерације (Politika, 16.10.2014.)
http://www.politika.rs/rubrike/Svet/Obamin-pristup-Rusiji-je-neprijateljski.sr.html

La Serbia volge a Oriente? Il vero significato della visita di Putin (Joaquin Flores, Oriental Review, 21 ottobre 2014)

Vučić, Renzi ed il Giappone (C. Costamagna,11/4/2015)


=== 1 ===

<< Per la prima volta in 13 anni l'esercito russo è tornato in Serbia. Truppe aviotrasportate di Russia e Serbia terranno esercitazioni congiunte. Essi distruggere la base dei combattenti convenzionali e salvare gli ostaggi.
6 aerei russi Air Force è atterrato all'aeroporto militare di Belgrado. 7 a bordo di veicoli da combattimento in volo, corazzati da trasporto truppa 2, 15 camion e persino ATV con le mitragliatrici. Su tutti gli aerei da trasporto militare sviluppato bandiere russe. Eseguire missioni di combattimento sarà più di un centinaio di paracadutisti. Anche per la prima volta la Russia lavorare qui militanti condizionali distruzione utilizzando ATV veloce e maneggevole.
Gli esercizi si terrà Venerdì prossimo, prima di questa giornata sarà testato fasi distinte: il fuoco di preparazione, il personale e le attrezzature di atterraggio. >>

http://tvzvezda.ru/news/forces/content/201411061646-2ong.htm 

6 ноября 2014, 16:46 

Российская армия возвращается в Сербию 

VIDEO: Размер: 12.05 Mб 
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Впервые за 13 лет российская армия возвращается в Сербию. Десантные войска России и Сербии проведут совместные учения. Им предстоит уничтожить базу условных боевиков и спасти заложников. 
6 самолетов российских ВВС приземлились на военном аэродроме Белграда. На их борту 7 боевых машин десанта, 2 бронетранспортера, грузовики и даже 15 квадроциклов с пулеметами. На всех военно-транспортных самолетах развиваются российские флаги. Выполнять боевые задачи будут свыше ста десантников. Также впервые Россия отработает здесь уничтожение условных боевиков с использованием быстрых и маневренных квадроциклов. 
Учения пройдут в следующую пятницу, до этого ежедневно будут отрабатываться отдельные этапы: огневая подготовка, десант личного состава и техники. 


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L’intégration européenne de la Serbie au prix des sanctions contre la Russie ?

Danas, 18 novembre 2014
Traduit par Jad

L’Union européenne pourrait bloquer les négociations d’adhésion de la Serbie. En cause ? Le refus de Belgrade d’adopter des sanctions contre la Russie. L’étrange valse-hésitation que Belgrade poursuit entre Bruxelles et Moscou indispose de plus en plus les Européens. Berlin s’inquiète des visées russes dans les Balkans.

Par S.Čongradin


L’Union européenne pourrait repousser l’ouverture d’un nouveau chapitre dans le processus d’adhésion de la Serbie, si Belgrade n’accepte pas de prendre des sanctions contre la Russie. « Cela pourrait la réponse de l’UE à la Serbie, si celle-ci refuse de se rallier aux sanctions », assure une source diplomatique de notre journal.


Du côté du gouvernement, on reconnaît que cela pourrait être une manière de « faire pression » sur Belgrade, mais on assure néanmoins que « l’UE comprend la position de la Serbie ». « Il est certain que l’UE n’en arrivera pas à cela, qu’elle ne va pas repousser l’ouverture d’un nouveau chapitre à cause des sanctions, car tout le monde sait bien, à Bruxelles, que c’est une question très compliquée pour la Serbie et qu’il n’est pas possible de faire pression sur nous à cause de cela ».

Le nouveau Commissaire européen à la politique de voisinage et à l’élargissement, Johannes Hahn, qui doit effectuer sa première visite en Serbie jeudi 20 novembre, a appelé le pays à se rallier à la politique de sanctions. Il a souligné que « la Serbie avait une longue histoire et des relations étroites avec la Russie », mais « qu’elle devait faire un choix en ce moment décisif ». Johannes Hahn a rappelé que les pays candidats restaient maîtres du rythme de leur intégration, qui dépend de leurs réformes. « En l’occurrence, il s’agit moins d’adopter les règles de l’UE, que de changer de culture et de manière de penser, en montrant que ces changements sont durables ».

Cependant, Jadranka Joksimović, la ministre sans portefeuille chargée de l’intégration européenne, rappelle que l’adhésion pleine et entière à la politique extérieure et de sécurité de l’UE n’est exigée qu’après l’intégration effective du pays. « Nous n’avons même pas encore ouvert le premier chapitre de nos négociations. En tant que pays candidat, nous avons le droit de défendre nos intérêts économiques particuliers, et nous le faisons. L’UE elle-même n’est pas toujours cohérente en la matière, car certains États membres ont des positions très contrastées sur plusieurs dossiers ».

Le Premier ministre Aleksandar Vučić a déclaré lundi qu’il ne voyait pas pourquoi l’UE serait gênée par le fait que la Serbie conserve des relations particulières et étroites avec la Fédération de Russie, même si son objectif stratégique demeure l’intégration européenne. « Nous n’allons pas rejoindre une autre Union, un quelconque cadre euro-asiatique... Nous nous dirigeons vers l’Union européenne et nous remplissons tous nos devoirs ».

Aleksandar Vučić a rappelé qu’Angela Markel avait aidé la Serbie « au moins à trois reprises ». « L’Allemagne nous aide d’un point de vue politique, et elle nous aide beaucoup sur le plan économique. Par ailleurs, nous avons des relations normales et une collaboration correcte avec Poutine ».

« N’oubliez pas que la Serbie est un pays indépendant et souverain - nous ne sommes ni une ’petite Russie’, ni une ’petite Amérique’. Nous sommes la Serbie et nous défendons avec honneur notre nom, ce qui veut dire que nous prenons nous-mêmes les choix qui nous concernent », a ajouté Aleksandar Vučić.

« Le rôle du gouvernement de Serbie est de défendre les intérêts de ses citoyens, et il le fait du mieux possible. Si la Pologne perd 1,5 milliards à cause de l’arrêt du commerce avec la Russie, l’UE lui assurera 1,5 milliards. Mais qui compensera la Serbie de ses pertes ? »

Par ailleurs, l’hebdomadaire allemand der Spiegel écrit dans sa dernière livraison que la stratégie de Vladimir Poutine dans les Balkans inquiète Berlin. La chancelière Merkel serait préoccupé du développement d’une politique russe agressive et anti-occidentale dans les Balkans. « Moscou essaie de lier la Serbie à travers la coopération militaire et l’accord sur le gaz », note un rapport cité par le magazine.

D’un autre côté, le journal Komersant de Moscou souligne que les soldats serbes « s’entraînent des deux côtés », et que « la neutralité militaire de la Serbie passe par une coopération ouverte tant avec avec la Russie qu’avec l’OTAN. Le journal rappelle qu’après les manoeuvres serbo-russes SREM 2014, les exercices conjoints « Platinaski Vuk » ont commencé dans le sud de la Serbie, impliquant des soldats serbes et des troupes de l’OTAN. Le journal ajoute encore que si Belgrade revendique officiellement cette neutralité militaire, la politique de la Serbie demeure « surprenante ». Kormersant note encore que la récente visite en Serbie du patriarche orthodoxe Cyrille de Moscou était prévue de longue date, mais qu’elle n’était pas dégagée d’arrières-pensées politiques.


=== 3 ===


11/21/2014

Serbia does not consider membership in any military alliance

BELGRADE - Serbia, as a military neutral country, is developing partnerships in the East and West, based on mutual respect and interest, and is not considering membership in any military alliance, Serbian Defense Minister Bratislav Gasic has said in China.
The starting points for Serbia's national security are the pro-EU foreign policy and improvement in cooperation with the most influential actors of the international community and states in the region, Gasic said at the Xiangshan Forum, the prestigious science conference held in Beijing.
During the conference, which was declared open by Chinese Minister of National Defense General Chang Wanquan, Gasic, noted that South-Eastern Europe has major geostrategic importance and potential.
Because of that, the states in that part of Europe bear direct responsibility for making this area safe.
“Reaching the needed level of security is a key prerequisite for integrating the region into the global security network. It is Serbia's stand that the main threats to regional, but also international security are terrorism, cross-border crime, proliferation of weapons of mass destruction, corruption and drug trafficking,” Gasic said.
Thanking China for hospitality, the Serbian defense minister underscored that he is satisfied with the talks that he had during his visit to China.
“The extraordinary results of the modernization process in our wonderful country prove what China represents today in international relations. At the same time, they confirm in the best possible way that the Serbian leadership were right when they decided to build a strategic partnership with China, and make China one of the four pillars of Serbia's foreign policy,” Gasic concluded.


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Putin ha discusso con il Primo Ministro d'Ungheria e il Presidente della Serbia le prospettive di cooperazione

7/12/2014 

Durante una conversazione telefonica per discutere di cooperazione alla luce della cessazione del progetto "South Stream"

MOSCA, 7 dicembre /TASS/. Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il Primo Ministro ungherese Viktor Orban e il Presidente della Serbia Tomislav Nikolic. Lo ha riferito il servizio stampa del Cremlino.

Sono state esaminate le questioni attuali della cooperazione bilaterale, così come le prospettive di un’ulteriore cooperazione nel settore energetico alla luce della cessazione del progetto "South Stream".

Il 1 dicembre Putin ha dichiarato che nelle attuali circostanze la Russia non realizzerà il progetto" South Stream Gazprom". Il CEO di “Gazprom”, Aleksej Miller ha detto che il progetto "South Stream" non sarà più attuato. "Il progetto è chiuso", ha detto.

La reazione di Serbia e Ungheria

Dal canto suo, il Primo Ministro della Serbia Aleksandar Vucic ha definito la decisione della Russia "una cattiva notizia". Secondo lui, più di chiunque altro in questa situazione, sono colpite Serbia e Ungheria.

"La Russia ha il diritto di prendere una decisione del genere e l'Ungheria lo ammette" ha detto il Ministro degli Esteri dell'Ungheria Peter Sijarto, notando come il suo paese sarà costretto a cercare nuove fonti di approvvigionamento di gas per sostituire il "South Stream".

Fonte: http://itar-tass.com/politika/1629278


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http://www.b92.net/eng/news/politics.php?yyyy=2015&mm=01&dd=16&nav_id=92890

Tanjug News Agency – January 16, 2015 

IPAP "improves Serbia-NATO cooperation"

BRUSSELS: Jens Stoltenberg welcomed on Friday the adoption of the Individual Partnership Action Plan with Serbia, "which improves cooperation between Serbia and NATO."
This is an important step in strengthening dialogue, understanding and cooperation, the western military alliance's secretary-general said in a statement for the media.
Stoltenberg said he fully understood Serbia's policy of military neutrality, stressing that NATO was working with many nautral countries on the same basis. 
The IPAP, adopted by the NATO Council on Thursday, contains details on Serbia's future activities within the Partnership for Peace programme, and Stoltenberg noted that the cooperation between the two sides was mutually beneficial. 
Serbia has been a member of NATO's Partnership for Peace programme since 2006, he pointed out.
The IPAP was supposed to enter into force in later 2014, but its adoption by the Council was blocked by Albania for a time.

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http://www.aco.nato.int/nato-and-serbia-agree-first-individual-partnership-action-plan.aspx

North Atlantic Treaty Organization, Allied Command Operations – January 21, 2015

NATO and Serbia agree first Individual Partnership Action Plan

Story by NATO Military Liaison Office Belgrade.

Tuesday 20 January 2015, NATO and Serbia agreed the country’s first 
Individual Partnership Action Plan (IPAP) with a view to intensifying 
practical cooperation and bilateral dialogue.

An IPAP enables NATO and individual Allies to provide tailored 
assistance to partner countries by setting out cooperation objectives 
and priorities in defence and political affairs, as well as science and 
public diplomacy. The IPAP with Serbia will focus on reform activities 
that have been conducted through various Partnership for Peace 
mechanisms since 2006.

While Serbia does not aspire to join NATO, it is seeking to deepen 
relations with the Alliance and open accession talks with the European 
Union.

The Head of Department for NATO and Partnership for Peace at the 
Ministry of Foreign Affairs Dijana Ivancic said that Serbia wished to 
remain a reliable and predictable partner of the Alliance.

"Serbia sees IPAP as an optimal framework of cooperation that can 
primarily contribute to further improving of our defense and security 
system. We expect assistance from the Alliance in realization of the 
defined goals and priorities. The adoption of IPAP opens the possibility 
of raising the level of political dialogue too ” said Ivancic.

NATO and Serbia are currently working on 41 Partnership Goals, ranging 
from defence planning, public information, and cyber defense, to medical 
support, language training, and gender perspective.

The Chief of the NATO Military Liaison Office in Belgrade, Brig. Gen. 
Lucio Batta, explained that Serbia and NATO wanted to improve the 
Serbian public’s understanding of their partnership activities in the 
future, and added that his office would play a role in that regard 
during the implementation of the IPAP.

"It is important to have the Serbian citizens aware of our growing 
cooperation, as the upcoming reforms will not only improve their 
individual security, but will also allow Serbia to continue making its 
valuable contributions to UN and EU peacekeeping missions,” said Brig. 
Gen. Batta.

Story by: NATO Military Liaison Office Belgrade.


=== 6 ===

Nikolić: Kukan fa inutilmente pressione 

20. 03. 2015. – Il presidente della Serbia, Tomislav Nikolić, ha dichiarato che il capo della Delegazione del Parlamento europeo, Eduard Kukan, fa inutilmente pressione su lui di prendere una decisione che non e’ nell’interesse dei cittadini della Serbia, in risposta ad una dichiarazione che Kukan aveva espresso ad un quotidiano belgradese, in cui aveva detto che Nikolić non dovrebbe partecipare alla parata militare di Mosca il prossimo 9 maggio. Per tale occasione, Nikolić ha sottolineato che è scortese dare consigli a qualcuno che non ha chiesto consigli. Nel comunicato del Gabinetto del capo dello Stato serbo viene evidenziato che non era mai successo che Nikolić o qualsiasi altro politico serbo abbia dato consigli al presidente del suo paese, dove deve stare e cosa può o non può fare. Il presidente rappresenta in modo inequivocabile tale parere, e questo non riuscirà a cambiarlo nessuno, e quindi neanche il signor Kukan.
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http://www.remocontro.it/2015/04/11/liberazione-dal-nazismo-boicottaggio-usa-ue-70-celebrato-mosca/

11 aprile 2015 

Liberazione dal nazismo. Boicottaggio di Usa e Ue al 70° celebrato a Mosca? 

Pressioni di Bruxelles su Belgrado 'ad adeguarsi al boicottaggio deciso dagli stati europei'. Chi? 

di Ennio Remondino 
giornalista, già corrispondente estero Rai e inviato di guerra

70 anni dalla vittoria sul nazismo cui l’Unione Sovietica ha dato il contributo di 23 milioni di morti. Ma il 9 maggio a Mosca, dopo quel sacrificio enorme che portò alla vittoria alleata nella II Guerra mondiale, qualcuno gioca sporco facendo entrare la storia di ieri nella politichetta di oggi

Strana e triste vicende in cui la politica interferisce con la storia e la offende. In questi mesi di forte tensione tra Stati Uniti e la loro propagine NATO verso la Russia, la storica parata di ogni 9 maggio a Mosca, per celebrare la vittoria della II Guerra Mondiale, si è trasformata in ricatto politico diplomatico. Da un lato Putin cerca di garantirsi la partecipazione degli Stati europei alleati durante il conflitto, dall’altro Stati Uniti, Nato e l’Ue (chi?) spingono affinché l’invito venga respinto o accolto in tono minore, ad esaltare il discusso isolamento del Cremlino in Europa e nel mondo.
 
‘La prima Nazione a trovarsi nel mezzo di questo contrasto è stata la Repubblica Ceca’, documenta Luca Susic su Analisi Difesa. Ma a Praga il presidente Miloš Zeman, ha risposto picche alla pretesa decisamente inusuale fatta dall’ambasciatore Usa di non recarsi a Mosca il ‘Giorno della Vittoria’. Nell’operazione di propaganda contrapposta, questo “gran rifiuto” è stato ovviamente celebrato dai media filorussi, per spingere gli altri paesi indecisi a fare lo stesso. E fra tutti gli stati coinvolti nella diatriba, uno di quelli più in difficoltà è certamente la Serbia (anche se non sola). Vediamo il perché.
 
Una Serbia che, come è avvenuto per tutti gli ex paesi socialisti, deve farsi accogliere nell’Alleanza Atlantica per arrivare all’Unione Europea. Contemporaneamente Belgrado, per cultura e storia, ha buoni rapporti con la Russia, sia in campo economico che militare. Ambivalenza piena di difficoltà ed equivoci. Il 6 aprile il Presidente Tomislav Nikolic ha annunciato che l’Esercito parteciperà alle celebrazioni a Mosca. Secondo il quotidiano Vecernje Novosti, la rappresentanza sarà affidata alla Garda, reparto dell’élite dell’esercito serbo, addestrato sia per impegni operativi che di cerimoniale.
 
La presa di posizione del Capo di Stato è stata accolta positivamente in Serbia, soprattutto dal vasto fronte interno contrario all’adesione della Serbia alla NATO e sostenitore di un più stretto rapporto col Cremlino. Sono molti in Serbia a ricordare i tre mesi di bombardamenti ‘umanitari’ della Nato per l’indipendenza del Kosovo albanese. Scelta comunque non scontata, soprattutto perché i vertici politici serbi prestano sempre molta attenzione a non contrariare apertamente gli Stati Uniti e l’Ue che a loro volta non risparmiano certo ‘consigli’ e decise ‘sollecitazioni’ di tipo politico-diplomatico.
 
Giorni fa, l’autorevole quotidiano di Belgrado Politika, ha scritto esplicitamente di ‘ammonimenti’ di Bruxelles ‘ad adeguarsi al boicottaggio deciso dalla maggioranza degli Stati europei’. Chi, dove, in quale viste? Mogherini tace. Lo stesso giornale ha sottolineato come sia difficile per la Serbia non esserci dopo l’ottobre scorso Vladimir Putin aveva presenziato alla parata militare per celebrare i 70 anni dalla liberazione della capitale serba nel 1944. In quella occasione era stato riconosciuto il ruolo dall’Armata Rossa nella presa di Belgrado, sempre stata attribuita ai soli partigiani jugoslavi.
 
Reazioni Ue con toni ricattatori. Lo slovacco Eduard Kukan, esplicito: ‘Nikolic deve essere conscio che un tale gesto può avere delle conseguenze sul processo di integrazione nell’Europa’. Replica da Belgrado: ‘dovremmo mandare al mondo il messaggio che la Serbia si vergogna del proprio passato e della vittoria sul nazi-fascismo?’. Per Kukan solo vergogna: ‘Il Paese da cui viene lui sarebbe parte della Germania nazista se i russi non avessero sfondato il fronte tedesco’. Stop da Belgrado ad una ‘macchinazione guerrafondaia anti-russa non utile né all’Europa, né alla Russia né alla Serbia”.
 
Altre Fonti : Analisi Difesa 



=== 7 ===
Brevi da www.glassrbije.org:

Federica Mogherini a Belgrado la settimana prossima 

20. 03. 2015. – L’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza, Federica Mogherini, visiterà la settimana prossima Belgrado e Priština, è stato comunicato dal suo gabinetto. Sia la Serbia che il Kosovo, dopo le elezioni dell’anno scorso, stanno attraversando molte sfide, soprattuto per quanto riguardano le riforme sociali e politiche e la totale normalizzazione dei rapporti, ha affermato la Mogherini, aggiungendo che si parlerà anche sull’attuazione dell’Accordo di Bruxelles nel dialogo Belgrado-Priština.
Dačić: La Serbia e' militarmente neutrale, non ha fatto un passo avanti verso la NATO:

Dačić: Srbija vojno neutralna, nije otišla ni korak dalje ka NATO-u

Ned, 22/03/2015 – Srbija je vojno neutralna zemlja i nismo otišli ni korak dalje ka članstvu u NATO-u, izjavio je prvi potpredsednik Vlade i ministar spoljnih poslova Ivica Dačić. On je za TV Pink, komentarišući Individualni plan partnerstva (IPAP) između Srbije i NATO-a, rekao da Srbija nema nameru da postane članica NATO-a, ali da postoji zajednički interes izgradnje mira u regionu, u saradnji sa Alijansom. Dačić je dodao da se saradnja Srbije i NATO-a odvija na dobro poznatim osnovama i da Srbija sa Alijansom ima Potpisan ugovor o partnerstvu za mir. Saradnjom sa NATO-om dobili smo dodatne garancije da bilo kakve kosovske bezbednosne snage neće moći da uđu na sever KiM bez saglasnosti Alijanse, ukazao je Dačić. On je naglasio da je cilj Srbije da gradi partnerske odnose sa svima, podsetivši da Srbija ima isti status posmatrača i u Organizaciji za kolektivnu bezbednost i saradnju (ODKB), koju predvodi Rusija. (Izvor: Tanjug)

Miscevic e Milenkovic seguono ultima fase dello screening a Bruxelles

24. 03. 2015. - Il capo del team serbo che conduce le trattative sull’adesione all’Unione europea Tanja Miscevic e la direttrice dell’ufficio dell’Esecutivo serbo per le integrazioni europee Ksenija Milenkovic si trovano a Bruxelles, dove sta finendo lo screening dell’ultimo dei 35 capitoli delle trattative sull’adesione della Serbia. Lo screening è il processo della verifica dettagliata dell’allineamento della normativa dei paesi candidati per l’adesione con quella dell’Unione europea. Ogni capitolo nelle trattative viene sottoposto allo screening, dopo il quale la Commissione europea stende le relazioni sui risultati ottenuti e il Governo del paese candidato stabilisce i piani delle attività per l’ulteriore allineamento delle norme. Entro l’anno saranno probabilmente aperti i capitoli 23 e 24, che riguardano il sistema giuridico e i diritti umani, e il capitolo 35 che riguarda la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina.

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Mogerini u Beogradu: Otvaranje poglavlja sa EU do kraja godine

Pet, 27/03/2015 - EU vidi evropsku budućnost Srbije i spremna je da prva pregovaračka poglavlja budu otvorena ove godine, poručila je visoka predstavnica EU Frederika Mogerini u Beogradu na zajedničkoj konferencfiji za novinare sa predsednikom Vlade Srbije Aleksandrom Vučićem. Premijer je ponovio da je Srbija privržena evropskom putu i zahvalio šefici evropske diplomatije na podršci. Mogerinijeva, koja boravi u Beogradu prvi put otkako novembra prošle godine stupila na dužnost, razgovarala je i sa predsednikom Srbije Tomislavom Nikolićem, ministrom spoljnih poslova Ivicom Dačićem i predsednicom Narodne skupštine Majom Gojković, istakavši da EU ceni ulogu Srbije u regionu.

Za Srbiju i njeno rukovodstvo Kosovo nije nezavisna država

Predsednik Vlade Srbije Aleksandar Vučić i visoka predstavnica EU za spoljnu politiku i bezbednost Federika Mogerini istakli su u Beogradu da da su razgovorali o svim važnim i otvorenim pitanjima koja su u vezi sa evropskim putem Srbije, dijalogu sa Prištinom, ekonomskim i reformama u oblasti vladavine prava.
Vučić je posle razgovora naglasio iskreno nastojanje Srbije da modernizacijom i osvajanjem brojnih standarda u reformskom procesu od koga, kako je naveo, neće odstupiti kako bi postala deo porodice evropskih modernih naroda.
Srbija ne želi da bude teret EU, već deo te porodice i ispuniće mnoge obaveze koje je očekuju na tom putu, rekao je Vučić. On je naveo da će ove godine neka pregovaračka poglavlja biti otvorena i zahvalio visokoj predstavnici na podršci koju pruža Srbiji. Vučić je ponovio da Srbija veoma ceni i poštuje  njen iskren i otvoren stav „da nema nikakve skrivene agende za Srbiju“.
Premijer Srbije je ponovio da za Srbiju i njeno rukovodstvo Kosovo nije nezavisna država i istakao spremnost Beograda da sa predstavnicima albanske države, kao i svim ostalim zemljama u regionu, učestvuje u realizaciji zajedničkih infrastrukturnih projekata, jer je to u interesu građana regiona.
Federika Mogerini je potvrdila da podržava evropski put Srbije i aktivnost koje na tom putu preduzima, kao i da predstoji još dosta rada na ispunjavanju zacrtanih obaveza. Ona je takođe istakla da je prioritet otvaranje poglavlja da bi, kako je dodala, EU pokazala da se ceni evropsko opredeljenje.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Na pitanje o njenoj jučerašnjoj izjavi u Prištini da Srbija i Kosovo razgovaraju kao dve suverene države, Mogerini je ukazala da su mediji promenili kontekst te izjave. Ona je objasnila da je u kolokvijalnom razgovoru sa studentima u Prištini pomenula zapravo dve strane, ali i da je dodala da pet država EU nije priznalo nezavisnost Kosova, a što su mediji uglavnom prećutali.
Visoka predstavnica EU je napomenula da je s premijerom Vučićem razgovarala i o tome da jedna od tema naredne runde dijaloga Beograda i Prištine u Briselu bude formiranje Zajednice srpskih opština. Ujedno je i podsetila da uloga EU u dijalogu nije da pregovara već da posreduje. Agendu i sadržaj ne definiše EU, već strane u dijalogu, naglasila je Mogerini.                                                                                                                                           
Na pitanje da li će Brisel zaštiti pripadnike srpske civilne zaštite na Kosovu  koje Priština tretira kao paravojnu formaciju, Mogerini je istakla da je juče postignut veoma pozitivan dogovor o tom pitanju.

Izveštaj Mladena Bijelića

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Federica Mogherini ha parlato a Belgrado con Aleksandar Vucic 

27. 03. 2015. – L’alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini ha dichiarato a Belgrado che la Serbia ha il futuro europeo e che i primi capitoli nelle trattative sulla sua adesione all’Unione potrebbero essere aperti entro la fine dell’anno corrente. Lei ha detto dopo il colloquio con il premier serbo Aleksandar Vucic che le riforme in Serbia hanno dato buoni risultati, che si sta realizzando l’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina che è stato siglato a Bruxelles e che la Serbia si sta avvicinando all’Unione europea. Il premier Vucic ha detto che la Serbia desidera diventare parte integrale della famiglia europea, ed ha ringraziato l’alto rappresenante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza dell’appoggio alla Serbia.

Dacic e Mogherini sperano che presto saranno aperti i primi capitoli

27. 03. 2015. – Il primo vice premier, nonché il capo della diplomazia della Serbia Ivica Dacic e l’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza Federica Mogherini hanno constatato a Belgrado che la Serbia ha ottenuto buoni risultati nel processo dell’avvicinamento all’Unione europea, ed hanno espresso la speranza che presto saranno aperti i primi capitoli nelle trattative sull’adesione della Serbia all’Unione europea. Dacic e la Mogherini hanno detto che la recente chiusura dello screening e la risoluzione del Parlamento europeo sulle integrazioni europee della Serbia è uno degli indicatori che sono stati conseguiti buoni risultati in quel processo.

Commissione europea: La Ue non ha cambiato la sua posizione sul Kosovo

27. 03. 2015. – La nostra posizione sullo status del Kosovo non è cambiata. Spetta ai Paesi membri dell’Unione europea prendere la decisione sul suo riconoscimento, ha dichiarato la portavoce della Commissione europea Catherine Ray rispondendo alla questione del giornalista se la posizione europea sia stata cambiata, tenendo presente che l’alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini ha detto a Pristina che la Serbia e il Kosovo sono stati sovrani. Cinque Paesi dell’Unione europea, Grecia, Romania, Slovacchia, Cipro e Spagna non hanno riconosciuto la secessione del Kosovo.

Nikita Mihalkov è diventato cittadino onorario della Serbia 

17. 04. 2015. – Al famoso regista russo Nikita Mihalkov è stato consegnato il riconoscimento nel quale egli è stato proclamato cittadino onorario di Belgrado. A Michalkov è stato comunicato che a partire da oggi egli ha una casa anche a Belgrado. Dopo che il sindaco di Belgrado Sinisa Mali e il presidente dell’assemblea comunale Nikola Nikodijevic hanno consegnato il riconoscimento a Mihalkov egli ha detto ringraziando che la Serbia non ha paura di essere alleata della Russia nei tempi difficili. Quell’amicizia può causare molti problemi. I miei sentimenti nei confronti della Serbia e i serbi sono talmente profondi che nessun premio o riconoscimento può esprimerli. Adesso avete posto il sigillo sul mio cuore, ha dichiarato Mihalkov.

Nikolic ha detto a Mihalkov che la Serbia non tradisce mai i suoi amici

17. 04. 2015. – La Serbia non tradirà mai i suoi amici, anche nei momenti più difficili, ha dichiarato il Presidente dello Stato Tomislav Nikolic durante il colloquio con il regista russo Nikita Mihalkov. Nikolic ha ricordato che la Serbia celebrerà quest’anno il duecentesimo anniversario dell’inizio della ribellione di Takovo contro l’Impero ottomano e il settantesimo anniversario della vittoria contro il nazi-fascismo. Nelle nostre lotte e combattimenti per la pace e la libertà la Serbia e la Russia si trovavano sempre fianco a fianco, ha detto Nikolic. Esprimendo la gratitudine Mihalkov ha detto di essere orgoglioso perchè è diventato il cittadino onorario di Belgrado. Vi siamo molto grati perché nei tempi estremamente difficili avete deciso di partecipare alla parata militare che a Mosca sarà organizzata in occasione del settantesimo anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale e perché i soldati serbi passeranno in sfilata in Piazza rossa, ha dichiarato Mihalkov.




(Si vedano anche le dichiarazioni preoccupate di Simon Wiesenthal, risalenti al 1993, in merito distruzione della Jugoslavia ed al sostegno europeo e statunitense al nazismo croato:

http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=586:il-centro-wiesenthal-denuncia-la-cerimonia-svoltasi-a-zagabria-in-croazia-in-memoria-del-boia-croato-ante-pavelic&catid=2:non-categorizzato

Il Centro Wiesenthal denuncia la cerimonia svoltasi a Zagabria in Croazia, in memoria del boia croato Ante Pavelic.


Gerusalemme. Il Centro Simon Wiesenthal ha duramente denunciato lo svolgimento di una funzione religiosa svoltasi ieri nel centro di Zagabria alla memoria del boia croato Ante Pavelic che fu a capo dello Stato Indipendente di Croazia (NDH) durante la Seconda guerra mondiale. In una presa di posizione in data odierna del suo principale cacciatore di nazisti, lo storico dell’Olocausto Efraim Zuroff, il Centro ha posto in risalto il ruolo determinante assunto dalle iniziative di genocidio lanciate da Pavelic contro i serbi, gli ebrei e gli zingari in Croazia nel corso della Seconda guerra mondiale nonché la persecuzione sistematica e l’assassinio degli antifascisti croati.

A parere di Zuroff:

E’ arduo immaginare che nel centro della capitale di uno dei Paesi membri dell’Unione europea, in prossimità della comunità ebrea di Zagabria, centinaia di persone si siano raccolte ieri per commemorare uno dei più grandi carnefici della storia europea. Simile cerimonia è un vero insulto alla memoria delle centinaia di migliaia di vittime innocenti di Pavelic. Essa costituisce inoltre un distintivo di vergogna per la Chiesa cattolica, che ha permesso lo svolgimento della cerimonia nella Basilica del Cuore di Cristo, il quale, se fosse vissuto durante il Secondo conflitto mondiale, sarebbe stato anch’egli preso di mira e fisicamente eliminato”.

Bruxelles deve fare i conti con il ritorno del fascismo in Europa orientale.

Il croato Ante Pavelic, fondatore del movimento degli Ustascia, fu responsabile in prima persona delle politiche di sterminio del movimento da lui fondato.

Cercate d’immaginare il seguente scenario. La prossima primavera nel settantesimo anniversario della morte di Adolf Hitler una messa di suffragio viene tenuta nel centro di Berlino in una delle più importanti chiese della città, che per pura casualità si viene a trovare alcune centinaia di metri dai locali della Comunità ebrea, alla quale prendono parte migliaia di fedeli, giunti a onorare con la loro presenza la memoria del fondatore del Terzo Reich. Ovviamente un evento del genere appare assolutamente fuori dell’immaginabile nella realtà della Repubblica Federale per una serie di questioni giuridiche e di altra natura, una delle non meno importanti quella relativa alle non buone relazioni intrattenute dal Führer con i rappresentanti della Cristianità.

Ma l’equivalente croato ha avuto luogo solamente due giorni orsono a Zagabria, dove diverse centinaia di persone hanno preso parte alla messa in memoria di Ante Pavelic, il Presidente dello Stato indipendente di Croazia (NDH), creato dai tedeschi e dagli italiani dopo l’occupazione della Yugoslavia nell’aprile del 1941 e uno dei più grandi carnefici nella storia della Seconda guerra mondiale. Pavelic è stato il fondatore degli Ustascia, un movimento fascista da lui creato nella seconda metà degli anni venti e che assurse al ruolo di partito dominante nello stato satellite creato nel 1941. Egli fu personalmente responsabile delle politiche di sterminio poste in essere dagli Ustascia in tutta la zona sotto il loro controllo, dove centinaia di migliaia di serbi, ebrei e zingari furono brutalmente assassinati, la maggior parte nei campi di concentramento sparsi un po’ dappertutto nel territorio croato, il più vasto dei quali fu Jasenovac, dove almeno 100.000 vittime innocenti furono eliminate e che passò sotto il nome di “Auschwitz dei Balcani”.

Dopo la guerra Pavelic riuscì a fuggire in Argentina seguendo l’infame “rotta dei sorci”, la rete di fuga, appositamente approntata dal vescovo austriaco Alois Hudal con l’aiuto del prete croato Krunoslav Draganovic per consentire ai criminali di guerra nazisti di approdare in siti sicuri in America latina ed in Medio Oriente. Egli fu scovato a Buenos Aires dall’intelligence iugoslavo e rimase ferito in un tentativo di assassinio, delle cui conseguenze egli successivamente morì a Madrid due anni dopo nel 1959. Pavelic resta un eroe per molti croati il che spiega la grossa partecipazione alla messa di suffragio della scorsa domenica. Normalmente uno si aspetterebbe che, a distanza di quasi un quarto di secolo dal momento che la Croazia è divenuta uno stato democratico e dopo essere entrata in qualità di membro a pieno diritto nell’Unione europea, una simile venerazione nei confronti di uno che è stato uno dei più efferati killer dell’ultima guerra sia un qualcosa che appartiene al passato; sfortunatamente questo non è il caso e tracce di una nostalgia dura a morire verso il passato ustascia continuano ad essere uno dei tratti salienti della società croata e cerimonie come quella della messa della scorsa domenica vengono ancora celebrate con una rilevante adesione di popolo.

Sotto questo profilo il fatto che due preti di rango abbiano ufficiato la funzione costituisce fonte di inquietudine. Uno di loro, il dominicano Vjekoslac Lasic è conosciuto per funzioni di questo genere così come per la sua eulogia al funerale dell’ex-comandante di Jasenovac Dinko Sadic nel corso della quale egli ebbe modo di notare che, sebbene Sakic non aveva osservato tutti i Dieci Comandamenti [tu non ucciderai per esempio], pur tuttavia egli rappresenta un punto di riferimento per la nazione croata. Questo tipo di sermoni da parte del clero croato contribuisce ad alimentare l’ideologia ustascia dell’odio verso coloro ritenuti i nemici della Croazia, serbi, ebrei, zingari ed antifascisti croati, tutti vittime di Sakic e della sua squadra di assassini a Jasenovac ed in altri meno noti campi di concentramento ustascia.

Al momento di redigere questo editoriale, nessun leader politico e religioso croato o personalità pubblica ha condannato la cerimonia di domenica che fornisce un’altra prova del fallimento della leadership del Paese nel cercare di estirpare la presenza del fascismo e dell’intolleranza. Sarebbe possibile attribuire il loro silenzio alle elezioni presidenziali in corso, il cui primo round è terminato senza un vincitore, ma ciò costituisce un apprezzamento molto rattristante su come vanno le cose in un Paese membro a pieno titolo dell’Unione europea. Il momento è giunto perché Bruxelles affronti finalmente il problema di un fascismo risorgente e di un sentimento ultranazionalistico che, invece di essere eliminato una volta per tutte dalla democrazia liberale europea, è in effetti risorto nell’Europa orientale post-comunista.

Efraim Zuroff è il principale cacciatore di nazisti del Centro Simon Wiesenthal e direttore della sua filiale israeliana. Il suo più recente libro è “Operazione ultima possibilità: gli sforzi di un uomo per portare in Giustizia i criminali nazisti”. Il suo sito è www.operationlastchance.org e può essere monitorato su Twitter #EZuroff

 

da www.wiesenthal.com - 29 Dicembre 2014

Traduzione di Angelo T. per civg.it








INIZIATIVE SEGNALATE

* Dva knjiga u raspolaganju / Due libri in distribuzione
* Brugherio (MI), 16/4: CRIMINI FASCISTI IN YUGOSLAVIA 1941-1945 - VIDEOMOSTRA
* Trieste, 16-17/4: IO ODIO GLI ITALIANI. 1941-43 I CAMPI SPINATI DEL DUCE
* Roma, 21/4: Lancio della Campagna #NOGUERRA #NONATO
* Trieste 21/4: LE DUE INSURREZIONI DI TRIESTE
* Conversano (BA) 24/4: JASENOVAC. OMELIA DI UN SILENZIO
* Bologna, 25 Aprile: UCRAINA: GOLPE GUERRA RESISTENZA
* Bologna, 25 Aprile: "DRUG GOJKO". DAI RACCONTI DI NELLO MARIGNOLI, PARTIGIANO ITALIANO NELL'ARMATA POPOLARE JUGOSLAVA
* E' uscito il numero 36 di Zapruder " Di chi è la storia? Narrazioni pubbliche del passato"



=== NOTA per gli interessati: Dva knjiga u raspolaganju ===

Disponiamo di copie dei libri:

1)
 
NOVI "HLADNI" RAT. Agresija NATO 15 godina kasnije
// La nuova guerra "fredda". La aggressione NATO 15 anni dopo //

Interventi dei partecipanti al Meeting internazionale tenuto nel marzo 2014 a cura del Forum di Belgrado
provenienti dall' Irlanda, Venezuela, Austria, Francia, Russia, USA, Germania, Ucraina, Grecia, Canada, Bielorussia, Italia, Danimarca, Cipro, Turchia, Croazia, Serbia, Rep. Ceca, ecc. Edizione Beoforum. Altre info: https://www.cnj.it/24MARZO99/2014/index.htm#skup 

2)

IZDAJNIK I RATNI ZLOČINAC DRAŽA MIHAILOVIĆ PRED SUDOM
// Il traditore e criminale di guerra Draza Mihajlovic dinanzi alla Corte //
Stenografske beleške i dokumenta sa suđenja Dragoljubu-Draži Mihailoviću
(original na čirilici: Beograd, Savez Udruzenja Novinara FNRJ-e 1946)
prijepis originala na latinski: Zagreb, Zaklada "August Cesarec" 2011 – ISBN 978-953-95475-3-8

Entrambi i libri sono in cirillico. Ciascuno costa 15 euro + spese di spedizione. Per ordini: jugocoord@...



=== Brugherio (MI), 16/4 ===

Brugherio (MI), 16 aprile 2015
alle ore 9:00 presso il Salone Casa del Popolo, Via Cavour 1

CRIMINI FASCISTI IN YUGOSLAVIA 1941-1945 - VIDEOMOSTRA CON ONORIO ROSATI

PROIEZIONE DELLA VIDEOMOSTRA CON LA PARTECIPAZIONE DI ONORIO ROSATI CONSIGLIERE REGIONALE PD E GIA' SEGRETARIO CAMERA DEL LAVORO DI MILANO - OSSERVATORIO DEMOCRATICO SULLE NUOVE DESTRE




=== Trieste, 16-17/4 ===

Trieste, giovedì 16 aprile alle ore 21.00 e venerdì 17 aprile ore 11.00
Teatro Miela - Piazza Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi, 3


Repliche dello spettacolo teatrale 

IO ODIO GLI ITALIANI. 1941-43 I CAMPI SPINATI DEL DUCE

con drammaturgia di Paolo Miloro e Valentina Paiano
regia di Valentina Paiano
con Chiara Di Marco e Paolo Miloro
produzione La Danza Immobile/Teatro Binario 7


Il testo, nato dalle testimonianze che sono state raccolte dai sopravvissuti ai campi di concentramento fascisti e dai documenti storici della Commissione d'inchiesta per i presunti crimini di guerra italiani, è stato avvalorato dalla Professoressa Alessandra Kersevan, storica che si è dedicata fin dal 1992 alla stesura di saggi storici sulle questioni di confine tra Italia e Jugoslavia.

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Lo spettacolo è realizzato con il sostegno di ANPI Monza/Brianza e ANED Monza Sesto San Giovanni.


SCARICA LA LOCANDINA: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/trieste0415.jpg




=== Roma, 21/4 ===

Sulla Campagna si veda anche alla nostra pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/usciredallanato2014.htm
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Roma, 21 aprile 2015
dalle ore 11 alle 13 presso la Sala ISMA, Senato della Repubblica – Piazza Capranica 72

Simposio:

#NoGuerra #NoNato
Per un Paese sovrano e neutrale


Presentazione del Disegno Di Legge Costituzionale n. 1774, d’iniziativa della senatrice Paola De Pin (M5S), per la modifica all’articolo 80 della Costituzione, in materia di ratifica dei trattati internazionali di natura militare, nonché disposizioni in materia di basi, caserme, installazioni e servitù militari, e della Campagna #NoGuerra #NoNato. Per un Paese sovrano e neutrale

Presenta: senatrice Paola De Pin

Relatori: Manlio Dinucci, Alex Zanotelli, Ferdinando Imposimato, Giulietto Chiesa, Franco Cardini, Fulvio Grimaldi, Massimo Zucchetti

Dress code: è d’obbligo per gli uomini indossare la giacca
E' necessario l’accredito
Per accreditarsi inviare cognome e nome entro il 15 aprile alle ore 12 all'indirizzo: noguerranonato@...

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Italia, 80 milioni di euro al giorno di spesa militare 
I dati del Sipri confermano che la spesa militare mondiale è risalita a un livello superiore a quello dell’ultimo periodo della guerra fredda: ogni minuto si spendono nel mondo a scopo militare 3,4 milioni di dollari, 204 milioni ogni ora, 4,9 miliardi al giorno. Ed è una stima per difetto della folle corsa alla guerra, che fa strage non solo perché porta a un crescente uso delle armi, ma perché brucia risorse vitali necessarie alla lotta contro la povertà.  
(Manlio Dinucci,Italia, 80 milioni di euro al giorno di spesa militare, Il Manifesto, 14 aprile 2015 – http://www.voltairenet.org/article187332.html )

Per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra e attuare l'articolo 11 della Costituzione

LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE. 



=== Trieste 21/4 ===


Trieste, Martedì 21 aprile 

alle ore 17.30 presso il Bar Knulp – via Madonna del Mare 7/a 


Presentazione del dossier n. 51 de La Nuova Alabarda:

“Le due insurrezioni di Trieste”

Partecipano l'autrice Claudia Cernigoi e la storica Alessandra Kersevan.


Quali furono le due resistenze di Trieste? quale la funzione della "resistenza patriottica" alla quale si vuole riconoscere oggi ogni valore, a scapito della resistenza internazionalista e di classe? 
Quali furono i rapporti tra il CLN giuliano ed il CLNAI ed il partito comunista?
Come si sviluppò la mistificazione dell'arresto del segretario comunista Luigi Frausin, falsamente attribuito a "delazioni slave"?
Quali furono i rapporti tra il CLN giuliano e le forze collaborazioniste presenti in città, finalizzati a bloccare la resistenza della classe operaia triestina?
Chi insorse il 30 aprile 1945, e come?
Ed infin
e, una breve sintesi dei militanti del CLN arrestati (non "infoibati") dagli Jugoslavi.





=== Conversano (BA) 24/4 ===

Conversano (Ba), 24 aprile 2015
c/o La Casa delle Arti, Via Donato Jaia 14

in occasione del 70° anniversario della Liberazione
l'Associazione Culturale "Luciano Locaputo" organizza lo spettacolo

Jasenovac - omelia di un silenzio

1941-45: l’infernale dittatura Ustascia in Jugoslavia 
Spettacolo per attore solo e video – di e con Dino Parrotta - 
Compagnia Primo Teatro

Nessuno ne parla, perché?
L’unico spettacolo in Italia che rivela una delle pagine della storia contemporanea più oscure e incredibili, che non mancherà di emozionare.
Il rapporto con l’Italia e la Puglia.
Gli ustascia, nazionalisti cattolici filofascisti, sostenuti e finanz iati dal regime di Mussolini, costituirono lo "Stato indipendente di Croazia", con a capo Ante Pavelic e la benedizione del Vaticano. Obiettivo principale della loro politica razzista fu lo sterminio dei serbi cristiano-ortodossi, una vera pulizia etnica. Per barbarie e ferocia, gli ustascia superarono le SS naziste.
Negli ultimi anni del conflitto diversi furono i campi di accoglienza in Puglia: Gravina. Bari, Barletta.

Jasenovac (denominata anche la Auschwitz dei Balcani) è stato un campo di sterminio di ebrei, ortodossi, serbi, zingari. Nel campo hanno perso la vita circa 74.000 bambini di età compresa fra zero e 15 anni. Comandante del campo di Jasenovac fu il frate francescano cattolico Miroslav Filipovic-Majstorovic, chiamato dal popolo ‘frate Satana’. Fra le sue prodezze personali, il 7 febbraio 1942, l'uccisione nella zona di Banja Luka di 2.750 serbi ortodossi fra cui 250 bambini, in sole dieci ore.
In soli 4 a nni gli Ustascia hanno trucidato 700.000.persone 
Durante la sua visita in Bosnia (22.06.2002) papa Giovanni Paolo II, dopo aver beatificato monsignor Stepinac, arcivescovo di Zagabria, di cui esistono le prove della complicità con i crimini degli ustascia, chiese pubblicamente perdono per queste colpe commesse ‘dai figli della Chiesa Cattolica’. 

Solo in Italia non se ne è saputo niente

Compito della conoscenza della storia è scuotere simili tendenze, 
per offrire un momento di osservazione e autocritica collettiva.
Un racconto che mira all’anima, 
a scuotere le nostre (in)consapevolezze.
Un racconto che vuol essere un grido per segnare la nostra 
memoria… per dar voce al silenzio!
Per conoscere… per non dimenticare

La pluralità dei linguaggi espressivi utilizzati favorisce un rapporto diretto attore-pubblico; una comunicazione, che las ciando da parte gli standard della prosa classica, cerca una via comunicativa in grado di catturare, coinvolgere, immergere lo spettatore nell’azione scenica.

Note di regia dello spettacolo Jasenovac - Omelia di un silenzio:

Un uomo rivive attraverso vari personaggi un percorso tra le testimonianze delle vittime e le dichiarazioni dei carnefici. Una vecchia sedia è il “camerino” a vista dove il pubblico segue le varie “trasformazioni”, a sottolineare quanto l’Uomo possa essere in grado di manifestare la più atroce crudeltà nei confronti dei propri simili attraverso le sue “maschere”.
I testi dello spettacolo sono una raccolta di testimonianze, documenti, dichiarazioni delle vittime e dei carnefici; confermate nel video che raccoglie video originali dell’epoca, foto di archivio.

Ho cercato un linguaggio “multimediale” , per poter dar spazio all’impeto dell’anima che ha generato il desiderio di realizzare lo spettacolo.
Recitazione naturalistica, il grottesco dei “buffoni medioevali” , le maschere, teatro/danza, il video… tutte al servizio di una “verità” che incuriosisse la nostra mente e scuotesse le nostre emozioni. 

Credo in un teatro che abbia una funzione sociale, senza la pretesa di “insegnare”, ma semplicemente quella di ricordarci che essere vivi è molto di più del semplice fatto di respirare. Nel 2008 ho visitato Jasenovac e Stara Gradisca, adesso c’è solo un grande campo verde, il “fiore di loto” (scultura realizzata negli anni novanta) in ricordo delle vittime...all’interno una poesia di un poeta Croato!... e il fiume Sava scorre lento… l’unico suono in quel grande silenzio…

Dino Parrotta


Jasenovac – omelia di un silenzio
Riferimenti tecnici 
Scritto, diretto e interpretato da : Dino Parrotta
Durata: 60 minuti
Consulenza storiografica: Prof. Andrea Catone, Paolo Vinella 
Scenografia Video: Pasquale Polignano
Lo spettacolo è realizzabile in qualsiasi ambiente.

“Parrotta cambia registro per ogni quadro mettendo in luce una 
versatilità invidiabile.. pendola tra opposti con naturalezza di trasformista. 
Per cui se stringe il cuore dello spettatore allora che si veste dello smarrimento
dei pochi sopravvissuti, lo pesta quando fa il verso a Ante Pavelic o quando
“diventa” Miroslav Filipovic-Majstorovic, chiamato dal popolo ‘frate satana’ …”
Italo Interesse “Il Quotidiano”




=== Bologna, 25 Aprile ===


Bologna, sabato 25 Aprile 2015
dalle ore 11:00 alle 12:30 presso: Bar Macondo, Via del Pratello 22

UCRAINA: GOLPE GUERRA RESISTENZA

Presentazione del libro e della campagna della Rete "Noi Saremo Tutto"
http://www.noisaremotutto.org/

promuove: Comitato Ucraina Antifascista Bologna
https://www.facebook.com/ucraina.antifascista.bo

iniziativa organizzata nell'ambito di Pratello R'Esiste 2015
https://www.facebook.com/pages/Pratello-Resiste-2015/427815000701363



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Bologna, sabato 25 Aprile 2015
alle ore 16:30 presso la Sala Benjamin, Via del Pratello 53

Per il 25 Aprile del Settantesimo:

"DRUG GOJKO"

MONOLOGO DI PIETRO BENEDETTI
TRATTO DAI RACCONTI DI NELLO MARIGNOLI, PARTIGIANO ITALIANO NELL'ARMATA POPOLARE JUGOSLAVA

Nell'ambito del festival antifascista Pratello R'Esiste
https://www.facebook.com/pages/Pratello-Resiste/427815000701363
https://www.facebook.com/events/1441825289443559/

co-promosso da:

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it

Giovani Comunisti Bologna
https://www.facebook.com/gcbolo

Ingresso a SOTTOSCRIZIONE LIBERA


Sullo spettacolo vedi anche: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm



=== E' uscito il numero 36 di Zapruder ===

Inizio messaggio inoltrato:

Data: 07 aprile 2015 15:06:10 CEST
Da: ufficiostampa@...
Oggetto: E' uscito il numero 36 di Zapruder " Di chi è la storia? Narrazioni pubbliche del passato"


È in distribuzione il trentaseiesimo numero del quadrimestrale «Zapruder. Storie in movimento. Rivista di storia della conflittualità sociale» (gennaio-aprile 2015). Oltre che tramite abbonamento, la rivista (160 pagine, 12 euro) è reperibile nelle principali librerie.

Lo Zoom è dedicato al tema:
"Di chi è la storia? Narrazioni pubbliche del passato".

* Presentazione del volume
* Sommario
* La rivista «Zapruder» e il progetto Storie in movimento (Sim)
* Condizioni di abbonamento
* Offerta abbonamento corrente + arretrati
* Numeri pubblicati

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«ZAPRUDER» N. 36 - PRESENTAZIONE DEL VOLUME
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Il fascicolo si snoda attorno ad alcune domande di fondo: di chi è la storia, chi la pratica e chi ne fruisce? Quali gli strumenti e i mezzi, le occasioni, i linguaggi, le procedure? Questi interrogativi sono divenuti il terreno caratteristico di indagine fondamentalmente per due approcci, quello della storia pubblica o public history e quello dell’uso pubblico della storia. Il primo fa riferimento alla possibilità/opportunità che la narrazione storica esca dalle aule universitarie e incontri il bisogno più o meno diffuso di conoscere e ricostruire il passato da parte di un pubblico composto non necessariamente da addetti ai lavori; il secondo è volto invece a creare una narrazione anch’essa pubblica del passato, ma questa volta precipuamente funzionale a conservare e legittimare il potere nel presente e nel futuro.
D’altra parte anche la storia pubblica, nel momento in cui coinvolge un pubblico ampio e attiva meccanismi di costruzione della memoria, è soggetta a scivolare in una istituzionalizzazione funzionale tanto al mercato editoriale, quanto alla dimensione politica o accademica. Il numero prova a interrogare le forme che la divulgazione della storia assume in Italia servendosi di uno spettro ampio di mezzi più o meno recenti. Ancor più rilevante è il tentativo di sciogliere il nodo relativo al ruolo che gli storici ricoprono nelle pratiche di storia pubblica, indagandone metodi, finalità e linguaggi laddove per esempio sono coinvolti nella definizione e attuazione di precise “politiche della memoria”.
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SOMMARIO
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«Zapruder. Storie in movimento. Rivista di storia della conflittualità sociale», n. 36, gennaio-aprile 2015

EDITORIALE
La redazione, Tra storia pubblica e uso pubblico della storia

ZOOM – DI CHI È LA STORIA? NARRAZIONI PUBBLICHE DEL PASSATO (a cura di Adriana Dadà, Damiano Garofalo, Andrea Tappi)
Serge Noiret, Storia pubblica digitale
Luisa Renzo, Giorgio Talocci, Il Risorgimento in mostra. Percorsi espositivi nell’Italia liberale
Centro studi movimenti, Una storia per molti, ma non per tutti… Ripensando ad alcune esperienze a Parma

LE IMMAGINI
Alessandro Cattunar, Topografie della memoria. L’esperienza del museo diffuso dell’area di confine tra Italia e Slovenia
Tatiana Bertolini, I francobolli e le colonie

SCHEGGE
Lidia Martin, Dalla stessa parte ci ritroverai! Giorno della memoria, giorno del ricordo e 25 aprile nel calendario civile italiano

ALTRE NARRAZIONI
Gregorio Magini e Vanni Santoni, Di chi è la Resistenza? Riappropriazione e rielaborazione della storia nell’esperienza di Scrittura industriale collettiva (a cura di Monica Di Barbora)

VOCI
Francisco Morente Valero, Catalogna 1714-2014. Come si costruisce il mito di una nazione (a cura di Steven Forti)

LUOGHI
Costanza Calabretta, Fare gli italiani. Una mostra per i 150 anni dell’Unità
Damiano Garofalo e Vanessa Roghi, La Tv racconta se stessa
Riccardo Verrocchi, Un luogo di conoscenza e studio del canto sociale a Bologna. L’archivio storico del canzoniere delle Lame
Elena Petricola, L’Archivio delle donne in Piemonte

IN CANTIERE
Andrea Ventura, Nuovi interrogativi sul primo dopoguerra in Italia

LA STORIA AL LAVORO
Federico Tenca Montini, Confini stridenti. Nazionalismo antislavo e giorno del ricordo

INTERVENTI
Francesco Catastini, Una terza storia e necessaria
Deborah Paci, Lo storico nella rete. L’esperienza della rivista digitale «Diacronie»
Anita Lucchesi, La storia pubblica in Brasile

RECENSIONI
Roberto Beneduce (Renate Siebert, Voci e silenzi postcoloniali. Frantz Fanon, Assia Djebar e noi)
Fabrizio Billi (Gualtiero Via, Scomodi e organici. Movimenti, volontariato e politica nella costruzione dell’Italia contemporanea)
Gino Candreva (Andrea Comincini, a cura di, Voci dalla Resistenza. Lettere, documenti, testimonianze)
Marco Capoccetti Boccia (Gaia Giuliani, Cristina Lombardi-Diop, Bianco e nero. Storia dell’identità razziale degli italiani)
Giovanni Pietrangeli (Cristina Renzoni, Il Progetto ’80. Un’idea di Paese nell’Italia degli anni Sessanta)

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Per scrivere alla redazione, l'indirizzo è zapruder@...
Per le questioni organizzative (inclusi gli abbonamenti e la diffusione della rivista) o per le informazioni sul progetto Storie in movimento scrivere invece a info@....
Il nostro sito web è: www.storieinmovimento.org
Pagina facebook: http://www.facebook.com/pages/Zapruder/94046189136
Ringraziamo fin d'ora quante e quanti vorranno aiutarci con
recensioni, consigli, critiche, passaparola...

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LA RIVISTA *ZAPRUDER* E IL PROGETTO STORIE IN MOVIMENTO (SIM)
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Frutto di un percorso che ha coinvolto centinaia di giovani storiche e
storici, la rivista intende confrontarsi con ambiti di ricerca e
approcci metodologici differenti. Accanto all'attenzione verso le
lotte e le classi sociali, il femminismo, la "stagione dei movimenti",
i conflitti generazionali, le avanguardie culturali e le subculture,
«Zapruder» e il progetto Storie in movimento
[www.storieinmovimento.org] intendono analizzare altri soggetti e
fenomeni: i movimenti ereticali e - più in generale - eterodossi, le
cosiddette devianze e marginalità sociali, ma anche i populismi, gli
spontaneismi, le dissidenze e i movimenti dei ceti medi o le dicotomie
fascismo/antifascismo, razzismo/antirazzismo, nord/sud, guerra/pace,
ecc. Il tutto in chiave interdisciplinare e riconoscendo come
patrimonio da mettere a frutto in ogni senso - anche criticamente, se
sarà il caso - filoni di pensiero e riflessione che hanno contribuito
a rinnovare negli ultimi decenni il fare storia: la storia di genere,
la storia sociale, la storia orale, la pratica della con-ricerca, la
microstoria.

Redazione «Zapruder» (numeri 34-36):
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Roberto Bianchi, Andrea Brazzoduro, Gino Candreva, Marco Capoccetti Boccia, Beppe De Sario (coordinatore vicario), Monica Di Barbora, Steven Forti, Ilaria La Fata, Antonio Lenzi, Marilisa Malizia, Lidia Martin (coordinatrice di redazione), Chiara Pavone, Santo Peli, Vincenza Perilli, Luisa Renzo, Ferruccio Ricciardi, Ivan Severi, Andrea Tappi

Comitato di coordinamento di Storie in movimento (2015):
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Eros Francescangeli, Lidia Martin, Cristina Palmieri, Vincenza Perilli, Paolo Perri, Elena Petricola, Giulia Strippoli

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CONDIZIONI DI ABBONAMENTO
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Il prezzo di copertina è di euro 12 (arretrati: 22 euro in Italia, da
27 a 38 all'estero, secondo la zona). Le condizioni generali di
abbonamento (3 numeri, indipendentemente da quando si attiva la
sottoscrizione) sono le seguenti:

*  Ordinario: _______________________30 euro  *
*  Enti e istituzioni: __________________35 euro  *
*  Sostenitore: ______________________50 euro  *
*  Estero: ___________________________70 euro  *
*  Estero sostenitore: _________________85 euro  *
*  Studenti e non occupati: ____________26 euro  *


Per gli/le associati/e a Storie in movimento (quota d'iscrizione
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NUMERI PUBBLICATI
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01. Piazze e conflittualità
02. Clio e Marte. La guerra tra storia e memoria
03. I mestieri del vivere
04. Identità in gioco. Sport e società in età contemporanea
05. Relazioni pericolose. Donne, uomini, generi
06. Frontiere della scienza. Usi e politiche della medicina
07. 007: rapporti riservati. Spionaggio e polizia politica
08. L'impero colpisce ancora. Dinamiche coloniali e post-coloniali
09. Moti di fame. Risorse, carestie, rivolte
10. Scritture fratricide. Immagini, storie e memorie delle guerre civili
11. Municipalismi e resistenze
12. Accordi e conflitti. Musica, società e politica in età contemporanea
13. Donne di mondo. Percorsi transnazionali dei femminismi
14. Percorsi di welfare
15. Confini senza fine. Frontiere tra Alpi e Adriatico
16. Rivolte a margine. Periferie del lungo Sessantotto
17. Muro contro muro. Grafica e comunicazione nei manifesti politici
18. Riflessi incrociati. L'occidente visto dagli altri
19. Stranieri ovunque. Kalè, manouches, rom, romanichels, sinti...
20. Diritto e castigo. Movimenti e ordine pubblico in età contemporanea
21. Ritorno al futuro. Movimenti, culture e attivismo negli anni ottanta
22. L'etnicizzazione del sociale. Politica, memoria, identità

(francais / deutsch / italiano)

Liberare Auschwitz. Di nuovo.

1) MAE: "Il memoriale realizzato dall’Aned non è più risultato conforme allo spirito del sito di Auschwitz, dedicato esclusivamente alla memoria della Shoah"
2) GHERUSH92: NO ALLA DEPORTAZIONE DEL MEMORIALE ITALIANO. Conferenza Stampa al Senato
3) Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini: Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso
4) Jean-Marie Chauvier: AUSCHWITZ : MENSONGE ET … RIDICULE


Sulla ignobile gestione del sito di Auschwitz da parte del regime europeista polacco si veda anche:

Verso la Giornata della Memoria: la UE dalla parte dei nazisti

Auschwitz: Befreiung ohne Befreier (Il presidente russo Putin non è invitato alle celebrazioni per il 70.mo della Liberazione del lager di Auschwitz...)

Befreiung ohne Befreier (II) (Auschwitz-Gedenken): http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59041

Appello per la conservazione in situ del Memoriale italiano ad Auschwitz: http://www.gherush92.com/news_it.asp?tipo=A&id=3019

Nostra pagina sulla chiusura-censura del Memoriale italiano di Auschwitz: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/Auschwitz.htm 


=== 1 ===

L’Italia non c’è ad Auschwitz perchè si sta rinnovando

29 Gennaio 2015 – La Repubblica

Con riferimento alla rubrica di Augias “Quando le regole urtano il buon senso” (Repubblica del 27 gennaio), la Farnesina precisa che la questione relativa al padiglione italiano presso il Museo di Auschwitz, non è dovuta a problematiche di natura finanziaria. L’opera fu realizzata nel 1980 dall’Associazione nazionale esuli e deportati (Aned). Dopo la caduta del muro di Berlino, il Museo di Auschwitz ha introdotto una nuova normativa per effetto della quale il memoriale realizzato dall’Aned non è più risultato conforme allo spirito del sito di Auschwitz, dedicato esclusivamente alla memoria della Shoah. È la presenza nell’opera di richiami artistici al comunismo, oggi considerati fuori legge in Polonia, ad aver indotto la chiusura del Blocco 21. L’opera rientrerà in Italia ed è stata avviata la realizzazione di una nuova per il “Blocco 21”. Il Governo ha inserito nella legge di stabilità un milione di euro in favore del Fondo perpetuo per la conservazione della memoria storica di Auschwitz.

Stefano Verrecchia, ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale



=== 2 ===

 "70° DELLA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ. 
NO ALLA DEPORTAZIONE DEL MEMORIALE ITALIANO
SI ALLA RESISTENZA DELLA MEMORIA" 


Questo il messaggio chiaro emerso da una conferenza stampa al Senato cui  hanno partecipato i senatori Erica D'Adda, Anna Maria Bernini, Loredana De Petris, Paolo Corsini, e il deputato Marco Bergonzi che hanno espresso la loro contrarietà a che il Memoriale sia spostato dal Blocco 21 di Auschwitz e hanno fatta esplicita richiesta al Governo Italiano di adoperarsi, insieme al Governo Polacco, per il mantenimento del Memoriale nel Blocco 21. 

E’stato evidenziato che non esistono motivazioni ufficiali della rimozione del Memoriale e si sono messi in evidenza i rischi e le conseguenze del trasferimento dell’opera d’arte e di testimonianza di valore eccezionale, come la frantumazione e dispersione della memoria, il revisionismo storico e il percolo di nuove forme di persecuzioni. Il Sen. Paolo Corsini ha ribadito il valore altamente educativo dell’opera che invita all’esercizio della memoria perché quanto avvenuto in quel luogo non si ripeta mai più, cioè lo sterminio di ebrei, rom, sinti, omosessuali, deportati politici, slavi, portatori di handicap. La Sen. Erica D’Adda ha ricordato l’interrogazione presentata al Senato di cui si aspetta una risposta scritta. La Sen. Anna Maria Bernini ha messo evidenza la trasversalità dell’iniziativa grazie alla presenza di forze politiche differenti unite nel riconoscere il valore di un monumento nazionale che è fondante dei valori di libertà e democrazia. L'On.le Marco Bergonzi ha specificato che la questione va posta a livello europeo per mantenere l'integrità della memoria e della resistenza. Massimo Pieri presidente COBASE -ha menzionato il valore dei liberatori che sono morti per liberare il campo di sterminio e che devono essere onorati, come tutte le altre vittime della follia nazifascista. 

Gherush92 e l’Accademia di Belle Arti di Brera hanno presentato il documento internazionale, sottoscritto da circa mille fra università, organizzazioni, politici, per la conservazione nel Blocco 21 di Auschwitz che sarà presentato nelle sedi ONU e Comunità Europea affinché si adoperino per salvare il Memoriale. Lo smantellamento rappresenta una chiara lesione delle Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani per quanto riguarda il diritto al libero accesso e fruizione delle opere d’arte e dell’ingegno. 

“Mentre – afferma Valentina Sereni, presidente di Gherush92 – in un clima di indifferenza culturale e per motivazioni mai ufficialmente espresse e ancora non chiare, è emersa una volontà di trasferire l’opera in Italia, sono arrivate numerose e qualificate le adesioni di chi si oppone allo smantellamento e trasferimento del monumento.
Autorevoli Istituzioni quali il Consiglio Superiore dei Beni Culturali del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, oltre settanta parlamentari - fra i senatori che hanno sottoscritto l’interrogazione parlamentare presentata dalla Sen. Erica D’Adda e i deputati che hanno sottoscritto l’interrogazione  alla Camera presentata dall’On.le Serena Pellegrino -, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e la Federazione Internazionale della Resistenza, l’Accademia di Belle Arti di Brera, l’Istituto per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori, insieme ad organizzazioni non governative accreditate al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite – prosegue la Sereni - come Gherush92 e COBASE, l’Associazione Familiari Vittime della Strada, l’Unione Donne in Italia, associazioni culturali e di consumatori, decine e decine di accademici, intellettuali, artisti, giornalisti, professionisti, artigiani, studenti, cittadini si sono espressi per il mantenimento, il restauro e la conservazione in situ del Memoriale Italiano e per il suo adattamento e integrazione secondo rinnovati criteri storiografici e museali.

Il Governo – prosegue Massimo Pieri, presidente COBASE - deve prendere in mano la situazione e avviare una seria trattativa diplomatica con il governo polacco non solo volta al mantenimento dell'opera ma anche a rimuovere tutti i tentativi che ciò possa essere fonte di strumentalizzazione politica e ideologica delle sorti del socialismo reale che rimangono estranee al Memoriale. 

Durante la conferenza è stata data lettura della lettera di Paolo Portoghesi e visione di un appello di Moni Ovadia che hanno l'uno ribadito il valore artistico e culturale dell'opera solo se inserita nel suo drammatico e naturale contesto e l'altro sottolineato come la rimozione del memoriale rischi la rimozione della memoria.

Accademia di Belle Arti di Brera 
Gherush92 Committee for Human Rights

 Se intendi partecipare o ricevere informazioni scrivi a gherush92@...  

HANNO ADERITO  all'appello per la conservazione in situ del Memoriale italiano ad Auschwitz: http://www.gherush92.com/news_it.asp?tipo=A&id=3019



--- L'ANNUNCIO DELLA CONFERENZA STAMPA di cui sopra:

 COMUNICATO STAMPA

"70° DELLA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ. 
NO ALLA DEPORTAZIONE DEL MEMORIALE ITALIANO" 

Roma, 9 aprile 2015, ore 14,00  
Senato della Repubblica, Sala Caduti di Nassiria
Piazza Madama 11

Presentazione del documento internazionale 
per la conservazione in situ del Memoriale Italiano ad Auschwitz.
E’ nato un Movimento di Resistenza della Memoria 

La vicenda della paventata rimozione del Memoriale italiano ad Auschwitz assume, sempre di più, aspetti che vanno oltre l’opera materiale e riapre un dibattito sulla Storia, sulla Resistenza, sul Razzismo, sui Diritti Umani, sul valore sociale dell’Arte e un rinnovato concetto di Patria.

Mentre, in un quadro di indifferenza culturale e per motivazioni mai ufficialmente espresse e ancora non chiare, è emersa una volontà di trasferire l’opera in Italia, si è creato un qualificato e composito Movimento che si oppone allo smantellamento e al trasferimento del monumento.

Autorevoli Istituzioni quali il Consiglio Superiore dei Beni Culturali del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, oltre settanta parlamentari fra senatori e deputati, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e la Federazione Internazionale della Resistenza, l’Accademia di Belle Arti di Brera, l’Istituto per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori, insieme ad organizzazioni non governative accreditate al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite come Gherush92 e Cobase, l’Associazione Familiari Vittime della Strada, associazioni culturali e di consumatori, decine e decine di accademici, intellettuali, artisti, giornalisti, professionisti, artigiani, studenti, cittadini si sono espressi per il mantenimento, il restauro e la conservazione in situ del Memoriale Italiano e per il suo adattamento e integrazione secondo rinnovati criteri storiografici e museali.

Una proposta di buon senso che unisce importanti Istituzioni e cittadini. Spinti da retroterra compositi, dai movimenti di lotta partigiana alla incontrovertibile necessità di salvaguardare in situ un’opera d’arte e di testimonianza nazionale della deportazione italiana, i firmatari si sono riuniti in un Appello rivolto ad Istituzioni Internazionali come l’Onu e la Comunità Europea e ad Istituzioni Nazionali, come la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L’Appello intende sottolineare che la chiusura del Memoriale al pubblico e il suo trasferimento in Italia (nella periferia di Firenze), con conseguente perdita del valore artistico e simbolico del monumento, equivale a distruggere l’opera ideata per il blocco 21 di Auschwitz ed ivi realizzata; rappresenta una chiara lesione delle Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani per quanto riguarda il diritto al libero accesso e fruizione delle opere d’arte e dell’ingegno.

Tutti hanno dato il loro contributo, chi ha esaltato il valore artistico e profetico dell’opera e la sua intrinseca modernità, fino a chi ravvede nella volontà di rimozione una forma di revisionismo strisciante, tesa ad occultare il valore della Resistenza e dell’Antifascismo, a cancellare il ruolo dei liberatori del campo, e, cosa ancor più triste, a considerare l’opera stessa, con i richiami artistici al comunismo, inadatta o datata, che non è che un suggello di una grave mistificazione revisionista, storica e culturale. 

La presenza nell’ opera di richiami artistici al comunismo, come la bandiera rossa e la falce e martello o il volto di Gramsci, oggi considerati fuori legge in Polonia, sembrerebbe, come da fonti del Ministero degli Affari Esteri, mai palesate ufficialmente dal Governo Polacco, ad aver indotto la chiusura del Blocco 21. 

Chi vuole eliminare la bandiera rossa con la falce e martello da Auschwitz, che rappresenta l’Armata Rossa che a seguito di una durissima battaglia contro i nazisti con centinaia di morti, libera il campo di Auschwitz il 27 gennaio 1945, vuole in realtà cancellare, dalla storia e dalle coscienze, il ricordo del sacrificio degli uomini  e delle donne che hanno dato la vita per la liberazione. Questo ricordo, che fa parte non soltanto della memoria delle vittime e dei loro liberatori, ma è ormai un dato storico acclarato, dovrà rimanere ben presente ed essere perennemente onorato. 

Su queste motivazioni è nato un Movimento di Resistenza per la salvaguardia del Memoriale con la capacità di farsi fonte di Memoria, di creare un dibattito sulla Storia dei deportati italiani nei campi di concentramento. E’ un Movimento fondato sulle solide basi intellettuali, storiche e metastoriche dei Padri della Resistenza e dell’Italia Democratica, fra i quali gli stessi artisti Autori del Memoriale, ex deportati come Primo Levi e Lodovico Belgiojoso, che proprio in quest’opera commemorativa, hanno indicato la strada della consapevolezza, della responsabilità, della lotta. Questo movimento esprime il suo dissenso nei confronti di chi, con squallide operazioni di Palazzo, tenta di far passare sotto silenzio, o nell’alveo di un pragmatico buon senso o del compromesso al ribasso, il trasferimento dell’opera.

Artisti, intellettuali, professionisti e politici vedono nella nascita di tale coalizione le ragioni per manifestare nuovamente il proprio fermo NO allo smantellamento del Memoriale. Per questo motivo è convocata il 9 aprile 2015 al Senato la Conferenza Stampa, per presentare lo stato dell’arte sulle azioni civili di lotta, nazionali e internazionali, volte alla salvaguardia della più importante opera d’arte italiana del Novecento e alla riapertura di un dibattito sulla Memoria in contrasto ad ogni forma di revisionismo.

Prof. Arch. Sandro Scarrocchia, Accademia di Belle Arti di Brera

Arch. Valentina Sereni, Gherush92 Committee for Human Rights


=== 3 ===


Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso. Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini.

Inserito da Gigi Bettoli il 27 gennaio 2015 – 15:262 Commenti

Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso, è opera d’arte e documento storico che deve restare dov’è, quale testimonianza del nostro Paese nel campo di sterminio di sterminio nazista nella Polonia occupata. Auschwitz non è paragonabile ad una periferia di Firenze.

Il Memoriale italiano nel Blocco 21 del campo di sterminio di Auschwitz non va rimosso, nemmeno per trasferirlo a Firenze; al contrario, il Governo italiano si adoperi affinchè esso sia conservato e riaperto stabilmente al pubblico in Polonia. Non solo perché opera d’arte che costituisce parte integrante del sito riconosciuto dall’Unesco Patrimonio dell’umanità ma anche perché costituisce la testimonianza irrinunciabile delle responsabilità storiche e politiche delle deportazioni e dello sterminio nazista e della liberazione.
Questa la richiesta dell’interrogazione presentata dalla deputata Serena Pellegrino (SEL) e altri 50 parlamentari al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo: l’iniziativa è stata illustrata oggi a Milano, nell’ambito di “L’insegnamento della Memoria. Storia, Arte. Razzismo. Diritti umani”, incontro organizzato da Gherush92 Committee for Human Rights e dall’Accademia di Belle Arti di Brera per ricordare la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa e proseguire la campagna di sensibilizzazione per la conservazione del Memoriale italiano di Auschwitz, riaperto solo oggi dopo 4 anni.
“I motivi ideologici e politici – ha dichiarato Pellegrino – che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano i dati incontrovertibili di cui il Memoriale stesso è un documento. Il suo significato artistico e storico impone che esso rimanga nel luogo dove è stato creato: Auschwitz non è in alcun modo paragonabile alla periferia di Firenze, dove si è suggerito di trasferire l’installazione.”
“Con questa interrogazione – ha concluso la parlamentare – abbiamo inteso sottolineare chiaramente che la rimozione del Memoriale comporta una violazione dei diritti umani, del diritto Internazionale, del diritto di proprietà intellettuale e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nonché una violazione della Convenzione internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici.”



=== 4 ===


From: Marc van Campen 
Sent: Tuesday, January 27, 2015 5:39 PM
Subject: AUSCHWITZ : MENSONGE ET … RIDICULE par Jean-Marie Chauvier
 
 
AUSCHWITZ : MENSONGE ET … RIDICULE
 
 
A plusieurs reprises, un  journaliste radio belge a rapporté l’opinion (polonaise) selon laquelle les derniers prisonniers d’Auschwitz auraient été libérés par « les Ukrainiens », présentés comme distincts de l’Armée Rouge, dont le rôle serait ainsi minimisé.
C’est scandaleusement mensonger mais surtout ridicule : les armées soviétiques faisaient toutes partie de l’Armée Rouge et rassemblaient les soldats russes, ukrainiens, biélorusses et autres de l’Union soviétique . Il n’y avait pas d’unité « ethniquement » distincte. Ce qui n’empêche qu’un général et des soldats ukrainiens aient fait partie des troupes soviétiques qui découvrirent « par hasard » le camp nazi.
Sept millions d'Ukrainiens soviétiques ont combattu au sein de l'Armée Rouge, quatre millions sont morts. Quelque 200.000 ont servi au sein de la Wehrmacht et d'armées alliés à l'Allemagne.
Mais le mensonge précité a pour source le gouvernement polonais qui croit, par ce biais, encourager l’actuel pouvoir ukrainien et discréditer la Russie, dont le président n'a pas été "expressément" invité à Auschwitz, contrairement aux années précédentes.
C’est probablement le signe avant-coureur de la grande manœuvre idéologique qui, à l’occasion des 70 ans de la « Victoire sur le fascisme », parachèvera la disqualification de l’URSS contre laquelle étaient pourtant mobilisés les trois quarts de la machine militaire nazie, battue devant Moscou (octobre 1941-janvier 1942), à Stalingrad (juillet 1942-février 1943) et à Koursk (été 1943). 
La propagande occidentale tend à mettre en valeur le débarquement en Normandie - 6 juin 1944- et en général les seuls exploits des armées américaine et britanniques, alliées de l'Armée Rouge.
Le comble de la provocation vient d’être atteint par le premier ministre de Kiev, Arseni Yatseniouk, qui a évoqué « l’invasion de l’Allemagne et de l’ Ukraine » par les Soviétiques.
Quant au président Petro Porochenko, présent à Auschwitz en cet anniversaire du 27 février, il a récemment valorisé « l’héroïsme » des soldats de Stepan Bandera, l’une des armées pronazies des nationalistes ukrainiens. En février 1945, ils avaient été refoulés dans les Carpathes.
Il est bon de rappeler qu’outre les Juifs exterminés dans les camps et, avant cela, dans les territoires, occupés en URSS, le génocide nazi a également frappé les tsiganes, que plus de trois millions de prisonniers de guerre soviétiques ont été mis à mort (dont deux millions liquidés dans les six premiers mois de la guerre), que les pertes civiles soviétiques dans les territoires occupés par les nazis s’élèvent à plus de dix millions, s’ajoutant aux huit millions de combattants de l’Armée Rouge tués sur les champs de bataille. Au total, plus de 26 millions de Soviétiques ont perdu la vie au cours de la seconde guerre mondiale, toutes catégories de mortalité confondues. Sans parler des millions de blessés, estropiés, des dizaines de millions de sans logis dans les villes et les villages détruits… Mais qui le sait, chez nous ?
Ce sont ces « Untermenschen » (sous-hommes dans le vocabulaire nazi) que certaine propagande occidentale et néofasciste entreprend d’injurier !

Jean-Marie Chauvier



(deutsch / francais / italiano)

In Yemen come in Iraq, l'Occidente fomenta il terrore

0) LINKS
1) INIZIATIVE: YEMEN, L'ITALIA SMETTA DI APPOGGIARE I CRIMINI SAUDITI
2) Die USA und die Saudis eilen im Jemen Daesh und Al-Kaida zu Hilfe / Gli USA e i Sauditi in soccorso di Daesh e Al Qaeda nello Yemen (B. Kimyongur)


=== 0 ===

YEMEN AND THE MILITARIZATION OF STRATEGIC WATERWAYS. Securing US Control over Socotra Island and the Gulf of Aden
By Prof Michel Chossudovsky – Global Research, 7 February 2010
TRAD.: Lo Yemen e la militarizzazione delle vie d'acqua strategiche. Assicurare il controllo Usa sull'isola di Socotra e il Golfo di Aden
di Michel Chossudovsky | globalresearch.ca (2010)

LA TENDENZA ALLA GUERRA DELL'OCCIDENTE E IL  RADICALISMO ISLAMICO (Domenico Moro, 10/02/2015)

IRAQI ARMY DOWNS TWO BRITISH PLANES CARRYING WEAPONS FOR ISIL TERRORISTS (Fars News Agency / Global Research, February 24, 2015)
al-Anbar province: numerous flights by US-led coalition planes airdrop weapons and supplies for ISIL in terrorist-held areas...
http://english.farsnews.com/newstext.aspx?nn=13931204001534
TRAD.: L’esercito iracheno abbatte 2 aerei inglesi che rifornivano il SIIL (Fars News Agency / Global Research, 24 febbraio 2015)

“IRAN PEGGIO DELL’IS’. EGITTO E SAUDITI VERSO L’INVASIONE DELLO YEMEN (di Marco Santopadre, 28 Marzo 2015)

IN FLAMMEN (Krieg im Jemen – GFP 31.03.2015)
Auch nach den jüngsten Luftschlägen vom gestrigen Montag billigt die Bundesregierung den Krieg eines von Saudi-Arabien geführten Militärbündnisses gegen Aufständische im Jemen. Man habe "Verständnis" für die bewaffnete Intervention, heißt es im Auswärtigen Amt. Saudische Luftschläge trafen gestern unter anderem ein jemenitisches Flüchtlingslager; dabei starben mindestens 45 Personen. Riads neuer Krieg richtet sich gegen einen angeblichen Machtzuwachs Irans, dem gute Verbindungen zu den schiitischen Huthi-Rebellen nachgesagt werden. Er entspricht den Interessen der NATO-Staaten: Man wolle verhindern, dass Teheran mit Hilfe der Huthis "neben der Meerenge von Hormuz auch noch die Meerenge zwischen dem Jemen und Afrika kontrollieren könnte, durch die jeden Tag Millionen Barrel Erdöl transportiert werden", erläutert ein renommierter Kommentator. Für ihren Krieg stehen den saudischen Streitkräften deutsche Kriegswaffen zur Verfügung, darunter Tornado- und Eurofighter-Kampfflugzeuge sowie - für den Fall eines Einmarschs saudischer Bodentruppen im Jemen - Sturmgewehre der Modelle G3 und G36. Beobachter halten eine vollständige Entgrenzung des jemenitischen Bürgerkriegs für durchaus wahrscheinlich. Die arabische Welt steht nach zahlreichen offenen oder verdeckten militärischen Interventionen des Westens unkontrollierbar in Flammen - vom Süden der Arabischen Halbinsel bis Nordsyrien, von Libyen bis Irak... 
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59081

EN BREF: ISRAEL BOMBARDE LE YÉMEN (mercredi, 01 avril 2015)
IRIB- Selon l'un des cadres d'Ansarallah, les avions de combat israéliens prennent directement, part aux raids aériens sauvages contre les zones d habitation, au Yémen. "La façon dont les zones civiles sont bombardées nous rappelle les raids aériens contre Gaza.

YEMEN, LA STRAGE DI BAMBINI CHE NON COMMUOVE L'EUROPA (Redazione Contropiano, 1 Aprile 2015) 

LA COALIZIONE ‘PROGRESSISTA’ DEI SAUDITI IN LOTTA PER LA DEMOCRAZIA IN YEMEN… (Patrizio Ricci – SibiaLiria, 3 aprile 2015)
Dalla Libia allo Yemen agli altri teatri di guerra è sempre più evidente “la non innocenza” dei paesi occidentali e delle petrolmonarchie...

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Vedi anche:

Rete No War: L'ITALIA SI DISSOCI DALL'ADDESTRAMENTO TURCO-STATUNITENSE DI JIHADISTI FUTURI E PRESENTI IN SIRIA


=== 1 ===

"CONTRO I BOMBARDAMENTI SAUDITI IN YEMEN", SIT-IN E DIGIUNI NOWAR DAVANTI ALL'AMBASCIATA SAUDITA (9 aprile 2015 - Patrick Boylan)

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YEMEN, L'ITALIA SMETTA DI APPOGGIARE I CRIMINI SAUDITI

Da: Rete No War
al Ministro Gentiloni

Ministro, Le scriviamo mentre siamo impegnati in sit-in e digiuni (v. comunicato a seguire) contro i bombardamenti sauditi in Yemen, un ennesimo crimine. Ci sembra incredibile che Lei esprima "comprensione" per i Saud e dia a intendere che l'Arabia saudita bombarda lo Yemen (con molte vittime civili) anche per prevenire un'ulteriore diffusione del terrorismo!

I Saud, come altri petromonarchi e come gli uomini d'affari del Golfo, insieme ai paesi della Nato hanno fomentato in modo diretto e indiretto le forze terroriste, da Al Qaeda (e Al Nusra) a Daesh/Isis. Daesh settimane fa in Yemen ha fatto una carneficina ai danni proprio delle moschee degli houthi contro i quali l'Arabia saudita combatte con i suoi aerei (italiani?) e l'appoggio determinante degli Usa. 

L'Arabia saudita sostiene terroristi sedicenti islamici sin dai mujahidin nell'Afghanistan degli anni 1980, e in tempi recenti in Iraq, Libia e Siria. Ci sono le prove. E l'Italia per anni ha fatto parte degli "Amici della Siria" insieme a sauditi, qatarioti, statunitensi eccetera. 

L'Italia deve dissociarsi dai bombardamenti sauditi. Così come deve dissociarsi dal continuo sostegno armato offerto da petromonarchi, Stati uniti e Turchia a gruppi armati in Siria. 

RETE NO WAR (tel 3312053435)

COMUNICATO INIZIATIVE NO WAR

NO WAR: "CONTRO I BOMBARDAMENTI SAUDITI IN YEMEN", SIT IN E DIGIUNI DAVANTI ALL'AMBASCIATA SAUDITA

Il 9 e 10 aprile davanti all'ambasciata dell'Arabia saudita a Roma esponenti della Rete No War (alcuni in digiuno di protesta) manifestano  nuovamente contro i criminali bombardamenti sauditi sullo Yemen, che - con il pretesto di contrastare i ribelli houthi - uccidono civili e aiutano il propagarsi di Al Qaeda, nemica degli houthi. L'ingerenza saudita nello Stato viola tutti i principi dell'umanità e del diritto. Lo Yemen è uno Stato povero ma strategicamente importante (per il controllo dei traffici marittimi fra Mediterraneo e Oceano indiano) e là l'Arabia saudita combatte per la sua supremazia, accusando i ribelli houthi di essere foraggiati dall'Iran, il suo grande nemico. 

Nel denunciare il fatto che l'attacco guidato dai sauditi hanno già ucciso 540 persone (74 bambini) e fatto 1.700 feriti, la Rete No War sottolinea anche il fatto che questa guerra contro il popolo e gli houthi sta aiutando, in Yemen, le forze più sanguinarie come al Qaeda nella penisola araba e Daesh (sedicente Stato islamico), che ha rivendicato settimane fa la strage di centinaia di fedeli in preghiera nelle moschee houthi. 

Già sabato 4 aprile a Roma, la Rete No War ha convocato una PRIMA manifestazione davanti all'Ambasciata dell'Arabia saudita contro l'aggressione al popolo dello Yemen da parte della petromonarchia. E' stata la prima manifestazione di occidentali contro quest'ultima vergogna. http://stefanomontesi.photoshelter.com/gallery-image/Rete-No-War-manifesta-contro-Arabia-Saudita/G0000.pycuumI28Y/I0000Y6ZSnn6FpZc
 
Hanno partecipato alcuni attivisti della stessa Rete. Ancora una volta, come accade dal 2011, è latitante l'opposizione sociale alle guerre che l'Asse della guerra composto da Nato e Golfo portano avanti sfasciando intere regioni (Medioriente, Africa del Nord, Africa sub-sahariana) con bombardamenti diretti oppure fomentando gruppi terroristi locali, da Al Qaeda fino a Daesh. Non ci sono abbastanza parole per condannare l'infernale politica di guerra e di sostegno al terrorismo perpetrata da decenni dai petromonarchi e dai loro alleati occidentali.

Come si legge sui cartelli della manifestazione, Rete No War chiede all'Italia che si dissoci e smetta di vendere armi al suo primo compratore: i sauditi appunto. Rete No War lancia l'idea di una giornata internazionale di azione sull'Arabia saudita - nel contesto di una netta dissociazione anche dall'operato delle altre petromonarchie e della Nato. 

Rete No War denuncia il ruolo dell'Arabia saudita anche nel fomentare il terrorismo in Siria. E coglie l'occasione che intimare all'Italia di dissociarsi dalla politica di Usa e Turchia che stanno addestrando altri gruppi armati in Siria, dove la tragedia dura da quattro anni. 

per Rete No War
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Le texte original en francais: 
LES USA ET LES SAOUD AU SECOURS DE DAECH ET AL QAEDA AU YÉMEN (par Bahar Kimyongur, 26 mars 2015)

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Die USA und die Saudis eilen im Jemen Daesh und Al-Kaida zu Hilfe

 

Bahar Kimyongur, 26. März 2015

 

Nichts Neues in der arabischen und muslinischen Welt. Zur grossen Zufriedenheit ihrer Feinde Amerika und Israel schlagen sich Araber und Muslime untereinander.Die USA und die Saudis stehen in der Offensive in den Ländern, die sich ihnen widersetzen, vor allem in Syrie im,Irak und im Jemen.


In Syrien attakieren die Saudis an zwei Fronten: Im Norden und im Süden.

Im Norden ist das loyale und vorwiegend sunnitische Idlib von mit Al-Kaida liierten Milizen umzingelt. Diese Milizen benützen amerikanische Waffen, speziell TOW-Raketen, um den Widerstand der syrischen Armee und der Volksmilizen zu brechen, welche ihre Stadt und Umgebung verteidigen. Einer der Al-Kaida Kommandanten in Idlib ist ein saudischer Scheich namens Abdallah al Mouhaisni. 

Im Süden ist es die antike Stadt Bosra al Cham mit einem im Zentrum gelegenen römischen Amphitheater, welche kürzlich in die Hände einer Koalition dschiadistischer Gruppen fiel, dirigiert von der Al Nusra Front, einem Ableger von Al Kaida in Syrien.

Da nun das US-Kommando im antiterror Kampf schwelgt, hat man im syrischen Himmel oberhalb von Idleb oder Bosra al Cham kein einziges Flugzeug der Alianz US/EU/GCC (*) gesehen.

Wie aus der Reuters Depesche, unterzeichnet von Tom Perry, vom vergangenen 23. März zu entnehmen ist, haben die West-Armeen ihre Waffenlieferungen an Al-Kaida an der Südfront sogar intensiviert. Diese Waffen, gesponsert von Saudi-Arabien, dem grössten Waffenimporteur der Welt, gelangen über die jordanisch/syrische Grenze zur Anti-Assad Koalition der Südfront. Israel hält sich nicht zurück indem offizielle Stellen ankündigen, fortan den Anti-Assad Kräften, darunter Al-Kaida im Mont-Bental auf den Golan-Höhen, Hilfe zukommen zu lassen (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 März 2015). 


So haben nun unsere westlichen Schöngeister, welche über die Zerstörung der Museen und des Erbes des Orients durch die Dschihadisten des Daesh lamentieren, Bosra-al-Cham Al-Kaida übergeben, eine antike Stadt unter dem Schutz des Weltkulturerbes der UNESCO.

Im Irak fürchten die USA, innerhalb des Widerstandes gegen Daesh, an Einfluss zu verlieren. Kräften der Kurden, Schiiten und Sunniten, unterstützt durch den benachbarten Alliierten Iran, ist es gelungen, eine Antiterror-Allianz zu formieren, die zunehmend Früchte trägt.

Mehrere Städte und Dörfer der Provinzen Salaheddine und Anbar konnten so von den Terroristen befreit werden. Diese supra-ethnische und supra-konfessionelle Vereinigung vor Augen, hat die US-Luftwaffe diese Nacht Positionen von Daesh in der Stadt Tikrit bombardiert, aus Furcht, Einfluss in diesem Land zu verlieren, das ein Verbündeter des Iran geworden ist.

Diese US-Intervention in Tikrit ist von der schiitischen Milizen verhöhnt worden, welche jede Zusammenarbeit mit Washington zurückweisen.

Einige mit den Einheiten des Mahdi Moqtada Sadr und der Brigaden der irakischen Hizbollah haben sogar beschlossen, sich aus den Kämpfen zurückzuziehen.

An der Tikrit-Front hat mas es also nicht mit einer Zusammenarbeit, wie es viele der Mainstraem-Analytiker formulieren, sondern mit einem Konkurrenzverhältnis zwischen Iran und den USA zu tun, etwa so wie damals zwischen der Sowjet-Armee und der Truppen des General Patton im Kampf gegen Hitler.

Aus einem althergebrachten Gegensatz zum Iran haben die Saudis den Daesh schon seit langer Zeit aufgebaut. Heute lenkt die wahabitische Dynastie die Aufmerksamkeit auf die wachsende Gefahr eines zunehmenden Prestiges Teherans bei der Bevölkerung Syriens und des Irak, welche unter dem Joch des Daesh leben.

Schlussendlich haben die Saudis beschlossen, in Hinterhof Jemen ihre Bomber auf den Anti-Daesh Widerstand zu lenken.

Vor nicht langer Zeit Schauplatz der Auseinandersetzungen zwischen Marxisten un Pan-Arabern einerseits und reaktionären Pro-Saudi Kräften andererseits ist der Jemen heute Schauplatz eines Krieges der schiitennahen Houthi-Milizen

In den letzten Tagen haben die Houthi-Milizen des Ansar Allah einen spektakulären Vorstoss gegen Aden durchgeführt, die Grossstadt des Süd-Jemen, wohin sich der abgesetzte Präsident Abd Rabbo Mansour Hadi, ein Saudi-Agent, abgesetzt hatte.

Entgegen den Meldungen der West-Medien, verfolgen die Houthi-Milizen keine konfessionelle sondern eine patriotische Mission.

Trotz ihrer konfessionellen Herkunft pflegen sie eine panislamische und panarabische Vision, und geniessen deshalb innerhalb eines grossen Teils der nationalen jemenitischen Armee grosse Sympathien, einschliesslich der republikanischen Garden und zahlreicher sunnitischer Stämme, woraus sich ihr unglaublicher Vormarsch erklärt.

Da nun Daesh letzten Freitag um die 200 Schiiten in vier Kamikaze-Angriffen gegen Moscheen massakriert hat und Al-Kaida der arabischen Halbinsel (AKAH) mit voller Kraft wütet, hat das wahabitische Regime diese Nacht Luftschläge gegen die Rebellen des Jemen lanciert.  

Nicht der saudische Verteidigungsminister, Prinz Mohammed Bin Salman oder der König Saudiarabiens Salman Ben Abdel Aziz hat den Krieg gegen den souveränen Jemen erklärt, sondern der saudische Botschafter in Wsashington. Das Szenario entspricht einem zweitklassigen arabischen Streifen.

Zur Stunde sprechen die arabischen Medien, insbesondere Al-Mayadeen, von ungefähr 20 jemenitischen Zivilisten, die durch das saudische Bombardemnent getötet wurden.

Zur Zeit des ägyptischen drittewelt Helden Jamal Abdel Nasser, bekämpfte das kollaboratistische und dekadente Saudi-Regime die linken arabischen Kräfte (Marxisten, Nationalisten, Panaraber) mit Unterstützung der USA.

Da die letzten Spuren des arabischen Sozialismus ausgelöscht sind, nehmen sich die Saudis nun den letzten noch existierenden panarabischen Widerstand vor, vom libanesischen Hisbollah über den syrischen Baath zum jemenitischen Ansar Allah.

 

In einem alarmistischen Artikel in der Washington-Post vom 23 November 2012, qualifizierte die US-Staatssekretärin der Bush-Ära Condoleeza Rice, den Iran als «Karl Marx von heute».

Wenn der Iran Marx entspricht, wie es die Falke des US-Imperialismus bekräftigt, so ist das Saudi-Regime, seit seiner Gründung 1744, eine Inkarnation der Konter-Revolution und der Tyrannei von Adolphe Tiers, dem Totengräber der Pariser-Kommune.

(*) CCG : Golfkooperationsrat, Allianz der 6 Ölmonarchien der Golfregion

 

Aus: http://www.michelcollon.info/Les-USA-et-les-Saoud-au-secours-de.html?lang=fr 

Übersetzung: K.Trümpy

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Gli USA e i Sauditi in soccorso di Daesh e Al Qaeda nello Yemen

28 Marzo 2015 – di Bahar Kimyongur
da www.michelcollon.info

Traduzione di Marx21.it

Nel mondo arabo e musulmano, niente di nuovo. Ci si batte tra arabi e musulmani la più grande gioia dei nemici americani e israeliani. Gli Stati Uniti e i Sauditi sono all'offensiva in tutti i paesi che resistono, soprattutto in Siria, in Iraq e nello Yemen.

In Siria, le forze saudite attaccano su due fronti: il Nord e il Sud.

A Nord, la città lealista e in maggioranza sunnita di Idlib è accerchiata dalle milizie legate a Al Qaeda. Queste milizie utilizzano armi americane, in particolare missili TOW per avere la meglio sulla resistenza dell'esercito siriano e delle forze popolari che difendono la loro città e le loro terre. Uno dei comandanti di Al Qaeda dell'operazione di Idleb è uno sceicco saudita chiamato Abdallah al Mouhaisni.

A Sud, c'è l'antica città di Bosra el Sham, nel cui cuore si erge un anfiteatro romano, che rischia di cadere nelle mani di una coalizione di gruppi jihadisti pilotata dal Fronte al Nusra, filiale di Al Qaeda in Siria.

Mentre il comando americano si sciacqua la bocca con discorsi anti-terroristi, nessun aereo dell'asse USA/UE/CCG (*) si è levato in volo nel cielo siriano sopra Idleb e Bosra el Sham.

Come rivela il dispaccio Reuters del 23 marzo scorso, gli eserciti occidentali hanno persino intensificato le loro forniture di armi a Al Qaeda sul Fronte Sud. E' attraverso la frontiera giordano-siriana che queste armi, per la maggior parte offerte dall'Arabia Saudita, il più grande importatore di armi al mondo, pervengono alla coalizione anti-Assad del Fronte Sud. Israele non è da meno, poiché anche fonti ufficiali riconoscono che fornisca aiuto alle forze anti-Assad, tra cui Al Qaeda sul Monte Bental nelle colline del Golan (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 marzo 2015).

In tal modo, le nostre anime belle occidentali innamorate dell'arte e della raffinatezza, le stesse che si lamentano per la distruzione dei musei e del patrimonio dell'Oriente da parte di Daesh, offrono a Al Qaeda Bosra el Sham, una antica città patrimonio mondiale dell'UNESCO.

In Iraq, gli USA avvertono che stanno perdendo il controllo della resistenza contro Daesh. Forze curde, sciite e sunnite appoggiate dal vicino e alleato iraniano sono riuscite a formare un'alleanza anti-terrorista che sta portando i suoi frutti.

Molte città e villaggi delle province di Salaheddine e Anbar sono state così liberate dalla presenza terrorista. Temendo questa unità che va oltre le etnie e le confessioni, l'aviazione USA ha bombardato le posizioni di Daesh nella città di Tikrit nel timore di perdere terreno in questo paese diventato alleato dell'Iran.

A questo intervento USA a Tikrit non hanno partecipato le milizie sciite che rifiutano ogni forma di alleanza con Washington.

Anche i miliziani legati all'Esercito del Mahdi di Moqtada Sadr e alle Brigate degli Hezbollah iracheni hanno deciso di ritirarsi dai combattimenti.

Sul fronte di Tikrit, non c'è dunque collaborazione, come lasciano intendere numerosi analisti mainstream, ma concorrenza tra l'Iran e gli USA, un po' come quella che esisteva tra l'Esercito sovietico e le truppe del generale Patton di fronte all'Impero hitleriano.

Per ostilità atavica nei confronti dell'Iran, i Sauditi da lungo tempo incoraggiano Daesh. Oggi la dinastia wahabita ha un timore crescente del prestigio accumulato da Teheran presso le popolazioni della Siria e dell'Iraq che vivono sotto il giogo di Daesh.

E' finalmente nello Yemen, il loro cortile di casa, che i Sauditi hanno deciso di lanciare i loro bombardieri contro la resistenza anti-Daesh.

Precedentemente campo di battaglia tra marxisti e panarabi da una parte e forze reazionarie filo- saudite dall'altra, lo Yemen è oggi il teatro di una guerra dei filo-sauditi con  le milizie houthi di ispirazione sciita.

Negli ultimi giorni, le milizie houthi di Ansar Allah hanno attuato un'avanzata spettacolare verso Aden, la grande città del Sud dello Yemen dove si era rifugiato il presidente deposto e agente saudita Abd Rabbo Mansour Hadi.

Contrariamente a ciò che affermano i media occidentali, le milizie houthi non conducono una politica confessionale ma assolvono a una missione patriottica.

Malgrado la loro identità confessionale, coltivano una visione panislamica e panaraba, guadagnando così la simpatia di un largo settore dell'esercito nazionale yemenita, e anche della Guardia repubblicana e di numerose tribù sunnite, il che spiega la loro travolgente avanzata.

Mentre Daesh massacra circa 200 sciiti in un attacco kamikaze alle moschee, il regime wahabita lancia un'operazione militare aerea contro i ribelli dello Yemen.

Non è stato il ministro saudita della difesa, il principe Mohammed Bin Salman, e neppure il Re dell'Arabia Saudita, Salman Ben Abdel Aziz, ad annunciare l'entrata in guerra contro la sovranità dello Yemen, ma l'ambasciatore saudita a Washington. Lo scenario è degno di un film arabo di serie B.

Per ora, i media arabi, in particolare Al Mayadeen, parlano di una ventina di civili yemeniti massacrati dai bombardamenti sauditi.

Dai tempi dell'eroe terzomondista egiziano Gamal Abdel Nasser, il regime collaborazionista e decadente dei Sauditi combatte le forze della sinistra arabe (marxiste, nazionaliste, panarabe) con l'appoggio USA.

Dopo avere distrutto le ultime vestigia del socialismo arabo, i Sauditi se la prendono ora con le uniche forze della resistenza panaraba ancora presenti, da Hezbollah libanese ad Ansar Allah yemenita, passando per il Baath siriano.

In un'articolo allarmista apparso nel Washington Post il 23 novembre 2012, la segretaria di Stato USA dell'era Bush, Condoleeza Rice, aveva definito l'Iran come “Karl Marx di oggi”.

Se l'Iran equivalesse a Marx come afferma questo falco dell'imperialismo USA, allora il regime dei Sauditi incarnerebbe dopo la sua creazione nel 1744 la controrivoluzione e la tirannia di Adolphe Tiers, l'affossatore della Comune di Parigi.

*CCG: Consiglio di Cooperazione del Golfo, Alleanza che raggruppa le 6 petromonarchie del Golfo.




INIZIATIVE SEGNALATE

1) *** #NO GUERRA #NO NATO *** E' partita la grande raccolta firme per l'uscita dell'Italia dalla NATO!

2) Pisa 10/4: GUERRA ALLA GUERRA

3) Vignanello (VT) 11/4: DRUG GOJKO


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Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita ad aderire alla Campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO.
(Sulla campagna vedi anche l'appello iniziale: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/usciredallanato2014.htm )


Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO per un’Italia neutrale.


 Le drammatiche vicende in Medio Oriente, in Nord Africa e ora in Ucraina nel cuore della stessa Europa segnano un deciso degrado dei rapporti internazionali. La pace in tutto il mondo è in serio pericolo e anche papa Francesco ha ammesso che stiamo ormai assistendo a molteplici episodi di un’unica guerra mondiale pronta a conclamarsi in tutti i suoi devastanti effetti. 
     La NATO, da organizzazione formalmente difensiva da diversi decenni ha assunto un profilo aggressivo e minaccioso in aperta violazione con la Carta delle Nazioni Unite. Si dichiara che la nuova strategia della NATO è stata promossa per “difendere gli interessi dell’Occidente”, ma in realtà serve solo a salvaguardare un’egemonia globale statunitense sempre più in rotta di collisione con gli interessi dell’Italia, dell’Europa e del resto del mondo. Invece di promuovere negoziati globali si lanciano ultimatum militari e persino minacce di attacchi nucleari.
     Uscendo dalla NATO l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, e assumerebbe una posizione di totale neutralità tra i contendenti, a vantaggio dei nostri interessi nazionali e della pace mondiale.      



SITO INTERNET DEL COMITATO PROMOTORE: http://www.noguerranonato.it




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Pisa, venerdì 10 aprile 2015
alle ore 17:30 presso la sede della Rete dei Comunisti, Via Sant'Andrea 31

GUERRA ALLA GUERRA: LA PACE IN EUROPA NON E' UN DATO SCONTATO

La Rete dei Comunisti lancia anche a Pisa una campagna nazionale contro la guerra. La prima iniziativa si svolgerà venerdì 10 aprile alle ore 17.30 presso la sede della RdC in via sant'Andrea 31.

GUERRA ALLA GUERRA: LA PACE IN EUROPA NON E' UN DATO SCONTATO.
L'imperialismo dell'Unione Europea è una minaccia per i propri popoli. 
FERMIAMO LA GUERRA ED OPPONIAMOCI AD OGNI INTERVENTISMO MILITARE

Incontro dibattito con:

JOHN CATALINOTTO
Caporedattore del giornale statunitense Workers World dal 1982, co-fondatore dell'International Action Center, l'organizzazione di Ramsey Clark che negli USA ha dato impulso alle manifestazioni nazionali contro la guerra. Militante comunista dal 1962.

MANLIO DINUCCI
saggista, giornalista de Il Manifesto

VALTER LORENZI
Rete dei Comunisti

evento Facebook: https://www.facebook.com/events/534000143406901/

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Venerdì 10 aprile ore 17.30
Presso la nuova sede della Rete dei Comunisti, Via sant’Andrea 31 Pisa 
Incontro dibattito sul tema:

Guerra alla Guerra
La pace in Europa non è più un dato scontato.
L’imperialismo europeo è una minaccia per i propri popoli.
Fermiamo la guerra e opponiamoci a qualsiasi interventismo militare.

Saranno presenti:
John Catalinotto - Caporedattore del giornale statunitense Workers World dal 1982, co-fondatore dell'International Action Center, l'organizzazione di Ramsey Clark che negli USA ha dato impulso alle manifestazioni nazionali contro la guerra.
Manlio Dinucci saggista, giornalista de Il Manifesto
Valter Lorenzi Rete dei Comunisti
Giovanni Bruno PRC Pisa

Per chi non potrà essere presente sarà possibile seguire i lavori in diretta streaming su: https://www.youtube.com/channel/UCu5zSHlxnzhGRtLyJ3fT4Tg

L’Unione Europea è un polo imperialista in costruzione, che nel suo incedere produce guerra.
Questo è l’assunto dal quale la Rete dei Comunisti parte nel promuovere la campagna nazionale “Guerra alla guerra”. 
L’ossessiva campagna mediatica che parla di quest’alleanza come polo di pace, s’infrange sui fronti di conflitto fomentati in questi anni ai confini del continente.
Dall’Ucraina alla Libia, un arco di guerra circonda l’Europa continentale, riportando le lancette della storia indietro di oltre un secolo, quando la spinta colonialista portava i vari Stati europei a strappare militarmente paesi e territori a un impero ottomano in declino.
Di nuovo, Francia, Italia, Germania, Inghilterra sono impegnati militarmente nei paesi che a cavallo tra XIX e XX secolo furono possedimenti o aree di loro influenza diretta, in Nord e Centro Africa, nell’Est europeo, in Estremo Oriente. 
Più che l’ “inno alla Gioia” di Beethoven, la colonna sonora che si addice a quest’Unione Europea è la “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner.
I motivi del ritorno alla “diplomazia delle cannoniere” li individuiamo nella crisi sistemica del capitalismo, emersa con forza nel 2007 attraverso lo scandalo finanziario dei “subprime” statunitensi, ma che già covava dalla prima metà degli anni ’70 del secolo scorso.
La costruzione dell’Unione Europea e della sua moneta è la risposta delle borghesie europee a una crisi senza precedenti per profondità, durata nel tempo e carenza di strategie per il suo superamento. Il grado di maturazione economico, politico e militare raggiunto dai paesi che la compongono, ci fa parlare di un “polo imperialista” in costruzione, impegnato a contendersi mercati, territori e risorse con altri competitori internazionali. Un processo contraddittorio e molto pericoloso, perché mette continuamente in discussione vecchie alleanze e rapporti interni all’Unione Europea stessa, in uno scacchiere internazionale caratterizzato dal declino progressivo dell’imperialismo USA e dal sorgere di potenti competitori, come i BRICS e un nuovo “polo islamico”, che vede le grandi borghesie del Golfo persico impegnate a trasformare il loro grande ruolo economico, energetico e finanziario in potenza militare. 
La dinamica che osserviamo nei vari fronti di conflitto facilita la comprensione del nostro ragionamento.
In Ucraina la competizione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti è evidente, mettendo di nuovo in discussione l’Alleanza Atlantica (NATO) come “camera di compensazione” tra interessi sempre più contrapposti.
In Libia i bombardieri di Francia e Inghilterra hanno messo un’ipoteca sui pozzi petroliferi gestiti dall’ENI, costringendo l’allora governo Berlusconi a scelte innaturali, forzate all’epoca dal binomio Bersani/Napolitano, espressione di quella parte di borghesia italiana che in seguito avrebbe scalzato l’omino di Arcore, per garantire in Italia l’ordine della Troika europea. 
In Siria e Yemen il polo islamico tenta di frenare l’affermazione iraniana, alla quale i poli imperialisti rispondono con i recenti accordi di Losanna.
La fase che il mondo sta attraversando è di devastante instabilità, cambiamenti di alleanze, scontri e repentine tregue, nella quale stanno crescendo nuove forze e nuove ambizioni, con cui le vecchie e nuove potenze imperialiste fanno i conti, anche dentro i propri confini, come la strage al settimanale francese Charlie Hebdo di Parigi ha dimostrato.
L’incontro di venerdì 10 aprile cercherà di affrontare un tema d’indubbia complessità, ma che interessa tutti quelli che intendono continuare a battersi contro la guerra.
Il contributo di John Catalinotto al dibattito, figura storica del movimento No War statunitense, sarà ancor più interessante perché proviene da un paese che continua, nonostante il proprio declino economico e geopolitico, ad avere una forza militare che supera di gran lunga ogni altra potenza mondiale.
Rete dei Comunisti - Pisa


=== 3 ===

Vignanello (VT), sabato 11 aprile 2015
alle ore 21:30 presso l'ex Cinema Comunale

Pietro Benedetti in

DRUG GOJKO

Monologo di e con Pietro Benedetti
tratto dai racconti del partigiano Nello Marignoli

REGIA DI ELENA MOZZETTA
PRODOTTO DAL CP ANPI VITERBO
IDEATO DA GIULIANO CALISTI E SILVIO ANTONINI
TESTI TEATRALI - PIETRO BENEDETTI
CONSULENZA LETTERARIA - ANTONELLO RICCI
MUSICHE - BEVANO QUARTET E FIORE BENIGNI
FOTO - DANIELE VITA
UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A NELLO MARIGNOLI
SI RINGRAZIANO INOLTRE: * I RAGAZZI DEL CENTRO SOCIALE EX VALLE FAUL * DAVIDE BONINSEGNA * ARCI VITERBO * DAVIDE GHALEB EDITORE

Sullo spettacolo vedi anche: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm



 
ANPI: Sospendere la Legge sul Giorno del Ricordo
 
1) COMUNICATO SEGRETERIA NAZIONALE ANPI
2) Botta e risposte sulle medaglie ai nazifascisti conferite in applicazione della Legge sul Giorno del Ricordo
Zarcone (capo dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, membro della Commissione che riconosce medaglie in memoria degli "infoibati", responsabile dell'istruttoria per la onorificenza al fascista Paride Mori) / Toth / Volk / Cernigoi / Redazione Diecifebbraio.info
3) La giornata del ricordo: una misura del potere sovrastrutturale corrente (Lorenzo Soli – senzatregua.it)


SUL PODIO DEI RICHIEDENTI ASILO

Guardacaso, nelle statistiche divulgate dal governo sui richiedenti asilo ci sono ai primi posti i frutti delle nostre belle guerre, dirette o fomentate. Primi i siriani, secondi gli afghani, e terzi? I KOSOVARI! Ma non avevamo fatto una bella guerra per salvare i kosovari dai cattivi serbi? Com'è che adesso scappano? Non gli piace il narcoterrorista Hashim Taci, già capo dell'Esercito di Liberazione del Kosovo, uno dei tanti gruppi di "liberazione" che in modo bypartisan sono stati amati da governi d'ogni colore NATO/Golfo e al tempo stesso da certa sinistra europea?

Marinella C.

(fonte: lista interna del Comitato NO NATO)




NATO War Against Yugoslavia and the Killing of Milosevic

1) G. Elich: Surdulica. A “Good Day” for NATO?
2) C. Black: The Death of Milosevic and NATO Responsibility


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MARCH 31, 2015

Sixteenth Anniversary of the War Against Yugoslavia: Surdulica

A “Good Day” for NATO?


by GREGORY ELICH 

The North Atlantic Treaty Organization (NATO) proclaims its “commitment to maintaining international peace and security.” Mainstream media rarely, if ever, look beyond Western self-justifications and bland assurances of moral superiority, and little thought is given to what NATO’s wars of aggression might look like to those on the receiving end.

During the first two weeks of August, 1999, I was a member of a delegation travelling throughout Yugoslavia, documenting NATO war crimes. One of our stops was at Surdulica, a small town which then had a population of about 13,000. We initially met with management of Zastava Pes, an automotive electrical parts factory that had at one time employed about 500 workers. In better days, annual exports from the plant amounted to $8 million. Western-imposed sanctions had stopped export contracts and prevented the import of materials, forcing a 70 percent reduction in the workforce and a decline in the local economy.

Staff at Zastava Pes told us that bombs and missiles had routinely rained down upon their town.

We were first taken to a sanatorium, located atop a heavily wooded hill overlooking the town. The sanatorium consisted of a Lung Disease Hospital, which also housed refugees, and a second building that served as a retirement home.

Shortly after midnight on the morning of May 31, 1999, NATO planes launched four missiles at the sanatorium complex, killing at least 19 people. It was not possible to ascertain the precise number of victims because numerous body parts could not be matched to the 19 bodies. Another 38 people were wounded. We were told that the force of the explosions had been so powerful that body parts were thrown as far as one kilometer away. Following the attack, body parts were hanging in the trees, and blood dripped from the branches. By the time of our visit, the area had largely been cleaned up, but we could still see torn clothing scattered high among the branches of the tall trees.

Although only one missile struck the nursing home, it caused enormous damage. We walked around to the back, on the building’s southwestern side. A section of the second floor had collapsed, and the entire side of the building was extensively damaged, with mounds of rubble at the base of the building. On the northeast side of the complex, the building that housed refugees and patients bore a gaping hole in its façade, from which a river of rubble had poured like blood from a wound. We clambered up the mound of rubble and made our way into the building. Debris littered the hallways and in several rooms we found scorched mattresses, clothes and damaged personal belongings jumbled together in disarray. Bricks and chunks of concrete were strewn among the rubble, and a loaf of bread rested against a child’s shirt. In another room, teenage magazines and a child’s textbook were mixed among the wreckage. In the center of the room was a child’s teddy bear.

[PHOTO: Rear of nursing home in Surdulica. Photo: Gregory Elich. ]

According to the on-site investigation report of June 3, it took three days to dig the bodies from the rubble. The yard outside the Special Lung Hospital “was covered with parts of human bodies, torn heads, arms and hands as well as bodies partly covered with rubble material, dust, broken bricks” and debris from the building. “A torn-off head of a man, approximately 70-years-old, was found outdoors. North from this head, there was another body covered with debris and a torn arm.” Three bodies were a short distance away, including one with a partially damaged head. “Brain tissue…could be seen on some parts of the building ruins,” the report continued.

As refugees from Croatia, nineteen-year-old Milena Malobabich, her mother, and two brothers stayed in the sanatorium. The entire family was killed in the attack. During the air raid, panic-stricken, Milena ran from the building, clutching a notebook in which she had written poetry. The examiner of Milena’s body noted: “The brain tissue is completely missing, and there is only dust and sand in the cranial cavity.” Blood had flowed from behind the right ear. Milena’s ribs were crushed, and her abdomen and left leg were lacerated. Her notebook was found near her body; on one page she had written in large letters, “I love you, Dejane!” The brain that composed poetry and cherished a man named Dejane was scattered in pieces throughout the yard.

We next visited a residential neighborhood that was completely wiped out by NATO missiles. As we had seen in other towns, a remarkable reconstruction effort was underway. Responsibility for national reconstruction was assigned to the Directorate for National Recovery, which was formed just ten days into the war. An energetic program was soon launched, and destroyed neighborhoods were cleared of debris and construction of new homes began even as NATO continued its attacks.

By the time of our visit, every trace of rubble had been removed from this neighborhood, and the earth smoothed over. A bulldozer and grader were parked nearby, and construction of two new homes had begun. Surviving residents approached and talked to us, showing us photographs they had taken in the immediate aftermath of the bombing. The level of destruction shown in the photographs was appalling, a jumbled riot of debris where several homes once stood.

We visited a second neighborhood obliterated by NATO missiles. Here too, reconstruction was underway. Smashed automobiles and partially roofless homes bordering the area were the only physical reminders of the tragedy.

In the first neighborhood, a man named Dragan told us that the homes were hit as a result of errant missiles. “They were trying to hit the water supply plant nearby, with two missiles.” Another survivor, Zoran Savich told us that sirens sounded every day, and the town was bombed on multiple occasions. Four months had passed since his neighborhood had been hit, but Dragan’s son was still so terrified that he fled into the basement every time he heard the sound of an airplane overhead. Quite a long distance away was another of NATO’s targets, an army barracks that was abandoned during the war. I climbed atop a large mound of dirt to view the barracks from afar, and saw that it too was damaged. NATO sprayed its bombs and missiles liberally around Surdulica. The destruction of an empty barracks was of doubtful military utility. The targeting of a water supply plant was cruel, but there were no words to adequately characterize the destruction of entire neighborhoods, as we had repeatedly witnessed in our travels. By the end of the war, NATO had destroyed about fifty homes in Surdulica and damaged around 600 more.

One of the bombed homes belonged to Radica Rastich. In a deposition, her neighbor Borica Novkovich recalled, “The sound was like a huge blow on the head. Everything turned over and rolled down the hill. Radica was screaming, screaming, when we came to help her. She was taken from the house all twisted and bent over. She was shaking and shaking; her hands were pressed tight over her ears.” Another survivor, Perica Jovanovich, stated, “I’ll never forget the strange voice of the bomb. When the plane is flying and drops the bomb the noise changes. It’s awful. It’s like the static on the radio but so loud, and then there is this awful crash and pressure and everything moves and boils up.”

It was a clear day on April 27 when the first neighborhood was bombed. On Jovan Jovanovich Zmaj Street, children were happily playing outside when NATO warplanes made their approach. Hearing the wail of air raid sirens, the children ran into the home of Aleksandar Milich, where they took refuge in the strongest basement in the neighborhood. It was not long before two NATO missiles sailed into that very house. The sound of the blast was deafening, and smoke and dust filled the air. Every home in the area was destroyed, and survivors were screaming as they struggled to escape from under the rubble.

Stojanche Petkovich reported that after hearing the first explosion, he rushed into the Milich home. He was in the upper cellar and about to descend into the lower cellar when the next missile hit the house, hurling him against a wall. “I covered my mouth with my hand to prevent the dust to enter, because there was a cloud of smoke and dust in there. When I recovered a bit after the second explosion, I called out to those from the second basement, but no one answered me. I could see that the ceiling in that part of the basement had collapsed.” Moments later, Petkovich heard blocks falling and looked up to see “the ceiling above my head coming down on me. The concrete ceiling was now down, pinning my right lower leg. I was watching the other end of the ceiling also coming down on me, and I saw the iron bars in it stretching. Then everything stopped.” It took two hours to pull Petkovich out, the lone survivor from the Milich home. Blood was spattered all around where the cellar had once been, and the smell of burning flesh filled the air. Every victim was decapitated and dismembered. “Bits of them were all over the road,” one man was reported as saying. “We found the head of a child in a garden and many limbs in the mud.”

When 65-year-old Vojislav Milich heard the air raid sirens that day, he ran to his home. He was about 100 meters away when he saw the two missiles exploding on his home. “When the smoke vanished, I saw just ruins of my house. It had been razed to the ground, completely torn down. I presumed that all of the members of my family and all of the people from the neighborhood got killed, which unfortunately proved to be true.”

The morning after the attack, I read the news on a Yugoslav internet site. There was a photograph of the back of an ambulance, its doors thrown open. Inside were piled chunks of shapeless human flesh, still smoking – remains of the eleven victims, the youngest of whom was only four years old.

Four hours after the attack, the British Ministry of Defense announced that it had been a good day for NATO.

Gregory Elich is on the Board of Directors of the Jasenovac Research Institute and the Advisory Board of the Korea Policy Institute. He is a columnist for Voice of the People, and one of the co-authors of Killing Democracy: CIA and Pentagon Operations in the Post-Soviet Period, published in the Russian language.



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The Death of Milosevic and NATO Responsibility - By Christopher Black


By Christopher Black


On March 11, 2006, President Slobodan Milosevic died in a NATO prison. No one has been held accountable for his death. In the 9 years since the end of his lonely struggle to defend himself and his country against the false charges invented by the NATO powers, the only country to demand a public inquiry into the circumstances of his death came from Russia when Foreign Minister, Serge Lavrov, stated that Russia did not accept the Hague tribunal’s denial of responsibility and demanded that an impartial and international investigation be conducted. Instead, The NATO tribunal made its own investigation, known as the Parker Report, and as expected, exonerated itself from all blame.

But his death cannot lie unexamined, the many questions unanswered, those responsible unpunished. The world cannot continue to accept the substitution of war and brutality for peace and diplomacy. It cannot continue to tolerate governments that have contempt for peace, for humanity, the sovereignty of nations, the self-determination of peoples, and the rule of law.

The death of Slobodan Milosevic was clearly the only way out of the dilemma the NATO powers had put themselves in by charging him before the Hague tribunal. The propaganda against him was of an unprecedented scale. The trial was played in the press as one of the world’s great dramas, as world theatre in which an evil man would be made to answer for his crimes. But of course, there had been no crimes, except those of the NATO alliance, and the attempt to fabricate a case against him collapsed into farce.

The trial was necessary from NATO’s point of view in order to justify the aggression against Yugoslavia and the putsch by the DOS forces in Belgrade supported by NATO, by which democracy in Yugoslavia was finally destroyed and Serbia reduced to a NATO protectorate under a Quisling regime. His illegal arrest, by NATO forces in Belgrade, his illegal detention in Belgrade Central Prison, his illegal rendition to the former Gestapo prison at Scheveningen, near The Hague, and the show trial that followed, were all part of the drama played out for the world public, and it could only have one of two endings, the conviction, or the death, of President Milosevic.

Since the conviction of President Milosevic was clearly not possible after all the evidence was heard, his death became the only way out for the NATO powers. His acquittal would have brought down the entire structure of the propaganda framework of the NATO war machine and the western interests that use it as their armed fist.

NATO clearly did not expect President Milosevic to defend himself, nor with such courage and determination. The media coverage of the beginning of the trial was constant and front page. It was promised that it would be the trial of the century. Yet soon after it began the media coverage stopped and the trial was buried in the back pages. Things had gone terribly wrong for Nato right at the start. The key to the problem is the following statement of President Milosevic made to the judges of the Tribunal during the trial:

“This is a political trial. What is at issue here is not at all whether I committed a crime. What is at issue is that certain intentions are ascribed to me from which consequences are later derived that are beyond the expertise of any conceivable lawyer. The point here is that the truth about the events in the former Yugoslavia has to be told here. It is that which is at issue, not the procedural questions, because I’m not sitting here because I was accused of a specific crime. I’m sitting here because I am accused of conducting a policy against the interests of this or another party.”

The prosecution, that is the United States and its allies, had not expected a real defence of any kind. This is clear from the inept indictments, confused charges, and the complete failure to bring any evidence that could withstand even basic scrutiny. The prosecution case fell apart as soon as it began. But once started, it had to continue. Nato was locked into a box of its own making. If they dropped the charges, or if he was acquitted, the political and geostrategic ramifications were enormous. Nato would have to explain the real reasons for the aggression against Yugoslavia. Its leaders themselveswould face war crimes charges. The loss of prestige cannot be calculated. President Milosevic would once again be a popular political figure in the Balkans. The only way out for NATO was to end the trial but without releasing Milosevic or admitting the truth about the war. This logic required his death in prison and the abandonment of the trial.

The Parker Report contains factsindicating that, at a minimum, the Nato Tribunal engaged in conduct that was criminal regarding his treatment and that conduct resulted in his death. The Tribunal was told time and again that he was gravely ill with heart problems that needed proper investigation, treatment and complete rest before engaging in a trial. However, the Tribunal continually ignored the advice of the doctors and pushed him to keep going with the trial, knowing full well that the stress of the trial would certainly kill him.

The Tribunal refused prescribed medical treatment in Russia seemingly for political reasons and once again put the Tribunal’s interests, whatever they are, ahead of Milosevic’s health. In other words they deliberately withheld necessary medical treatment that could have lead to his death. This is a form of homicide and is manslaughter in the common law jurisdictions.

However, there are several unexplained facts contained in the Parker Report that need further investigation before ruling out poison or drugs designed to harm his health: the presence of the drugs rifampicin and droperidol in his system being the two key ones. No proper investigation was conducted as to how these drugs could have been introduced into his body. No consideration was given to their effect. Their presence combined with the unexplained long delay in getting his body to a medical facility for tests raises serious questions that need to be answered but which until today remain unanswered.

The Parker Report, despite its illogical conclusions, exonerating the Nato tribunal from blame, provides the basis for a call for a public inquiry into the death of President Milosevic. This is reinforced by the fact that the Commandant of the UN prison where President Milosevic was held, a Mr. McFadden, was, according to documents exposed by Wikileaks, supplying information to the US authorities about Milosevic throughout his detention and trial, and is further reinforced by the fact that Milosevic wrote a letter to the Russian Embassy a few days before his death stating that he believed he was being poisoned. Unfortunately he died before the letter could be delivered in time for a response.

All these facts taken together demand that a public international inquiry be held into the entirety of the circumstances of the death of President Milosevic, not only for his sake and the sake of his widow Mira Markovic and his son, but for the sake of all of us who face the constant aggressive actions and propaganda of the NATO powers. Justice requires it. International peace and security demand it.