Informazione


E' TUTTO SEMPRE SOLO COLPA DELLA RUSSIA


Nel corso del suo recente viaggio in Germania, il premier della junta golpista ucraina Jatsenjuk non ha mancato di compiacere i suoi padroni tedeschi riscrivendo a suo modo la storia e la cronaca di questi giorni. Secondo Jatsenjuk, fu l'Unione Sovietica a invadere la Germania e l'Ucraina durante la II G.M., mentre oggi la responsabilità del terrorismo islamista che ha duramente colpito la Francia è della Federazione Russa.


Fonti:

Jazenjuk ha detto che l'Unione Sovietica invase la Germania e l'Ucraina (9/1/2015)
http://comunicati.russia.it/jazenjuk-ha-detto-che-l-unione-sovietica-invase-la-germania-e-l-ucraina.html
Orig.: http://lifenews.ru/news/148125




(srpskohrvatski / english / italiano)

Bosnia: Islam contro Islam

1) Terrorismo nel Nord-Est / La storia dell'imbianchino Mesinovic arrivato a Longarone dalla Bosnia / Califfato: la rete bosniaca recluta in Italia (ott-nov 2014)
2) «Quello è mio figlio», Lidia riconosce il piccolo in tv: è nella rete dell'Isis / Ismail Davud Mesinovic, il bambino italiano con l’Isis (dic 2014)
3) IMAM BOSNIACO AGGREDITO 7 VOLTE PER LE SUE POSIZIONI ANTI-ISIS:
Bosnian imam attacked 7 times over call to stay out of Syria (AP, Jan 5, 2015) / U Trnovi nožem napadnut imam Selvedin Beganović / "Naš džihad je otvarati radna mjesta, a ne ići na strana ratišta"


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Vedi anche, sulla strage alla redazione di Charlie Hebdo:

Un colpo alla Francia e all'Europa (di Giulietto Chiesa, mercoledì 7 gennaio 2015)
Operazione in grande stile: per colpire la Francia. Per colpire l'Europa. Guardarsi dalla spiegazione più semplice, il far odiare l'Islam...

Charlie Hebdo: la guerra e la guerra santa (di Francesco Santoianni, 7/1/2015)
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2839

Il Punto di Giulietto Chiesa: Parigi, trappola sanguinosa
07/01/2015 – La riflessione di Giulietto Chiesa sull’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, quali conseguenze potrebbe generare e a chi potrebbero essere utili...
http://www.pandoratv.it/?p=2575
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=p9mpDJgmncg

Vedi anche, sull'appoggio dei paesi occidentali ai tagliagole "islamisti"

Lobbysti USA a favore dell' ISIS (nov 2014)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8153

Fantomas colpisce ancora. L'apprendista-imperialista stregone ci regala uno spauracchio dopo l'altro: da Bin Laden all'ISIS, e si prepara Al-Fadhli… (ott 2014)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8126

Vedi anche, sulla importazione/esportazione del terrorismo islamista balcanico dapprima vezzeggiato come strumento per la distruzione della Jugoslavia:

COME LIBERARSI DEI TAGLIAGOLE DOPO AVERLI UTILIZZATI?
In campi bosniaci l’addestramento agli islamici Ue / Mujaheddin bosniaci hanno inondato la Siria / Kosovo, il nuovo "serbatoio" di estremisti islamici al di là dell'Adriatico...

I CROCIATI E GLI ASSASSINI
I nuovi jihadisti vengono dal Kosovo / L'imam Bilal Bosnic: giusto rapire le ragazze italiane / La spirale balcanica minaccia jihadista per l'Italia / Quando l'imam combatteva in Bosnia / Il vero pericolo terrorista arriva dai Balcani…
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8102

HANDZAR AND SKANDERBEG RELOADED
In Sangiaccato sfilano una trentina di giovani con le uniformi ed il "fez" dei reparti musulmani delle "SS" / I ‘nazi-islamisti’, eredità sporca dei Balcani / Arrestato il capo religioso della Grande Moschea di Pristina. Reclutava per l'ISIS / FLASHBACKS 2005--2010…
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8115

I jihadisti? I figli delle fondazioni di beneficienza (di Lavdrim Lita, 12/9/2014)
http://www.eastjournal.net/balcani-i-jihadisti-i-figli-delle-fondazioni-di-beneficienza/47524

Guerra santa, terrorismo di stato e crimine organizzato in Bosnia (di Riccardo M. Ghia per Bright Magazine, 2011)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7204

LA "TRASVERSALE VERDE": UN PO' DI STORIA
A cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia, 1998
http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra/CRJ/GEOPO/storia_zetra.html


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http://www.repubblica.it/cronaca/2014/10/30/news/jihad_italia_is_padova_inchiesta_terroristi-99386873/

Terrorismo nel Nord-Est, perquisite le case di 5 presunti jihadisti

Indagine della procura padovana contro cinque individui. Ipotesi di reato: associazione con fini di terrorismo internazionale e arruolamento. Si cerca di svelare la rete di contatti che ha portato alla radicalizzazione degli indagati

di GIULIANO FOSCHINI e FABIO TONACCI

30 ottobre 2014

PADOVA - Terroristi. E reclutatori. Con la testa in Italia ma con il cuore in Siria, accanto ai combattenti dell'Is. E' questa l'accusa che viene mossa dai carabinieri del Ros di Padova hanno bussato alle porte dei cinque indagati principali (quattro bosniaci e un macedone) dell'inchiesta sulla presunta nuova cellula terrorista del Nord Est.

Sono state perquisite le case dei due fondamentalisti di Belluno partiti per la Siria e finiti a combattere nelle file dell'Is: l'imbianchino bosniaco Ismar Mesinovic (morto a gennaio nei pressi di Aleppo) e Munifer Karameleski, il 26enne macedone residente a Chies D'Alpago e amico di Mesinovic (entrambi frequentatori del centro islamico Assalam di Ponte nelle Alpi). Di Karameleski si sono perse le tracce. Secondo alcuni blog stranieri sarebbe morto anche lui durante uno scontro con le milizie di Bashar al-Assad, a marzo. Ma della notizia non si è mai avuta la conferma ufficiale, dunque gli investigatori italiani ritengono che possa essere ancora vivo e non escludono un suo ritorno in Italia da reduce.

Ma non ci sono solo loro, nell'indagine avviata a gennaio dal pm Valter Ignazitto e che li vede accusati a vario titolo in base all'articolo 270 bis e quater del codice penale per associazione con fini di terrorismo anche internazionale e arruolamento. Tra i perquisiti figurano P.P., un giovane bosniaco che vive a Longarone, e altri due soggetti di religione islamica che di recente si sono radicalizzati: O.A. e V.A., entrambi residenti nel piccolo comune friulano di Azzano Decimo e assidui frequentatori del Centro di preghiera di Pordenone, dove nel 2013 potrebbero aver conosciuto Bilal Bosnic, l'imam errante salafita che si muoveva tra la Bosnia, l'Austria e il Nord Italia [ http://www.repubblica.it/esteri/2014/08/28/news/bilal_bosnic_ci_sono_italiani_nell_is_conquisteremo_il_vaticano-94559220/ ], arrestato nel settembre scorso e tuttora detenuto a Sarajevo. 

Anche Karameleski e Mesinovic, almeno in un'occasione, sono andati a pregare a Pordenone nello stesso centro culturale, prima di mollare tutto e partire per la Jihad. Mesinovic si è portato dietro anche il figlioletto di tre anni, che secondo alcune fonti straniere sarebbe stato affidato a una famiglia bosniaca in Siria, mentre la moglie cubana di Ismar è rimasta in Italia.

In particolare V.A. è ritenuto dagli inquirenti soggetto particolarmente interessante: operaio, sulla trentina, sposato con una donna slava. Ad Azzano Decimo non passa inosservato: look da predicatore islamico e parole da convinto sostenitore dell'Is. Nelle cinque abitazioni perquisite sono stati sequestrati 5 pc e varie chiavette usb e altro materiale hardware. Nei prossimi giorni saranno analizzati dai tecnici forensi della procura. Era attraverso i portatili e attraverso software quali Skype e Viber che i cinque comunicavano tra loro e con soggetti all'estero. Anche se al momento non sono state individuate conversazioni particolarmente "pericolose" o indicative di un imminente "passaggio all'azione".

Quello che gli inquirenti stanno cercando di capire è la rete di contatti che ha consentito ai due di Belluno di arrivare in Siria, passando via terra dalla Turchia. E quale sia stato il ruolo dell'imam salafita Bosnic nel percorso di radicalizzazione dei quattro uomini.

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http://ricerca.gelocal.it/corrierealpi/archivio/corrierealpi/2014/10/31/NZ_02_22.html

La storia dell'imbianchino Mesinovic arrivato a Longarone dalla Bosnia

PONTE NELLE ALPI. Dai Balcani alla Siria, via Bellunese. La storia di Ismar Mesinovic e Munifer Karamaleski è, per molti versi, simile. Mesinovic era partito da Doboj, una cittadina della Repubblica Serba di Bosnia, per stabilirsi a Longarone. Faceva l'imbianchino per un'azienda di Ponte nelle Alpi, quando ha deciso di portare chissà dove il piccolissimo Ismair e lasciare la moglie cubana Lidia Solano Herrera, per andare in Siria. È morto a gennaio, in un combattimento. La donna, che per amore si era convertita all'Islam non porta più il velo e adesso vive con la sorella. Il sindaco longaronese Roberto Padrin ha sempre detto di «non aver mai avuto problemi con i suoi vicini musulmani». Karamaleski è di Plasnica, un centro della Macedonia. Venticinquenne, sposato e padre di tre bambine, lavorava come operaio in un'ottica di Cornei Puos d'Alpago, quando ha deciso di licenziarsi, farsi cancellare dall'anagrafe del Comune di Puos e partire insieme a Mesinovic. Il sindaco di Chies d'Alpago, Gianluca Dal Borgo l'ha sempre descritto come «un ragazzo elegante e discreto. Integrato nella comunità alpagota, ma anche assiduo frequentatore della moschea Assalam». (g.s.)

31 ottobre 2014

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http://www.analisidifesa.it/2014/11/califfato-la-rete-di-reclutameno-bosniaca-attiva-in-italia/

CALIFFATO: LA RETE BOSNIACA RECLUTA IN ITALIA

di Redazione, 11 novembre 2014

di Paolo Giovannelli da Redattore Sociale del 10 novembre 2014

Era il 1992 quando l’Europa abbandonò la Bosnia al suo destino, schiacciata nella guerra fra il nazionalismo serbo e quello croato. Quell’indifferenza consentì all’Islam – anche quello integralista – di rientrare (non accadeva dai tempi degli Ottomani) nel cuore dell’Europa sulla scia di organizzazioni umanitarie islamiche, predicatori e reparti di paramilitari arabi e asiatici inviati in soccorso dei “fratelli musulmani” di Bosnia. Oggi le polizie europee danno la caccia ai presunti reclutatori bosniaci che – selezionandoli in Europa – inviano combattenti in Siria a supporto della Jihad dello Stato islamico (Is), alcuni dei quali attivi anche in Italia.

I reclutatori in Italia

Il più sospettato fra quelli passati per l’Italia, è sicuramente l’imam radicale Bilal Hussein Bosnic, 42 anni, conosciuto dai suoi come Cheb Bilal: “Ogni musulmano deve sostenere la Jihad insegnando, lottando o finanziando.
Noi musulmani crediamo che un giorno il mondo intero sarà uno Stato islamico e anche il Vaticano sarà musulmano”. Parole sue. Nel settembre scorso è stato catturato dalla Sipa, la polizia speciale del ministero per la Sicurezza di Sarajevo, che lo ha accusato di finanziare il terrorismo di matrice islamica e reclutare combattenti da inviare in Siria; per riaverlo in Italia e interrogarlo, cosa che il pm Walter Ignazitto dovrà fare, serve adesso l’apertura di una rogatoria internazionale
Un altro indagato, insieme a Veapi, sarebbe Arslan Osmanoski, sospettato di aver favorito la predicazione di Bosnic al centro islamico di Pordenone.
Tuttavia l’imam di Pordenone, Ahmed Erraji, che tira fuori dal cassetto le foto con Bilal Bosnic scattate nel maggio-giugno 2013, è certo dell’estraneità ai fatti di
Veapi e Osmanoski e ribadisce la sua condanna contro gli integralisti islamici: «Non abbiamo nulla da nascondere e vogliamo vivere in pace», afferma. Proprio in questi giorni i Ros di Padova hanno effettuato nuove perquisizioni a Longarone, a Chies d’Alpago e ad Azzano Decimo, sia a casa di Munifer Karamaleski (operaio macedone che ha lasciato Palughetto e che attualmente dovrebbe combattere in Siria) e di un italiano bellunese convertitosi all’Islam, Pierangelo Abdessalam Pierobon,
sequestrando computer, telefonini e documenti. Nei telefonini sequestrati, i Ros avrebbero trovato alcuni “selfie” fatti in compagnia dello stesso imam radicale Bilal Bosnic.  Bilal Bosnic è considerato uno dei capi del movimento dei wahabiti bosniaci (diffusosi in Bosnia-Erzegovina con la brigata El Mudžahid, nel 1992 e poi nel 1994: paramilitari ben addestrati, di origine araba o asiatica). Bosnic, che avrebbe iniziato a combattere nella guerra dei Balcani non ancora ventenne contro i serbi, ha dichiarato che ci sarebbero anche cittadini italiani (una cinquantina) tra i combattenti dello Stato islamico (Is).
In Italia ha tenuto vari incontri “di preghiera”, come nelle città di Bergamo, Pordenone e Cremona. In un video del 2012 intitolato Con chi stai insieme?, lo si può vedere al centro culturale “Restelica” di Monteroni di Siena, insieme ad un altro predicatore radicale islamico, Idriz Bilibani, quest’ultimo già arrestato dalla polizia kosovara nel 2010, probabilmente su richiesta americana. In Bosnia, dalla metà degli anni ’90, si sono consolidate roccaforti di stampo salafita-jihadista. Da tali insediamenti si sono sviluppate le reti su cui viaggiano i messaggi degli imam radicali: un pericolo non soltanto per l’area balcanica ma anche per il resto d’Europa e per l’Italia.
Nell’agosto scorso, l’imam Bosnic aveva anche giustificato il rapimento delle due cooperanti italiane, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, definendo la loro azione come “interferenza” e aveva descritto come spia James Foley, il giornalista americano ucciso dall’Is, giustificando il suo assassinio come atto di guerra.

Gli operai italiani del Jihad

In Italia, secondo gli inquirenti, potrebbe essere stato proprio l’incitamento di Bosnic alla “guerra santa” ad aver convinto sia l’imbianchino bosniaco Ismar Mesinovic (partito dall’Italia per la Siria fra il novembre e il dicembre 2013), sia l’operaio macedone Munifer Karamaleski , frequentatore dei centri islamici di Trento e di Pordenone.
Mesinovic, nato a Doboj (Bosnia) il 22 agosto 1977, si recava a pregare al centro Assalam-Pace di Ponte nelle Alpi: è morto in Siria, a 37 anni, nei primi giorni del gennaio scorso (sembra tra il 4 e il 6 gennaio) in circostanze non chiarite. Ancora non si capisce se sia davvero caduto in combattimento; sua moglie (una cittadina cubana convertitasi all’Islam) ha dichiarato di aver saputo che il marito era stato gravemente ferito ad Aleppo, dove infuriava la battaglia fra jihadisti e le truppe del presidente siriano Assad.
La morte di Mesinovic è stata comunque provata da fotografie pubblicate in internet, sia dall’estremo saluto che i suoi confratelli hanno postato su profilo Facebook Scienza del Corano il 13 gennaio scorso. Il messaggio recita: “Io Anass Abu Jaffar (adesso indicato come indagato dalla procura di Venezia,ndr) e il Fratello Usama e il Fratello Piero con il mio carissimo fratello che è morto Rahimahu Allah che Allah gli doni il firdaws (il livello più alto del paradiso islamico, ndr). Così, sorridente voglio ricordare questo fratello morto in Siria… Morto perché il suo sogno era quello di riportare giustizia in quella terra. Morto per quelle migliaia e migliaia di donne e bambini uccisi ingiustamente.
Allah ne sa di più. Che Allah abbia misericordia della tua anima e che ti accolga nel firdaws tra i martiri). Nella foto allegata al messaggio, c’è quindi il volto di Ismar Mesinovic, imbianchino benvoluto nel bellunese, che da Longarone si era trasferito insieme alla compagna e al figlioletto in una casa di Ponte nelle Alpi.
Il 25 aprile scorso, ancora sulla Scienza del Corano, profilo prevalentemente gestito dallo stesso Annas Abu Jaffar (attualmente non più in Italia: dovrebbe essersi trasferito a Casablanca, in Marocco) è stata pubblicata anche una foto di un combattente islamico con la bandiera nera dell’Is: il commento a fianco punta sul concetto di “nazione vittoriosa”.
Parlando ancora di siti web di matrice islamico-integralista gestiti in Italia, va notato che – in concomitanza con l’arresto di Bosnic da parte della polizia di Sarajevo – a Bergamo chiudeva il sito internet “Islamsko Dzemat Bergamo” (Studio Islam) e la corrispettiva pagina Facebook, che aveva pubblicato diversi video che ritraevano lo stesso predicatore bosniaco. Sempre nello stesso periodo della partenza di Mesinovic, anche il macedone di 26 anni, Munifer Karameleski , operaio in un’industria ottica, perfettamente inserito in Italia, ha lasciato genitori e fratelli in quel di Palughetto, piccola frazione di Chies d’Alpago: destinazione Siria. Lui, almeno, sarebbe ancora vivo. Il padre, intanto, l’ha ripudiato come figlio.

Le indagini in corso. Le reazioni dei vicini, dei datori di lavoro e delle famiglie

In queste ore gli investigatori continuano a lavorare nelle province di Belluno, Treviso e Pordenone. Il loro scopo è quello di ricostruire i contatti di Mesinovic e Karameleski e le fasi del loro reclutamento, per individuare la rete di “passatori” che li hanno fatti viaggiare dal Veneto fino ai campi di battaglia siriani.
I vicini dei due, i loro datori di lavoro sono sbigottiti. Ancora non credono che quei due “bravi ragazzi”, quei due lavoratori con donne e figli possano aver fatto una fine del genere: il primo morto, forse in battaglia contro i regolari di Assad e l’altro disperso da qualche parte in Siria. C’è poi la reazione dei familiari, che non si capacitano.
Da Ponte nelle Alpi e Palughetto alla Bosnia, alla Macedonia, nessun genitore, magari formatosi culturalmente sotto il socialismo di Tito o emigrato dai Balcani in Italia per migliorare la condizione economica della propria famiglia, può accettare un figlio morto in Siria sotto la bandiera nera dell’Is.
Ma i reclutatori non si fermano: sfruttano l’ignoranza, l’impossibilità di una vita decente: sono circa 150 i cittadini bosniaci impegnati nelle guerre “di religione”, partiti dai dintorni di Sarajevo, Srebrenica, Bihac, Vogosce, Vitez. Si tratta, in gran parte, di giovani che non hanno avuto l’opportunità di studiare, che provengono da paesini montani isolati, che hanno avuto come unico riferimento “importante” un uomo che sembra loro più colto, migliore e che promette il riscatto dalla miseria, dalla loro e da quella di tutto il mondo che crede nel vero Dio e che li fa sembrare improvvisamente vincenti e in tanti: il predicatore radicale, l’uomo che li spinge al Jihad. Fino alla morte.

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Vedi anche, sui bosgnacchi in Italia:

Casa, fabbrica, jihad: così il Califfo s’infiltra nel “modello Veneto” (di Francesca Paci, 23/11/2014)
http://www.lastampa.it/2014/11/23/esteri/casa-fabbrica-jihad-cos-il-califfo-sinfiltra-nel-modello-veneto-1E1L9pHHNE3Jnuxlu6WWRO/pagina.html


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PABLO TRINCIA ALLA RICERCA DI ISMAIL, IL BAMBINO DI BELLUNO RAPITO DAL PADRE JIHADISTA (AnnoUno, 18 dic 2014)
Ismail Mesinovic è un bimbo di tre anni. Nel dicembre scorso è scomparso dalla cittadina in provincia di Belluno dove viveva, rapito dal padre che l’ha portato con sé in Siria per arruolarsi tra le fila degli jihadisti. Pablo Trincia ha seguito il loro percorso, dall’Italia alla Siria: ecco un’anticipazione del reportage in onda stasera...
http://www.announo.tv/2014/12/pablo-trincia-a-caccia-di-ismail-il-bambino-di-belluno-rapito-dal-padre-jihadista/?author_id=

Vedi gli altri servizi su AnnoUno: http://www.announo.tv/?s=ismail

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http://www.ilmattino.it/PRIMOPIANO/CRONACA/belluno-bimbo-rete-isis-ismail-la7-tv/notizie/1078433.shtml

«Quello è mio figlio», Lidia riconosce il piccolo in tv: è nella rete dell'Isis

di Olivia Bonetti - sabato 20 dicembre 2014

BELLUNO - «Ormai aspetto da un anno, devo fare qualcosa per riavere mio figlio». È per questo che Lidia Solano Herrera, mamma del piccolo Ismail Davud, nato a Belluno il 4 settembre 2011 e scomparso dal Natale scorso, ha accettato il viaggio col giornalista di La7, Pablo Trincia. Il reportage sulle tracce di suo figlio, portato via dal marito Ismar Mesinovic, poi morto mentre combatteva per l’Isis in Siria, è stato trasmesso l’altra sera ad AnnoUno su La7.
La Herrera abita a Ponte nelle Alpi: l’ultima telefonata del bimbo il 20 dicembre 2013, quando gli parlò in Bosnia dov'era col padre a trovare i parenti. Poi Mesinovic era andato in Siria per combattere col macedone Karamaleschi, partito dall’Alpago. E là il piccolo Ismail potrebbe essere ancora. Lo ha riconosciuto in una foto la mamma. Il bimbo ha lo sguardo perso nel vuoto.
È in sella a una moto di fronte a un combattente dell’Isis in tuta mimetica. Quell’uomo è Salid Kolish, combattente con cui era partito Mesinovic. La Herrera è arrivata in Turchia a 500 metri dal confine con la Siria. Sono milioni i messaggi sui social Facebook e Twitter inviati dopo la trasmissione al richiamo "Riportiamo a casa Ismail".
Lunedì la Herrera, assistita dall’avv. Piazza di Treviso, tornerà in Procura. «Diedi il consenso a mio marito di portarsi Ismail. Non è stato rapito, ma ora deve tornare dalla sua mamma».

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LE FOTO: http://youmedia.fanpage.it/gallery/aa/5497c7e7e4b0a42b4e6b891e

Ismail, il bambino italiano con l’Isis

3 anni, biondo, occhietti spenti. "Quello è mio figlio, ne sono certa". Lidia Solano Herrera, mamma del piccolo Ismail Davud, nato a Belluno il 4 settembre 2011 e scomparso dal Natale scorso, intervistata da La7, è convinta che quel bimbo sia suo figlio, dopo aver visto le foto del piccolo sui siti della propaganda jihadista. La Herrera afferma di aver parlato l'ultima volta col figlio un anno fa, il 20 dicembre 2013. Ismail era in Bosnia col padre, Ismar Mesinovic, a trovare i parenti. Poi Mesinovic era andato in Siria per combattere col macedone Karamaleschi, partito dall’Alpago. Nella immagine si vede un bambino in sella ad un moto insieme ad un combattente. Si tratta di Salid Kolish, con cui era partito Mesinovic. Il padre di Ismail nel frattempo è morto mentre combatteva con l'Isis. Ma quel bimbo è davvero Ismail? Toccherà scoprirlo Raggruppamento operativo speciale di Padova, coordinato dalla procura antiterrorismo di Venezia. (pubblicato il 22 dicembre 2014 alle ore 08:37)


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https://uk.news.yahoo.com/bosnian-imam-attacked-7-times-over-call-stay-161722154.html

Bosnian imam attacked 7 times over call to stay out of Syria

By AMEL EMRIC | Associated Press – Mon, Jan 5, 2015

TRNOVI, Bosnia-Herzegovina (AP) — The long-bearded man burst into the mosque's yard and pinned Selvedin Beganovic to the ground. Shouting "Now I will slaughter you!" he plunged a knife three times into the imam's chest and fled.
It was no random attack: Beganovic has suffered seven assaults blamed on Muslim extremists in the past year — with three just last month.
The apparent reason for the jihadi wrath? Beganovic uses his pulpit to tell the faithful in predominantly Muslim Bosnia they have no business fighting in Syria or Iraq. And he vows to keep preaching the message no matter how many times extremists try to silence him.
"That is not our war," the imam told The Associated Press in his small northwestern town. "Our jihad in Bosnia is the fight against unemployment. The care for our parents who have small pensions. The care for the socially jeopardized."
Some 150 Bosnians have joined Islamic militants in Syria or Iraq, officials estimate, with many fighting for the Islamic State group. All are apparently members of a small community that follows an ultra-conservative interpretation of Islam. Last month, a court in Bosnia charged a man believed to be the spiritual leader of the group with recruiting Bosnians to fight with Islamic militants in Syria and organizing a terrorist group.
Beganovic, who preaches every week to a full mosque, tells his followers that groups like IS are spreading a "perverted version of Islam."
"When did (the Prophet) Muhammad ever behead anyone?" he said. "When did he take a knife and slaughter an innocent journalist?"
Of Islam's 99 names for God — including The Mighty and The Avenger — the ones Beganovic likes most are The Exceedingly Merciful and The Exceedingly Gracious.
"That is what we teach our children here," he said.
Dragan Lukac, the director of federal police, blamed fighters returning from Syria's front lines for the attacks against Beganovic, which include severe beatings and knife slashes to the face, shoulders and hands. Investigators are still hunting for the attacker in last week's knife assault.
"Every person who comes back from that front line is a danger," said Lukac. "These people are able to perform attacks on citizens, on property, on state institutions."
Militant Islam was all but unknown to Bosnia's mostly secular Muslim population until the 1990s Balkans wars when Arab mercenaries turned up to help the outgunned Bosnian Muslims fend off Serb attacks. These fighters, many of whom settled in Bosnia, embraced a radical version of Islam that Bosnia's official Islamic community opposes.
The community's leader, Husein Kavazovic, has repeatedly warned Bosnians not to fall for extremist rhetoric aimed at pulling them into the fight in Syria.
"Our job is to keep repeating, to keep warning that this is evil and cannot be justified," he said.
That's exactly what Beganovic has been doing — at the risk of his life.
"These are dangerous people," he said. "Their place is in a mental institution."

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Isto procitaj:

Imam Selvedin Beganović ponovo pretučen na ulazu u džamiju (14.12.2014.)
Selvedina Beganovića, imama u Trnovi, opština Velika Kladuša, napala je nepoznata osoba na ulazu u džamiju, drugi put u pet dana, javlja Srna...
http://www.oslobodjenje.ba/vijesti/bih/imam-selvedin-beganovic-ponovo-pretucen-na-ulazu-u-dzamiju

Linkovi:
http://www.cazin.net/keywords/selvedin-beganovic/P10

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http://www.radiosarajevo.ba/novost/176227/U-Trnovi-nozem-napadnut-imam-Selvedin-Beganovic

U Trnovi nožem napadnut imam Selvedin Beganović 

02. januar 2015. u 11:42

Imam u Trnovi u opštini Velika Kladuša Selvedin Beganović ponovo je napadnut, treći put u posljednjih 25 dana, piše Srna. Napad se dogodio sinoć, prije ulaska u džamiju, javio je Dnevni avaz.

Prema istom izvoru, nepoznati napadač udario je Beganovića s leđa tvrdim predmetom u glavu, a nakon što je imam pao na zemlju pokušao ga je ubosti nožem u grudi i vrat. Napadač je pobjegao, a povrijeđeni imam je pozvao policiju.

Beganović je zadobio ubod nožem u srce koji, nasreću, nije bio dubok, te ranu na vratu.

Povrijeđeni imam je kolima hitne pomoći Doma zdravlja u Velikoj Kladuši transportovan do Kantonalne bolnice Dr. Irfan Ljubijankić u Bihaću, gdje pregledan na Odjeljenju hirurgije, ali je nakon toga na vlastiti zahtjev pušten kući.

Avaz navodi da je Beganović veoma uznemiren i u teškom psihičkom stanju, tim prije, jer je vidio napadača koji je bio bez maske na licu.

Imam Beganović poznat je javnosti po prošlogodišnjem otvorenom pismu Bilalu Bosniću, neformalnom vođi vehabijskog pokreta u BiH, u kojem je kritikovao praksu vrbovanja i slanja omladine iz BiH na sirijsko i iračko ratište.

Beganović je bio napadnut 8. i 13. decembra. On je nakon prvog napada u više izjava medijima rekao da nikoga ne optužuje i "ne upire prstom".

Kladuška policija i dalje intenzivno radi na sva tri slučaja napada na trnovskog imama.


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http://www.radiosarajevo.ba/novost/176427/imam-selvedin-beganovic-nas-dzihad-je-otvarati-radna-mjesta-a-ne-ici-na-strana-ratista

Imam Selvedin Beganović: Naš džihad je otvarati radna mjesta, a ne ići na strana ratišta 

05. januar 2015.

Iako je nekoliko puta bio meta napada svojih neistomišljenika, imam Selvedin Beganović iz džemata Trnovi, kod Velike Kladuše ne osjeća strah za sebe. Ipak brine za svoju porodicu.

Beganović je prvi put napadnut 8. decembra kada je povrijeđen u napadu nožem. Nakon toga je napadnut još dva puta. Za Anadolu Agency je kazao kako su napadi uslijedili nakon što je počeo govoriti o hanefijskom mezhebu, kada je počeo potencirati stavove institucija Islamske zajednice BiH. 

"To nije počelo prije mjesec dana nego prije 13 godina. Naime, kada sam došao u ovaj džemat znao sam na namaz ići u gradsku džamiju (Velika Kladuša) jer je ova u Trnovima znala biti prazna. Dobro, narod se nije bio sasvim vratio na svoja ognjišta. Ne hvalim se, ali sam jedan od prvih imama koji je ujedinio džemat. Vama je poznato da su ovdje bile dvije struje, na strani 'autonomije' i na strani Petog korpusa. Na Bajram 1997. godine došli su i jedni i drugi i tada smo svi otišli na Stari grad zajedno na kafu. Već tada to nije mnogima odgovaralo. Ali konkretno napadi na mene su počeli onog momenta kada sam ja počeo govoriti o hanefijskom mezhebu, koji mi praktikujemo i slijedimo, kada sam počeo potencirati stavove institucije IZ, naše priznate i poznate uleme. Napadi, prijetnje i podmetanja datiraju otad", rekao je Beganović. 

On je kazao kako su mu nakon napada ostali ožiljci na licu, rana na vratu i tri ubodne rane na prsima. Smatra da su prvi i naredna dva napada izvele dvije različite osobe. 

"Od ova tri napada, osoba koja me je prvi put napala je drukčija osoba, koja, po meni, nije znala šta radi, napad je izgledao nesposobno, nisam siguran šta je bio naumio sa mnom. Ali iz zadnja dva napada koji su bili daleko ozbiljniji, mislim da bi se moglo raditi o istoj osobi. Jer napad je napravljen smišljeno, hladnokrvno, razrađeno do u detalje", rekao je Beganović.

Imam iz Trnova je rekao da je za zadnji napad mislio "da je to to". 

"Nakon trećeg uboda on je otišao misleći da je završio sa mnom, nakon toga sam se uspio okrenuti na lijevu stranu. Imam iskustvo i u ratu, znam šta treba činiti prilikom ranjavanja, pokušao sam da dišem, hvala Bogu pluća nisu bila probijena pa sam nazvao sina telefonom i on je došao mi u pomoć", rekao je Beganović. 

Hrabri krajiški imam je dodao da se ne boji za sebe, ali da ga je strah za porodicu koja je također ugrožena. 

"Ne želim da to zvuči kao samohvala, ali Allah je taj koji je odredio moj edžel (kraj perioda jednog bića op.a.) i ja sam čvrsto uvjeren da ću živjeti do meni određenog roka. Niko drugi ne može pomjerati edžel do Allaha, ali istina, postoji u meni ogroman strah kada je u pitanju sigurnost moje porodice. Moja porodica je doista ugrožena i strah me je zbog toga", rekao je Beganović.

Na pitanje kome smeta, Beganović je rekao da ne smeta samo on, već svako ko progovori istinu. 

"Smeta i naš uvaženi reis Kavazović (reis ul-ulema IZ BiH Husein ef. Kavazović), jer on je, naprimjer, javno izjavio da su i šije muslimani pa su ga automatski određeni ljudi proglasili nevjernikom. Smeta i njegova izjava da on ne priznaje selefijski pokret. I svi drugi koji slijede našu ulemu, nešeg poglavara, smetaju kao i ja koji sam javno govorio o stavovima koji su zvanični. Ja sam niko, samo jedan mahalski hodža, i ja možda te stavove govorim samo malo glasnije nego što bi trebalo. Ja vas podsjećam, da je reis u Stocu iznio svoj stav da naša omladina ne treba da ide na strana ratišta, da se tamo dešavaju čudne stvari koje se sada i pokazuju očitim. Tamo ima oko četrdeset frakcija koji ratuju međusobno u Siriji. A naš džihad jeste da učimo, radimo, otvaramo radna mjesta i slično", bio je jasan Beganović.

On je kazao da postoji grupa ljudi koja napada instituciju IZ, pokušavaju da ocrne hodže govoreći da samo "gule narod, uzimaju pare", da na reda za Boga...

"To su podbacivanja upravo te grupe ljudi, koja je neškolovana, zbog toga i frustrirana, pa napada kompletnu instituciju IZ, a na sebe nabace arapsku nošnju, zavuku se negdje u šumu i okupe one koji ne razmišljaju svojom glavom i drže im predavanje. Suština islama kod njih je izvrnuta, a suština je odgajanje sebe, a ne odgajanje onih od čijih jezika i ruku su spašeni drugi muslimani. A Allah je u Kur'anu kazao da onaj koji ubije jednog čovjeka, ne kaže muslimana, nego jednog čovjeka, da kao da je pobio čitav svijet. Zatim kaže, da Allah hoće, on bi načinio sve ljude jedne vjere, ali nas je učinio različitima i to je njegova mudrost, koju mi svi moramo poštivati. Zatim, kod nas u BiH je potpisan mirovni sporazum, ulum emr, naši zapovjednici su ga potpisali, i mi ga moramo poštivati jer i poslanik je poštivao sporazum o nenapadanju. U Kur'anu stoji naredba da, kada nama dođe neko druge vjere, i zatraži zaštitu od muslimana, da smo mi dužni zaštitu da mu pružimo. A šta mi radimo danas?", pitao je Beganović.

Imam koji je tri puta bio meta napada ne upire prstom ni u koga, pohvalno govori o radu policije, iako nisu pronašli napadača. Takvi stavovi izazivaju čuđenje sugrađana, koji misle da nešto čuva za sebe.

"Narod će uvijek nagađati i pričati. Ja sam suzdržan samo zbog Kur'anskog ajeta koji kaže 'smutnja je gora od ubistva'. Ako uprem prstom i kažem - to su mi učinile vehabije, ta grupa ili populacija, a na kraju se ispostave da nisu oni, napravio sam smutnju. Samo zbog toga šutim. Kada me je čovjek prije deset godina, s leđa, dva puta udario šakom, ja sam ga prijavio i otvoreno prozvao, a upravo je ta populacija ljudi u pitanju. Sada, doista, u prva dva slučaja nisam vidio, pa nisam ni mogao ništa reći. Treći napad osobu sam vidio, jer je mislio da je završio sa mnom posao i ta osoba podsjeća svojim likom na tu grupu ljudi. Ali neću ništa govoriti dok policija po osnovu fotorobota ne dođe do počinioca. Drugih motiva nema. Ja nisam privrednik da imam dugove pa me ljudi ganjaju...", rekao je Beganović.

On je kazao da je isključivi motiv taj koji je napisan javno na internetu, a to znaju, kako tvrdi Beganović, i sljedbenici Hsueina Bosnića, protiv kojeg je Tužilaštvo Bosne i Hercegovine podiglo optužnicu. 

"Ja sam za Bosnića mogao reći da je on kafanski pjevač, kao što i jeste bio prije rata, ali ja nikad i ničim njega nisam vrijeđao. U svoja dva pisma sam govorio fino. Prvo, da nije uredu da neko šalje našu djecu na tuđa ratišta. I ako iko treba da ide u taj rat, onda bi bilo logičnije da idu Bilal Bosnić i Selvedin Beganović, jer mi imamo ratno iskustvo. A ta djeca koja idu na ratišta nemaju ratno iskustvo osim preko videoigrica. I drugo je što sam jedini progovorio o tome da se u Bosanskoj Bojni (Velika Kladuša na granici s Hrvatskom) kupuje zemlja i gradi centar koji će nam napraviti kao državi više problema nego i Bočinja i Maoča. Problem je što će se tu okupljati nepoznata lica, što će to biti njihov centar", rekao je Beganović.

Na pitanje hoće li mijenjati radno mjesto zbog svega što mu se dogodilo, Beganović je rekao da ima podršku džemata, i ne samo Velike Kladuše, nego i Cazina, kompletne Krajine, pa čak i dijaspore.

"Ove godine navršava se 115 godina ovog džemata, od Ibrahima ef. Topića, prvog imama koji je službovao ovdje 21 godinu i ja spadam među one koji su ostvarili dugi staž ovdje. Za svojih 18 godina koliko sam tu, samo je pet ljudi koji neće da kontaktiraju sa mnom, jer sam im jednog dana donio Buharijnu zbirku hadisa i hanefijski fikh, dokazao im da nisu upravu, na što su se oni uvrijedili. Svi ostali sa mnom lijepo progovore. Moj ostanak ovdje ne zavisi od samog mene, nego od Rijaesta, vjersko-prosvjetne službe i Nusreta ef. Abdibegovića. Ja lično se pomjerati neću, bez naredbe koju moram poštovati", rekao je Beganović.





Alla pagina:

https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8153

è contenuto l'intervento di George Soros che sarebbe apparso sulla The New York Review del 20 novembre e intitolato Wake Up, Europe.

Volevo segnalarvi non solo che l'articolo è stato ripreso sulla prima di Repubblica del 25 ottobre col titolo SALVIAMO L’UCRAINA DEI RAGAZZI ma, soprattutto, che la traduzione è stata "personalizzata" per il pubblico europeo tagliandone via un pezzo.

L'ho evidenziato in questo pezzo che ha anche la traduzione dell'ironico commento di Tyler Durden:

http://www.iskrae.eu/?p=23916

GEORGE SOROS DELIRA DALLA PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA. TOTALMENTE ASSENTE IL PUDORE, MA NON LA LOGICA

un cordiale saluto

Raffaele Simonetti
(Milano)


http://www.iskrae.eu/?p=23916


GEORGE SOROS DELIRA DALLA PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA. TOTALMENTE ASSENTE IL PUDORE, MA NON LA LOGICA

29 OTT 2014

di Raffaele Simonetti

Svegliati, Europa

Con un richiamo di spalla in prima pagina, Repubblica di sabato 25 ottobre ha ospitato un delirante articolo di George Soros intitolato: “SALVIAMO L’UCRAINA DEI RAGAZZI.

Chi frequenta questo sito come anche chi ha capito da altre fonti, e oramai ce ne sono parecchie e insospettabili, che la propaganda dei mezzi d’informazione sull’Ucraina quando non falsa nasconde molte cose, non avrà difficoltà a constatarlo cliccando sul riferimento e leggendo il pdf.
Immagini di militari con la svastica sull’elmetto si sono viste anche sui telegiornali della Rai.

Già il fatto che il secondo quotidiano nazionale, tendente ad apparire liberal e democratico, dia spazio allo speculatore che ha condotto (con successo) l’attacco alla lira e alla sterlina nel settembre del 1992 per intervenire sulla questione dell’Ucraina e consigliare, non si capisce a che titolo, l’Europa su cosa fare (la guerra) è scioccante, e dà l’idea della subalternità quanto meno di Repubblica, dato che non pare che altre testate ne abbiano riferito.

Sulla stampa estera l’intervento di Soros non è passato inosservato, ma ne hanno riferito il giorno stesso dei giornalisti e non ripreso pedissequamente: sul Guardian George Soros: Russia poses existential threat to Europe, su Le Monde Ukraine : «L’Europe est indirectement en guerre»; LA TRIBUNE, il secondo quotidiano economico francese, anziché parlare dell’intervento ha preferito intervistarlo: Le plan de George Soros pour sauver l’Europe.

Ma in realtà, solo scavando un po’, si trova che la faccenda è anche più sporca.

L’articolo, come detto in calce, è una traduzione e agevolmente si risale all’articolo apparso sul New York Times del 23 ottobre: Wake Up, Europe, cioè: “Svegliati, Europa”, che è il titolo del suo ultimo libro che uscirà sulla New York Review of Books e che recentemente ha presentato a Bruxelles.

Come si vede il titolo è completamente differente, ma anche il contenuto differisce alquanto dall’originale: in particolare su un “dettaglio” di non poco conto che Repubblica ha pudicamente omesso mentre questa breve ANSA, ripresa dal sito di Borsa Italiana, ha evidenziato già dal titolo.

Ucraina: George Soros esorta Ue e Fmi a prestare 20 mld $ a Kiev

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 23 ott – Il miliardario americano George Soros ha esortato l’Ue e il Fmi a prestare 20 miliardi di dollari all’Ucraina, ritenendola una risposta alla sfida della Russia “ai principi e valori sui quali e’ fondata l’Unione europea”. Le azioni di Mosca in Ucraina, con l’annessione della penisola di Crimea e il sostegno militare ai ribelli separatisti nell’Est del paese, rappresentano “una sfida all’esistenza stessa dell’Europa” ha affermato Soros nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles. “Il problema e’ che ne’ i leader europei, ne’ la popolazione comprendono pienamente le implicazione di questa sfida” secondo il miliardario che ha chiesto massicci aiuti per Kiev. Dei negoziati sono in corso fra l’Ucraina e la Russia che ha tagliato le forniture di gas in giugno a fronte dei mancati pagamenti.

Tmm

(RADIOCOR) 23-10-14 18:07:31 (0640)ENE 3 NNNN

L’intervento di Soros, decodificato

Il giorno stesso dell’uscita sul New York Times ha provveduto a decodificarlo e ironizzare, sul sito Zero HedgeTyler Durden in: George Soros Slams Putin, Warns Of “Existential Threat” From Russia, Demands $20 Billion From IMF In “Russia War Effort”.

Come spiegato nella Wikipedia in inglese relativa al sito Zero Hedge, Tyler Durden è un nome collettivo usato da un gruppo di redattori, preso dall’omonimo personaggio della novella e del film Fight Club.

Articoli a firma Tyler Durden sono stati spesso ripresi dall’autorevole sito Global Research, da cui il sito resistenze.org nel marzo scorso ha tradotto l’articolo: Il prezzo della “liberazione” dell’Ucraina è stato il trasferimento del suo oro alla Fed?.

Di seguito la traduzione dell’articolo.

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GEORGE SOROS ATTACCA PUTIN, AMMONISCE SULLA “MINACCIA ESISTENZIALE” DA PARTE DELLA RUSSIA, CHIEDE 20 MILIARDI DI DOLLARI AL FMI PER LO “SFORZO BELLICO IN RUSSIA”

di Tyler Durden

Se perfino George Soros inizia a preoccuparsi e a scrivere editoriali, allora veramente Putin sta vincendo.

Di seguito i punti principali di quello che il fondatore di Open Society ha da dire sulla minaccia “esistenziale” russa nell’editoriale appena pubblicato:

L’Europa si trova ad affrontare la minaccia che la Russia pone alla sua stessa esistenza. Né i leader né i cittadini europei sono pienamente consapevoli di questo stato di cose e non sanno come affrontarlo. Attribuisco questo principalmente al fatto che l’Unione Europea in generale e l’eurozona in particolare hanno smarrito la strada dopo la crisi finanziaria del 2008.

E scaldandosi:

[L'Europa] non riesce a riconoscere che l’attacco russo all’Ucraina è un attacco indiretto all’Unione Europea ed ai suoi principi di governance. Dovrebbe essere palesemente fuori luogo che un Paese, o un’associazione di Paesi, in guerra, pratichi una politica di austerità finanziaria come continua a fare l’Unione Europea.

E scaldandosi ancora di più:

Tutte le risorse disponibili dovrebbero essere utilizzate per lo sforzo bellico, pur con la conseguenza di una rapida crescita dei deficit di bilancio.

E infine bollente:

[Il FMI] deve fornire un’immediata iniezione di liquidità di almeno 20 miliardi di dollari, con la promessa di aumentarli se richiesto. I partner dell’Ucraina devono fornire ulteriori finanziamenti condizionati all’attuazione del programma sostenuto dal FMI, a proprio rischio, in linea con le pratiche abituali.

Ecco il punto: l’”esistenziale” minaccia bellica russa è, per Soros, nient’altro che una scusa per mettere fine al tentativo di austerità (ma non fate vedere a Soros i recenti livelli da record di indebitamento dell’Europa), e tornare ai suoi livelli di spesa sfrenati.

Paradossalmente, questo è esattamente quello che abbiamo detto sarebbe accaduto, solo che i neo-con globali speravano che la guerra civile ucraina sarebbe diventata una guerra totale tra Russia e Ucraina, scatenando quindi la “spesa per la prosperità” dei Soros del mondo ["spend your way to prosperity" è un'espressione usata dal presidente Herbert Hoover nel 1936 e da Ronal Reagan nel 1976 per dire che il governo non può raggiungere la prosperità creando debito pubblico, ndt]. Per ora questo piano è fallito ed è per questo che è entrato in scena l’ISIS.

Ma non fa mai male provarci, eh George. E una cosa che non è detta è che quelli che ci guadagnerebbero di più da quest’ultima frenesia di spesa sarebbero ovviamente, avete indovinato, i miliardari come George Soros.

23 ottobre 2014

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Assente il pudore, ma non la logica

Che Soros e il suo Open Society Institute siano dietro le “rivoluzioni colorate” (Colour revolution) è ben noto e quasi rivendicato ed esibito; è stato associato almeno a proposito di Otpor in Jugoslavia, la Rivoluzione delle Rose in Georgia, quella arancione in Ucraina, quella dei tulipani in Kirghizistan e quella dei cedri in Libano.

La sua vocazione bellicosa quindi non deve sorprendere, ma piuttosto il fatto che la manifesti dalle colonne di Repubblica.

Quali potenti forze esterne possono aver agito sul capo-redattore, sul direttore Ezio Mauro e probabilmente anche più in alto per indurre alla pubblicazione di un articolo guerrafondaio che inneggia ai fascisti e ai nazisti di Kiev di cui perfino la Rai ha mostrato indossare elmetti con la svastica o altri simboli nazisti?

Probabilmente nessuna, dal momento che queste forze sono chiaramente e fortemente presenti nel Dna dell’azienda !

È un dato di fatto che Carlo De Benedetti è nel Consiglio d’Amministrazione della Banca Rothschild francese e sono ampiamente noti gli storici legami tra i Rothschild e Soros: ne diceva l’informatissimo sito MoviSol in questo articolo del febbraio 1997 Come i Rothschild controllano il Quantum Fund e lo ribadiva in quest’altro del 20 gennaio 2009: PD: “D” come Democratico o “D” come De Benedetti?, che ha addirittura un capitolo intitolato: Il Partito Democratico deve respingere l’influenza di Soros e De Benedetti , dopo aver in precedenza affermato, tra l’altro, che:

Essa, con particolare riferimento al legame che lega la casata bancaria dei Rothschild allo speculatore George Soros, si muove in Italia con il proprio primario rappresentante, l’ing. Carlo De Benedetti, per completare quel disegno di finanziarizzazione dell’intera economia italiana avviato in Italia nel 1992.

Quanto alla posizione dei Rothschild rispetto alle guerre dovrebbe togliere ogni dubbio questa dichiarazione di Amschel Mayer Rothschild riportata nell’illuminante articolo di Mauro Meggiolaro, su il Fatto Quotidiano del 19 novembre 2010: I baroni Rothschild tra carbone e eco-chic.

“La nostra politica è quella di fomentare le guerre (…) dirette in modo tale che entrambi gli schieramenti sprofondino sempre più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere“, aveva dichiarato il capostipite della famiglia Amschel Mayer Rothschild nel 1773. Oggi sembra che le cose per gli eredi non funzionino in modo molto diverso.

La libertà è una bella cosa e così pure la libertà di stampa. Usare la libertà di stampa per promuovere la guerra e/o interessi economici di un’élite non lo è affatto.

Perché quindi non avvalersi della libertà di non acquistare Repubblica ?




(english / italiano)

Oliver Stone sull’Ucraina: la verità non va in onda in Occidente

1) Dalla pagina Facebook di Oliver Stone / From Oliver Stone’s FB page
2) Oliver Stone: Le ‘Impronte digitali della CIA' su tutto il massacro di Kiev


Sullo stesso argomento si veda anche: 

Il colpo di Stato della CIA in #Ucraina, di Oliver Stone
http://www.beppegrillo.it/2015/01/il_colpo_di_sta_1.html


=== 1 ===

Dalla pagina Facebook di Oliver Stone

Fonte: pagina FB « Con l’Ucraina antifascista », 30/12/2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/749045551843368

Grazie a Oliver Stone, ancora più persone conosceranno la verità sul golpe di Kiev. Interessante il paragone con il Venezuela.
"...Ho intervistato Viktor Yanukovych, 4 ore a Mosca per un nuovo documentario in lingua inglese prodotto dagli ucraini. Egli è stato il legittimo presidente dell'Ucraina fino a quando improvvisamente è stato rimosso, il 22 febbraio di quest'anno. I dettagli saranno nel documentario, ma sembra chiaro che i cosiddetti "tiratori" che hanno ucciso 14 uomini della polizia, feriti circa 85, e hanno ucciso 45 civili che protestavano, erano provocatori di una terza parte estera. Molti testimoni, tra cui Yanukovich e funzionari di polizia, credono che questi elementi stranieri sono stati introdotti dalle fazioni filo-occidentali - con le impronte digitali della CIA.
Ricordate il 'cambio di regime' / colpo di stato del 2002, quando Chavez è stato temporaneamente estromesso dopo che manifestanti pro e anti-Chavez sono stati colpiti da misteriosi cecchini in edifici per uffici. Assomiglia anche alla tecnica simile usata all'inizio di quest'anno in Venezuela quando il governo legalmente eletto di Maduro è stato quasi rovesciato con la violenza mirata contro i manifestanti anti-Maduro. Creare abbastanza caos, come ha fatto la CIA in Iran '53, Cile '73, e in innumerevoli altri colpi di stato, e il governo legittimo può essere rovesciato. E la tecnica del soft power americano chiamato "Regime Change 101".
In questo caso il "massacro del Maidan" è stato descritto dai media occidentali come il risultato dell'instabile, brutale governo filorusso di Yanukovich. Bisogna ricordare che Yanukovich il 21 febbraio si accordò con i partiti di opposizione e 3 ministri degli esteri dell'UE - per sbarazzarsi di lui chiedendo elezioni anticipate. Il giorno dopo il patto era già senza più valore, quando gruppi radicali neonazisti, ben armati, rhanno costretto Yanukovych a fuggire dal paese dopo ripetuti tentativi di assassinio. Il giorno successivo, è stato varato un nuovo governo filo-occidentale - immediatamente riconosciuto dagli Stati Uniti (come nel golpe contro Chavez 2002).
Una storia sporca in tutto e per tutto, ma nel tragico seguito di questo colpo di stato, l'Occidente ha mantenuto la narrazione dominante della "Russia in Crimea", mentre la vera narrazione è "USA in Ucraina." La verità non va in onda in Occidente. Si tratta di una perversione surreale della storia che sta succedendo di nuovo, come nella campagna elettorale di Bush pre-Iraq, quella delle armi di distruzione di massa. Ma credo che la verità verrà finalmente fuori in Occidente, mi auguro, in tempo per fermare un'ulteriormente follia.
Per una comprensione più ampia, vedi l'analisi di Pepe Escobar "Un nuovo arco di instabilità in Europa" che indica la crescente turbolenza nel 2015, in quanto gli Stati Uniti non possono tollerare l'idea di una qualsiasi entità economica rivale [ http://rt.com/op-edge/213303-putin-russia-sovereign-swift/ ]. Si potrebbe anche vedere la "Storia non narrata" Capitolo 10, dove discutiamo i danni degli imperi del passato, che non hanno permesso la nascita di paesi concorrenti economicamente".


Excuse my absence these past weeks. A combination of overwork, prepping the Snowden movie in Germany & England, a side trip to Moscow, and a devastating head cold have laid me low. Recovering over Christmas in California; winter sun helps.
Interviewed Viktor Yanukovych 4 hours in Moscow for new English language documentary produced by Ukrainians. He was the legitimate President of Ukraine until he suddenly wasn’t on February 22 of this year. Details to follow in the documentary, but it seems clear that the so-called ‘shooters’ who killed 14 police men, wounded some 85, and killed 45 protesting civilians, were outside third party agitators. Many witnesses, including Yanukovych and police officials, believe these foreign elements were introduced by pro-Western factions-- with CIA fingerprints on it.
Remember the Chavez ‘regime change’/coup of 2002 when he was temporarily ousted after pro and anti-Chavez demonstrators were fired upon by mysterious shooters in office buildings. Also resembles similar technique early this year in Venezuela when Maduro’s legally elected Government was almost toppled by violence aimed at anti-Maduro protestors. Create enough chaos, as the CIA did in Iran ‘53, Chile ‘73, and countless other coups, and the legitimate Government can be toppled. It’s America’s soft power technique called ‘Regime Change 101.’
In this case the “Maidan Massacre” was featured in Western media as the result of an unstable, brutal pro-Russian Yanukovych Government. You may recall Yanukovych went along with the February 21 deal with opposition parties and 3 EU foreign minsters to get rid of him by calling for early elections. The next day that deal was meaningless when well-armed, neo-Nazi radicals forced Yanukovych to flee the country with repeated assassination attempts. By the next day, a new pro-Western government was established and immediately recognized by the US (as in the Chavez 2002 coup). 
A dirty story through and through, but in the tragic aftermath of this coup, the West has maintained the dominant narrative of “Russia in Crimea” whereas the true narrative is “USA in Ukraine.” The truth is not being aired in the West. It’s a surreal perversion of history that’s going on once again, as in Bush pre-Iraq ‘WMD’ campaign. But I believe the truth will finally come out in the West, I hope, in time to stop further insanity. 
For a broader understanding, see Pepe Escobar’s analysis “The new European ‘arc of instability,’” which indicates growing turbulence in 2015, as the US cannot tolerate the idea of any rival economic entity [ http://rt.com/op-edge/213303-putin-russia-sovereign-swift/ ]. You might also see “Untold History” Chapter 10 where we discuss the dangers of past Empires which did not allow for the emergence of competing economic countries.


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Oliver Stone: Le ‘Impronte digitali della CIA' su tutto il massacro di Kiev

Il golpe di Kiev è come le operazioni CIA contro leader indesiderati in Iran, Cile e Venezuela: lo dice il regista di Platoon mentre gira un documentario in Russia

di Redazione - mercoledì 31 dicembre 2014 

Fonte: RT.com

Il colpo di stato armato a Kiev è dolorosamente simile alle operazioni fatte dalla CIA per cacciare via i leader stranieri indesiderati in Iran, Cile e Venezuela, ha affermato il regista Oliver Stone dopo aver intervistato per un documentario il presidente deposto dell’Ucraina.

[ Oliver Stone: la verità non va in onda in Occidente
31/12/2014 – Dopo le voci filtrate nelle ultime settimane, Oliver Stone ha annunciato ufficialmente che la sta lavorando a un documentario per raccontare la verità su piazza Maidan e sul colpo di stato che ha deposto Janukovyč…

Stone ha trascorso quattro ore a Mosca per parlare con Viktor Yanukovich, che fu deposto dalla sua carica nel corso del colpo di stato del febbraio 2014, come ha scritto il regista sulla sua pagina Facebook [ https://www.facebook.com/TheOliverStone/posts/901387646552202 ].

«Seguiranno i dettagli nel documentario, ma sembra già chiaro che i cosiddetti "tiratori" che hanno ucciso 14 poliziotti, ferito circa 85 persone e ucciso altri 45 civili che protestavano, erano agitatori esterni originati da una terza parte», ha affermato. «Molti testimoni, compresi funzionari di Yanukovich e ufficiali della polizia, ritengono che questi elementi stranieri siano stati introdotti da fazioni filo-occidentali: su tutto questo ci sono le impronte digitali della CIA ».

[ LEGGI TUTTO: un'inchiesta della Reuters evidenzia "gravi difetti" nell'idagine sul massacro di Maidan
Reuters investigation exposes ‘serious flaws’ in Maidan massacre probe (RT, October 10, 2014)
http://rt.com/news/195004-ukraine-maidan-sniper-investigation/ ]

Il regista ha aggiunto che gli eventi di Kiev, che hanno portato al collasso del governo ucraino e all'imposizione di uno nuovo ostile alla Russia, sono stati simili a quelli di altri paesi, da lui qualificati come «una tecnica di soft powerdell'America definibile "cambio di regime 101".»

Storicamente furono colpi di stato perpetrati dalla CIA quelli contro il primo ministro iraniano Mohammad Mossadeq nel 1953 e contro il presidente cileno Salvador Allende nel 1973: entrambi erano leader che si facevano portatori di politiche che risultavano indesiderate da Washington o dai suoi alleati.

[ LEGGI TUTTO: i cecchini di Kiev assunti dai leader di Maidan - la registrazione trapelata della telefonata della Ashton (UE)
Ucraina: la telefonata che rivela le trame Usa (ilgiornale, 19 feb 2014)
Ecco la telefonata tra Victoria Nuland, assistente del segretario di Stato per gli Affari europei, e Geoffrey Pyatt, ambasciatore americano a Kiev… Non solo "Fuck the EU"...

Più di recente c'è stato il golpe del 2002 in Venezuela, dove il presidente Hugo Chávez fu brevemente deposto «dopo che dei manifestanti pro e anti-Chávez furono colpiti da tiratori misteriosi che si trovavano in palazzi per uffici» e poi abbiamo avuto le proteste anti-governative contro il successore di Chávez, Nicolas Maduro, che «è stato quasi rovesciato con la violenza mirata contro i manifestanti anti-Maduro», come sottolinea Stone.

«Una storia sporca in tutto e per tutto, ma nel tragico seguito di questo colpo di stato, l'Occidente ha mantenuto la narrazione dominante della 'Russia in Crimea' mentre il vero racconto da fare è 'gli USA in Ucraina'. La verità non sta andando in onda in Occidente», ha scritto Stone. «È una perversione surreale della storia che si manifesta ancora una volta, così come fu nella campagna di Bush pre-Iraq sulle "armi di distruzione di massa". Ma credo che la verità verrà finalmente fuori in Occidente, me lo auguro, in tempo per fermare ulteriori follie.» 

[ RT correspondent recalls sniper-fire experience in Kiev, Ukraine (6 mar 2014)
Coming under sniper fire while covering the uprising in Kiev - RT correspondents have been recalling their experiences of what the West has hailed as "Ukraine's democratic transition". Those snipers were taking orders from figures within the opposition, who targetted both activists and police according to a leaked conversation between the EU's foreign policy chief, and Estonia's top diplomat.RT’s Alexey Yaroshevsky tells his story… 
READ MORE: http://rt.com/op-edge/ukraine-kiev-gunfire-yaroshevsky-266/
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=YuNT01JmfLw ]

Oltre al documentario sul colpo di stato ucraino, Stone sta attualmente lavorando a un film sul dissidente della NSA Edward Snowden, al quale è stato concesso asilo in Russia dopo aver rivelato la pratica di sorveglianza elettronica di massa usata dagli USA e dai suoi alleati.

Snowden rimase bloccato in transito in un aeroporto di Mosca quando il suo passaporto venne revocato e non poteva continuare il suo viaggio in America Latina. Gli Stati Uniti vogliono processarlo per le sue azioni, ma per molti attivisti per i diritti umani e per i sostenitori della privacy è un eroe valoroso, perseguitato per aver rivelato i segreti sporchi di un governo.


Fonte: http://rt.com/news/218899-stone-kiev-massacre-cia/

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.




Fonte: pagina FB « Premio Goebbels per la disinformazione », 1/1/2015
<< Ecco a voi i risultati delle votazioni relative al « Premio Goebbels dell’anno" per il 2014. Purtroppo molti voti non sono stati assegnati, vista la contemporaneità di più preferenze per il giornalista o per la testata, in ogni caso è stata una gara entusiasmante che ci ha riservato molte sorprese...
Questo è il podio relativo alle testate giornalistiche vincitrici del "Premio Goebbels dell'anno" per il 2014:
1° - "La Repubblica" (40 voti)
2° - "La Stampa" (34 voti)
3° - "Rainews24" (14 voti)
4° - "Il Fatto Quotidiano" (10 voti)
5° - "L'Unità" (9 voti)
Questo invece il podio relativo ai giornalisti vincitori del "Premio Goebbels dell'anno" per il 2014:
1° - Paolo Russo (26 voti)
2° - Anna Zafesova (21 voti)
3° - Lucia Goracci (19 voti)
4° - Lucia Annunziata (7 voti)
5° - Vittorio Zucconi (6 voti)
Siamo lieti di comunicarvi che i vincitori del « Premio Goebbels dell’anno" per il 2014 sono "La Repubblica" e Paolo Russo! >>


Il giorno 21/dic/2014, alle ore 19:44, 'Coord. Naz. per la Jugoslavia' ha scritto:


E' stato indetto il Premio Goebbels per la disinformazione dell'anno 2014

<< Quale sarà la testata che vincerà il nostro ambito trofeo? Quale invece il giornalista?
La nostra pagina intende lanciare questo concorso-sondaggio, tramite i suoi iscritti, per scegliere insieme chi saranno i vincitori del "Premio Goebbels per la disinformazione" per l'anno 2014.
Il principio è una testa, un voto. Si possono esprimere due preferenze, una per la testata, l'altra per il giornalista. Il voto è inviato tramite messaggio sulla bacheca di questo evento.
La proclamazione dei vincitori avverrà nei primi giorni del 2015.
Allora, cosa aspettate? Votate i vostri disinformatori dell'anno! >>

Se (giustamente) non volete entrare in Facebook, rispondete a questo email e provvederemo noi a comunicare il vostro voto agli organizzatori.



(francais / italiano)

Il Capodanno dell’Italia nella NATO

1) M. Dinucci: 2014 buon anno per la Nato
2) L. Mazzeo: Caccia italiani nel Baltico per operazioni Nato anti-Russia / Des avions de chasse italiens en Baltique pour les opérations antirusses de l'OTAN


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da Il manifesto del 30 dicembre 2014
www.ilmanifesto.it

L'arte della guerra
 
2014 buon anno per la Nato
 
di Manlio Dinucci
 
Il 2014, per Washington e la sua Alleanza transatlantica, rischiava di essere un anno nero soprattutto in due scenari: una Europa senza guerre dove, nonostante l’allargamento della Nato ad est, si stavano rafforzando i rapporti economici e politici tra Ue e Russia e quasi tutti gli alleati erano restii ad aumentare la spesa militare al livello richiesto dal Pentagono; un Medio Oriente dove stava fallendo la guerra Usa/Nato in Siria e l’Iraq si stava distanziando dagli Usa avvicinandosi a Cina e Russia, la cui alleanza è sempre più temuta dalla Casa Bianca.
Si avvertiva a Washington, sempre più pressante, l’esigenza di trovare una «nuova missione» per la Nato. Che puntualmente è stata trovata. Il putsch di piazza Maidan, a lungo preparato addestrando anche forze neonaziste ucraine, ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo confronto con la Russia. L’offensiva dell’Isis, a lungo preparata finanziando e armando gruppi islamici (alcuni dei quali prima definiti terroristi) fin dalla guerra contro la Jugoslavia e quella contro la Libia, ha permesso alle forze Usa/Nato di intervenire in Medio Oriente per demolire non l’Isis ma la Siria e per rioccupare l’Iraq.

La «nuova missione» Nato è stata ufficializzata dal Summit di settembre nel Galles, varando il «Readiness Action Plan» il cui scopo ufficiale è quello di «rispondere rapidamente e fermamente alle nuove sfide alla sicurezza», attribuite alla «aggressione militare della Russia contro l’Ucraina» e alla «crescita dell’estremismo e della conflittualità settaria in Medio Oriente e Nord Africa». Il Piano viene definito dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, «il più grosso rafforzamento della nostra difesa collettiva dalla fine della guerra fredda».

Come inizio, in appena tre mesi la Nato ha quadruplicato i cacciabombardieri, a duplice capacità convenzionale e nucleare, schierati nella regione baltica (un tempo parte dell’Urss); ha inviato aerei radar Awacs sull’Europa orientale e accresciuto il numero di navi da guerra nel Mar Baltico, Mar Nero e Mediterraneo; ha dispiegato in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania forze terrestri statunitensi (comprese unità corazzate pesanti), britanniche e tedesche; ha intensificato le esercitazioni congiunte in Polonia e nei paesi baltici, portandole nel corso dell’anno a oltre 200.

Sempre in base al «Readiness Action Plan», è stato avviato il potenziamento della «Forza di risposta della Nato» costituendo «pacchetti» di unità terrestri, aeree e navali in grado di essere proiettate rapidamente in Europa orientale, Medio Oriente, Asia centrale (compreso l’Afghanistan dove la Nato resta con le sue forze speciali), Africa e altre regioni. In tale quadro sarà formata una nuova «Task force congiunta ad altissima prontezza», capace di essere «dispiegata in pochi giorni, in particolare alla periferia del territorio Nato».

Contemporaneamente è stato aperto a Riga (Lettonia) il «Centro di eccellenza di comunicazioni strategiche Nato», incaricato di condurre la nuova guerra fredda contro la Russia con vari strumenti, tra cui «operazioni informative e psicologiche». Secondo l’accordo firmato il 1° luglio presso il Comando alleato per la trasformazione (Norfolk, Virginia), fa parte del Centro di eccellenza per la nuova guerra fredda anche l’Italia, con Gran Bretagna, Germania, Polonia e le tre repubbliche baltiche.

In tal modo l’Italia e la Ue contribuiscono ad aprire la «nuova era di dialogo con Mosca» annunciata da Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera della Ue.

Manlio Dinucci

Fonte
Il Manifesto (Italia)


=== 2 ===



Caccia italiani nel Baltico per operazioni Nato anti-Russia

di Antonio Mazzeo, 31 Dicembre 2014

Il 27 dicembre quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon” dell’Aeronautica militare italiana sono giunti nella base lituana di Siauliai per partecipare alla Baltic Air Patrol (BAP), l’operazione Nato di “pattugliamento” e “vigilanza” dei cieli del Baltico e di “difesa” aerea di Estonia, Lettonia e Lituania, partner orientali dell’Alleanza atlantica. I caccia, gli equipaggi e il personale impegnati nella missione che durerà sino all’aprile 2015 provengono dal 4° Stormo dell’Aeronautica di Grosseto, dal 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari) e dal 37° Stormo di Trapani-Birgi.

 
L’Italia assumerà il comando della BAP con i “Typhoon” a partire dal 1° gennaio 2015. Alla missione Nato parteciperanno anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati anch’essi a Siauliai, quattro “Typhoon” spagnoli di base nell’aeroporto militare di Amari (Estonia), quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia) e altri quattro velivoli d’attacco britannici attesi nel Baltico a gennaio. I caccia sostituiranno i 16 velivoli che erano stati assegnati sino ad oggi dal Comando Nato alla Baltic Air Patrol (caccia “Eurofighter” tedeschi, F-18  canadesi, F-16 olandesi e portoghesi).
 
L’Eurofigter “Typhoon” in dotazione all’Aeronautica italiana è un caccia di ultima generazione con ruolo primario di “superiorità aerea” e intercettore. Con una lunghezza di 16 metri e un’apertura alare di 11, il guerriero europeo può raggiungere la velocità massima di 2 mach (2.456 Km/h) e un’autonomia di volo di 3.700 km. Il velivolo è armato di micidiali strumenti bellici: cannoni Mauser da 27 mm; bombe a caduta libera Paveway e Mk 82, 83 e 84 da 500 a 2.000 libbre e a guida GPS JDAM; missili aria-aria, aria-superficie e antinave a guida radar e infrarossa. Con tutta probabilità, il ciclo operativo nei cieli del Baltico consentirà ai caccia italiani di testare sul campo pure il nuovo missile da crociera MBDA “Storm Shadow”, con oltre 500 chilometri di raggio d’azione, la cui integrazione come sistema d’arma del “Typhoon” è stata avviata nei mesi scorsi da Alenia-Aermacchi (Finmeccanica) nel poligono di Salto di Quirra, in Sardegna. Gli “Storm Shadow” erano stati impiegati finora solo dai cacciabombardieri “Tornado” nelle operazioni di guerra in Iraq e in Libia 2011.
 
La Nato garantisce le attività di “sicurezza” dei cieli delle Repubbliche baltiche dall’aprile 2004, sulla base di un accordo collettivo firmato con i governi di Estonia, Lettonia e Lituania. Nel 2010 Bruxelles ha deciso di prorogare le missioni di pattugliamento aereo sino alla fine del 2014, ma le Repubbliche baltiche hanno ottenuto un’ulteriore estensione della BAP sino al dicembre 2018, con la speranza tuttavia che essa ottenga alla fine lo status di “missione permanente della Nato”.
 
Ad oggi, solo 14 paesi dell’Alleanza Atlantica hanno partecipato alla Baltic Air Patrol. Con l’arrivo dei caccia di Spagna e Italia per il 37° ciclo operativo 2015, il numero degli alleati Nato raggiunge quota 16, a cui si aggiungerà presto pure l’Ungheria con i cacciabombardieri Saab “Gripen”. La grave crisi in Ucraina e l’allarme causato dalla presunta escalation delle attività dei caccia russi sul Mar Baltico, ha convinto Bruxelles a potenziare progressivamente il numero dei velivoli coinvolti nel pattugliamento del fronte orientale dell’Alleanza: dal maggio 2014 i caccia assegnati a BAP sono aumentati da quattro a sedici, mentre sempre a Siauliai sono stati trasferiti anche sei caccia F-15 ed un aerocisterna KC-135 dell’US Air Force.
 
La partecipazione dell’Aeronautica militare italiana alla Baltic Air Patrol era stata preparata da una missione ispettiva a Kaunas (Lituania) - luglio 2013 - di una delegazione guidata dal Capo del 3° Reparto dello Stato maggiore, gen. Gianni Candotti. I militari italiani si recarono successivamente nelle basi aeree di Siauliai ed Amari, per concordare con le aeronautiche di Lituania ed Estonia l’organizzazione nel 2014 di un mini deployment addestrativo con velivoli Eurofigther “per testare la risposta del sistema d’arma ai climi freddi”. Il tour italiano nel Baltico servì pure a rafforzare la partnership nel settore industriale-militare. Alla Lithuanian Air Force, tra il 2006 al 2008, Alenia Aeronautica (Finmeccanica) aveva consegnato tre velivoli da trasporto tattico C27J “Spartan”. “Il Comandante dell’Aeronautica lituana, gen. Edvardas Mazeikis, ha espresso il proprio apprezzamento per le capacità conseguite con questi velivoli di produzione italiana”, riportò una nota del Ministero della difesa, a conclusione della missione ispettiva nel Baltico. “Proprio tale capacità offre un’importante possibilità di concreta cooperazione, nell’immediato, nel settore dell’addestramento dei piloti lituani presso il National Training Center di Pisa ed, in prospettiva, per la condivisione di esperienze operative e manutentive”. Nell’autunno del 2012, un’altra azienda del gruppo Finmeccanica, Selex Sistemi Integrati, aveva fornito il sistema di gestione del combattimento (CMS) “Athena” e le centrali di tiro “Medusa” MK4/B per i nuovi pattugliatori della classe “Flyvefisken” della Marina militare lituana.
Con la partecipazione alla Baltic Air Patrol, l’Aeronautica militare vede crescere ulteriormente il proprio ruolo a livello internazionale. Attualmente i caccia italiani sono impegnati pure nel pattugliamento dei cieli dell’Islanda (a rotazione con altri partner Nato), della Slovenia e dell’Albania. Si tratta di un impegno finanziario assai oneroso che nessun partner europeo della Nato ha finora voluto assumersi. L’Aeronautica è impegnata pure nelle operazioni di guerra contro l’Isis, grazie a un velivolo per il rifornimento in volo KC-767, due aerei senza pilota “Predator A” e quattro cacciabombardieri “Tornado”, schierati in Kuwait e Iraq. Da Gibuti, in Corno d’Africa, decollano quotidianamente due droni “Predator” del 32° Stormo di Amendola (Foggia), contribuendo alle operazioni Ue e Nato contro la pirateria e di quelle delle forze armate somale contro le milizie islamico radicali Al Shabab.


=== FRANCAIS ===

mercredi 31 décembre 2014

Des avions de chasse italiens en Baltique pour les opérations antirusses de l'OTAN 

par Antonio Mazzeo 31/12/2014
Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala
 

Le 27 décembrequatre chasseurs multi-rôles Eurofighter "Typhoon" italiens ont atterri à la base de Siauliai en Lituanie pour participer à la Baltic Air Patrol(Patrouille aérienne baltique, BAP), l'opération de l'OTAN de «patrouille» et «surveillance» du ciel de la Baltique et de «défense» aérienne de l'Estonie, la Lettonie et la Lituaniepartenaires orientaux de l'Alliance atlantiqueLes chasseurs, les équipages et le personnel impliqués dans la mission qui durera jusqu'en avril 2015 viennent du 4ème Escadron de Grossetodu 36ème Escadron de Gioia del Colle (Bari) et du 37ème Escadron de Trapani.

L'Italie assumera le commandement de la BAP avec les «Typhoon» à partir du 1er janvier 2015.Quatre MIG-29 de l'armée polonaise, également déployé à Siauliaiquatre "Typhoon" espagnolsbasés à l'aéroport militaire d' Amari (Estonie), quatre chasseurs-bombardiers F-16 belges à Malbork(Pologne) et quatre autres appareils britanniques, attendus en janvier, participent également à la mission de l'OTANIls remplaceront les 16 avions assignés par le commandement de l'OTAN à la BAP ("Eurofighter" allemandsF-18 canadiens, F-16 néerlandais et portugais).

L' Eurofighter "Typhoon" italien est un chasseur de dernière génération ayant comme premier rôle la «supériorité aérienne» et l'interceptionAvec une longueur de 16 mètres et une envergure de 11, le guerrier européen peut atteindre une vitesse maximale de Mach 2 (2456 kilomètres/heure) et une autonomie de vol de 3700 kmL'avion est armé avec d' armes meurtrières: canons Mauser de 27mmbombes à chute libre Paveway et Mk 82, 83 et 84 de 500 à 2000 livres et JDAM à guidage GPS, missiles air-air, air-surface et anti-navires guidés par radar et infrarouge. Selon toute probabilité, le cycle d'opérations dans le ciel de la Baltique permettra aux chasseurs italiens de tester sur le terrain aussi le nouveau missile de croisière MBDA "Storm Shadow", avec plus de 500 km de rayon d'action, dont l'intégration comme système d'armement  des «Typhoon» a été mise en route ces derniers mois par Alenia Aermacchi (Finmeccanica) dans le polygone de Salto di Quirra, en Sardaigne. Les "Storm Shadow" avaient été utilisés jusqu'à présent seulement par des chasseurs-bombardiers "Tornado" dans les opérations de la guerre en Irak et en Libye en 2011.
L'OTAN garantit les activités de «sécurité» aérienne dans les États baltes depuis avril 2004, sur la base d'une convention collective signée avec les gouvernements de l'Estonie, la Lettonie et la LituanieEn 2010, Bruxelles a décidé de prolonger les missions de reconnaissance aérienne jusqu'à la fin de 2014mais les États baltes ont obtenu une nouvelle prolongation de la BAP jusqu'en décembre 2018, avec l'espoircependant, que celle-ci finira par obtenir le statut de "mission permanente de l'OTAN ".
À ce jourseuls 14 pays de l'Alliance atlantique ont participé à la BAPAvec l'arrivée de chasseurs espagnols et italiens pour le 37ème cycle d'opérations en 2015le nombre d'alliés de l'OTAN atteint16auxquels s'ajoutera bientôt la Hongrie avec les chasseurs-bombardiers Saab "Gripen". La crise en Ukraine et l'alarme causée par l'escalade alléguée des activités de la chasse russe sur la mer Baltiquea convaincu Bruxelles d' augmenter progressivement le nombre d'avions impliqués dans les patrouilles de la façade orientale de l'Alliance: depuis mai 2014 le nombre de chasseurs affectés à laBAP est passé de quatre à seize, tandis que six F-15 et un ravitailleur KC-135 de la Force aérienne US ont été aussi trasférés à Siauliai.
La participation italienne à la Patrouille aérienne Baltique avait été préparée par une mission d'inspection à Kaunas (Lituanie– en juillet 2013  d'une délégation conduite par le chef du 3ème Département de l'État-major de l'Armée de l'air, le général Gianni CandottiLes militaires italiens se sont rendus successivement dans les bases aériennes de Siauliai et d'Amaripour concorder avec les forces aériennes de Lituanie et d'Estonie l'organisation en 2014  d'un mini-déploiement d'entraînement avec des Eurofighters "pour tester la réponse du système d'armement aux climats froids". La tournée italienne dans la Baltique a également servi à renforcer le partenariat dans le secteur militaro-industrielAlenia Aeronautica (Finmeccanica) avait livré aux forces aériennes lituaniennes, entre 2006 et 2008, trois avions de transport tactique C-27J "Spartan". "Le commandant de l'Aviation lituanienne, le général Edvardas Mazeikisa exprimé sa gratitude pour les capacité obtenues avec ces avions de fabrication italienne"rapportaitune note du ministère de la Défense italienà l'issue de la mission d'inspection dans la mer Baltique"Ce sont justement ces capacités qui offrent une occasion importante de coopération concrètedans l'immédiatdans le domaine de la formation de pilotes lituaniens au Centre national de formation de Pise et, à long terme, pour le partage d'expériences opérationnelles et d'entretien". À l'automne 2012une autresociété du groupe FinmeccanicaSelex Sistemi Integratiavait fourni le système de gestion decombat (CMS) "Athena" et les centrales de tir "Medusa" MK4 / B pour les nouveaux  patrouilleursde la classe "Flyvefisken" de la Marine lituanienne.
En participant à la Patrouille aérienne baltiqueles forces aériennes italiennes voient croître encoreleur rôle à l'échelle internationale. Actuellement les chasseurs italiens sont aussi engagés dans des patrouilles aériennes au-dessus de l'Islande (en rotation avec d'autres partenaires de l'OTAN), de la Slovénie et de l'AlbanieC'est un engagement financier assez coûteux qu'aucun partenaire européen de l'OTAN n'a voulu prendre jusqu'iciL'aviation italienne est également engagée dans lesopérations de guerre contre Daeshavec un avion de ravitaillement en vol KC-767, deux drones"Predator A" et quatre chasseurs-bombardiers "Tornado", déployés au Koweït et en IrakDeDjibouti, dans la Corne de l'Afriquedeux drones décollent "Predator" du 32ème Escadrond'Amendola (Foggia) décollent quotidiennement, contribuant aux opérations de l'UE et de l'OTANcontre la piraterie et à celles des forces armées somaliennes contre la milice islamique radicale des Chabab.



SRETNA NOVA 2015. GODINA !
PRIPADNICIMA SVIH JUGOSLOVENSKIH NARODA I NARODNOSTI I JUGOSLOVENIMA ŽELIMO SRETNU ,ZDRAVU I USPEŠNU NOVU 2015. GODINU !







(fonte: mailing-list del Comitato NO NATO - vedi anche:
Sul volume "Se dici guerra" – Kappa Vu, aprile 2014 – vedi anche:
M. Dinucci è anche membro del Comitato Scientifico del Coord. Naz. per la Jugoslavia - onlus)


Da: Manlio Dinucci 
Oggetto: (ComitatoNoNato) TRACCIA STORICA DELLA NATO / PRIMA PUNTATA
Data: 26 dicembre 2014


Invio alla mailing list questa traccia storica (pubblicata in Se dici guerra, Kappa Vu, aprile 2014), che ricostruisce in termini essenziali il riorientamento strategico della Nato dopo la guerra fredda. Il testo viene suddiviso in alcune parti, inviate separatamente per facilitarne la lettura, e corredato da una serie di aggiornamenti.

Buon lavoro a tutti

Il riorientamento strategico della Nato 
dopo la guerra fredda

Manlio Dinucci

La Nato, fondata il 4 aprile 1949, comprende durante la guerra fredda sedici paesi: Stati Uniti, Canada, Belgio, Danimarca, Francia, Repubblica federale tedesca, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Turchia. Attraverso questa alleanza, gli Stati Uniti mantengono il loro dominio sugli alleati europei, usando l’Europa come prima linea nel confronto, anche nucleare, col Patto di Varsavia. Questo, fondato il 14 maggio 1955 (sei anni dopo la Nato), comprende Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Ungheria, Albania (dal 1955 al 1968). 
 
Dalla guerra fredda al dopo guerra fredda
Il 9 novembre 1989 avviene il «crollo del Muro di Berlino»: è l’inizio della riunificazione tedesca che si realizza quando, il 3 ottobre 1990, la Repubblica Democratica si dissolve aderendo alla Repubblica Federale di Germania. Il 1° luglio 1991 si dissolve il Patto di Varsavia: i paesi dell’Europa centro-orientale che ne facevano parte non sono ora più alleati dell’Urss. Il 26 dicembre 1991, si dissolve la stessa Unione Sovietica: al posto di un unico Stato se ne formano quindici. 
La scomparsa dell’Urss e del suo blocco di alleanze crea, nella regione europea e centro-asiatica, una situazione geopolitica interamente nuova. Contemporaneamente, la disgregazione dell’Urss e la profonda crisi politica ed economica che investe la Russia segnano la fine della superpotenza in grado di rivaleggiare con quella statunitense.
La guerra del Golfo del 1991 è la prima guerra che, nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, Washington non motiva con la necessità di arginare la minacciosa avanzata del comunismo, giustificazione alla base di tutti i precedenti interventi militari statunitensi nel «terzo mondo», dalla guerra di  Corea a quella del Vietnam, dall'invasione di Grenada all'operazione contro il Nicaragua. Con questa guerra gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza militare e influenza politica nell’area strategica del Golfo, dove si concentra gran parte delle riserve petrolifere mondiali, e allo stesso tempo lanciano ad avversari, ex-avversari e alleati un inequivocabile messaggio. Esso è contenuto nella National Security Strategy of the United States (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti), il documento con cui la Casa Bianca enuncia, nell’agosto 1991, la nuova strategia. 
«Nonostante l'emergere di nuovi centri di potere – sottolinea il documento a firma del presidente – gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Nel Golfo abbiamo dimostrato che la leadership americana deve includere la mobilitazione della comunità mondiale per condividere il pericolo e il rischio. Ma la mancanza di altri nell'assumersi il proprio onere non ci scuserebbe. In ultima analisi, siamo responsabili verso i nostri stessi interessi e la nostra stessa coscienza, verso i nostri ideali e la nostra storia, per ciò che facciamo con la potenza in nostro possesso. Negli anni Novanta, così come per gran parte di questo secolo, non esiste alcun sostituto alla leadership americana». 
 
Il nuovo concetto strategico della Nato
Mentre riorientano la propria strategia, gli Stati Uniti premono sulla Nato perché faccia altrettanto. Per loro è della massima urgenza ridefinire non solo la strategia, ma il ruolo stesso dell’Alleanza atlantica. Con la fine della guerra fredda e il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, viene infatti meno la motivazione della «minaccia sovietica» che ha tenuto finora coesa la Nato sotto l’indiscussa leadership statunitense: vi è quindi il pericolo che gli alleati europei facciano scelte divergenti o addirittura ritengano inutile la Nato nella nuova situazione geopolitica creatasi nella regione europea. 
Il 7 novembre 1991 (dopo la prima guerra del Golfo, a cui la Nato ha partecipato non ufficialmente in quanto tale, ma con sue forze e strutture),  i capi di stato e di governo dei sedici paesi della Nato, riuniti a Roma nel Consiglio atlantico, varano «Il nuovo concetto strategico dell'Alleanza». «Contrariamente alla predominante minaccia del passato – afferma il documento – i rischi che permangono per la sicurezza dell'Alleanza sono di natura multiforme e multidirezionali, cosa che li rende difficili da prevedere e valutare. Le tensioni potrebbero portare a crisi dannose per la stabilità europea e perfino a conflitti armati, che potrebbero coinvolgere potenze esterne o espandersi sin dentro i paesi della Nato». Di fronte a questi e altri rischi, «la dimensione militare della nostra Alleanza resta un fattore essenziale, ma il fatto nuovo è che sarà più che mai al servizio di un concetto  ampio di sicurezza». Definendo il concetto di sicurezza come qualcosa che non è circoscritto all’area nord-atlantica, si comincia a delineare la «Grande Nato».  

Il «nuovo modello di difesa» dell’Italia
Tale strategia è fatta propria anche dall’Italia quando, sotto il sesto governo Andreotti, essa partecipa alla guerra del Golfo: i Tornado dell’aeronautica italiana effettuano 226 sortite per complessive 589 ore di volo, bombardando gli obiettivi indicati dal comando statunitense. E’ la prima guerra a cui partecipa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11, uno dei principi fondamentali della propria Costituzione.
Subito dopo la guerra del Golfo, durante il settimo governo Andreotti, il ministero della difesa italiano pubblica, nell'ottobre 1991, il rapportoModello di Difesa / Lineamenti di sviluppo delle FF.AA. negli anni '90. Il documento riconfigura la collocazione geostrategica dell'Italia, definendola «elemento centrale dell'area geostrategica che si estende unitariamente dallo Stretto di Gibilterra fino al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d'Africa e il Golfo Persico». Considerata la «significativa vulnerabilità strategica dell'Italia» soprattutto per l'approvvigionamento petrolifero, «gli obiettivi permanenti della politica di sicurezza italiana si configurano nella tutela degli interessi nazionali, nell'accezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario», in particolare di quegli interessi che «direttamente incidono sul sistema economico e sullo sviluppo del sistema produttivo, in quanto condizione indispensabile per la conservazione e il progresso dell'attuale assetto politico e sociale della nazione». 
Nel 1993 – mentre l’Italia sta partecipando all’operazione militare lanciata dagli Usa in Somalia, e al governo Amato subentra quello Ciampi – lo Stato maggiore della difesa dichiara che «occorre essere pronti a proiettarsi a lungo raggio» per difendere ovunque gli «interessi vitali», al fine di «garantire il progresso e il benessere nazionale mantenendo la disponibilità delle fonti e vie di rifornimento dei prodotti energetici e strategici». 
Nel 1995, durante il governo Dini, lo stato maggiore della difesa fa un ulteriore passo avanti, affermando che «la funzione delle forze armate trascende lo stretto ambito militare per assurgere anche a misura dello status e del ruolo del paese nel contesto internazionale». 
Nel 1996, durante il governo Prodi, tale concetto viene ulteriormente sviluppato nella 47a sessione del Centro alti studi della difesa. «La politica della difesa – afferma il generale Angioni – diventa uno strumento della politica della sicurezza e, quindi, della politica estera». 
Viene in tal modo istituita una nuova politica militare e, contestualmente, una nuova politica estera la quale, usando come strumento la forza militare, viola il principio costituzionale, affermato dall’Articolo 11, che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Questa politica, introdotta attraverso decisioni apparentemente tecniche, viene di fatto istituzionalizzata passando sulla testa di un parlamento che, in stragrande maggioranza, se ne disinteressa o non sa neppure che cosa precisamente stia avvenendo. 
 
La guerra contro la Iugoslavia
Poco tempo dopo essere stato enunciato, il «nuovo concetto strategico» viene messo in pratica nei Balcani. Nel luglio 1992 la Nato lancia la sua prima operazione di «risposta alle crisi», la Maritime Monitor, per imporre l’embargo alla Jugoslavia.  Nei Balcani, tra l‘ottobre ’92 e il marzo ’99, conduce undici operazioni: Deny Flight, Sharp Guard, Eagle Eye e altre. Il 28 febbraio 1994, durante la Deny Flight in Bosnia, la Nato effettua la prima azione di guerra nella sua storia. Viola così l’art. 5 della sua stessa carta costitutiva, poiché l’azione bellica non è motivata dall’attacco a un membro dell’Alleanza ed è effettuata fuori dalla sua area geografica. 
Spento l’incendio in Bosnia (dove il fuoco resta sotto la cenere della divisione in stati etnici), i pompieri di Washington corrono a gettare benzina sul focolaio del Kosovo, dove è in corso da anni una rivendicazione di indipendenza da parte della maggioranza albanese (un milione e 800 mila persone, in confronto a 200 mila serbi, oltre 100 mila rom e goranci). Attraverso canali sotterranei in gran parte gestiti dalla Cia, un fiume di armi e finanziamenti, tra la fine del 1998 e l’inizio del 1999, va ad alimentare l’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo), braccio armato del movimento separatista kosovaro-albanese. Eppure, ancora nei primi mesi del 1998, il Dipartimento di stato Usa, per bocca dell’inviato Gelbart, definisce l’Uck una organizzazione terroristica. Agenti della Cia dichiareranno successivamente di «essere entrati in Kosovo nel 1998 e 1999, in veste di osservatori dell’Osce incaricati di verificare il cessate il fuoco, stabilendo collegamenti con l’Uck e dandogli manuali statunitensi di addestramento militare e consigli su come combattere l’esercito iugoslavo e la polizia serba, telefoni satellitari e apparecchi Gps, così che i comandanti della guerriglia potessero stare in contatto con la Nato e Washington». L’Uck può così scatenare un’offensiva contro le truppe federali e i civili serbi, con centinaia di attentati e rapimenti.
Mentre gli scontri tra le forze iugoslave e quelle dell’Uck provocano vittime da ambo le parti, una potente campagna politico-mediatica prepara l’opinione pubblica internazionale all’intervento della Nato, presentato come l’unico modo per fermare la «pulizia etnica» serba in Kosovo. A tale scopo viene fatta fallire l’opera di mediazione della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) che, nell’autunno 1998, invia una sua missione in Kosovo con il compito di vagliare le possibilità di pace e fermare la guerra denunciando le violazioni. E’ a questo punto che, alla metà di gennaio 1999, viene fuori a Racak, zona controllata dall’Uck, l’«eccidio» di 45 «civili albanesi»: sono, dimostreranno in seguito i medici legali di una commissione indipendente finlandese, combattenti albanesi vittime negli scontri, non civili indifesi. Dando immediatamente per buona la versione dell’eccidio di civili, il capo della missione Osce, lo statunitense William Walzer (già agente della Cia in Salvador negli anni Ottanta), ritira la missione internazionale. I serbi vengono accusati di «pulizia etnica», nonostante che un rapporto Onu del gennaio 1999 valuti il numero di sfollati, sia albanesi che serbi e rom, in circa 60 mila, e la stessa missione Osce non abbia parlato sino a quel momento, nei suoi rapporti, di pulizia etnica. Vi sono evidentemente degli eccidi, commessi dall’una e dall’altra parte, non però la «pulizia etnica» che serve a motivare l’intervento armato degli Stati Uniti e dei loro alleati.
La guerra, denominata «Operazione forza alleata», inizia il 24 marzo 1999. Mentre gli aerei di Stati Uniti e altri paesi della Nato sganciano le prime bombe sulla Serbia e il Kosovo, il presidente democratico Clinton annuncia: «Alla fine del XX secolo, dopo due guerre mondiali e una guerra fredda, noi e i nostri alleati abbiamo la possibilità di lasciare ai nostri figli un’Europa libera, pacifica e stabile». Determinante, nella guerra, è il ruolo dell’Italia: il governo D’Alema mette il territorio italiano, in particolare gli aeroporti,  a completa disposizione delle forze armate degli Stati Uniti e altri paesi, per attuare quello che il presidente del consiglio definisce «il diritto d’ingerenza umanitaria». 
Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane, 1.100 aerei effettuano 38mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. Il 75 per cento degli aerei e il 90 per cento delle bombe e dei missili vengono forniti dagli Stati Uniti. Statunitense è anche la rete di comunicazione, comando, controllo e intelligence (C3I) attraverso cui vengono condotte le operazioni: «Dei 2.000 obiettivi colpiti in Serbia dagli aerei della Nato – documenta successivamente il Pentagono – 1.999 vengono scelti dall’intelligence statunitense e solo uno dagli europei». 
Sistematicamente, i bombardamenti smantellano le strutture e infrastrutture della Serbia e del Kosovo, provocando vittime soprattutto tra i civili. I danni che ne derivano per la salute e l’ambiente sono inquantificabili. Solo dalla raffineria di Pancevo fuoriescono, a causa dei bombardamenti, migliaia di tonnellate di sostanze chimiche altamente tossiche (compresi diossina e mercurio). Altri danni vengono provocati dal massiccio impiego da parte della Nato di proiettili a uranio impoverito, già usati nella guerra del Golfo. 
Ai bombardamenti partecipano anche 54 aerei italiani, che compiono 1.378 sortite, attaccando gli obiettivi indicati dal comando statunitense. «Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa. ... L’Italia è un grande paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa guerra», dichiara il presidente del consiglio D’Alema durante la visita compiuta il 10 giugno 1999 alla base di Amendola, sottolineando che, per i piloti che vi hanno partecipato, è stata «una grande esperienza umana e professionale».
Il 10 giugno 1999, le truppe della Federazione iugoslava cominciano a ritirarsi dal Kosovo e la Nato mette fine ai bombardamenti. La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che assume i contenuti della pace firmata a Kumanovo in Macedonia, «autorizza stati membri e rilevanti organizzazioni internazionali a stabilire la presenza internazionale di sicurezza in Kosovo, come disposto nell’annesso 2.4». L’annesso 2.4 dispone che la presenza internazionale deve avere una «sostanziale partecipazione della Nato» ed essere dispiegata «sotto controllo e comando unificati». A chi spetti il comando lo ha già chiarito il giorno prima il presidente Clinton, sottolineando che l’accordo sul Kosovo prevede «lo spiegamento di una forza internazionale di sicurezza con la Nato come nucleo, il che significa una catena di comando unificata della Nato». «Oggi la Nato affronta la sua nuova missione: quella di governare», commenta The Washington Post
Finita la guerra, vengono inviati in Kosovo dal «Tribunale per i crimini nella ex Iugoslavia» oltre 60 agenti dell’Fbi statunitense, ma non vengono trovate tracce di eccidi tali da giustificare l’accusa di «pulizia etnica». Il Kosovo, divenuto una sorta di protettorato della Nato, viene di fatto distaccato dalla Federazione Iugoslava. Gli Usa, in aperto disprezzo degli accordi di Kumanovo, costruiscono presso Urosevac, Camp Bondsteel, la più grande base militare statunitense di tutta l’area, destinata a rimanervi per sempre. Contemporaneamente, sotto la copertura della «Forza di pace», l’ex Uck terrorizza ed espelle dal Kosovo oltre 260mila serbi, rom, albanesi «collaborazionisti» ed ebrei.
 
Il superamento dell’articolo 5 e la conferma della leadership Usa 
Mentre è in corso la guerra contro la Iugoslavia, viene convocato a Washington, il 23-25 aprile 1999, il vertice della Nato che ufficializza il «nuovo concetto strategico»: nasce «una nuova Alleanza più grande, più capace e più flessibile, impegnata nella difesa collettiva e capace di intraprendere nuove missioni, tra cui l’attivo impegno nella gestione delle crisi, incluse le operazioni di risposta alle crisi». Da alleanza che, in base all’articolo 5 del trattato del 4 aprile 1949, impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell’area nord-atlantica, essa viene trasformata in alleanza che, in base al nuovo «concetto strategico», impegna i paesi membri anche a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza». 
A scanso di equivoci, il presidente democratico Clinton chiarisce che gli alleati nord-atlantici «riaffermano la loro prontezza ad affrontare, in appropriate circostanze, conflitti regionali al di là del territorio dei membri della Nato». Alla domanda di quale sia l’area geografica in cui la Nato è pronta a intervenire, «il Presidente si rifiuta di specificare a quale distanza la Nato intende proiettare la propria forza, dicendo che non è questione di geografia». In altre parole, la Nato intende proiettare la propria forza militare al di fuori dei propri confini non solo in Europa, ma anche in altre regioni. 
Ciò che non cambia, nella mutazione genetica della Nato, è la gerarchia all’interno dell’Alleanza. Il Comandante supremo alleato in Europa resta un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. Tutti gli altri comandi chiave sono controllati direttamente dal Pentagono.
La Casa Bianca dice a chiare lettere che «la Nato, come garante della sicurezza europea, deve svolgere un ruolo dirigente nel promuovere un’Europa più integrata e sicura» e che «noi manterremo in Europa circa 100 mila militari per contribuire alla stabilità regionale, sostenere i nostri vitali legami transatlantici e conservare la leadership degli Stati uniti nella Nato». Dunque, un’Europa stabile sotto la Nato e una Nato stabilmente sotto gli Stati Uniti. 
 
(1 – continua)



(english / italiano)

Serbia: economia e solidarietà

1) Serbian government slashes wages and pensions (By Paul Mitchell / WSWS, 3 October 2014)
2) Non Bombe ma Solo Caramelle: Relazione sul viaggio a Kragujevac del 16-19 ottobre 2014


Vedi anche:

Invest in Serbia (Sindikat Kragujevac, 9 dic 2014)
Vlada Srbije na CNN-u, nudi visoko obrazovane radnike sa niskom cenom rada…
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=a4dmFttPAWE

Aggiornamenti sulla destinazione dei fondi (ristrutturazione di tre scuole) raccolti a seguito delle devastanti alluvioni che hanno colpito le repubbliche jugoslave a partire da maggio di quest'anno:
https://www.cnj.it/AMICIZIA/poplava2014.htm#scuole

Il nostro archivio della documentazione rilevante sulle questioni economiche e sindacali:
https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm


=== 1 ===

http://www.wsws.org/en/articles/2014/10/03/serb-o03.html

Serbian government slashes wages and pensions

By Paul Mitchell 
3 October 2014


The Serbian government plans to slash public sector wages and pensions by up to 20 percent, in order to meet International Monetary Fund (IMF) conditions for a new loan. The measures will be put to the Serbian parliament in mid-October in a revised budget demanded by the IMF.

The IMF insists cuts totalling “around €400 million” (US$543 million) are the “key condition” for Serbia to get the new loan. However, reports suggest that €2 billion will need to be saved over the next three years just to keep public debt at its present level.

In the new measures announced by Prime Minister Aleksandar Vucic, public sector salaries over €211 per month will be reduced by around 10 percent while those above €844 will be reduced by 20 percent.

Pensions between €211 and €256 will be reduced by 3.1 percent, those between €256 and €295 by 6.2 percent, those over €337 by 9 percent, and those above €844 by 16 percent.

Other austerity measures being discussed include cuts to public sector jobs, raising the retirement age, reducing subsidies to and further privatisations of 153 public enterprises while providing more support to private companies, curbs to the “grey” economy, cuts to public spending, and raising Value Added Tax.

Kori Udovicki, minister for state administration and local self-management, told reporters, “We are in talks with the IMF about cutting the number of employees in public sector by 5 percent.”

“We hope to be able to meet this demand to the largest degree as workers retire, but there are concerns that we will have to lay off 25,000 people.” 

However, media reports suggest as many as 100,000 public sector workers—20 percent of the total—may be made redundant. The former finance minister, Lazar Krstic, was demanding a minimum 160,000 job cuts before he resigned earlier this year after criticising the government for not being more “radical” with its reforms.

The European Union (EU) welcomed the new measures because, of course, it had helped draft them. Freek Janmaat, head of the EU Delegation to the Republic of Serbia, said that Brussels supported the proposals as “part of the broad structural reforms which are to follow”. They are built on the recent adoption of a new labour law providing more “flexibility” in the labour market, i.e., making it easier to fire workers and reduce redundancy payments.

Serbia is in a grave economic crisis, with government ministers needing to regularly talk down the threat of bankruptcy. In 2012, the IMF suspended its loan programme because the country failed to meet its budget targets. Since then, the budget deficit has doubled to more than 8.5 percent of economic output (GDP), Europe’s highest, and public debt has risen to an enormous €20 billion (US$25.7 billion). The country is facing its third recession in five years, a situation made worse by the devastating floods earlier this year. Bankruptcy has been staved off by huge multi-billion-dollar investments from the United Arab Emirates, whose Etihad Airways bought the Serbian national airline JAT last year.

Serbia’s economic difficulties have been compounded by its political woes as it attempts to balance between its traditional ally Russia and integration into the European Union. Vucic regularly describes how “Serbia wants to be part of the EU, but does not want to destroy its relations with Russia.”

Some analysts have talked of Serbia becoming “a new Ukraine in the Balkans.”

The country gained EU candidate status in 2013 and will chair the Organisation for Security and Cooperation in Europe (OSCE) in 2015. However, the prospect of full EU membership appears to be receding—to 2020 at the earliest—due to what former European enlargement commissioner Günter Verheugen described as the EU’s “enlargement fatigue.”

In late August, an international conference on the Balkans, convened by German Chancellor Angela Merkel, attempted to dispel these concerns. But the whole affair fell flat when it was revealed that incoming European Commission President Jean-Claude Juncker failed to include an EU Enlargement Commissioner in early proposals for his new ministerial team.

Merkel, along with other EU leaders, is insisting that Serbia’s membership depends on “normalising” its relationship with the former Serbian province of Kosovo, which declared independence in 2008. However, last year’s EU-sponsored “First Agreement of Principles Governing the Normalisation of Relations between Serbia and Kosovo” has ground to a halt.

The EU and United States are above all insisting on Serbia severing its links with Russia, with which it has a free trade agreement. Earlier this year, an EU email was leaked rebuking Vucic for not imposing sanctions against Moscow, complaining that this threatened “European solidarity”. US ambassador to Serbia Michael Kirby recently spoke publicly about his concern over the invitation to Belgrade of Russian President Vladimir Putin to this month’s World War II commemorations.

Following last month’s announcement by Russia’s state-owned energy conglomerate, Gazprom, that the construction of the Serbian stretch of the South Stream gas pipeline would start in October, European Commission spokesperson Marlene Holzner declared, “If the idea is to bring gas from Russia to Europe, you have to go through European territory and as we have said for all big infrastructure… If you do business on European territory, you have to respect our legislation.”

Tensions are also brewing over the proposed privatisation of Serbia’s richest public company, the Serbian Electric Enterprise, which is attracting attention from Russia’s Inter RAO and Germany’s RWE.

Meanwhile, official unemployment remains at around 24 percent, with youth joblessness at 50 percent. The average monthly wage is a wretched €377 (US$476) and has declined by 0.8 percent in real terms since the beginning of the year. The population has decreased, despite the fact that in the 1990s during the Balkan Wars nearly one million Serbs migrated from Croatia and Bosnia-Herzegovina. By 2020, estimates suggest pensioners will make up 34 percent of the total population as young people leave in search of a better future. A recent poll suggested 78 percent of Serbian youth would like to do so.



=== 2 ===

Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz1014.doc 
Anche le precedenti relazioni di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: https://www.cnj.it/NBMSC.htm
Gallerie fotografiche ed ulteriori informazioni sono riportate alla pagina facebook http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle dove è possibile trovare anche aggiornamenti successivi alle stesura del presente Resoconto, relativi ai progetti ed iniziative di solidarietà promosse dalla stessa ONLUS.

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ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

Relazione sul viaggio a Kragujevac del 16-19 ottobre 2014

 

Introduzione

Care amiche e cari amici solidali, vi inviamo la relazione del viaggio che abbiamo svolto a Kragujevac circa un mese fa, per la consegna degli affidi a distanza gestiti dalla nostra ONLUS e per la verifica dei numerosi progetti che portiamo avanti insieme ad altre associazioni italiane.

In questa relazione, come d’abitudine, inseriremo alcune foto per illustrare il nostro viaggio, ma ne pubblicheremo molte di più, per ogni singolo progetto, sulla nostra pagina facebook

https://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

La pagina viene aggiornata di tanto in tanto, senza precise scadenze, quando abbiamo notizie da fornire; siamo molto soddisfatti del successo che ha, con molte centinaia di visite per ogni nuovo inserimento.

Non è necessario essere iscritti a facebook per poterla visitare.

Ci sono vari siti che pubblicano di tanto in tanto le nostre relazioni, e  due siti che le pubblicano regolarmente tutte:

sul sito del Coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative (a partire dal 1999) alla pagina:

http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti dal 2006 anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:

https://www.cnj.it/NBMSC.htm

 

 

Prologo

Il viaggio comincia con il prelievo in Banca del denaro che dovemo portare con noi.

E' una operazione lunga e delicata, perchè bisogna prelevare una grossa cifra (per questo viaggio si tratta di 41100 euro) suddivisi in nove prelievi parziali, con pezzature precise, per ognuno dei vari versamenti che faremo poi arrivati a Kragujevac.

Per esempio dobbiamo prelevare

186 pezzi da 100 euro

148 da 50 euro

5 pezzi da 20 euro

85 pezzi da 10 euro

per quanto riguarda la consegna delle quote di affido, in totale 157 quote

e così via per ognuno dei progetti che dovranno essere portati avanti.

Facciamo prelievi diversi in modo tale che poi avremo ricevute specifiche per ciascuno di essi e diventa più facile leggere il bilancio a distanza di tempo.

Il problema del prelievo non finisce qui; bisogna fare un passaggio, che ci porta via mezzo pomeriggio, agli uffici doganali a Fernetti, per la dichiarazione di esportazione di valuta. Un annoiato funzionario di polizia di frontiera conta a mano queste centinaia di biglietti e controlla le pezzature (gli ci vuole quasi un'ora) e ci rilascia i documenti per la banca e per gli eventuali (mai avvenuti in tante decine di viaggi) controlli valutari alle dogane. Quasi dovessimo sentirci esportatori clandestini di valuta...

 

Cronaca del viaggio

16 ottobre 2014

Come sempre siamo in ritardo. Benchè tutto sia stato preparato con cura, il carico del  glorioso pulmino della Associazione di Solidarietà Internazionale Triestina, con il quale viaggiamo da tredici anni, si presenta laborioso. Oltre ai bagagli personali entrano nel pullmino le valigie con i medicinali destinati alla nostra farmacia sociale di Kragujevac, un frigorifero per l'ufficio del sindacato, alcuni pacchi di regali da parte di famiglie italiane alle famiglie serbe, e le bombole di ossigeno per Gilberto. Finalmente alla 9 partiamo.

Siamo in 7: Gabriella e Gilberto da Trieste, Stefano da Fiumicello, Antonio da Treviso, Giuseppina da Biella, Fabio e Gino da Montereale.

Bel tempo durante tutto il viaggio, temperatura mite, molto alta rispetto alle medie del periodo.

Ho sempre commentato questa parte del viaggio parlando del traffico scarso. Questa volta il traffico, specialmente quello commerciale, è quasi inesistente anche nelle vicinanze di grandi città come Lubiana e Zagabria. E' poi del tutto assente in Serbia; e questi sono indici che la situazione economica nei Balcani non è certo rosea.

A Belgrado, mentre noi stiamo arrivando, inizia alla presenza di Vladimir Putin la parata militare che ricorda la liberazione di Belgrado alla fine della Seconda guerra mondiale.

Questo vuol dire una città completamente bloccata. Prendiamo allora una strada che non abbiamo mai fatto, che costeggia la città ad ovest, lasciando quindi l'autostrada che abbiamo sempre percorso. Benchè la strada sia molto trafficata e a due corsie per quasi tutto il suo tracciato, ed alcuni semafori, ci troviamo senza problemi e soprattutto in un tempo ragionevole a sud della città e riprendiamo l'autostrada che in circa due ore ci porterà a destinazione.

Alle 18 e 30 arriviamo finalmente alla sede del Sindacato Samostalni, dove incontriamo i nostri amici dell’ufficio relazioni internazionali e affidi a distanza.

Consegnamo a Rajko, segretario del Samostalni, il denaro necessario per la realizzazione dei due nuovi progetti che sono abbiamo deciso di realizzare in questo viaggio, il restauro di una nuova scuola nel villaggio di Sabanta e la ricostruzione di un edificio polivalente nel paese di Desimirovac, per 4350 e 9500 euro rispettivamente (vedi più sotto per i dettagli).

Facciamo il controllo delle liste degli affidi da consegnare, ci vengono date le schede relative ai nuovi ragazzi presi in carico.

Purtroppo il numero di affidi che distribuiremo è sceso di alcune unità rispetto al passato: alcuni sottoscrittori, senza preavviso, hanno smesso di contribuire, mettendoci così in gravi difficoltà, perchè dobbiamo improvvisamente sostenere questi affidi con fondi della ONLUS destinati ad altri impegni;  ci sono però due affidatari nuovi e altri tre hanno deciso di continuare questa campagna di solidarietà cambiando l’affido, perchè i ragazzi a loro assegnati hanno finito gli studi. Comunque sul fronte degli affidi siamo in grande difficoltà, i bisogni sono enormi e le risorse molto limitate.

[FOTO: La preparazione delle buste degli affidi]

Mentre alcuni preparano le buste, altri di noi consegnano la grande quantità di medicine che ci accompagna ad ogni viaggio.

Fino a due anni fa le nostre medicine venivano consegnate al centro medico della Zastava, dove il Dottor Zika le prendeva in carico e le distribuiva gratuitamente ai lavoratori e alle loro famiglie.

Ora è andato in pensione, e ha deciso di gestire, come volontario ogni giovedì mattina la nostra "farmacia sociale" in una delle stanze a disposizione del sindacato.

Non usa il computer, riporta a mano su grandi registri le confezioni che riceve, e le consegna gratuitamente a chi ne ha bisogno, riportando i dati anagrafici e facendo firmare una ricevuta.

Il personale medico e paramedico in Serbia ha una buona preparazione, ma sanità pubblica è sicuramente carente e presenta alti dati corruttivi; le farmacia pubbliche hanno gravi carenze di medicinali, e si deve ricorrere al mercato privato, che spesso mette in commercio farmaci di provenienza molto dubbia. I costi dei medicinali sono altissimi per i redditi medi dei lavoratori, irraggiungibili per che il lavoro non ce l’ha; la nostra farmacia sociale, come tutti gli altri nostri progetti, non vuole dare risposte caritative, ma cerca di contrastare la disgregazione sociale offrendo risposte concrete ai bisogni dei gruppi sociali più deboli.

[FOTO: L’arrivo delle medicine / La loro selezione / Il Dottor Zika al lavoro / I suoi registri]

Discutiamo il programma dei due giorni successivi, che saranno densissimi di incontri e finalmente alle 22 siamo a cena.

 

17 ottobre 2014

Il primo appuntamento della mattina è alla Radio Umanitaria.

Si tratta di una radio su internet, fondata due anni fa da Branko Lukic, un invalido cieco. Sono regolarmente registrati come associazione di invalidi e come radio privata; sono ospitati in un piccolo appartamento al piano terreno di un edificio di proprietà pubblica, non ancora del tutto finito.

La radio è nata per contrastare i pregiudizi e lottare contro le discriminazioni a danno delle persone invalide, e per promuovere azioni a loro favore.

Trasmette dibattiti, testimonianze, informazioni legali  a tutela dei diritti dei disabili, e tante canzoni, soprattutto musica popolare balcanica.

Durante il nostro viaggio di aprile scorso Stefano ed io eravamo stati invitati alla sede di questa radio per un’intervista sulle nostre attività e sui motivi che ci spingono ad essere presenti a Kragujevac da ormai quindici anni.

E’ una piccola radio che trasmette via web, con l’indirizzo

http://www.uzivoradio.com/humanitarni-kragujevac.html

La cosa che ci aveva colpito ad aprile era la presenza di una scala piuttosto ripida e sconnessa all’ingresso dell’edificio, che rende pressochè impossibile l’accesso alla radio delle persone in carrozzina.

Noi fino ad ora abbiamo realizzato solo progetti che ci sono stati esplicitamente richiesti, ma in questo caso abbiamo, in modo del tutto autonomo, deciso di costruire una rampa per disabili che superasse questa barriera.

La ONLUS  Zastava Brescia per la Solidarietà Internazionale ha partecipato con noi alle spese; per questa realizzazione abbiamo speso complessivamente 1180 euro.

Oggi siamo qui, insieme al sindacato e ai rappresentanti di altre associazioni per festeggiare l’inaugurazione di questa rampa, ci sono anche alcuni giornalisti, l’assessore ai servizi sociali, una televisione locale.

Tocca a me "l’onore" di passare per la prima volta sulla rampa.

Potete vedere una breve nostra intervista (in Italiano, tradotta in Serbo dalla nostra Rajka) realizzata da una televisione locale

http://www.rtk.co.rs/kragujevac/item/19542-rampa-za-humanitarni-radio

che ci ha seguito durante la festa.

[FOTO: La scala all’ingresso del palazzo / La rampa / All’interno della radio / L’apparato tecnico]


Dopo questa visita andiamo a Gornja Sabanta, un piccolo villaggio di circa 850 abitanti nella municipalità di Pivara, sempre in comune di Kragujevac, a circa 10 chilometri dal centro. Nella scuola lavorano 15 persone, ed è frequentata da 70 alunni, suddivisi in 8 classi più la classe preparatoria (l’ultima delle classi di scuola materna).

A aprile scorso avevamo visitato la scuola del paese, che serve anche per i vicini villaggi di  Donja Sabanta, Sugubine, Velike Pcelice e Ratkovic, con circa con circa 3000 abitanti in totale.

Avevamo preso in carico i lavori di recupero edilizio di una ala della scuola, dove era presente una palestra, del tutto fatiscente, e dove esistevano dei locali abbandonati dove gli insegnati avevano proposto di realizzare due aule per l’insegnamento delle materie scientifiche.

Molte lesioni erano derivate dai bombardamenti NATO del 1999, che avavano colpito una fabbrica di munizioni che si trova ad alcuni chilometri dal paese di Gornja Sabanta.

Le scuole, i centri sociali, le associazioni di tutela per persone portatrici di handicap fisici e mentali, i campi profughi,  localizzati in zone popolari della città di Kragujevac e nei suoi villaggi periferici, ci hanno visti presenti ed interessati a dare una mano per migliorare le condizioni di vita e di studio di chi li frequenta o vi abita, per aiutare ad avere una speranza per il futuro.

Lo facciamo obbedendo alla regola di partire dagli ultimi, che sono poi i disoccupati, le loro famiglie, i loro bambini, gli anziani, gli invalidi dimenticati dal Governo e dalla società, cercando sempre di non creare discriminazioni tra gli umili, tra i poveri, per salvaguardare la loro dignità e soprattutto cercare di combattere la disgregazione sociale che sempre si presenta in situazioni così difficili. Le tante scuole dove siamo intervenuti erano sempre molto disastrate, tristi ed opprimenti

A volte le cose che facciamo dovrebbe realizzarle il Comune, o i vari  Ministeri, spesso la nostra è una operazione di totale supplenza, ma se queste cose non le facciamo noi non le fa nessuno! 

Quando arriviamo alla scuola siamo accolti in palestra da tutti gli alunni e da moltissimi genitori in una atmosfera molto festosa. Le parti ricostruite della scuola sono bellissime, assolutamente irriconoscibili rispetto al passato.  Come sempre i bambini hanno preparato un piccolo spettacolo. La bandiera della Pace è esposta in palestra.

Per motivi di spazio non posso inserire in questa relazione tutte le foto che sarebbero necessarie per illustrare i progressi fatti, vi rimando alla nostra pagina facebook, all’indirizzo

https://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

al post pubblicato in data 2 settembre 2014

dove troverete le foto della scuola così come la avevamo vista noi ad aprile scorso, quando ne abbiamo preso in carico il recupero edilizio, e come si presentava i primo settembre, primo giorno dell’anno scolastico 2014-2015.

[FOTO: Due dettagli della palestra ad aprile scorso / Durante la nostra visita / Spazi abbandonati, aprile / Gli stessi spazi, dopo il recupero, ad ottobre] 

Come sempre una targa all’ingresso della scuola ricorda questo gesto di amicizia e solidarietà; abbiamo usato una generosa donazione di una nostra sottoscrittrice, che ha voluto ricordare sua nonna, e così i lavori eseguiti sono stati dedicati alla memoria della signora Giovanna Scarsoglio.

[FOTO: La targa in memoria di Giovanna Scarsoglio] 


E ora, dopo questa scuola appena rimessa in ordine, andiamo a trovarne un’altra, che ci ha chiesto di incontrarci per affrontare un problema molto serio. Si tratta della Scuola 19 ottobre, sezione distaccata nel villaggio di Botunje, municipalità di Pivara, Comune di Kragujevac.

E’ una tipica scuola di campagna, con circa 80 alunni suddivisi in 8 classi, con quattro aule a disposizione dove le lezioni si svolgono in turni alternati mattina-pomeriggio.

Siamo accolti con calore da molti genitori, da moltissimi bambini che ci guardano come sempre con grande curiosità, dai rappresentanti degli abitanti del villaggio.

Consegniamo una bandiera della Pace alla direttrice, che conosciamo bene perchè abbiamo già contribuito quattro anni fa a recuperare un grande locale adibito a palestra e a sala riunioni in un’altra delle scuole di campagna facente parte del plesso scolastico che lei dirige, nel villaggio di Marsic (vedi relazione del viaggio di giugno 2010 [ https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0710.doc ]). E’ una donna energica e capace, e siamo sicuri che anche questa volta l’intervento che riusciremo a realizzare andrà a buon fine.

La situazione delle aule non sembra così catastrofica come quella che abbiamo riscontrato in tutte le scuole dove siamo intervenuti in questi anni, benchè la scuola si presenti molto spartana e molto triste. I pavimenti sono in un bellissimo rovere, e se rimessi in sesto diventerebbero splendidi. I muri e gli infissi delle aule avrebbero bisogno di profonda mautenzione.

Il problema più grave di questa scuola è rappresentato dai servizi igienici, che si trovano all’aperto in una condizione catastrofica.

Noi riteniamo che i nostri interventi nelle scuole di campagna siano tra i migliori e più qualificanti in difesa delle fasce più deboli della popolazione che seguiamo perchè, oltre a permettere ai piccoli alunni di studiare e giocare in un ambiente reso dignitoso e allegro, restituisce alla comunità locale uno spazio pubblico, spesso l’unico del paese, che diventa punto di aggregazione sociale e culturale.

Purtoppo in questo caso non riusciremo, almeno per il momento, a realizzare un recupero totale della scuola, perchè la spesa sarebbe molto alta; certamente interverremo per risolvere il problema dei servizi igienici.

La scuola ha un corpo aggiunto, dove si trova l’ufficio amministrativo della scuola, dove si potranno costruire nuovi bagni; sarà necessario costruire anche una grande fossa settica perchè non ci sono le fognature.

[FOTO: Esterno della scuola / Servizi igienici / Con la direttrice e alcuni genitori / I bambini della prima classe]

Non esiste ancora un preventivo esatto dei lavori, ma noi ad ogni viaggio portiamo una certa quantità di denaro per eventuali spese impreviste, e così lasciamo 4000 euro affinchè i lavori possano cominciare.

Dopo di questo viaggio ci arriverà il preventivo finale di 8520 euro. Anche qui ci sarà lavoro volontario dei genitori, per i lavori di sterro per la costruzione della fossa settica e per lavori edili generali. La ONLUS di Brescia in seguito deciderà di partecipare a questo progetto.

Quasi certamente i servizi igienici saranno pronti dopo le vacanze scolastiche di fine anno e durante il nostro prossimo viaggio di fine marzo 2015 potremo feteggiare un altro progetto arrivato a termine.

 

La giornata non è ancora conclusa. Ci aspetta ancora un incontro con il personale del Centro Medico Filip Kljajic.

Si tratta di un grande poliambulatorio pubblico, a due piani, che come altri poliambulatori dello stesso tipo era direttamente connesso a un grande stabilimento industriale, in questo caso la fabbrica metalmeccanica Filip Kljajic.

Questi centri sanitari offrivano la medicina di base (ma anche molte e varie specializzazioni) ai lavoratori di queste fabbriche, ai pensionati e ai loro familiari.

Durante questi anni di licenziamenti selvaggi e di privatizzazioni guidate spesso (se non esclusivamente) dalla corruzione questi centri sono rimasti di proprietà pubblica. I vari pescecani che si sono impadroniti delle strutture produttive si sono ben guardati dall'accollarsi anche le strutture sanitarie connesse agli stabilimenti industriali.

Questi centri sono rimasti quindi di proprietà pubblica, ma senza senza retroterra economico; continuano a svolgere un ruolo essenziale per decine di migliaia di lavoratori, operai licenziati e pensionati (e le loro famiglie) in condizioni sempre più dfficili.

Non esiste manutenzione degli edifici, la strumentazione sanitaria diviene via via più obsoleta.

Il centro medico Filip Kljajic ha un bacino si 12.000 utenti, il personale medico e paramedico è formato da 9 medici,1 dentista e 14 infermiere.

Dopo la privatizzazione della fabbrica Filip Kljajic il centro è passato sotto il controllo di Zavod Za Zdravstvenu Zastitu Radnika (Istituto per la tutela della salute dei lavoratori) della ZASTAVA, il centro medico per i lavoratori Zastava che era aggregato alla fabbrica automobili, e che Marchionne si è guardato bene dal privatizzare quando si è impossessato in modo praticamente gratuito dei capannoni dello stabilimento per la produzione delle automobili, creando la FIAT Auto Serbia.

Durante il mese di settembre scorso il nostro direttivo aveva deciso di sostenere il recupero edilizio di due stanze di questo centro medico, quelle in cui si eseguono i prelievi di sangue, che erano in pessime condizioni. La ONLUS Zastava Brescia per la solidarietà internazionale ha condiviso il progetto, per il quale ci era stato presentato un preventivo di  6000 euro.

L’intero edificio versa in brutte condizioni, ma al momento questa era stata la prima emergenza da affrontare; vedremo in futuro se riusciremo a trovare altre collaborazioni per mettere mano ad un lavoro di recupero più radicale.

Al nostro arrivo ci accoglie una numerosa delegazione di mediche (tutte donne),  infermiere e i delegati sindacali. Come in ogni occasione consegnamo una bandiera della Pace, e discutiamo dei possibili progetti futuri. Questi sono progetti fondamentali per la popolazione, perchè se questi centri smetteranno di esistere significherà lo smantellamento definitivo  della sanità pubblica  nel Paese.

[FOTO:  L'ingresso / Il nostro arrivo e l'incontro con il personale / Tre dettagli degli interni dell'ambulatorio prelievi]

Il personale del Centro ci ha scritto una bella lettera, firmata da ciascuno di loro, per ringraziarci di questo intervento ma anche per chiederci di cercare di continuare, al loro fianco, a difendere questo tipo di istituzioni.

 

18 ottobre 2014

Sulla piazza dello storico edificio della direzione della Zastava, dominata dalla statua all’operaio metalmeccanico, ci aspettano in tantissimi per l’assemblea di consegna degli affidi a distanza.

Per me è sempre un momento di felicità essere qui con loro, ma anche di forte dolore. Come ogni volta mi fa male vedere i volti di questi bambini, di questi ragazzi, di questi adulti che attendono di essere chiamati per ricevere la busta con l’affido e firmare la ricevuta.

All’inizio della nostra avventura solidale, quindici anni fa, sia noi che le famiglie serbe di nostro riferimento nutrivamo la speranza che presto sarebbe arrivata la ricostruzione che segue tutte le guerre, ma non avevamo messo in conto che quella contro la Serbia è stata una aggressione che faceva parte di una strategia (iniziata con la dissoluzione della Jugoslavia) molto ampia che aveva come obiettivo l’isolamento politico e la distruzione dell’apparato economico-industriale di quei Paesi che venivano considerati non allineati agli interessi della parte ricca del pianeta, e la Serbia è stata la prima vittima di una lunga serie di questa strategia.

Questo è il risultato delle aggressioni sotto il cappello NATO appoggiate e finanziate dai governi occidentali. Lo smembramento della Jugoslavia e la riduzione dei suoi paesi alla miseria, per farne poi colonie del fallimento della politiche industriali speculative della finanza europea.. Adesso in Serbia hanno i telefonini, facebook, le scarpe made in Cina alla moda, il franchising e la promessa dell'Europa come la nostra. Però il latte ai bambini in Serbia non si può più comprare e la bolletta della luce costa veramente troppo, troppo, tante case stanno al buio e nelle fabbriche serbe che sopravvivono gli operai si lavano con acqua industriale, i libri di scuola non sono più gratuiti e una radiografia a Belgrado ormai costa 30 euro. Ma molte famiglie non arrivano a 300 euro al mese, e lo vedi su tutti i volti che incontri, che dopo i 30 anni di età ti sorridono quasi senza denti...

Non siamo dei benefattori, ma donne e uomini solidali, ma sarà chiaro questo concetto? Non siamo lì con l’ipocrisia di fare genericamente del bene, ma sarà chiaro?

Tutto questo viene ribadito con forza da Rajko, il segretario del sindacato Samostalni, e da Stefano, il nostro vicepresidente.

Negli interventi iniziali di saluto viene chiaramente ricordato che noi siamo qui perchè crediamo  in valori molto precisi,  l’Antifascismo, il Lavoro, la Pace, la Libertà e la Solidarietà tra i lavoratori e tra i popoli, e siamo convinti che la solidarietà e l’unità tra i lavoratori è il bene più grande che abbiamo nelle nostre mani.

Per quasi due ore stringeremo tante mani, riceveremo tanti abbracci e baci, ci racconteranno i loro problemi, i loro dolori e le loro poche speranze; tanti lasceranno il loro regalo per le famiglie italiane, o un pensiero per la nostra delegazione, soprattutto tante bottiglie di rakija distillata direttamente da loro.

[FOTO: La statua all’operaio metalmeccanico / Una delle "nostre" bambine in affido]


Dopo l’assemblea ci aspetta un altro importante incontro, a Desimirovac, un grosso paese agricolo a una decina di chilometri a nord del centro di Kragujevac.

Abbiamo pubblicato un post con circa 40 foto su questo centro

 in data 28 luglio 2014 sulla nostra pagina facebook

Il paese ha circa 1600 abitanti e con i villaggi vicini di Opornica (1200) Cerovac (1500) e Gornje Jarusice (1400) si giunge ad un totale di quasi 6000 persone.

Alla fine del 2012, in occasione di una nevicata eccezionale crollò il tetto di un edificio di 350 metri quadrati di proprietà del Comune, utilizzato come poliambulatorio pubblico, sede di gruppi sportivi e della associazione dei pensionati; inoltre un’ala del locale conteneva su due piani (uno a filo strada e uno seminterrato) due grandissime botti per la grappa.

Durante l’estate del 2013 ci venne chiesto se potevamo prendere in considerazione la ricostruzione di questo edificio come progetto per la nostra associazione. Ci furono inviate molte foto, e durante il viaggio di ottobre 2013 incontrammo i rappresentanti dell’associazione degli abitanti del paese. La ricostruzione poteva prevedere  l’utilizzo dell’edificio anche da parte degli invalidi con la semplice costruzione di una rampa di accesso. Nel poliambulatorio si potrebbe infine installare una poltrona dentistica per odontoiatria sociale, visto che il problema dei denti è uno dei più gravi e diffusi tra la popolazione, poichè le spese connesse sono troppo elevate. La prevenzione specie nei bambini sarebbe veramente efficace.

Il progetto era importante ed interessante, perchè avrebbe riconsegnato alla popolazione un servizio pubblico essenziale, ma l’investimento da fare era al di sopra delle possibilità di una associazione come la nostra, anche  se in collaborazione con altre.

Ritornati a casa e dopo averne tanto discusso nel direttivo e con altre organizzazioni la nostra proposta fu la seguente: se il Comune avesse garantito la ricostruzione del tetto noi avremmo potuto discutere la possibilità di prendere in carico la  ricostruzione degli interni, a patto che ci fosse anche una parte di lavoro volontario fornito dagli abitanti.

Così durante l’inverno del 2013 avevamo ricevuto più preventivi. La ricostruzione degli interni costava 21.500 euro, ridotti a circa 14.000 per l’acquisto dei soli materiali, contando quindi totalmente su lavoro volontario degli abitanti . E poi finalmente il Comune di Kragujevac ci inviò una lettera che ci informava che in data 13 febbraio 2014 era stata approvata una delibera che stanziava 2.400.000 dinari (circa 21.000 euro) per la ricostruzione del tetto e il risultato positivo della gara di appalto; la ricostruzione tetto veniva stimata  in circa due mesi.

Poi il 16 marzo 2014 ci era arrivato l’ultimo preventivo con tutti i dettagli per l’acquisto dei soli materiali necessari alla ricostruzione degli interni. Si trattava di 13.970 euro. Infine l’associazione degli abitanti ci mandò un lettera in cui garantivano lo svolgimento di tutti i lavori con loro interventi su base volontaria e gratuita.

A partire da aprile scorso i lavori di ricostruzione sono andati avanti senza sosta; non sono ancora tutti finiti durante questa nostra visita, ma mancano veramente poche cose.

Il recupero di questo centro polivalente è intitolato alla memoria di un medico triestino, Franco Dardi, la cui famiglia ha fatto una grandissima sottoscrizione per ricordarne il nome; un figlio e un nipote di questo medico partecipano con noi a questa visita.

Quando arriviamo l’accoglienza è proprio fuori dall’ordinario (per noi) ma molto tradizionale per loro: una ragazza in costume della Sumadija (la regione di Kragujevac) ci aspetta con la tradizionale offerta del pane e del sale, insieme  ad un giovane e bravissimo fisarmonicista e a una folta delegazione di abitanti del paese.

[FOTO: Il pane ed il sale / La targa in memoria di Franco Dardi]

Visitiamo con cura i locali di questo centro, è irriconoscibile dal rudere che avevamo visto un anno fa, quando avevamo pensato che forse era meglio abbatterlo. Adesso tutto è a posto: l’impianto elettrico e quello idraulico sono finiti, così come tre ambulatori, l’ufficio comunale, la sala per i pensionati e per le associazioni sportive, i servizi igienici; mancano ancora alcuni intonaci, ma tutto è fattibile in poco tempo. La cosa più importante è che si sono i materiali e una grande voglia di fare.

La parte dell’edificio che ospitava le grandi botti per la rakija non sono stati ancora ricostruiti, non facevano parte del progetto ma il Comune ha ricostruito il tetto. Vedremo se in futuro si troveranno i mezzi per ristrutturare anche questi spazi: l’associazione degli abitanti sogna di costruire una farmacia a piano strada e un ritrovo per i giovani nella parte semi-interrata.

Per potere descrivere questo progetto ci vorrebbero decine e decine di fotografie, che non possiamo mettere in questa relazione, ma che inseriremo nella nostra pagina Facebook; qui ci limitiamo a qualche scatto importante.

[FOTO: La facciata prima… / … e dopo la ricostruzione / Due viste dell’ingresso prima dei lavori / L’ingresso dell’edificio dopo i lavori / Una delle stanze (senza il tetto) / La stessa stanza, dopo i lavori (mancano ancora le lampade al soffitto)]

Dopo questa visita siamo ospiti della associazione degli abitanti del paese e così, con un tipico ottimo pranzo serbo, si conclude anche questa missione.

Il giorno dopo, con un tranquillo viaggio di ritorno, saremo a casa e inizieremo la preparazione della prossima delegazione, che ad aprile 2015  ci porterà di nuovo a incontrare questi nostri carissimi amici.

 

CONCLUSIONI

In Serbia l’occupazione complessiva è sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni è in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani che sono costretti ad emigrare, soprattutto se dotati di una buona formazione scolastica.

Con molta fatica siamo riusciti a mantenere  il numero di affidi nel 2014 al di sopra di 150, ne abbiamo perduti una ventina negli ultimi 3 anni, mentre abbiamo ampliato il numero di progetti che vanno incontro a reali bisogni sociali della popolazione di Kragujevac, e che lo stato di povertà della città non permette di soddisfare, nel campo della scuola, della sanità, del disagio fisico e mentale, in tutto ciò che può regalare una piccola speranza alle nuove generazioni. 

Sappiamo bene che le condizioni materiali sono molto deteriorate anche qui da noi in Italia, ma siamo anche sicuri che i nostri sostenitori si rendono conto delle gravissime difficoltà che i lavoratori della Zastava e le loro famiglie continuano a sopportare, e che di conseguenza non mancheranno di sostenere la campagna di affidi, perchè la crisi non deve minare la solidarietà tra lavoratori e popoli, ma anzi rafforzarla, non deve dividere, ma unire, in nome di una globalizzazione dei diritti che, unica, può impedire le guerre tra i poveri e la disgregazione sociale.

ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

Sede legale: Via dello Scoglio 173      I-34127 Trieste

Codice Fiscale 90019350488 (per sottoscrivere il 5 per mille) 

Coordinate bancarie: Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,

Via Gruden 23,      I-34149 Basovizza-Trieste

Codice IBAN    IT18E0892802202010000021816

intestato a ‘’Non bombe ma solo caramelle –ONLUS’’ 

 

Trieste, 18 dicembre 2014





E' stato indetto il Premio Goebbels per la disinformazione dell'anno 2014

<< Quale sarà la testata che vincerà il nostro ambito trofeo? Quale invece il giornalista?
La nostra pagina intende lanciare questo concorso-sondaggio, tramite i suoi iscritti, per scegliere insieme chi saranno i vincitori del "Premio Goebbels per la disinformazione" per l'anno 2014.
Il principio è una testa, un voto. Si possono esprimere due preferenze, una per la testata, l'altra per il giornalista. Il voto è inviato tramite messaggio sulla bacheca di questo evento.
La proclamazione dei vincitori avverrà nei primi giorni del 2015.
Allora, cosa aspettate? Votate i vostri disinformatori dell'anno! >>

Se (giustamente) non volete entrare in Facebook, rispondete a questo email e provvederemo noi a comunicare il vostro voto agli organizzatori.



(english / deutsch / srpskohrvatski / italiano)

Putin: ‘Ricordatevi della lezione che abbiamo dato a Hitler’

1) Putin’s State of Nation address
Sintesi in lingua italiana (audio/video) / ‘Remember lessons we taught Hitler’: Top 10 quotes

2) Il Congresso USA ha dichiarato guerra alla Russia 
La Risoluzione 758/2014 contro la Federazione Russa ha le stesse finalità della Legge 101/513 del 1990 contro la Jugoslavia: distruggere il paese sul medio termine

3) Prezzi del petrolio e sabotaggio di South Stream
South Stream, Usa e getta (Manlio Dinucci)

4) Conferenza stampa di fine anno di Vladimir Putin


Leggi anche:

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Svalutazione del rublo, calo del prezzo del petrolio. Le sanzioni economiche per la crisi Ucraina 'uno stimolo'…

Putin: in Russia nessuna persecuzione delle minoranze sessuali (5/12/2014)
La Russia sceglie la famiglia tradizionale e una nazione sana, ma ciò non significa che le persone con diverso orientamento sessuale abbiano limitati i diritti…

L’unica bugia di Putin (di Marco Bordoni, 4/12/2014)
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Come Vladimir Putin ha ribaltato la strategia della NATO (di Thierry Meyssan, 6 dicembre 2014)
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'Un'altra guerra in Europa? Non in nostro nome!' (di Pino Cabras, 8 dicembre 2014)
In Germania ex presidenti, politici, artisti, industriali lanciano un potente appello per la distensione in Europa. I loro colleghi italiani tacciono…

Periods of Upheaval (West has little success in inducing other nations to join sanctions against Russia)
2014/12/10 - The EU and the USA are having little success in inducing friendly nations to join their sanctions against Russia. Following a visit by the EU's Foreign Policy Representative, Federica Mogherini, Ankara announced, Monday, Turkey will not support these measures, but rather continue its cooperation with Moscow. In India, as well, one hears in the lead-up to Russian President Vladimir Putin's visit - which begins today - that cooperation will be continued, because of common interests, for example to defuse Cold War-like tensions. India, along with other countries previously particularly close to the West - such as South Africa and Brazil - have a differentiated view of the Ukrainian conflict, a view, which does not exclude the West's role. For example, in the Indian debate, "the argument that Russia had re-drawn internationally recognized borders in Europe," is not taken seriously - after all, the West had done the same in destroying Yugoslavia, according to a report by the CDU-affiliated Konrad Adenauer Foundation. A Norwegian think tank notes that Brazilian foreign policy makers are no longer inclined to remain silent on western countries'  human rights violations, while loudly criticizing those of others. Observers find that the world "order" under western domination is beginning to crumble… 
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58811
Umbruchszeiten (EU und USA drängen Partnerländer erfolglos zu Russland-Sanktionen)

Од грађана се крије да је Америка на путу у трећи светски рат (Мајкл Чосудовски, 17 децембар 2014)

Quel che Putin non ci sta dicendo (di P. Escobar, 19 dicembre 2014)
La tempesta perfetta è su due fronti; guerra economica palese -sanzioni- e un attacco ombra rivolto al cuore dell'economia russa. Putin sa altre mosse..

PTV News 19 dicembre 2014 – Bruxelles Casino Royale
Secondo giorno del vertice di Bruxelles. L’Europa non ha più soldi per l’Ucraina. Raggiunti i limiti  di bilancio. La marcia indietro dell’UE: lo stop delle sanzioni alla Russia trova d’accordo anche la Merkel e Hollande, che vuole vendere le sue portaelicotteri a Putin. Ma da Bruxelles nuove sanzioni: contro la Crimea.  Obama firma provvedimenti contro la Russia. Prodi a Mosca in visita da Putin: che si saranno detti?

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Dichiarazioni di Putin e Lavrov

Elementi per un profilo di Vladimir Putin

Putin: "Obamin pristup Rusiji je neprijateljski" / L'intervista di Putin a "Politika"
http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/17/putin-il-vaccino-al-virus-nazista-perde-efficacia-in-europa/
http://www.politika.rs/rubrike/Svet/Obamin-pristup-Rusiji-je-neprijateljski.sr.html
http://rt.com/politics/official-word/196284-ukraine-putin-nazi-europe/


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Una sintesi in lingua italiana: 
PTV NEWS 5 dicembre 2014 - Putin parla alla nazione Russia

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http://rt.com/news/211411-putin-state-address-top10/

‘Remember lessons we taught Hitler’: Top 10 quotes from Putin’s State of Nation address

Published time: December 04, 2014

In his yearly address to parliamentarians and dignitaries, Vladimir Putin gave a reminder of Russia's strength as the country that Hitler failed to defeat, while also comparing Crimea's significance to that of the Temple Mount to Jews.

"Hitler wanted to destroy Russia - everyone needs to remember how that ended"

In a warning to the West about further encroachment towards Russia’s borders, President Putin reminded how many previous military powers have tried, but ultimately failed, to corner Russia and then invade the largest country on Earth.

"They wanted to disintegrate Russia like they did with Yugoslavia. They failed. We stopped them"

In the 1990s a weak Russia under Boris Yeltsin looked helplessly on as the US and the EU carved up Yugoslavia for their own personal gains. Almost two decades on, Putin says a repeat on Russian soil, despite the West’s desires, is unthinkable.

"They would have gladly applied the Yugoslav scenario of dismemberment and disintegration for Russia. They failed. We did not allow them to do that."

"The Russian army is polite, but menacing. Impossible to defeat her."

Russia has one of the largest armies in the world; however, Putin is adamant he does not want the country to be drawn into a wider conflict. The president did admit that if forced, the Russian bear is prepared to bare its claws with devastating consequences for those opposing it.

"Crimea as sacred to Russia as Temple Mount to Islam and Judaism"

For centuries Crimea was part of Russia. The peninsula is ethnically Russian, not just Russian-speaking. However, in 1954 it was ‘transferred’ to Ukraine by Nikita Khrushchev, who believed national boundaries were irrelevant given that they all came under the banner of the Soviet Union. However, following the collapse of the USSR, the Crimean question surfaced once again.

"Sanctions are unpleasant, but mostly for those who introduce them"

The US and the EU have tried to play-up the effect sanctions imposed on Russia are having a detrimental effect on the country’s economy, when in fact the low price of oil is the real reason for the ruble’s slide. Putin says Russia is looking for new partners in the east for trade and believes the West’s aim to hurt Russia’s economy will be detrimental in the long run.

"The US would have found ways to curb Russia's growth even without the Crimea pretext"

A resurgent Russia is a threat to the US, with Washington unwilling to let any nation challenge it as the world’s only super power. For almost a decade, the US has been looking at ways to diminish Russia’s role in world affairs both globally and politically. Putin was adamant that Crimea was just the excuse Obama was looking for to slap Moscow on the wrist.

"I propose a full amnesty for capital returning to Russia. Let's do it once, but right"

The Russian Finance Ministry estimates that $130 billion will leave Russia by the end of 2014 due to heightened geopolitical tensions and the mass sell-off the ruble throughout the year. However, now Putin’s going to try and keep Russian money in Russia.

"Being isolationist or xenophobic is weak. We are strong and believe in ourselves"

Vladimir Putin is adamant Russia will not be backed into a corner following the economic sanctions introduced by the US and the EU. On many occasions the Russian president has said that Moscow wants good relations with all countries, including the ones that are set on hindering its economic growth.

"Sometimes it's unclear whether to speak to a country's govt or their US patrons"

Since the break-up of the Soviet Union, the US’s tentacles, often under the pretext of NATO have encroached closer and closer to Russia’s borders and meddling in the affairs of foreign countries.

“Our US friends, whether directly or from behind the scenes always affect our relations with our neighbors. Sometimes it’s unclear whether to talk to the authorities of the country, or to their US patrons.”

"True sovereignty is an absolute necessity for Russia's existence"

Vladimir Putin said that countries are losing sight of their own national interests to suit the foreign policy of other countries. However, he said such a thing would not be happening in Russia.

“If for many European countries, sovereignty and national pride are forgotten concepts and a luxury, then for Russia, true sovereignty is an absolutely necessary condition of our existence.”


=== 2 ===

Vedi anche:

H. Res. 758: Reckless Congress ‘Declares War’ on Russia (By Rep. Ron Paul – Global Research, December 06, 2014)
On December 4, the US House passed what I consider to be one of the worst pieces of legislation ever. H. Res. 758 was billed as a resolution “strongly condemning the actions of the Russian Federation, under President Vladimir Putin, which has carried out a policy of aggression against neighboring countries aimed at political and economic domination.” In fact, the bill was 16 pages of war propaganda that should have made even neocons blush, if they were capable of such a thing…
http://www.globalresearch.ca/reckless-congress-declares-war-on-russia/5418287

Usa, la nuova risoluzione porta alla guerra contro la Russia? (di Giulietto Chiesa, 7 dicembre 2014)
Il 4 dicembre 2014 potrà a buon diritto essere incluso nell'elenco delle date che avranno anticipato, o preparato, la terza guerra mondiale… 
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/07/usa-la-nuova-risoluzione-porta-alla-guerra-contro-la-russia/1255455/
oppure http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113198&typeb=0&Usa-la-nuova-risoluzione-porta-alla-guerra-contro-la-Russia-
oppure http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/24862-usa-la-nuova-risoluzione-porta-alla-guerra-contro-la-russia.html

Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 6/12/2014 – https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1577308685835978
Gli Usa si stanno preparando allo scontro totale con la Russia. Mentre la polizia razzista di Obama sta reprimendo nel sangue la rivolta dei neri e riempiendo le carceri di attivisti, il Congresso non trova di meglio da fare che condannare quasi all'unanimità (massimo rispetto per i pochi parlamentari che hanno avuto il coraggio di opporsi) la "politica aggressiva di Putin contro i vicini"... Ecco il testo completo di questa ennesima provocazione: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/bdquery/z?d113%3AHE00758%3A%40%40%40D&summ2=m
H.Res. 758: Strongly condemning the actions of the Russian Federation, under President Vladimir Putin, which has carried out a policy …
https://www.govtrack.us/congress/votes/113-2014/h548

Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 16/12/2014 – https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1581621425404704
Entrambi i rami del Congresso USA hanno adottato la risoluzione "'Ukranian Freedom Support Act 2014" che prevede l'invio e l'assistenza di forniture letali all'esercito dell'Ucraina, con inoltre l'applicazione di ulteriori sanzioni verso il settore energetico russo. Al di là quindi delle dichiarazioni di facciata, gli Stati Uniti hanno ormai la chiara intenzione di alimentare sempre più il conflitto ucraino, fornendo armi e consiglieri militari all'Ucraina, e di colpire la Russia in ogni modo possibile.
Di seguito il testo licenziato dalle Camere statunitensi, che entrerà in vigore solo dopo la firma del Presidente Obama, ma questo ovviamente è solo un dettaglio....
Ukraine Freedom Support Act of 2014 -- S.2828 — 113th Congress (2013-2014)
https://www.congress.gov/bill/113th-congress/senate-bill/2828

America on a War Footing: Three Members of Congress Just Reignited the Cold War While No One Was Looking (By Dennis Kucinich, December 16, 2014)
http://www.globalresearch.ca/america-on-a-war-footing-three-members-of-congress-just-reignited-the-cold-war-while-no-one-was-looking/5420146

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http://megachip.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=113170&typeb=0

Il Congresso USA ha dichiarato guerra alla Russia 

di Pepe Escobar, 6 dicembre 2014
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras

Washington: 410 sì, 10 no. Grande consenso bipartisan prima che il disegno di legge vada al Senato. Carta bianca per la Casa Bianca contro Mosca …

Non riuscirò a sottolineare abbastanza quanto terrificante - e stupido - sia tutto questo.
E adesso è ufficiale.
La risoluzione n. 758 della Camera dei Rappresentanti è stata approvata ieri segnando un risultato travolgente e bipartisan (411 voti contro appena 10 contrari) presso il Congresso USA.
I particolari della ripartizione della votazione si possono leggere qui [ https://www.govtrack.us/congress/votes/113-2014/h548 ].
Questa risoluzione, giunta in tutta fretta fino al voto appena due settimane dopo essere stata presentata, descrive la Russia come una "Nazione Aggreditrice" che ha invaso l'Ucraina e che stava dietro l'abbattimento del MH17.
La risoluzione fa praticamente appello a far guerra alla Russia.
Date un'occhiata davvero attenta al linguaggio adoperato.
Il Presidente degli Stati Uniti, in consultazione con il Congresso USA, deve: 

«Condurre una revisione del posizionamento, della prontezza e delle responsabilità delle forze armate degli Stati Uniti nonché delle forze degli altri membri della NATO per determinare se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti a soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico e specificare le misure necessarie per porre rimedio a eventuali carenze».

Traduzione: 
Il Congresso USA pretende che l'Impero del Caos usi la dottrina della sicurezza collettiva della NATO ai sensi dell'articolo 5 (un attacco a un paese membro è un attacco a tutti i membri), per portare una guerra alla Russia, sebbene l'Ucraina non sia un membro (ma presto diventerà un grande alleato non-NATO).
La risoluzione passa ora al Senato.
Se diventa legge, la risoluzione consente al Presidente degli Stati Uniti di dichiarare guerra alla Russia aggirando il permesso formale parlamentare del Campidoglio.
L'anatra zoppa non avrebbe le palle. Ma l'Hillarator le avrà.


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Vedi anche: 

Il prezzo del petrolio, il dollaro e lo scontro tra Russia e Usa (di Demostenes Floros, 4/11/2014)
Le recenti variazioni nel mercato petrolifero e in quello cambiario possono essere interpretate alla luce della crisi tra Washington e Mosca…

Le ragioni geopolitiche del crollo dei prezzi del petrolio (di Demostenes Floros, 5/12/2014)
Il trend ribassista del greggio non si spiega solo con l'aumento dell'offerta e il rallentamento della domanda. Pesano le scelte strategiche delle principali potenze mediorientali e mondiali…

Petrolio e Russia a TgCom24
Intervista Tabarelli - presidente Nomisma - e Floros - saggista LiMes
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=IWQRwDxRxcs

La Russia dal 1° gennaio introduce il pagamento del gas e petrolio verso l'Europa esclusivamente in rubli ? (7/12/2014)

Newsletter 2014/12/12 - EU's Contradictions (Pipeline Projects)
BERLIN (Own report) - Since the Russian government's decision to scrap the "South Stream" pipeline project, Berlin and Brussels have been searching for an alternative supply of natural gas. In answer to the EU, Alexei Miller, Gazprom's chief executive, announced last Tuesday, that his company was no longer pursuing South Stream and would instead construct a pipeline to Turkey. Ukraine's role as transit country for supplying gas to the EU "will be reduced to zero." To meet the increasing demand of EU countries, the EU Commission is now seeking alternative supplies via the "Southern Corridor" - a route leading from Azerbaijan via the Southern Caucasus and Turkey to the EU. The EU's promised supply from Azerbaijan's natural gas reserves is but a drop in the bucket. The West's policies of war and sanctions hamper additional deliveries from Iraq or Iran via the "Southern Corridor." Only by 2016 will the USA export large quantities of shale gas, however, mainly to Asia where it can sell at a better price than in Europe. German politicians and experts are pleading to convince Moscow to continue the natural gas cooperation…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58812
Die Widersprüche der EU (Probleme mit Erdgasversorgung nach South Stream-Stopp)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59018



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South Stream, Usa e getta

Manlio Dinucci


«La Russia per il momento è costretta a ritirarsi dal progetto South Stream, a causa della mancanza di volontà della Ue di sostenerlo e del fatto che a tutt’oggi non ha ancora ricevuto il permesso della Bulgaria a far passare il gasdotto sul proprio territorio»: così i
l presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la cancellazione del progetto South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas russo nell’Unione europea attraverso un corridoio energetico meridionale, senza passare dall'Ucraina. 

In tal modo, scrive l’Ansa, Mosca «schiaffeggia l'Europa». In realtà è Washington che dà un altro forte schiaffo all’Europa, bloccando un progetto da 16 miliardi di euro che avrebbe potuto essere di grande importanza economica per i paesi della Ue, a partire dall’Italia dove avrebbe dovuto essere costruito il terminale del gasdotto. 

Per capire che cosa è avvenuto, occorre ripercorrere la storia del 
South Stream. Il progetto nasce dall’accordo di partenariato strategico, stipulato dalla compagnia statale russa Gazprom e dall’italiana Eni nel novembre 2006, durante il governo Prodi II. Nel giugno 2007 il ministro per lo sviluppo economico, Pierluigi Bersani, firma con il ministro russo dell’industria e dell’energia il memorandum d’intesa per la realizzazione del South Stream. Il progetto prevede che il gasdotto sarà composto da un tratto sottomarino di 930 km attraverso il Mar Nero (in acque territoriali russe, bulgare e turche) e da uno su terra attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia e Italia fino a Tarvisio (Udine). 

Nel 2012 entrano a far parte della società per azioni che finanzia la realizzazione del tratto sottomarino anche la tedesca Wintershall e la francese Edf con il 15% ciascuna, mentre l’Eni (che ha ceduto il 30%) detiene il 20% e la Gazprom il 50%.  La costruzione del gasdotto inizia nel dicembre 2012, con l’obiettivo di avviare la fornitura di gas entro il 2015. Nel marzo 2014 la Saipem (Eni) si aggiudica un contratto da 2 miliardi di euro per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino.

Nel frattempo, però, scoppia la crisi ucraina e gli Stati uniti premono sugli alleati europei perché riducano le importazioni di gas e petrolio russo. Primo obiettivo statunitense è impedire la realizzazione del South Stream. A tale scopo Washington esercita una crescente pressione sul governo bulgaro perché blocchi i lavori del gasdotto. Prima lo critica per aver affidato la costruzione del tratto bulgaro a un consorzio di cui fa parte la società russa
Stroytransgaz, soggetta a sanzioni statunitensi. Quindi l’ambasciatrice Usa a Sofia, Marcie Ries, avverte  gli uomini d’affari bulgari di evitare di lavorare con società soggette a sanzioni da parte degli Usa. Da’ una valida mano a Washington il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, che annuncia l'apertura di una procedura Ue contro la Bulgaria per presunte irregolarità negli appalti del South Stream. 

Il momento decisivo è quando lo scorso giugno arriva a Sofia il senatore Usa 
John McCain, che incontra il premier bulgaro Plamen Oresharski trasmettendogli gli ordini di Washington. Subito dopo Oresharski annuncia il blocco dei lavori del South Stream, in cui la Gazprom ha già investito 4,5 miliardi di dollari.

Contemporaneamente la compagnia statunitense Chevron inizia le perforazioni in Polonia, Romania e Ucraina per ricavare gas da scisti bituminosi, attraverso la tecnica  della
 fratturazione idraulica che si attua immettendo negli strati rocciosi profondi getti d’acqua e solventi chimici ad alta pressione. Una tecnica estremamente dannosa per l’ambiente e la salute, soprattutto a causa dell’inquinamento delle acque sotterranee. Il progetto di Washington di sostituire al gas naturale russo,  importato dalla Ue, quello ricavato da scisti bituminosi in Europa e negli Stati uniti, è un vero e proprio bluff, sia per gli alti costi che per i danni ambientali e sanitari di tale tecnica di estrazione. E già in Polonia e in Romania diverse  comunità locali si ribellano. 

In seguito al blocco del South Stream, ha annunciato Putin, la Russia è costretta a «riorientare le forniture di gas». Aumenteranno quelle alla Turchia attraverso il gasdotto Blue Stream. Aumenteranno soprattutto quelle verso la Cina.  La Gazprom le fornirà, entro il 2018, 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ossia circa un quarto di quello che fornisce oggi all’Europa. Avvalendosi anche di investimenti cinesi previsti in 20 miliardi di dollari, Mosca progetta di potenziare l’oleodotto tra la Siberia orientale e il Pacifico, affiancandolo con un gasdotto di 4000 km per rifornire la Cina. Pechino è interessata a effettuare investimenti anche in Crimea, in particolare per la produzione ed esportazione di gas naturale liquefatto. 

A perdere sono i paesi della Ue: solo la Bulgaria dovrà rinunciare a diritti di transito nell’ordine di 500 milioni di dollari annui. 
 
 

La Saipem dell’Eni crolla in Borsa


Appena è stata annunciata la cancellazione del progetto South Stream, il titolo Saipem in Borsa ha subìto, in seguito alle vendite, un continuo calo, scendendo al più basso livello degli ultimi sei anni. 
Con il blocco di South Stream, Saipem (Gruppo Eni) perde  il  contratto per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino e un altro contratto per i lavori di supporto della seconda linea, per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro, cui si sarebbero aggiunti altri contratti se il progetto fosse andato avanti. 

Si prevedono pesanti ripercussioni per l’occupazione. L’azienda, appartenente per il 43% all’Eni e per il 57% ad altri azionisti, opera a livello internazionale nel campo dell’estrazione e della ricerca di idrocarburi. Ha oltre 50mila dipendenti di 132 nazionalità, il 14% dei quali in Italia. 

In seguito alla cancellazione del progetto South Stream saranno annullate o drasticamente ridimensionate le nuove assunzioni che la Saipem prevedeva per accrescere il proprio organico in Italia. Non si esclude neppure un taglio dell’attuale organico. 

La cancellazione del progetto South Stream assesta quindi un duro colpo non solo alla Saipem ma ad altri settori dell’industria e dei servizi, nel momento critico in cui cala la produzione e, di conseguenza, l’occupazione. 

Basti pensare che  il terminale del gasdotto a Tarvisio, previsto nel progetto originario, avrebbe potuto essere l’hub di smistamento del gas russo in altri paesi europei e quindi fonte di forti introiti e incremento di posti di lavoro. Tutto questo ora viene vanificato. Mentre traggono vantaggio dalla cancellazione del South Stream le compagnie statunitensi, come la Crevron, impegnate a rimpiazzare il gas russo fornito alla Ue.  Non resta che ringraziare «l’amico americano». 
 
(il manifesto, 3 dicembre 2014)



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PTV News 18 dicembre 2014 - Putin: "Vogliono metterci in ginocchio"
Il crollo del rublo e la crisi ucraina al centro della conferenza stampa di fine anno tenuta da Vladimir Putin oggi a Mosca…

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Grande conferenza stampa del Presidente russo Vladimir Putin

18 dicembre 2014

Il Presidente russo Vladimir Putin ha aperto la sua conferenza stampa annuale con una panorama degli indici economici del Paese di quest'anno.

Secondo il leader russo, la crescita del prodotto interno lordo per i 10 mesi di quest'anno può raggiungere lo 0,7-0,6%. Putin ha riferito che il saldo della bilancia commerciale della Russia è aumentato di 13,3 miliardi di dollari e ha raggiunto 148,4 miliardi di dollari.

 

Alla Russia, nel peggiore dei casi, saranno necessari due anni per superare la crisi, ha detto il Presidente Vladimir Putin durante la sua una grande conferenza stampa.
Se la situazione nell'economia russa peggiorerà, occorrerà correggere i piani, ha detto Putin. Allo stesso tempo, il capo di Stato è sicuro che l'uscita della crisi è certa.
Il Presidente ha anche espresso la speranza che continuerà la tendenza al ribasso dei tassi di cambio delle valute estere e il rafforzamento del rublo. Secondo Putin, ilo governo prevede di applicare le misure che sono state utilizzate con successo nel 2008.

 

La Russia esorta l'Occidente a cessare la costruzione dei muri di separazione.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha definito giusta la posizione dura di Mosca sulle varie crisi internazionali, tra cui l'ucraina.
La posizione della Russia, ha detto Putin, deve far capire ai partner stranieri che è necessario costruire uno comune spazio umanitario di sicurezza.
Così il Presidente russo ha commentato le parole di uno dei giornalisti sul fatto che quest'anno per alcune settimane è stato creato un muro di diffidenza, sospetto e alienazione tra la Russia e molti altri Stati.
Putin ritiene che il problema principale delle relazioni internazionali riguardi i partner che non si sono fermati nella costruzione dei muri e si sentono imperialisti. "L’estensione della NATO ad est, lo scudo antimissile non sono un muro?" ha detto Putin.

 

Il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato la disponibilità della Russia a svolgere il ruolo di mediatore per avviare un dialogo in Ucraina tra le parti in conflitto. La crisi in Ucraina dovrebbe essere risolta con mezzi politici il più veloce possibile, ritiene Putin.
Parlando alla sua conferenza stampa annuale, il Presidente ha osservato che il blocco economico del Donbass è una strada dannosa per la statualità dell’Ucraina. Ha evidenziato che è una via senza prospettive e porterà solo danni al popolo ucraino.
Il Presidente ha sottolineato che la Russia continuerà a fornire assistenza umanitaria al Donbass. E se Kiev vuole ristabilire la pace, deve rispettare gli interessi degli abitanti di questa regione.

 

Nel prossimo futuro l’Europa non troverà fornitore più conveniente e più affidabile della Russia, ha dichiarato Vladimir Putin.
Secondo il leader russo, la possibilità di creare un hub europeo del gas al confine tra Turchia e Grecia dipenderà dalla volontà dell'Unione Europea. La Russia, a sua volta, è pronta a lavorare in questa direzione, ha posto l’accento Putin.
Ha anche parlato delle forniture del gas russo alla Cina. Il Presidente ha dichiarato che il contratto con la Cina non è svantaggioso per nessuna delle due parti nonostante le reciproche agevolazioni.
Gazprom e la cinese CNPC a maggio hanno firmato un contratto trentennale che prevede la fornitura dalla Russia alla Cina di 38 miliardi di metri cubi di gas annuali attraverso la via orientale.

 

Il Presidente russo Vladimir Putin ritiene che la situazione attuale nell'economia del Paese è peggiorata solo per un quarto a causa delle sanzioni occidentali.
Secondo il leader russo, le sanzioni non sono il prezzo per l'adesione della Crimea. "Questo è il costo per il nostro desiderio naturale di mantenerci come Stato", ha detto Putin. Il Presidente ha ricordato che dopo il crollo dell'Unione Sovietica la Russia si è aperta ai partner occidentali e in cambio ha ricevuto un "sostegno diretto e completo del terrorismo nel Caucaso del Nord".
Putin ha ricordato l’entusiasmo della Russia nei preparativi delle Olimpiadi di Sochi per regalare una festa sportiva a tutto il mondo e i tentativi senza precedenti di impedire la realizzazione dell’evento da parte di alcuni politici in diversi Paesi.

 

Le autorità russe non si occupano di aizzare le persone che si oppongono alle loro politiche, ha detto il Presidente russo Vladimir Putin.
Il capo di Stato ritiene che la linea tra l'opposizione e la "quinta colonna" è molto sottile. Secondo il Presidente, l'oppositore anche se è molto duro, alla fine lotta per gli interessi della sua patria, ma la "quinta colonna" è composta da persone che eseguono ciò che viene dettato loro a favore degli interessi di un altro Stato.

 

La verità della situazione con il conflitto ucraino è dalla parte della Russia e non dell'Occidente, ha detto Putin. Se l'Occidente avesse invitato tempestivamente gli organizzatori del colpo di stato in Ucraina a mantenere l'ordine, ora non ci sarebbe la guerra civile nel Paese.
Putin ha aggiunto che la posizione della Russia fina dall’inizio è stata retta e oggettiva.
Inoltre, il Presidente ritiene che la Russia difende con fermezza i propri interessi nazionali e proprio questo fatto provoca la reazione negativa dei partner occidentali. Putin ha sottolineato che la Russia è pronta a sviluppare relazioni normali con l'Occidente nel settore della sicurezza, della lotta al terrorismo, della non proliferazione delle armi nucleari e contro la droga.

 

Gli Stati Uniti creano una minaccia per la Russia, schierando lo scudo antimissile in Europa orientale, ha dichiarato il Presidente Vladimir Putin.
Ha ricordato che gli Stati Uniti hanno schierato gli elementi dello scudo antimissile non solo in Alaska, ma anche in Europa: in Romania e in Polonia. "Proprio accanto a noi", ha detto il Presidente russo.
Putin ha riferito che il bilancio del Ministero della Difesa russo aumenterà l’anno prossimo per 50 miliardi di dollari. Tuttavia, ha sottolineato che il bilancio del Pentagono è di 575 miliardi di dollari.
Il Presidente ha dichiarato che la Russia non svolge nessuna politica aggressiva. La Federazione Russa ha solo due basi militari all'estero nelle zone più pericolose a causa della minaccia terroristica: in Kirghizistan e in Tagikistan.
Putin ha ricordato che i voli dei bombardieri strategici dell’Aeronautica militare russa sono iniziati solo qualche anno fa, mentre gli aerei americani non hanno mai smesso di pattugliare.

 

La risoluzione del problema nucleare iraniano è molta vicina, la leadership di Teheran dimostra una maggiore flessibilità, ha dichiarato durante la sua grande conferenza stampa annuale il Presidente russo Vladimir Putin.
"Non riesco a capire il motivo per cui non è stato ancora firmato l'accordo definitivo sul programma nucleare iraniano. Spero che questo accadrà presto", - ha detto Putin.
Il Presidente ha aggiunto che la Russia si sta sforzando di aumentare gli scambi commerciali con l'Iran e di migliorare le sue strutture.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/news/2014_12_18/Grande-conferenza-stampa-del-Presidente-russo-Vladimir-Putin-0489/



(francais / italiano)

Grande Albania in misera Europa

1) L’UE au Kosovo : Faites ce que je dis… (G. Berghezan)
2) Ed ora, un pezzo di Montenegro. Dopo la "repubblica di Ilirida" nata in Macedonia, anche nel piccolo Paese adriatico adesso la minoranza skipetara chiede un territorio indipendente per dare vita ad ""Albania naturale"…


Sullo scandalo EULEX ed altre cronache recenti del progetto irredentista pan-albanese, appoggiato dalla NATO, si vedano anche:

Il drone della Grande Albania volteggia sull'Europa complice

Edi Rama, visita rinviata (21 ottobre 2014)
I premier serbo e albanese si sentono al telefono e decidono di spostare l'appuntamento di Belgrado all'11 novembre, caccia all'uomo che aveva piazzato il drone sul tetto di una chiesa…
http://italintermedia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=75480&typeb=0&Edi-Rama-visita-rinviata

EULEX: abuse, bribery, financial crime
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8165

EULEX corrotta per Kosovo criminale / Visite d’Edi Rama en Serbie : « le Kosovo indépendant est une réalité »
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8152

NÉ PACE NÉ GIUSTIZIA NEI BALCANI (A. Martocchia – segretario, CNJ-onlus, 5/12/2014)
Il Kosovo è un territorio strappato ad uno Stato sovrano con la violenza di una guerra di aggressione, che è stato trasformato in protettorato a tutti gli effetti, pur con la maschera di sovranità conferita da una illegittima dichiarazione di indipendenza che nemmeno la totalità dei paesi UE ha riconosciuto. Era scontato che per mettere sotto tutela occidentale, anche dal punto di vista giuridico-amministrativo, una simile creazione neocoloniale, fosse necessario istituire organismi di controllo giuridico illegittimi e profondamente corrotti sin dalla loro creazione…


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http://michelcollon.info/L-UE-au-Kosovo-Faites-ce-que-je.html?lang=fr

L’UE au Kosovo : Faites ce que je dis…

Georges Berghezan – 17 décembre 2014

…mais ne faites pas ce que je fais : telle pourrait être la leçon à tirer des frasques de la mission « Etat de droit » EULEX au Kosovo, chargée d’enseigner aux indépendantistes kosovars les bonnes manières dans le domaine de la lutte contre la corruption, la criminalité et l’impunité, notamment en supervisant étroitement leur police et leur appareil judiciaire.

L’affaire a commencé fin octobre quand le quotidien albanophone de Pristina, Koha Ditore, a publié des dossiers en provenance d’EULEX, indiquant des rapports étroits entre des responsables de la mission de l’Union européenne et les milieux mafieux et politiques kosovars, ainsi que des lettres de la procureure britannique, qui venait d’être suspendue de ses fonctions, accusant un juge d’EULEX d’avoir reçu un pot-de-vin pour classer un dossier criminel, la procureure en chef d’EULEX de l’avoir couvert et un autre procureur d’avoir bloqué une enquête interne à ce sujet. Ainsi, le juge italien, Francesco Florit, aurait reçu 300 000 euros pour faire acquitter trois tueurs locaux, par ailleurs policiers d’une unité spéciale. N’ayant réussi à n’en libérer qu’un seul, les familles des deux autres malfrats se sont senties grugées par le juge, maintenant replié en Italie, et ont elles aussi raconté leurs déboires aux médias de Pristina.

Tout en démentant avoir transmis ces documents à Koha Ditore – prétexte avancé pour sa suspension –, la procureure britannique, Maria Bamieh, en a confirmé l’authenticité. En plus, elle a affirmé avoir été victime de harcèlement continu depuis qu’elle enquêtait sur les pratiques de certains membres d’EULEX et que ses enquêtes avaient été ignorées par la hiérarchie de l’UE, y compris le Service d’action extérieur (SAE) dont dépend EULEX, alors dirigé par Catherine Ashton. Elle a également déclaré avoir été freinée dans d’autres enquêtes, notamment sur des privatisations frauduleuses d’entreprises, dès que les noms de personnalités kosovares devenaient trop voyants.

La presse serbe, qui considère avec méfiance cette mission chargée d’accompagner le Kosovo vers l’indépendance, soupçonne que d’autres affaires de corruption pourraient expliquer le maintien sous les verrous du leader politique du Nord-Kosovo, Oliver Ivanovic, accusé de crimes de guerre en dépit de preuves l’en disculpant, preuves qui auraient été falsifiées par EULEX. De même, les acquittements dont bénéficient quasi-systématiquement les anciens leaders de l’Armée de libération du Kosovo (UCK), contrôlant aujourd’hui l’essentiel des institutions du Kosovo, lors de plusieurs procès pour crimes de guerre, crimes de droit commun ou affaires de corruption, pourraient ne pas s’expliquer uniquement par l’élimination ou l’intimidation des témoins, mais aussi par des versements aux procureurs et juges d’EULEX, qui détiennent la haute main sur ces procès. Le quotidien de Belgrade, Politika, considère que ces derniers, au lieu d’apporter les normes légales de leurs pays au Kosovo, « se sont adaptés aux coutumes locales ».

Côté EULEX, si on dément avoir menacé de trainer Bamieh et Koha Ditore devant les tribunaux s’ils rendaient publiques ces affaires, comme ceux-ci l’affirment (1), on se limite à déclarer qu’une enquête interne « est en cours » depuis 2013 à propos des accusations de la procureure, une enquête qualifiée de « mensonge » et de « farce complète » par cette dernière. Quant au juge Florit, il clame son innocence et affirme avoir été blanchi par cette enquête – qui serait donc achevée.


Enquêtes en cascade

Telle semble être la stratégie suivie par l’UE pour étouffer l’affaire : enquêter… Au début novembre, pressée par des députés européens, la toute nouvelle « Haute représentante » du SAE, Federica Mogherini, a annoncé l’ouverture d’une enquête « indépendante » sur les accusations de Bamieh. Deux semaines plus tard, le médiateur de l’UE, Emily O’Reilly, ouvrait sa propre enquête. Entre-temps, les justices kosovare et italienne auraient décidé d’entamer leurs propres investigations. Rien de mieux pour créer la confusion et noyer le poisson dans les eaux nauséabondes de l’establishment euro-politico-mafieux du Kosovo. De l’avis de plusieurs observateurs, le Tribunal sur les crimes de l’UCK, décidé par le Conseil de sécurité de l’ONU en juillet dernier, pourrait faire les frais de la profonde crise qui secoue EULEX. En effet, celle-ci a été chargée de mettre en place, hors du Kosovo, ce tribunal, créé sur recommandation d’une autre enquête, portant sur les allégations du rapport du sénateur suisse Dick Marty au Conseil de l’Europe (2010) (2), concernant des trafics d’organes de prisonniers, notamment serbes, pendant ou peu après la « guerre du Kosovo ». Selon Marty, les organisateurs de ce trafic seraient certains des principaux dirigeants politiques actuels de l’entité, dont le Premier ministre sortant, Hashim Thaci.

Avec une crédibilité morale et politique aussi entamée, on peut douter qu’EULEX ose affronter les encore nombreux sympathisants et vétérans de l’UCK qui ne manqueraient de se mobiliser si leur chef était mis en accusation. À nouveau, l’impunité devrait être assurée pour les ex-dirigeants de l’UCK, en échange de la prolongation du statut de protectorat attribué à ce petit territoire pseudo-indépendant, gangrené par le crime, la corruption et le nettoyage ethnique. Au grand dam des victimes, majoritairement serbes et non-albanaises, envoyées aux oubliettes de l’histoire au nom d’une illusoire stabilité des Balkans.


Notes :

(1) Bamieh affirme avoir même reçu des menaces – voilées – de mort de la part d’EULEX. (2) Le rapport est disponible sur le site du Conseil de l’Europe : http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteVoir.asp?ID=964 .

Ce texte sera publié dans Le Drapeau Rouge, journal du Parti communiste, dans son numéro 48, à paraître au début janvier 2015.



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Ed ora, un pezzo di Montenegro

Dopo la "repubblica di Ilirida" nata in Macedonia, anche nel piccolo Paese adriatico adesso la minoranza skipetara chiede un territorio indipendente per dare vita ad ""Albania naturale"

AdminSito
mercoledì 26 novembre 2014

Gli appetiti della popolazione di origine albanese nei Balcani paiono non fermarsi mai: dopo la proclamata nascita in Macedonia di una fantomatica "reopublica di Ilirida" che dovrebbe accogliere lqaminoranza albanese, anche in Montenegro cominciano ad affacciarsi rivendicazioni del genere. Domenica scorsa un quotidiano di Podgorica ha pubblicato una lettera aperta al primo ministro montenegrino Milo Djukanovic, nella quale si afferma che gli albanesi della piccola repubblica conquisteranno "pacificamenre" la loro legittima porzione di territorio nel Paese. 

A firmare questa sorta di ultimatum è Koco Danaj, il leader di un partito di opposizione chiamato List che si batte per la cosiddetta "Albania" Naturale"[(b] ed è già stato consigliere di diversi primi ministri albanesi.

Danaj chiede la creazione di un nuovo Stato che egli chiama appunto "Albania naturale" e che dovrebbe comprendere tutti i territori in cui attualmente vivono gli albanesi, tra cui il Kosovo e parti della Serbia, Montenegro, Macedonia e Grecia. In altre parole, è il progetto della "Grande Albania" che viene riproposto in termini diversi ma con identico risultato, almeno nelle speranze.

Nella sua lettera, Danaj dice che intende semplicemente mostrarsi educato informando i dirigenti montenegrini della necessità di rinunciare ad una porzione di territorio. «Perché rivolgo loro questo invito? Perché sono i nostri vicini, e gli albanesi si rivolgono anzitutto ai vicini. oggi ci sono vicini quei Paesi che ingiustamente impediscono la nascita nel proprio territorio di un' "Albania Naturale".

Lo scorso luglio, Danaj aveva lanciato un'iniziativa per raccogliere un milione di firme fra gli espatriati albanesi che vivono in Europa onde convincere i governi occidentali della necessità di unire tutti gli albanesi in un unico Stato. Secondo il suo piano,  "Albania naturale"' dovrebbe includere tutte le aree abitate da persone di lingua albanese, sia dove attualmente costituiscono la maggioranza sia quelle in cui sono state maggioranza nel passato, e dalle quali sono state espulse nel corso dei conflitti etnici dell'ultimo secolo/. La sua piattaforma prevede che la città più meridionale del Montenegro, Ulcinj, al confine albanese, debba essere dichiarato 'città libera' e condivisa tra Tirana e Podgorica.

Qualche mese fa con un un comizio a Skopje anche un alro politico albanese aveva proclamato la nascita all'interno della Macedonia di una misteriosa "repubblica di Ilirida" che si propone grossomodo gli stessi obiettivi, ma l'annuncio era stato preso come una trovata pubblicicaria fino a quando nell'area montagnosa del Tetovo é stata segnala una milizia gidata da un ex comamdante dell' "Uck", che indossa divise nere e si presenta appunto come protettrice degli albanesi.

Fonte: Birn

[SI RACCOMANDA LA LETTURA DEI COMMENTI DEI LETTORI PAN-ALBANESI, NAZIONALISTI RAZZISTI, IRREDENTISTI ED ORGOGLIOSAMENTE VIOLENTI: