Informazione


La jihad ci rincula contro


Sulla questione della jihad foraggiata dai paesi NATO nei Balcani in funzione antijugoslava e antiserba si vedano anche:

– la sterminata mole di documentazione da noi fatta circolare in questi anni su questa lista JUGOINFO nell'indifferenza generale:

– la documentazione essenziale sul fondamentalismo islamico in Bosnia-Erzegovina:

– i principali libri sull'argomento, usciti in tempi non sospetti:
Antonio Evangelista: La torre dei crani. Kosovo 2000-2004. Editori Riuniti, 2007
Jürgen Elsässer: Comment le Djihad est arrivé en Europe. Éditions Xenia (Suisse) 2006

– il recente report di Fausto Biloslavo per Il Giornale:
1) La Bosnia tra gli estremisti islamici e "l'invasione" di arabi e turchi (25/03/2015)
2) La pista da Belluno a Sarajevo A processo l'imam reclutatore (26/03/2015)
3) "Ecco perché verrà in Bosnia, frontiera d'Europa". L'arcivescovo di Sarajevo: "Villaggi agli islamisti da 20 anni, l'Ue ha finto di non vedere" (27/03/2015)
4) Le bandiere nere dell'islam sventolano già in Europa (30/03/2015)
*) Edis Bosnic: "Democrazia? Meglio Maometto. Se ci attaccano ci difenderemo" (30/03/2015)


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http://contropiano.org/internazionale/item/29867-i-balcani-la-jihad-nel-cortile-di-casa-dell-europa

I Balcani: la Jihad nel cortile di casa dell'Europa

Alessandro Avvisato, 25 Marzo 2015 

La notizia di oggi è che la polizia ha arrestato tre persone, in provincia di Torino ma anche in Albania con l'accusa di essere reclutatori e miliziani dell'Isis, mentre perquisizioni sono state effettuate a carico di sospetti simpatizzanti dell'Isis in Piemonte, Lombardia e Toscana.

Gli arresti sono scattati contro due cittadini albanesi, zio e nipote. Il primo è residente in Albania mentre il secondo vive in provincia di Torino, mentre il terzo arrestato, è un ventenne cittadino italiano di origine marocchina. Quest'ultimo viene accusato di essere l'autore del documento di propaganda dell'Isis, un testo di 64 pagine scritto in italiano, apparso di recente sul web e intotalato “Lo stato islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare”.

Diventa difficile, a questo punto, non mettere in connessione questa notizia con un contesto regionale più ampio e che investe direttamente il cortile di casa dell'Unione Europea, ovvero i Balcani.

Il Ministro degli Esteri albanese, Ntitmir Bushati,  aveva affermato nell'ottobre scorso che in alcune zone del paese erano presenti individui addestrati a compiere atti di terrorismo. Le zone individuate erano quelle dei distretti di Librazhdi e di Elbasan, dove sarebbero presenti numerosi nuclei salafiti e alcuni imam che cercano di radicalizzare i giovani. In certi casi i jihadisti locali fornirebbero rifugio temporaneo a miliziani provenienti dai paesi limitrofi che fanno scalo in Albania per poi imbarcarsi su voli per Istanbul con destinazione finale Siria. Non solo. Secondo un documento dell'Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), “l’Albania risulta poi essere punto di partenza anche per alcuni jihadisti europei che utilizzano l’Italia come luogo di transito”. Sempre secondo fonti locali sarebbero due le vie battute: una via mare, su navi appartenenti a privati albanesi che attraccherebbero nel porto di Durazzo. L’altra via è quella aerea; i volontari partirebbero da aeroporti italiani secondari per raggiungere Tirana e dopo alcuni giorni di sosta, proseguirebbero per la Turchia e da lì, come noto, verso il teatro di guerra in Siria e Iraq.

Nel settembre del 2014 in Bosnia sono stati arrestati 16 jihadisti tra cui Bilal Bosnic, un predicatore piuttosto noto nel mondo islamico più radicale. Gli arrestati sono stati accusati di aver reclutato, organizzato e finanziato il trasferimento di jihadisti verso la Siria e l’Iraq per combattere nelle file di gruppi terroristi quali dell’Isis. Nelle perquisizioni sono spuntate fuori armi, munizioni, attrezzature militari, tessere sim, computer e altre apparecchiature informatiche.
Il predicatore Bilal Bosnic era noto anche in Italia per i sermoni di incitamento alla jihad in città come Roma, Siena, Como, Pordenone, Cremona, Bergamo.
L'operazione in Bosnia – denominata operazione “Damasco”, ha rivelato l’esistenza di una rete terroristica radicata sul territorio della repubblica ex jugoslava “liberata” dalla Nato, quella stessa Nato che nel 1995 bombardò soprattutto le postazioni serbo-bosniache e sostenne la comunità musulmana (circa il 40%) e croata contro quella serba. Da allora la Bosnia è praticamente commissariata dalla Nato e dall'Unione Europea che per anni hanno tollerato e agevolato la penetrazione di jiahdisti in questa enclave della periferia d'Europa. Un reportage di Lettera 43 racconta che l'influenza fondamentalista islamica nella capitale Sarajevo appare ancora relativa. “Donne e ragazze musulmane escono la sera, bevono alcol e fumano senza problemi. Mi sembra difficile", spiega agli inviati un giornalista di origini serbe, "che qui a Sarajevo attecchisca il radicalismo islamico". Ma la situazione è diversa nelle città bosniache come Srebrenica e Tuzla, dove, secondo alcuni, sarebbero sorti campi di addestramento per jihadisti da spedire in Siria e Iraq o sugli altri fronti della jihad. La cosa non dovrebbe sorprendere perchè negli anni Novanta, in Bosnia, erano arrivati centinaia di combattenti islamici – molti dalla Cecenia o dal Maghreb– per partecipare alla guerra civile contro i serbi e sostenuti dalla Nato che agevolò in ogni modo l'afflusso di jihadisti nel teatro balcanico, in Bosnia come in Kosovo e Albania. I finanziamenti erano assicurati soprattutto dal network saudita (inclusa Al Qaida) e dalla Turchia. Il flusso e poi l'insediamento in loco degli jihadisti, è stato agevolato da Mustafa Ceric, il gran muftì di Sarajevo sino al 2012, e da Alia Iztbegovic, l'ex presidente bosniaco sostenuto economicamente, politicamente e militarmente dalla Nato.

Ma una operazione analoga è stata condotta dalla Nato (Usa e Ue con pari responsabilità) anche nel Kosovo. Anche qui i bombardamenti della Nato contro la Serbia hanno spianato il terreno alla secessione del paese a maggioranza albanese e musulmana. Nei fatti si è costituita una enclave fuori controllo dove i gruppi jihadisti hanno trovato lo spazio per organizzarsi. Il governo del Kosovo solo recentemente – anche a causa del cambio di alleanze degli Usa e degli europei nello scenario mediorientale – è corso ai ripari.

Ad agosto dello scorso anno una operazione della polizia del Kosovo aveva portato in carcere 40 sospetti jihadisti (mentre altri 17 sono risultati irreperibili). Altre tre erano stati arrestati a giugno e altri 11 arrestati sette mesi prima. Alcuni sono molto giovani, nati addirittura nel 1994 e molti hanno meno di 30 anni. Ai giovani disoccupati kosovari vengono offerti fra 20mila e 30mila euro per andare a combattere con i jihadisti dell'Isis in Siria e Iraq ha denunciato pochi giorni fa il segretario della comunità islamica in Kosovo, Resul Rexhepi. Il Parlamento del Kosovo ha approvato pochi giorni una legge che vieta ai propri cittadini di partecipare a conflitti all'estero nel tentativo d'impedire ai suoi giovani di andare a unirsi ai gruppi jihadisti in Siria o in Iraq. La norma prevede fino a 15 anni di carcere per chiunque violi il divieto di prendere parte a conflitti armati all'estero. Il ministro dell'Interno di Pristina stima che circa almeno 300 persone dal Kosovo si siano recate a combattere insieme alle milizie dello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis).

Mentre tutti gli sguardi, le attenzioni e le flotte militari convergono sulla Libia, le cancellerie occidentali evitano di rendere conto dei danni che hanno provocato negli ultimi venti anni anche nel vicino est, alle frontiere della stessa Unione Europea. La distruzione della federazione jugoslava, perseguita sistematicamente dalla Germania prima e da Usa e Unione Europea poi, ha consentito la nascita di enclavi out of control nei Balcani, zone dove i finanziamenti concorrenti di Turchia e Arabia Saudita hanno riprodotto scenari conflittuali e alleanze definitesi anche in Medio Oriente. Ma portandole vicino ai confini, anzi dentro il cortile di casa.






NA MORE CON AMORE

3a edizione! (anno 2015)

 
NA MORE cON AMORE è la nostra iniziativa di ospitalità estiva, in cui crediamo sempre molto, perché ci piacciono i bambini del mondo, perché ci piace pensarli “al mare con amore” e perché ci piace la condivisione e la solidarietà tra i popoli di cui il mare, spazio senza confini, dovrebbe essere sempre universale espressione.
E quest’anno l’estate si farà bambina, ma veramente piccolina, perché avremo la gradita responsabilità di ospitare un gruppetto di scolari con età compresa tra i 7 e gli 8 anni. Questi bambini vivono nella municipalità serba di Kraljevo, in particolare sono studenti della Scuola Primaria “Jovan Dučić”, provenienti da famiglie residenti nei villaggi di campagna di Roćevići e Vrdila.
 
Le associazioni di volontari “Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus” e “Non bombe ma solo caramelle Onlus” ci aiuteranno in tutto ciò, insieme ad altri, amici e conoscenti preziosi, dei quali non possiamo davvero fare a meno. Contiamo di accogliere un nuovo piccolo gruppo (fino a 9 ospiti), di cui l’insegnante Jelena Stajić ed il preside della Scuola Milivoje Popović, che conosciamo già da alcuni anni, saranno gli accompagnatori.
Il soggiorno dei bambini è previsto per fine agosto ed inizio settembre, sempre nella località di mare Santa Severa (provincia di Roma), dove verrà messa a disposizione gratuitamente una struttura privata, idonea per l’ospitalità prevista. I bambini potranno svolgere attività balneare, ricreativa ed anche culturale, nell’ambito di un programma adeguato all’età dei piccoli ospiti. Parteciperanno all’iniziativa bambini in grado di sostenere il viaggio e le relative attività, che saranno individuati dai nostri referenti locali.
 
La Scuola Jovan Dučić, con i suoi 95 alunni, ha le sue tre sedi nei villaggi di campagna Roćevići, Vrdila e Dedevci, a circa mezz’ora da Kraljevo (ca 20 km), con non più di 350 residenti, nel Distretto della Raška. Tuttavia la Scuola accoglie anche studenti della vasta periferia di Kraljevo e della campagna circostante (Roćevići, Vrdila, Dedevci, Pekčanica, Lopatnica, Bukovica e Petrevce). E’ a servizio di molte famiglie svantaggiate, in molti casi profughi dal Kosovo, che vivono ancora la condizione di sfollati in soggiorno temporaneo, di bambini con un solo genitore in vita e che vivono di un piccolo sostegno al reddito. La popolazione di questa piccola realtà diffusa è per lo più impegnata in agricoltura, soprattutto in frutticoltura e nell’allevamento, con un basso livello di istruzione (elementare) ed un reddito economico minimo. La maggioranza di donne e mamme sono casalinghe. Solo una piccola parte di padri lavorano come impiegati pubblici o privati. La scuola è stata fondata nel 1910 ed è una delle scuole più antiche della regione. Subito dopo la liberazione dal nazifascismo, nel 1945, inizia a lavorare come scuola primaria elementare e media ed in cui si studia da programma la lingua italiana.
Avendo fatto tesoro delle esperienze positive delle scorse edizioni, di cui potete ritrovare testimonianza sul nostro sito (https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm#2014), ci auguriamo anche quest’anno che l’iniziativa possa rafforzare le relazioni tra comunità, la reciproca conoscenza, a beneficio e come occasione di crescita psico-fisica soprattutto per i minori coinvolti. Sperando ciò possa in qualche modo contribuire alla serenità dei ragazzi e servire da stimolo per la loro vita in una realtà spesso difficile.
 
Il costo stimato per l’iniziativa è pari a circa 2.200 euro (per la passata edizione è stato di 2.102 euro). Dipenderà soprattutto dalle spese di viaggio, ancora da definire. Potremo assicurare vitto e spese di alcuni trasferimenti a costi contenutissimi o gratuiti, grazie ai volontari. Partiamo con 500 euro di fondi residui dell’edizione scorsa; ulteriori 150 sono stati destinati alle opere di ricostruzione in Bosnia, post alluvione del 2014. Abbiamo però bisogno di raccogliere ulteriori soldi e quindi, per chi può e vuole, è possibile sottoscrivere per l’iniziativa utilizzando le seguenti coordinate:
CONTO BANCOPOSTA n° 88411681; Intestato a JUGOCOORD ONLUS, ROMA
IBAN IT 40 U 07601 03200 000088411681
Causale “NA MORE CON AMORE”
Per qualsiasi informazione in più o chiarimenti sulle modalità di sottoscrizione:
Samantha Mengarelli, e-mail namoreconamore@...
Vi aggiorneremo sul programma e sugli sviluppi dell’iniziativa. Grazie per l’attenzione e un caro saluto.

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia- ONLUS
Non Bombe ma solo Caramelle- ONLUS



(srpskohrvatski / english / italiano)

Eventi per il 16.mo dei bombardamenti NATO

0) Altri link e avvisi
1) Belgrado non dimentica le bombe umanitarie
2) 16th ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION + 15 YEARS OF THE BELGRADE FORUM FOR A WORLD OF EQUALS
Да се не заборави - Не у НАТО (видео) / Findings and conclusions of the round table “Not to forget – NO into NATO”


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NOTA per gli interessati:

Disponiamo di copie del libro 
NOVI "HLADNI" RAT. Agresija NATO 15 godina kasnije
// La nuova guerra "fredda". La aggressione NATO 15 anni dopo //

Interventi dei partecipanti al Meeting internazionale tenuto nel marzo 2014 a cura del Forum di Belgrado
provenienti dall' Irlanda, Venezuela, Austria, Francia, Russia, USA, Germania, Ucraina, Grecia, Canada, Bielorussia, Italia, Danimarca, Cipro, Turchia, Croazia, Serbia, Rep. Ceca, ecc. Altre info: https://www.cnj.it/24MARZO99/2014/index.htm#skup 
Edizione Beoforum. In cirillico. 
Il libro costa 15 euro + spese di spedizione. Per ordini: jugocoord @ tiscali.it

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Живадин Јовановић у ТВ емисија РТС-а „УПИТНИК“ 24.3.2015.
25 mar 2015 – У ТВ емисији РТС-а, „Упитник“, коју води реномирана новинарка-тв водитељка, Оливера Јовићевић, у којој су учествовали министар правде, Никола Селаковић, председник Београдског форума, Живадин Јовановић и председник Управног одбора Атлантског савета, Владан Живуловић, господин Живуловић је изједначио понашање НАТО са понашањем Хитлера. Живуловић је, поред осталог, рекао: „Наш народ каже, „Сила Бога не моли“, па ако ћемо сада, легалитет свих тих акција, када погледамо историју, Хитлер никох није питао, кренуо је у обрачун, НАТО није питао никога када је кренуо на Србију, односно Југославију...“

НАТО ПОСТУПИО КАО ХИТЛЕР рекао је председник Управног одбора Атлантског савета, Владан Живуловић, на програму националне телевизије РТС

Лапсус или тренутак искрености
ХИТЛЕРОВО ПОНАШАЊЕ КАО АЛИБИ ЗА АГРЕСИЈУ НАТО ПРОТИВ СРБИЈЕ (СРЈ)

У ТВ емисији РТС-а, „Упитник“ која је емитована 24. марта 2015., поводом 16. годишњице агресије НАТО, у којој су учествовали министар правде Никола Селаковић, председник Београдског форума Живадин Јовановић и председник Управног одбора Атлантског савета Владан Живуловић, господин Живуловић је изједначио понашање НАТО 1999. према Србији (СРЈ) са понашањем Хитлера уочи Другог светског рата. Живуловић је, поред осталог, рекао: 
„Наш народ каже, `сила Бога не моли`, па ако ћемо сада, легалитет свих тих акција, када погледамо историју, Хитлер никог није питао, кренуо је у обрачун, НАТО није питао никога када је кренуо на Србију, односно Југославију...“

Целу емисију „Упитник“ можете погледати на линку РТС-а:
http://www.rts.rs/page/tv/ci/story/17/%D0%A0%D0%A2%D0%A1+1/1868505/%D0%A3%D0%BF%D0%B8%D1%82%D0%BD%D0%B8%D0%BA.html
(Цитирани део од 17:48 до 18:05 )

Београд, 25.03.2015.                                      
Београдски форум за свет равноправних

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See also / Isto pogledaj:

Serbia: Belgrade marks 16th anniversary of NATO bombing (RuptlyTV, 24 mar 2015)
Several hundred people gathered in front of the former military headquarters in Belgrade on Tuesday to commemorate the 16th anniversary of North Atlantic Treaty Organisation's (NATO) bombing of the country, then a part of the Federal Republic of Yugoslavia...

PHOTOS: When History Teaches Nothing: Anniversary of NATO Bombing of Yugoslavia
http://sputniknews.com/photo/20150324/1019921016.html

Краљево: ОДЛУКЕ  ЗА  ПРАВЕ  АКЦИЈЕ (SUBNOR, 29. март 2015.)

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Il mito dell’invisibilità del caccia statunitense F-117 A è stato distrutto 16 anni fa in Serbia
da www.glassrbije.org – 27. 03. 2015. – Il mito sull’invisibilità del caccia statunitense F-117 A è stato distrutto in un villaggio della Serbia settentrionale sedici anni fa, quando le unità anitiaeree dell’esercito serbo l’hanno colpito e distrutto durante i bombardamenti della NATO contro la Federazione jugoslava. L’aereo il „Falco della notte“ ha avuto la fama di essere invisibile dopo molte azioni in Libano, Panama, Iraq e in altri Paesi. L’aereo F-117 A è caduto il 27 marzo del 1999 nel villaggio Budjanovci, tre giorni dopo l’inizio dell’aggressione della NATO. L’aereo è stato colpito alle ore 20 e 42 minuti con due proiettili „Neva“ del terzo divisione della trecentocinquantesima brigata della difesa antiaerea, i cui membri sono riusciti a identificarlo grazie al coraggio, l’addestramento e le innovazioni tecniche.

Kako je pao "Duh Misurija" (Dragan VUJIČIĆ | 21. mart 2015.)
Ni 16 godina od rata sa NATO, priča o rušenju američkih B-2 i F-117 do kraja nije rasvetljena (1). Ponos avijacije SAD prinudno sleteo u Spačvanske šume. Vest o pogotku stigla u 00.23 , a potvrđena tek posle rata...

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XVI Anniversario della aggressione NATO contro la RF di Jugoslavia /16. godišnjica od NATO-agresije protiv SR Jugoslavije


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Belgrado non dimentica le bombe umanitarie

25 marzo 2015 
Manifestazione di massa a Belgrado nell’anniversario delle prime bombe sulla città. La destra ultranazionalista irrompe nella piazza. La stampa italiana si accorge solo di loro

Carlo Perigli, inviato a Belgrado

Il suono delle sirene invade di nuovo le strade, il rumore dei caccia che sorvolano la città precedono di qualche secondo le esplosioni, quelle bombe “umanitarie” che per 78 giorni martoriarono senza sosta il popolo serbo. Per pochi secondi Belgrado rivive il dramma di quei giorni, i volti dei presenti si fanno scuri, gli occhi diventano lucidi, in un’atmosfera che tocca anche il più disinteressato dei turisti. Nessuno dimentica, nessuno tace, si rimane in silenzio soltanto per un minuto, intorno alle 19, ora in cui, esattamente 16 anni prima, l’Angelo Misericordioso – nome dato dalla Nato all’operazione militare – iniziò ad abbattersi sull’allora Repubblica Federale di Jugoslavia, spazzando via oltre 2000 vite innocenti. Sullo sfondo, le rovine dell’ex ministero federale della Difesa; sul palco, allestito a pochi metri, i bambini intonano l’inno nazionale, a precedere il discorso del primo ministro Aleksandar Vucic.

È soltanto la chiusura di una giornata il cui tempo è stato scandito dai presidi svolti in diversi punti della città; di fronte alla sede della Rts – Radio Tv Serba – dove una lapide ricorda i 16 lavoratori morti la notte del 22 aprile, quando la Nato decise di spegnere a suon di missili quella fastidiosa emittente, le cui immagini contraddicevano la bontà di quell’aggressione, assurda dal punto di vista morale e illegittima da quello legale; al parco Tasmajdan, distante poche decine di metri, dove si è reso omaggio al monumento eretto per ricordare tutti i bambini uccisi dalla guerra; in piazza della Repubblica, dove, come ogni anno, il Movimento Socialista ha steso un telo, sul quale alcuni passanti, tra i quali molti bambini, hanno iniziato a disegnare messaggi contro la guerra. Un’atmosfera piacevole, purtroppo rovinata dal corteo degli ultra-nazionalisti del Partito Radicale Serbo, la cui entrata in piazza ha nei fatti impedito lo svolgersi dell’iniziativa. Solamente qualche piccolo attimo di tensione, dopodiché il corteo, composto perlopiù da giovani e giovanissimi, ha lasciato la piazza, insieme alle loro bandiere delle “Aquile Bianche” e ad una manciata di celtiche cucite sulle giacche, l’ennesima dimostrazione di quanto possa essere assurdo il revisionismo storico che vuole dipingere i cetnici della II guerra mondiale come contrapposti militarmente all’invasore italo-tedesco.

“Sfortunatamente oggi abbiamo vissuto una situazione poco piacevole – ha dichiarato a Popoff Nebojsa Petrovic, presidente della sezione di Belgrado del Movimento dei Socialisti e deputato all’Assemblea Nazionale – il Partito Radicale ha rovinato la manifestazione. Sta diventando chiaro a tutti il motivo per cui Seselj – presidente del partito, negli ultimi 10 anni recluso nelle prigioni dell’ICTY all’Aja – è tornato in Serbia. È assolutamente un elemento di disturbo – ha concluso – non è benvenuto nella società”. Un elemento di disturbo a cui la stampa italiana ha dedicato decine di articoli, appiattendo su di lui le commemorazioni del 24 marzo e tacendo sul resto, sulla stragrande maggioranza dei serbi, quelli che 16 anni fa sceglievano di diventare “bersagli umani” sui ponti di Belgrado e che ogni anno continuano a scendere in piazza, per chiedere a gran voce giustizia e verità.


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Vedi anche / Isto pogledaj:

Беофорум - Отварање фото изложбе поводом 15 год. рада 
Поводом обележавања 15 година рада Београдског форума за свет равноправних, 23.3.2015. у Сава Центру u Beogradu је отворена фото изложба о досадашњем раду Беофорума...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=cJXiyqxQeFQ

Беофорум - Фото изложба поводом 15 год. рада
Поводом обележавања 15 година рада Београдског форума за свет равноправних, 23.3.2015. у Сава Центру u Beogradu је приказана фото изложба о досадашњем раду Беофорума. Пред вама су снимци свих изложених паноа...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=dNUI-cwuGW0

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Belgrade Forum for a World of Equals
23 March 2015

16th ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION
15 YEARS OF THE BELGRADE FORUM FOR A WORLD OF EQUALS


The 16th anniversary of the beginning of NATO aggression against Serbia (the Federal Republic of Yugoslavia) has been marked by the Roundtable “Not to Forget – No into NATO” held in the “Sava Center”, whereas 15 years since the establishment of the Belgrade Forum for a World of Equals has been marked by the exhibition of photographs and by promotion of the Belgrade Forum’s latest published book.

The Roundtable was convened by the Belgrade Forum, the Club of Serbian Generals and Admirals, and the SUBNOR of Serbia, as co-organizers. The participants of the Roundtable were: Živadin Jovanović, General Jovo Milanović, Aleksej Čagin, President of the Association of Russian Heroes, Dr. Momčilo Vuksanović, President of the Serbian National Council of Montenegro, Prof. Radoš Smiljković, Prof. Radovan Radinović, Milica Arežina, Dr. Stanislav Stojanović, Admiral Boško Antić, Đurđina Turković (Podgorica), Neven Đenadija (Banja Luka), Branislava Mitrović, Natalija Šatalina, and many others.

The gathering paid their tribute to all victims of the NATO aggression by a moment of silence. The audience comprised a large number of the co-organizers’ members and their friends from the independent and non-partisan associations, representatives of the local self-governments, representatives of the cultural, educational, and scientific institutions, Academicians from the SANU, representatives of the Serbian Orthodox Church, the Diaspora, and the diplomatic representatives from Russia and Belorussia.

The exhibition of photographs was opened and the Belgrade Forum’s latest edition was introduced by Živadin Jovanović. The event was accompanied by appropriate cultural program, performed by members of the Cultural Artistic Society “Kosovski Božuri”.

The exhibition will be open every day, until 30 March 2015.

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Да се не заборави - Не у НАТО (видео)

среда, 25 март 2015 

Округли сто Београдског форума за свет равноправних, на тему: "Да се не заборави - Не у НАТО", одржан у Сава Центру у Београду, 23. марта 2015-те, и то поводом 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ).

Учесници округлог стола су:

1. Живадин Јовановић (Председник Београдског форума за свет равноправних)
2. Јово Милановић (Генерал-потпуковник)
3. Алексеј Чагин (Председник Асоцијације хероја Русије)
4. Наталија Шатилина
5. Проф. др Радош Смиљковић
6. Милица Арежина
7. Ђурђина Турковић
8. Др Станислав Стојановић
9. Невен Ђенадија (Бања Лука)
10. Бранислава Митровић
11. Бошко Антић (Адмирал)
12. Проф. др Радован Радиновић (Генерал)
13. Др Момчило Вуксановић

Коментари присутних:

1. Проф. Веселин Вујнић (Medical Physicist Inst. of Oncology and Radiology)
2. Проф. др Рајко Унчанин (Члан надзорног одбора Инжењерске коморе Србије)
3. Др Љубомир Грујић


VIDEO: ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ НАТО АГРЕСИЈА - НЕ У НАТО!
Pubblicato il 25 mar 2015 – Округли сто Београдског форума за свет равноправних, на тему: "Да се не заборави - Не у НАТО", одржан у Сава Центру у Београду, 23. марта 2015-те, и то поводом 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ).

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Na s-h-om: ОЦЕНЕ И ЗАКЉУЧЦИ ОКРУГЛОГ СТОЛА „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ – НЕ У НАТО“
Београд, Сава центар, 23. март 2015.
http://www.beoforum.rs/sve-aktivnosti-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/86-okrugli-sto-da-se-ne-zaboravi-ne-u-nato/678-okrugli-sto-16-godina-od-agresije-nato.html



FINDINGS AND CONCLUSIONS OF THE ROUND TABLE“NOT TO FORGET – NO INTO NATO”

Belgrade, Sava Center, 23 March 2015

NATO Aggression against Serbia (the FRY) in 1999is a crime against peace and humanity, a crime whose perpetrators have not been brought to justice.
This aggression was the introducing of the NATO’s global interventionism strategy under the harshest violation of the fundamental principles of the international law and the role of the United Nations, most notably, the Security Council. Thus, in the vital area of the peace and security, NATO has usurped the role of the United Nations.

NATO demonstrated a new principle: wherever the law presents an obstacle for the achievement of its goals of conquest, the law should be removed.

The panelists and all participants in the Round table have unanimously assessed that NATO, as an aggressive imperialist alliance, has nowhere in the world been a part of the solution, but rather the factor of conquests, contributor to divisions and conflicts, tearing the states apart, wreaking a “controlled” chaos (Afghanistan, Iraq, Syria, Yemen, Libya.

The gathering voiced are solute opposition to Serbia’s entry to the NATO military system through the means of accepting the “Individual Partnership Action Plan”, assessing this document as the single most serious blow to sovereignty, freedom and dignity of the nation, as abandonment of the status of military neutrality, and the act of surrendering the fate of the country into the hands of NATO. 
By virtues of regulating not only the military issues, but also all areas of the economic, cultural, informative and social life in general, this IPAP is embodiment of NATO’s militaristic, authoritarian and imperialist concept. The official explanations, aiming at pacifying and misleading the public, were evaluated as utterly irresponsible, dismissive and indecent. The participants referred to the IPAP’s request to finalize the process of privatization, concluding that such request reveals the true nature of NATO as the leverage of the multinational corporate capital, whose goal is to establish the complete control over the economic, natural and human resources in the world. 
The gathering sent a unanimous appeal to the authorities to suspend the preparations for the sale of Telekom, the EPS, the PKB, Dunav Insurance, the mines, the agricultural land, waters, and other national riches. A robust public sector in any country serves as a pillar of country’s democracy, independence, and the care for the future. The question was raised–what remains of freedom and democracy if all economic, financial and natural resources are handed over to the hands of the multinational companies of the western countries? What would remain for Serbia to administrate?

NATO aggression of1999and establishment of military camp “Bondsteele” in Kosovo and Metohija were the first step in the practical implementation of NATO’s conquest strategy in the East, its deployment to the Russian borders, and nailing the wedge in the relations between Europe and Russia. The civil war in Ukraine is the corollary of NATO’s strategy of Eastward expansion.
NATO and the leaders of some of its member states have publicly admitted that the aggression of 1999 had been committed in violation of the international law and the role of the United Nations Security Council. NATO and its member states are thus liable to compensate the war damage to Serbia (the FRY)in the amount of USD 100 billion.
President of Serbia, Mr.Tomislav Nikolić,in his last year’s speech in Užice on the occasion of the National Day of Statehood, stated request for the compensation for war damages caused by the aggression of NATO. This presumes that the Government of Serbia should take appropriate concrete steps in order to officially present this initiative raised by the President of the Republic, publicly stated on behalf of the nation, to NATO and its members, and to launch the relevant negotiations.
An appeal was made to the competent authorities to initiate activities to determine the exact number and names of the civilian victims of NATO aggression.
An appeal was made to the competent authorities to establish, in cooperation with expert and scientific institutions, the consequences of the use of weapons with the deleted uranium, and to take appropriate measures in order to eliminate a huge public concern over the mass scale of cancers and deformities in newborns, especially in Kosovo and Metohija, with a view to protecting the health of the people against any further tragic consequences.

The UNSCR 1244 and the Constitution of Serbia are the enduring basis for a peaceful and just political solution for the status of the Province of Kosovo and Metohija. Nobody is entitled to undervalue, violate, or replace this basis. Nobody is entitled to trade the rights Serbia has to Kosovo and Metohija as an integral part of the Serbian state territory, in exchange for any short-term interests, since this would be tantamount to undermining Serbia as a state.

The government institutions of Serbia are invited to promptly request satisfying of all obligations towards Serbia as set forth under UNSC Resolution 1244, and, in particular, the following: 
-Free and safe return of 250,000 Serbs and non-Albanians to Kosovo and Metohija, as soon as possible,
-Return of specified contingents of Serbian military and the Police to Kosovo and Metohija
-Economic reconstruction of Serbia, as set forth under UNSC Resolution 1244,
-completing the decontamination of areas in which NATO had used weapons with depleted uranium, at the expense of NATO member states,
- Deactivation of the NATO’s unexploded ordnances – aircraft bombs, cluster bombs, and other ordnance, at the expense of NATO member states.

Finally, the gather requested the prompt reconstruction and completion of the ”Eternal Fire”, Monument to the victims of NATO aggression, in the Park of Friendship, Ušće, Novi Beograd.
Panelists and participants of the Round table sent the appeal to the relevant institutions not to use the funds from the Republic Budget to finance anyone acting contrary to the national and state interests, and, in particular, those who advocate the recognition of the forcibly invaded Province of Kosovo and Metohija, and those advocating the relinquishing of the policy of the country’s military neutrality.

Belgrade, 23March 2015





Finché c'è guerra non c'è speranza

1) Rete No War: L'ITALIA SI DISSOCI DALL'ADDESTRAMENTO TURCO-STATUNITENSE DI JIHADISTI FUTURI E PRESENTI IN SIRIA
2) Comitato contro la guerra – Milano: APPELLO (CNJ ONLUS aderisce ed invita ad aderire)
3) Mosca: armi nucleari USA in Europa sono in contrasto con gli accordi
4) Manlio Dinucci: Il boom dell’industria bellica / Il declino dell’impero Usa 


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(ricevuto da M. Correggia, con invito a far "circolare anche a mezzo social network per chi li usa, e chi vuole come gruppo scriva al Gentiloni cose analoghe. Siccome tutti stanno in silenzio, se parlano anche in pochi, qualche effetto c'è. Email da usare x Gentiloni: segrmin.gentiloni @esteri.it e gabinetto @esteri.it )

Oggetto: da Rete No War al ministro Paolo Gentiloni con richiesta di incontro

L'ITALIA SI DISSOCI DALL'ADDESTRAMENTO TURCO-STATUNITENSE DI JIHADISTI FUTURI E PRESENTI IN SIRIA

Egregio ministro degli Esteri, Le scriviamo per invitarLa a dissociarsi dalla dissennata decisione da parte degli Stati uniti e della Turchia di addestrare (ulteriori) 5mila militanti di gruppi armati cosiddetti "moderati" in Siria, affinché combattano contro l'autoproclamato "Stato islamico" e al contempo contro il governo di Damasco. 

Le scriviamo come cittadini italiani e come membri di Rete No War, rete pacifista molto attiva negli ultimi anni contro le molteplici azioni sbagliate dei governi occidentali, azioni reiterate che in particolare sugli scenari libico e siriano hanno portato - è ormai di un'evidenza abbagliante - all'affermarsi dello sconvolgente terrorismo sedicente islamico. 

L'errore è stato troppo spesso ripetuto. Come Lei ben sa, la Nato in Libia ha finito per fare da forza aerea di gruppi jihadisti. E in Siria, gruppi armati dell'opposizione hanno goduto dal 2012 dell'appoggio economico, logistico e diplomatico da parte del gruppo di sedicenti "Amici della Siria" (fra questi Arabia saudita, Qatar, Turchia, Usa, Francia e Gran bretagna...e purtroppo Italia). L'addestramento da parte turca-statunitense non è niente di nuovo. E' un errore reiterato.

E  che risultato ha dato? Anche gruppi di opposizione chiamati "moderati", spesso si sono alleati o sono passati con al Nusra o con Daesh in un continuo sistema di porte girevoli; in altri casi, sconfitti sul campo, hanno comunque ceduto le armi a quei gruppi terroristi. Abbiamo documentato più volte questo fenomeno. Così, anche questa volta le persone addestrate e le relative armi molto probabilmente finiranno nelle mani di terroristi.

Ministro, questo addestramento turco-statunitense è un ennesimo attentato ai siriani. E' una garanzia che questa guerra che ha distrutto un paese continuerà a lungo. 

E' evidente il doppio gioco di chi parla di negoziati ma alimenta la guerra. L'Italia deve dissociarsi dagli "Amici della Siria" e dalle sue politiche. L'Italia deve rimuovere le sanzioni che peggiorano la tragedia del popolo siriano. L'Italia deve impegnarsi per il dialogo. Basta con i falsi di guerra. 

Ci riferiamo anche all'intervento armato dell'Arabia saudita in Yemen. I sauditi, fonte inesauribile di finanziamento di gruppi jihadisti che poi confluiscono nell'Isis, ha messo su una coalizione per schiacciare i ribelli sciiti yemeniti houti, che non sono terroristi. 

Come mai invece i ribelli siriani, che hanno dimostrato di passare facilmente a gruppi jihadisti e terroristi, sono coccolati dall'Occidente oltre che dai petromonarchi?

Le chiediamo un incontro per discutere di questi argomenti. 

Grazie

Rete No War  (per contatti 331-2053435)


=== 2 ===

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita ad aderire all'appello di seguito riportato:

Comitato contro la guerra – Milano

 

Questo appello nasce dalla volontà dei soggetti promotori di mobilitarsi contro la politica di aggressione, condotta dalla NATO – USA in testa, che ha già provocato una violenta rottura degli equilibri in tutto il Medio Oriente, in parte del continente africano, in Europa.

 

Il risultato ad oggi, sotto gli occhi di tutti, sono le guerre in corso in Iraq, Siria, Libia, Ucraina costate decine e decine di migliaia di morti ed un’emergenza umanitaria per milioni di profughi.

 

Stiamo assistendo alla solita commedia, il cui copione è ben noto: ancora una volta finanziamenti degli USA e, allo stesso tempo, mercenari, filonazisti, jihadisti, golpisti, consiglieri militari della NATO. Migliaia di morti civili sono il tragico risultato.

 

Per il momento una guerra devastante tra la NATO e la Federazione Russa è stata scongiurata, ma accuse, sanzioni (che tra l’altro si stanno ritorcendo contro i lavoratori italiani ed europei), manovre militari fatte per provocare, stanno portando il mondo su una strada molto pericolosa.

 

Risulta incredibile che chi ha provocato questi disastri, oggi faccia finta di volerli risolvere, così come il fatto che si discuta il possibile finanziamento per 15 miliardi di euro al governo ucraino, arrivato al potere attraverso un colpo di stato e responsabile di massacri nell’est del paese.

 

Infine risulta inaccettabile che non si consideri appieno come il Qatar, l’Arabia Saudita, la Turchia e gli USA abbiano dato un contributo determinante alla formazione di gruppi jihadisti, la cui massima espressione è attualmente l’ISIS.

 

Noi organizzazioni di diverso orientamento e differenti sensibilità, sentiamo il dovere di chiamare alla mobilitazione contro il pericolo di queste guerre, che avrebbero ripercussioni imprevedibili a livello mondiale.

Chiediamo l’impegno di quanti aderiranno a scendere in piazza prima che sia troppo tardi.

La prima vittima della guerra è la verità. 

La guerra è contro i lavoratori. Non un soldo per la guerra

 

Per infocomitatocontrolaguerramilano@... - comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com - cell. 3383899559

 

È IN CORSO LA RACCOLTA ADESIONIad ora sono pervenuteRete NoWar-RomaForum contro la guerra - Venegono, Ass. “La Casa Rossa” - Milano, Banda BassottiMarx21.it, Ass. Cult. Stella Alpina - Novara, Ass. Italia-Cuba - Milano, PCdI Milano,PCdI LombardiaPC Provincia di MilanoCoordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUSComitato Altra Europa zona 8 - Milano, Ass.  Un'Altra StoriaSez. ANPI "Bassi - Viganò" - Milano, Sez. PCdI "Laika" - Milano, Giovani Comunisti– Milano, Sez. ANPI Porta Genova - Milano, PCdI Federazione di Pescara, Sez. PCdI “Gagnoni” - zona 5 Milano, Redazione di ALBAinformazioneLa Scintilla – Milano, PRC “Luca Rossi” – Affori Milano, Rete disarmiamoli - nodo di vicenza,  Nella Ginatempo (Sociologa e scrittrice del Movimento per la pace), Patrick Boylan (PeaceLink, Rete NoWar-Roma, Cittadini statunitensi per la pace e la giustizia), Tiziano Cardosi (Comitato No tunnel TAV Firenze), Anna Migliaccio (Comitato Centrale PCdI), Anita Fisicaro (Rete Nowar-Roma), Ugo Giannangeli (Avvocato), Maurizio Musolino (Segreteria Nazionale PCdI), Vladimiro Vaia(economista), Bianca Riva (NO TAV Valsusa), Gabriella Vaccaro,Angelo Baracca (Firenze), Nunzia Augeri (ricercatrice storica - PCdI), Paolo D'Arpini (Rete Bioregionale Italiana), Elio RindoneGian Piero Riboni (Comitato per Milano zona 8), Maurizio Quattrocchi (ingegnere), M.Gabriella Guidetti (Rete NoWar Roma), Claudia Berton (insegnante e scrittrice, Verona), Vincenzo Brandi (Rete No War e Comitato No Nato), Elio Varriale (Istituto della Memoria in Scena - FI), Sergio Tecla Introini, Massimo Ponchia (Rubano - PD), Monica Zoppè (PI), Roberto Galtieri, Presidente ANPI Belgique, Elio NocerinoCamillo BoniIvo Batà(Fronte Palestina Milano), Francesca Iacobucci (Fronte Palestina Milano), Maria Cristina Bandeira Santos (Fronte Palestina Milano), Jonathan Chiesa (Coord. Com. "Altra Europa con Tsipras" - zona 9), Giovanni Sarubbi (direttore www.ildialogo.org)


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Mosca: armi nucleari USA in Europa sono in contrasto con gli accordi

24.03.2015
Paesi non nucleari della NATO partecipano a “missioni congiunte”

Il portavoce del ministero degli Esteri della Russia, Aleksander Lukashevich, ha dichiarato che la presenza delle armi nucleari degli Stati Uniti in Europa è in contrasto con il trattato di non proliferazione e che i tentativi di Washington di negarlo sono inconsistenti.
Il diplomatico ha detto  che il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jen Psaki, sta travisando i fatti, quando dice che le armi nucleari americane in Europa sono "costantemente sotto il controllo degli USA e non vengono mai passate ad altri Stati".
"In realtà le cosiddette "missioni nucleari congiunte" della NATO prevedono la partecipazione dei paesi non nucleari dell'alleanza alla pianificazione nucleare e all'addestramento delle truppe all'uso delle armi nucleari che viene effettuato adoperando aerei, equipaggi, infrastruttura aeroportuale e servizi di terra degli Stati in questione", — ha spiegato Lukashevich, precisando che le ultime esercitazioni di questo tipo, Steadfast Noon, sono state svolte in autunno dell'anno scorso in Italia.
Lukashevich ha fatto ricordare che l'Articolo 1 del Trattato di non proliferazione proibisce agli Stati nucleari di passare a chiunque, in modo diretto o indiretto, il controllo degli armamenti e degli altri congegni nucleari esplosivi, mentre l'Articolo 2 impone ai paesi non nucleari il divieto di assumere tale controllo esplicitamente o in modo indiretto, da chiunque sia ceduto.


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En francais: Le boom de l’industrie de guerre
Par Manlio Dinucci, Il Manifesto / Mondialisation.ca, 17 mars 2015
http://www.mondialisation.ca/le-boom-de-lindustrie-de-guerre/5437240


Il boom dell’industria bellica

di  Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 16.3.2015
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

Il com­mer­cio inter­na­zio­nale di arma­menti è cre­sciuto come volume del 16% in cin­que anni e con­ti­nuerà ad aumen­tare: lo con­fer­mano i dati dif­fusi il 16 mar­tzo 2015 dal Sipri [ http://www.sipri.org/media/pressreleases/2015/at-march-2015 ]. Prin­ci­pali espor­ta­tori restano gli Stati uniti (col 31% dell’export mon­diale), seguiti da Rus­sia (27%), Cina [ http://www.ilmanifesto.info/xi-jinping-senza-pieta-al-gabbio-anche-lex-capo-dellintelligence/ ] (pas­sata dal sesto al terzo posto col 5%), Ger­ma­nia, Fran­cia, Gran Bre­ta­gna, Spa­gna, Ita­lia [ http://www.ilmanifesto.info/tredici-miliardi-per-gli-f-35/ ], Ucraina e Israele.
L’Ita­lia – il cui export mili­tare è cre­sciuto di oltre il 30% in cin­que anni e aumen­terà ulte­rior­mente gra­zie alla ricon­ver­sione di Fin­mec­ca­nica [ http://www.ilmanifesto.info/renzi-gioca-alla-battaglia-navale/ ]dal civile al mili­tare – è quindi l’ottavo espor­ta­tore mon­diale di arma­menti, che for­ni­sce soprat­tutto a Emi­rati Arabi Uniti, India e Turchia.
Prin­ci­pali impor­ta­tori mon­diali sono India, Ara­bia Sau­dita, Cina, Emi­rati Arabi Uniti, Paki­stan, Austra­lia, Tur­chia, Stati Uniti (che impor­tano arma­menti tede­schi, bri­tan­nici e cana­desi). In forte aumento l’import mili­tare delle monar­chie del Golfo (71% in cin­que anni), e in gene­rale del Medio­riente (54%), e quello dell’Africa (45%).
Nes­suno cono­sce però il reale volume e valore dei tra­sfe­ri­menti inter­na­zio­nali di armi, diversi dei quali avven­gono in base a tran­sa­zioni poli­ti­che. Il tutto sotto il para­vento del Trat­tato sul com­mer­cio di arma­menti, varato solen­ne­mente dall’Onu due anni fa.
Que­sta è solo la punta dell’iceberg della pro­du­zione di arma­menti, per la mag­gior parte desti­nata alle forze armate degli stessi paesi produttori.
In testa gli Stati Uniti, che stan­ziano (stando alle sole cifre del bud­get del Pen­ta­gono) circa 95 miliardi di dol­lari annui per l’acquisto di arma­menti: una enorme quan­tità di denaro pub­blico che, river­sata nelle casse delle mag­giori indu­strie bel­li­che Usa (Lockheed-Martin. Boeing, Ray­theon, Nor­th­rop Grum­man, Gene­ral Dyna­mics, Uni­ted Tech­no­lo­gies), per­mette loro di col­lo­carsi al primi posti su scala mondiale.
Poi­ché il busi­ness delle armi aumenta man mano che cre­scono le ten­sioni e le guerre, l’esplosione della crisi ucraina e il con­se­guente con­fronto Nato-Russia hanno rap­pre­sen­tato una for­tuna per i grossi azio­ni­sti delle indu­strie bel­li­che sta­tu­ni­tensi ed europee.
Nell’esercitazione Nato che si svolge que­sto mese in Polo­nia, gli Usa schie­re­ranno una bat­te­ria di mis­sili Patriot «quale deter­rente all’aggressione sul fianco orien­tale». In realtà soprat­tutto per­ché la Polo­nia deve deci­dere entro l’anno se acqui­stare i mis­sili Patriot, pro­dotti dalla sta­tu­ni­tense Ray­theon, o quelli ana­lo­ghi del con­sor­zio franco-italiano Euro­sam: un affare da 8 miliardi di dol­lari, nel qua­dro di uno stan­zia­mento di 42 miliardi (quasi 40 miliardi di euro) deciso da Var­sa­via per poten­ziare le sue forze armate. La Polo­nia intende anche acqui­stare tre nuovi sot­to­ma­rini da attacco, arman­doli di mis­sili da cro­ciera (a duplice capa­cità con­ven­zio­nale e nucleare) for­niti dalla Ray­theon o dalla fran­cese Dcns.
Stesso busi­ness in Ucraina: Washing­ton ha annun­ciato una nuova for­ni­tura a Kiev, da 75 milioni di dol­lari, di mate­riali mili­tari «non-letali», tra cui cen­ti­naia di blin­dati «non-armati» che pos­sono essere facil­mente armati con sistemi pro­dotti in Ucraina o impor­tati. Poro­shenko ha annun­ciato, il 13 marzo, che il governo di Kiev ha fir­mato con­tratti per impor­tare «armi letali» da 11 paesi dell’Unione euro­pea, tra cui cer­ta­mente l’Italia. In piena atti­vità anche le indu­strie bel­li­che russa e cinese.
Per con­tro­bi­lan­ciare la forza navale Usa, che dispone di circa 300 navi da guerra com­prese 10 por­tae­rei, la Rus­sia sta costruendo simul­ta­nea­mente quat­tro sot­to­ma­rini nucleari e la Cina si sta dotando di una seconda por­tae­rei pro­dotta nazio­nal­mente. Così il mondo fab­brica gli stru­menti della sua distruzione.

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Il declino dell’impero Usa 
 
Manlio Dinucci
, su Il Manifesto del 24.3.2015
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

Washington ce l’ha messa tutta per impedire che i suoi alleati entrassero nella Banca d'investimenti per le infrastrutture asiatiche (Aiib), creata dalla Cina, ma non ce l’ha fatta: Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia (4 dei membri del G7) hanno aderito e altri, compresa l’Australia, seguiranno. 
A preoccupare Washington è il progetto complessivo in cui rientra l’Aiib. Esso ha come epicentro l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco): nata nel 2001 dall’accordo strategico cino-russo per controbilanciare la penetrazione Usa in Asia Centrale, si è estesa all’ambito economico, energetico, culturale e ad altri.  Ai sei membri (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) si sono aggiunti, per ora in veste di osservatori, India, Iran, Pakistan, Mongolia e Afghanistan e, come partner di dialogo, Bielorussia, Sri Lanka e Turchia. La Sco, che comprende un terzo della popolazione mondiale e salirà a circa la metà quando ne faranno parte gli attuali paesi osservatori, dispone di risorse e capacità lavorative tali da farne la maggiore area economica integrata del mondo. 
La Sco è collegata al Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che ha deciso di creare una propria Banca per lo sviluppo e un proprio Fondo di riserva. Questi organismi finanziari e la Banca asiatica possono col tempo soppiantare in gran parte la Banca mondiale e il Fmi che, per 70 anni, hanno permesso agli Usa e alle maggiori potenze occidentali di dominare l’economia mondiale attraverso i prestiti-capestro ai paesi indebitati e altri strumenti finanziari. 
I nuovi organismi possono allo stesso tempo realizzare la dedollarizzazione degli scambi commerciali, togliendo agli Stati uniti la capacità di scaricare il loro debito su altri paesi stampando carta moneta usata cone valuta internazionale dominante, anche se la convertibilità del dollaro in oro, stabilita nel 1944 a Bretton Woods, ha avuto fine nel 1971. Più affidabili come valuta internazionale sono altre monete, come il renminbi cinese: Londra sta per diventare la base per lo sviluppo di strumenti finanziari denominati in renminbi. 
Non potendo contrastare con strumenti economici tale processo, che accelera il declino degli Stati uniti restati finora la maggiore potenza economica mondiale, Washington getta la spada sul piatto della bilancia. Rientra in tale strategia il putsch di piazza Maidan che, creando un nuovo confronto con la Russia, ha permesso agli Usa di rafforzare ulteriormente la Nato, principale strumento della loro influenza in Europa. 
Nella stessa strategia rientra il crescente spostamento di forze militari Usa nella regione Asia/Pacifico in funzione anticinese. Emblematica la strategia per «la potenza marittima del 21° secolo», appena pubblicata dalla U.S. Navy. Essa sottolinea che l’importanza economica di questa regione, dove è in corso «l’espansione navale» della Cina, «impone di fare crescente affidamento sulle forze navali per proteggere gli interessi statunitensi», tanto che «nel 2020 sarà concentrato nella regione circa il 60% delle forze navali e aeree della U.S. Navy». 
Le potenze europee, mentre aderiscono per interesse economico alla Banca asiatica creata dalla Cina, collaborano alla strategia Usa per impedire con la forza militare che la Cina, insieme alla Russia, sovverta l’attuale «ordine economico» mondiale. Il gruppo franco-tedesco-spagnolo Airbus creerà una rete satellitare militare sulla regione Asia-Pacifico. E la Francia, che ha scavalcato la Gran Bretagna quale più stretto alleato Usa, ha inviato nel Golfo la nave ammiraglia Charles de Gaulle, ponendola sotto comando Usa. 




Orwell insegna

1) Sorvegliati per decreto (Carlo Lania, Il Manifesto)
2) Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale (Contropiano / Il Fatto Quotidiano)
3) L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare (Michael Krieger) 
4) Brigata British Army per la guerra sul web (Ennio Remondino)


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Sorvegliati per decreto

di Carlo Lania, su Il Manifesto del 25.3.2015

Terrorismo. La polizia potrà fare controlli sulle comunicazioni e i dati contenuti nei computer


La neces­sità di con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale rischia di tra­sfor­marci tutti e a nostra insa­puta in sor­ve­gliati spe­ciali. Il peri­colo, per niente teo­rico, è con­te­nuto nel decreto anti­ter­ro­ri­smo varato dal governo e in discus­sione alla Camera. Salvo cor­re­zioni dell’utimo minuto, il testo licen­ziato dalle Com­mis­sioni Difesa e Giu­sti­zia pre­vede infatti la pos­si­bi­lità per la poli­zia di uti­liz­zare pro­grammi che con­sen­tono di con­trol­lare da «remoto» le comu­ni­ca­zioni e i dati pre­senti in un sistema infor­ma­tico, ma anche di effet­tuare inter­cet­ta­zioni pre­ven­tive sulle reti infor­ma­ti­che. Una pos­si­bi­lità che al momento non è limi­tata ai soli sospetti di ter­ro­ri­smo, ma estesa a tutti i cit­ta­dini indi­scri­mi­na­ta­mente. «Una svi­sta» per il depu­tato di Scelta civica Ste­fano Quin­ta­relli che per primo ha denun­ciato i rischi di un nuovo e più esteso Grande fra­tello dal quale sarebbe impos­si­bile difen­dersi. La spe­ranza è che ora l’aula inter­venga cor­reg­gendo il tiro e intro­du­cendo paletti che limi­tino i con­trolli a soli sog­getti sospetti tute­lando di più la pri­vacy dei cittadini.

Ma non si tratta dell’unica novità intro­dotta dalle com­mis­sioni. Un emen­da­mento del rela­tore Pd Andrea Man­ciulli e chia­mato «anti-Greta e Vanessa» dal nome delle due volon­ta­rie rapite e poi rila­sciate in Siria, intro­duce per la prima volta la respon­sa­bi­lità indi­vi­duale per quanti deci­dono di recarsi in Paesi con­si­de­rati a rischio dalla Far­ne­sina. Un modo per sco­rag­giare viaggi in aree con­si­de­rate peri­co­lose e come tali indi­cate sul sito del mini­stero degli Esteri. «Resta fermo — spe­ci­fica la norma -, che le con­se­guenze dei viaggi all’estero rica­dono nell’esclusiva respon­sa­bi­lità indi­vi­duale e di chi si assume la deci­sione di intra­pren­dere o di orga­niz­zare i viaggi stessi».

Ieri, mer­co­ledì, il decreto è stato bloc­cato in attesa di un parere del governo su alcun emen­da­menti per i quali manca la coper­tura di spesa.

La situa­zione dovrebbe sbloc­carsi oggi, ma visti i 250 emen­da­menti pre­sen­tati dalle oppo­si­zioni, palazzo Chigi sta valu­tando la pos­si­bi­lità di un ricorso al voto di fidu­cia in modo da poter licen­ziare il testo mar­tedì pros­simo. Già oggi, però, si saprà se saremo desti­nati a per­dere una grossa fetta della nostra libertà. A rischio non c’è infatti solo il con­te­nuto di una con­ver­sa­zione tele­fo­nica, ma tutto ciò che abbiamo inse­rito nel nostro com­pu­ter rite­nen­dolo al sicuro da occhi indi­screti: foto­gra­fie, scritti, fil­mati, regi­stra­zioni, appunti di lavoro, cor­ri­spon­denza con gli amici.

Tutta una vita a dispo­si­zione di chi sarà addetto ai con­trolli. Tec­ni­ca­mente que­sto sarà pos­si­bile gra­zie a cap­ta­tori infor­ma­tici (Tro­jan, Key­log­ger, snif­fer ecc.) che dopo essere stati sca­ri­cati casual­mente con­sen­ti­ranno alle auto­rità di sicu­rezza di acce­dere ai nostri dati senza limiti di tempo. «Con que­sto emen­da­mento l’Italia diventa, per quanto a me noto, il primo paese euro­peo che rende espli­ci­ta­mente ed in via gene­ra­liz­zata legale e auto­riz­zato la “remote com­pu­ter sear­ches“ e l’utilizzo di cap­ta­tori occulti da parte dello Stato!», scrive Quin­ta­relli sul suo sito [ http://stefanoquintarelli.tumblr.com/post/114529278225/una-svista-rilevante-nel-provvedimento ]. «L’uso di cap­ta­tori infor­ma­tici quale mezzo di ricerca delle prove — pro­se­gue — è con­tro­verso in tutti i paesi demo­cra­tici per una ragione tec­nica: con quei sistemi com­pio una delle ope­ra­zioni più inva­sive che lo Stato possa fare nei con­fronti dei cittadini».

E’ oppor­tuno ricor­dare come solo due giorni fa il garante per la pri­vacy Anto­nello Soro ha espresso pre­oc­cu­pa­zione [ http://garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3807700 ] per la man­cata pro­por­zio­na­lità esi­stente nel decreto tra le esi­genze della pri­vacy e della sicurezza.

Il decreto pre­vede inol­tre altre misure fina­liz­zate con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale. Si va dallo stan­zia­mento di 40 milioni di euro per la mis­sione mare sicuro nel Medi­ter­ra­neo, all’affidamento al pro­cu­ra­tore nazio­nale anti­ma­fia anche delle inda­gini sul terrorismo.

Pre­vi­sta inol­tre la reclu­sione dai 5 agli 8 anni di car­cere per i foreign fighters, l’aggravante se reati come l’arruolamento e la pro­pa­ganda ven­gono effet­tuati via web e la per­dita della patria pote­stà per i con­dan­nati per asso­cia­zione ter­ro­ri­stica che abbiamo coin­volto dei minori nella rea­liz­za­zione del reato. Infine il decreto con­sente l’arresto in fla­granza per gli sca­fi­sti, i pro­mo­tori, gli orga­niz­za­tori e i finan­zia­tori dei viaggi dei migranti. oltre all’assuzione di 150 cara­bi­nieri e all’aumento di 300 unità del con­tin­gente impie­gato nell’operazione stade sicure.


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Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale

Redazione Contropiano, 26 Marzo 2015 

Con la scusa dell'Isis viene formalizzato uno Stato di polizia integrale. Il decreto "antiterrorismo" approvato in Commissione, alla Camera, costituisce un gigantesco passo avanti verso il controllo totale sulle comunicazioni di qualunque cittadino di questo paese (ma anche di altri, visto che la Rete e i social network sono uno degli obiettivi principali del testo). "Preventivamente", ossia in assenza di qualunque reato o sospetto giustificato da indizi.

La polizia sarà infatti autorizzata utilizzare programmi ("trojan") per acquisire "da remoto" le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l'intercettazione preventiva sulle reti informatiche. Di fatto, si potrà impossessare del computer o dello smartphone che usiamo, da casa o dal lavoro, e fare quello che vuole; anche depositarvi "prove false", in assoluta assenza di qualsiasi controllo terzo e, ovviamente, in barba qualunque diritto di difesa. Sembra quasi che questo decreto intervenga a inquadrare legislativamente pratiche già in atto. Anche questa non è una novità. Ma la ripetizione è un'aggravante, non un'attenuante.

La cosa stupefacente, ma non troppo, è che quasi nessun parlamentare abbia osato eccepire alcunché a un'invasione di questa portata nella vita di ognuno. E' insomma evidente che su questa materia non ci si fanno più troppe domande: ci sono i jihadisti tagliagole alle nostre porte, che volete che sia un po' di privacy in meno?

Il problema, appunto, non è un po' di privacy in meno - ormai quasi tutti postano di tutto su Facebook e altrove, in forma accessibile a chiunque - ma il dominio assoluto del potere poliziesco sui singoli e sui gruppi. Non è una convinzione soltanto nostra, "veterocomunisti che vedono spie dappertutto", ma addirittura di un ex generale della Guardia di Finanza specializzzato, appunto, nelle indagini informatiche. L'intervista, realizzata da Il Fatto Quotidiano - è riportata in fondo a questo articolo.

Dov'è il salto di qualità? Non solo nel "controllo totale" delle nostre comunicazioni (pratica fin qui illegale, ma che sappiamo essere comune per gli investigatori di questo paese come per i servizi Usa (se lo "scandalo Datagate" vi ha insegnato qualcosa). Ma nel fatto che, impossessandosi via software dei nostri strumenti di comunicazione, diventa possibile "agire al nostro posto". E quindi addebitarci qualsiasi infamia convenga al potere.

Troppo sostettosi? Beh, non dite che non avete mai sentito di poliziotti/carabinieri che infilano buste di droga nelle tasche di qualcuno che vogliono arrestare... E, per restare alla cronaca di queste ore, immaginatevi cosa potrebbero fare due "agenti delle forze dell'ordine" come i due carabinieri arrestati in Campania per una rapina al supermercato.

Ma lasciamo anche perdere il caso delle "rare mele marce" presenti in ogni corpo repressivo. Concentriamoci invece sul tipo di rapporto che in questo modo si stabilisce tra "potere" e singolo cittadino. Il primo può qualsiasi cosa, il secondo nulla, neanche difendersi.

Rapporto tanto più "inquietante" se si pensa che questo Parlamento è costituito interamente di individui "nominati" dai capi di partito (meno i Pentastellati che si sono affidati a comunque incerte primarie telematiche); che l'attuale governo è il terzo consecutivo non votato da nessuno ed obbediente a trattati e vincoli sovranazionali mai sottoposti all'approvazione popolare; che il premier non è neanche parlamentare, "lo abbiamo messo lì noi" (disse Marchionne, senza mai smentire), e qundi risulta quanto meno in deficit di legittimità democratica "preventiva" (è proprio il caso di dire).

Secondo il decreto, inoltre, il Pm potrà conservare i dati di traffico raccolti in questo modo fino a 24 mesi. I providers su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L'uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc) diventa un'aggravante che comporta l'obbligo di arresto in flagranza.

Messa così, ben pochi hanno qualcosa da eccepire. Ma chi decide cosa è "terrorismo" e cosa no? Se dobbiamo dar retta alla procura di Torino, per esempio, qualsiasi atto di resistenza o sabotaggio ai lavori del Tav in Val Susa sono qualificabili come tali (non però secondo i giudici di primo grado, sempre di Torino, che non hanno riconosciuto tale aggravante per i quattro ragazzi condannati per danneggiamento di un generatore). Ricordiamo - banalmente - che non esiste nessuna definizione condivisa a livello internazionale. L'Onu non ha mai trovato una maggioranza sufficiente ad approvare una formulazione inequivoca.

Così siamo nella situazione, assolutamente extra legem, per cui ogni Stato - o meglio: ogni governo di qualsiasi Stato - considera "terrorismo" quanti gli si oppongono (in forme non necessariamente armate, come si visto sopra), e magari riconosce come "freedom fighters" i combattenti che prendono di mira uno Stato considerato "nemico".

Non è una noovità, il mondo è stato sempre pieno di questo tipo di conflitti e anche delle retoriche conseguenti.

Ma, ripetiamo, nessuno aveva mai provato a legalizzare l'espropriazione dei mezzi di comunicazione dei cittadini per operarvi in loro vece. E successivamente incriminarli per quello che nessuno più può dimostrare di "non aver fatto" (che sarebbe comunque già un rovesciamento dell'"onere della prova" dall'accusa alla difesa).

Neanche il fascismo.

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Ultim'ora. Forse preoccupato da alcune reazioni interne (dalle parti dell'Nce e di Forza Italia, ma anche dentro il Pd, ci dovrebbe essere qualche preoccupazione per l'"eccessivo" potere concesso in questo decreto agli "investigatori") Matteo Renzi sembra aver deciso di stralciare la parte "Intercettazione via trojan dei computer" per rielaborarla in modo più attento.

Il premier di Pontassieve ha chiesto ed ottenuto lo stralcio dal testo di quel del passaggio. "Un tema delicato e importante", spiegano fonti di governo fin qui non attente all'importanza e alla delicatezza, che "verrà affrontato in maniera più complessiva nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione".

E son belle gatte da pelare, quelle per cui vorresti dare tutto il potere a giudici e poliziotti per apparire "duro", ma qualcuno deve strattonarti per la giacchetta ricordandoti che "così ci arrestano tutti"...

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L’ex Generale GdF Umberto Rapetto.Hanno istituito la legge marziale

di Pa. Za. - Il Fatto Quotidiano

Io sono sbigottito. Non ce l’hanno detto e hanno istituito il regime marziale?”. Umberto Rapetto – già generale della Guardia di Finanza, “colpevole” di aver indagato troppo sulle slot machine, soprannominato “lo sceriffo del web” – scorre il testo del dl antiterrorismo con gli occhi fuori dalle orbite.

Cosa la sconvolge di più?

Intanto, solo il fatto che si ponga l’attenzione su semplici sospettati di qualunque reato, non indagati, fa già venire meno le basi del diritto. E poi si autorizzano le perquisizioni senza alcun controllo.

Parla dell’accesso remoto ai computer?

Vorrebbero guardare nei computer attraverso dei grimaldelli come trojan: fa rabbrividire. Cioè, quello stesso Stato che manda a morire i processi, tira fuori le unghie con chi non potrà nemmeno dire “quella roba non era sul mio computer”.

Sta dicendo che non si potrà avere nessuna certezza sulla paternità dei dati estrapolati?

Dico che durante una perquisizione tradizionale io, o il mio legale, ho la possibilità di assistere e dunque non potrò mai negare l’evidenza delle prove raccolte. Qui invece, se l’accesso avviene da remoto senza alcun controllo, viene meno addirittura la certezza che quei documenti fossero realmente lì. Salta il diritto alla difesa. E poi chi l’ha detto che un dato, fuori da un determinato contesto, possa avere una rilevanza diversa? Facciamo un esempio. Io l’altro giorno ho visto on line i video di propaganda dell’Isis. Ho consultato quel materiale perché dovevo fare un’intervista, ma non sono né un loro fan né un istigatore. I comportamenti possono essere dettati da curiosità, diritto di cronaca e mille altre ragioni. Che il decreto non contempla. Ce lo dicano: o riconosciamo lo stato di guerra e allora le leggi marziali prevalgono sul diritto vigente, oppure non si può istituire una opportunità investigativa senza garanzie contro gli abusi. Il momento è delicato, ma servono regole che vadano al di là delle suggestioni emotive. Ci vogliono modalità di attuazione stringenti, oltre alla garanzia che il materiale sequestrato sia usato solo per quelle finalità. Non vorrei che finissero per vedere anche se sono vegetariano, quale collega odio e che squadra tifo.



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L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare

Ecco il 77° Battaglione: Londra lancia 1500 'Facebook Warriors' per diffondere disinformazione e realizzare una profonda 'infiltrazione cognitiva' dei social media

Redazione
giovedì 5 febbraio 2015 23:40
infowars.com

di Michael Krieger

Ecco il 77° Battaglione: l'esercito britannico sta mobilitando 1500 'Facebook Warriors' per diffondere la disinformazione Tornerà in vita una delle più discusse unità delle forze speciali inglesi della seconda guerra mondiale.
L'esercito britannico farà rivivere una delle più controverse unità delle forze speciali della seconda guerra mondiale, i Chindits, sotto forma di una nuova generazione di "guerrieri di Facebook" che scateneranno complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione. 

Preparatevi: i social media stanno per diventare molto più pericolosi di quanto sono già. Fate molta attenzione nel saltare a conclusioni, pensate sempre con la vostra testa e usate il vostro miglior buon senso. Le operazioni psicologiche (psy ops) del governo stanno per intensificarsi.

Il blog tecnologico Gizmodo ha riportato quanto segue:

Un nuovo gruppo di soldati, conosciuto come Facebook Warriors, secondo il Financial Times «scatenerà complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione». Questo reparto si chiamerà 77° battaglione, il cui numero ha anche un significato storico. FT riferisce:
I Chindits originali [77° Battaglione] erano un'unità partigiana guidata dallo spavaldo comandante britannico generale Orde Wingate, uno dei pionieri della moderna guerra non convenzionale. Operarono in profondità dietro le linee giapponesi in Birmania tra il 1942 e il 1945 e le loro missioni erano spesso di discutibile successo. 
Questi guerrieri di Facebook useranno simili tattiche atipiche, con mezzi nonviolenti, per combattere contro il loro nemico. Ciò sarà realizzato principalmente attraverso il "controllo del riflesso", una vecchia tattica sovietica che consiste nel diffondere informazioni opportunamente confezionate al fine di indurre l'avversario a reagire esattamente nel modo voluto. È un trucco piuttosto complicato, e l'esercito britannico lo metterà in atto solamente con questo corpo di 1500 persone (o più) usando Twitter e Facebook come mezzi per diffondere disinformazione, le verità della guerra vera, e incidenti false flag (sotto falsa bandiera) quasi come una raccolta comune di informazioni. A quanto si riferisce, il 77° Battaglione entrerà in azione nel mese di aprile.



Traduzione per Megachip a cura di Emilio Marco Piano.



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http://www.remocontro.it/2015/02/03/brigata-british-army-per-guerra-web/

Brigata British Army per la guerra sul web 

3 febbraio 2015
77a brigata, base a Hermitage, nel Berkshire, composta da 1.500/2.000 soldati armati di computer. Andiamo? 


Il British Army istituirà a breve una nuova brigata per le ‘Psy Ops’, le Operazioni Psicologiche e le ‘Info Ops’ Information Operations. Campo di battaglia ipotetico anche RemoContro, i cosiddetti Social media, i blog, il giornalismo fatto in casa. Sì, perché noi siamo una potenza. E una minaccia

La notizia è di fonte militare, seriosissima. Vero è che lo spunto ci viene da Analisi Difesa che non si occupa di scemenze. Salvo inciampi di Ministero Difesa. «La 77a brigata, basata a Hermitage, nel Berkshire, sarà composta da 1.500/2.000 soldati reclutati tra le forze regolari e i riservisti (questi ultimi secondo un articolo pubblicato dall’Independent costituiranno almeno il 42 per cento degli effettivi) a partire dalla prossima primavera. I candidati ideali i militari con capacità giornalistiche ed esperti di social media». Da farci un pensierino. Ma noi di RemoContro non siamo inglesi.
«La 77esima brigata viene creata per riunire capacità esistenti e in fase di sviluppo essenziali per fare fronte alle sfide del conflitto moderno. La sua istituzione segna il riconoscimento che le azioni di altri (il nemico di una volta) in un campo di battaglia moderno possono essere condizionate anche in maniera non necessariamente violenta», ha spiegato un portavoce dell’esercito britannico citato dal Guardian. La scoperta che l’acqua calda brucia. La ‘bugia di guerra’ è antica come il mondo, da Tucidide a Omero, con la guerra di conquista achea di Troia la tarocca con le corna di Menelao.
A ispirare la creazione della brigata FB, viene detto, è stata l’esperienza accumulata nelle operazioni di ‘Counterinsurgency’ in Afghanistan. Ma anche quanto avvenuto lo scorso anno in Ucraina, in particolare in Crimea, e dalle azioni dell’Is in Siria e in Iraq. Proviamo a capire. Imperscrutabile il ruolo del web in chiave antitalebana. Disinformazia dai covi in Pakistan? Più facile da capire l’Ucraina, con dubbio: ma non sapevate e non eravate complici nell’uso di mercenari un po’ ‘nazi’ su quelle barricate? Per l’Isis, appare evidente l’uso ‘promozionale’ della ferocia per arruolare spostato.
La brigata ha assunto simbolo e numerazione della brigata ‘Chindits’ guidata dal generale Orde Wingate contro i giapponesi nella Birmania occupata nella Seconda guerra mondiale, che utilizzò tattiche di penetrazione a lungo raggio per condurre attacchi e sabotaggi dietro le linee nemiche. Londra segue la strada aperta da anni da Israele. Dalla guerra contro Gaza precedente l’esercito ha unità specializzate in operazioni sui social. 2006, nel Libano degli hezbollah sotto attacco israeliano mostrai in Tv delle vietatissime bombe a frammentazione e subii una sorta di linciaggio mediatico.
I Militari di Tsahal -l’esercito istraeliano- sono attivi su 30 piattaforme diverse, inclusi Twitter, Facebook, Uoutube, Instagram, in sei lingue diverse. «Questo consente di raggiungere un’audience che altrimenti non saremmo riusciti a coinvolgere», spiega un portavoce israeliano al quotidiano britannico precisando che diversi Paesi hanno preso informazioni per copiarne il modello. Nel nostro piccolo potremmo suggerire un libro ormai ‘clandestino’. «Nulla di vero sul fronte occidentale. Le bugie di guerra da Omero a Busch». Editore Rubbettino. Autore uno che ‘remacontro’.

e. r.  [Ennio Remondino]
Altre Fonti : Adnkronos, Independent, Guardian, Analisi Difesa




http://www.michelcollon.info/Les-USA-et-les-Saoud-au-secours-de.html?lang=fr

Les USA et les Saoud au secours de Daech et Al Qaeda au Yémen

Bahar Kimyongur
26 mars 2015

Dans le monde arabe et musulman, rien de nouveau. On se bat entre Arabes et musulmans au plus grand bonheur de leurs ennemis américains et israéliens. Les USA et les Saoud sont à l'offensive dans tous les pays qui leur résistent principalement en Syrie, en Irak et au Yémen.

[Photo: Les terroristes du Front al Nosra lié à Al Qaeda attaquent la ville d’‪‎Idlib‬ avec des missiles TOW livrés par les USA.]

En Syrie, les forces saoudiennes attaquent sur 2 fronts : le Nord et le Sud. 

Au Nord, la ville loyaliste et majoritairement sunnite d’Idlib est encerclée par des milices liées à Al Qaeda. Ces milices utilisent des armes américaines notamment des missiles TOW pour venir à bout de la résistance de l’armée syrienne et des forces populaires qui défendent leur ville et leurs terres. L’un des commandants Al Qaeda de l’opération d’Idleb est un cheikh saoudien dénommé Abdallah al Mouhaisni. 

Au Sud, c’est la ville antique de Bosra al Cham au cœur de laquelle trône un amphithéâtre romain, qui vient de tomber aux mains d’une coalition de groupes djihadistes pilotés par le Front al Nosra, filière d’Al Qaeda en Syrie. 

Alors que le commandement US se gargarise de discours antiterroristes, aucun avion de l’Axe US/UE/CCG (*) n’a été aperçu dans le ciel syrien au-dessus d’Idleb ou de Bosra al Cham. 

Comme le révèle la dépêche Reuters du 23 mars dernier signée Tom Perry, les armées occidentales ont même intensifié leurs livraisons d’armes à Al Qaeda sur le Front Sud. C’est par la frontière jordano-syrienne que ces armes, pour la plupart offertes par l’Arabie saoudite, le plus grand importateurs d’armes au monde, parviennent à la coalition anti-Assad du Front Sud. Israël n’est pas en reste puisque des sources officielles reconnaissent désormais fournir de l’aide aux forces anti-Assad dont Al Qaeda dans le Mont Bental sur le plateau du Golan (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 mars 2015). 

Ainsi donc, nos belles âmes occidentales éprises d’art et de raffinement, celles-là même qui se lamentent des destructions des musées et du patrimoine de l’Orient par les djihadistes de Daech ont offert à al Qaeda, Bosra al Cham, une ville antique classée au patrimoine mondial de l’UNESCO. 

En Irak, les USA sentent qu’ils perdent pied dans la résistance contre Daech. Forces kurdes, chiites et sunnites appuyées par le voisin et allié iranien ont réussi à former une alliance antiterroriste qui porte ses fruits. 

Plusieurs villes et villages des provinces de Salaheddine et Anbar ont ainsi pu être libérés de la présence terroriste. Craignant cette unité supra-ethnique et supra-confessionnelle, l’aviation US a bombardé cette nuit les positions de Daech dans la ville de Tikrit par crainte de perdre pied dans ce pays devenu allié de l’Iran. 

Cette intervention US à Tikrit a été conspuée par les milices chiites qui rejettent toute forme d’alliance avec Washington. 

Certains miliciens liés à l’Armée du Mahdi de Moqtada Sadr et aux Brigades du Hezbollah irakien ont même décidé de se retirer des combats. 

Sur le front de Tikrit, il y a donc non pas assistance comme le laissent entendre de nombreux analystes mainstream mais concurrence entre l’Iran et les USA, un peu comme celle qui exista entre l’Armée soviétique et les troupes du général Patton face à l’Empire hitlérien. 

Par hostilité atavique envers l’Iran, les Saoud ont longtemps encouragé Daech. Aujourd’hui, la dynastie wahhabite cultive l’attentisme avec une crainte grandissante face au prestige accumulé par Téhéran parmi les populations de Syrie et d’Irak vivant sous le joug de Daech. 

C’est finalement au Yémen, leur arrière-cour, que les Saoud ont décidé de lancer leurs bombardiers contre la résistance anti-Daech. 

Naguère terrain d’affrontement entre marxistes et panarabes d’une part et forces réactionnaires pro-Saoud d’autre part, le Yémen est aujourd’hui le théâtre d’une guerre entre les milices houthistes d’inspiration chiite d’une part. 

Ces derniers jours, les milices houthistes d’Ansar Allah ont mené une avancée spectaculaire vers Aden, la grande ville du Sud du Yémen où s’est refugié le président déchu et agent soudien Abd Rabbo Mansour Hadi. 

Contrairement à ce qu’affirment les médias occidentaux, les milices houthistes ne mènent pas une politique confessionnaliste mais remplissent une mission patriotique. 

Malgré leur identité confessionnelle, ils cultivent une vision panislamique et panarabe, gagnant ainsi de la sympathie d’une large frange de l’armée nationale yéménite, y compris de la Garde républicaine et de nombreuses tribus sunnites, ce qui explique leur incroyable progression. 

Alors que Daech a massacré près de 200 chiites dans une quadruple attaque kamikaze visant les mosquées vendredi dernier, alors qu’Al Qaeda dans la Péninsule arabique (AQPA) massacre à tour de bras, cette nuit, le régime wahhabite a lancé une opération militaire aérienne contre les forces rebelles du Yémen. 

Ce n’est pas le ministre saoudien de la défense, le prince Mohammed Bin Salman ou le Roi d’Arabie saoudite Salman Ben Abdel Aziz qui a annoncé l’entrée en guerre de son pays contre la souveraineté du Yémen mais l’ambassadeur saoudien à Washington. Le scénario est digne d’un film arabe de série B. 

Pour l’heure, les médias arabes, notamment Al Mayadeen, parlent d’une vingtaine de civils yéménites massacrés par les bombardements saoudiens. 

Du temps du héros tiers-mondiste égyptien Jamal Abdel Nasser, le régime collabo et décadent des Saoud combattait les forces de gauche arabes (marxistes, nationalistes, panarabes) avec l’appui US.

Après avoir détruit les derniers vestiges du socialisme arabe, les Saoud s’en prennent à présent aux seules forces de résistance panarabes encore debout, du Hezbollah libanais à Ansar Allah yéménite en passant par le Baas syrien. 

Dans un article alarmiste paru dans le Washington Post le 23 novembre 2012, la secrétaire d’Etat US de l’ère Bush Condoleezza Rice qualifiait l’Iran de « Karl Marx d’aujourd’hui ». 

Si l’Iran équivaut à Marx comme l’affirme la fauconne de l’impérialisme US, le régime des Saoud, lui, incarne depuis sa création en 1744 la contre-révolution et la tyrannie d’Adolphe Tiers, le fossoyeur de la Commune de Paris. 

(*) CCG : Conseil de coopération du Golfe. Alliance regroupant les 6 pétromonarchies du Golfe.





Onorificenze e altre cronache dell'Italia fascista


0) Iniziative a ORVIETO (TR), 27-28 marzo 2015

1) Caso Mori: Lettera alla Gazzetta di Parma (G. Caggiati)
2) La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati (C. Cernigoi)
3) Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo (A. Fulloni)
4) Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno (G. Calisti)
5)  Perchè Porzus sì e Malga Silvagno no? (U. De Grandis)
6) Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke (ANPI)
7) La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no... (M. Barone)
 

Sul caso di Paride Mori si vedano anche:

Sulle onorificenze ai fascisti repubblichini e criminali di guerra italiani si vedano anche:

Sulla propaganda attorno ai fattti di Porzûs si vedano anche:

Su Simone Cristicchi e "Magazzino 18" si vedano anche:


=== 0: INIZIATIVE SEGNALATE ===

ORVIETO (TR)

...e questo è il fiore del Partigiano, morto per la Libertà!
Nell'Anniversario dell'Eccidio di Camorena, 29 marzo 1944 – 29 marzo 2015

VENERDI 27 MARZO 2015
alle ore 10:30 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
iniziativa riservata agli studenti
DRUG GOJKO

SABATO 28 MARZO 2015
alle ore 17:00 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
QUESTIONE ORIENTALE. Verità e mistificazione mediatica sulle foibe
Conferenza di ALESSANDRA KERSEVAN – storica


=== 1 ===

Lettera alla Gazzetta di Parma sul caso Mori

Egregio Direttore,

meraviglia non poco che famigliari e amici di Paride Mori, fascista combattente convinto e riconosciuto tale da loro stessi, insistano nel rivendicare per Mori una medaglia da parte della Repubblica italiana nata dalla Resistenza antifascista, che si prepara a celebrare il 70esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La contraddizione è stridente.

Famigliari e amici di Mori usano allora l’argomento dell’amor patrio profuso e dimostrato da Mori nel difendere l’Italia dalle “orde barbariche criminali dei partigiani comunisti slavi di Tito”. Ma nemmeno questo argomento regge.

Paride Mori fu combattente volontario, non più giovanissimo, col grado di capitano del Battaglione bersaglieri volontari «Mussolini» della R.S.I., la Repubblica Sociale Italiana di Salò guidata da Mussolini nata dopo l’8 settembre 1943 per iniziativa della Germania nazista e da questa sostenuta. I militari della RSI nelle zone del confine nordorientale con la Jugoslavia erano sotto il comando diretto dei Tedeschi. Non si può certo dire che combattere al servizio della Germania nazista sia una bella dimostrazione di amor patrio per l’Italia!

Gli jugoslavi di Tito, da parte loro, avevano tutte le ragioni per combattere contro l’Italia fascista che nell’aprile ’41 aveva aggredito e invaso, pochi giorni dopo la Germania nazista, la Jugoslavia senza che la stessa Jugoslavia avesse fatto alcun male all’Italia! Italia fascista che poi tenne occupati diversi territori della Jugoslavia e in modo feroce e crudele (p.e. Lubiana, città gemellata dal ’64 con la nostra Parma, dove nessuno parlava l’italiano, allora fu fatta provincia d’Italia e con uccisioni, massacri, campi di concentramento per tanti civili sloveni). Mentre la Resistenza jugoslava guidata da Tito divenne il più grande esercito popolare partigiano d’Europa, considerato e riconosciuto a livello internazionale innanzitutto dagli alleati inglesi, americani, sovietici, ecc.

“Italianità” e amor patrio per l’Italia, per l’Italia democratica antifascista che poi a guerra terminata scelse la Repubblica e scrisse la Costituzione del ’48, una delle più belle del mondo, semmai hanno dimostrato i quarantamila soldati italiani sul fronte jugoslavo che l’indomani dell’8 settembre ’43 decisero di combattere contro il nazifascismo come partigiani  italiani, col tricolore italiano, al fianco dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, così riscattando l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. Semmai a questi italiani, della “Divisione Italiana Partigiana Garibaldi” ecc., dovrebbero andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica nata dalla Resistenza. 

Giovanni Caggiati
21/3/2015


=== 2 ===

https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/221785531325354

Pagina FB de La Nuova Alabarda, 14/3/2015

Come NON si scrive la storia. La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati

Nel 2009 fu conferita alla sorella di Dario Pitacco l’onorificenza prevista dalla legge sul Giorno del ricordo, con questa motivazione: "sorpreso dai titini nel maggio del ’45, mentre cercava di issare il tricolore sulla torre del Municipio, dopo la liberazione della città da parte del CLN, fu imprigionato e non si ebbero più notizie" (sul Piccolo del 11/2/09, episodio che si trasforma così, sul Piccolo del 17/12/08: “il ragazzo ucciso dalle truppe slovene il 1° maggio 1945 per avere issato la bandiera italiana”).
Partendo quindi dal presupposto che non si sa se il giovane Pitacco sia stato ucciso sul posto o deportato, andiamo a leggere, nel diario del tenente colonnello Antonio Fonda Savio (che era il comandante di piazza del CVL durante l'insurrezione di Trieste e dovrebbe quindi essere considerato fonte attendibile, quantomeno non tacciabile di "filo-slavocomunismo) la descrizione di quanto avvenne tra il 30 aprile ed il 2 maggio al Municipio di Trieste.
<... incontro (pomeriggio del 30 aprile, n.d.r.) il maggiore Juraga della Guardia civica che con un piccolo reparto rientra dal Municipio. Egli mi riferisce che al palazzo municipale si erano presentate delle “stelle rosse” con l'intenzione di prenderne possesso, che egli ha discusso con loro e che dopo una breve permanenza esse se ne sono andate, ma che per evitare eventuali conflitti egli ha ritirato i suoi, lasciando a presidiare il Comune soltanto una decina di Vigili urbani. Poiché ritengo che il Municipio, per ragioni morali e materiali, debba essere tenuto più saldamente, ordino al maggiore Juraga di rioccupare il Municipio. Al caso le stelle rosse ritornassero, esse dovranno essere accolte cameratescamente quali collaboratori nella cacciata del tedesco. L’ordine viene eseguito immediatamente ed il reparto di patrioti assieme alle stelle rosse più tardi sopraggiunti, terrà fermamente il palazzo municipale fino alla sera del 2 maggio, difendendolo dai tedeschi e rispondendo fieramente al fuoco dei pontoni armati che dalle rive di piazza Unità lo bersagliano intensamente, arrecandovi non pochi danni>
(In A. Fonda Savio, "La resistenza italiana a Trieste e nella Venezia Giulia", a cura di R. Spazzali, Del Bianco 2006).
Sembra logico supporre che se un ragazzo del CVL fosse stato ucciso dai "titini" in quell'occasione, il comandante di piazza lo avrebbe annotato nel suo Diario. Non è forse più probabile che il giovane Pitacco sia stato ucciso dall'artiglieria tedesca che bersagliava il Municipio?


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http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml

Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo 

Le onorificenze concesse dal governo per celebrare le vittime delle Foibe. Tra i commemorati decine di repubblichini, di cui 5 accusati di uccisioni, torture e saccheggi 

di Alessandro Fulloni

Medaglie di onorificenza «in riconoscimento del sacrificio offerto alla Patria» per circa 300 combattenti di Salò (tra cui almeno 5 criminali di guerra accusati di avere torturato e ucciso a sangue freddo). Partiamo dall’inizio. Le decorazioni sono state concesse dai governi a partire dal 2004 in memoria delle vittime delle foibe come previsto dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo. La promosse l’esecutivo Berlusconi su proposta di un gruppo di parlamentari: in prevalenza Fi e An, ma non mancavano esponenti Udc e del centrosinistra. Oltre alla conservazione della memoria, il testo disciplina la consegna delle medaglie ai familiari delle vittime sino al sesto grado. Onorificenze estese a chiunque, tra Friuli e Slovenia, sia stato ucciso «per cause riconducibili a infoibamenti». Ovvero, nel periodo che va dall’8 settembre a metà del 1947, a seguito di «torture, annegamenti, fucilazione, massacri, attentati in qualsiasi modo perpetrati». Con queste «maglie» assai larghe, tra i commemorati sono stati inseriti profili controversi. Stando almeno a carte provenienti dall Jugoslavia ma anche dall’Italia.

Le carte dall’Italia e dalla Jugoslavia

Nell’elenco di coloro che hanno ricevuto quello stemma «in vile metallo» - così lo definisce il provvedimento che alla Camera venne approvato con soli 15 voti contrari e all’unanimità al Senato - compaiono cinque nominativi che secondo i documenti conservati a Belgrado, presso «l’Archivio di Jugoslavia», sono «criminali di guerra». Gente che - anche prima dell’8 settembre, raccontano quelle carte - a seconda dei casi ha ucciso e torturato civili italiani e jugoslavi, ammazzato a sangue freddo, incendiato case, saccheggiato, ordinato fucilazioni di partigiani e segnalato gente da spedire nei lager in Germania. Si tratta del carabiniere Giacomo Bergognini, del finanziere Luigi Cucè, dell’agente di polizia Bruno Luciani, dei militi Romeo Stefanutti e Iginio Privileggi e del prefetto Vincenzo Serrentino (il cui nome è citato anche nel relazione della commissione d’inchiesta parlamentare «sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti»). I primi tre, raccontano fonti diverse, sia italiane sia slave, «scomparsi» o «dispersi» a partire dai primi giorni del maggio 1945, verosimilmente gettati nelle foibe. Il quarto «ucciso da slavi». Il quinto «infoibato». Il sesto, prefetto a Zara (occupazione nazista, amministrazione Rsi) catturato dai partigiani di Tito e fucilato nel 1947 dopo essere stato condannato da un tribunale jugoslavo.

Una vicenda emersa per caso

Uno scenario, questo dei combattenti Rsi ricordati dalle medaglie, emerso per caso dopo che lo scorso 10 febbraio al capitano dei bersaglieri Rsi Paride Mori - ucciso il 18 febbraio 1944 «in un agguato organizzato dai partigiani titini [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_16/bersagliere-rsi-che-combatteva-titini-governo-potrebbe-revocare-medaglia-giorno-ricordo-c70cfe9e-cc18-11e4-990c-2fbc94e76fc2.shtml, quelli con cui stava combattendo aspramente da mesi» per stare alle parole del figlio Renato - per mano ] del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio è stata dedicata la medaglia del Giorno del Ricordo. All’Anpi e in altre associazioni antifasciste si sono accorti però che Mori era sì un bersagliere. Ma repubblichino (il neologismo coniato da Radio Londra [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml). Circostanza di cui si appreso solo dopo che dal comune di Traversetolo, nel Parmense, dove il soldato era nato, il sindaco ha deciso di revocare ] la dedica di una strada al bersagliere di Salò inizialmente passata nell’indifferenza. 

Lunedì 23 la commissione decide sul dossier Mori

Da qui in poi, polemiche a non finire. A seguito delle quali è arrivato il mezzo ripensamento di Delrio che in un tweet ha chiarito che «se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato». Appunto: una decisione che potrebbe essere presa già lunedì 23, quando il gruppo di esperti (10 in tutto: tra cui rappresentanti degli studi storici della Difesa, degli Interni e della Presidenza del consiglio e da storici delle foibe) prenderà in mano il dossier Mori. 

I 300 militi della Rsi

Che però potrebbe rivelarsi il meno problematico. L’elenco aggiornato dei medagliati per il Ricordo comprende più di 1.000 persone. Molti di questi sono civili spariti nelle Foibe perché vittime di rappresaglie titine. E altri - i casi eventualmente da riconsiderare, una cifra che oscilla tra i 270 e i 300 a seconda delle fonti - militari inquadrati nelle formazioni di Salò. Carabinieri dell’esercito regio confluiti nella Rsi. Al pari di poliziotti e finanzieri. Militi, volontari nella Guardia Nazionale Repubblicana. Fascisti «idealisti e patrioti» come il capitano Mori che - è il ricordo del figlio - risulta «essersi opposto ai rastrellamenti ordinati dai tedeschi: lui combatteva i titini, non gli italiani». 

I 5 criminali di guerra

Ma nella lista ci sono almeno 5 criminali di guerra, secondo quanto stabilito dalla giustizia jugoslava. Il carabiniere Bergognini - era l’8 agosto 1942 - partecipò a un raid nell’abitato di Ustje, in Slovenia. Case incendiate, famiglie radunate nel cimitero, picchiate. Sino a che 8 uomini «vennero presi, torturati di fronte a tutti e uccisi con il coltello o con il fucile». Il finanziere Cucè spedì nei lager e fece fucilare «diversi patrioti antifascisti» torturando gente così come fecero l’agente Luciani e i militi Privileggi e Stefanutti. Testimonianze (che sono riferite ai loro reparti) raccontano di «occhi cavati, orecchie tagliate, corpi martoriati, saccheggi nelle case». Serrentino, tenente nella Grande guerra, fiumano con D’Annunzio, fece fucilare decine di persone nella città di Zara, di cui era prefetto. Vicende, queste delle efferatezze commesse dai fascisti medagliati, ricostruite da due storici in lavori diversi: Milovan Pisarri (italiano che vive a Belgrado) e Sandi Volk (sloveno residente a Trieste). 

«A Belgrado i documenti dell’esercito regio»

Pisarri - lavori sulla Shoah e uno in uscita sul Porrajmos, l’Olocausto dei nomadi - ha raccolto i dossier sui criminali di guerra italiani studiando documenti a Belgrado, all’Archivio Jugoslavo. Scuote la testa, ora: per le mani si è ritrovato non solo le accuse basate sulle testimonianze delle vittime. Ma anche« fascicoli in italiano, ordini e disposizioni provenienti soprattutto dall’esercito regio in rotta nei Balcani». Materiale «ancora da studiare, importantissimo». Volk (che è componente della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale) si è invece occupato del conteggio dei repubblichini commemorati nel Giorno del Ricordo. «Con quelli di quest’anno si arriva a 300. Il 90 per cento apparteneva a formazioni armate al servizio dei nazisti dato che il Friuli dopo l’8 settembre era divenuto “Zona d’Operazioni Litorale adriatico”, amministrata direttamente dai tedeschi e non facente parte della Rsi». Le formazioni fasciste «non potevano avere nemmeno le denominazioni che avevano a Salò ed erano alle dirette dipendenze dell’apparato nazista». 

Il carabiniere che rifiuta di consegnare le armi

L’elenco asciutto delle motivazioni racconta tanto: anche di scelte devastanti, meditate, che legano caso, ideali ed eroismo. Quella del carabiniere Bruno Domenico, ad esempio. Che l’8 settembre (il giorno dell’armistizio, dunque Salò deve ancora nascere) nella stazione dell’Arma di Rovigno, in Istria, «rifiuta di consegnare le armi ai partigiani comunisti italo croati». Lo incarcerano assieme ad altre 16 persone: e di lui non si sa più nulla. Almeno 56 sono i finanzieri di Salò medagliati per il Ricordo. I loro nomi compaiono sul sito delle Fiamme Gialle: tutti dispersi, verosimilmente uccisi da «partigiani titini» o «bande ribelli» [ http://newgdf.gdf.gov.it/chi-siamo/museo-storico/giorno-del-ricordo/conferimenti-onorificenza ]. Spiccano le storie del maresciallo Giuseppe D’Arrigo: viene a sapere che la brigata che comanda è stata interamente catturata. Al che indossa la divisa e raggiunge i titini, per stare vicino ai suoi uomini trattandone magari la liberazione. Ma viene fucilato il 3 maggio 1945. La stessa sorte toccata a Giuseppe D’Arrigo che si unisce ai partigiani jugoslavi intenzionato a combattere i tedeschi: ma pure lui viene passato per le armi. Ennio Andreotti viene catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre. In qualche modo si libera il 1° settembre 1944. Da questo giorno risulta disperso. «Fu presumibilmente catturato dai partigiani titini e soppresso». 

@alefulloni
23 marzo 2015


=== 4 ===

Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno

È' stata trovata una svastica, subito cancellata, ad imbrattare la lapide in memoria di Ugo Forno, il dodicenne romano, che a Roma il 5 giugno del 1944 attaccava, assieme ad altri partigiani, un gruppo di guastatori tedeschi  mentre erano nell'intento di far saltare un ponte sull'Aniene,mettendoli in fuga; moriva eroicamente, assieme al ventunenne Francesco Guidi, a causa di un colpo di mortaio sparato dai nazisti in ritirata. 
La stampa e le Istituzioni parlano giustamente di 'sfregio' alla memoria, di 'offesa' alla città.
Ora chiedo polemicamente, a tutti gli antifascisti 'da cerimonia' , ma specialmente ai rappresentati delle Istituzioni, che si scandalizzano per questi fatti: chi cancellerà lo sfregio, l'offesa, rivolta a tutti i Partigiani Italiani, rappresentata dalle decine di riconoscimenti concessi dallo Stato a fascisti repubblichini comprovati e morti in guerra, ed in certi casi anche già condannati per crimini di guerra?

Giuliano Calisti
Vicepresidente CP ANPI Viterbo

http://www.ugoforno.it/storia.html



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https://resistenzatradita.wordpress.com/2015/03/20/perche-porzus-si-e-malga-silvagno-no/


“Per Porzus hanno fatto un processo fiume; di questo fatto, non meno grave, la giustizia non si è mai occupata, nemmeno per dare un esempio, per dimostrare che la strada della lotta armata è irta di difficoltà, può subire torbidi rigurgiti che non erano certo previsti dai programmi e dagli ideali di coloro che la intrapresero.
Mi si dirà: e tu perché non hai parlato? Sì, ho parlato prima e dopo la liberazione, in alto loco. Mi hanno solo risposto: scrivi. Ho scritto. La prima e lunga relazione l’ho stesa subito dopo i fatti, con Aramin. Morì sepolta”.


Così Amerigo Clocchiatti “Carlo” si espresse sulla mancata inchiesta giudiziaria per i fatti di Malga Silvagno. Per Giuseppe Crestani “Bepi”, Ferruccio Roiatti “Spartaco”, Tomaso Pontarollo “Masetti” e “Zorzi” (partigiano veneziano non identificato) non c’è stata giustizia. Ugo De Grandis, nel libro che ha dedicato a questa vicenda “maledetta” e ignorata per anni, ha descritto così le vere motivazioni di questo voluto oblio:

Non ci vuol molto ad individuare i motivi che bloccarono la prosecuzione dell’inchiesta nella nuova linea politica inaugurata da Togliatti già al suo rientro in Italia, nel marzo 1944, dopo un esilio durato quasi vent’anni. Con il cambio di prospettiva politica, passato alla storia come “svolta di Salerno”, il leader comunista decretò la necessità dell’unificazione delle forze antifasciste per superare il drammatico frangente della guerra civile, abbandonando la pregiudiziale antimonarchica per poter entrare nel governo Badoglio. Con questa concessione il PCI riuscì a scavalcare i repubblicani, che sulla questione monarchia/repubblica non erano, al contrario, inclini ad alcun compromesso.
La “svolta” segnò il passaggio dalla fase rivoluzionaria a quella legalitaria del PCI che aspirava, grazie al suo contributo fondamentale all’abbattimento del fascismo, a diventare un partito di governo. Prevalse, quindi, la volontà di fornire un’immagine compatta della Resistenza, esente da contrasti e divisioni interne, un movimento corale dal quale sarebbero usciti i quadri dirigenti della nuova società italiana che stava sorgendo dalle ceneri del fascismo. La volontà di non rimanere esclusi dalla vita politica nazionale giunse ad imporre scelte non condivisibili dalla maggioranza dei militanti, se non impopolari, quali la mano tesa ai “fascisti rossi”, ai “compagni in camicia nera”, in altre parole ai reduci che avevano abbracciato la RSI attirati dal suo programma di riforme sociali: un serbatoio di voti che anche gli altri partiti tentarono di accaparrarsi.
Poco più di un anno dopo la Liberazione, il 22 giugno 1946, mentre in tutta Europa le Corti d’Assise condannavano a pene severe, molto spesso capitali, gli accusati di collaborazionismo con i nazisti e pareggiavano in un bagno di sangue i conti col passato, l’allora Ministro di Grazia e Giustizia Togliatti emanò il provvedimento di amnistia che, aprendo le porte delle celle a migliaia di esponenti del passato regime in nome della pacificazione nazionale, contribuì di fatto a restaurare la magistratura e i corpi di polizia dell’ancien regime.
Il risultato tangibile fu l’avvio di un’offensiva antipartigiana che condusse in carcere migliaia di ex combattenti della libertà, mentre altri cercarono rifugio alla persecuzione e alla negazione di un meritato posto di lavoro in una lunga e travagliata emigrazione in paesi lontani.
La volontà di gettare alle ortiche anche gli ultimi ardori rivoluzionari motivò, infine, il voto favorevole dei comunisti all’Articolo 7 della Costituzione, che ribadiva l’indipendenza tra Stato e Chiesa già sancita dai fascistissimi Patti Lateranensi del febbraio 1929. Una decisione che spiazzò gli stessi democristiani. La parola d’ordine allora era: pacificazione, non solo tra fascisti ed antifascisti, ma anche e soprattutto tra le diverse forze politiche che avevano partecipato alla sconfitta del fascismo. Il dissidio durato in Italia ben 23 anni, gli ultimi due dei quali di vera e propria guerra civile, doveva essere quanto prima accantonato per ricostruire insieme la martoriata nazione. Sarebbe stato mai possibile, in un clima politico siffatto, portare in un’aula di tribunale un fatto di sangue tra partigiani?
Questo non fu, tuttavia, l’unico motivo del silenzio: da parte dei comunisti si registrò un invalicabile imbarazzo nel trattare un episodio che aveva rivelato profonde crepe nell’organizzazione del primo periodo di lotta partigiana. L’eccidio di Malga Silvagno era la cartina al tornasole di una concezione ingenua della guerriglia, rivelava l’impreparazione e la superficialità di chi aveva abbandonato a se stessi quattro militanti comunisti in mezzo ad un gruppo di una ventina di resistenti apolitici, manovrati da elementi di dubbia fede antifascista e con i quali si erano manifestate sin dall’inizio profonde incomprensioni che avrebbero dovuto far prevedere, prima o poi, il tragico epilogo.

Tutte le foto e il testo sono tratti da “Malga Silvagno – Il giorno nero della Resistenza vicentina” di Ugo De Grandis



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http://www.anpiroma.org/2015/03/comunicato-stampa-albano-cittadini.html

Comunicato Stampa - Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke. "Segnali inquietanti, le istituzioni correggano una palese ingiustizia"

3/17/2015 02:37:00 PM  Anpi Roma   

Comunicato Stampa

Ad Albano cittadini rinviati a giudizio per aver manifestato contro Priebke.
Anpi Roma: "Segnali inquietanti, fidiamo nel buon senso delle istituzioni per correggere una palese ingiustizia"

“L'Anpi Provinciale di Roma è fortemente preoccupata per ciò che sta accadendo ad Albano, dove cittadini antifascisti sono indagati dalla Polizia per aver manifestato il 15 ottobre scorso contro l'apertura di una sede di Forza Nuova e contro qualsiasi commemorazione di Priebke in città – ha dichiarato Ernesto Nassi, presidente dell’Anpi Provinciale di Roma - Dopo il mandato di comparizione per 23 antifascisti avvenuto nelle settimane scorse, altre 5 persone, tra le quali un militante dell'Anpi, sono rinviate a giudizio per aver partecipato alla manifestazione di protesta contro la presenza della salma del criminale nazista ad Albano nel 2013.”
 
“Le incriminazioni le riteniamo ingiuste perché in Italia esiste la Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del partito fascista e due leggi che proibiscono l'apologia di fascismo, le leggi Scelba e Mancino. Nonostante ciò sono gli antifascisti ad essere perseguitati, facendoci tornare in mente un clima di tensione politica che pensavamo superato.”
 
“L’Anpi di Roma esprime tutta la solidarietà possibile ai cittadini antifascisti coinvolti in atti giudiziari, sperando che quanto accaduto non appartenga ad un disegno politico. Vi sono infatti altri inquietanti segnali che sembrano andare in una direzione pericolosa. Il Sindaco di Affile, Ercole Viri, responsabile della vergognosa vicenda del mausoleo intitolato a Graziani, è stato insignito in Campidoglio di una medaglia (Premio Duelli – Gallitto) per il suo impegno sulla memoria. E pochi giorni fa il Governo ha consegnato una medaglia alla memoria del fascista repubblichino Paride Mori, per il ‘suo sacrificio verso la Patria’.”
 
Quanto a Priebke – conclude Ernesto Nassi- ricordo che Albano ha avuto il partigiano ebreo Marco Moscati assassinato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Credo sia chiaro quale possa essere il giusto risentimento dei cittadini di quella città. Fidiamo nel buon senso delle istituzioni, per correggere una palese ingiustizia.”
Ernesto Nassi, presidente ANPI Provinciale di Roma
Roma, 17 marzo 2015

ANPI Roma - via S. Francesco di Sales 5 - 00165 ROMA – www.anpiroma.org


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http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/03/la-cittadinanza-onoraria-cristicchi-per.html

La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no

22/03/15

Quanti sono i film che sono stati girati a Trieste? E finanziati anche dalla Regione? Ma si potrebbe parlare anche di musica, anche di letteratura, e così via discorrendo. Quanti artisti, storici, intellettuali frequentano Trieste? Hanno dichiarato di voler vivere a Trieste o di essere rimasti incantati dalla nostra Trieste? D'altronde è difficile non essere travolti dalla meraviglia che è questa città. Ma qui non è né di meraviglia, né di arte, né di bellezza che stiamo parlando. E' più che evidente che la richiesta di cittadinanza onoraria per Cristicchi a Trieste è una chiara operazione nazionalistica e politica. Certo, è vero che la mozione come presentata è incentrata molto sul ruolo rivestito da Trieste, poi a dirla tutta minimale, nel noto spettacolo Magazzino 18, diventato contenitore di oggetti abbandonati, o meglio masserizie, ma abbandonate. 
E' vero che lo spettacolo che porta il nome di quel magazzino è una produzione del Teatro Stabile del FVG, ma, come scritto in premessa, certamente sono ben altri, se questo è l'intento, che poi non è, con il quale si vuole riconoscere la cittadinanza onoraria a Cristicchi, che meriterebbero tale importante riconoscimento. Ma, il punto è che Cristicchi è diventato il megafono di una storia, una storia ben nota e conosciuta, ma spettacolarizzata e raccontata così come  lo volevano e desideravano i soliti noti, quelli che da anni si prodigano per fare emergere mistificazioni storiche e faziosità che non rispondono alla verità, a quella verità che nuoce gravemente al nazionalismo nostrano.  
D'altronde basta vedere quello che è accaduto durante questa ultima ricorrenza per il giorno del ricordo, foto di partigiani fucilati o civili, e fatti passare per italiani fucilati dai partigiani jugoslavi, si è addirittura detto che in Istria venivano perseguitati perché cristiani o perché le maestre si rifiutavano di indottrinare i propri figli al comunismo, per comprende il quadro della situazione.
Magazzino 18 è uno spettacolo di parte e come tale non può meritare certamente il suo autore una cittadinanza onoraria, perché la cittadinanza onoraria deve rappresentare tutti i triestini e non solo una parte di essi. Poi, se proprio proprio la si deve conferire, visto che pare essere rinato il periodo del compromesso storico e vista la chiara matrice politica e nazionalistica di tale riconoscimento, allora la si deve altresì richiedere e riconoscere ad esempio per gli storici che si battono contro il revisionismo storico, e contro le strumentalizzazioni a cui sono stati soggetti migliaia di esuli. Anche loro hanno parlato di Trieste, anche loro hanno reso alto il nome di Trieste, anche loro e forse solamente loro hanno cercato di dare dignità a Trieste contrastando ogni menzogna e mistificazione storica, ogni calunnia e falsità che ha avuto un solo scopo, demonizzare chi al prezzo della propria vita ha liberato questa città dall'occupazione nazifascista, la cui unica colpa era quella di essere comunista e jugoslavo ma se fosse stato italiano ed anticomunista sicuramente tutta la storia del confine orientale per come ci è stata raccontata in questi decenni sarebbe sicuramente diversa ed anche le "foibe" probabilmente sarebbero state ricondotte alla loro reale consistenza e portata. 
Ma così non è stato in una città che non ha neanche una via dedicata al primo maggio.
Dunque la cittadinanza onoraria a Cristicchi in Trieste? Anche no.
E forse è il caso che si inizi a prendere posizione su ciò, prima che il tutto passi sommessamente o sotto silenzio.
Per una rilettura di Magazzino 18 suggerisco questo link commenti inclusi:





(english / italiano / srpskohrvatski)

Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ

1) $100bn NATO claim: Serbian NGOs seek compensation for Yugoslavia bombing (RT)
2) Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ (Glassrbije.org)
3) Oggi ricorre il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO contro la Serbia / Mladenovic ha deposto fiori sotto il monumento „Perché?“ (Glassrbije.org)
4) ОЦЕНЕ И ЗАКЉУЧЦИ ОКРУГЛОГ СТОЛА „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ – НЕ У НАТО“
5) Обележавање 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ)
6) ВЕЧНИ ПЛАМЕН НИКО НЕ УТУЛИ / НАШ  НАРОД  НИКО  НЕ  МОЖЕ  ДА  ПОКОРИ (SUBNOR)


See also / vedi anche:

ЗАШТО? WHY? Revisiting NATO atrocities in Yugoslavia after 15 yrs  
RT, 24 mar 2014 – Fifteen years after NATO's 78-day bombardment of Yugoslavia, memories of the bombing still haunt present-day Serbia. NATO killed over 2,000 people, hundreds were civilians, 88 were children. Serbs ask 'why?' above all. Why did NATO smash their cities, kill their children, bomb hospitals and schools? RT presents 'Zashto?' (Why?) on the trauma of terror in Serbia...

Serbia: 16 anni fa i bombardamenti, bruciate bandiere Nato e Ue (Redazione Contropiano, 24 Marzo 2015)

ПРОТЕСТ ИСПРЕД ГЕНЕРAЛШТAБA: Шешељ и радикали запалили заставе СAД, НAТО и ЕУ (ФОТО), 24/03/2015 

ЧАСОВИ ИСТОРИЈЕ О ХРАБРОСТИ (Неготин 24. март 2015.)

ВЕЧИТА ЗАХВАЛНОСТ (Зајечар 24. март 2015.)

ЗАБОРАВ ЈЕ ВЕЛИКА ГРЕХОТА (Шумадија 24. март 2015.)
http://www.subnor.org.rs/sumadija-26

ХЕРОЈСКИ  ОТПОР  НАРОДА (Аранђеловац 24. март 2015.)
http://www.subnor.org.rs/arandjelovac-609-2


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$100bn NATO claim: Serbian NGOs seek compensation for Yugoslavia bombing

Published time: March 24, 2015

Two non-governmental organizations have said NATO should be required to pay compensation for the massive damage inflicted during the 1999 bombing campaign against Yugoslavia.

A meeting of the Belgrade Forum for the World of Equals and the Club of Generals and Admirals in Belgrade presented an initiative to hold 28-member NATO financially accountable for the damage that Yugoslavia sustained in the attacks. 

Serbian experts put the price tag of the devastation between $60 and $100 billion. 

Retired General Jovo Milanovic said that NATO’s military offensive, which was unsanctioned by the United Nations, represented "a violation of all norms of international law that caused enormous material damage to Yugoslavia and huge human casualties,” Tass quoted him as saying.

The participants supported Milanovic’s proposal to pursue the legal options involving financial compensation, as well as the possibility of opening criminal proceedings against western leaders who expressed their support for the aerial attacks. 

Sixteen years ago, between March 24, 1999, and June 10, 1999, NATO aircraft flew over 38,000 combat missions in Yugoslavia, mostly concentrated on the capital Belgrade and in Kosovo, the flashpoint of the conflict. 

Using fighter jets as well as long-range cruise missiles from warships in the Adriatic Sea, NATO destroyed vital strategic infrastructure, including bridges, government buildings and factories. The NATO campaign also targeted critical civil infrastructure, including power plants and water-processing facilities, causing substantial environmental and economic damage to the country.

On May 7, NATO forces bombed the Chinese Embassy in Belgrade, killing three Chinese journalists. Washington and NATO apologized for the bombing, blaming it on an “outdated map” provided by the CIA.

The NATO campaign resulted not just in the destruction of infrastructure but the death of hundreds of civilians as well. 

Human Rights Watch reported that “as few as 489 and as many as 528 Yugoslav civilians were killed in the 90 separate incidents” in the US-led NATO campaign.

Serbian sources report a much higher fatality rate, saying more than 2,000 civilians and 1,000 servicemen were killed in the NATO bombardments, while more than 5,000 people were wounded and over a thousand went missing.


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Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ

Uto, 24/03/2015 - 08:58 -- MRS

Komemorativnim skupovima i polaganjem cveća na spomenike danas se širom Srbije obeležava 16. godina od početka NATO agresije na našu zemlju, tada SRJ, 24. marta 1999. godine. Centralna državna komemorativna ceremonija biće održana u Beogradu, ispred zgrade bivšeg Generalštaba Vojske Srbije u 19.58 sati, a prisustvovaće joj predsednik Vlade Srbije Aleksandar Vučić, predstavnici vlade, izaslanici predsednika Republike Srbije, Skupštine Srbije, načelnik Generalštaba i drugi predstavnici Vojske Srbije, članovi diplomatskog kora, predstavnici brojnih udruženja i građana.

Nikolić: Braneći sebe, Srbija branila međunarodno pravo

Predsednik Srbije Tomislav Nikolić položio je  venac na Spomenik žrtvama NATO bombardovanja pre 16 godina u Aleksincu i poručio da uvek opraštamo, ali da nikad ne smemo da zaboravimo i da je Srbija braneći sebe branila pravo i pravdu, međunarodne zakone i institucije.

"Šesnaest godina je prošlo od kako su prve NATO bombe pale na naše gradove i sela, u njima na škole, bolnice, fabrike, televiziju i kasarne, čak i na ambasadu Narodne Republike Kine, izvan njih na naše njive, aerodrome, mostove i pruge. Kada im se učinilo da to nije dovoljno, gađali su naše kuće i u kućama naše najveće blago - našu decu. Braneći svoju teritorijalnu celovitost, branili smo međunarodni princip celovitosti svake suverene zemlje na svetu, branili smo pravo i pravdu, međunarodne zakone, povelje, institucije pred kojima bi trebalo da smo svi jednaki", istakao je Nikolić.

On je podvukao da smo i tada upozoravali da presedan nad Srbijom otvara Pandorinu kutiju sa strašnim posledicama po međunarodnu zajednicu. Nikolić je naveo da se Srbija seća svoje nesreće, pamti svoje sugrađane, broji nevine žrtve i radi i da se, opet, kao i čitavog 20. veka, podiže iz pepela. Kako kaže, oni koji se nisu izvinili, koji se nisu suočili sa posledicama svojih pogubnih odluka i dela, koje ni jedan sud nije pozvao na odgovornost za smrtonosne „kolateralne greške", ne zaslužuju sećanje ni oprost.

Predsednik Srbije je precizirao da je Aleksinac bombardovan u više navrata, čak šest puta bio kolateralna greška, a 5. aprila, u 21.35, trinaestog dana od početka agresije na tadašnju SR Jugoslaviju, pogodili su centar grada, ubili 11 i ranili 50 građana i među njima celu porodicu Milić: oca Dragomira, majku Dragicu i ćerku Snežanu.

Na spomeniku koji je podigao narod Srbije 1. novembra 1999. godine ispisana su imena 24 osobe koje su stradale u NATO bombardovanju. Pored Nikolića, u delegaciji je bio i načelnik Generalštaba Vojske Srbije general Ljubiša Diković. Venac je položila i delegacija Skupštine opštine Aleksinac.

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Ministar unutrašnjih poslova Nebojša Stefanović odao je poštu poginulim pripadnicima MUP-a tokom bombardovanja 1999. godine, porukom da njihova hrabrost i žrtva ne smeju nikada biti zaboravljeni. Kada god je bilo teško, srpski policajci bili su prvi na liniji odbrane zemlje i građana. Uvek su bili nepokolebljivi i neustrašivi, mareći više za tuđe živote nego za sopstvene, rekao je Stefanović koji je položio venac na spomen ploču poginulim pripadnicima MUP-a u Kneza Miloša.

Na brdu Štraževica, kraj Rakovice, polaganjem venaca odata je počast dvojici pripadnika Vojske Jugoslavije koji su poginuli tokom NATO agresije. Uz članove porodice i prijatelje, vence na spomen obeležje "Glasnik sa Straževice" položili su ministri spoljnih i unutrašnjih poslova Ivica Dačić i Nebojša Stefanović, kao i predstavnici Vojske i policije.

Zamenik gradonačelnika Beograda Andreja Mladenović položio je cveće i zapalio sveću na spomen-obeležju "Zašto" u Tašmajdanskom parku u znak sećanja na 16 radnika RTS-a koji su poginuli u NATO bombardovanju 1999. godine. Mladenović je rekao da i 16 godina posle NATO bombardovanja rane i ožiljci još postoje i da nije i ne sme biti zaboravljeno sve što se dešavalo 1999. godine. Bombardovanje zgrade RTS-a i ubistvo 16 radnika, koji su samo radili svoj posao, akcija je koja je ušla u istoriju kao simbol kako je NATO bombardovao Srbiju, istakao je Mladenović.

Mladenović i član Gradskog veća Radenko Durković položili su venac i upalili sveće i na grobu Milice Rakić na Batajničkom groblju, trogodišnje devojčice koja je postala simbol svih nevinih žrtava NATO agresije.

Gradonačelnik Beograda Siniša Mali položio je venac na spomen obeležje poginulim vojnicima Gardijske brigade Vojske Srbije i pacijentima KBC Dragiša Mišović, koji su stradali bombardovanju 1999. godine. Vence su položili i predstavnici Gardijske brigade, KBC Dragiša Mišović, kao i porodice poginulih gardista i pacijenata. Na nama je da čuvamo uspomene na sve koji su izgubili živote i da vodimo odgovornu i pametnu politiku koja ne podrazumeva gubitak života nedužnih ljudi, rekao je Mali. U raketnom napadu NATO-a 20. maja 1999. godine poginulo je sedam vojnika i tri pacijenta.

Kraljevčani su, uz parastos borcima poginulim u ratovima od 1991. do 1999. godine, na Spomen-obeležju u centru Kraljeva, obeležili šesnaestu godišnjicu NATO bombardovanja Srbije. Članovi porodica, prijatelji, predstavnici Grada Kraljeva, Vojske Srbije, policije i boračkih udruženja, položili su vence kraj spomen ploče sa 86 imena poginulih Kraljevčana, od kojih 77 na Kosovu i Metohiji. Godišnjica NATO agresije obeležava se i u kasarni “Jovan Kursula” polaganjem venaca na spomen-obeležje herojima 252. oklopne brigade, kao i u kasarni u Ribnici gde se u spomen-sobi Druge brigade Kopnene vojske čuva sećanje na poginule pripadnike Vojske Srbije. Tokom NATO bombardovanja Kraljevo je na meti vazdušnih napada bilo čak 54 dana u kojima je teže ili lakše povređeno 37 civila, a uništeno je ili oštećeno 1.750 vojnih i civilnih objekata.

Pomen žrtvama na Kosovu i Metohiji

Parastosom žrtvama, koji je služen u hramu Sv. Dimitrija u Kosovskoj Mitrovici jutros je počelo obeležavanje godišnjice NATO bombardovanja. Parastosu su, pored građana, prisustvovali predstavnici Kancelarije za KiM, predstavnici opština sa severa Kosmeta i načelnik kosovskomitrovickog Okruga Vaso Jelić. Nakon parastosa položeni su venci i cveće na spomenik "Istina" koji se nalazi kod glavnog ibarskog mosta u Kosovskoj Mitrovici. U Kosovskoj Mitrovici jeza podne najavljena protestna šetnja od glavnog ibarskog mosta do nekadašnje zgrade SUP-a koju je u bombardovanju 1999. godine uništena, a na čijem mestu se danas nalazi zgrada Filozofskog fakulteta.

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Napad na Srbiju, odnosno SRJ, izvršen je bez odobrenja Saveta bezbednosti UN, što je bio presedan. Naredbu je tadašnjem komandantu savezničkih snaga, američkom generalu Vesliju Klarku, izdao generalni sekretar NATO Havijer Solana.Jugoslavija je napadnuta kao navodni krivac za humanitarnu katastrofu na Kosovu i Metohiji (neposredni povod bili su događaji u Račku) i neuspeh pregovora o budućem statusu pokrajine koji su vođeni u Rambujeu i Parizu. Nakon što je Skupština Srbije potvrdila da ne prihvata odluku o stranim trupama na svojoj teritoriji i predložila da snage Ujedinjenih nacija nadgledaju mirovno rešenje sukoba na Kosovu, NATO je 24. marta 1999. u 19.45 časova započeo vazdušne udare krstarećim raketama i avijacijom, na više mesta u Srbiji i Crnoj Gori.Prema proceni Vlade Srbije u bombardovanju je poginulo najmanje 2.500 ljudi (prema pojedinim izvorima ukupan broj poginulih bio je gotovo 4.000), a ranjeno je i povređeno više od 12.500 osoba.Nedavno objavljeni zvanični podaci Ministarstva odbrane Srbije govore o 1.008 ubijenih vojnika i policajaca. Ukupna materijalna šteta procenjena je tada na 100 milijardi dolara. Bombardovanje koje je trajalo 78 dana okončano je potpisivanjem Vojno-tehničkog sporazuma u Kumanovu 9. juna 1999, da bi tri dana potom počelo povlačenje snaga SRJ sa Kosova i Metohije. Tog dana Savet bezbednosti UN usvojio je Rezoluciju 1244, a u pokrajinu je upućeno 37.200 vojnika Kfora iz 36 zemalja, sa zadatkom da čuvaju mir, bezbednost i obezbede povratak izbeglih dok se ne definiše širok autonomni status južne srpske pokrajine.

(Izvor: Međunarodni radio Srbija)


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Oggi ricorre il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO contro la Serbia 

24. 03. 2015. 

Con una serie di cerimonie commemorative in Serbia è stato celebrato il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO. L’aggressione della NATO contro la Federazione jugoslava è iniziata il 24 marzo del 1999 ed è durarta fino al 19 giugno. I bombardamenti sono cominciati senza permesso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sono stati violati i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e dei documenti internazionali. Durante i 78 giorni dei bombardamenti sono state uccise 2.500 persone e sono state ferite 12.500, includendo 2.700 bambini. Secondo alcune stime i danni materiali hanno superato 100 miliardi di dollari. Per la prima volta nella storia moderna la decisione sull’aggressione è stata presa senza consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La Serbia è stata attaccata con il pretesto di aver causato il fallimento delle trattative sullo status della sua regione meridionale Kosovo che sono state condotte a Rambouillet e a Parigi. Nei bombardamenti della NATO sono stati distrutti e danneggiati 25.000 edifici, 470 chilometri di strade, 595 chilometri di vie ferroviarie, 14 aeroporti, 40 ospedali, 18 asili nido, 69 scuole, 176 monumenti culturali e 44 ponti. Nel corso dell’aggressione sono stati effettuati 2.300 attacchi aerei, nei quali 1.150 velivoli hanno lanciato 420.000 proiettili e 22.000 tonnellate di esplosivo.

Mladenovic ha deposto fiori sotto il monumento „Perché?“

24. 03. 2015. 

Il vice sindaco di Belgrado Andrej Mladenovic ha deposto i fiori ed ha acceso la candela sotto il monumento dedicato a 16 impiegati della Radio Televisione Serbia che sono stati uccisi nei bombardameenti della NATO nel 1999. Sul monumento che si trova nel parco Tasmajdan in pieno centro a Belgrado scrive „Perché?“. Mladenovic ha detto che sedici anni dopo l’aggressione della NATO le ferite non si sono rimarginate e che non deve essere dimenticato mai quello che succedeva nell’anno 1999. Il bombardamento dell’edificio della Radio Televisione Serbia e l’uccisione di 16 impiegati è un delitto storico che sarà ricordato, perchè è il simbolo del modo in cui la NATO ha attaccato la Serbia, ha detto Mladenovic. Mladenovic e il membro dell’assemblea comunale Radenko Durkovic hanno deposto la ghirlanda sulla tomba di Milica Ralic, la quale aveva soltanto tre anni quando è stata uccisa nei bombardamenti della NATO.
Miscevic e Milenkovic seguono ultima fase dello screening a Bruxelles


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ОЦЕНЕ И ЗАКЉУЧЦИ ОКРУГЛОГ СТОЛА „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ – НЕ У НАТО“

Београд, Сава центар, 23. март 2015.

Агресија НАТО против Србије (СРЈ) 1999. представља злочин против мира и човечности за који починиоци нису одговарали.

Био је то почетк примене стратегије глобалог интервенционизма НАТО најгрубљим кршењем основних принципа међународног права и улоге Уједињених нација, односно, Савета безбедности. У најважнијој области мира и безбедности НАТО је узурпирао улогу УН.

НАТО је демонстрирао нови принцип: тамо где право спречава остваривање његових освајачких циљева, треба га уклонити.

Учесници и сви присутни на Округлом столу једнодушно су оценили да НАТО као агресивни империјалистички савез нигде на свету није био део решења већ фактор освајања, изазивања подела и сукоба, цепања држава, «контролисаног» хаоса (Авганистн, Ирак, Сирија, Јемен, Либија.

Изражено је одлучно противљење увођењу Србије у војни систем НАТО пакта путем прихватања „Индивидуалног акционог плана партнерства“ оцењујући тај докуменат као најозбиљнији ударац суверенитету, слободи и достојанству нације, као напуштање статуса војне неутралности и предају судбине земље у руке НАТО.

Уређујући не само војна питања већ и све области привредног, културног, информативног и друштвеног живота уопште, ИПАП је израз милитаристичког, ауторитарног и империјалистичког концепта НАТО. Званична образложења којима се жели умирити и обманути јавностсу оцењена као крајње неодговорна, потцењујућа и недостојна. Учесници су констатовали да се ИПАП-ом захтева окончање процеса приватизације, оцењујући да такав захтев разоткрива праву природу НАТО као полуге мултинационалног корпоративног капитала чији је циљ да успостави потпуну контролу над економским, природним и људским ресурсима у.

Упућен једнодушни позив надлежним властима да обуставе постпак припрема за продају Телекома, ЕПС-а, ПКБ-а, Дунав осигурања, рудника, пољопривредног земљишта, вода и других националних богатстава. Снажан јавни сектор у свакој озбиљној држави представља један од основа демократије, самосталности земље и бриге за будућност. Постављено је питање - шта остаје од слободе и демократије уколико се сви економски, финансијски и природни ресурси предају у руке мултинационалним корпорацијама земаља? Чиме ће Србија управљати?

Агресија НАТО 1999. и успостављање америчке војне базе „Бондстил“ на Косову и Метохији представљали су први корак у практичној примени освајачке стратегије НАТО на Истоку, изласка на грнице Русије и забијање клина у односима Европа - Русија. Грађански рат у Украјини је последица НАТО стратегије ширења на Исток.

НАТО и лидери неких земаља чланица, јавно су признали да је агресија 1999. извршена кршшењем међународног права и улоге Савета безбедности УН. НАТО и његове чланице су у обавези да надокнаде ратну штету Србији (СРЈ) у износу од преко 100 милијарди америчких долара.

Председник Србије Томислав Николић је је у говору одржаном прошле године у Ужицу поводом Дана државности изнео захтев за накнаду ратне штетеизазване агресијом НАТО. То предпоставља да Влада Србије предузме одговарајуће конкретне кораке да се иницијатива Председника Републике јавно изнета у име нације, званично представни НАТО-у и њеним чланицама и да се покрену преговори о томе.

Упућен је позив надлежним властима да покрену активности на утврђивању тачног броја и имена цивилних жртава агресије НАТО.

Упућен је позив надлежним властима да, у сарадњи са стручним и научним институцијама, утврде последица употребе оружја са осиромашеним уранијумом и предузму одговарајуће мере како би се отклонила велика забринутост због масовног обољевања од рака и деформитета код новорођенчади, посебно на Косову и Метохији, и здравље грађана заштитило од даљих трагичних последица

Резолуција СБ УН 1244 и Устав Србије представљају трајну основу за мирно и праведно политичко решење проблема статуса Покрајине Косово и Медтохије. Нико нема права да те основе потцењује, крши, или замењује. Правом Србије према Косову и Метохији као интегралним делом српске државне територије нико не сме трговати ни за какве краткорочне интересе јер то представља угрожавање Србије као државе.

Позивају се државне институције Србије да неодложно захтевају извршавање свих обавеза према Србији које су утврђене резолуцијом СБ УН 1244, а посебно:

А) слободан и безбедан повратак 250.000 Срба и других неалбанаца на Косово и Метохију, у најкраћем року
Б) повратак одређених контигената војске и полиције Србије на Косово и Метохију
Ц) Економску обнову и реконструкцију Србије, како је утврђено резолуцијом СБ УН 1244
Окончање деконтаминација подручја на којима је НАТО користио оружја са осиромашеним уранијумом, о трошку чланица НАТО 
Деактивирање заосталих неексплодираних средстава НАТО – авионских бомби, касетних бомби и других убојних средставас, о трошку чланица НАТО.

Затражена је обнова и завршетак споменика жртвама агресије НАТО „Вечна ватра“, у парку пријатељства, Ушће, Нови Београд.

Учесници и присутни Округлом столу упућују апел надлежним институцијама да се средствима републичког буџета не финансира нико ко делује супротно националним и државним интересима, посебно они који се залажу за признавање независности насилно одузете Покрајине Косово и Метохија, или за напуштање политике војне неутралности земље.

Београд, 23. март 2015.


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Обележавање 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ)

уторак, 24 март 2015

Обележавајући 16 годишњицу агресије НАТО против Србије (СРЈ), Београдски форум, Клуб генерала и адмирала, СУБНОР и друге нестраначке, независне организације, положиле су венце и цвеће код Споменика Деци жртвама агресије НАТО у парку Ташмајдан, Београд и код Споменика „Вечна ватра“, Парк пријатељства, Нови Београд.

Код споменика Деци жртвама НАТО бомбардовања, први су цвеће положили родитељи и чланови породице Драгане Димић, девојчице која је погинула на Косову и Метохији, затим представници организатора, Српског националног вијећа из Црне Горе, студентске омладине Београда, млади из Подгорице, Бања Луке и Косовске Митровице, затим Александар Чепурин - амбасадор Русије, Владимир Чушев - амбасадор Белорусије, Адела Мајра Руиз Гарсија - амбасадорка Кубе, Диа Надер де ел Андари - отправница послова амбасаде Венецуеле, дипломатски представници других земаља и велики број грађана.

Потом су представници истих организација положили венце и цвеће код споменика свим жртвама агресије НАТО пакта у Парку пријатељства, где је церемонија почела тачно у 12 сати.

Ове активности пратио је велики број грађана међу којима је запажено учешће омладине, као и велики број домаћих и страних медија.

Представници медија су показали посебно интересовање за оцене карактера документа „Индивидуални акциони план партнерства Србије са НАТОм“ и да ли потписивање тог документа значи напуштање политике војне неутралности Србије коју је утврдила Народна скупштина.

Београд, 24.3.2015.
Информативни сектор Београдског форума
Невена Таушан Ергић, портпарол


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Сећање
Објављено под Актуелно |  24. март 2015.

ВЕЧНИ ПЛАМЕН НИКО НЕ УТУЛИ

Широм Србије одржавају се комеморативни скупови посвећени срамним данима из 1999. године кад су најмоћније државе света почеле немилосрдно уништавање ракетама нашу земљу и народ.
У Београду, на ушћу Саве у Дунав у Парку пријатељства, код обелиска на чијем је врху горела буктиња коју нико и никад не може да утули за успомену на страдалнике, положени су венци и цвеће многобројних патриотских организација.
Венац жртвама НАТО бомардовања положили су у име СУБНОР-а Србије чланови Председништва Драгомир Вучићевић и Ратко Слијепчевић.
У центру Београда, у парку на Ташмајдану, од 2000. године налази се споменик настрадалој деци у ракетирању злочинаца из натовског војног савеза.
У име Владе Србије венац је положио министар Александар Вулин. Поштовање  жртвама исказао је и СУБНОР Србије, цвеће су положили Јелисавета Миловановић и Милош Богићевић.
На споменик изгинулој деци цвеће су донели и многобројни средњошколци и студенти Београдског универзитета, као и Клуб генерала и адмирала Србије, Београдски форум за свет равноправних и друге респектабилне организације. Посебно и амбасадор Руске Федерације у Србији Александар Чепурин и амбасадор Белорусије Владимир Чушев.


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Србија
Објављено под Актуелно |  25. март 2015.

НАШ  НАРОД  НИКО  НЕ  МОЖЕ  ДА  ПОКОРИ

Ми смо мала земља, али чврста и поносна, у којој живи народ који је немогуће покорити!
Овим речима се, у уторак вече, обратио Србији председник Владе Александар Вучић.
Повод је шеснаестогодишњица мучког напада удружених најјачих и најбогатијих држава света, предвођених САД и НАТО алијансом, у необјављеном рату ракетама у суманутих 78 дана без повода и одобрења Савета безбедности ОУН.

НЕ ТРАЖИТЕ ДА ЗАБОРАВИМО

Комеморативно окупљање је почело урликом сирена у 19,58 часова, испред остатака Генералштаба у Београду, сведока монструозног напада без објаве на крају цивилизованог 20.столећа, али и поузданог доказа врхунског патриотизма и херојског отпора сваког припадника војске која ни по цену живота није, заједно са милицијом и целокупним становништвом, одступала ни за педаљ пред вишеструко бројнијим и технолошки опремљенијим непријатељем.
У бомбардовању ракетама са удаљених крстарица и из недокучиве висине, бојовници НАТО, користећи и забрањено касетно норужање и погубни осиромашени уранијум, однели су до 3.500 недужних живота и ранили више од 12,5 хиљада људи.
У исто време уништили готово читаву инфраструктуру и за дужи период, који се протеже до данашњих дана, онеспособили безброј школа, обданишта, болница, тв станица, репетитора, мостова, сеоских и градских домаћинстава.
Злочиначки нагон правдали су безочним причама о колатералној штети. од које је, на жалост и срамоту, страдало и неколико десетина деце у разним крајевима Србије.
Од ракете је у Батајници, у родној кући, убијена малецна Милица Ракић, која би сада имала 19 година…Слична коб задесила је и децу у Трстенику, Алексинцу и низу других места.
Премијер Александар Вучић поручио је свету из Београда:
”Ми не вичемо, нећемо ни политички да се делимо, сећамо се жртава достојанствено. Само не тражите од нас да заборавимо!
Нећемо сукобе ни са ким, ни са НАТО, али љубоморно чувамо своју војну неутралност.
У Европу хоћемо поносна и чистог образа, али не може нико да нам руши добре односе са Русијом и другим пријатељима на истоку”.

БРАНИЛИ СМО ПРАВО И ПРАВДУ

На комеморативној церемонији у Београду, одржаној симболично испред монументалног архитектонског здања срушеног Генералштаба, изведен је пригодан програм и завршен песмом ”Ово је Србија” у извођењу дечјег хора.
На широком простору уоквиреним булеварима Кнеза Милоша и Немањина окупило се више хиљада људи који су достајанствено и палећи свеће одавали пошту жртвама несхватљиве натовске агресије током 1999.године.
Комеморацији су присуствовали сви министри у Влади Републике Србије, генерали предвођени Љубишом Диковићем, народни посланици, представници Народне скупштине, изасланици Председника Републике.
Посебно је запажено присуство председника Републике Српске Милорада Додика. Били су и амбасадори и војни засланици многих пријатељских држава акредитованих у Србији. Затим представници верских заједница и цивилног друштва. У име СУБНОР-а Србије на комеморацији био је вд председник Душан Чукић.
Иначе, широм Србије су, организовано или спонтано, одржани скупови посвећени првом дану бомбардовања у натовској агресији.
Тако је у Алексинцу, једном од српских градова који је много настрадао, говорио Председник Републике Томислав Николић:
”Бранећи своју територијалну целовитост, бранили смо међународни принцип целовитости сваке суверене земље на свету, бранили смо право и правду, међународне законе, Повељу ОУН, институције пред којим би требало да смо сви једнаки”.
И организације СУБНОР-а активно су, као и увек, били део свенародног сећања и одавања почасти жртвама терористичког напада НАТО на нашу земљу пре 16 година. И скренули пажњу међународној заједници, посебно и преко пријатељских ветеранских организација, на ратне страхоте баш сада у периоду кад антихитлеровска коалиција, којој су припадали наши народи кроз партизанске одреде и народноослободилачку војску, обележава и седму деценију победе над фашизмом у Другом светском рату.





[ Sulla aggressione dei paesi della NATO contro la R.F. di Jugoslavia iniziata il 24 marzo 1999, in appoggio al terrorismo stragista dell'IUCK pan-albanese ed allo scopo di squartare ulteriormente i Balcani, si veda la documentazione raccolta alle nostre pagine: https://www.cnj.it/24MARZO99/ ]


Београд
Објављено под Актуелно |  23. март 2015.

ВОЈНИ ПАКТОВИ СУ ПРОТИВ МИРА

Никад и нигде ни један војни пакт није био слободарски, сви су окренути против мира. Нема народа који може у таквим савезима да гради будућност.

Ово је једна од констатација са импозантног стваралачког скупа у Центру „Сава“ у Београду, одржаног поводом мучке агресије на нашу земљу током 1999.године.

Организатори су били Београдски форум за свет равноправних, Клуб генерала и адмирала Србије и СУБНОР Србије. Скупу су присуствовали многи јавни и културни радници, академици, историчари, генерали и други виши официри наше војске која се успешно супротставила нападима из ваздуха земаља учлањених у НАТО, затим представници разних организација из Србије и Црне Горе и Репулике Српске. У току округлог стола „Да се не заборави – не у НАТО“ учесницима се обратио народни херој из Русије Алексеј Чагин, а у раду скупа су учествовали и амбасадор Белорусије у нашој држави Владимир Чушев и представници амбасаде Руске Федерације.

Учесници скупа су једнодушно осудили скандалозни напад најмоћних западних држава света на Србију на крају двадесетог столећа и подсетили да је у бомбардовању погинуло 3.500 људи, а међу њима и 78 деце. Тај натовски немилосрдни „милосрдни анђео“ нанео је и ненадокнадиву штету српској привреди, уништена је готово читава инфраструктура, порушени су мостови, путеви, у рушевине претворене школе, болнице, дечије јаслице. Због тога су,  учесници великог скупа у Београду затражили да власти у Србији приморају ако треба и судским путем, агресорске земље да надокнаде ратну штету. А у исто време да се  обнове оптужнице против лидера 19 држава и да најзад са својим сарадницима  добију заслужену казну за недело причињено једном народу.

Председник Београдског форума Живадин Јовановић је у фоајеу Центра „Сава“ отворио изложбу о 15.годишњем раду те већ реномиране организације код нас и у свету. А део је посвећен и споразуму о прекиду непријатељстава у Босни и Херцеговини који је склопљен пре две деценије у Дејтону и Србија постала гарант очувања Републике Српске. Низом фотографија и докумената обележена је 16.годишњица Резолуције Савета безбедности ОУН која под бројем 1244 представља непорециву тапију Србије на своје историјско Косово и Метохију.

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24. МАРТ 1999. - ДАН, КОЈИ ЦИВИЛИЗОВАНИ СВЕТ НЕ СМЕ ДА ЗАБОРАВИ

Проф. Др. Рајко Долочек, ДрСц.
Острава, Чешка, 20.3.2015.

То је 24.март 1999, када је НАТО, на основу измишљотина својих вођа и њихових дезинформација о догађајима на Косову, постало злочиначком, варварском организацијом. Како другачије назвати неиспровоцирану, крваву агресију против ондашње „мале Југославије“, која је значила 78 дана и ноћи бомбардовања, разарања и убијања, највише у Србији и у њеној провинцији Косову и Метохији, Космету. Све то без препоруке или дозволе Савета безбедности ОУН, Последица тога је било и истеривање преко 200 000 Срба, Рома, просрпских Албанаца, пљачка њихове, државне и црквене имовине, убиства и стравична трговина са људским органима, у режији терориста УЦК.

У то време су авијатичари те „добре, племените Европске уније, ЕУ “, то значи Данске, Холандије, Италије, Француске, Енглеске, итд., из НАТО i САД, без сажаљења уништавали и убијали и као „колатералну штету“ убили 2 768 цивила, одраслих и деце, 1 031 војника, повредили 11 000 људи. Та оргија разарања је и према западним изворима значила преко 50 милијарди штете. Колико је уништено и тешко оштећено мостова, електрана, школа, фабрика „за цивилну потребу“, здравствених установа (преко 80), хемијских предузећа, предузећа нафтне индустрије, са стравичним еколошким последицама. Колико је само градова страдало, са стотинама порушених зграда, разних инсталација. Овде се треба сетити, да је то већ трећи пут током сто година, како Немачка војска уништава и убија по Србији.

Ти „колатерални губици“ су више пута значили и покоље Албанаца, када су НАТО „јунаци-авијатичари“ из безбедне висине од 5 километара на пример „омашком“ напали албанску цивилну колону између Дечана и Ђаковице 14.априла 1999 и забрањеним казетним бомбана масакрирали 75 албанских цивила. Дан после тога је велики дезинформатор Клинтон изјавио у Сан Франциску:-„Ми смо на Косову, јер се трудиму да спасавамо људске животе...“ Ту се треба сетити и несхватљивог злочина употребе у Србији (али и у Босни) осиромашеног уранијума, чије стравичне последице се већ у велико јављају (пораст леукемија, неких врста рака, малформације новорођенчади).

Овде треба поименце споменути неке од главних криваца тога убијања и уништаваља, осим већ споменутог председника Клинтона. То је била гђа Олбрајт, коју је неко доцније духовито назвао „балканским касапином“, па онда и Хилари Клинтон, која је тако интензивно терала свога мужа, да бомбардује ту земљу (доцније се много залагала и за бомбардовање Либије – тешко свету, ако би постзала председником САД). Треба споменути и срамоту Енглеске Тони Блера, који је Србију у црно завио а сада је тобоже „помаже“ (тешко њој од такве помоћи !). Па онда Хавијер Солана секретар НАТО, Робин Кук, онај гадни Јошка Фишер, министар Геншер, итд. итд.

О томе времену је написао носилац Нобелове награде за литературу (2005) Харолд Пинтер свој чланак „Харолд Пинтер о бандитима и убицама“ (Der Standard, 20.маја 1999). Годину дана после тога се отрезнио новинар William Pfaff (International Herаld Tribune) и написао чланак 11.маја 2000 „После НАТО лажи је дошло време да се очистимо“.О мислима бившег председника владе Аустралије М.Фрејзера је М.Мадиган написао у часопису Herald Sun (9.марта 2000):“Бивши премијер М.Фрејзер је означио НАТО као организацију лажова, упоредио је НАТО у Југославији са шпанском инквизицијом и крсташима, који су поубијали милионе људи у име хришћанства“.

Бивш амерички главнио прокуратор (attorney general Ramsey Clark) је организовао у Њујорку 10.јуна 2000 Ратни трибунал о злочинима САД/ЕУ против Југославије, Срба. У оптужби окривљује председника САД Клинтона, НАТО и остале, ради међународних злочина и повреде међународних и домаћих закона...

Одбор за обуставу рата против Југославије, речима професора правног факултета у Торонту Michaela Mandela, је говорио 12.априла 1999 о четири злочина организације НАТО:

1.)злочин против човечности -уништавајућа кукавичка бомбардовања
2.)злочин против међународног права и повеље ОУН,
3.)злочин против историје (деградација појма геноцид, да се оправда агресија.-„Као Јевреј ја ово схватам понаособ интензивно. Како може неко уопоште озбиљно да упоређује Србе са нацистима;“),
4.)злочин против истине („Ја овде говорим о вама, медијима, који објављујете сваку од самога НАТО спремљену измишљотину као истину, да би створили сагласност са агресијом).

Лажи, које су медији мејнстрима и владе објављивали, тицале су се, осим осталога, и броја мртвих косовских Албанаца, наводно поубијаних од Срба. Влада САД је имала и свога „путујућег амбасадора“ (ambassador at large) за ратне злочине“ Davida Scheffera, који је током најжешћих бомбардовања Србије у мају 1999 изјавио, да је број несталих, вероватно мртвих Албанаца 100 до 225 000. Министар војни САД W.Cohen је за CBS проценио (16.маја 1999) број несталих и вероватно мртвих Албанаца на 100 хиљада. Ни председник Клинтон није био ситничар. На конференцији штампе је 25.јуна изјавио, да широм Косова леже десетине хиљада мртвицх Албанаца. Подаци ОУН су испочетка говорили о 44 000 мртвих, па су број смањили на 22 000, па после на 11 000 и још мање. Како је то све страшно !. Кад би тих мртвих било и само 10, и то је језиво, али правити тако од људских трагедија (били то Албанци, или Срби, или Роми, Горанци, све једно) прљаву пропаганду, то је стварно одвратно. Тачку за овим гадним подацима је направила америчка новинарка М.Farley (Los Angeles Times, 11.новембра 1999) чланком „На Косову је до сада откопано 2 108 лешева“. Тај број баш није одговарао бројевима из пропаганде. А међу тима откопанима су били не само Албанци, него и Срби, Роми. Познати амерички новинар Alex Cockburn je у то време написао провокативан чланак „Где су подаци о геноциду Албанаца?“ (Los Angeles Times, 29.октобра 1999). Да ли је та банда пропагандиста барем мало поцрвенела?

Као „бисер“ изјава тих лажова треба цитирати језиви извештај западних медија из времена дивљег бомбардовања Србије, Космета, који је објавио и НАТО. Очити албански сведок је видео убиство 700 Албанаца, чији лешеви су онда побацани у окна рудника Трепче...Када се рат свршио и кад су НАТО јединице окупирале Космет и када је УЦК почело са убиствима Срба, Рома и про српских Албанаца, порт парол Трибунала у Хагу Kelly Moore је изјавила (12.октобра 1999), да у окнима рудника Трепче нису нађени никакви лешеви, нити њихови остаци !!! Тако да је крајем године (31.децембра 1999) познати Wall Street Journal објавио чланак D.Pearla и D.Blocka „Рат на Косову је био свиреп, огорчен и дивљи; Геноцид то није био. Други наслов је био „Приче о масовним свирепостима су постајале и прелазило се преко њих са недовољним доказима – У окнима рудника није било лешева...“ Бандама лажова и пропагандиста је то било очивидно све једно.

Лажовима медија а нажалост и понеких влада Запада су спремили непријатно изненађење и шпански лекари, судије и форензни стручњаци, који су требали да изврше обдукције наводно масовно поубијаних Албанаца у околини града Исток. Члан тога тима Пабло Ордаз је написао 23.септембра 1999 у часопису El Pais: Злочини Рата – Да, Геноцид – Не. Говорили су нам, да одлазимо у најгору зону Косова, да се морамо спремити за више од 2 000 обдукција до краја новембра...Нашли смо за обдукције само 187 
лешева. И тако смо већ кући (крај септембра). Тада још каже Juan Lopez Palafox: „187 нађених и прегледаних лешева је било сахрањено у индивидуалним гробовима, вечином окренутих према Меки, ка истоку (као муслимани)...На телима није било знакова мучења...“ Судски стручњак Emilio Perez Pujol је допунио: „Нису то били масовни гробови...Срби 
вечином нису тако лоши, као што су их приказивали...“

Министарство иностраних послова „мале Југославије“ (Србија+Црна Гора) је издало неколико књига са називом „НАТО злочини у Југославији“ (NATO Crimes in Yugoslavia). Имам две од њих са укупно 1 000 страница, са дословце стотинама слика уништавања и убистава, извршених у име тих „племенитих, добрих“ Европске уније, НАТО и САД, после интензивне психолошке масаже мозгова света њиховом пропагандом о грозотама на Косову, које је наводно извршила српска полиција и војска. Обе стране су свакако извршиле пуно зла, неправди, али ко је то отпочео, ко је почео да убија југословенске или српске полицајце, чиновнике, да малтретира српско становништво Космета? Свакако би било добро, да се народ у Чешкој упозна са истином о „детонатору“ рата на Космету, о наводном убиству „цивила“ у Рачаку 15-16.јануара 1999, које је тако успешно распирио и инсценирао шеф мисије ОБСЕ, амерички дипломат William Walker, познат својом делатношћу у Салвадору осамдесетих година, када су тамо вршљале ултра десне „ескадре смрти“. Зашто није одмах дозволио да изврши увид на лицу места у Рачаку гђи Маринковић, судији из Приштине, иако је то захтевала? Српски медији су после тога назвали господина Walkera „амбасадором лажи“. Скоро нико није споменуио два француска новинара, који су били баш 15.јануара 1999 у Рачаку (R.Girard и C.Chatelot из Le Figaro и Le Monde) и ништа од тога, шта је тврдила пропаганда нису тамо видели!

Сада се човек не може лишити осећања непријатности и скоро преваре, коју је извршио у мају 2008 тадашњи чешки министтар иностраних послова госп.Шварценберг, када је БЕЗ сагласности парламента, против воље председника републике г.Вацлава Клауса, признао међу првима Косово као независну државу. Председник Клаус се чак извинио амбасадору Србије..

Као предсседник Чешке фондације пријатеља Срба и Црногораца сам посетио више градова оштечених НАТО бомбама. Невелики град СУРДУЛИЦА, око 70 км јужно од Ниша, без стратешког значаја, је доживео два велика напада 27.априла и 31.маја, са стотинама оштећених или уништених клућа, са много мртвих. Зар то није СРПСКА ГЕРНИКА? Био сам и у порушеном Алексинцу, посетио у Београду болницу „Драгиша Мишовић“, у којој је лејзером вођена ракета уништила оделење интензивне неге. У центру Београда сам видео оштећену Радио Телевизију Србије, у којој су НАТО бомбе убиле у ноћи 12-13 априла 1999 ЦЕЛУ НОЋНУ СМЕНУ од 16 људи. Ово варварско дело НАТО агресора је осудила и Аmnesty International 6.juna 2000 као ратни злочин.

Посетио сам одмаах после краја рата и од НАТО бомбардера оштећени Ниш, укључујући и много уништених кола на паркингу Факултетске болнице. На ручку сам био код ректора нишког универзитета. Имао сам пријатно друштво, ручао сам са командантом 3.армије, генералом Небојшом Павковићем (у својој последњој књизи „Инвентура у 89 година – У сенци Балкана“ је лепа слика са генералом и једним мојим пријатељем са тог ручка). Сећам се генералових речи:-„Да моји војници нису знали, како им НАТО аваиони уништавају земљу и убијајау људе, цео дан би се смејали, како најсофицстициранија авијација света уништава по цео дан наше дрвене атрапе тенкова, атриљерије, мостова“.

Сви ти тужни догађаји око Косова и Метохије ме стално потсећају на мало прихватљиве, лицемерне речи нашега бившега председника Вацлава Хавела:-„Сматрам, да у НАТО интервенцији на Косову постоји стварност, коју нико не може да опорекне: напади, бомбе, нису били изазвани материјалним интересима. Њихов характер је био искључиво хуманитаран“. (Le Monde, 29.априла 1999).

Непријатељи мира и ВАРВАРИ су учинили све шта су могли, да у области Косова и Метохије утврде, појачају непријатељства међу народима тамо. Нико није говорио и о добрим данима тамошње сарадње међу етничким групама. И била је сасвим (намерно) заборављеана ствар, коју сам сазнао 1998 године на министарству народног здравља у Београду. Мислим, да је министар била онда Др. Милићевић (да ли се тако звала ??). Рекла ми је, да је упркос убистава од стране УЦК терориста и повремених борби између њих и полиције, дошло током 1998.године, тако рећи између куршума, до вакцинације све деце са Косова и Метохије, њих око 100 000, против дечје парализе (полиомиелитиса), која је изазвала епидемије током последње две година у Албанији. Вакцинацију је организовало Министарство народног здравља Србије и Светска организација здравља WHO. Са тиме су се на крају сагласили и тамошњи косовско-албански представници. О тој великој ствари пуној хуманизма су у то време међународни медији практички сасвим ћутали. Штета.

Надајмо се, да ће о догађајима на Косову и Метохији на крају крајева ипак победити истина и здрав разум, да ће се остварити лозинка  нашег великог председника Масарика, искреног пријатеља Срба ИСТИНА ЋЕ ПОБЕДИТИ ! Овде бих још допунио – Али уз какве страшне жртве...

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ЕВРОПА ЈЕ УМРЛА У ПРИШТИНИ

уторак, 17 март 2015

Под овим насловом је у мају месецу 2014. године, у Паризу, објављена књига са другачијим и објективнијим погледима и оценама агресије НАТО против Србије (СР Југославије), од оних који су преовлађивали непосредно после агресије и који су носили печат снажне НАТО пропаганде о „хуманитарној интервенцији“. Аутор књиге је Жак Огарда (Jacques Hogard), пуковник француске војске, који је већи део своје војничке каријере провео у Легији странаца. На подручје Балкана је први пут дошао почетком јануара 1999. године, као шеф групе француских специјалаца, под британском командом. Циљ његовог доласка у почетку је био упознавање и праћење ситуације у региону, посебно на Косову и Метохији.

Вршећи своју мисију, Огард је био сведок страдања српског народа на Косову и Метохији за време 78-дневне агресије НАТО-а, масовног протеривања Срба и злочина тзв. Ослободилачке војске Косова (УЧК). Био је привремено стациониран у Куманову, у командном центру снага НАТО пакта, који је, на његово велико изненађење, већ био формиран и оперативан у објектима македонске војске. После краћег боравка напушта Куманово и враћа се у Париз, где ради на „различитим опцијама употребе специјалних снага (на Косову), а у функцији политичких сценарија који су били предвидљиви“. С обзиром да је почетком марта месеца интервенција НАТО-а била извесна, Огард се поново враћа на регион Балкана. Именован је за шефа француске међуармијске групе специјалних снага, под командом британског генерала Малкома Масона (Malcom Mason). Група је носила име "Граканико“ (Grakanico), по називу језера које је окруживало Манастир Грачаницу, на Косову и Метохији. У тој функцији поново стиже у Куманово, половином марта месеца 1999., са задатком да, „у случају потребе“, пружи неопходну помоћ припадницима Верификационе мисије на Косову (KVM), приликом њиховог повлачења.

Суочен са бруталном реалношћу на терену, аутор књиге је од почетка своје мисије растрзан између немилосрдних циљева НАТО пакта и Европске уније, с једне стране, и наклоности и поштовања која носи у себи према дугогодишњем француско-српском пријатељству, искованог у заједничкој борби два народа током два светска рата. Веома је дирљив разговор који о свему томе пуковник Огард води са својим оцем, непосредно пре поласка на Балкан. Пошто га је упознао са мисијом која му је поверена на Косову, под командом НАТО-а, његов отац, бригадни генерал у пензији, који болује од тешког облика рака, препоручује му да буде крајње обазрив у својим оценама. Потсећа сина на старо пријатељство између Француске и Србије и изражава лично неразумевање француске политике према Балкану, коју карактерише као тотално сврставање уз америчку политику и потчињеност НАТО-у, као полузи америчке стратегије. Потсетио га је на бројне историјске личности и догађаје око којих се ковало вековно француско-српско пријатељство. Наводи, између осталог, и то да је близак члан породице његовог оца, Жак Сегуин (Jacques Seguin), у чину потпуковника, погинуо у борбама са немачко-бугарским снагама у октобру 1916. године, у Битољу.

Неколико дана након доласка у Куманово, Огард сазнаје да је НАТО једнострано донео одлуку о повлачењу Косовске верификационе мисије, да би отпочео бомбардовање (агресију). Мисија је, по његовој оцени, била „војна рука атлантистичке ОЕБС“, која је била скуп агената свих западних специјалних служби и која није имала другу мисију осим да припреми рат који су желели НАТО, САД и Европска унија. Након повлачења Мисије 20. марта 1999., Британци, Американци и Немци су на Косову и Метохији задржали велики број својих „посматрача“, да би, наводно, пружили „помоћ“ албанским избеглицама. Аутор, међутим, оцењује да су ти кадрови касније служили као инструктори, па чак и као операциони руководиоци терористичке УЧК.

После потписивања Кумановског споразума, 9. марта 1999., Огард са својом јединицом долази прво у Гњилане, а потом у Косовску Митровицу. Од првих дана његове мисије, посебну пажњу поклања заштити српског и другог неалбанског становништва и њихових светиња на Косову и Метохији, од терора УЧК, који је свуда присутан. Као једну од многих илустрација хуманог ангажмана његове јединице, аутор наводи интервенцију предузету 17. јуна, у циљу заштите велике колоне прогнаних Срба, који су, са својим породицама, на око 200 трактора, бежали из Пећи према Митровици. Пошто је сазнао да су избеглице упале у заседу терористичке УЧК и да им прети уништење, Огард је послао хеликоптер у мисију извиђања. Када је видео да наоружани терористи УЧК чекају избеглице у заседи, наредио је посади хеликоптера да испали неколико рафала из митраљеза на позиције УЧК, као упозорење, са захтевом да се одмах повуку и да престану са нападима на ненаоружане цивиле. Неколико минута после тога, на његово велико изненађење, позвао га је путем радија британски генерал Масон (под чијом командом је била његова јединица), и захтевао да престане да пуца на приопаднике његових специјалних јединица (SAS). Огард тада схвата да су елементи терористичке УЧК, који су организовали заседу и напали колону српских избеглица, били, у ствари, у пратњи британских специјалних снага. Тај и други примери сведоче, по оцени аутора, о подлој улози и уској сарадњи британских снага, посебно специјалних јединица, са терористима УЧК, у кампањи етничког чишћења Срба након агресије НАТО-а и доласка КФОР-а на Косово и Метохију.

У току своје мисије на Косову и Метохији (отишао је у превремену пензију 2000. године), Огард је упознао прави карактер УЧК и био сведок бруталних терористичких метода њеног деловања против српског народа. Основана 1992. године у Дреници, УЧК је првих година, по оцени аутора, имала првенствено мафијашке, а мање политичке циљеве. Постаје политички активна тек почев од 1996. године (оружани напади на снаге реда и на Србе), од када добија новчану помоћ за куповину оружја и од када инструктори немачке обавештајне службе (BND), почињу да обучавају њене припаднике. Да би финансирала своју ратну активност, поред помоћи од стране САД и Немачке, УЧК од тада обавезује албанску дијаспору да плаћа таксу у висини од 3% на своје приходе. О УЧК јасно и недвосмислено говори као о криминалној, мафијашкој и терористичкој организацији, чије је припаднике, један други Француз, Бернард Кушнер (шеф УНМИК-а од јула 1999., до јануара 2001.), третирао као „херојске косовске припаднике отпора“. У књизи су, поред осталог, описани и немилосрдни методи са којима су се руководиоци и припадници УЧК, међу којима су, поред осталих, како наводи, Агим Чеку и Јакуп Краснићи, служили да би преотели кућу, стан, имање и другу имовину од Срба. Одаберу Србина-жртву, прислоне му пиштољ на слепоочницу и захтевају да се одрекне власништва над непокретном имовином, да би остао жив.

Аутор, поред осталог, потсећа на нечасну и гнусну трговину органимима стотина несталих и других српских затвореника, од стране УЧК, на коју је указала Карла Дел Понте, бивша тужитељица Хашког трибунала, као и да је тај злочин детаљно обрађен у Извештају швајцарског адвоката и посланика ПС СЕ Дика Мартија, децембра 2010. године. Он, такође, описује планирани антисрпски погром марта 2004. године, на целој територији Косова и Метохије, када су хиљаде Албанаца, уз подршку владајућих структура у Приштини, 17. и 18. марта, 2004., напали, палили, рушили српске куће, цркве и манастире, протерујући Србе и настављајући тако етничко чишћење на планиран и организован начин.

На основу сазнања које је стекао у току своје мисије, аутор оцењује да су сви злочини на Косову и Метохији, који се приписују Србима од почетка бомбардовања до доласка КФОР-а после агресије НАТО-а, у ствари, дело терористичке УЧК. Указује на велику небригу међународне заједнице према Србима и другим неалбанцима, посебно, о тешкој судбини Срба који су остали да живе у Покрајини. У први план истиче тешку судбину Срба у енклавама јужно од Ибра, који су, сваког момента, изложени опасностима, као што су: претње, тероризам, киднаповање, убиства, нестанак, протеривање, и сл. У том контексту, аутор наводи изјаву немачког генерала, Фолкера Халбауера (Folker Halbauer), бившег команданта КФОР-а, који је дословце рекао: „Постоји тајни план за решавање проблема Северног Косова“, тј. Срба који живе северно од Ибра. Из тога аутор закључује да „НАТО има план да до краја спроведе етничко чишћење Срба из Косовске Митовице (северни део), Зубиног Потока, Звечана и Лепосавића“.

У свом резимеу, аутор истиче да је акција НАТО-а против Србије (СРЈ) била чиста агресија, предузета уз сагласност земаља учесница, под руководством САД. Циљ преговора у Рамбујеу није био проналажење мирољубивог решења за Косово и Метохију. У очима Американаца и њихових европских вазала, циљ је био рат, уз планирани неуспех преговора, за који је унапред предвиђена одговорност српске стране. У том контексту, аутор потсећа на изјаву америчког председника Била Клинтона, у мају 1999. године, у којој је, оправдавајући акцију НАТО-а против Србије, говорио о „геноциду и убиству 100.000 Албанаца и више“. Непуних десет година касније, 2000. године, истиче аутор, НАТО је, међутим, објавио податке својих истраживања, из којих се јасно види да је у сукобима на Косову било укупно 4.000 мртвих, укључујући жртве на албанској и српској страни. (Британски новинар и публициста Џон Пилџер у свом чланку објављеном марта 2015. наводи да су амерички представници 1999. тврдили да су српске снага на Косову и Метохији ликвидирале преко 200.000 Албанаца, док је Хашки трибунал утврдио да је на Косову и Метохији погинуло укупно 2..... )

Подржавајући интересе САД, Европљани, по оцени аутора, нарочито Французи, иако традиционални пријатељ Срба, али обузети амнезијом, активно су учествовали, у насилном отимању „хришћанског и историјског дела франкофонске Србије“. Резултат тога је победа терористичке УЧК, „мафијашке, исламске и терористичке организације“, и успостављање контроле, „путем терора, етничког и културног чишћења, над делом хришћанске територије, која је од великог духовног и националног значаја за Србе“. 
Парафразирајући једну изјаву бившег француског министра и социјалистичког сенатора Жан-Пјер Шевенмана (Jeаn –Pierre Chevènement), аутор истиче да проглашење независности Косова и његово признавање од стране Француске и других држава, представља фаталан ударац на Европу и изградњу Европске заједнице. Он оцењује да неоснован, неправедан рат против Србије 1999. године, силом наметнута сецесија Косова и Метохије као дела Србије, трагична судбина неалбанског становништва и етничко чишћење Срба, спроведено под америчком заштитом, представљају не само срамоту за Европу, која се показала слабом пред америчком хегемонијом, већ симбол њене регресије, њеног опадања и програмираног нестанка. Европа је велики губитник због те трагичне епизоде, јер је она у томе истовремено изгубила свој легитимитет, своју кредибилност и привлачност. „Европ је, истиче Огард, у најмању руку – извесна Европа, умрла у Приштини у тужно лето 1999. године“.

О томе да је пуковник Жак Огард, својим пријатељским и брижним односом према српском народу на Косову и Метохији и његовим светињама, остао у изузетно лепој и трајној успомени Срба и представника Српске Православне Цркве, сведочи, поред осталог, и писмо игуманије Макарије, из Манастира Девић, које му је упутила 29. марта 2000. године. У писму монахиње Макарија стоји: „ Мој народ, моја земља, моја Црква и моје свештенство неће никада заборавити то што сте Ви учинили за Манастир Девић“. Том признању треба додати и Орден Светог Саве првог степена, који је Свети Синод Српске православне цркве доделио Жаку Огарду 2003. године, у знак захвалности за велику хуманост и војничку храброст, показану приликом ослобађања и чувања Манастира Девић.

Драгомир Вучићевић,
Амбасадор у пензији, 
председник Скупштине 
Београдског форума за свет равноправних


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КАКО САМ ОДЛОЖИО АГРЕСИЈУ 

Прилог књизи "Србија и НАТО"

Генерал Јован Милановић

Данас, и раније, говорило се о злочиначком подухвату који су српски политичари, официри, генерали итд., чинили према Албанцима, према не знам коме све, према међународној заједници, због чега имамо цео државни врх у Хагу, делом осуђен; делом чекају пресуде или су у неком статусу обновљеног поступка. Но, ја мислим да је пројекат"злочиначког подухвата" створен у НАТО. Није се десио на Косову, није се десио у Босни, на територији Републике Српске или тамо где је српски народ живео у времену последњих 15, 20 година. Заправо,смишљен је у Вашингтону, Лондону, Бону, а испланиран у Бриселу, у седишту НАТО. Леополд Троиси се зове улица у којој је седиште намонструозније организације која планира и реализује најгнусније операције за промену геополитичке мапе света.

Ја сам, можда, један од људи у Србији, један од официра или генерала, како хоћете, који је најдуже био у рату са НАТО-ом. Упућен сам на обавештајни задатак у Брисел одлуком Врховног савета одбране, почетком 1995. године, након једне процене на највишем државном нивоу, која је уследила после серије напада америчких и НАТО снага на положаје и насеља Републике Српске и Српске Крајине. Том проценом је закључено, да у догледном периоду предстоји, кад се стекну услови или кад они буду испровоцирани, да ће борбена дејства, односно,агресија бити пренета на Савезну Републику Југославију, односно, претежно на територију Србије. Наравно, та процена је била реална и донета је одлука да ја, са значајним дипломатским и обавештајним искуством, и још неким другим искуствима стеченим на значајним функцијама које сам обављао, под камуфлажном функцијом будем упућен у Брисел, са циљем вођења једне обавештајне операције која је трајала неколико година, у ствари, све до почетка агресије на СРЈ.

Мој задатак је био да направим обавештајну мрежу у структурама НАТО, ЕУ, Партнерства за мир и других институција у Бриселу које се баве геополитиком. Ја сам тај задатак извршио.

Од фебруара 1995. године, када сам стигао у Брисел, па до краја 1998. године, до почетка планиране агресије, обавештајна мрежа, коју сам створио, први пут сада кажем, бројала је више десетина људи највишег дипломатског ранга у НАТО-у и другим бриселским дипломатским мисијама. Биле су то дипломате, мени равни по дипломатском статусу, као министру-саветнику југословенске мисије при ЕУ. Дипломате, професионалци знају да је то, прва или друга личност по рангу, после амбасадора. У Брисел сам упућен као пуковник, у земљу сам се вратио као генерал-мајор.

Желим да се осврнем на једну оперативну акцију која је кулминирала доношењем, односно, добијањем планова за агресију НАТО. Ја сам 1998. године имао намеру да се сретнем са једним француским генералом који је био шеф њихове војне делегације и члан Војног комитета НАТО. Француска се у то време противила агресији НАТО-а. Ја сам пратећи ставове делегација и њихових представника држава чланица НАТО, преко мреже коју сам створио, имао све информације о свакодневним активностима НАТО-а, која су се односила на моју земљу. Француски генерал, шеф њихове војне делегације жестоко се противио изради планова за агресију и одбијао ангажовање Француске у том злочиначком подухвату. Наравно, по налогу француске владе. У намери да се са њим сретнем, стицајем околности, упознао сам се са његовим прво потчињеним, шефом кабинета у њиховој војној делегацији, мајором Пјер Анри Бинелом. Уместо са генералом на ручку, ручао сам са мајором. Пре функције у НАТО-у, био је у француском конигенту УМПРОФОР-а, у Босни. Ради се о веома способном, интелигентном официру. Завршио је престижну Сен – Сир војну академију, коју је завршио Шарл де Гол, краљ Петар I Карађорђевић и многе друге историјске личности. За ту академију врши се веома ригорозна селекција. Њему је била предодређена веома значајна каријера. Иначе, обавештајац по профилу, као што сам то био и ја. У историји обавештајних служби ретко је забележен, или није познат јавности сусрет два обавештајца са различитим обавештајним циљевима. Ипак, нашли смо тачку обостраног обавештајног интереса. Међутим,размишљајући, у једном тренутку, пошто сам ја пре тога био шеф кабинета начелника Генералштаба, а знајући шта шеф кабинета зна, ја сам се одлучио да га "држим на вези". Прве информације које сам имао од њега, ја сам их проверавао на две, три стране, а онда сам почео да му дајем неке задатке, и он је ушао у "обавештајну игру", веома искрено, свестан свих последица.

Почетком лета ‘98, НАТО је отпочео припреме за агресију на СР Југославију. Биле су оквирно, глобално конципиране снаге, а земље учеснице су пријавиле са којима ће снагама учествовати. Одлука о агресији је требала бити донета 12.-13. октобра 1998 године. Ја сам, до тада, више стотина информација доставио војно-државном руководству у којима су се налазили сви детаљи плана агресије.

Првог октобра сам позвао мајора Бинела у један ресторан са циљем да добијем изворни план агресије, и рекао сам му следеће: “Знам датум агресије, знам објекте, циљеве, знам фазе, знам снаге итд.” Погледао ме је и питао: “Шта не знаш?” Ја му кажем да знам све. “Па шта ти треба?” Кажем му да ми требају оригинални планови. А онда сам измислио једну причу која ми је случајно пала на памет и рекао сам: “Знаш шта”, мада смо онда већ били на ти, “кад неки Србин залута у Париз, тамо, и са неким треба да се нађе, он каже код Ајфелове куле, ту ће се негде срести. Е у Београду постоје Теразије. И кад треба неког из унутрашњости да сретнеш, онда кажеш срешћемо се на Теразијама па ћемо онда лако ”. Питао ме је шта то значи. Ја кажем, то је једно место које по нечем другом симболично. “По чему?” Ја кажем:"кад је неко државу преварио, онда га ту вешају". Погледао ме, и каже: “Па шта, неће вас да вешају?”“Хоће, уколико будем обмануо државу и не будем обезбедио планове за агресију”. Каже:"То је опасно". Кажем, јесте. Размишљао је, размишљао и рекао:"Ја то немам". Рекао сам му да верујем да као обавештајац знао је да је дубоко загазио у "издају НАТО" и да може да набави. Знао је да ја у једном тренутку могу да га искомпромитујем, да могу да га уценим, што никад не бих урадио, јер он се заиста понео пријатељски. Гледали смо се тако мало дуже, не трепћући, и он је у једном тренутку рекао: “Па у реду, имаћеш их”. Сутра вече је дошао у мој стан и донео је оно што сам од њега тражио. Планове је добио од официра из француске војне делегације, а потом их је донео код мене. Нас двојица смо их у току вечери изанализирали, а потом се разишли, размишљајући да ћемо те ноћи обојица,истовремено,бити ухапшени. Наравно, ја сам рачунао да ће њега ухватити чим буде изашао из мог стана, а мене кад будем изашао и кренуо са документима. Ја сам пропратио његов излазак преко завесе док је изашао напољ и прелазио улицу. Негде је тамо, у некој споредној улици, паркирао ауто. Нестао је. За мене је тада настао пакао. Шта сад

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(slovenscina / italiano)

Sol perché italiano

1) Boldrini e Delrio onorano il repubblichino: ”Per il sacrificio offerto alla Patria” (V. Varesi su La Repubblica, edizione di Bologna, 15 marzo 2015)
2) Chi è il colpevole per la medaglia al fascista? LETTERA APERTA / ODPRTO PISMO (Diecifebbraio.info)
3) NOTA DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA
4) Comunicato del Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma sul “caso Mori”
5) Lettera di C. Cernigoi a V. Varesi di Repubblica a proposito dell'onorificenza a Paride Mori
6) Se questo è il giorno del ricordo (Davide Conti su Il Manifesto, 16.3.2015)
7) Medaglia al repubblichino, il governo verso lo stop. Il figlio dell'ex ufficiale Rsi: "Mio padre era sicuramente un fascista, ma fascista non significa delinquente. Ha fatto il suo dovere... ha deciso... di continuare a combattere contro Tito, per la patria"


Sulla vicenda si veda anche:

Paride Mori, fascista di Salò. E la sinistra gli dedica una strada (16 luglio 2010)
http://parma.repubblica.it/cronaca/2010/07/16/news/paride_mori_fascista_di_sal_e_la_sinistra_gli_dedica_una_strada-5633360/

La Boldrini: "Non c'entro nulla con medaglia a Paride Mori" (15 marzo 2015)

Medaglia a un repubblichino, l'ira dell'Anpi e di Sel: ''Il governo la ritiri e si scusi'' (15 marzo 2015)

Sugli altri casi scandalosi di onorificenze come "infoibati" conferite "sol perché italiani" a criminali di guerra fascisti:


=== 1 ===

Boldrini e Delrio onorano il repubblichino: ”Per il sacrificio offerto alla Patria”


Conferito un riconoscimento al fascista Paride Mori, ex ufficiale del Battaglione “Benito Mussolini” che combattè anche al fianco dei nazisti

di VALERIO VARESI

su La Repubblica, edizione di Bologna, 15 marzo 2015
 

BOLOGNA – Il “Giorno del ricordo” diventa il giorno dell’amnesia e a poco più di un mese dal settantesimo della Liberazione si ribalta la storia e ciò che ha significato per mano di chi rappresenta la Repubblica nata dalla stessa Liberazione. Così, anche un fascista repubblichino può essere insignito della medaglia ricordo, “in riconoscimento del sacrificio offerto per la Patria”, nientemeno che dalla presidente della Camera Laura Boldrini e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, già sindaco di Reggio Emilia, città medaglia d’oro per la Resistenza e terra dei fratelli Cervi. Il tutto alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La vicenda riguarda Paride Mori, ufficiale parmense del Battaglione bersaglieri volontari “Benito Mussolini”, un reparto che all’inizio era aggregato alle “Waffen SS” e successivamente inquadrato nell’esercito della Repubblica di Salò che combatté a fianco dei nazisti. L’onorificenza che gli è stata attribuita in realtà fu istituita per ricordare le vittime delle foibe nell’immediato dopoguerra, ma Mori fu ucciso in uno scontro coi partigiani il 18 febbraio del ‘44 e quindi l’episodio non c’entra niente con le vendette post belliche delle milizie di Tito nei confronti degli italiani.

Al ribaltamento di significato si aggiunge quindi un falso storico. Ma la vicenda di Paride Mori comincia prima di quest’ultima vicenda. Alcuni anni fa la giunta di centro sinistra del Comune parmense di Traversetolo, suo paese natale, intitolò una via proprio al repubblichino suscitando l’obiezione dell’Istituto storico della Resistenza provinciale il quale fece presente il passato imbarazzante dell’ex bersagliere. La giunta ritirò l’intitolazione e la vicenda si spense. Non persuasi, i figli di Paride Mori hanno provato altre strade per onorare la figura paterna rivolgendosi direttamente alle massime autorità dello Stato in occasione del citato “Giorno del ricordo”.

Lo scorso dieci febbraio la cerimonia ufficiale e la consegna agli stessi figli dell’onorificenza. Questi ultimi, hanno così celebrato la “riabilitazione” del padre con una lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma nella quale hanno raccontato dell’invito a Montecitorio da parte della presidente della Camera e, alla presenza del Capo dello Stato, della consegna della medaglia da parte del sottosegretario Delrio. Soddisfatti per quello che ritengono la restituzione di un onore, i figli ora chiedono con forza che la via nel paese natale del padre sia finalmente a lui intitolata. Come negarlo dopo un simile viatico?


[ Questo l’originale dell’articolo, uscito anche sull’edizione cartacea de La Repubblica. Poche ore dopo, la versione online è stata edulcorata con una smentita della Boldrini e rimuovendo il riferimento a Mattarella. Nuovo titolo: Dal governo una medaglia al repubblichino: ”Per il sacrificio offerto alla Patria” ]



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Posted on 17 marzo 2015 by admin

Chi è il colpevole per la medaglia al fascista?

LETTERA APERTA AL PRIMORSKI DNEVNIK  

Scriviamo riguardo allo scandalo mediatico suscitato dall’attribuzione di un riconoscimento quale “infoibato” al fascista Paride Mori caduto in combattimento contro i partigiani in Slovenia nel 1944, e alle domande su chi ne sia responsabile. La risposta è evidente: responsabili sono in primo luogo tutti coloro che hanno voluto e approvato la legge del Giorno del Ricordo che permette questi presunti errori. Il testo della legge è infatti pieno di ambiguità, indeterminatezze e formulazioni che lasciavano trasparire fin da subito quali fossero gli scopi che si prefiggeva.

La legge afferma che il riconoscimento può essere concesso a tutti “gli scomparsi e infoibati” e a tutti i “soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati” tra l’8 settembre ’43 ed il 10 febbraio ’47 (ed oltre) “in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale”. Essendo l’attentato una delle modalità più tipiche della guerriglia partigiana, ovvero dato che qualsiasi episodio bellico tra occupatori e partigiani può essere ridotto ad “attentato”, ciò significa che il riconoscimento può essere concesso a TUTTI gli appartenenti alle formazioni collaborazioniste caduti in combattimento con i partigiani. Il testo prescrive poi i motivi di esclusione dal riconoscimento: essere caduti in combattimento, essere caduti facendo “volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia” e l’accertamento, con sentenza, del “compimento di delitti efferati contro la persona”. Per quel che riguarda i caduti in combattimento si rimanda a quanto detto sopra circa gli attentati. Quanto ad aver fatto parte di “formazioni non al servizio dell’Italia”, il non avere specificato a quale Italia ci si riferisca – all’epoca ce n’erano due, il Regno d’Italia passato con gli Alleati e la Repubblica sociale di Mussolini – rende possibile attribuire i riconoscimenti anche alle formazioni della RSI al servizio dei nazisti. Peraltro, va ricordato che le “province dell’attuale confine orientale”, l’Istria, Fiume, furono sottoposte dopo l’8/9/43 alla Germania nazista in quanto Zona d’operazione Litorale Adriatico (Adriatisches Küstenland) in cui le formazioni militari collaborazioniste erano sottoposte direttamente al comando tedesco. Di conseguenza tutti gli appartenenti a formazioni collaborazioniste erano al servizio dei nazisti.

Riguardo infine all’accertamento con sentenza di “delitti efferati” commessi contro la persona, tale formulazione è molto simile a quella che appare nel testo dell’amnistia Togliatti del 22 giugno 1946 e che fu usata dalle Corti d’appello dell’epoca come grimaldello per liberare praticamente tutti i fascisti. Nel caso della Commissione che attribuisce i riconoscimenti ai c.d. “infoibati” l’indeterminatezza della formulazione è stata utilizzata per concederli anche a persone che furono “soppresse” dopo regolare processo davanti a tribunali civili o militari. Il caso più noto è quello di Vincenzo Serrentino, condannato a morte e fucilato a Sebenico il 15/5/47 per la sua attività nel famigerato Tribunale speciale della Dalmazia; ma accanto a lui possiamo annoverare almeno ancora Giuseppe Comuzzi, di cui il “massimo esperto di foibe” dell’ambiente delle organizzazioni degli esuli (Luigi Papo) ha scritto che faceva parte della Milizia Difesa Territoriale (MDT, denominazione assunta nell’Adriatisches Küstenland dalle formazioni fasciste equiparabili alla Guardia nazionale repubblicana -GNR-) e che è stato fucilato nel giugno del 1945 in esecuzione di una sentenza emessa dal Tribunale militare della 4^ Armata dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo.


Se lo schiamazzo causato dall’attribuzione del riconoscimento a Mori non può che essere benvenuto, va tuttavia ricordato che nell’elenco di coloro a cui nel corso di questi dieci anni è stato concesso lo stesso riconoscimento ci sono parecchi “casi” molto simili a quello di Mori. Limitandoci a coloro che sono morti tra il novembre 1943 e l’aprile 1945 troviamo questi casi: Abriani Gerolamo, caduto 15/9/1944 come appartenente alla 5^ Legione MDT ferroviaria; Alessio Ferdinando, milite della MDT, caduto lungo la linea ferroviaria Opicina – Prosecco il 28/2/1945; Antonini Antonino, che alcuni definiscono ex squadrista e componente la 41^ Brigata Nera di Trieste, catturato e soppresso dai partigiani ad Umago il 13/11/1944; Borroni Antonio, descritto da Papo quale milite della MDT, ex volontario fascista nella guerra di Spagna, volontario in Montenegro, ucciso in Istria il 29/9/1944; Brunetti Antonio, milite MDT, ucciso il 27/5/1944 presso Matulje (Mattuglie); Cantarutti Edoardo, sottufficiale dell’Esercito della RSI, soppresso dai partigiani a Gorizia il 7/11/1943; Chersicla Luigi, sergente della MDT, scomparso l’8/7/1944 a Grisignana; D’Aliberti Carmelo, Guardia di Finanza, catturato e probabilmente ucciso a Sicciolie il 3/8/1944; Del Bigallo Giuliano, vice brigadiere di PS alla Questura di Gorizia, morto il 1/2/1944 in conseguenza delle ferite riportate in un attacco di partigiani; Del Negro Oliviero, membro della Guardia Civica (formazione collaborazionista triestina) caduto durante un attacco partigiano ad Opicina nel dicembre del 1944; De Pierro Angelo, caporale della MDT, ucciso il 13/9/1944 a Gorizia; D’Ambrosi Antonio, milite della MDT, ucciso nel giugno 1944 in Valdarsia in Istria; Englaro Gastone, ex carabiniere (i nazisti sciolsero l’Arma il 7 ottobre 1943 e nella Venezia Giulia molti dei suoi componenti passarono nelle file della MDT) scomparso il 12/2/1944 a Muggia; Ferrara Salvatore, Guardia di Finanza, scomparso nell’attacco dei partigiani alla postazione di Matteria (Materija) il 13/1/1944 (tale postazione collaborava attivamente con i nazisti nella lotta antipartigiana, negli arresti, nei rastrellamenti…); Fiorentini Giovanni, componente l’11^ Legione Camicie Nere, fucilato il 29.10.1943 a Babin Potok (Croazia); Galante Giuseppe, milite MDT, scomparso nel settembre 1944; Ghersa Giulio, milite MDT, caduto nell’aprile 1944 durante un attacco partigiano in Istria; Ghersi Michelangelo, milite MDT, ucciso in casa a Laurana il 24/11/1944; Lacchiana Giovanni, milite delle Camicie Nere, caduto il 25/10/1944 a Ogulin (Croazia); Lottici Arnaldo, Guardia di Finanza, scomparso il 2/2/1944 durante un attacco partigiano alla caserma di Sicciolie; Lubiana Ettore, milite MDT, caduto durante un attacco di partigiani a una colonna nazifascista presso Rifembergo (Branik) il 2/2/1944; Meazzi Angelo, ex carabiniere, in servizio alla postazione di Gabrovizza a Trieste (probabilmente della MDT), scomparso il 24.2.1944; Musco Giuseppe, membro della formazione “Mazza di ferro” della MDT, ucciso nel 1944 a Montona; Olmo Giuseppe, Guardia di Finanza, scomparso nell’attacco dei partigiani alla postazione di Matteria il 13/1/1944; Porru Silvio, Guardia di Finanza, scomparso nell’attacco dei partigiani alla postazione di Matteria il 13/1/1944; Querincis Ottavio, componente del collaborazionista Battaglione Alpini “Tagliamento”, scomparso il 22/4/1944 presso Duttogliano (Dutovlje); Ricci Lucchi Serafino, Guardia di Finanza, disperso nel corso di uno scontro con i partigiani nei pressi di Divaccia (Divača); Sangrigoli Mariano, milite MDT, scomparso il 14/4/1945 a Lanischie (Lanišče); Stossich Libero, milite MDT, ucciso il 28/4/1945 presso Umago; Summa Donato, milite MDT, caduto il 14.1.1944 presso Senosecchia (Senožeče); Valoppi Michele, milite MDT, caduto il 13/10/1944 presso Sedegliano (UD); Verdelago Ervino, segretario del Partito Fascista Repubblicano di Tomadio (Tomaj), ucciso a Trieste il 26/2/1944.

A quanto detto va aggiunto che nell’elenco dei percettori dei riconoscimenti ci sono svariati casi che risultano molto dubbi. Il colmo è rappresentato dai casi di Antonio Ruffini, insignito del riconoscimento di “infoibato” ma in realtà caduto da partigiano a Grgarske Ravne in Slovenia a fine marzo del 1944 (cosa riconosciuta dal Comune di Termoli e dalla Regione Molise, ma non dalla Commissione) e di Fortunato Matiussi, per il quale è di per se esplicativa la motivazione della concessione del riconoscimento: “residente a Pisino, fu lì fucilato il 4 ottobre dalle truppe tedesche per rappresaglia sulla popolazione a seguito della precedente occupazione titina”!


Per le singole decisioni in merito all’attribuzione del riconoscimento la responsabilità diretta è indubbiamente dei componenti l’apposita Commissione, operante in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e composta, oltre che da vari rappresentanti delle organizzazioni degli esuli, dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un suo delegato, dai rappresentanti degli Uffici Storici degli Stati Maggiori di tutte le forze armate dello Stato e da un delegato del Ministero dell’Interno. Quindi la responsabilità diretta di quanto è accaduto è delle più alte autorità dello Stato e delle Forze Armate.

Che le cose stessero come stanno era risaputo da almeno 10 anni, ma coloro che lo facevano notare venivano tacciati di estremismo, nostalgie “slavo-comuniste” e gratificati del termine infamante di “negazionisti”. Fino a subire vari tentativi di chiudere loro la bocca attraverso licenziamenti, tagli di finanziamenti, minacce e veri e propri tentativi di aggressione fisica. Mentre coloro che in campo storiografico hanno posto le basi “scientifiche” per tutto quanto accade regolarmente ogni 10 febbraio sono stati presentati e incensati come “ricercatori obiettivi ed equilibrati” e portatori della “verità storica”. Nel contempo le organizzazioni degli esuli, che hanno progettato e ottenuto quanto descritto in precedenza, sono diventate apprezzate interlocutrici della ”opinione pubblica democratica” (anche di quella sua parte che oggi si scandalizza per il caso Mori) e destinatarie di appoggi, aiuti ed ingenti finanziamenti per diffondere le loro “verità”. Di tutto questo sono ampiamente corresponsabili i media, anche quelli che oggi prendono atto di questo “errore” e si chiedono come sia potuto accadere. Forse un serio esame di coscienza potrebbe essere salutare per molti.

 

La redazione del sito Diecifebbraio.info

sulla base delle Lettera inviata da Sandi Volk al Primorski Dnevnik il 16 marzo 2015, che riproduciamo di seguito:

 

 

S prošnjo za objavo

Spoštovano uredništvo Primorskega dnevnika

 

članku o podelitvi priznanja ob Dnevu spomina na fojbe in eksodus fašistu Parideju Moriju, sprašujete, kdo je tega kriv. Res je, da je v konkretnem(ih) primeru(ih) za to odgovorna pristojna komisija, katere sestava pa priča o tem, da so za priznanje(a) fašistu(om) odgovorni najvišje inštitucije italijanske države in oboroženih sil. Vendar so za Morijev primer in za vse ostale, kot tudi za vse, kar se dogaja ob vsakem 10. februarju v prvi vrsti odgovorni tisti, ki so zakon, ki to omogoča, izglasovali. Med njimi tudi člani parlamenta iz vrst slovenske manjšine v Italiji. Tekst zakona je bil namreč namenoma spisan na tak način, da je bilo takoj popolnoma jasno, čemu je bil namenjen. Na podlagi tega zakona lahko prejme priznanje vsakdo, ki je bil usmrčen in “infojbiran” ter vsi, ki so bili usmrčeni potom “utopitve, streljanja, pokola, atentata” v času od 8.9.1943 do 10.2.1947 (in še dlje) “v Istri, Dalmacij in v provincah sedanje vzhodne italijanske meje”. Ker je atentat tipični modus operandi gverilskih partizanskih enot je torej povsem legitimno, da so lahko priznanja deležni VSI člani kolaboracionsitičnih enot, ki so padli v borbi proti partizanom, saj je vsak partizanski napad mogoče predstaviti kot atentat. Besedilo zakona navaja tudi razloge, ki onemogočajo dodelitev priznanja, ki pa so prav tako dvoumni: izključeni so posamezniki, ki so padli v boju, tisti, ki so padli kot “člani formacij, ki niso bile v službi Italije” ter vsi tisti, za katere “je s sodbo ugotovljena izvršitev okrutnih zločinov proti osebam”. Glede padlih v boju je, kot že rečeno, vsak napad mogoče prikazati kot atentat. Formulacija o formacijah, ki “niso bile v službi Italije” pa ne omenja na katero Italijo se nanaša – tedaj sta obstajali Kraljevina Italija in Mussolinijeva Italijanska Socialna Republika – tako, da se priznanja povsem legitimno podeljujejo tudi članom enot, ki so bile v službi Mussolinijeve republičice in na strani nacistov. Kar se tiče sodno ugotovljenih “okrutnih zločinov proti osebam”, pa gre za formulacijo, močno podobno oni, uporabljeni v tekstu Togliattijeve povojne amnestije, ki je bila povod za oprostitve domala vseh fašistov. V tem primeru pa je služila komisiji, da je lahko priznanja podelila tudi ljudem, ki so bili usmrčeni po obsodbi civilnih ali vojaških sodišč. Najbolj znano je ime Vincenza Serrentina, poleg njega pa je tu še vsaj Giuseppe Comuzzi, članu kolaboracionistične Milizia difesa Territoriale (MDT), o katerem je “prerok fojb” Luigi Papo zapisal, da je bil obsojen na smrt od vojnega sodišča 4. Armade JNOV in usmrčen junija 1945.

Čeprav je vik in krik, ki ga je sprožilo podelitev priznanja Moriju dobrodošel, je na seznamu oseb, ki so v teku teh let ob 10. februarju bile deležne priznanja, Moriju podobnih kar precej. Če se omejimo na take, ki so preminuli v času med novembrom 1943 in aprilom 1945 lahko naštejemo vsaj sledeče: Abriani Gerolamo, padel 15/9/1944 kot član 5. legije železničarske MDT; Alessio Ferdinando, član MDT, padel na železniški progi med Opčinami in Prosekom 28/2/1945; Antonini Antonino, po nekaterih podatkih bivši škvadrist in član 41. Črne Brigade v Trstu, ki so ga partizani usmrtili v Umagu 13.11.1944; Borroni Antonio, ki ga Papo opisuje kot člana MDT, bivšega prostovoljca na strani frankistov v Španjii, nato v vrstah italijanske vojske v Črni Gori, ki je bil ubit v domači Istri 29/9/1944; Brunetti Antonio, član MDT, ubit 27/5/1944 pri Matuljah; Cantarutti Edoardo, podoficir fašistične republikanske vojske, usmrčen od partizanov 7/11/1943 pri Gorici; Chersicla Luigi, narednik MDT, ubit 8/7/1944 v Grožnjanu; D’Aliberti Carmelo, finančni stražnik, izginil po partizanskem napadu pri Sečovljah 3/8/1944; Del Bigallo Giuliano, policijski podbrigadir v Gorici, umrl 1/2/1944 za posledicami ran, ki jih je zadobil v napadu partizanov; Del Negro Oliviero, član Guardia civica, padel v partizanskem napadu na Opčinah decembra 1944; De Pierro Angelo, desetar MDT, ubit 13/9/1944 v Gorici; D’Ambrosi Antonio, vojak MDT, usmrčen junija 1944 v dolini Raše v Istri; Englaro Gastone, bivši karabinjer (nacisti so Karabinjerje razpustili oktobra 1943, precej jih je nato pri nas prestopilo v vrste MDT), izginil 12/2/1944 v Miljah; Ferrara Salvatore, finančni stražnik, verjetno ubit v napadu partizanov na postojanko (ki je aktivno sodelovala z nacisti v pregonu partizanov in izvajala aretacije, racije itd.) v Materiji 13/1/1944; Fiorentini Giovanni, član 11. legije Črnih Srajc, ustreljen 29.10.1943 v Babinem Potoku (Hrvaška); Galante Giuseppe, vojak MDT, izginil septembra 1944; Ghersa Giulio, vojak MDT, padel aprila 1944 v partizanskem napadu v Istri; Ghersi Michelangelo, vojak MDT, ubit na domu v Lovranu 24/11/1944; Lacchiana Giovanni, član Črnih Srajc, padel 25/10/1944 v Ogulinu (Hrvaška); Lottici Arnaldo, finančni stražnik, verjetno ubit v napadu partizanov na postojanko v Sečovljah 2/8/1944; Lubiana Ettore, vojak MDT, padel v partizanskem napadu na nacifašistično kolono pri Braniku 2/2/1944; Meazzi Angelo, bivši karabinjer, v službi v postojanki na Guardielli (verjetno MDT), verjetno ubit 2/2/1944; Musco Giuseppe, član enote “Mazza di ferro” MDT, ubit leta 1944 v Motovunu; Olmo Giuseppe, finančni stražnik, izginil po napadu partizanov na postojanko v Materiji 13/1/1944; Porru Silvio, finančni stražnik, verjetno ubit v napadu partizanov na postojanko v Materiji 13/1/1944; Querincis Ottavio, član kolaboracionističnega bataljona alpincev “Tagliamento”, verejtno ubit 22/4/1944 pri Dutovljah; Ricci Lucchi Serafino, finančni stražnik, pogrešan po spopadu s partizani 13/1/1944 pri Divači; Sangrigoli Mariano, vojak MDT, izginil 14/4/1945 v Lanišču; Stossich Libero, vojak MDT, ubit 28/4/1945 pri Umagu; Summa Donato, vojak MDT, padel 14.1.1944 pri Senožečah; Valoppi Michele, vojak MDT, padel 13/10/1944 pri Sedeglianu (UD); Verdelago Ervino, tajnik Republikanske fašistične stranke (PFR) v Tomaju, ubit v Trstu 26/2/1944.

Naj k temu dodam, da je velika večina oseb, ki so dobile priznanja, pripadala oboroženim enotam, ki so bile v službi nacistov. Ter da je seznam poln primerov, ki so precej sporni. Med temi predstavljata višek primera Antonia Ruffinija, ki je v resnici padel kot partizan v Grgarskih Ravnah marca 1944 (kar sta uradno priznali Občina Termoli in Dežela Molise, ne pa komisija), ter Fortunata Matiussija, za katerega je zelo zgovorna obražložitev priznanja: “prebivalec Pazina, 4 oktobra (1943) je bil ustreljen od nemške vojske v represalji nad civilnim prebivalstvom za predhodno titovsko okupacijo (Pazina)”.

Da so stvari bile take je znano vsaj 10 let, vendar so bili tisti, ki so na to opozarjali deležni napadov, očitkov ekstremizma oz. nostalgičnosti ter sramotilne oznake “negacionistov”. Na razne načine se jih je skušalo utišati, z odpusti z dela, poskusi odzvema finančnih sredstev, grožnjami, celo poskusi fizičnega napada. Ezulske organizacije, ki so vse zgoraj omenjeno načrtovale in dosegle, so postale cenjen sogovornik vse “demokratiče javnosti” (tudi tistih, ki so danes najbolj glasni v zgražanju), tudi manjšinske, in deležne podpor, pomoči, priznanj in obilnih sredstev za razširjanje svojih “resnic”. Ljudje, ki so na polju zgodovinskega raziskovanja postavili “znanstvene” temelje za ta priznanja (in za vse ostalo, kar se redno dogaja vsakega 10. februarja), pa so bili predstavljeni in obravnavani (tudi s strani lepega dela manjšinske organiziranosti in politike) kot “demokrati”, “uravnovešeni raziskovalci” in nosilci resnice. V vsem tem pa so prednjačili medji, tudi manjšinski.

 

Trst, 17.3.2015

Sandi Volk


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NOTA DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA

Fonte: ANPI News, n. 155 – 17/24 marzo 2015

Ho appreso dalla stampa la notizia della consegna di una medaglia, in una sala della Camera dei deputati, dove si trovavano anche il Presidente della Repubblica e la Presidente della Camera, ad un fascista della Repubblica di Salò. La notizia appariva così incredibile (e grave) che sono stato lieto di apprendere, da una dichiarazione emanata dalla Presidenza della Camera, che la Presidente Boldrini non aveva dato alcun premio, né aveva in alcun modo concorso ad individuare il nome del “premiato” tra quelli meritevoli di onorificenza (sono parole pressoché testuali del comunicato della Presidenza della Camera).
Altrettanto credo sia accaduto per il Presidente Mattarella, ma non è possibile anticipare nulla al riguardo, finché non ci sarà qualche comunicazione da parte del Quirinale.
Di certo, un’onorificenza è stata consegnata dal Sottosegretario Del Rio e dunque a nome della Presidenza del Consiglio. Anche il Sottosegretario ignorava tutto? Sembrerebbe impossibile; comunque, chi ha proposto e deciso quella onorificenza proprio nell’anno del 70° anniversario della Resistenza? A quali criteri ha obbedito la speciale Commissione che valuta per la Presidenza del Consiglio le onorificenze? È veramente difficile accontentarsi della prospettazione di un “errore”, a fronte di situazioni che imporrebbero una vera sensibilità democratica.
Pensiamo che su questo debba essere fatta chiarezza assoluta ed al più presto. Altrimenti dovremmo pensare che la Presidenza del Consiglio, che si propone di celebrare il 25 aprile e il 70° è disponibile, al tempo stesso, a riconoscere “i meriti” di chi militò dalla parte della dittatura, del fascismo, della persecuzione degli ebrei, degli antifascisti e dei “diversi”. Davvero, tutto questo appare inconcepibile; l’ANPI attende, comunque, chiarimenti precisi e definitivi e, soprattutto, che ognuno si assuma le responsabilità che gli competono. Dopo di che, prenderemo – a ragion veduta – le nostre posizioni di antifascisti e di combattenti per la libertà, che non conoscono né tentennamenti né ambiguità, ma si riconoscono nella vera storia del nostro Paese e nella Costituzione che lo regola e pretendono che altrettanto facciano le istituzioni.

(N.d.r.: questa nota, diffusa anticipatamente ieri [16/3] pomeriggio, è stata ripresa nell’edizione online de la Repubblica di Bologna
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2015/03/16/news/medaglia_al_repubblichino_il_figlio_mio_padre_era_fascista_non_un_delinquente_-109635621/
e in quella nazionale cartacea di oggi [17/3] a pag. 13)


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17/3/2015

Comunicato del Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma sul “caso Mori”
 
Il conferimento da parte di massime autorità del Governo e della Repubblica di un’onorificenza a Paride Mori, fascista convinto, ufficiale della Repubblica Sociale Italiana sostenuta dalla Germania nazista, appartenente a un reparto militare schierato al confine nordorientale sotto comando diretto dei Tedeschi, non è un puro e semplice errore commesso dalla Commissione nominata dal Governo per decidere l’attribuzione delle onorificenze. Un errore, per altro, particolarmente grave essendo il caso di Paride Mori già noto da anni, almeno dal 2010 quando successe che il Comune di Traversetolo (PR), dov’egli nacque e visse, nella primavera di quell’anno gli intitolò una via e poco dopo, essendo stata quella scelta toponomastica del tutto sbagliata, tolse l’intitolazione della stessa.
 
Il conferimento dell’onorificenza a Mori il 10 febbraio u.s. come vittima delle foibe, nonostante egli non sia stato assolutamente una vittima delle foibe ma sia morto in uno scontro con partigiani il 18 febbraio 1944, è, anche, in qualche modo, una conseguenza del fatto che la legge 92 del 2004 istitutiva del «Giorno del ricordo delle vittime delle foibe» considera infoibati anche tutti quegli italiani «scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati». Non solo, il riconoscimento di vittima delle foibe, continua la legge, può essere esteso a quanti «persero la vita dopo il 10 febbraio 1947, ed entro l’anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia».
 
Esiste dunque una legge che dà un’interpretazione molto larga dell’espressione «italiano vittima delle foibe». Del tutto discutibile, nient’affatto corretta.
 
Certo con tale interpretazione così larga il numero degli “infoibati” aumenta, diventando dell’ordine di grandezza delle migliaia in relazione al periodo del maggio ’45 e che dal maggio ’45 si protrarrebbe fino al 1950!
Meglio determinabile e più contenuto il numero dei morti delle foibe nel periodo settembre-ottobre ’43; gli studi storici convergono su valori di cinquecento, seicento morti.
 
Paride Mori comunque non è stato assolutamente una vittima delle foibe.
 
Le vittime delle foibe sono state comunque, in gran parte, fascisti, militari e funzionari dell’Italia fascista che aveva aggredito  la Jugoslavia  e occupato crudelmente diversi suoi territori, collaborazionisti. Studi e ricerche sul numero e l’identità di questi morti, anche caso per caso, nome per nome, sono stati fatti di recente in particolare dagli storici Claudia Cernigoi e Sandi Volk.
 
Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma


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---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: Claudia Cernigoi 
Date: 15 marzo 2015 15:38
Oggetto: a proposito dell'onorificenza a Paride Mori.
A: "v.varesi" 



Gentile Varesi, sono una giornalista e ricercatrice storica di Trieste. Collaboro tra l'altro alla pagina web di informazione sul confine orientale 
www.diecifebbraio.info.
 Ho letto l'articolo sull'onorificenza attribuita a Paride Mori nell'ambito della legge sul giorno del ricordo, e volevo segnalarLe che non è questo il solo caso "scandaloso" di premiazione, in quanto molte delle persone che hanno ricevuto questo riconoscimento non corrispondono ai requisiti richiesti dalla legge medesima. Nonostante la legge appunto preveda che non possono essere premiati coloro che persero la vita mentre "facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia", nell'elenco dei premiati (che, chissà perché, non è reso pubblico, ma bisogna fare i salti mortali in internet per ricostruire chi ha ricevuto l'onorificenza, e spesso non se ne conosce il motivo), molte persone che hanno avuto il riconoscimento erano militari arruolati in formazioni germaniche. Perché le province di Trieste, Gorizia. l'Istria, Fiume, dopo l'8 settembre 1943 furono annesse al Reich con il nome di Operations Zone Adriatisches Küstenland (Zona d'operazione Litorale Adriatico), staccate dall'Italia (anche dalla Repubblica di Salò) ed i militari di queste terre erano soggetti all'esercito tedesco, non a quello italiano. Di conseguenza, TUTTI i militari dell'Adriatisches Küstenland che persero la vita anche nelle vicende post-belliche, uccise dagli Jugoslavi per i più svariati motivi, non dovrebbero poter ricevere questa onorificenza.

Inoltre tra coloro che sono stati premiati è stato trovato anche un partigiano ucciso dai nazisti (Antonio Ruffini, si veda http://www.diecifebbraio.info/2013/02/un-infoibato-in-meno-un-partigiano-trucidato-dai-nazifascisti-in-piu-la-vicenda-di-antonio-ruffini/), ed una persona che era stata denunciata alle Nazioni Unite come criminale di guerra, Vincenzo Serrentino, fucilato nel 1947 dopo processo a Sebenico, che fu giudice a latere del Tribunale Straordinario per la Dalmazia (si veda la scheda https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/medaglie_infoibati.htm#serrentino ), assieme a Pietro Caruso (fucilato a Roma dopo la Liberazione, per i crimini di guerra da lui commessi).

A questo link un elenco (purtroppo non completo, per le difficoltà sopra indicate) dei premiati nel corso dei dieci anni della legge sul Giorno del ricordo.

http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2014/03/Premiati-marzo-2014.pdf

http://www.diecifebbraio.info/2012/03/i-riconoscimenti-per-gli-infoibati-ai-criminali-di-guerra-italiani/
La ringrazio per l'attenzione e resto a disposizione per eventuali chiarimenti.

cordiali saluti

Claudia Cernigoi
Direttore de La Nuova alabarda 
Trieste 


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http://ilmanifesto.info/se-questo-e-il-giorno-del-ricordo/

Se questo è il giorno del ricordo

—  Davide Conti,  16.3.2015

Errori italiani. L'onorificenza del governo al repubblichino Paride Mori «per aver servito la patria»

Il 7 feb­braio 1947 il Con­si­glio del Mini­stri del III governo De Gasperi, (Dc-Psi-Pci-Pri e Par­tito del Lavoro) votò all’unanimità l’accettazione del Trat­tato di Pace che chiu­deva anche dal lato politico-diplomatico la guerra mon­diale sca­te­nata dall’asse nazi­fa­sci­sta. Il 10 feb­braio il Trat­tato di Pace venne uffi­cial­mente fir­mato a Parigi e nella seduta del 31 luglio 1947 il par­la­mento costi­tuente anti­fa­sci­sta, nato insieme alla Repub­blica il 2 giu­gno, lo ratificò.

57 anni dopo, nel 2004, uno dei par­la­menti della seconda repub­blica, quella non più nata dalla Resi­stenza ma dalla fine della Guerra Fredda e dalle inchie­ste giu­di­zia­rie, con voto bipar­ti­san isti­tuì in quella data il giorno del ricordo voluto for­te­mente dalla destra post-fascista e con­di­viso dalla sini­stra di governo per «rom­pere il silen­zio sulla vicenda taciuta delle foibe» secondo la rituale for­mula delle cele­bra­zioni ufficiali.

Lo scorso 10 feb­braio la Pre­si­dente della Camera Bol­drini e il Sot­to­se­gre­ta­rio alla pre­si­denza del con­si­glio Del Rio hanno con­fe­rito a Paride Mori un’onorificenza «per aver ser­vito la patria» ovvero, nel suo caso, il bat­ta­glione ber­sa­glieri volon­tari “Benito Mus­so­lini” della repub­blica di Salò. Per la cro­naca, e anche un po’ per la sto­ria, va anno­tato che Paride Mori non morì nelle foibe ma il 18 feb­braio 1944 in un con­flitto con i partigiani.

Le auto­rità si sono affret­tate a dichia­rare che «se c’è stato errore il rico­no­sci­mento sarà revo­cato», tut­ta­via di errori di que­sta natura il giorno del ricordo ne ha anno­ve­rati in que­sti anni dav­vero molti altri. Nel 2007 il Pre­si­dente della Repub­blica Gior­gio Napo­li­tano con­ferì la meda­glia come infoi­bato a Vin­cenzo Ser­ren­tino. Capo della «pro­vin­cia di Zara» durante la repub­blica sociale fu pre­si­dente del tri­bu­nale spe­ciale fasci­sta in Jugo­sla­via e respon­sa­bile di decine di con­danne a morte ese­guite con­tro par­ti­giani e civili. Arre­stato e pro­ces­sato dal governo jugo­slavo venne con­dan­nato a morte da un tri­bu­nale il 15 mag­gio 1947. Sem­pre tra il 2009 ed il 2011 altri tre ita­liani accu­sati di cri­mini di guerra dal governo di Bel­grado furono insi­gniti dell’onorificenza del 10 feb­braio, Gia­como Ber­go­gnini, Luigi Cucè e Bruno Luciani, quest’ultimo col­la­bo­ra­tore della fami­ge­rata Banda Collotti.

Il giorno del ricordo, già con­trad­dit­to­rio nella sua indi­ca­zione calen­da­ri­stica non­ché nella sua natura omis­siva sui cri­mini di guerra ita­liani nei Bal­cani, si è con­fi­gu­rato come una leva contro-narrativa della sto­ria che fini­sce per rile­git­ti­mare il fasci­smo regime e per­sino quello repub­bli­chino. Così nell’anno in cui Fini e Vio­lante sono tor­nati insieme a Trie­ste, luogo della prima pie­tra della «sto­ria con­di­visa», nella stessa città si è cer­cato di sfi­du­ciare il pre­si­dente del con­si­glio comu­nale Iztok Fur­la­nic che aveva avuto l’ardire d’indicare quello dei par­ti­giani jugo­slavi come l’esercito di Libe­ra­zione dal nazi­fa­sci­smo nella regione. Il tutto raf­for­zato, nel corso degli anni, da fic­tion e spet­ta­coli tea­trali che, uti­liz­zando l’espediente empatico-narrativo in luogo della com­ples­sità fat­tuale della sto­ria, hanno affian­cato una nuova reto­rica isti­tu­zio­nale celebrativo-vittimistica che ha sol­le­vato nel discorso pub­blico l’Italia fasci­sta da ogni respon­sa­bi­lità nella seconda guerra mon­diale finendo per ali­men­tare feno­meni di auten­tico revan­sci­smo neofascista.

Il discorso pub­blico della memo­ria di Stato scritta per legge, dun­que, sem­bra appro­dare alla con­clu­sione che il fine della Sto­ria sia la fine della Sto­ria, impos­si­bi­li­tata a svol­gere un com­pito di cono­scenza indi­spen­sa­bile a indi­vi­duare la dire­zio­na­lità del tempo pre­sente e a con­tri­buire all’interpretazione dell’età con­tem­po­ra­nea e della modernità.

Se que­sto è il giorno del ricordo la sto­ria del nostro pas­sato ha davanti a sé un sem­pre più incerto futuro.


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Medaglia al repubblichino, il governo verso lo stop

Lunedì prossimo si riunirà di nuovo la commissione che ha premiato il fascista Paride Mori. L'Anpi: "L'esecutivo spieghi subito". Il figlio dell'ex ufficiale Rsi: "Mio padre non era un delinquente"

16 marzo 2015

BOLOGNA -  Si profila uno stop alla medaglia conferita dal governo alla memoria del repubblichino Paride Mori in occasione del "Giorno del ricordo". A quanto si apprende da fonti dell'esecutivo, la commissione che compie le istruttorie é stata infatti riconvocata per la mattina di lunedi prossimo. La commissione é composta da rappresentanti degli studi storici delle armi, degli interni e della presidenza del Consiglio  e da storici delle foibe, come previsto da una legge del 2004.

Il caso, raccontato da Repubblica, ha scatenato l'indignazione di Sel e de L'Altra-Emilia-Romagna. Mentre oggi, con una lunga lettera, ha parlato anche Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi, l'associazione dei partigiani. Smuraglia chiede "la chiarezza assoluta al più presto" su questi fatti, "altrimenti dovremmo pensare che la Presidenza del Consiglio, che si propone di celebrare il 25 aprile e il 70° è disponibile, al tempo stesso, a riconoscere “i meriti” di chi militò dalla parte della dittatura, del fascismo, della persecuzione degli ebrei, degli antifascisti e dei “diversi”. Davvero, tutto questo appare inconcepibile".

C'è un'altra missiva, oggi, che replica alle polemiche. E' quella del figlio di Paride Mori, Renato, a difesa del padre, pubblicata dalla Gazzetta di Parma. "Mio padre non è stato un delinquente. Quando ho ricevuto l'invito ho pensato che finalmente si rendeva giustizia a una persona che aveva perso la vita per difendere il suo Paese. Era sicuramente un fascista, ma fascista non significa delinquente. Ha fatto il suo dovere. Mio padre, che si trovava in servizio al confine in Friuli, ha deciso di andare avanti, con altri 400 bersaglieri, e di continuare a combattere contro Tito, per la patria".





http://www.diecifebbraio.info/2015/03/lassemblea-costitutiva-del-ceais-a-trieste-17-maggio-1945/

L’assemblea costitutiva del CEAIS a Trieste, 17 maggio 1945



AMMINISTRAZIONE JUGOSLAVA DI TRIESTE

Il 17 maggio 1945 si costituì a Trieste il Comitato Esecutivo Antifascista Italo-Sloveno (CEAIS), organo di amministrazione civile della città.

Di seguito la relazione dell’assemblea, pubblicata sul quotidiano triestino Il Nostro Avvenire.

Vogliamo evidenziare, al di là dei contenuti politici degli interventi, che il palcoscenico era “addobbato con i colori triestini e italiani, aventi in mezzo il tricolore jugoslavo ed ai lati le bandiere delle nazioni alleate”; che il primo inno ad essere eseguito fu l’Inno di Garibaldi, e dopo di esso l’Inno jugoslavo e che in seguito furono eseguiti anche gli inni sloveno, americano, russo ed inglese, nell’ordine.

E ricordiamo che quando il 12 giugno gli Jugoslavi lasciarono Trieste, ad un’amministrazione civile eletta dal popolo subentrò un governo militare.

Claudia Cernigoi, 17 marzo 2015


L’ASSEMBLEA COSTITUZIONALE DI TRIESTE

È sorto un nuovo organismo democratico, che rappresenterà, a fianco del Consiglio di Liberazione, il nostro popolo, padrone del proprio destino.

La manifestazione di ieri dopopranzo al Politeama Rossetti – La Consulta della città – Il popolo, attraverso i suoi rappresentanti, discute dei fondamentali problemi della vita cittadina – Fronte unico della forze sane e ricostruttive tese verso un migliore avvenire.

Chiare parole degli esponenti politici.

Ha avuto luogo al Politeama Rossetti, con inizio alle ore 18, la storica assemblea generale della città di Trieste. Nei giorni precedenti si sono tenute le riunioni nei singoli settori e aziende per l’elezione veramente democratica dei rispettivi rappresentanti.

L’enorme sala presenta un aspetto insolito per la presenza di un pubblico d’eccezione: questa volta è qui convenuto tutto il popolo lavoratore della città, con tutti i ceti e tutte le categorie. Il servizio di guardia è disimpegnato dai garibaldini della brigata “Trieste”, quei provati combattenti che sono la più pura espressione del nostro popolo. Sul palcoscenico, addobbato con i colori triestini e italiani, aventi in mezzo il tricolore jugoslavo ed ai lati le bandiere delle nazioni alleate, siedono ad un tavolo ricoperto d’azzurro i componenti l’Assemblea.

Parla il compagno Giuseppe Gustincich.

Il compagno Gustincich prende per primo la parola. Egli, prima di aprire la seduta, porge i saluti ai delegati di tutti i ceti sociali, saluta il glorioso esercito jugoslavo, la IV armata in special modo, le gloriose forze garibaldine in seno all’armata jugoslava, la brigata d’assalto “Trieste”, la brigata “Fontanot” e la “Picelli”, i rappresentanti delle forze armate inglesi, delle forze armate americane, la missione militare sovietica, la missione militare americana e la missione militare britannica. Poi egli dice:

“In questo momento in cui Trieste vive in un’atmosfera tale che giammai essa ne conobbe una comparabile, in questo momento in cui un avvenimento di capitale importanza ci ha portato ad una svolta decisiva nella storia della nostra bella città, indubbiamente una nuova era democratica si è aperta, pregna di fecondo sviluppo e di grande avvenire. Noi siamo consapevoli  di vivere quest’epoca, di parteciparvi con tutta la nostra anima, con tutta la nostra fede, sapendo ciò che vogliamo, sapendo che Trieste non potrà essere che ciò che tutti i Triestini desiderano ed aspirano non solo oggi, ma da molti e molti anni. Questo avvenimento si profila ormai in un modo così sincero, così schietto, in un modo così palpitante che nessuno può mettere in dubbio il suo esito. Vi ho detto che sarò breve, ma sento che, trascinato da questo stato di cose a cui tutti noi partecipiamo ,vorrei parlare molto, e non certo per fare il poeta o il tragico, ma veramente non posso.

“Perciò prima di chiudere, mi sia permesso di esprimere la speranza, che tutta la cittadinanza di Trieste, da voi rappresentata, potrà dire, non solo alla nostra Trieste, non solo alla nostra provincia e all’Europa, ma al mondo intero ciò che i Triestini vogliono”.

Dopo l’inno di Garibaldi eseguito dall’orchestra ed entusiasticamente accolto dai presenti, il compagno Radich interpretando il pensiero di tutti i lavoratori e cittadini presenti, porge un cordialissimo saluto al Consiglio di Liberazione della città di Trieste.

Eseguito ancora l’inno jugoslavo, si passa alla trattazione dell’ordine del giorno. Il compagno Rudi Ursichlegge la relazione sulla situazione politica della città.

La relazione del segretario del Consiglio

“Compagni e compagne! Signori e signore!

Un avvenimento non normale, non comune, ci trova oggi riuniti. La democratizzazione degli ordinamenti, della rappresentanza della nostra città, fa un altro gigantesco passo in avanti. Per la prima volta nella storia di Trieste si verifica il fatto che la stragrande maggioranza della popolazione ha, in una forma veramente democratica, senza costrizioni, senza paure, manifestato la sua volontà con l’elezione dei delegati.

La maggior parte di costoro sono vecchi combattenti antifascisti che hanno, nei giorni decisivi dell’insurrezione armata, impugnato le armi, che hanno dimostrato di sapere, all’occorrenza, esporre la propria esistenza per la causa democratica, per il benessere della propria città. Una cosa risulta evidente da tutto l’andamento della vita cittadina: la volontà di tutte le persone oneste di normalizzare quanto prima la vita della città stessa, di voler quanto prima dare alla città l’assetto che le assicuri l’avvenire. Nessuna tendenza, da parte delle grandi masse, a drammatizzare gli avvenimenti, nessuna tendenza a voler rendere pesanti i rapporti tra la cittadinanza e la direzione politica ed amministrativa della città stessa, ma piena comprensione dei gravi momenti che la città sta attraversando.

Problemi di carattere tecnico e politico, amministrativo e talora militare si accavallano, e la loro soluzione richiede una sempre più grande responsabilità, una sempre maggiore decisione, nonché una larga base su cui dovrà poggiare il Consiglio di Liberazione. I problemi da risolvere destano l’interesse di tutta la cittadinanza; per tale ragione si richiede che tutta la popolazione concorra in modo adeguato, in modo attivo, all’amministrazione della città attraverso i propri delegati, attraverso la propria rappresentanza legale.

Dobbiamo constatare che la soluzione attuale è caratterizzata da un senso di provvisorietà in via di coagulamento, con separazione netta tra elementi sinceramente democratici, i quali vedono nella soluzione di Trieste autonoma in seno alla nuova Jugoslavia, del porto franco di Trieste senza alcuna barriera doganale, senza alcun proibizionismo, senza alcun vieto quanto vano ostruzionismo per il commercio continentale e intercontinentale, che trova la sua via più naturale dal centro e dall’oriente europeo in Trieste, l’unico mezzo per realizzare le aspirazioni popolari e democratiche che devono stare alla base di ogni ordinamento realmente democratico, nonché, dicevamo, separazione netta dagli elementi reazionari o tendenzialmente reazionari, comunque, ancora accecati da quello spirito sciovinistico che trascende, che nega, che calpesta i reali effettivi interessi del popolo. Elementi reazionari i qual spingono a soluzioni di vario genere (prevalentemente  soluzione italiana), ma che hanno tutti un fondo comune: lotta contro la democrazia progressiva jugoslava, avamposto del mondo democratico: lotta contro ciò che rappresenta progresso incondizionato manifestatosi nella forma della guerra di liberazione nazionale, lotta contro il potere popolare negatore di ogni cricca, di ogni marcio compromesso, di ogni lavorio subdolo atto ad assicurare il dominio a singole caste: in breve, lotta contro la democrazia conseguente.

Qualcuno vorrà chiedersi quale è la causa che ha permesso una così sollecita e decisiva vittoria contro i tedeschi ed i loro complici locali, con conseguente liberazione della città, una così sollecita normalizzazione della vita cittadina.

Dobbiamo rilevare che l’avanzata addirittura fulminea della IV Armata dell’esercito jugoslavo, avanzata caratterizzata dalla nuova strategia che ha dell’eccezionale, secondo le dichiarazioni di esperti militari, e l’insurrezione armata delle masse cittadine, sono le cause che hanno portato al rapido disfacimento dell’apparato bellico tedesco collegato a quello dei suoi complici locali.

L’insurrezione armata delle masse popolari cittadine è stata possibile, dal punto di vista militare, in grazia alla lotta che la IV Armata svolse nelle immediate vicinanze della città; dal punto di vista politico, in grazie alla raggiunta unione dell’elemento italiano e sloveno della città. L’insurrezione armata, a sua volta, ha fortificato, ha cementato questa unione, dandole il carattere di solidarietà, togliendo, se ve n’erano dei leggeri veli che, eventualmente, potevano offuscare i rapporti tra i due popoli. La lotta è stata il catalizzatore che ha affrettato questa fusione, dandole una veste ed un contenuto non comune, non occasionale. L’unione, già realizzata sul piano politico dall’elemento sloveno ed italiano, doveva passare sul banco di prova, doveva affrontare una prova tale che collaudasse tutto l’insieme e contemporaneamente tutte le singole parti componenti: doveva, affrontando tale prova, o consolidarsi o perire. Tale prova fu l’insurrezione armata ed essa fu brillantemente superata.

Cause ed effetti trasformantisi le une e gli altri, mostrano chiaramente che la sorte militare e politica della nostra città era ed è strettamente, inscindibilmente collegata al problema generale militare e politico della nuova Jugoslavia che ha per base essenziale la fratellanza dei popoli, la cui armata regolare è un esercito sorto dall’insurrezione popolare. Ricorrendo a immagini, potremmo dire che Trieste  è troppo vicina al focolaio su cui si forgiano i destini della nuova Jugoslavia, in nome della più profonda e conseguente democrazia, per non sentire nell’aria una soluzione qual è quella da noi prospettata, per non sentire nella nostra stessa carne quanto tutti i popoli jugoslavi hanno sentito, per non vedere qual’è la via maestra che conduce ad un futuro pregno di fecondi sviluppi nell’armoniosa collaborazione dei popoli.

La lotta non soltanto ha cementato l’unione degli italiani e degli sloveni della città, ma ha pure ravvicinato, affratellato Trieste al complesso jugoslavo nel suo insieme. I Croati e Dalmati, nonché i Montenegrini della IV Armata si sono presentati alla città quali liberatori, quali democratici, quali elementi che hanno lottato, sofferto, sparso il proprio sangue, e con ciò hanno mostrato l’intimo legame venuto a stabilirsi fra la nostra città ed il complesso jugoslavo. Non è soltanto il patriota triestino che ha lottato e lotta per la propria città, sono pure i figli dei vari popoli jugoslavi, che hanno inteso il dovere di liberare la nostra città, che hanno versato il proprio sangue pur di cacciare l’odiato occupatore. I tremila morti della IV Armata sulle alture circostanti hanno gettato un ponte indistruttibile fra Trieste e la restante Jugoslavia: le decine di morti e i più che 400 feriti sono l’anello di sposa offerto da Trieste alla democratica e federativa Jugoslavia di Tito.

L’insurrezione armata ha impedito la distruzione della città da parte delle orde naziste e dei loro servi, ha sventato le manovre dei reazionari locali camuffati da democratici, i quali non hanno esitato a scendere a trattative col nemico, pur di afferrare la direzione politica della città, pur d’insediarsi nei posti direttivi dell’amministrazione cittadina. Questa insurrezione ha permesso che venga distrutto l’apparato statale dell’occupatore e dei suoi complici locali, con la costruzione conseguente di un altro apparato nelle mani delle masse popolari.

L’insurrezione ha riconfermato in modo inequivocabile il principio partigiano: “Tanta libertà avrai quanto per essa sacrificherai”. La liberazione della città  però ci ha apportato nuovi compiti, più importanti ancora che non quello, sotto certi aspetti negativo, dell’insurrezione armata: bisogna ricostruire, bisogna ricostruire presto, bisogna attivare tutte le nostre forze per dimostrare al mondo che i triestini sono capaci di governarsi altrettanto bene quanto gli altri. Quanto prima riattiveremo le nostre industrie, i nostri trasporti, il nostro porto, il nostro commercio, insomma tutta la nostra vita economica, tanto più presto rafforzeremo il blocco delle forze antifasciste cittadine, tanto più consolideremo la fratellanza fra l’elemento italiano e sloveno della nostra città.

Non deve formarsi una generica occasionale collaborazione che presupponga intendimenti, programmi ed ideologie diversi, bensì un’unica massa che lavora ed agisce con unici intendimenti, con unici programmi ed ideologie. Non esiste in città una parte di popolazione che debba collaborare con un’altra parte che comandi, bensì tutta la popolazione avente come unico fine il benessere della città ed il suo prosperoso avvenire, si mette all’opera e lavora per il conseguimento di tale fine.

Vani però sarebbero i nostri sforzi per la ricostruzione, se non si conducesse a fondo l’opera di epurazione di tutti gli elementi fascisti e profascisti, i quali cercheranno di colpirci proprio nel campo della ricostruzione economica, giacché politicamente essi sono già sconfitti e non hanno la possibilità di affrontarci di fronte. Intensificare bisogna l’epurazione, accelerarle, renderla realtà e non pio desiderio. Colpire bisogna tutti quei fascisti che hanno ora indossato la casacca democratica trasformandosi da fascisti in paladini della democrazia, pur continuando a covare i loro tenebrosi sogni di asservimento della società. Tale opera  di epurazione potrà essere intensificata solo nel caso in cui l’unione degli elementi italiano e sloveno si rafforzi, soltanto nel caso in cui vi sia rispetto nazionale reciproco.

Riconosciamo senz’altro, che qua e la si sono verificati degli spiacevoli incidenti, casi d’incomprensione. Certi elementi, con le loro azioni inconsulte, hanno fatto intravedere tendenze sciovinistiche presso certi elementi sloveni, che sarebbe però errato voler generalizzare.

Bisogna assolutamente chiarificare l’atmosfera, bisogna in modo ragionevole togliere gli ostacoli che consapevolmente o inconsapevolmente sono frapposti fra l’elemento italiano e sloveno, bisogna mostrare al mondo che la lotta in comune ha realmente generato la fratellanza indistruttibile dell’elemento italiano e sloveno. Non sterili risentimenti, non vane rampogne, bensì opere di chiarificazione. Accanto a ciò sta l’imprescindibile necessità di mobilitare quanto prima tutte le forze atte al rafforzamento, sulla base del volontariato, del nostro esercito popolare, il quale condurrà a termine l’opera di epurazione di tutti gli agenti hitleriani e dei vari Quisling. Deve essere parola d’ordine nostra, sentimento di responsabilità di ogni giovane valido, orgoglio di ogni padre, ambizione di ogni madre, il sapere che il proprio fratello, che il proprio figlio, che il proprio padre è un soldato dell’esercito di Tito.

Soltanto una disciplina cosciente, un sentimento di responsabilità collettiva e contemporaneamente individuale, permetterà l’assolvimento di tutti i compiti. Uno spirito di disciplina nel quadro della fratellanza italo – slovena è la base essenziale per ogni futuro sviluppo, per ogni futura miglioria, per ogni prosperoso avvenire della nostra città. Non esiste avvenire per la nostra città all’infuori della fusione delle volontà degli italiani e degli sloveni della città stessa. In vista di ciò dobbiamo lavorare avendo a base delle nostre aspirazioni tale principio e considerando l’impossibilità di altra soluzione all’infuori di quella prospettata.

Poi l’orchestra suona l’inno sloveno, sottolineato da clamorose acclamazioni alla fratellanza italo – slovena, alla autonomia di Trieste in seno alla democratica Jugoslavia, al maresciallo Tito e al maresciallo Stalin.

Parla quindi il compagno Bevk, che porta il saluto del Comitato regionale di liberazione nazionale.

Il discorso del compagno France Bevk.

Egli rileva che la riunione della Assemblea cittadina avrà un’importanza storica per Trieste, come è stato d’importanza storica il momento in cui le truppe del maresciallo Tito hanno liberato la città dall’occupatore tedesco e dai fascisti.

A ognuno che pensi onestamente, è perfettamente chiaro che noi non siamo entrati nella città come occupatori, ma come liberatori e non abbiamo portatola vendetta o l’odio, ma la convivenza pacifica.

Malgrado i dolorosi ricordi degli ultimi 25anni, abbiamo soffocato ogni traccia di sciovinismo nazionale. Vogliamo la collaborazione più stretta colla popolazione democratica italiana, nel reciproco interesse e per la felicità, lo sviluppo e il progresso di Trieste e del suo retroterra naturale. Per più di quattro anni abbiamo sanguinato e combattuto contro l’occupatore tedesco e l’oppressore fascista, non solo per la nostra libertà nazionale e i nostri diritti democratici, ma anche per le libertà nazionali e per i diritti democratici degli altri popoli.

A questi principi di libertà, noi democratici popolari, rimarremo fedeli fino alla fine. Questo viene chiaramente dimostrato dal fatto che il nostro potere militare dopo alcuni giorni ha già consegnato l’amministrazione della città al Consiglio di Liberazione di Trieste, cioè nelle mani del suo popolo.

Speriamo e desideriamo che la situazione politica permetterà che questa amministrazione si trovi presto nelle mani delle masse popolari oneste e democratiche di Trieste. Così Trieste potrà essere finalmente autonoma nella Jugoslavia di Tito, dove si promette alla città col suo largo retroterra uno sviluppo continuo ed un benessere crescente. Quell’autonomia che il fascismo ha tolto a Trieste e che ora le sarà restituita, sta in perfetto accordo coi principi su cui si fonda la nuova Jugoslavia del compagno Tito.

Spettabile assemblea, oggi gli occhi del mondo sono fissi su di noi. Tutte le masse amanti di libertà e veramente democratiche guardano a noi e desiderano il nostro accordo, la costruzione pacifica del nostro avvenire più felice.

Ma anche la reazione mondiale guarda a noi. Quella reazione che ha appoggiato e appoggia ancora l’imperialismo fascista: quella reazione che è stata l’avversaria della democrazia e dei diritti dei popoli e che per i propri calcoli impedì la creazione e il mantenimento della pace delle nazioni in questa parte d’Europa.

Alla campagna contro la nostra libertà, contro la democrazia popolare, il vicepresidente compagno Edoardo Kardelj ha dato la risposta che vi è già nota dai giornali e perciò io non la ripeterò. Non ho neppure nulla da aggiungere alle sue parole chiare e inconfutabili. Sottolineo soltanto che malgrado tutti i diritti all’autodecisione, non intendiamo porre nessuno davanti al fatto compiuto e siamo coscienti che le questioni internazionali non si possono risolvere da una parte soltanto, ma davanti al foro internazionale.

Ma ammaestrati dalle amare esperienze del passato, dobbiamo tuttavia avere oggi garanzie abbastanza solide perché le vecchie ingiustizie non si rinnovino più.

Potrebbe però avvenire che s’incominci nuovamente là dove abbiamo cominciato nel ’18 per finire logicamente là dove abbiamo finito nel ’39, cioè in una nuova guerra. Questo però dobbiamo impedirlo ad ogni costo, nell’interesse della futura pace e per la felicità di tutta l’umanità.

Compagni e compagne! I fascisti sono stati vinti soltanto esteriormente, ma il fascismo non è ancora morto. (Voci: Morirà!).

Allo scardinamento del fascismo, del più grande nemico delle libertà umane e del progresso, dobbiamo consacrare tutte le nostre forze. Lo colpiremo con la nostra democrazia popolare, che è frutto della nostra lotta di liberazione, quella democrazia popolare che dà alle masse di tutti i ceti e di tutte le nazionalità la più larga possibilità di partecipare alle decisioni in tutte le questioni politiche, economiche e culturali: quella democrazia che ci ha dato il nostro potere popolare, i nostri comitati di liberazione nazionale ed i comitati regionali di liberazione nazionale, che oggi rappresentano i più alti poteri nel paese; quella democrazia popolare che ha dato alla città di Trieste la sua autonomia. Essa ha legato nella lotta per la libertà le masse del Litorale, per le quali incomincia una nuova vita, insieme alla certezza  che la vecchia non ritornerà mai più.

Viva Trieste autonoma nella federazione democratica jugoslava!.

I discorsi del comandante e vicecomandante della città.

Annunciato dal compagno Radich parla il maggiore generale Dušan Kveder, comandante della città.

Triestini e Triestine! In nome dello Stato Maggiore della IV Armata e in nome del Comando della città di Trieste, saluto questa prima assemblea della città di Trieste. Alle nostre truppe che secondo un piano magnifico e sotto la direzione del maresciallo Tito hanno liberato l’Istria, il Litorale sloveno, Trieste, Monfalcone e Gorizia, questa vostra manifestazione dà grande soddisfazione. E dà soddisfazione perché questa regione noi l’abbiamo liberata colle nostre forze, dopo duri combattimenti e con numerose vittime. Dà soddisfazione  perché attraverso a questa vostra manifestazione viene messo ancora una volta in luce il fatto che la popolazione di Trieste ci ritiene come benvenuti nella città. Dà soddisfazione perché attraverso questa manifestazione viene confermato che la popolazione di Trieste ritiene il nostro esercito come un esercito liberatore e perché noi sentiamo che attraverso l’onore tributato al nostro esercito voi prendete in considerazione la nuova Jugoslavia democratica.

Dà soddisfazione perché comprendiamo che attraverso questa  manifestazione voi condannate tutto il passato di schiavitù nell’ultimo secolo. Condannate il passato di Trieste nella monarchia austro-ungarica, un regime di oppressione e di odio; condannate la schiavitù fascista che ha portato la città verso la sua rovina economica e che ha distrutto qualsiasi resto di democrazia in Trieste.

Dà soddisfazione perché, nella vostra manifestazione, vediamo la vostra volontà per la pacifica convivenza della popolazione italiana e slovena. Desiderio del nostro esercito è di vedere Trieste come desiderate di vederla voi: Trieste felice, democratica, antifascista nel quadro della forte, democratica, federale e progressista Jugoslavia. Il nostro esercito è lieto di salutare in voi i rappresentanti della maggioranza, della grande maggioranza, del popolo triestino.

Viva Trieste autonoma nella federazione democratica jugoslava.

Il magg. Giorgio Jaksetich, vicecomandante della città, porge il saluto dei garibaldini combattenti nell’esercito del maresciallo Tito.

Diverse – egli dice – furono le difficoltà e i disagi della lotta, superiori a quanto si possa credere; mai però abbiamo mancato al nostro dovere, quello della lotta armata per cacciare il nemico e farla finita col fascismo. Gli anni della dominazione fascista, che hanno provocato la rovina economica della città, ci hanno spinto a lottare fino in fondo per poter por fine a questa situazione.

Dall’altra parte la visione dell’avvenire di Trieste era uno stimolo tanto grande che nessun sacrificio poteva allontanarci dal conseguire l’attuale risultato. Sui monti del retroterra abbiamo fuso le forze italo – slovene per combattere il comune nemico: il nazifascismo. Per i veri democratici, per i veri figli del popolo amanti della pace, questa unione tra italiani e sloveni non è nuova: essi si sono già trovati nelle prigioni del fascismo, nelle isole del confino e, insieme, nella lotta più grande, quella contro la peste del fascismo. Ora ci aspetta di lottare ancora insieme per ricostruire e fare sì che Trieste possa godere della pace, del lavoro, del benessere, della felicità.

Nelle fabbriche, negli uffici, tra le donne e la gioventù si deve formare il più stretto fronte unico delle forze sane e costruttive, perché dobbiamo dare alla nostra città quanto si merita ed avviarla sulle vie del progresso. Noi non ci lasciamo distrarre e distogliere dal nostro compito, dalle chiacchiere, dalle calunnie e dalle offese. Noi abbiamo la certezza del perché combattiamo. Tito sta in testa alla lotta.

La seconda parte

Si chiude la prima parte della Assemblea, e dopo un breve intervallo, durante il quale vengono suonati gli inni americano, russo e inglese, s’inizia la discussione sulla relazione politica tenuta dal compagno Ursich. Intervengono vivamente parecchi compagni.

La discussione certe sull’esigenza immediata della costituzione di un tribunale del popolo per compiere efficacemente l’opera di epurazione nella nostra città. Molti altri problemi sono affrontati e si rileva come la compattezza e l’unità del popolo potranno aver ragione di ogni altra difficoltà. Il compagno Regent traccia la linea da seguire per la ricostruzione e l’avviamento deciso verso la piena attuazione della democrazia popolare e ribadisce ancora la necessità dell’unione stretta tra italiani e sloveni per il successo della lotta. Dà lettura quindi del testo dei telegrammi da inviare all’eroe nazionale maresciallo Tito, al maresciallo Stalin, al presidente degli Stati Uniti d’America Truman, al premier del governo della Gran Bretagna Churchill, al vicepresidente del governo della Jugoslavia e ministro per la costituente Kardelj, al presidente dei ministri della Slovenia, Kidrič al vicepresidente del consiglio dei ministri italiano Palmiro Togliatti, al presidente del comitato popolare provinciale di liberazione Bevk. I presenti approvano con vivissimi applausi.

Poi avviene l’elezione, fatta dai delegati presenti, dei compagni che dovranno costituire la Consulta generale della città di Trieste. Il popolo rappresentato dimostra la sua maturità politica, l’interesse e l’entusiasmo che lo anima. Viene approvata infine la proposta che il Consiglio di liberazione possa aggregarsi altri membri.

La storica riunione popolare è chiusa a sera tarda.

Il discorso del maggiore comandante la Milizia popolare di Trieste Rudi Greif in occasione dell’Assemblea generale della città, tenutasi ieri l’altro al Politeama Rossetti.

Io saluto in nome della Milizia popolare di Trieste la vostra prima assemblea. Io la saluto in nome di coloro che a Trieste per primi impugnarono le armi, di coloro che assieme al nostro esercito regolare liberarono Trieste. Soprattutto mi sento in dovere di rispondere alle calunnie che vanno diffondendo certi elementi fascisti dell’ex CLN che se ne fuggirono a Roma. Essi affermano che noi, cioè l’armata jugoslava, abbiamo soffocato la rivolta organizzata, si crede, da loro. Compagni! Ciò è vero: noi abbiamo impedito che coloro che fino a ieri servirono fedelmente l’occupatore tedesco, come la Guardia civica, la X Mas, ecc., che coloro che fino a ieri perseguitavano e uccidevano i combattenti antifascisti triestini, venissero considerati eguali a noi. tutto ciò abbiamo raggiunto con l’avere già sotto l’occupazione tedesca organizzato e costituito a Trieste, dalle file delle masse democratiche slovene ed italiane, delle unità armate. In queste nostre formazioni accorsero tutti coloro che volevano una Trieste libera, cioè migliaia di operai delle fabbriche triestine, i cittadini , tutta Trieste ad eccezione di coloro che si trovavano al servizio dell’occupatore. Noi li abbiamo chiamati, dicendo loro di abbandonare il servizio di Hitler e di aggregarsi a noi, ma essi rimasero sordi.

Venne l’ora della rivolta: le truppe di Tito si avvicinavano a Trieste, Trieste impugnava le armi per liberarsi assieme alle truppe di Tito. Prima che le nostre unità giungessero dal di fuori, noi abbiamo disarmato parte dei servi di Hitler e attaccato reparti dell’esercito tedesco della città; dopo l’arrivo delle nostre unità operanti, che hanno espugnato in una lotta accanita i numerosi centri di resistenza degli arrabbiati nazifascisti, il nostro esercito triestino si trasformò in Difesa Popolare Triestina, che oggi ha la cura dell’ordine e della tranquillità di Trieste. Molti che fino a ieri furono sordi ai nostri richiami, molti che fino a ieri servivano fedelmente Hitler nelle varie Brigate Nere, nella Guardia civica ecc., cercano oggi di attaccare sul berretto la stella rossa, ma per costoro non c’è posto in mezzo a noi: il posto di costoro è nei campi di concentramento. Noi sappiamo che in mezzo a loro si trovano uomini che furono ingannati, che senza dubbio potranno collaborare con noi, ma prima devono dimostrare che non sono responsabili dei delitti che le formazioni dell’occupatore, e con loro la Guardia civica, perpetrarono ai danni delle masse democratiche in generale e delle masse democratiche di Trieste in particolare. Coloro che fuggirono da Trieste, con ciò solo dimostrarono di non avere le mani pulite nei loro rapporti con queste formazioni armate dall’occupatore.

Proprio coloro che cercano oggi a Roma di parlare in nome del C.L.N. triestino volevano, nei momenti decisivi, giocare a Trieste a mosca cieca. Trattarono con la Guardia civica, cioè con una formazione armata dell’occupatore, ed ostacolarono con ciò i nostri sforzi per conseguire lo sfasciamento della medesima al fine di attrarre i suoi componenti nelle forze armate del movimento antifascista della città.

Che chiacchierino e minaccino pure i vari fascisti da Roma o da qualsiasi altro luogo: le masse democratiche triestine hanno oggi nelle loro mani le armi, hanno la loro Difesa Popolare, la difesa che si trova al loro servizio, e non più al servizio dei neri criminali fascisti. Chi cerca, chiunque esso sia, di asservire di nuovo Trieste, troverà una resistenza incrollabile nelle masse democratiche italiane e slovene, le quali, come aiutarono a liberarla col proprio sangue, così sapranno anche con le proprie armi, e con la propria Difesa Popolare, difendere tutto ciò che hanno conquistato in questa lotta.

 

(dal Nostro Avvenire, 18 e 19 maggio 1945)





(srpskohrvatski / english / italiano)

Verso il 16.mo Anniversario della aggressione della NATO contro la R.F. di Jugoslavia

1) Nostro commento
2) ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ. Le iniziative a Belgrado per l'Anniversario
3) Из предговора за књигу „Србија и НАТО“


This coming March 23rd Belgrade Forum will open an photographic and books exhibition devoted to 15 years since its foundation and a will hold Round table titled NO TO NATO. On March 24th the Forum’s members, students and Friends will lay flowers to the monument of the fallen children (Belgrade, park Tasmajdan) and to the Monument of Victims of NATO aggression (Park Usce, Belgrade) commemoration 16th Anniversary of the NATO aggression...

Altre iniziative segnalate:

Меморијални дани генерала Љубише Стојимировића (Iniziative in memoria del generale Stojimirovic a Negotin)
http://www.subnor.org.rs/negotin-221


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Un nostro commento

Verso il 16.mo Anniversario della aggressione della NATO 

La campagna di bombardamenti indiscriminati della NATO contro la Rep. Federale di Jugoslavia, iniziata il 24 marzo 1999, fu mirata a squartare il paese nelle parti residue:
– a giugno dello stesso anno la violenza armata della NATO ottenne il risultato di occupare militarmente la regione del Kosovo, dove appoggiandosi alle formazioni terroristiche dell'irredentismo pan-albanese (UCK, a sua volta conformato alle tradizionali strutture sociali dei clan) poté ottenere il controllo totale del territorio;
– il 3 ottobre 2000, a coronamento di una furiosa campagna diffamatoria interna e internazionale contro il governo delle sinistre e contro la persona del presidente Slobodan Milosevic e mentre bande di teppisti mettevano a ferro e fuoco sedi istituzionali, di partito e sindacali, prendeva il potere in Serbia la classe dirigente filo-occidentale;
– principale esito simbolico del golpe: il 4 febbraio 2003 il Parlamento Federale Jugoslavo "suicidava" il paese cancellando il nome della Jugoslavia dalla carte geografiche;
– il 21 maggio 2006 un referendum-farsa, con irregolarità eclatanti ma dagli esiti "garantiti" da Unione Europea e NATO, "vinto" per pochi decimi di punto percentuale, porta alla secessione del Montenegro;
– il 17 febbraio 2008 l'Italia in testa alla coalizione dei paesi anti-jugoslavi si affretta a riconoscere la autoproclamata "indipendenza" del Kosovo infrangendo la Risoluzione ONU n.1244/1999 con la quale si era chiusa la campagna di bombardamenti del 1999.
I bombardamenti non furono altro dunque che il punto apicale del progetto revanscista sanguinario messo in atto ai danni del paese balcanico e dei suoi cittadini a partire dal 1990. 

(a cura di Italo Slavo)


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Il Forum di Belgrado per un mondo di eguali ci informa che, assieme al Circolo degli Ufficiali di Serbia e al SUBNOR (Associazione Partigiani) di Serbia, tra pochi giorni promuoverà a Belgrado le seguenti iniziative:

Lunedì 23 marzo 
dalle ore 10, presso il Sava Center, si aprirà una mostra fotografica e libraria dedicata ai 15 anni dalla fondazione del Forum di Belgrado;

Lo stesso giorno e nello stesso edificio, 
dalle ore 11 si terrà la tavola rotonda: "PER NON DIMENTICARE. NO ALLA NATO", cui parteciperanno eminenti personalità dalla Serbia e dall'estero. Sarà presentato in tale occasione il libro "La Serbia e la NATO" e "L'esercito jugoslavo nella difesa della aggressione della NATO nel 1999".

Martedì 24 marzo 
alle ore 11, saranno deposti fiori presso il Monumento ai bambini vittime della aggressione (al parco Tasmajdan);
alle ore 12, presso la Fiamma perenne nel Parco dell'amicizia (Usce, Novi Belgrad), sarà reso omaggio alle vittime dell'aggressione della NATO.

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ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ

ДАНИ  КАД  СУ  НАС  УНИШТАВАЛИ

Навршава се, ето, шеснаест година од почетка оног страшног нечовечног времена мартовског 1999. кад су нас натовци бездушно бомбардовали.

Читавих 78 дана трајао је ваздушни терор најбогатијих западних држава. Противно свим међународним прописима, без објаве рата и мимо икакве дозволе Савета безбедности Уједињених нација.

Штаб НАТО у Бриселу, у коме је седео генерални секретар, социјалиста из Шпаније Солана, заједно са командантом Кларком из Америке, наредио је ракетну паљбу по незаштићеној малој српској земљи. Тај народ био је крив, по резону самовољних зликоваца, што није дао свој вековни простор и од памтивека се борио за истину и слободу.

Кларинетисти из Вашингтона, тада власнику Беле куће Вилијаму Клинтону, није се подчинила власт у Београду, па је без по муке председник дичних САД приволео своје колеге по положају и моралу у Лондону, Берлину, Паризу и осталим центрима држава учлањених у натовску солдатеску да унисоно и без трунке жаљења распале из скривених бомбардера и са безбедних морских крстарица по српским градовима и селима и недужном живљу.

Хиљаде људи је нестало у вихору ракета, страдале су болнице и школе, мостови, фабричке хале, обданишта, војничке касарне, далеководи, телевизијске куће, у згаришта су претворена индустријска постројења. Циљ је био јасан: за сва времена, одлучила је таква гласовита западна цивилизација, уништити слободарски народ на брдовитом Балкану. Због тога су крволочни нападачи сасули на српско тло и на десетину хиљада тона погубног осиромашеног уранијума да дотуку деценијама и оно што није успело у свакодневном ракетирању.

Патње и страдања се у Србији не могу, чак и кад има оних што би то хтели, никад заборавити.

Свесни и поносни родољуби ће и ове године на достојанствен начин одати пошту страдалницима. И подсетити се срамотне агресије НАТО. Упозорити још једном на последице које, шеснаест година позније, трпи напаћена Србија. И колико се и сада, на начин кад су нас уништавали, звецка оружјем и одјекују ратни покличи и ратује под различитим изговорима у разним деловима планете.

Београдски форум за свет равноправних и Клуб генерала и адмирала Србије, две респектабилне организације и у исто време колективни чланови СУБНОР-а Србије, посебно ће подсетити, нашу и страну јавност, на натовску агресију.

У понедељак, 23.марта са почетком у 10 часова, у Центру Сава, биће отворена пригодна изложба о делатности Београдског форума.

Истог дана и у истом здању, у Центру Сава, од 11 часова, одржаће се Округли сто ”Да се не заборави – не у НАТО”. Учесници су еминенте личности из наше земље и иностранства. Биће промовисане и књиге ”Србија и НАТО” и ”Војска Југославије у одбрани од НАТО агресије 1999”.

У уторак, 24.марта, у Београду, на Споменик деци – жртвама агресије, биће у 11 часова положени венци.

У 12 часова, 24.марта, код Споменика Вечна ватра, у Парку пријатељства, на Ушћу у Новом Београду, биће одата пошта страдалницима у нападу НАТО алијансе.

СУБНОР Србије ће активно учествовати. Све организације многољудне борачке антифашистичке организације широм Србије даће, такође, на својој територији допринос да се мучка агресија 1999. године никад не заборави.



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Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Zivadin Jovanovic" 
Oggetto: FW: 
Data: 12 marzo 2015 10:06:15 CET

 
ЧЛАНОВИМА И ПРИЈАТЕЉИМА
БЕОГРАДСКОГ ФОРУМА ЗА СВЕТ РАВНОПРАВНИХ
       Бр. 20/15  
Поштовани,                                                                          
 
Поводом 16 година од почетка агресије НАТО пакта на Србију (СР Југосавију), Београдски форум за свет равноправних, СУБНОР Србије и Клуб генерала и адмирала Србије и ове године ћепригодним активностима,под слоганом „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ“, обележити ову годишњицу у знак сећања на све жртве тог злочина, на патње и страдања, на разарања изазвана 78-осмодневног бомбардовања од стране НАТО-a
Београдски форум за свет равноправних истовремено обележава и 15 година од свог оснивања и рада. 
 
Програм активности обухвата:
 
Понедељак, 23.март 2015.
 
10:00 - ИЗЛОЖБА „15 година Београдског форума“, хол,
Центар „Сава“, свечани улаз из улице Милентија Поповића бр. 9;
 
11:00 - Округли сто„ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ - НЕ У НАТО“. Говориће представници
Београдског форума,Клуба генерала и адмирала и гости из иностранства.
 
Кратко представљање књиге „Србија и НАТО“, друго допуњено издање,Београдски 
форум за свет равноправних, Београд, 2015., и књиге „Војска Југославије у одбрани 
од НАТО агресије 1999.Сведочанства, књига IV“, Клуб генерала и адмирала Србије, 
Београд, 2014.
 
Центар „Сава“, сала 2/0, свечани улаз из улице Милентија Поповића бр. 9.
 
Уторак, 24. март 2015.
 
11:00 -  Полагање цвећакод Споменика деци – жртвама агресије, Парк Ташмајдан;
12:00 – Полагање цвећакод Споменика жртвама агресије „Вечна ватра“, Парк
пријатељства,Ушће, Нови Београд.
 
Част нам је да Вас позовемо да учествујетеу наведеним активностима. Покажимо да памтимо, да поштујемо недужне жртвеи своје достојанство.
 
С најдубљим поштовањем,
 
Београд, 5. март 2015.                               
Живадин Јовановић
П Р Е Д С Е Д Н И К
БЕОГРАДСКИ ФОРУМ ЗА СВЕТ РАВНОПРАВНИХ



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http://www.beoforum.rs/sve-knjige-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/669-srbija-napusta-politiku-vojne-neutralnosti.html

СРБИЈА НАПУШТА ПОЛИТИКУ ВОЈНЕ НЕУТРАЛНОСТИ?

 

Проф. Др Радован Радиновић, генерал у пензији

Из предговора за књигу „Србија и НАТО“:


Актуелна друштвена збиља је, напросто, наметнула потребу да се Форум поново огласи на тему односа Србије и НАТО. Већ дуже време на делу је политика да се Србија методом корак по корак, иза леђа јавности, увуче у чланство НАТО-а. На једној страни, формално, и даље је на снази Декларација Народне скупштине Србије према којој Србија води политику војне неутралности, што свакако искључује везивање, поготову, придруживање или чланство у било какве војне савезе, па ни у НАТО. На другој страни, Влада се пузећим стилом, готово, потпуно предаје у челични загрљај НАТО. Закључују се тајни и јавни уговори, договори, планови и аранжмани којима се потпуно обесмишљава тзв. статус војне неутралности утврђен актом Народне скупштине. Наоружање и друга војна техника, инфраструктура, војна индустрија прихватају стандарде НАТО. Војницима НАТО пакта одобрава се слободан транзит и коришћење инфраструктуре Србије, без наплате или обештећења, припадницима НАТО гарантује се дипломатски статус и изузеће од административне, кривичне или грађанско-правне одговорности, кад год се, по било ком основу, нађу на територији Србије. Старешине и војници НАТО-а тако на територији Србије добијају права далеко већа него што их у Србији имају старешине или војници Војске Србије! Када и чиме НАТО заслужи такве привилегије? Колико је (бе)смислено тврдити да је Србија данас војно неутрална земља!? Или су све побројане концесије и привилегије дате НАТО-у „статусно неутралне“, попут „статусне неутралности“ бриселских споразума којима се Србија, са својим уставним и правним системом, потпуно повлачи из Покрајине?

Уз обилну финансијску подршку НАТО чланица, структура и центара, у Србији је развијен читав систем тзв. цивилног сектора који, врши систематску пропаганду у прилог чланства Србије у НАТО. Средствима српских пореских обвезника такође се, преко републичког буџета, финансира «статусно неутрална» про-НАТО пропаганда. То што је око 75% грађана Србије против чланства у НАТО као да никог из Владе не занима. Влада има одговорност да доноси и непопуларне одлуке – кажу. Или се милиони евра и долара улажу у пропаганду да би се анти-НАТО расположење грађана преокренуло у про-НАТО. Да ли је то реално у земљи која је колико јуче, била жртва злочиначке агресије НАТО?Коме је у интересу да се забораве људске жртве и разарања у Србији, да се најгрубље понижава и деморалише нација? Ко и зашто затвара очи над чињеницом да је НАТО агресивна, освајачка војна организација, да је његова експанзионистичка политиика «ширења на Исток», на границе Русије у основи украјинске кризе?

Све је видљивије да је војна неутралност, као званична државна политика, угрожена и да се припрема терен за њено и формално напуштање. Знани и незнани саветници, инструктори и агенти НАТО, резиденти или «летећи», јавно или тајно, саветују владаре Србије, да је НАТО једини прави избор. Један од тих саветодаваца је некадашња и данашња, НАТО перјаница, бивши премијер Велике Британије Тони Блер. Онај Блер који је велики део своје политичке и личне енергије утрошио у припреме, креирање лажних образложења и покретање НАТО агресије на Србију (СРЈ), у сатанизовање српског народа и заговарање копнене инвазије. Онај Блер кога су медији у његовој земљи окарактерисали као «Клинтонову пудлицу», а кога је градоначелник Лондона Борис Џонсон у септембру 2014. јавно окарактерисао као особу која је креирала и ширила неистине о Косову и Метохији и оружју за масовно уништавање у Ираку и болесника коме је «потребна професионална психијатријска помоћ». Блер чија су влада, агенције, представниции и инструктори годинама наоружавали, финансирали и обучавали терористичку ОВК на Косову и Метохији припремајући је за савезништво са НАТО-м. Блер кога је суд у Београду осудио на вишегодишњу робију због злочина против српског народа, кога огромна већина грађана Србије и данас, 16 година после агресије, сматра злочинцем. Може ли се такав човек дочекивати у Београду и испраћати као добронамерни сарадник а да то није најгрубље вређање нације, здраве памети, да то није ниподаштавање људских жртава и њихових потомака? Да ли је и позивање непријатеља и злочинаца у госте начин да Србија доказује да је отворена, проевропска, нексенофобична, модерна, прагматична, жељна знања и напретка, окренута будућности... Коме се и на који начин Србија данас доказује као независна и достојанствена држава?

Најзад, ко су саветници српске Владе за избор саветника?

Недавно, 13. фебруара 2015. у Београду је одржан «стручни» скуп на којем су НАТО приврженици – углавном, из интереса (по неки и из убеђења) – просипали мед и млеко о наводном благостању у којем би се Србија нашла уколико би прихватила чланство у НАТО. Пре 15-так година «пут у бољи живот» нуђен нам је преко преко збацивања «ауторитарног режима», «демократизације», «лустрације», прочишћења свести од заосталих идеја, као и силних донација западних добротвора. Задржавајући све такве «аргументе» и даље у употреби, у садашњој фази западни ментори, уз садејство дубоке економско-социјалне кризе, отворено нуде чланство у НАТО као кључ раја за Србију.

На поменутом скупу изнета је и нова «статистика» о жртвама «бомбардовања» 1999, која укупан бнрој «страдалих људи» своди на 758 («Политика», 14. фебруар 2015.), иако је током агресије животе изгубило преко 3.500 људи. Било би, заиста, интересантно сазнати критеријуме НАТО статистичара када у «страдале људе» нису уврстили 1.008 војника? Или, колико је убијених путника путничког воза у Грделичкој клисури увршћено у ново-објављену НАТО «статистику»? Подсетимо се: бомбардери НАТО су најпре бомбардовали, а потом још једном, «оверили» композицију путничког воза на мосту у Грделици, ваљда, да би били сигурни да нико не преживи! Но, није се једном чуло (од саветника, инструктора и агената са Запада) – за Србију је једино важна САД/НАТО перцепција! Службене статистике Војске Србије, полиције, правосудних и других органа Србије, морају се повући пред САД/НАТО перцепцијама!

Кандидатура за чланство у НАТО

Владин апаратје, у сарадњи са НАТО-м, припремио обиман документ под називом „Индивидуални план акционог партнерства Србије и НАТО“ (ИПАП) који доводи у питање војну неутралност државе. Њиме се, поред осталог, предвиђа обавеза Србије да потпише СОФА споразуме са свим чланицама НАТО савеза, какав је Борис Тадић потписао 2006. са тадашњом државном секретарком САД Кондолизом Рајс. И војницима свих других чланица НАТО биће загарантована екстериторијалност и диплопматски статус кад год се, било којим поводом, нађу на територији Србије. Србија ће и њима гарантовати изузеће од одговорности за било каква дела, укључујући кривична, за било каква кршења закона Србије или изазивање материјалне штете.

Индивидуалним акционим планом партнерства, предвиђа се потпуно усаглашавање стандарда оружја, друге војне технике и целокупне војне инфраструктуре у Србији са стандардима НАТО. Није објављено, нити се у тексту документа пише, колико ће све то коштати Србију и колико ће се Србија још задужити да би све те обавезе испунила. У недалекој, неутралној Аустрији, притисци да се учлани у НАТО, одбијени су са образложењем да не може да поднесе велике издатке које чланство у НАТО-у носи собом. Нећемо овом приликом поредити економско стање Србије са економским стањем Аустрије. Нећемо овом приликом улазити ни у политичку цену, иако је јасно да Србија убрзано предаје своју судбину и будућност нових генерација у руке једног освајачког, империјалистичког савеза.

У документу који ће у Брислу, како је објављено, 18. марта 2015. потписати министри иностраних послова Ивица Дачић и Министар одбране Братислав Гашић, има много других обавеза које тек треба анализирати, чак и са становишта њихове (не)уставности. Овде не треба изоставити став у коме се, гле чуда, наводи обавеза, или писано обећање, да ће Србија у одређеном року у потпуности завршити приватизацију. У документу који наша два министра потписују са заповедницима војне алијансе НАТО налази се и изјава о окончању приватизације! Какав интерес има НАТО за окончање приватизације у Србији – можда ће се неко запитати. Одговор је релативно јасан, лак и логичан – да се корпорације из земаља чланица НАТО пакта (државне, приватне, мултинационалне) домогну и онога што је преостало у Србији – Телекома, ЕПС-а, Дунав осигурања, ПКБ-а, пољопривредног земљишта, рудника, вода, природних богатстава, свега што јевредно а преостало из јавног, државног, или друштвеног сектора! Управо онако како су, само у периоду од 2001. – 2011. компаније из земаља чланица НАТО исисале из Србије 51 милијарду америчких долара!

«Право време» за кандидатуру

Када се потписује нови докуменат најављен као највиши степен сарадње Србије и НАТО?

У марту 2015. неколико дана пре годишњице почетка агресије НАТО 1999.,уочи помена жртвама агресије, уочи сећања на прогон Срба и других неалбанаца са Косова и Метохије, сећања на разарања процењена на преко 100 милијарди САД долара, коришћења оружја са осиромашеним уранијумом, разарања болница, школа, породилишта, фабрика, радио и ТВ станица и релеја, трафо станица и преносне електро-мреже, рафинерија. Сарадња са НАТО се подиже на највиши ниво када се заоштравају глобални односи у Европи и свету и то управо када постаје очигледније да је узрок заоштравања налази у експанзионистичкој, интервенционистичкој и освајачкој политици НАТО. Када постаје јасно да НАТО ни у којој кризи није део решења већ део заоштравања, дестабилизације и подела или, како се то све чешће, пише и говори, део «контролисаног хаоса». Када у свету јача отпор хегемонизму и империјализму, када постаје јасно да паралелно, логиком историјског развоја, одлазе са историјске позорнице и концепт либералног капитализма и концепт униполарног поретка светских односа. Свет не прихвата империјални тоталитаризам и хијерархијске односе већ се све одлучније и све успешније бори за свет слободе и равноправности. Када је Србији потребније него икада раније да своју будућност пројектује водећи рачуна о својим историјским искуствима, укључујући и она из агресије НАТО пре 16 година, када јој је неопходно да из клечећег положаја усправи нацију, она своју судбину без остатка везује за односе, концепте и реликте хладног рата и одлазећег униполарног света.

То се дешава у време заоштравања односа између Запада и Истока, између САД и Русије, односно, између НАТО и Русије. У време почетка новог хладног рата. Украјинска криза у чијој су основи америчка и НАТО стратегија ширења на Исток, обојене револуције и глобални интервенционизам , изгледа, делују као фактор убрзања за укључивање Србије у НАТО. Америка и НАТО чине све да би очували униполарне односе у Европи и свету, да би затворили обруч око Русије. Потписивањем документа о највишем облику сарадње са НАТО-м, Србија се понаша као да не разуме шта то у датим условима и трендовима значи и куда води, или да јој је све једно, или да подржава такву стратегију НАТО. Како нам недавно саопшти државни секретар САД, Србија се, у украјинској кризи, налази на линији ватре! Шта год он под тим подразумевао, не ради се ни о чему добром по нас. Толико тога је учињено пузајућом тактиком приближавања наше земље НАТО-у, да би јавно изјашњавање о томе у догледној будућности могло постати потпуно излишно.

У својој суштини, нови документ Србије и НАТО означава кандидовање Србије за чланство у НАТО-у, напуштање политике војне неутралности. Свеједно, његови творци се не обазиру на расположење већинске јавности у Србији, још мање су спремни да документ бар формално поднесу на ратификацију Народној скупштини.

Овом књигом желимо да упозоримо да Србији као мирољубивој европској земљи није место у НАТО агресивном, освајачком савезу одговорном за злочине против мира и човечности, велике људске жртве и разарања наше земље 1999. године. Форум се дистанцира од политике пузајућег учлањења Србије у НАТО сматрајући да је то супротно националним и државним интересима, супротно циљевима мира и безбедности у Европи. Таква политика не поштује вољу народа и његово достојанство. Таква политика игнорише историјска искуства Србије у 20. веку што може имати кобне последице. Оцене и закључци Форума усвојени још 2011. године задржали су пуну актуелност и вредност и данас:

1. НАТО је милитаристичка алијанса која служи искључиво америчким империјалним интересима; 2. НАТО се понаша агресивно и освајачки у целом свету, од Блиског, Средњег и Далеког Истока, преко Источне, Централне и Северне Африке до Сирије и Украјине; Глобални интервенционизам и стратегија експанзије на Исток (руске границе) представља опасност по мир и безбедност у Европи и свету; 4. НАТО изазива оружане сукобе, под лажним образложењима, са циљем успостављања тоталне контроле над економским и природним ресурсима, стратешки важним територијама и тржиштима да би очувао привилегије развијених над мање развијеним земљама; 5. НАТО је реликт хладног рата и није у стању да реши ни један међународни сукоб или проблем; 6. Чланством у НАТО Србија не би могла да унапреди своју безбедност; 7. НАТО је одувек био главни непријатељ Русије а данас је његов стратешки циљ одвајање Русије од Европе, њена изолација, економско изнуривање, дестабилизација и разбијање њене државне територије. Сврставање Србије уз Алијансу са таквом стратегијом је супротно нашим државним и националним интересима. Русија је традиционални пријатељ и савезник Србије у оба светска рата, никада није ратовала против Србије увек је, када је могла, била на страни Србије, она је стална чланица Савета безбедности и данас упорно подржава Србију у очувању суверенитета и територијалног интегритета.

На основу свега изложеног, Форум сматра да је у најбољем националном и државном интересу да Србија прихвати и учвршћује политику активне неутралности у односу на све војне алијансе. Тим пре се то односи на НАТО због његове милитаристичко – империјалистичке стратегије.