Informazione


https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm

“NA MORE CON AMORE”
Resoconto dell'iniziativa - Edizione 2014

scarica in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/namoreconamore/2014/FOTO/NMCA_Resoconto2014.pdf

Ciao a tutti,
anche quest’anno speriamo farvi cosa gradita con un breve resoconto dell’iniziativa di ospitalità estiva dei bambini di “nA More con AMore”. Gli studenti della scuola “Sveti Sava” di Jasenovik sono tornati alle loro famiglie, presso i villaggi delle aree di Novo Brdo nel territorio del Kosovo. 
Dopo una settimana piena di soggiorno in Italia, il 2 luglio scorso all’aeroporto di Roma Fiumicino, abbiamo accompagnato Jovana, Katarina, Aleksandra, Marija, Ivana, Nevena, Nikola, Miloš e Valentina. Quest’anno la mascotte nel gruppo è stata Nevena, di soli 8 anni, sorella di Nikola. Nel salutarla, abbiamo sentito cara l’immagine di questa piccola, timida ma caparbia bambina, che si è impegnata come non mai, per vincere la sua forte paura iniziale del grande e fascinoso mare; paura a cui non ha fortunatamente ceduto, godendosi alla fine il suo gioco, il suo beneficio e liberando finalmente il suo sorriso…
La settimana è stata di buon tempo, il cielo ci ha avvicinato qualche nuvolone, ma velocemente se lo è portato via. La comunità di Santa Severa ed i suoi esercenti ci hanno sostenuto, per ridurre al minimo le spese, e noi siamo contenti di poterlo ribadire.
I bambini hanno svolto soprattutto attività in spiaggia, interminabili bagni in mezzo alle generose onde del mare di Santa Severa, con alle spalle il suggestivo castello dell’area Pyrgi, ed i suoi bellissimi tramonti. Nel fine settimana il gruppo si è spostato a visitare Roma, un po’ imbavagliata dai lavori di restauro, persino Fontana di Trevi ci ha lasciati a bocca… asciutta! Però il passaggio alla mostra sulla liberazione di Roma dal Fascismo (’43-’44), all’interno del Vittoriano, è stato molto apprezzato dai ragazzini, nonostante la loro giovane età. Il nostro esperto Andrea Martocchia e la loro insegnante Valentina Ristić hanno saputo stimolare la loro curiosità. Ma la prima accoglienza in città è stata …. Serba! Essendo il 28 giugno, abbiamo festeggiato Vidovdan presso la Chiesa Russa Ortodossa di Santa Caterina a Roma, accolti per il pranzo tradizionale ed ospitati dall’associazione “Sveti Sava”. Vidovdan è un giorno speciale per la tradizione serba, religiosa e laica, in memoria della storica battaglia di Kosovo Polje del XIV secolo, in cui si intrecciano storia, mitologia ed arte, della cultura Serba e Turca. In realtà il 28 giugno ricorrono molti altri importanti avvenimenti politici jugoslavi e dell’Europa, legati alle guerre mondiali ed ai bombardamenti NATO del ‘99.  E’ piaciuto molto anche il Castello di Bracciano ed il suo lago panoramico, che è stato raggiunto attraverso una bella passeggiata serale nel bosco. E poi molto apprezzata è stata la scogliera di Santa Marinella, dove Nevena ha fatto finalmente la sua prima “immersione” integrale nell’acqua di mare. I giorni sono trascorsi veloci, ma l’intensità e la serenità di molti momenti sono state assaporate con una appagante lentezza, fino al saluto della partenza, con l’immancabile caro “vidimo se uskoro!”.

Anche questa edizione dell’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con le associazioni Non bombe ma solo caramelle OnlusCNJ – Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus e la Scuola Primaria "Sveti Sava" del villaggio Jasenovik (Novo Brdo). Le pratiche organizzative e di autorizzazione sono state svolte in collaborazione con: il Comitato Minori Stranieri – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; l’Ufficio Visti dell’Ambasciata Italiana di Pristina, la compagnia aerea Air-Serbia; l’Istituto di Assicurazione Consorzio Caes - Assimoco Italia.
Le spese sostenute, per un totale di 2.103 euro, hanno riguardato: visto di ingresso, biglietti aereo, trasferimento pullman A/R Jasenovik- Belgrado, assicurazione per infortunio e responsabilità civile, trasferimento A/R Santa Severa/Roma per gita (treno e bus), servizio stabilimento spiaggia in Santa Severa, visita guidata al Castello di Bracciano, parcheggio all’aeroporto di Fiumicino (causa ritardo di 3 ore del volo da Belgrado).

Per aver contribuito a sostenere economicamente l’iniziativa ringraziamo, 
per le sottoscrizioni:
Associazione Zastava Brescia onlus, Tiziana Cerasoli, Simonetta Granato, Roberta Fortuna, Andrea Martocchia, Giovanni Modica, Stefano Peciarolo, Luana Proietti, Angelo Reali, I Beatles a Roma e tutti i sottoscrittori dell’evento del 24 maggio a Bracciano, Francesca Sellari, Simonetta Seromanni, Zivkica Nedanovska Stankovski, Marcella Simonelli, Angela Taverniti, Alberto Tarozzi, Gilberto Vlaic, Josie Platania;
per l’alloggio, per alcuni trasferimenti, per il vitto, per la guida turistica, per l’ospitalità a Bracciano, per l’Ospitalità presso la Chiesa Ortodossa di Santa Caterina a Roma, per gli interpreti:
Dragan Popović, Vesna Stojaković, Annamaria Cappelli, Augusto Mengarelli, Stefano Mattozzi, Sonja Rakić, Svetlana Rakić, Tanja Vuković, Samantha Mengarelli, Carlo Lo Giudice, Fabrizio Scandone (ed il gruppo del mercoledì!), Andrea Martocchia, Luana Proietti, Roberto Felicetti, Sandro Ciorciolini, l'alimentari panificio Fracassa Galli & C. snc, la pizzeria L'Angolo delle Crepes di G. Amici e S. Lobascio, il ristorante l’Angoletto, la gelateria artigianale di Roma “La Dolce Vita”, lo stabilimento Lido, l’associazione della comunità serba-ortodossa “Sveti Sava” di Roma. 
I fondi raccolti e non spesi verranno utilizzati, come preannunciato, in parte per gli interventi già stabiliti per scuole nella Repubblica Serba di Bosnia colpite dall’alluvione, ed in parte per future iniziative di solidarietà di cui vi terremo informati.
Ringraziamo sempre Valentina Ristić, insegnante e accompagnatrice del gruppo ma quest’anno, un ringraziamento particolare è dovuto ad Andrea Dardi, che ci ha supportati nei difficili rapporti procedurali con l’Ambasciata Italiana di Pristina ed alle Sig.re Djurdja Darazi e Zorica Mihajlović dipendenti storiche della ex Jat Airways (ora Air Serbia) la cui disponibilità, professionalità ed umanità nel risolvere alcuni imprevisti, sono state veramente degne di lode, rare a trovarsi, nelle compagnie aeree di oggi.
E poi cos’altro dire? È sempre molto difficile descrivere le emozioni e le reazioni degli altri. I bambini poi sono disarmanti, tentare di raccontarli è forse presuntuoso e soprattutto molto delicato. Una cosa però la si può dire, senza indugio e senza fargli alcun torto: ma quanto hanno mangiato! come una squadra di pallanuoto. E naturalmente ne siamo rimasti tutti estremamente soddisfatti e contenti, ed un premio speciale va di sicuro alle crostate con farina di farro ed albicocche fresche di Vesna, ai paccheri ripieni con burrata, limone e pomodorini di Annamaria ed alla torta ripiena di creme di Sonja e Ceca.
Perciò per chi vuole, racconti e foto potrete trovarle su questa pagina, per questa esperienza che si arricchisce sempre di più, di partecipazione e di storie importanti, che vogliamo dedicare a due donne, mamme ed amiche, che non ci sono più e che hanno ispirato “nA More con AMore”, Fiore ed Anna Maria, creature del mare. Vi salutiamo tutti e speriamo di ritrovarci nuovamente per questa iniziativa. 

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus
Non Bombe ma Solo Caramelle - onlus

Certe case vivono e vivranno sempre il loro buon tempo, piene ed appagate delle voci e dei passi che le hanno attraversate...
(da: nA More con AMore, prima edizione)

A cura di Samantha Mengarelli

Foto scattate da: Andrea Martocchia, Stefano Mattozzi, Samantha Mengarelli, Dragan Popović, Dušan Ristić e Valentina Ristić 

LE FOTO: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm#foto2014




http://contropiano.org/politica/item/25248-le-favole-de-l-unita-contro-i-palestinesi

Le favole de l'Unità contro i palestinesi

•  Lunedì, 14 Luglio 2014 10:55
•  Alessandro Avvisato

Fare propaganda invece di giornalismo. Specie in tempi di guerra diventa così normale che nessuno se ne accorge più. A meno che non abbia l'attenzione e la tenacia di una attivista solidale e impegnata come nel caso che segnaliamo.

La ragione strutturale è semplice da capire: se vivi “dentro” un sistema che consideri la tua normalità, difficilmente puoi renderti conto di quanto deformante sia il filtro posto agli eventi che avvengono “fuori”. E la guerra – in Palestina come in Ucraina, in Siria come in Libia o in Iraq, per noi “fortunati” europei è per il momento “fuori” (sembra passato un secolo da quando c'eravamo quasi “dentro”, tra Bosnia, Serbia e Kosovo).

Deve essere per questo che molti giornali e supposti giornalisti tendono a riciclare sempre lo stesso “pezzo”, fiduciosi nel fatto che illettore non ci può fare caso, sommerso com'è da informazione tutta uguale, seriale, embedded senza più nemmeno la necessità che un Minculpop ti venga a censurare l'articolo prima della pubblicazione. Ormai la censura fa parte del software che muove la testa di chi scrive sulla stampa mainstream. E la realtà non conto, l'unico problema è “come raccontarla”. Ma dopo un po' la fantasia si esaurisce. E ci si ripete.

L'infortunio occorso a Umberto De Giovannangeli, inviato de l'Unità, è però davvero singolare. A forza di recarsi in Israele per raccontare l'ennesimo massacro a Gaza, sempre tornando a Sderot (anche la location scelta deve avere la sua importanza, per la ripetitività), ci racconta sempre la stessa storia. Un po' come la nonnina quando ci raccontava le favole per farci addormentare.

La favola che ci racconta De Giovannageli è commovente. È la favola della bambina israeliana Tahal Pfeffer, 4 anni, che quando torna a casa dall'asilo si accuccia sotto il tavolo. Si è abituata a fare così per colpa di quei cattivissimi palestinesi che da Gaza lanciano i terribili razzi Qassam. A forza di vivere così, ha sviluppato una sindrome psicologica che ha un nome preciso - SPT (Sindrome Post-Traumatica) - comune ad oltre la metà degli abitanti della cittadina ai confini di Gaza.

Vi siete commossi anche voi, ammettetelo. Una bambina è il simbolo stesso dell'innocenza, impossibile restare impassibili.

Il problema più grave di questa bambina, però, è che non cresce. Un autentico Peter Pan, che ha sempre quattro anni, anche a distanza di sette anni. Leggiamo:

Quando Tahal Pfeffer, 4 anni, torna a casa dall'asilo, si accuccia sotto il tavolo della cucina e lì rimane. Quando Tahal ha cominciato a comportarsi così, circa sei mesi fa, sua madre Ofra ha pensato che si trattasse di un gioco. Tuttavia dopo averla incoraggiata a parlarne, Ofra si è resa conto che questo era il modo escogitato dalla figlia per controllare lo stress causato dall’allarme sicurezza all’ombra del quale la bambina ha vissuto gran parte della sua giovane vita: i razzi Qassam che cadono su Sderot, il rumore dell'artiglieria israeliana che fa fuoco su Gaza e i boom supersonici provocati dagli aerei dell’aviazione militare dello Stato ebraico. Tahal trasale al minimo rumore, così come fa Yaakov, suo fratello maggiore, sette anni: dallo squillo di un campanello ad uno sbattere delle porte. Quando parte la sirena dell’allarme «Treva Adom», il segnale che un Qassam è in avvicinamento, i bambini si bloccano immediatamente. Se accade di notte, corrono immediatamente nel letto della madre. Sono smarriti, impauriti, emotivamente destabilizzati. La vita a Sderot è una roulette russa: passano nemmeno trenta secondi dall’avvistamento del razzo al suo impatto. Trenta secondi per cercare un rifugio, per evitare di essere intrappolato nelle macerie di un palazzo centrato dai missili palestinesi. La scansione della quotidianità a Sderot è segnata dalla paura. E dal dolore. Anche questo è inferno.

L'Unità, 11 luglio 2014, Umberto De Giovannangeli

La cronaca di questi giorni convulsi. De Giovannangeli ce la consegna con trasporto e commozione (un po' a senso unico, è vero, ma che volete farci, lui è di casa a Sderot, mica a Gaza), attraverso lo spavento di Tahal, appena quattro anni. Esattamente quanti ne aveva nel 2007, in quest'altro (si fa per dire) articolo dello stesso De Giovannangeli per lo stesso giornale:

Quando Tahal Pfeffer, 4 anni, torna a casa dall'asilo, si accuccia sotto il tavolo della cucina e lì rimane. Quando Tahal ha cominciato a comportarsi così, circa sei mesi fa, sua madre Ofra ha pensato che si trattasse di un gioco. Tuttavia dopo averla incoraggiata a parlarne, Ofra si è resa conto che questo era il modo escogitato dalla figlia per controllare lo stress causato dall'allarme sicurezza all'ombra del quale la piccola Tahal ha vissuto gran parte della sua giovane vita: i razzi Qassam che cadono su Sderot, il rumore dell'artiglieria israeliana che fa fuoco su Gaza e i boom supersonici provocati dagli aerei dell'aviazione militare dello Stato ebraico. La famiglia Pfeffer non costituisce un caso isolato. Un recente sondaggio, condotto a Sderot su un campione di 150 famiglie con bambini piccoli, ha evidenziato che il 54% dei genitori e/o dei bambini soffre di SPT (Sindrome Post-Traumatica) Tahal trasale al minimo rumore, così come fa Yaakov, suo fratello maggiore, sette anni: dallo squillo di un campanello ad uno sbattere delle porte.

L'Unità, pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 12) nella sezione "Esteri", 2 June 2007

Il tempo si è fermato, nulla cambia, chiamate Renzi! Vien quasi da pensare che i tanti piccoli Ahmed o Mohammed, le piccole Amina o con qualsiasi altro nome, al di là del confine, in quel paradiso a cielo aperto che è Gaza, siano più fortunati. Loro muoiono prima di sbocciare alla vita, non hanno tempo per contrarre alcuna sindrome psicologica.

Povero Gramsci, che fogna hanno fatto del tuo giornale!

qui l'articolo del 2007:

http://cerca.unita.it/ARCHIVE/ xml/230000/227403.xml?key= Umberto+De+Giovannangeli& first=2241&orderby=1&f=fir& dbt=arc

e qui quello di oggi:

http://www.unita.it/mondo/nei- disegni-dei-bambini-di-gaza- le-gambe-lunghe-per-fuggire-1. 580052?page=3




(italiano / srpskohrvatski / english)
 
Srebrenica ? 
1: A “Planned Chaos”
 
1) Ibran Mustafić book PLANIRANI HAOS (2008)
2) Ibran Mustafic: Srebrenica was a “Planned Chaos” / Srebrenica è stato un “caos pianificato”
3) Confessione sensazionale di Ibran Mustafic: Abbiamo ucciso la nostra gente a Srebrenica
4) Newest statement by Ibran Mustafić: "Sami smo ubili 1.000 svojih u Srebrenici!" (2014)


Disinformazione strategica all'opera contro la Palestina

1) Il ruolo dei media nella formazione di una posizione politica (Militant, 11/7/2014)
2) C’è Netanyahu dietro il rapimento dei 3 studenti (Franco Fracassi, 11/7/2014)


=== 1 ===

http://www.militant-blog.org/?p=10921

Il ruolo dei media nella formazione di una posizione politica

luglio 11th, 2014


Guardatela bene questa prima pagina del Corriere della Sera di ieri, giovedì 10 luglio [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/IMG_1865.jpg ]. Non è nè ingenua nè approssimativa, tantomeno ricerca una finta equidistanza. E’ una pagina apertamente schierata, ma nella maniera intelligente, pervicace, strisciante, che lascia spazio a interpretazioni mettendo a segno tutti gli obiettivi politici che si propone. Che confluiscono tutti, in buona sostanza, nell’orientamento dell’opinione pubblica volto a giustificare, in questo caso, la politica di guerra israeliana in Palestina.

Dopo giorni di guerra e più di cento palestinesi morti sia a Gaza che in Cisgiordania (gli unici morti di questa aggressione) il titolo è costruito attorno ad un controsenso fuorviante: è Israele che chiede ad Hamas di fermarsi. Automaticamente, il lettore medio, poco informato, che molte volte non va al di là del titolo e che costituisce la stragrande maggioranza dei lettori di quotidiani, sarà portato a credere come sia Hamas, cioè la Palestina, che sta attaccando Israele, e non il contrario come effettivamente sta avvenendo. Nell’occhiello sopra il titolo, poi, l’apoteosi: “Ancora razzi sulla città. Peres: basta lanci o siamo pronti all’invasione”, rafforzando il concetto inesistente che siano i palestinesi a bombardare Israele e non il contrario, e come Israele stia tentando in tutti i modi di evitare un’aggressione che, se ci sarà, sarà determinata esclusivamente dall’atteggiamento palestinese. Nel sottotitolo continua l’opera di ri-costruzione ideologica dell’evento: “A Gaza 50 morti. Gli integralisti: puntiamo alla centrale nucleare”. L’unica concessione a ciò che sta accadendo realmente in Palestina sarebbe quel riferimento ai morti di Gaza. Messa così, però, è a dir poco fuorviante. Al di là dei morti, che in questi tre giorni hanno superato quota cento, nessuno specifica che i morti sono solo palestinesi, e il lettore medio di cui sopra, quello che non ha un’idea chiara di dove sia Gaza e soprattutto da chi sia amministrata, sarà portato a credere che i morti siano di ambedue le parti, avvalorando l’ipotesi della guerra fra due Stati o due popoli e non quella dell’aggressione unilaterale, come effettivamente sta avvenendo. Per completare l’opera di revisione della realtà, il piccolo trafiletto messo a spiegazione del titolo. Ecco un passaggio significativo: “Gli attacchi sulla Striscia hanno provocato almeno 50 morti, mentre su Israele sono stati lanciati 220 razzi, anche a lunga gittata”. Anche qui l’equiparazione delle responsabilità in campo è assolutamente sviante. I “220 razzi palestinesi” non hanno provocato neanche un ferito israeliano. E questo non per la temibile difesa anti-missile dello Stato ebraico, ma per l’assoluta inutilità dei cosiddetti razzi palestinesi, che finiscono tutti nelle campagne alle periferie delle città più prossime alla striscia di Gaza. Tutto questo viene paragonato ai cinquanta morti palestinesi, in un gioco a somma zero dove l’aggredito viene scambiato per l’aggressore.

Non è da meno Repubblica [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/repubblica.jpg ], a conferma della sostanziale unità d’intenti e di visione politica fra i due giornali, artificialmente contrapposti da chi ha interesse a conservare quote di lettori inebediti dal voyeurismo anti-berlusconiano. Anche per il giornale di De Benedetti il problema sono “i razzi di Hamas”, che starebbero nientemento sfiorando delle centrali nucleari. Nessuno che ponga l’accento sui morti palestinesi, gli unici morti di questa aggressione. Anche qui è Israele, per bocca di Peres, che “chiede ai palestinesi di fermarsi”. Altrimenti, con la morte nel cuore e avendo avuto cura di ricercare tutte le possibili mediazioni, sembrano dirci i dirigenti sionisti, “saremo costretti ad invadervi”. Non volevamo, ma ci avete provocato ripetutamente, non possiamo farne a meno. L’idea generale che producono questi titoli e questa visione della storia nel “lettoremedio” è facilmente intuibile, e infatti fortemente ricercata. Poco importa che a pagina 16 poi verrà stilata una rassegna dei fatti “più equilibrata”, dove al resoconto giornalistico verrà affiancato il commento di qualche arabo per pareggiare la versione sionista: il gioco è fatto, e per la formazione dell’opinione pubblica un titolo di giornale in prima pagina è più importante di cento commentatori arabi nelle pagine interne. Questo gli editorialisti e i loro mandanti lo sanno bene, e continuano a giocare su questo fatto. Entrando ieri nella redazione del “giornale” gratuito “Metro”, la prima risposta del direttore è stata appunto questa: “ma io il giorno dopo, nella risposta ad una lettera a pagina 8, dicevo che c’erano anche i morti palestinesi da piangere, non solo quelli israeliani”. Non crediamo ci sia bisogno di aggiungere altro.

Chiudiamo questa breve rassegna del giornalismo filo-sionista con questa pagina, sempre del Corriere della Sera ma del giorno prima, mercoledì 9 luglio [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/IMG_1866.jpg ]. Nell’introduzione del pezzo di Davide Frattini, ecco apparire un’altro dei metodi di svilimento della controparte palestinese volta alla costruzione di una empatia (e di una sim-patia) verso la causa israeliana. “E’ guerra tra Israele e Hamas”. Questo modo di riportare la notizia, fintamente equidistante, in realtà cela già la scelta di campo, e mira ad influenzare non tanto il lettore cosciente, ma quello appunto medio. Da una parte c’è uno Stato, magari criticabile ma formato da istituzioni credibili e riconoscibili, Israele. Dall’altra non c’è la Palestina o i palestinesi, ma Hamas. E Hamas non viene descritta come il legittimo, ancorchè criticabile, governo di una parte del territorio palestinese, ma “la fazione palestinese al potere a Gaza”. Il proseguo del pezzo è un capolavoro d’arringa politica mascherato da giornalismo: “Il sistema missilistico difensivo dello Stato ebraico ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Striscia, colpita a sua volta: 19 i morti”. Dunque, i razzi palestinesi non hanno prodotto alcun morto, nè feriti, nè alcun danno a edifici, mentre l’attacco israeliano ha fatto 19 morti. A nessuno viene in mente di descrivere quei razzi palestinesi come la risposta ad un attacco, quello israeliano, che continua a mietere vittime. L’attacco è sempre e solo quello palestinese, la risposta sempre e solo quella israeliana. Avremmo mai potuto leggere questa stessa notizia messa in questo modo: “E’ guerra tra la Palestina e Likud, la fazione israeliana al potere a Tel Aviv. Colpita la Palestina con 19 morti, mentre a Tel Aviv il sistema missilistico difensivo della fazione israeliana ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Palestina” ? No, sarebbe impossibile, perchè prevederebbe un giornalismo anti-sionista (e non anti-israeliano, come vorrebbero farci credere i commentatori sionisti). E questa visione del mondo, che nei fatti della Palestina è così semplice smontare, viene ripetuta per ogni altro evento di politica internazionale. Il racconto mediatico di determinati fatti avviene sempre da un punto di vista politico. Quello dei due giornali menzionati è il punto di vista sionista, imperialista, neoliberista, tanto nel racconto del conflitto arabo-israeliano quanto nella narrazione di tutti gli altri fatti di politica internazionale. E’ sempre bene tenerlo a mente.


=== 2 ===

http://popoffquotidiano.it/2014/07/11/dietro-al-rapimento-dei-3-studenti-spunta-la-mano-di-netanyahu/


C’è Netanyahu dietro il rapimento dei 3 studenti


11 luglio 2014

Il Mossad sapeva del sequestro una settimana prima. Il governo sapeva che i tre erano morti due settimane prima dell’annuncio. Un ex Mossad: «C’è la mano dei miei ex colleghi»

 

di Franco Fracassi


E se il rapimento dei tre ragazzi israeliani fosse stato una messa in scena? «Gli ultimi sulla terra a volere una pacificazione tra Israele e Palestina sono i vertici dell’Idf (le forze armate israeliane), quelli del Mossad e dello Shin Bet (i servizi segreti israeliani) e il governo Netanyahu. State pur certi che faranno di tutto per impedire che la pace si intraveda anche solo in lontananza. Di tutto. Senza limiti, né vergogna». Victor Ostrovsky dal Mossad se n’è andato disgustato. È stato per anni un agente del servizio segreto. «Poi ho capito che non stavo proteggendo Israele e gli israeliani. Bensì i veri nemici del mio Paese. Benjamin Netanyahu è in cima alla lista dei cattivi». Ostrovsky ha detto a Popoff: «Dico una cosa che forse vi scioccherà. Dietro il rapimento dei tre ragazzi c’è la mano dei miei ex colleghi».

Il primo luglio il governo israeliano ha rimosso l’ordine che prevedeva la riservatezza su tutte le informazioni sul rapimento. In Israele in tanti non hanno creduto alla versione ufficiale. E così molti giornali hanno iniziato a indagare. Ecco che cosa è emerso.

Scrive il quotidiano israeliano “Ha’aretz”: «Il 5 giugno ha avuto luogo una riunione straordinaria nell’ufficio del ministro dell’Interno. Il capo del Mossad Tamir Pardo ha detto ai presenti: “Non dovete assolutamente approvare la legge che dà al governo la possibilità di scambiare terroristi condannati per omicidio. Questa legge avrà come conseguenza la riduzione del campo d’azione del governo in caso di rapimenti”. Pardo si è poi rivolto al ministro dell’Economia Naftali Bennet: “Immagini uno scenario che preveda il rapimento di tre adolescenti israeliani. Che cosa farebbe lei se tre quattordicenni venissero rapite da un insediamento tra una settimana? Che cosa ci farete con quella legge?».

L’8 giugno la legge è stata approvata. Il 12 Gilad Shaar (sedici anni) della colonia di Talmon, Naftali Frenkel (sedici) del villaggio di Nof Ayalon sulla “linea verde” ed Elad Yifrach (diciannove) di Elad, nei pressi di Petah Tikva scompaiono nel nulla. È passata esattamente una settimana dal discorso di Pardo.

Lo stesso giorno, il 12 giugno, il primo ministro Netanyahu accusa Hamas del sequestro. Nel corso della conferenza stampa non esibisce alcuna prova a dimostrazione della sua tesi. È sufficiente per scatenare l’odio anti arabo tra l’opinione pubblica israeliana (le cronache di quei giorni riferiscono che per un arabo era altamente pericoloso anche solo camminare per le strade delle principali città). Anche se sono in tanti a nutrire dei dubbi. In più, Hamas nega ogni coinvolgimento.

“Der Spiegel”: «Non c’è alcuna prova concreta che si tratti di Hamas». “Taz”: «Gli eventi sembrano essere fatti apposta per favorire il primo ministro israeliano». “Zürcher Tagesanzeiger”: «I rapimenti giovano a Netanyahu. Mentre non portano nessun vantaggio ad Hamas». “Israeli Today”: «Funzionari delle Nazioni Unite in Israele affermano che il rapimento potrebbe tranquillamente essere stato opera dello stesso Israele. La storia che sia stata Hamas non regge». Il canale tv tedesco “Deutschlandfunk” ha chiesto all’ambasciatore israeliano a Berlino: «Non esistono prove che coinvolgano Hamas nel rapimento. Non le pare un azzardo dire che sia stata Hamas?». L’attivista pacifista israeliano Gilad Atzmon ha dichiarato a “The Guardian”: «Non esistono prove sul fatto che i tre ragazzi siano stati rapiti. Più tempo passa e più appare chiaro che dietro c’è la mano dei nostri servizi segreti. Il motto del Mossad è: “Fai la guerra inducendo all’errore il nemico”. Questo sequestro è la migliore occasione che possa capitare a Netanyahu per bastonare brutalmente i dirigenti e i civili palestinesi».

Ma c’è dell’altro. “Ha’aretz” ha rivelato: «Il 15 giugno il governo israeliano aveva già informato la stampa di essere a conoscenza che gli studenti erano stati uccisi, ma aveva imposto la segretezza su questa informazione». Quindi, il governo doveva già sapere dove si trovavano i corpi, nonostante le ricerche siano continuate fino al 30 giugno, giorno del loro ritrovamento ufficiale. A che cosa sono serviti i quindici giorni di silenzio sulla morte dei tre studenti? Durante il sequestro la Knesset ha approvato una legge che blocca il ritorno di Gerusalemme Est ai palestinesi.

Il 12 giugno, lo stesso giorno del sequestro, sono spariti dalla circolazione i due palestinesi di Hebron accusati del rapimento. Quindi, non saranno mai in grado di confermare né di smentire la versione ufficiale.

I giornali israeliani hanno pubblicato le registrazioni di una telefonata che uno dei tre studenti aveva fatto al numero verde della polizia, subito dopo aver accettato un passaggio in autostop. «Mi hanno rapito», ha urlato il ragazzo al telefono. Poi si odono spari e gemiti. Infine, il silenzio. Quarantanove secondi in tutto. La polizia ha ignorato questa chiamata.

La legge impone alla polizia di aprire un’indagine e di contattare la famiglia del rapito. Invece, le ricerche sono partite solo dopo che il padre del ragazzo ha chiamato a sua volta la polizia (sei ore dopo) per denunciarne la scomparsa, e dopo uno scambio di cinquantaquattro telefonate tra polizia, esercito, Mossad e Shin Bet.

«Due sono le possibilità. O bisogna accusare la polizia di aver violato la legge ignorando la telefonata. Oppure la chiamata è falsa. In questo caso va ricercato il colpevole e processarlo. La legge impone punizioni severe per chiunque sopra i dodici anni faccia false chiamate ai servizi di sicurezza. Oppure…», ha scritto “The Jewish Daily.




(srpskohrvatski / italiano)

Operazione Stepinac

1) Serbia: l’invito alla visita del papa ora è ufficiale (5 luglio 2014)
2) Operacija Stepinac (Marinko Culic, 14.7.2014)


Vedi anche: 

Sugli Ustascia il Vaticano non cambia linea
Il cardinale Stepinac secondo Papa Francesco (L’Osservatore Romano, mercoledì 12 febbraio 2014)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7897

Sulle politiche di sterminio attuate dagli ustascia con la corresponsabilità del cardinale Stepinac
https://www.cnj.it/documentazione/ustascia1941.htm


=== 1 ===

http://apocalisselaica.net/varie/cristianesimo-cattolicesimo-e-altre-religioni/serbia-linvito-alla-visita-del-papa-ora-e-ufficiale

5 luglio 2014

Serbia: l’invito alla visita del papa ora è ufficiale

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA

Due anni fa era stato il patriarca ortodosso Ireneo ad auspicare una visita di papa Benedetto XVI in occasione delle celebrazioni del 2013 in occasione del 17° centenario dell’Editto di Milano. Nonostante il suo esplicito desiderio, la possibilità di una visita del papa in Serbia veniva giudicata abbastanza remota: il consenso dei vescovi non era unanime e non esisteva ancora il necessario supporto dei fedeli per formalizzare un invito.  Da non sottovalutare poi il contesto politico-religioso dello stato di Serbia e i risvolti di violenza che una visita di un romano pontefice avrebbe potuto innescare e la persistenza di uno stato di rapporti alquanto tesi fra i serbi (ortodossi) e i croati (cattolici), le cui cause affondano le loro radici nel passato, benché esistessero già chiari segnali di distensione e riavvicinamento anche a livello politico.

Ora le cose sembrano decisamente cambiate in meglio e un invito a papa Francesco è stato inviato ufficialmente tramite mons. Dominique Manberti, segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati nei giorni scorsi in visita in Serbia, una terra che sta ricostruendo a fatica quanto distrutto dal drammatico alluvione del maggio scorso - uno dei più violenti degli ultimi decenni - con 33 vittime e oltre 15 mila sfollati.

Secondo quanto pubblicato dal quotidiano locale Politika sarebbero due le lettere affidate al prelato vaticano. La prima è quella del presidente serbo, Tomislav Nikolić, che ha partecipato di persona all’incontro bilaterale, dove i temi sul tappeto hanno spaziato dal riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo alla restituzione alle comunità religiose delle proprietà nazionalizzate. In quella stessa sede Nikolic, secondo quanto dichiarato al termine alla stampa, si sarebbe esplicitamente detto "felice di accogliere il capo della Chiesa cattolica romana, non appena  fosse raggiunto un accordo sulla questione con la Chiesa ortodossa serba".

Alla missiva presidenziale si è aggiunta quella del patriarca ortodosso Irinej. Nonostante il contenuto resti sconosciuto, un’anticipazione è venuta dallo stesso patriarca che, nel corso di un’intervista a Politika, ha toccato il tema della canonizzazione del beato Alojzije Stepinac, sulla cui opportunità la chiesa serba non nasconde forti riserve, ma che è fortemente sostenuta dall’attuale cardinale di Zagabria e suo successore,  Josip Bozanić. “Di certo non vediamo con favore il fatto che Stepinac possa diventare santo”, ha dichiarato il patriarca (che è pure in ottimi rapporti con Bozanić) che ha aggiunto “diventa santo una personalità che rifulga di chiara virtù e che sia considerato tale dagli stessi fedeli”.

Alojzije Viktor Stepinac è stato proclamato beato, come vescovo e martire, da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1998. Di origini croate (era nato a Brezaric nel 1898), vescovo di Zagabria nel 1937, aveva attraversato il periodo del nazifascismo e la Guerra. Dal 1945 al 1951 venne incarcerato dal sotto il regime comunista di Tito e in seguito visse agli arresti domiciliari fino alla morte avvenuta per stenti nel 1960 (si parla anche di avvelenamento). Nel 1953 era stato creato cardinale da Pio XII, ma non poté recarsi a Roma, né partecipò al conclave del 1958 che elesse Giovanni XIII.

La sua figura, però, è ancora controversa e le accuse di collaborazionismo con i regimi totalitari nazifascisti – nella fattispecie con lo Stato fascista indipendente di Croazia di  Ante Pavelić e i campi di sterminio per serbi, ebrei e rom – gli valse la condanna di quello comunista, peraltro anche per motivi di religiosi e di repressione in atto contro le chiese cristiane.


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http://tacno.net/novosti/marinko-culicoperacija-stepinac/

Marinko Čulić: Operacija Stepinac

Autor Marinko Culic
14.7.2014. u 09:03

Bilo je samo pitanje vremena kada će se to dogoditi. Nakon što je poslije Tuđmanove smrti Katolička crkva postala jedan od glavnih, trenutno možda i glavni barjaktar nacionalističke i antikomunističke rekonkviste u Hrvatskoj, to se ovih dana prelilo i preko državnih granica. Povod je najavljena kanonizacija (proglašenje svetim) kardinala Alojzija Stepinca, na što su prosvjednim pismima reagirali državni vrh Srbije (Tomislav Nikolić) i vrh Srpske pravoslavne crkve. Ako se prvo pismo možda i može otpisati ili čak neotpečaćeno vratiti, jer dolazi s neprilične adrese četničkog vojvode, ovo drugo nikako se ne može. U njemu se elaborira vrlo argumentirano mišljenje srpskog patrijarha Irineja (Gavrilovića) iz jednog nedavnog intervjua, u kojem je on kazao da je proglašenje Stepinca svetim promašeno ako ga svetim ne vide i drugi kršćani. A pravoslavni vjernici ga takvim ne vide.

Na Kaptolu još nema reagiranja na ovaj prosvjed iz Beogradske patrijaršije, iako je u njemu otvoreno mnogo više od kompromitirane ili, najblaže rečeno, sporne Stepinčeve biografije iz vremena Drugog svjetskog rata i nakon njega. To je smiju li se kršćanske i druge konfesije s ovih prostora ponašati tako da svaka drži kao do svete vodice samo do svoje memorije, a da memorije drugih tretira kao nešto bezvrijedno, poput napršnjaka barske vode. Uostalom, čovjek se mora zapitati kako će se te konfesije izboriti za mjesto u svjetovnom okruženju ako ni jedna drugu minimalno ne respektiraju, nego se međusobno izguravaju preko ruba elementarnog poštovanja.

Ipak, Kaptol je makar i neizravno dao odgovor na spomenuto reagiranje iz SPC-a, i to toliko jasan da teško može biti jasniji. Kada su nedavno nakon javnog grljenja i ljubljenja sisačkog biskupa Vlade Košića s osuđenim ratnim zločincem Darijom Kordićem uvrijeđeno reagirale druge vjerske zajednice, posebno islamska (valjda ne treba objašnjavati što u bošnjačkoj memoriji znače Kordić i Ahmići), zbor zagrebačkih katoličkih biskupa hladno je stao u Košićevu obranu. Nisu to tako rekli, ali se između redaka sasvim lako dalo iščitati da se kolege ogrnute mantijama drugih vjeroispovijesti nemaju što pačati u stvari presvete Katoličke crkve. Nije ih od tog stava skrenula za milimetar čak ni činjenica da je biskup Košić, uz ostalo, predsjednik Vijeća HBK-a za ekumenizam i dijalog. Dakle čovjek koji u ime Hrvatske biskupske konferencije vodi poslove međusobnih odnosa s predstavnicima baš tih drugih vjeroispovijesti. A on te poslove, vidimo, vodi otprilike onako kao što se vodi magarad na pojilo ili goveda na gmajnu.

Eto, u takvom kontekstu tupe bezosjećajnosti za druge nacije i njihove žrtve pojavila se ova vijest da Vatikan namjerava u dogledno vrijeme kanonizirati Stepinca. Ona je za Srbe i pravoslavne loša vijest, a morala bi biti i za Hrvate i katolike, iz više razloga. Poći ću od jednog blažeg ili, ako hoćete, manje skandaloznog. Čuvši za tu vijest, zagrebački nadbiskup Josip Bozanić s djetinjim je ushićenjem izjavio da je dosad Hrvatskom vladao “importirani umjetni duh”, a sada, eto, konačno dobivamo “kompas hrvatskog naroda”.

Da se prekrstiš i lijevom i desnom. Činjenica da se od jednog ultrakonzervativnog kardinala, koji je prepun kontroverzi i bez konteksta NDH djelovao prije sedamdesetak godina, pravi lučonošu današnje Hrvatske, sama je po sebi čudačka i gubitnička. Čovjek ne može vjerovati da sadašnja “Crkva u Hrvata” nije u stanju pratiti duh vremena kroz neki manje arhaični i prašnjavi uzor, recimo kroz lik nekog od papa koji su se pojavili u toku i nakon prijelomnog Drugog vatikanskog koncila (1962. – 1965.). Ali ne. Svi ti pape, MontiniRoncalli,Bergoglio, čak i kruti tradicionalisti Wojtyla i Ratzinger, za ove naše su previše modernistički, oni hoće baš Stepinca. A hoće ga iako je on, ili baš zato, objektivno crvena krpa u očima Srba i pravoslavnih vjernika. To se može pokazati na puno primjera iz Drugog svjetskog rata, pri čemu nije dobro uzeti one najgore, recimo kardinalove predrasude prema pravoslavnima kao navodno genetskim pokvarenjacima i lašcima. Jer toga je bilo na svim stranama, a pothranjuje i neke jednostrane stavove o njemu, koji također ne stoje. Zato ću uzeti jedan koji možda najtočnije govori o njemu. On je aktivno podupirao plan pokatoličenja pravoslavnih Srba, ali je u svojoj arhivi ostavio zabilješku da se te nedobrovoljne vjerske konverzije imaju poništiti nakon rata. Dakle Stepinac nije bio nedvoznačno crna figura na šahovnici NDH, prije je bio kontroverzna ličnost, otprilike kao papa Pio XII., čija se kanonizacija također najavljuje.

Ali tu postoji i jedna važna razlika. Dok zagovornici kanonizacije ovog pape tvrde da se on suprotstavljao nacifašizmu u gornjim granicama svojih moći, hrvatski zagovornici Stepinca uopće na tome ne inzistiraju. Oni ga portretiraju isključivo u bojama borca protiv “svih totalitarizama” a to, prevedeno na jezik stvarnih pojmova, znači kao bojovnog nacionalista i antikomunista. Dakle predstavljaju ga u tamnijim tonovima nego što je realno bio, što ne čudi. Treba maknuti s očiju, ili barem bitno umanjiti, činjenicu da je on, po svemu sudeći, bio – kako sam ovdje jednom već napisao – odgovorniji i odvažniji od ovih danas na Kaptolu. Jest, Stepinac je stao uz Pavelićevu NDH, kadeći joj i kao božjem djelu, ali je imao petlje nazvati Jasenovac “ljagom” (istina, tek nakon što je tamo ubijena grupa slovenskih svećenika), što nije bilo bez rizika i po glavu na ramenima. Danas takav rizik ne postoji ni u najblažim natruhama, ali je odnos vrha Katoličke crkve prema hrvatskim zločinima pao na sramotnu i bogohulnu razinu javnog cmokanja Košića s Kordićem. Jedini izuzetak je tvrdi konzervativac kardinal Franjo Kuharić, koji je ranih devedesetih imao dovoljno kičme da se suprotstavi ubojstvima srpskih civila i paljevini njihovih kuća u Krajini.

Eto, nije Stepinčeva kanonizacija promašena samo zato što se on nije dovoljno suprotstavio ustaškim zločinima, nego još više zato što se zločinima još manje suprotstavljaju njegovi nasljednici u vrhu Katoličke crkve. Zbog toga su sasvim opravdani ljutiti prigovori iz vrha Srpske pravoslavne crkve, bez obzira na to što i njoj ide na dušu veličanje suspektnih crkvenjaka iz Drugog svjetskog rata (Nikolaja Velimirovića, na primjer). I zato nema opravdanja što sadašnji papa Franjo pušta Stepinčevu kanonizaciju kraju, bez obzira na blistavu reputaciju koju ima. Ta reputacija opasno visi baš na Stepinčevoj kanonizaciji, o kojoj je on posredno progovorio odbacujući kritike na račun Pija XII., uz čudno objašnjenje da ni antifašistički saveznici nisu svetinje jer nisu bombardirali pristupe nacističkim logorima. Da, nisu svetinje, ali nešto bez sumnje jesu. Pobijedili su u ratu s nacifašizmom, a Crkva se u taj rat nije ni uključila.





(english / italiano)

Le contraddizioni dell'imperialismo tedesco / 2

1) La Germania espelle il capo degli 007 Usa a Berlino
2) The US spy scandal and the return of German imperialism (P. Schwarz / WSWS, 12 July 2014)
3) [REPETITA JUVANT] Germany's failed attempts to get its gold back from the US 'opens question of its sovereignty'


Vedi anche: 

Le contraddizioni dell'imperialismo tedesco / 1

1914-2014, German "Left" Ready for War

Lo "spazio vitale tedesco" (1995)


=== 1 ===

http://www.corriere.it/esteri/14_luglio_10/caso-nsa-germania-espelle-capo-cia-berlino-3b6cc2e8-0837-11e4-9d3c-e15131ae88f3.shtml

La Germania espelle il capo degli 007 Usa a Berlino

Dopo il nuovo scandalo degli agenti dei servizi tedeschi che avrebbero venduto informazioni agli Usa. La Merkel: «Uno spreco di energia»

di Redazione online

Dal portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, arriva la conferma: in un comunicato Steffen Seibert annuncia l’espulsione del responsabile diplomatico degli 007 statunitensi a Berlino. «Il rappresentante dei servizi segreti Usa presso l’ambasciata degli Stati Uniti d’America è stato invitato a lasciare la Germania», ha scritto. La cooperazione tra Germania e Stati Uniti continuerà, ma «la fiducia deve essere reciproca», ha aggiunto il portavoce dopo l’annuncio. «Il governo tedesco considera questi fatti molto seri» ha detto, riferendosi alle rivelazioni secondo cui due agenti tedeschi sarebbero stati al soldo dell’intelligence americana, salvo poi assicurare che la Germania continuerà «la stretta cooperazione» con gli Stati Uniti. «Per la Germania - ha continuato il portavoce della cancelliera Angela Merkel - è imprescindibile, nella sicurezza dei suoi cittadini e delle sue missioni all’estero, cooperare in maniera stretta e con fiducia con gli alleati occidentali. Tuttavia la fiducia e la sincerità devono essere reciproche».

L’arresto
Negli ultimi dieci giorni sono emersi due casi di presunto spionaggio contro la Germania da parte degli Usa. La settimana scorsa era stato arrestato un dipendente dei servizi segreti tedeschi accusato di aver passato informazioni alla Cia. Mercoledì, invece, i procuratori federali di Berlino avevano fatto irruzione nelle proprietà vicino alla capitale di «una persona sospettata di spionaggio per un’agenzia di intelligence». Secondo il quotidiano Sueddeutsche Zeitung, l’uomo lavorava in campo militare ed è sospettato di spionaggio per gli Stati Uniti.

Spreco di energia
La cancelliera tedesca Angela Merkel, rispondendo a una domanda sul tema, ha detto che con gli Stati Uniti vede «una differenza di principi molto grande rispetto ai compiti dei servizi segreti dopo la guerra fredda» e ha definito «uno spreco di energia» spiare gli alleati. «Ci sono problemi enormi - non solo le sfide in Siria e con l’Isis - nella difesa dal terrorismo, che per me sono prioritari rispetto alla questione di spiarsi tra alleati», ha aggiunto Merkel.

10 luglio 2014


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The US spy scandal and the return of German imperialism

By Peter Schwarz 
12 July 2014

The expulsion of the CIA station chief this week is directly linked to the revival of German imperialism, which has been systematically propagated and driven forward by the German government since the beginning of the year.

The German media and political parties have responded to the government’s demand that the Berlin head of the CIA immediately leave the country with satisfaction. It marked a “turning point in the history of German-American relations, and an unprecedented act of protest against American arrogance,” wrote the daily Süddeutsche Zeitung.

The most widely sold German daily newspaper considered the drastic measure as a step towards more German independence and drew a parallel with the German refusal to participate in the Iraq war in 2003: “Gerhard Schröder’s opposition to the Iraq war twelve years ago was the first step in asserting independence from the major ally. Now the next step is coming.”

The Germans, according to the Süddeutsche Zeitung, have “a right to be treated fairly and as an equal in the partnership with the US ... Obama and his people [will] hopefully realise that they cannot get away with everything in Germany.”

Several regional newspapers spoke in similar tones. “We will not accept being dealt with like that: that message should now have reached Washington,” declared the Nordwest Zeitung. And the Neue Osnabrücker Zeitung wrote, “The continuing humiliation of Germany by out of control American intelligence agencies cannot be dismissed any longer.”

All parties in parliament, especially the Left Party, also welcomed the government action.

The expulsion of the American intelligence chief was “only a first step,” noted André Hahn, who sits on the parliamentary control committee for the intelligence services for the Left Party. German Chancellor Angela Merkel had to “explain in a government statement after the summer break at the latest, how the government plans to protect citizens from surveillance from foreign and domestic intelligence agencies.”

This is clearly absurd. The expulsion of the Berlin head of the CIA has nothing to do with protecting citizens from surveillance. And the German government would be the last to protect them from this threat. The German and American intelligence agencies collaborate closely in foreign and domestic surveillance, spying on the global telecommunications network and even in the selection of targets for killer drones. This was shown by the documents released by the former NSA contractor Edward Snowden.

This collaboration is continuing after the expulsion of the US intelligence chief. This has been emphasised by government spokespersons on both sides of the Atlantic at every opportunity. This is why the German government has also strictly opposed offering Snowden asylum or providing him with immunity to allow him to testify in Germany.

The real reason for the conflict with Washington is Berlin’s attempt to return to the world stage as a major imperialist power. Already in January, foreign minister Frank-Walter Steinmeier declared in parliament that Germany was too big and important to limit itself to “commenting on global politics from the sidelines.”

Shortly thereafter, German President Joachim Gauck spoke out in favour of stronger military engagement by Germany at the Munich Security Conference.

The return to its great power ambitions is bringing Germany into conflict with the US, which is not prepared voluntarily to give up its position as the sole global power. For the present, this is expressed in the desire “to be treated fairly and as an equal partner” by the US. But it will not remain confined to this.

The fight for spheres of influence, raw materials, new markets and cheap labour, which is the source of the growth of militarism, not only leads to a more aggressive approach towards China and Russia, but also produces conflicts between the imperialist allies. Both can result in a third world war.

There are already significant tensions between Germany and the US. They collaborated to install a right-wing, pro-Western regime in power in Ukraine, but they have differences on the issue of economic sanctions against Russia, which would mainly affect German and European companies.

In the Middle East, Germany and the European Union are increasingly distancing themselves from US policy, which has resulted in a debacle. Former German Foreign Minister Joschka Fischer, traditionally a close ally of the US, published a guest article in the Süddeutsche Zeitung on Wednesday, describing the military invasion of Iraq in 2003 as the “original sin” of the catastrophic development in the regions, with the “too rapid and too early withdrawal” of American troops as the “second error”.

The current outrage from leading German politicians about US spies is largely for show. The SPD politician Karsten Voigt, who was German government coordinator for German-American Co-operation from 1999 to 2010, stated in an interview in Die Zeit that the unmasking of a US agent in the country’s foreign intelligence service (BND) came as no surprise.

When asked: “Did it come as a surprise that the US has spies in our government and the BND,” Voigt replied: “I did not know that of course, but I always assumed it was the case. During my tenure in the nineties, German ambassadors in Washington were convinced that they would be monitored.”

The German government is deliberately using its shows of outrage to exploit widespread hostility against the US’ criminal foreign policy to advance its own imperialist interests and expand the German secret service and armed forces. Such a policy change means that German imperialism is once again returning to a tradition that put the crimes of all the other imperialist powers in the shade. The German government not only has the support of the governing parties, the conservative CDU / CSU and social democrat SPD, but also the opposition parties, the Greens and the Left Party.

Whoever wants to fight against surveillance and war, must reject this fraud. The spying upon of millions of people by the NSA, CIA and other US services will not be stopped by the upgrading of German intelligence services, but only by the dissolution of all of the secret services, including those in Germany itself.

Along with the struggle against war and social inequality, the fight against state espionage and monitoring requires the international unification of the working class on the basis of a socialist program pledged to the overthrow of capitalism and the building of a socialist society.





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Germany's failed attempts to get its gold back from the US 'opens question of its sovereignty'

July 07, 2014


There is neither real criticism from German politicians, nor any visible efforts to return German gold held in the US, so it seems that US controls Germany, economic analyst Michael Mross told RT.

In one of its recent reports Bloomberg claimed that Germany decided not to repatriate its gold reserves from the US, instead the Bundesbank issued an official statement that underscores it’s "trust" in its American partners. According to Bloomberg, Germany gave up after repatriating just 5 tons of gold, though earlier it was told that it would get all the German gold back by 2020.

RT: What's really behind Germany's efforts to get its gold reserves back?

Michael Mross: These German efforts to get back gold reserves are not really there. They are talking about it but it is only a simple and ridiculous theatre in my opinion. I cannot see any effort to do it. What we have is lack to re-transport or take back, 300 tons before 2020, but also this is ridiculous – last year they took back only 37 tons. At the end of the day, it is to make the public calm, but it is not really an effort to take back the gold.

RT: Shifting so much gold in the time-frame they've given themselves sounds like a logistical nightmare. How are they going to manage it?

MM: 300 tons by 2020 is really nothing, and as a matter of fact only 37 tons have been transported so far back from the US. In my opinion, the gold will stay there as propaganda like actions are underway to tell the German public that the German gold in New York is safe. But of course the contrary is true.

RT: Do you buy any of the conspiracy theories that the gold is missing?

MM: This is not a conspiracy theory. If it is there you can take it back. Why don’t they give it back to us? In my opinion, it seems that they like to control us, even blackmail us. If you have gold, you tell me what to do. It opens many questions when it comes to the real sovereignty of Germany. Also it comes to all the scandals which we had, for example, these NSA surveillance things in Germany. We do not hear real actual critique from German politicians, and also when it comes to the German gold at the moment everything is calm and everything will stay where it is. But I have a solution. They can keep it, they can keep our gold. It’s worth about 100 billion dollars at the moment or even euro, and so they can send us the money, then we can buy back the gold on the market during 1-2 years. But even this does not happen. In my opinion they keep the gold because we are condemned to be calm and must not have any questions and any demands in order to take it back.

RT: Here's a recent quote from Merkel's party's spokesperson: "The Americans are taking good care of our gold. Objectively, there’s absolutely no reason for mistrust." This has led some to speculate that Germany's had a change of heart and wants its gold to stay put. What do you make of that?

MM: This was a report from Bloomberg and it was a wrong report. It did not reflect the truth. It is very interesting that Bloomberg is publishing such a thing. Bloomberg got this thing deliberately wrong to con the German public. There are many quotations of people, for example, we have here in Germany the action [initiative] “Take our gold back home”, and at Bloomberg he was quoted as “Ok, we are calm, we don’t want it back”. This was absolutely not true. And these politicians which were quoted in this report, they have absolutely no competence about our gold. When it comes to German gold only the Bundesbank has something to say, but they were not mentioned in this article.

The statements, views and opinions expressed in this column are solely those of the author and do not necessarily represent those of RT.





Etnicko ciscenje ruskog naroda u Ukrajini

1) Granate iz Ukrajine pogodile teritorij ruske regije Rostov, jedna osoba poginula (13. 07. 2014)
2) Od Njemačke 1933. do Ukrajine 2014. - Lažnim i montiranim optužbama nove ukrajinske vlasti žele zabraniti Komunističku partiju
3) Изложба фотографија „Злочин у Одеси“ у галерији Прогрес


SEE ALSO: Serbia: Odessa bloodshed photo exhibit questions West's intentions 
(Russia Today 9/6/2014) - A photography exhibition dedicated to the 48 victims of the May 2 Odessa clashes opened in Belgrade's "Progress Gallery" on Monday. Zivadin Jovanovic, the former FM of Yugoslavia and organiser of the event, said the exhibition wanted to show "the truth about the developments in Ukraine". Jovanovic said that the West and NATO have an expansionist and imperialist strategy towards the East, and is using Ukraine to reach the borders of Russia as it holds a "huge strategically important space". One of the survivors of May 2nd clashes in Odessa, Oleg Muzika, said that there seems to be an "intention to tear Ukraine from Russia" because of "geopolitical reasons".


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http://www.advance.hr/vijesti/granate-iz-ukrajine-pogodile-teritorij-ruske-regije-rostov-najmanje-jedna-osoba-poginula-nekoliko-ranjenih-moskva-razmatramo-zestok-odgovor/

Granate iz Ukrajine pogodile teritorij ruske regije Rostov: najmanje jedna osoba poginula, nekoliko ranjenih - Moskva: "Razmatramo žestok odgovor"

E.G.
vrijeme objave: Nedjelja - 13. 07. 2014 | 11:15
Prema zadnjim informacijama granate ispaljene iz pravca Ukrajine pogodile su teritorij ruske regije Rostov. Jedna granata pogodila je privatnu kuću te je poginuo najmanje jedan civil, identificiran kao 46-godišnji muškarac, a dvije žene su ranjene. Granata je pala na prostor malog ruskog grada Donjeck (populacija oko 49,000 stanovnika) - koji ima isto ime kao i ukrajinski grad. Ruski Donjeck nalazi se u neposrednoj blizini ukrajinske granice.

Ukrajinska vojska opovrgava da su oni granatirali ruski teritorij.

12:00 - izjava iz Rusije:
Rusko ministarstvo vanjskih poslova nazvalo je granatiranje "očitim činom agresije" s ukrajinske strane ističući kako bi ovaj incident mogao imati "nepopravljive posljedice" te kako će Kijev snositi punu odgovornost za ovu provokaciju.

Slike nakon napada: 
http://www.advance.hr/ad/im/aktnews/slike_an/granate-iz-ukrajine-pogodile-teritorij-ruske-regije-rostov-najmanje-jedna-osoba-poginula-nekoliko-ranjenih-moskva-razmatramo-zestok-odgovor_1599_7609_e.jpg

Nekoliko granata pogodilo je ovaj prostor jutros - izvori prenose kako su ispaljene iz minobacača. Kako prenosi ruski RT, u zadnje vrijeme ruske pogranične postaje su u više navrata "namjerno granatirane" od strane ukrajinske vojske. Tijekom jučerašnjeg dana s ukrajinske strane otvorena je vatra na vozilo u kojem su se nalazili pripadnici ruske pogranične straže.
Krajem prošlog mjeseca, 28. lipnja, granate iz Ukrajine su također pogodile ruski teritorij pri čemu je oštećena jedna zgrada na prostoru graničnog prijelaza Gukovo, a tragovi granatiranja vidljivi su bili i u dva obližnja ruska sela. Tjedan dana ranije, 20. lipnja, ruski granični prijelaz Novošaktinsk također je granatiran.

No, do danas nije bilo smrtnih slučajeva, samo jedan slučaj u kojem je pripadnik ruskih pograničnih snaga zadobio ozljede glave od gelera. Ruske pogranične službe također tvrde kako je ukrajinska vojska u nekoliko navrata granatirala granične prijelaze dok su izbjeglice iz Ukrajine čekali u redu na provjeru putovnice kako bi ušli na ruski teritorij.
Broj ovih incidenta se u zadnje vrijeme počeo povećavati - granični prijelaz Novošaktinsk ponovno je granatiran 3. ovoga mjeseca. Idućeg dana ruski istražitelji i inženjeri došli su ukloniti naprave koje nisu eksplodirale te su se tada i oni našli na meti granata s ukrajinske strane. 5. srpnja oko 10 granata eksplodiralo je na prostoru ovog graničnog prijelaza.

Rusija do sada niti jednom nije reagirala na ove incidente, mada brojne zemlje na slične incidente u kojima i nema žrtava često žestoko reagiraju (primjerice tursko granatiranje Sirije ili izraelski udari na Libanon). No, nakon jutrošnjeg incidenta sa smrtnim slučajem to bi se, ako je suditi prema izjavama koje stižu iz Moskve, moglo promijeniti.

Zamjenik ministra vanjskih poslova, Grigorij Karasin, rekao je kako Rusija razmatra "žestok odgovor" na incident koji se desio jutros u regiji Rostov. "Istražujemo incident. Ovo je znak opasnog rasta tenzija na granici. Postoji konkretna opasnost za naše građane stoga će naši odgovori biti žestoki i precizni. No, prvo moramo ustanoviti sve okolnosti ovog incidenta", rekao je Karasin.

Dakako, bilo bi vrlo neodgovorno od Rusije da pokreće ikakvo vojno uzvraćanje bez da se saznaju detalji. Teoretski se ne može odbaciti ni mogućnost da pobunjenici izvedu neki ovakav napad s ciljem uvlačenja Rusije u rat. Sjetimo se samo incidenata 2012. na granici Sirije i Turske - nakon što su granate ispaljene sa sirijske strane ubile nekoliko civila u turskom pograničnom naselju, Turska je uzvratila žestokim artiljerijskim napadima na položaje sirijske vojske, a strahovalo se i od moguće turske vojne invazije. No, nekoliko dana nakon pojedini turski mediji otkrili su kako su granate zapravo ispalili pobunjenici, upravo s ciljem provociranja ovakve reakcije (vidiTurski list Yurt otkriva: Pobunjenici su gađali turski grad Akcakale - granatama koje koristi samo NATO).

Stoga je važno da Rusija nipošto ne djeluje impulzivno na ovakve incidente, jer nema sumnje da bi Kijev konstatirao kako se radi o "dogovorenom" incidentu između Rusije i pobunjenika koji bi za cilj imao uvesti Rusiju kao aktera u konfliktu. Rusija se, barem do sada, uvelike distancirala od sukoba na istoku Ukrajine ističući kako žele primirje i pregovore između pobunjenika i Kijeva.

No, nema sumnje da će ovaj incident sa smrtnim posljedicama dodatno povećati pritisak na Moskvu od strane onih koji već duže vrijeme zagovaraju rusku vojnu intervenciju na prostoru istočne Ukrajine. Takav potencijalni ishod vjerojatno bi odmah rezultirao uvođenjem bolnih ekonomskih sankcija Rusiji od strane SAD-a i Europske Unije, a to je nešto što Moskva očito nastoji izbjeći.

Opširnije o aktualnoj situaciji na istoku Ukrajine:
Veliki pregled stanja u Ukrajini: "Tampon zona" prema Rusiji postaje ključni strateški vojni cilj - o njenoj uspostavi ili probijanju ovisiti će daljnji tijek sukoba
izvor(i): RT | RIA Novosti | The Voice of Russia


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Od Njemačke 1933. do Ukrajine 2014. - Lažnim i montiranim optužbama nove ukrajinske vlasti žele zabraniti Komunističku partiju

N. Babić
vrijeme objave: Četvrtak - 10. 07. 2014 | 13:15
FOTO: RIA Novosti
U utorak, 8. srpnja, ministarstvo pravosuđa Ukrajine je podnijelo tužbu u kojoj ministar pravosuđa Pavel Petrenko traži zabranu aktivnosti djelovanja Komunističke partije Ukrajine, izvijestila je služba za odnose s javnošću ministarstva pravosuđa Ukrajine, prenosi Itar-Tass.

Ruski Korrespondent podsjeća da je 13. svibnja tadašnji v.d. predsjednik Ukrajine, Alexander Turchinov, apelirao na Ministarstvo pravosuđa da ispita mogućnost zabrane Komunističke partije "zbog moguće suradnje te stranke sa separatistima na jugoistoku zemlje"

Dana 16. svibnja, Vrhovna Rada Ukrajine usvaja nacrt rezolucije broj 4896 o ukidanju Komunističke partije Ukrajine. Turchinov je zatražio da je ispita sudjelovanje KPU u obavljanju aktivnosti "usmjerenih na kršenje suvereniteta i teritorijalne cjelovitosti države, potkopavanje državne sigurnosti, nezakonito oduzimanje državne vlasti, te da se odmah u skladu sa zakonom poduzmu mjere za zabranu stranke".

Nakon toga je ministarstvo pravosuđa poslalo zahtjev tužitelju i sigurnosnim službama, koje su provele istragu o mogućim kaznenim djelima od strane rukovodstva Komunističke partije Ukrajine.

U lipnju je šef službe sigurnosti Ukrajine, Valentyn Nalyvaychenko, rekao "kako je njegova agencija prikupila i predala ministarstvu pravosuđa informacije o ilegalnim aktivnostima KPU". 

Nalivaychenko je zahtijevao da se zabrani rad stranci i ukloni imunitet komunističkim zastupnicima u Vrhovnoj Radi, kao i predstavnicima stranke u regijama Lugansk i Donjeck. U to su vrijeme zastupnici KPU iz regionalnog vijeća regije Lugansk u cijelosti podržali parlament Narodne Republike Lugansk.

Alexander Turchinov je cijelo vrijeme govorio u prilog zabrani Komunističke partije Ukrajine, obrazlažući svoju odluku činjenicom da je stranka "suučesnik u terorističkim i separatističkim aktivnostima".

Lider Komunističke partije Ukrajine, Petro Symonenko, također je optužen za "rusku propagandu", a zabranu djelovanja ukrajinske KP su tražili i "prozapadni i demokratski" aktivisti EuroMaidana, među kojima su najvatreniji bili lider Desnog Sektora Dmitriy Yarosh i vođa Radikalne stranke, Oleg Lyashko.

Tijekom proteklih nekoliko mjeseci su predstavnici Komunističke partije Ukrajine u više navrata kritizirali središnje vlasti Ukrajine zbog vođenja kaznene operacije na istoku, a lider ukrajinskih komunista, Petro Symonenko, opisao je situaciju na jugoistoku zemlje kao "teror protiv vlastitog naroda".

Komunistička partija Ukrajine kao zasebna stranka nakon raspada Sovjetskog Saveza postoji od 90-ih godina, a samo je 1991. nakratko bila podvrgnuta zabrani, ali nakon nekog vremena je opet nastavila s legalnim aktivnostima.

08. srpnja 2014. Glasnogovornik ukrajinskog ministartsva pravosuđa izjavljuje kako će Okružni upravni sud u Kijevu rasparavljati o zabrani rada KPU "zbog neprijateljskih aktivnosti protiv ukrajinske države i podrške ruskim separatistima na jugoistoku zemlje":

VIDEO: Мін'юст просить суд заборонити КПУ

Tužbe protiv Komunističke partije Ukrajine su postale sve učestalije neposredno pred ukrajinske predsjedničke izbore održane 25. svibnja ove godine. 

Jedini krimen i razlog za kaznenu prijavu, ako izuzmemo članove KPU u lokalnim ograncima na istoku zemlje, je bilo izlaganje lidera ukrajinskih komunista, Petra Symonenka, koji je prozvao režim Ukrajine "nacifašističkim", a događaj u Domu sindikata u Odesi "inkvizicijom koja je palila žive ljude".

Europska ljevica je u međuvremenu počela skupljati potpise u znak podrške kolegama iz Ukrajine i traži da se prestane s progonom koji podsjeća na '30-te godine u nacističkoj Njemačkoj.

Korrespondent navodi kako je nekoliko europskih ljevičarskih pokreta počelo prikupljati potpise u prilog Komunističke partije Ukrajine, što je potvrdio lider Lijevog fronta u Rusiji, Egon Rutterbah. 

Ruttenbach tvrdi da je KPU "podvrgnuta političkom progonu od strane aktualne ukrajinske vlasti". 

"Protiv naših saveznika u Ukrajini se koriste prljavi trikovi, koje prate maltretiranja članova uprave i svih pripadnika Komunističke partije u cjelini, koja je nepravedno optužena za separatizam, ali čak i za plaćanje ilegalnih pošiljki oružja na jugoistok zemlje", rekao je Rutterbah.

"Takva praksa se mora zaustaviti i moramo privući svjetsku pozornost na povredu ukrajinskog ustava koji jamči slobodu političkog djelovanja", dodao je.

Prema riječima Rutterbaha, samo ruski aktivisti su skupili više od 10 000 potpisa "što pokazuje da europski komunisti prihvaćaju stavove Komunističke partije i ne prihvaćaju pritisak ukrajinskog režima na KPU".

Uoči službene kaznene prijave protiv KPU, ukrajinski SBU je objavio informacije o pritvaranju pet militanata koji su službeno prijavljeni tijekom istrage "da je Komunistička partija organizator u nabavi oružja za proruske snage na ratištima i da su sudjelovali u aktivnostima protiv vladinih snaga u Donbasu".

Komunistički čelnik Petro Symonenko je to sve nazvao lažima, a za video snimak s navodnim priznanjem jednog od uhićenih članova KPU je rekao "kako je svima jasno da se radi o podvali".

Osim toga, Služba sigurnosti Ukrajine je otvorila i kazneni postupak protiv KPU zamjenika KPU u regiji Lugansk koji je ljude zvao da se pridruže frakciji KP Narodne Republike Lugansk. Optužen je za "pokušaj stvaranja terorističke organizacije na teritoriju Ukrajine".

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Nacional-socijalizam - Ulomak iz Wikipedie.hr

(…) Na izborima za Reichstag u srpnju 1932., nacisti su sakupili nevjerojatnih 13,7 milijuna glasova i dobili su 230 od ukupnih 670 mjesta u Reichstagu. Kao tada najjačoj stranci, iako još bez većine, predsjednik Hindenburg ponudio je nacistima mjesto u koalicijskoj vladi. Hitler je odbio tražeći samo potpunu vlast. Reichstag je raspušten, i na izborima za njegova nasljednika u studenom, stranka je pala i dobila oko 11,7 milijuna glasova što joj je donijelo samo, u usporedbi sa prošlim glasovanjem, 196 mjesta u parlamentu. Kombinirani zbroj glasova komunista i socijaldemokrata bio je preko 13 milijuna, te su te dvije stranke skupa dobile 221 mjesto u parlamentu. No, kako su te dvije stranke bili ljuti neprijatelji, nacisti su još uvijek zadržali mjesto najjače stranke u Reichstagu. Hitler je ponovo odbio koalicijsku vladu i Reichstag je ponovo raspušten. Na savjet bivšeg kancelara Franza von Papena, predsjednik Hindenburg je 30. siječnja 1933. imenovao Hitlera kancelarom, te je stranka započela stvaranje nacističke države.

Pri kraju veljače, pred sam početak nove izborne kampanje za Reichstag, zgrada Reichstaga je uništena u požaru nepoznatog porijekla. Nacisti su za palež okrivili komuniste i iskoristili taj događaj i to okrivljavanje kako bi na nasilan način suzbili komunističku partiju Njemačke. Kasnije je i SPD suzbijen na nasilan način. Nijedna stranka nije pružila organiziran otpor. Sve ostale stranke su naknadno zakonom zabranjene, pokušaj stvaranja nove stranke smatran je zločinom i NSDAP je postala jedina legalna stranka u Njemačkoj. U Aktu od 23. ožujka 1933., zakonodavne moći Reichstaga prebačene su na stranku. Akt je Hitleru dao diktatorske moći i označio kraj Weimarske Republike. Po zakonu od 1. prosinca 1933., NSDAP je "nepovratno stopljen s državom".(…)

Ono što je uslijedilo je poznata, najmračnija stranica ljudske povijesti.
izvor(i): Itar-Tass | Korrespondent | Петербургский дневник | Wikipedia.hr


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У галерији "Прогрес" (Змај Јовина 10 у Београду), отворена је изложба под називом "Злочин у Одеси", поводом ужасног злочина који се десио у Дому синдиката у Одеси (Украјина), 2. маја ове године. Изложбу, коју ће грађани моћи да погледају до 15. јуна, а која садржи 57 фотографија, организовали су Београдски форум за свет равноправних, Друштво српских домаћина, Клуб генерала и адмирала и Покрет за Косово и Метохију.

Пред око 150 истинољубивих и праводљубивих посетилаца, на отварању су се обратили Живадин Јовановић, председник Београдског форума за свет равноправних и Олег Музика, један од преживелих злочина, чији се брат и даље води међу несталима.

Напомињући да су организовали изложбу са жељом да се чује истина о злочину и омогући њено ширење, Живадин Јовановић је рекао да српски народ не само да има дужност већ га и проживљена иста судбина води саосећању и солидарности према свим жртвама и осуди сваког злочина. Зато ни овај злочин не може бити изузетак, те допринос правди и истрајавње на проналажењу и осуди злочинаца представља обавезу свакога човека.

Наглашавајући да је злочин у Одеси резултат исте политике коју је на својој кожи осетио српски народ деведестих година, он је истакао да је тиме морална обавеза српскога народа о ширењу истине већа. Аналогија са злочином у Одеси види се у злочинима какви су деведесетих били улица Васе Мишкина, Маркале 1, Маркале 2, Јеврејско гробље, злочини током НАТО агресије на СР Југославију и други. Медијске блокаде и манипулације при којима се жртва проглашава за виновника представљају исти метод деловања који је примењен и овде.

Примаран узрок и овом злочину, као најмонструознијем у грађанском рату у Украјини, јесте империјално кретање НАТО-а на Исток и рушење међународног правног система започето агресијом на СР Југославију. Доживљавајући свој почетак у Југославији, империјално кретање НАТО-а доводи до поништавања свих цивилизацијских вредности, што злочин у Дому синдиката и показује. Последице су грађански рат и насиље над недужним цивилима. Једино су непосредни актери овог пута другачији. Како објашњава председник Беофорума, сукобе у Украјини изазвале су профашистичке и пронацистичке снаге, бандеровске групације подржане и финансиране од стране Запада. Он је подсетио да је најчешће цитирана цифра финансирања демократије у Украјини пет милијарди америчких долара.

Уместо мешања са стране и заговарања радикалних и војних метода, он истиче да решење кризе могу бити само дијалог и равноправност међу народима. Демократски принципи и поштовање узајамних права, посебно права мањина, услов су за конструктиван дијалог сукобљених страна и доласка до мирног решења. Тако би се онемогућиле радикалне групе, следбеници нацистичке идеологије, не само у Украјини, него и читавој Европи. На крају, господин Јовановић, представио је и најавио госта из Украјине, Олега Музику.

Олег Музика, становник Одесе и један од преживелих злочина, на почетку је објаснио да је циљ грађана на југоистоку федерализација Украјине, очување руског језика као другог званичног језика и да југоисточни региони имају право да сами бирају органе локалне самоуправе. Не желећи да разговарају о жељама југоисточних региона нове власти у Кијеву послале су војску и довеле до грађанског сукоба у којем се као последица десио и злочин у Одеси. Као један од мирних демонстраната, Олег Музика се нашао заточен на другом спрату Дома синдиката у тренуцима када је запаљен и када су профашистичке групе почеле да чине масакр над грађанима који су се сакрили у Дому.

Узалудно се надајући да ће полиција спречити масакр, како је објаснио, одлучили су да траже излаз и побегну у чему су многи, па и он, успели, али други, међу којима и његов брат, нису па су убијени или се воде као нестали. Објашњавајући да је ситуација у Одеси након злочина веома напета и прети да ескалира, грађани су и пре пар дана пуштали црне балоне и беле голубове, прве као симбол жалости, а друге као симбол мира, желећи да се злочини више не понављају и да се мир врати у Одесу.

Оно што највише брине грађане Одесе, напоменуо је Олег Музика, јесте да полиција више не хапси, али извештава где се демонстранти налазе, те ти људи, касније, нестају у тишини. Пошто се његов брат води као нестао након злочина у Одеси 2. маја, његова мисија да се бори за истину о страдалима довела га је и у Србију да проговори о својој судбини.

Поруке изложбе су да се злочинци морају пронаћи и осудити; да оживаљавање нацизма и фашизма представља велику опасност по читаву Европу; да експанзија НАТО на Исток, ка руским границама, и милитаризација Европе треба да се зауставе. Да је Украјини и Европи потребно мирно политичко решење. Оно је могуће дипломатијом и договором у којем ће учествовати и разговарати власт и опозиција, САД, ЕУ и Русија.

Изложба је оставила утисак и на посетиоце који су у Књигу утисака, у коју ће грађани моћи да се упишу током њеног трајања, оставили поруке захвалности организаторима, подршке страдалном народу Украјине и осуде злочина, као и поруке које осликавају сврху изложбе међу којима можемо издвојити следеће: „Ко год је починио ове злочине, мора бити кажњен. Просто је невероватно да се у XXI веку, на континенту који је колевка демократије, дешавају овакви злочини. Ово доказује да човек може и јесте највећа звер. Нацизам мора бити заустављен. Заувек. Желећи да сви виде ову изложбу и из ње извуку поуке, један посетилац је поручио:"Мржњо, стани! Човече љуби човека, то је највећи овоземаљски дар!“

Изложба ће бити отворена од 10. до 15. јуна, у времену од 11:00 до 21:00 час.


(Ненад Узелац – Београдски форум за свет равноправних/РТ)





LA RAI NON RIFERISCE DELLA NUOVA GRAVE PROVOCAZIONE CONTRO LA RUSSIA

In NESSUNA delle edizioni diurne dei telegiornali della televisione di Stato italiana (TG1-TG2-TG3) di domenica 13 luglio 2014 è stata data la notizia del lancio provocatorio di razzi da parte del regime di Kiev sul territorio russo, zona di Rostov, che ha causato un morto.

TG1-TG2-TG3 sono invece già pronti a rilanciare con enorme risalto la eventuale notizia di una risposta russa, per presentarla come "aggressione russa contro l'Ucraina".

Maggiori info: 1 KILLED, 2 INJURED: RUSSIA VOWS RESPONSE TO UKRAINE SHELLING RUSSIAN CITY (July 13, 2014)


Cronache della pulizia etnica antirussa in Europa

0) NEWS - LINKS
1) Documento rivela: in Ucraina presto lager ed esecuzioni di massa (Franco Fracassi)
2) Occupate Slaviansk e Kramatorsk, Kiev bombarda e assedia Lugansk e Donetsk (M. Santopadre, 7 Luglio 2014)
3) Mogherini a Kiev: Poroshenko fa subito sparare contro pullman di profughi, nessun sopravvissuto (VoR, 7-8 Luglio 2014)
4) Ancora sul memorandum della RAND Corporation per la pulizia etnica dell'Ucraina (Igor Glushov)


=== 0: NEWS - LINKS ===

10-11.07.2014 Situazione in Ucraina. Crisi Ucraina

Donetsk: I combattenti della Battaglia dell'Aeroporto / Донецк 10 июля / Обстановка на блокпостах ополчения ДНР - Эксклюзивные кадры / 10.07.2014

09-10.07.2014 Situazione in Ucraina. Crisi Ucraina

09 07 2014 Situazione in Ucraina. Guerra in Ucraina

La marcia dei rifugiati. Mezzo milione in fuga dall’Ucraina (9/7/2014)

Il Punto di Giulietto Chiesa - 8 luglio 2014 - In attesa di una nuova Norimberga

Bombings Force Sloviansk Residents to Flee: Russian Roulette (Dispatch 49)

US-backed regime retakes Slavyansk, threatens bloodbath in eastern Ukraine
By Alex Lantier / WSWS, 7 July 2014

03-04 07 2014 Situazione in Ucraina. Guerra in Ucraina

Ucraina: bombardamenti a tappeto e armi chimiche
Marco Santopadre, 3 Luglio 2014

PTV News Speciale - La tragedia di Kramatorsk
2/lug/2014 - Ci giunge da Kramatorsk in Ucraina orientale, la testimonianza di Christian Malaparte e Patrick Lancaster, due coraggiosi giornalisti che da giorni vivono sotto le bombe delle milizie di Kiev. Raccontano in diretta il dramma che si svolge in queste ore, un massacro passato ancora una volta sotto silenzio dai media occidentali.

Ucraina: inviato britannico nel Donbass smentisce le menzogne dei media
28/06/2014 - Il giornalista britannico Mark Franchetti interviene a Shuster Live, il più importante talk show della televisione Ucraina. E getta lo sconcerto in studio con le sue risposte che mettono in grande imbarazzo l’intervistatore, chiaramente schierato pro-Kiev. Franchetti autore di un reportage dall’Ucraina orientale, descrive i filo-russi come “persone normali, assolutamente convinte di difendere le loro case dai fascisti” e smentisce i suoi interlocutori sulla presenza di infiltrati russi: “posso solo parlare di quello che ho visto con i miei occhi”, afferma via Skype, lasciando ancora più sconcertati i suoi interlocutori…


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Documento rivela: in Ucraina presto lager ed esecuzioni di massa

7 luglio 2014

È stato redatto dalla Rand Corporation, il centro studi che consiglia la Cia, il Pentagono e la Casa Bianca. Verrà accusato di terrorismo perfino chi presenta lividi o graffi. Pronti campi speciali anche per i vecchi e i bambini.

 
di Franco Fracassi
 

«I soldati avranno anche il compito di internare in campi di concentramento gli adulti maschi. Chiunque opponesse resistenza andrà giustiziato sul posto». In Ucraina si prepara un’estate di sangue. Il governo di Kiev sta preparando un’offensiva che dovrà avere come «unica soluzione la rapida sconfitta dei ribelli e dei terroristi». Il piano d’attacco è pronto. È stato preparato dagli specialisti del centro studi di Pittsburg Rand Corporation. Gli stessi che hanno pianificato le rivolte anti Mubarak in Egitto, anti Gheddafi in Libia e anti Assad in Siria. Due pagine che qualcuno ha deciso di rendere pubbliche. La Rand si è affrettata a smentire. Ma il documento porta la firma del centro studi, la fonte che lo ha rivelato autorevole (seppur segreta), il linguaggio del testo compatibile con i piani precedentemente elaborati dalla Rand.

 

La Rand Corporation è uno dei più importanti centri studi statunitensi. Elabora le politiche sul futuro per Dipartimento di Stato ma soprattutto per il Pentagono e per la Casa Bianca. La Rand è una delle menti del capitalismo globale, del mercato unico, della democrazia del consumo.

  

Popoff ha deciso di pubblicare la versione integrale del documento. Eccola.

 

“I vantaggi di una massiccia operazione Militare”

 

Nel caso in cui il negoziato con i separatisti dell’Est dovesse fallire, l’unica soluzione praticabile sarà quella della rapida sconfitta dei ribelli e dei terroristi. Bisogna ridurre al massimo i danni dei costi dell’operazione e nei confronti dell’opinione pubblica.

 

Ecco i vantaggi da un attacco su vasta scala contro il Donbass:

 

La decimazione degli attivisti dei movimenti politici russofoni e il caos tra i votanti pro-Russia.

Nel caso la vittoria non sia rapida, la distruzione durante i combattimenti di una quantità significativa della produzione di carbone delle regioni dell’Est, in modo da fiaccarne la resistenza.

La distruzione dell’apparato industriale del Donbass vorrebbe dire ridurre di molto il consumo di gas e ridurre, di conseguenza, le importazioni di gas dalla Russia.

La riduzione del peso politico dell’oligarca locale Rinat Akhmetov.

Le difficoltà economiche del popolo ucraino potrebbero essere facilmente spiegate con i danni dovuti alla guerra in corso, che il governo di Kiev non ha potuto evitare, vista l’intransigenza dei terroristi.

 


 

Le fasi dell’operazione militare

 

Fase 1: Totale isolamento delle regioni ribelli

 

Considerando che i residenti delle regioni di Donetsk e di Lugansk hanno avuto sufficiente tempo per abbandonare l’area, nel caso fossero rimasti vuol dire che sono apertamente ostili. Tutti i cittadini rimasti verranno considerati ostili e sostenitori dei terroristi.

 

La legge marziale verrà introdotta. Le autorità locali esautorate dal loro potere. La Costituzione sospesa. Verrà imposta direttamente l’autorità presidenziale.

 

L’area verrà totalmente isolata dal resto del mondo. Nulla dovrà entrare né uscire: né persone né cose. Attenzione speciale verrà messa sulle zone confinanti con la Russia. Le trasmissioni televisive, la connessione internet, le comunicazioni telefoniche e via cellulare dovranno essere interrotte. Verrà imposto il coprifuoco dalle dieci di sera alle sei di mattina. I giornalisti dei media internazionali dovranno essere sottoposti a una procedura speciale.

 

Fase 2: Assorbire

 

Graduale inasprimento dell’accerchiamento dei ribelli. Le offensive di terra dovranno essere precedute da attacchi aerei contro le infrastrutture nemiche, le batterie di artiglieria e di mortaio, e le truppe nemiche. In alcuni casi, per contenere le vittime tra le nostre truppe, non dovranno essere utilizzate armi non convenzionali.

 

Gli insediamenti nemici dovranno essere liberati uno a uno, impiegando prima i blindati e poi la fanteria, che avrà l’obiettivo di uccidere chiunque possegga un’arma. I soldati avranno anche il compito di internare in campi di concentramento gli adulti maschi. Chiunque opponesse resistenza andrà giustiziato sul posto. I bambini sotto i tredici anni e gli anziani oltre i sessanta dovranno essere spostati in strutture appositamente attrezzate in zone lontane dalle operazioni anti terrorismo in corso.

 

I campi di concentramento dovranno essere costruiti vicino alle città ripulite. Le guardie dei campi dovranno essere ideologicamente pulite. Andranno cercate su chiunque tracce dei combattimenti, sul corpo e sui vestiti: ferite, lividi, graffi, tracce di polvere da sparo o di olio per armi. Se verrà trovato qualcosa la persona in questione dovrà essere processata con le accuse di separatismo e di terrorismo. Dopo due mesi di internamento, agli individui restanti verrà dato il permesso di rientrare nelle proprie abitazioni, poste nel frattempo sotto sorveglianza dei servizi di sicurezza.

 

Fase 3: Ritorno alla normalità

 

Specialisti delle forze armate dovranno essere utilizzati per riportare l’acqua, i riscaldamenti, l’energia elettrica e le comunicazioni.

 

I confini dovranno risultare blindati, per impedire provocazioni da parte della Russia e per prepararsi a un massiccio rientro dei rifugiati. A coloro che hanno consegnato le armi verrà concesso di poter tornare a casa. Tuttavia, gli uomini tra i diciotto e i sessant’anni verranno sottoposti a controllo in campi di concentramento, per verificare loro eventuali legami con i separatisti e i terroristi. Le proprietà dei condannati nelle regioni di Lugansk e di Donetsk verranno nazionalizzate, e successivamente concesse ai militari che si sono distinti nella campagna anti terrorismo.

 

Attenzione particolare dovrà essere posta sull’informazione. Ciò comporterà il completo isolamento dell’area delle operazioni dai media internazionali. Le storie di eroismo e coraggio da parte delle forze armate ucraine, della Guardia nazionale e di altre unità militari, storie di salvataggio di civili dai terroristi e dalle bande criminali dovranno essere diffuse il più possibile.

 

Nota: Se la campagna anti terrorismo non terminerà entro il primo settembre 2014, la legge marziale dovrà essere prolungata fino al primo gennaio 2015.



[LE FOTOGRAFIE DEL DOCUMENTO: 


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Occupate Slaviansk e Kramatorsk, Kiev bombarda e assedia Lugansk e Donetsk

Marco Santopadre, 7 Luglio 2014

E’ più massiccia di quanto sembrasse l’entità dell’avanzata delle truppe golpiste nei territori dell’Ucraina dell’est dove gli insorti hanno preso le armi contro il golpe nazionalista che a febbraio ha imposto a Kiev un regime filoccidentale dominato dagli oligarchi e da forze di estrema destra.

Oltre all’importante roccaforte di Slaviansk, nelle ultime 48 ore l’esercito di Kiev e le milizie neonaziste inquadrate nella Guardia Nazionale si sono impossessati anche di Kramatorsk, Druzhkovka e Konstantinovka dove ora gli occupanti sono impegnati in rastrellamenti diretti a bonificare il territorio da quei pochi miliziani delle autodifese rimasti dopo la decisione da parte delle Repubbliche Popolari di ripiegare su altre località meglio difendibili. 

Oleg Tsarev, presidente del parlamento dell'unione delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, ha denunciato che in realtà le autorità di Kiev stanno arrestando, a Slavjansk, tutti gli uomini dai 25 ai 35 anni, che siano miliziano o meno.
Il presidente ucraino, l’oligarca Poroshenko, ha cantato vittoria dopo la presa di Slaviansk e Kramatorsk. “Non è una vittoria totale ma liberare Slaviansk da una banda di mostri fortemente armati ha una grande importanza simbolica. E’ un punto di inflessione nella lotta contro i ribelli e per l’integrità territoriale dell’Ucraina” ha detto il capo di stato eletto a fine maggio, che ha ordinato alle truppe di Kiev di continuare l’offensiva ora che gli insorti sono in evidente difficoltà.

Le milizie di autodifesa hanno informato di un fitto scambio di colpi di mortaio durante la notte scorsa nei pressi dell’aeroporto di Lugansk, controllato da qualche giorno dall’esercito governativo e duri combattimenti sarebbero in corso anche a Mettalist, Krasni Yar e nel posto di frontiera di Izvarino, finora sottto il controllo delle milizie della Repubblica Popolare di Lugansk, che ha anche vantato l’uccisione di 130 soldati di Kiev. "L’esercito ucraino ha tentato di attaccare la città da tre fronti diversi (...). Tutti gli attacchi sono stati respinti” ha informato l’ufficio stampa degli insorti secondo i quali le milizie di autodifesa avrebbero anche distrutto un caccia Ilyushin-76, sette veicoli blindati per il trasporto truppe, quattro tra obici e mortai, un sistema di difesa antiaereo. Le truppe ucraine, tra cui il battaglione Azov composto dagli uomini di Pravyi Sektor e di Svoboda (formazioni apertamente neonaziste), avrebbero subito pesanti perdite durante il tentativo di prendere la cima Kurgan-Moghila, uno dei punti più alti della regione di Donetsk, molto utile per controllare la strada da Donetsk alla regione di Lugansk.
I militari di Kiev avrebbero invece ucciso un abitante di Lugansk e feriti altri 13. 
Ma il bilancio degli attacchi aerei dell’aviazione militare di Kiev è destinato a crescere, visto che il governo ha intensificato i bombardamenti nella grande città della regione mineraria e industriale del paese, concentrando gli attacchi soprattutto nei quartieri di Alexandrovka y Kamennobrodski. Più tardi i proiettili e le bombe – anche alcuni missili Grad - sono caduti su una stazione degli autobus, uccidendo un’altra persona e ferendone altre 32. Secondo i testimoni l’attacco era deliberato e l’obiettivo era distruggere una centrale elettrica vicina alla stazione degli autobus.
Sono settimane dure quelle che si annunciano nelle due grandi città di Lugansk e Donetsk, assediate ormai da vicino dalle truppe governative e prese di mira da bombardamenti sempre più violenti, nonostante le rassicurazioni del segretario generale del Consiglio di Sicurezza Nazionale e di Difesa ucraino, Andréi Lisenko.

 

Metà della popolazione dei due capoluoghi è già fuggita ma sono ancora molte centinaia di migliaia le persone coinvolte dalle operazioni militari indiscriminate delle truppe agli ordini della giunta golpista. Nelle ultime ore i combattimenti sono esplosi di nuovo a Górlovka e Yenákievo, città a circa 30 chilometri a nord di Donetsk, dove si sono asserragliate le milizie che sabato mattina hanno abbandonato larea di Slaviansk. Secondo il comandante delle milizie Igor Strelkov circa l80% dei combattenti e il 90% dei veicoli e dei mezzi blindati sarebbe riuscito a rompere laccerchiamento ucraino a Slaviansk e Kramatorsk e a ripiegare su Donetsk, grazie soprattutto ad una azione diversiva di un gruppo di volontari che però, ha riconosciuto Strelkov, sono stati uccisi quasi tutti. Nel tentativo di rifornirsi di armi le autodifese hanno attaccato la sede delle unità delite del Servizio Penitenziario dello Stato a Donetsk. Spavantato dalla prospettiva che i combattimenti devastino i quartieri centrali della grande città, il governatore di Donetsk designato dai golpisti, Sergej Taruta, ha chiesto allesecutivo di negoziare con gli insorti e di non spargere il sangue dei civili innocenti. Ma lo stesso Andréi Lisenko si è incaricato di informare che per ordine espresso delloligarca Poroshenko lesercito non cesserà gli attacchi fino a quando gli insorti non consegneranno le armi e libereranno i prigionieri nelle loro mani. Da parte sua il vice segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale (Nsdc) ucraino, Mikhail Koval, ha annunciato l'intenzione di assediare con l'esercito ucraino Lugansk e Donetsk. "I due centri regionali saranno bloccati completamente e saranno applicate misure adeguate che porteranno i separatisti a deporre le armi", ha detto Koval. 

(Nel video [ http://www.youtube.com/watch?v=75dlup0WXGY , girato a maggio 2014] la popolazione di Kramatorsk accoglie i soldati ucraini al grido di 'Andate via, fascisti')


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Ucraina: Mogherini a Kiev, serve cessate il fuoco bilaterale

KIEV, 7 luglio 2014 - 21:46 << … Il ministro Mogherini ha incontrato anche la leader del partito Patria, Yulia Timoshenko: "Abbiamo una data in comune da ricordare: io sono diventata ministro il giorno in cui lei è stata liberata dal carcere", ha detto, spiegando di aver  "scelto Kiev come prima visita del semestre di presidenza italiana della Ue perché c'è bisogno di sostenere la strada europea e delle riforme che l'Ucraina ha intrapreso. La firma dell'accordo di associazione per Kiev è da una parte un punto di arrivo e dall'altra un inizio…" >>  

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Redazione Online - 7 luglio 2014, 22:38

Nella regione di Lugansk aperto il fuoco contro pullman di profughi: nessun sopravvissuto

Nella regione di Lugansk vicino alla città di Krasnodon sconosciuti hanno aperto il fuoco con armi automatiche contro un pullman di rifugiati diretti in Russia. Secondo i dati preliminari, nessuna delle persone che si trovavano a bordo è sopravvissuto.

A seguito di un attacco di mortaio alla periferia di Lugansk, presso l'hotel "Inizial", è esplosa una mina vicino una macchina che sopraggiungeva. L'auto ha preso fuoco. L'autista ferito è stato ricoverato in ospedale. Nelle case vicine le finestre sono andate in frantumi.

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Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 8/7/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

Le onorevoli parole di Poroshenko...

8 luglio, ore 10.55. Riferendosi all'incontro di ieri tra Poroshenko e il sindaco di Donetsk Lukjachenko, presenti anche il deputato Kolesnikov e il premier Yatseniuk, la testata internet filogovernativa “Novosti Donbassa”, riporta la promessa di Poroshenko di non permettere bombardamenti aerei e l’uso di artiglieria pesante su Donetsk, "dove non saranno adottati gli stessi metodi di Slovjansk, Kramatorsk e Lugansk".

Alle ore 14.20, la stessa testata informa di un attacco aereo su Donetsk per colpire la centrale sede della Rep. Popolare, all'interno della quale, secondo la stampa locale, si trovavano 300 persone.

http://novosti.dn.ua/details/229293/

http://novosti.dn.ua/details/229317/


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Da: Игорь Глушков <igorglushkov@…>
Oggetto: Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli
Data: 06 luglio 2014 19:55:48 CEST

E' il mio grido pesonale a chi ha ancora un cuore, un'anima, una coscienza. 
 
http://rutube.ru/video/c77cac7dd4648a57e30d7bac107514f4/
 
(…)

AGGHIACCIANTE! ECCO GLI ESPORTATORI GLOBALI DI DEMOCRAZIA!

Un memo trapelato e attribuito alla RAND Corporation suggerisce che il Governo ucraino dovrebbe impegnarsi in una guerra a tutto campo nelle regioni dell'est, tra cui la chiusura di tutte le comunicazioni, mettendo i cittadini in campi di internamento e uccidendo tutti coloro che resistono tali azioni.

Nella scioccante lettera, che è trapelata ai media online, il memorandum offre una brutale guida passo passo su come trattare la popolazione in Ucraina orientale. L'autenticità del documento che porta il logo della RAND Corporation, tuttavia, non è ancora stata verificata.

La RAND Corporation è una organizzazione non-profit globale che offre ricerca e analisi alle forze armate degli Stati Uniti.

'I vantaggi di una massiccia operazione Militare'
Nella prima riga della nota viene rilevato che il piano di pace delineato dal nuovo presidente Poroshenko rischia di fallire. Tuttavia, chiarisce che gli svantaggi politici e materiali dell'operazione saranno "superati" dai guadagni.

L'agghiacciante lettera elenca poi i vantaggi che avrebbe un attacco militare su larga scala contro le due regioni dell'Ucraina orientale separatiste.

Il movimento politico filo-russo, sostiene il consiglio, verrebbe decimato e gli elettori pro-russi ne uscirebbero disorganizzati.

Invece di sostenere le forniture di carbone della regione come fonte di occupazione futura, dice che la decimazione dell'industria carbonifera nei combattimenti significherebbe la sua rapida chiusura, alleviando così l'Ucraina dagli onerosi costi di sovvenzione.

Lo spegnimento delle industrie del Donbass significherebbe anche una riduzione dei consumi del gas russo e la distruzione dell'oligarca locale Rinat Akhmetov e del suo peso politico ed economico.

Fase 1: Sospendere la Costituzione, imporre la legge marziale
Il memorandum scioccante elenca poi una campagna militare a tre fasi per garantire la vittoria. Fase uno, chiamata il "totale isolamento delle regioni ribelli", presumendo che tutti i civili che sono rimasti sono "complici o sostenitori dei disordini"

Si propone che la legge marziale dovrebbe essere imposta nell'area seguendo un rigido coprifuoco dalle 20:00 alle 06:00, mentre tutti gli enti locali dovrebbero avere cessate le loro competenze e la Costituzione nella zona dovrebbe essere sospesa.

Le regioni devono poi essere circondate dalle truppe con particolare attenzione alle aree che confinano con la Russia.

Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione raccomanda che tutti i servizi di radiodiffusione, telefonici e di comunicazioni mobili e dei servizi internet della regione dovrebbero essere chiusi e che i media internazionali dovrebbero essere "oggetto di una procedura speciale."

Fase 2: Campi di internamento per gli adulti di sesso maschile, quelli che si oppongono devono essere uccisi sul posto.
Poi inizia la seconda fase dell'operazione, denominata "mop-up", che prevede un graduale inasprimento del cerchio di truppe intorno alla regione, seguita da attacchi aerei e di artiglieria e attacchi di mortaio contro le strutture strategiche "del nemico".

Senza alcun riguardo apparente per la vita umana, gli autori RAND consigliano quindi che l'uso di armi non convenzionali non deve essere escluso "al fine di garantire minori vittime tra il nostro personale".

Gli autori, che apparentemente hanno poca o nessuna conoscenza della situazione nella parte orientale dell'Ucraina, poi dicono che gli insediamenti devono essere liberati uno ad uno utilizzando prima i blindati e poi la fanteria che dovrebbe sparare per uccidere chiunque abbia armi.

In quello che sembra essere un consiglio per una vera e propria pulizia etnica, tutti maschi adulti devono essere deportati in campi di internamento, mentre chi tenta di resistere deve essere giutiziato; i bambini sotto i 13 anni e le persone di età superiore ai 60 dovrebbero essere spostati in strutture appositamente attrezzate in altre zone.

In un pezzo bizzarro, un consiglio che appare nella migliore delle ipotesi irrealistico e nella peggiore da squilibrati, la RAND dice poi che chiunque abbia lividi, graffi, tracce di polvere da sparo o di olio per armi sui propri vestiti dovrebbe essere processato in tribunale per separatismo e terrorismo. Tutti i residenti fortunati che non rientrano in queste categorie possono avere il permesso di tornare a casa dopo un periodo di due mesi "di internamento", e dovrebbero poi essere schiaffeggiati sotto sorveglianza dai servizi di sicurezza.

Fase 3: Le proprietà dei condannati e degli sfollati devono essere nazionalizzate
Terza fase, che è ridicolmente chiamata 'Back to Normal', dice che a tutti i rifugiati "dalla zona di guerra" si dovrebbe quindi dare il permesso di tornare a casa. Questo presumerebbe in primo luogo che abbiano una casa dove tornare e in secondo luogo che abbiano voglia di tornare a casa in una regione ormai così divisa tra l'etnia ucraina e russa.

Tuttavia gli uomini di età compresa tra 18-60 saranno "controllati" in campi di internamento, mentre la proprietà dei condannati e dei residenti sfollati delle regioni di Donetsk e Lugansk devono essere nazionalizzate.

Il memorandum conclude che la zona dell'operazione punitiva deve essere dichiarata "off limits" per i media stranieri.
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON CHIEDE LO STOP AI BOMBARDAMENTI

Il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, di fronte al superamento del numero di 100 vittime a seguito del tiro-a-segno israeliano sulla città di Gaza, NON ha chiesto l'immediata cessazione dei bombardamenti.

Maggiori info: M.O.: Napolitano, invasione Gaza escalation con conseguenze imprevedibili (agenzia ASCA, 12/7/2014)





Sarajevo 100 anni dopo ovvero l'Europa 100 anni indietro

1) NEWS: Bosnia: i serbi boicottano le celebrazioni per Sarajevo 1914
2) I falsari di Sarajevo (Goran Marković)
3) Sarajevo 100 anni dopo: chi fu e cosa rappresenta oggi Gavrilo Princip (Carlo Perigli)


Isto procitaj/pogledaj: ФИЛМ О ВИДОВДАНУ НА ШПАНСКОМ ЈЕЗИКУ

A lire aussi: SARAJEVO, 28 JUIN : LE CENTENAIRE DE 1914, FIASCO EUROPÉEN, FIASCO FRANÇAIS
Courrier des Balkans, 30 juin 2014 - Le centenaire de l’attentat de Sarajevo aurait pu être l’occasion de lancer un message politique fort. Mais aucun dirigeant européen de premier plan n’a fait le voyage, et les cérémonies se sont limitées à un concert de musique classique et à un mauvais son et lumières... Ce vide illustre une évidence tragique : l’Union européenne n’a rien à dire et rien à proposer à la Bosnie-Herzégovine…


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Bosnia: i serbi boicottano le celebrazioni per Sarajevo 1914

Redazione Contropiano, 30 Giugno 2014

I serbi hanno boicottato in massa le cerimonie ufficiali per i cento anni dall'attentato a Sarajevo, il 28 giugno 1914, che nella pubblicistica storica viene considerato - a torto - l'elemento scatenante dell'inizio della Grande Guerra, e, in cambio, hanno reso omaggio all'eroe Gavrilo Princip, il nazionalista che in quel giorno uccise l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, e la consorte Sofia.
I leader serbi-bosniaci e di Serbia hanno deciso di rendere omaggio a Princip, un serbo di Bosnia, a Visegrad, città della Bosnia orientale che ospita il celebre ponte costruito dagli ottomani sul fiume Drina (che dà il titolo al romanzo "Il ponte sulla Drina", del premio Nobel della Letteratura yugoslavo Ivo Andric). Già ieri diverse centinaia di persone hanno partecipato all'inaugurazione a Sarajevo est, nella zona serba della città bosniaca, di una statua alla sua memoria. Centinaia di persone sono intervenute oggi ad "Andricgrad", cittadina che il regista serbo Emir Kusturica, padrino della cerimonia, ha fatto costruire per l'occasione nel cuore di Visegrad e a cui ha dato il nome del celebre scrittore. I lavori sono iniziati nel 2011 e la location servirà per girare il prossimo film del cineasta di "Underground" (1995). La via principale di Andricgrad porta il nome di Mlada Bosna (Giovane Bosnia), organizzazione che ha fomentato l'attentato contro Francesco Ferdinando.


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I falsari di Sarajevo

Goran Marković (*)

La Filarmonica di Vienna ha tenuto il concerto per il centenario … Di che cosa?  Dell'attentato a Sarajevo o dell'inizio della Prima guerra mondiale?

Questa musica dei viennesi non è altro che un sberleffo al sacrificio di Gavrilo Princip e dei compagni. Questo non è altro che un proseguimento »culturale ed artistico« della revisione e falsificazione della storia degli appartenenti all'organizzazione Giovane Bosnia presentati come terroristi e guerrafondai, che avrebbero provocato la Prima guerra mondiale. Questa storia che sta prendendo piede di nuovo fra i politici gli intellettualoidi di Sarajevo oggi serve a soddisfare due scopi. Il primo sarebbe di dimostrare al mondo che la attuale élite politica di Sarajevo fa parte del »mondo civilizzato«, che ha accettato i valori europei, quindi condanna i terroristi, istruiti dalla Serbia. L'altro scopo è di brandire un colpo al nazionalismo serbo, visto che Princip e compagni sarebbero stati nazionalisti serbi, che avrebbero agito sotto la tutela del governo di Serbia e dell'organizzazione „La mano nera“ di Apis Dimitrijević.

Quindi,  la Bosnia deve essere moderna, europea e libera dalle pretese granserbe e perciò bisogna fare un monumento a Ferdinando, il portatore della civiltà europea, ammazzato dal terrorista Princip.

Difficilmente si potrebbe inventare una tesi più servile e contraria alla verità, a rappresentare una spiegazione dell'attentato di Sarajevo e della Giovane Bosnia. Risulta che gli Stati capitalisti europei fossero oasi di pace e di libertà, mentre i fanatici bosniaci sono stati incitati dalla Serbia. La Serbia, fra l'altro, in quel momento, a causa delle due guerre balcaniche sanguinose, era la meno pronta ad una nuova guerra, tantomeno per la più grande guerra mai vista fino ad allora. Eppoi, quella guerra sarebbe scoppiata in tutta Europa soltanto a causa d'un attentato commesso in una periferia europea? Questo lo potrebbe considerare vero soltanto chi non sa assolutamente nulla della storia europea all'inizio di XX secolo, chi non ha alcuna nozione sul carattere imperialista degli Stati europei, Stato austro-ungarico compreso - o forse sa, ma semplicemente mente.

La stessa Austria-Ungheria che qualcuno in Bosnia reclama come portatrice della cultura e del progresso economico, si contraddistinse in quei tempi per una seria deficienza democratica proprio in Bosnia, mentre molte nazioni facenti parte di quell'Impero si sentivano oppresse. Nella Bosnia ed Erzegovina l'Austria-Ungheria aveva stabilito una specie di parlamento (Sabor) assolutamente inefficace, che non legiferava e che fu eletto sulla base di un sistema di voto circoscritto e limitato - chiamato sistema curiale, il quale sceglieva gli elettori in base ai loro redditi, alla loro istruzione, nonché alla loro professione. Quindi è impossibile dire che l'Austria-Ungheria ha portato un progresso civile alla Bosnia e Erzegovina.

Lo sparo di Princip rappresentava allora lo sparo contro una forza imperialista, che non conduceva una politica pacifista bensì una politica di oppressione e di sfruttamento in Bosnia ed Erzegovina più ancora che dalle altre parti. Lo sparo di Princip simboleggiava la resistenza all'oppressione nazionale, della quale hanno sofferto tutti i popoli slavi viventi sotto l'Impero austro-ungarico, ivi compresa anche una buona parte dei popoli jugoslavi nelle terre degli Slavi del Sud: Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Vojvodina. Perciò, questo non fu lo sparo d'un terrorista, ma d'un uomo che amava il proprio popolo e che lottava per la sua liberazione. E non lottava soltanto per quella del proprio popolo, ma per la liberazione di tutti gli Slavi del Sud tenuti sotto il giogo dell'Austria-Ungheria.

Rispondiamo alla domanda di inizio testo. Cent'anni di che cosa bisogna segnare in questi giorni? Cent'anni dall'inizio della Prima guerra mondiale? Se le cose stanno così, i Giovani bosniaci dovrebbero essere incolpati persino per lo scoppio della Guerra mondiale. Oppure, se quelli sono stati strumento nelle mani del governo serbo, allora della guerra sarebbe stata responsabile la Serbia. Però, il 28 giugno non rappresenta il centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale. La guerra non scoppiò il 28 giugno, ma il 28 luglio, con la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia. La guerra non inizia con l'attentato, bensì con la dichiarazione di guerra e con i preparativi di guerra. I preparativi di guerra devono essere preceduti da uno scopo politico, essi servono per raggiungere certi obiettivi. Quindi, responsabile per lo scoppio della guerra diventa colui che sta preparando la guerra, e, in definitiva, colui che inizia la guerra. La verità è che alla guerra non si preparava soltanto l'Austria-Ungheria, ma anche le altre potenze mondiali, visto che all'inizio del XX secolo tutto era già pronto per una nuova divisione del mondo. La Francia e l'Inghilterra volevano conservare il loro dominio nel mondo, mentre la Germania e l'Austria-Ungheria volevano metterlo in discussione. Quella fu una guerra imperialista, e lo sparo di Princip in tutto questo non poteva cambiare nulla, né è stato esso a provocare lo scatenamento degli appetiti imperialisti. La guerra intervenne in un momento che non conveniva affatto alla Serbia, visto che in quegli anni essa era appena uscita da due guerre, le mancavano gli uomini e le capacità materiali e certamente non aveva nessun desiderio di iniziare una guerra con un nemico talmente superiore ad essa nella potenza militare.

I falsari in Oriente

Al presidente Dodik le stelle hanno sorriso ancora una volta, sicché le elezioni si sono tenute proprio nel momento in cui stava cadendo il centenario dell'attentato. Lui si è affrettato ad erigere il monumento a Gavrilo Princip a Sarajevo Est, e quindi ad inviare un messaggio al proprio e agli altri popoli della Bosnia ed Erzegovina. Il suo messaggio si è ben inserito nel contesto: »La Repubblica Srpska farà di tutto per rafforzare la propria autonomia, finché non riuscirà ad essere indipendente.«

Lasciamo da parte il fatto che questo messaggio è anticostituzionale, visto che significa un invito alla spartizione dello Stato. Per la nostra storia è più importante capire come Dodik e i suoi strumentalizzano le gesta della Giovane Bosnia e dei suoi membri per i propri scopi politici odierni. Visto da un lato, potrebbe sembrare che Dodik propugna una specie di continuazione della lotta politica di Princip, partendo dal fatto che tutti e due difendono il popolo serbo dall'odioso nemico. E il quadro coincide a pennello con il fatto che uno degli Alti rappresentanti oggi in Bosnia è austriaco di nazionalità.

E' vero che siamo occupati, se non formalmente, senz'altro sostanzialmente, in un modo molto simile a come lo eravamo cent'anni fa, ai tempi di Princip. Ma né gli ideali di Princip né la sua politica hanno alcunché di simile con le posizioni delle élites politiche serbe nella Bosnia ed Erzegovina di oggi. I nazionalisti serbi semplicemente abusano del fatto che Princip e molti dei Giovani Bosniaci erano di nazionalità serba. Ma quelli non furono mai inclini alla disuguaglianza fra le nazionalità della Bosnia ed Erzegovina, proprio il contrario. La esclusività della nazione serba e dell'idea serba e la costituzione d'uno Stato esclusivamente serbo in Bosnia sono sempre stati estranei e lontanissimi ai membri della Giovane Bosnia e quindi ogni paragone con »i militanti odierni per l'interesse nazionale serbo« non è altro che una falsificazione storica.

Liberazione nazionale e sociale

I Giovani bosniaci erano, come è già stato detto, dei rivoluzionari. Alcuni di loro, come Gavrilo Princip e Vladimir Gaćinović, sono stati ispirati dalla letteratura anarchica, mentre altri sono stati socialisti (tenendo conto che i socialisti all'inizio del XX secolo erano rivoluzionari, a differenza di quelli dei nostri giorni). Loro vedevano enormi ingiustizie sociali ed erano nemici del vigente stato di cose nella società, anche se non avevano nozioni chiare su come combatterlo. Il lavoro nelle organizzazioni operaie era allora proprio agli albori come anche la creazione d'un legame fra le lotte contadine e operaie. In questo senso si potrebbe discutere se i metodi di lotta politica dei Giovani bosniaci fossero giusti, ma rimane fuor di dubbio che essi appartenevano ideologicamente ai movimenti di sinistra, ai movimenti rivoluzionari.

Secondo Veselin Masleša, comunista e marxista jugoslavo nonché eroe della Resistenza, i Giovani bosniaci discutevano fra di loro se fosse il caso di orientarsi al lavoro politico spicciolo, il che voleva dire scegliere nell'alternativa fra un lavoro politico di lungo termine per preparare la rivoluzione, istruire socialmente il popolo, creare le organizzazioni politiche ed altre per poter aspirare ad un cambiamento sociale, oppure, dall'altra parte, tentare un gesto come l'attentato, per arrivare in fretta ai cambiamenti politici e sociali. In questo senso l'attentato per loro rappresentava il mezzo per provocare grandi movimenti di massa e sconvolgimento sociale, e non era un mero assassinio politico.

In queste poche righe sulla natura del movimento dei Giovani bosniaci come organizzazione politica vogliamo mostrare che non si trattò d'un gruppo di »terroristi« radunati per ammazzare la gente, fra cui persino donne incinte (!), come oggi gli si imputa artatamente, bensì di un organizzazione rivoluzionaria che mancava d'una struttura ben ramificata e nel programma poteva soffrire di lacune ed imprecisioni ideologiche, ma aveva propri membri ai quali non mancava il coraggio, che pur partendo da posizioni ideali differenti e con differente grado di coscienza politica, erano uniti da un'unico pensiero – quello della liberazione nazionale e sociale dall'occupazione straniera.

Qualcuno potrebbe dire che guesti giovani non possedevano un chiaro programma politico e che adoperarono i metodi sbagliati nella lotta politica, ma non si possono contestare le loro idee; anche se non abbastanza chiare, quelle idee erano giuste, perché colui che lotta per la liberazione sociale e nazionale non può avere torto. Si possono discutere certe opinioni su come raggiungere lo scopo prefisso, ma nell'obiettivo storico esse sono incontestabili, se si prende il loro valore nei suoi tratti più salienti.

Infine, ma non meno importante: nessuno può contestare il sacrificio in prima persona di quei giovani, che avevano compiuto vent'anni appena (alcuni erano anche più giovani), che erano pronti a sacrificare ogni cosa, mentre avrebbero potuto fare una vita comoda - essendo istruiti abbastanza per i tempi che correvano - ottenendo i posti impiegatizi lautamente pagati. Una scelta simile risulta incomprensibile ai piccoli borghesi dei nostri tempi, che facilmente omettono questo dato di fatto. Probabilmente perché per loro stessi sarebbe inconcepibile poter compiere di un simile sacrificio.

(*) Goran Marković, dott.sc., insegnante all'Università di Sarajevo, Facoltà di Giurisprudenza

(Trad. Jasna Tkalec, rev. A.M.)


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http://www.wakeupnews.eu/sarajevo-100-anni-chi-fu-cosa-rappresenta-oggi-gavrilo-princip/

Sarajevo 100 anni dopo: chi fu e cosa rappresenta oggi Gavrilo Princip


A un secolo esatto dall'attentato di Sarajevo è ancora acceso il dibattito intorno alla figura di Gavrilo Princip, giovane che uccise Francesco Ferdinando


28/06/2014

Sarajevo, 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo sta visitando la città. C’è nervosismo, poche ore prima il nobile è sfuggito a un attentato dinamitardo e ora si sta recando all’ospedale della città per visitare i feriti. Durante il tragitto, all’altezza del ponte latino, la macchina incrocia un ragazzo di diciannove anni. Il giovane riconosce la vettura, si avvicina, estrae la pistola e spara due colpi, uccidendo l’arciduca e la moglie Sofia. Inizia così la storia di Gavrilo Princip e del casus belli della Prima Guerra Mondiale. Ma chi era veramente questo ragazzo di appena diciannove anni? Un eroe jugoslavo o un terrorista accecato dal nazionalismo?

UN NAZIONALISTA? – È corretto identificare Gavrilo Princip come un nazionalista? Nel procedimento che lo vide condannato per l’omicidio dell’arciduca lui stesso dichiarò apertamente la sua identità, affermando: «Sono un nazionalista jugoslavo, che punta all’unificazione di tutti gli jugoslavi». Lontano dal nazionalismo aggressivo che si paleserà in Italia e Germania negli anni venti e trenta, quello di Gavrilo è al contrario assimilabile a quel sentimento che ispirò i movimenti anti-coloniali del Novecento. È ciò che viene definito “nazionalismo non-aggressivo“, e che si basa fondamentalmente sul principio di autodeterminazione dei popoli. In questo senso, come sottolineato anche da Filip Balunovic, Princip era un nazionalista come lo era Simon Bolivar, il simbolo della lotta anti-coloniale in Sud America, e può a pieno titolo essere inquadrato come il simbolo del Risorgimento jugoslavo contro l’Austria.

EROE JUGOSLAVO – Come scritto recentemente da Muharem Bazdulj, è corretto affermare che la Jugoslavia, tanto il Regno del 1918 quanto la Repubblica Socialista nata nel 1945, nasce dall’eco di quel colpo di pistola, dallo sparo di Princip. Non è un caso che nel 1920 i resti di Gavrilo, precedentemente tenuti in luogo segreto dagli austro-ungarici, vennero riesumati e trasportati a Sarajevo, dove furono sepolti con cerimonia solenne. Durante il Regno di Jugoslavia Princip viene considerato come un patriota e a ridosso del ponte latino viene inaugurata una targa commemorativa in suo onore. Nella seconda Jugoslavia, quella socialista, Gavrilo è considerato narodni heroji – eroe del popolo. Alla sua figura è dedicato un museo, le sue impronte vengono incise nel punto preciso dal quale sparò, ed il ponte latino cambia nome, diventando principov most cioè il ponte di Princip. La sua abitazione nella sua città natale diviene un museo che attira visitatori da tutto il mondo.

IL REVISIONISMO POST-JUGOSLAVO – Il mito di Princip segue la Jugoslavia in tutto e per tutto, condividendone, anche se solo parzialmente, la triste fine. Con la disintegrazione dello Stato federale inizia una fase di forte revisionismo. Durante la guerra le orme di Gavrilo vengono nuovamente  rimosse e  la sua casa natale viene data alle fiamme dai paramilitari croati. E dire che nel 1970 Safet Isovic, uno dei più conosciuti musicisti bosniaci, musulmano, scrisse un brano su Princip, in cui lo definisce «un giovane eroe della Bosnia, fonte di orgoglio per i suoi connazionali» proseguendo nel finale con i versi «prigione dolorosa, preziosa libertà. A Princip rende onore il suo Paese, dove il Milajacka scorre, c’è ancora l’orma delle sue scarpe».

LA SOSTITUZIONE DELLA TARGA – Il particolare significato simbolico della storia di Princip è racchiuso nel destino della targa commemorativa di quel particolare giorno. Nella versione apposta dal governo jugoslavo vi era scritto: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparando ha espresso la protesta popolare contro la tirannia e l’aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà». La targa  è posta quindi a ricordo della volontà di un popolo, quello jugoslavo, di liberarsi dall’occupante. La quantità di significati che racchiude è dimostrata dalla rapidità con cui i nazisti la rimossero una volta entrati a Sarajevo nel 1941. Dopo la guerra dei primi anni novanta, e la nascita della Bosnia indipendente, la targa venne cambiata. La nuova incisione recita: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l’erede al trono Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia». Com’è evidente, il significato di liberazione viene meno, ciò che rimane è solo il ricordo di un omicidio.

COSA RAPPRESENTA GAVRILO PRINCIP OGGI? – Si può affermare con sicurezza che attualmente a Sarajevo, così come in Bosnia, esistano due Gavrilo Princip. Nella parte a maggioranza musulmana è in programma per oggi un concerto dell’orchestra filarmonica di Vienna, che si esibirà sulle note di “Dio salvi l’Imperatore” di Joseph Haydn. Non è raro da quelle parti sentire oggi discorsi che rimpiangono la tolleranza ed il carattere multi-culturale dell’Impero Asburgico, così come è probabile sentir parlare di Gavrilo come di un terroristaaccecato dall’ultra-nazionalismo serbo, responsabile unico dello scoppio della prima guerra mondiale. Di tutt’altro sapore questo anniversario viene sentito nella parte serba della città, nella quale ieri è stata inaugurata una statua in onore di Princip, ricordato come un eroe nazionale che ha sacrificato se stesso per l’unificazione dei serbi. Terrorista e martire, due immagini opposte che in questa storia sono racchiuse nella stessa figura. Quella di un eroe del popolo jugoslavo.

Carlo Perigli

@c_perigli






Julski praznici 

1) 4. Jul, Dan Borca. SRP: Domovinski rat nije bio nastavak antifašističke borbe
2) Srbija: Vratite 7. Jul !


Isto procitaj na: http://www.subnor.org.rs

АНТИФАШИЗАМ  И  СЛОБОДAРСТВО ЗА  СВА  ВРЕМЕНА

u Kragujevcu: ЦРВЕНИ  ГРАД  НЕ  ЗАБОРАВЉА
http://www.subnor.org.rs/kragujevac-14789

СВЕЧАНО И СКРОМНО, СА НАРОДОМ
http://www.subnor.org.rs/julski-praznici



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SRP: Domovinski rat nije bio nastavak antifašističke borbe

"Prošle su 73 godine od kada je politbiro Komunističke partije Jugoslavije pod predsjedavanjem Josipa Broza Tita u Beogradu donio povijesnu odluku o pokretanju općenarodnog ustanka protiv okupatora i njihovih domaćih slugu. Bio je to najznačajniji događaj i kruna ukupnih aktivnosti, koje je partija provodila nakon okupacije zemlje, od strane sila Trećeg Reicha. A posebnu povijesnu dimenziju daje mu činjenica u vidu jedinstvenog modela pružanja otpora na okupiranim teritorijima
Evocirajući uspomenu na taj događaj, mi ne umanjujemo nijednu aktivnost, koja je doprinosila zajedničkom cilju, oslobođenju zemlje.
Međutim, da nije bilo ovog događaja i spomenute odluke, sasvim je izvjesno da bi tok oslobodilačke borbe i otpor neprijatelju bio potpuno drugačiji.
Vrlo je vjerojatno da bi se ona vodila neorganizirano, nekoordinirano i razjedinjeno po pojedinim dijelovima zemlje, poput otpora razjedinjenih indijanskih plemena. Teško je zamisliti da bi u takvim uvjetima bila izvediva i socijalistička revolucija, a izostala bi i vlastita pobjeda te bi sloboda bila donesena na bajunetima tuđih vojski. Stoga je ovaj događaj prirodno značajan i svim autentičnim ljevičarima i antifašistima.
Revizija povijesti i restauracija retrogradnih poraženih ideja koja traje od secesije 90-ih, može samo na određeno vrijeme odložiti rezultate, povijesne poruke i društvene vrijednosti proizišle iz događaja koje slavimo, ali ih ne može izbrisati, ni zaustaviti njihovo povijesno poslanje.
Zato u jeku klero-fašističke regeneracije na širem prostoru, raduje svaka pojava koja odudara od tog trenda.
S time u vezi treba istaknuti hvale vrijednu odluku slovenske vlade iz 2011. godine, koja je povodom 100. godišnjice rođenja španjolskog borca, partizanskog generala i narodnog heroja Jugoslavije Franca Rozmana-Staneta, emitirala prigodnu kovanicu od dva eura s likom heroja Rozmana i stiliziranom petokrakom zvijezdom, 'kao simbolom pokreta, kojemu je komandant Rozman pripadao', kako stoji u obrazloženju, koje je tom prilikom objavljeno.
Istovremeno s indignacijom odbijamo svaki pokušaj usporedbe i povezivanja Narodno oslobodilačke i antifašističke borbe s kontrarevolucijom provedenom 90-ih godina prošlog stoljeća, u vidu međuetničkog i konfesionalnog oružanog sukoba. Pa s time i vrlo česte izjave predstavnika hrvatskog establišmenta na svim nivoima i u svim prilikama, kako je 'Domovinski rat bio nastavak antifašističke borbe'. Pri tome dotična gospoda tu tvrdnju ne potkrjepljuju nijednim argumentom iz jednostavnog razloga što argumenata za to naprosto nema. Oružani sukob iz 90-ih je bio sušta suprotnost i negacija antifašističke borbe. Njime su ukinuta sva dostignuća antifašističke borbe i poslijeratne izgradnje društva, u tom sukobu nije zapijevana nijedna antifašistička pjesma, ali jesu ustaške; u tom sukobu nije istaknut nijedan antifašistički simbol, ali jesu ustaški i u tome je sukobu i nakon njega uništeno između 3000 i 4000 spomen-obilježja koja su podsjećala upravo na antifašističku borbu, što znači da je izostala svaka poveznica između ta dva događaja", stoji u priopćenju Socijalističke radničke partije, koje potpisuje predsjednik SRP-a Vladimir Kapuralin.


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L'appello del SUBNOR (equivalente dell'ANPI in Serbia) per il ripristino della festività del 7 Luglio, Giorno dell'insurrezione contro il nazifascismo: 


Захтев властима
Објављено 24. јануар 2013. | Од СУБНОР

ВРАТИТЕ СЕДМИ ЈУЛ!

На седници Председништва Републичког одбора СУБНОР Србије, одржаној 23. јануара 2012. године, закључено је да се Републичком одбору на усвајање упути предлог Влади Републике Србије поново поднесе Предлог за измену и допуну Закона о државним празницима.

1. Републички одбор СУБНОР-а Србије, у име око 100.000 својих чланова и антифашистичи опредељених грађана Србије, предлаже да се 7. јул 1941. године као дан почетка устанка народа Србије, законом утврди као државни празник у Републици Србији који се радно обележава, и у том смислу очекује да Влада упути у примереном року овај предлог Закона  Народној Скупштини на усвајање.

Ранији Предлог СУБНОР-а Србије био  је достављен тадашњој Влади Републике Србије септембра 2011. године, али није било реаговања.

2. Републички одбор СУБНОР-а Србије предлаже Влади Републике Србије да се 4. децембар 1943.године – дан Пријепољске битке, од ове године уврсти у Владин програм годишњица које се обележавају.

Погинуло је, како је досад утврђено, 520 бораца 1.шумадијске,  2.пролетерске, 2.далматинске, 3.санџачке, 4. и 10.крајишке бригаде и бораца Пријепољског и Пљеваљског одреда, борећи се храбро против немачких снага, четничких јединица Драже Михаиловића и Муслиманске милиције.

Републички одбор је усвојио ове захтеве и предлог је упућен Влади Републике Србије са жељом да буду усвојени у најскоријем времену.



ДАН УСТАНКА СРБИЈЕ


Седми јул, као Дан устанка народа Србије, мора да буде уврштен у Закон о джавним празницима.

Овај предлог је упућен председнику Владе Ивици Дачић после седнице Републичког одбора СУБНОР-а Србије, а писмо са образложењем послао је председник проф. др Миодраг Зечевић.

Портал СУБНОР-а објављује у целости тај текст.

„Поштовани господине председниче, у Закону о државним празницима 7.јули дан почетка четворогодишње Антифашистичке народноослободилачке борбе народа Србије 1941-1945. против окупатора и домаћих квислинга није уврштен у државни празник.

Републички одбор СУБНОР-а Србије у име својих чланова и антифашистичи опредељених грађана Србије захтева и предлаже да се 7. јули  дан почетка устанка  Законом утврди као држави празник у Републици Србији и у том смислу очекује да Влада упути такав прeдлог Закона Скупштини на усвајање.

Предложени Закон требало би усвојити  до овог датума, што би био и доказ да Србија припада европској заједници народа чије антифашистичко определење није спорно, која је иначе усвојила 9.мај као општи празник победе над фашизмом.

У прилог  нашем предлогу указујемо на неке битне чињенице.

1.Седми јули је избрисан из Закона о државним празницима, мада је он

један од најзначајнијих датума у борби против окупатора савремене историје Србије. Изостављање овог Дана омаловажена је и непризнавана борба  народа Србије противу најокрутнијег  непријатеља човечанства XX века  у лицу Хитлерове Немачке, Мусолинијеве Италије, Хортијеве Мађарске и Борисове Бугарске и домаћих квислинга и колаборације у њиховој служби. Мислимо да не постоји ни један иоле озбиљан разлог за овакав поступак законодавца.  Сматрамо да је ово политички обрачун са антифашизмом и антифашистичком борбом народа Србије у функцији рехабилитације фашистичке прошлости, српског квислинштва и колаборације са фашистичким окупатором.

У  Србији  нема ни једне општине, ни једног места, у коме се не обележава 7.јули и тог дана полажу венци палим борцима за слободу, у коме се не одаје пошта убијеним цивилима, старцима, деци и женама, које је фашистички окупатор и домаћи квислинзи лишили живота, само зато што припадају том народу, што су се борили за слободу и што им нису били наклоњени. Из којих разлога законодавац не поштује вољу народа, заборавља на његову вековну борбу за слободу, и игнорише надчовечанску борбу народа Србије у периоду 1941-1945.године. Зашто се нарушава континуитет непокоравању окупатору изражену још од времена  Карађорђа и Милоша, херојства српских војника на Церу и Колубари, одбрани Београда, Албанској голготи и отпору агресији 1999.године.

Седмом јулу треба вратити место које му припада у историји Србије, јер је то један од најзначајнијих датума  у херојској борби за слободу коју су водили народи  Србије. То је дан почетка трећег Устанка народа Србије у последња два века против окупатора.

2. Организатор устанка против фашистичког окупатора и домаћег квислинштва и колаборације у Србији и Југославији била је, што је неспорно, Комунистичка партија Југославије. Тај устанак противу фашистичког окупатора и квислинштва и колаборације је ослободилачка борба  окупираног народа за слободу а не идеолошка борба за власт једне партије како је данас потомци и поштоваоци српске колаборације и квислиништва представљају.

У Београду је 4.јула Политбиро ЦК КПЈ донео Одлуку о дизању устанка и позвао народе Југославије на оружану борбу противу фашистичких окупатора и домаћих квислинга. Рађевска партизанска чета Ваљевског народноослободилачког партизанског одреда у међусобном сукобу ликвидирала је  квислиншку жандармеријску патролу која је дошла да растера народни збор и успостави окупаторски ред и мир у Белој Цркви 7.јула. Тај дан је узет за дан почетка устанка народа Србије против фашистичких окупатора и српског квислинштва и колаборације у служби окупатора.

3. Главни штаб НОПОЈ у свом Упутству од 10.августа 1941.г, указао је на карактер устанка и народноослободилачке борбе утврдивши задатке народоослободилачких партизанских одреда, на које указујемо:

- Највећи наш непријатељ је фашизам и његови трабанти. Против њих се треба борити до њиховог потпуног уништења;

- Партизански одреди нису војска ни једне партије укључујући ту и Комунустичку, већ борбени одреди народа у којима има места за све патриоте који желе да се боре против окупатора;

- Главни циљ НОПО је ослобођење земље од окупатора и домаћих издајника, помагача тог фашистичког освајача;

- Народноослободилачки партизански одреди поред оружаних активности имају и друге многобројне задатке као што су рушење пруга, мостова, фабрика, складишта оружја и других објеката који служе окупатору. Одреди морају спречавати пљачку сељака и онемогућити окупатора да убира порезе и друге дажбине.

4. Ни једна  политичка партија, изузев КПЈ пре и касније 7. јула, покрет, нити орган  није се у Србији појавио, нити организовао отпор фашистичком окупатору. Грубе су неистине да се тај узвишени национални догађај припише неком другом укључујући и четнички покрет Драже Михаиловића. Истине ради треба рећи да је пук. Дража Михаиловић у повлачењу из Словеније стигао на Равну гору половином маја 1941. године са групом од 26 официра, подофицира, војника и жандарма. Историјска је истина да су се његови тзв. четнички одреди,  појавили тек после образовања партизанских одреда, односно у току лета 1941. године и да Равногорски покрет никада није у току рата позвао народ на устанак и оружану борбу против окупатора и домаћих квислинга. Њихова девиза је била да „још није време“ и да „устанка се треба бојати као живе ватре“.  

У складу са определењем да у борбу против окупатора треба укључити све постојеће националне снаге, представници Ваљевског НОП одреда у јулу месецу 1941. године водили су преговоре са представницима  Врховне четничке  команде са Равне горе о заједничкој борби који нису са успехом завршени. Осмог септембра 1941.г, уследили су нови разговори делегата Главог штаба НОПО Србије са представницима Врховне команде са Равне горе. Дража Михаиловић је категорички одбио предлог о заједничкој борби против окупатора, прихвативши само међусобну толеранцију са партизанским одредима.

У селу Струганику 20.септембра одржан је састанак измђу Тита и команданта четничких одреда Драже Михаиловића. И овога пута Дража је одбацио Титов предлог о заједничкој борби против окупатора под изговором да још није време за борбу и устанак, мада су у то време неки  четнички одреди без сагласности Врховне команде у сливу западне Мораве водили заједничку борбу са партизанским јединицама против окупатора.

У међувремену је образован Врховни штаб НОПОЈ у јесен  1941. године на саветовању у Столицама. Врховни командант Јосип Броз Тито упутио је Дражи Михаиловићу предлог о образовању заједничке команде и вођење заједничких операција против окупатора. Дошло је и до састанка 27.октобра у селу Брајићима код Горњег Милановца. Михаиловић је одбио оба предлога Јосипа Броза Тита.

5. Велика територија западне Србије и Шумадије 1941.г, била је слободна. Ужице је постало центар слободне територије па је с правом та велика слободна територија названа Ужичка Република. Предузета је немачка офанзива великих размера и жестоке борбе са партизанским снагама вођене су широм Србије. Крајем октобра  четничке јединице под командом Драже Михаиловића извршиле су велики број напада на  партизанске одреде и ослобођена места. У Пожеги је убијен командант 1.шумадијског НОП одреда и члан Главог штаба паризанских одреда Србије Милан Благојевић, а 1. и 2.новембра четнички одреди напали су Ужице.  Ужички  и други партизански одреди одбиле су овај напад, прешле у гоњење и опколиле Равну гору. Под утицајем Југословенске Избегличке владе ове борбе су обустављене и тако спашена ликвидација четничке Врховне команде.

Надмоћност снага окупатора и домаћих квислинга уз директно учешће четника Драже Михаиловића довела је до повлачења дела  партизанских јединица са територије Србије у Босну. Убрзо је у Рудом 21.12. 1941, формирана је 1. пролетерска бригада са шест батаљона од којих су четири била из централне Србије, а два из Црне Горе.

6. О учешћу четничких јединица у великој офанзиви окупаторских снага на слободну територију Србије.  Указујемо само на два значајна догађаја:

- У време заједничких борби у западној Србији и Шумадији, Дража Михаиловић 29.08. 1941.г. (дан када је ген. Милан Недић постао председник квислиншке владе) упућује Недићу у Београд делегацију са мајором Мишићем ради договора о заједничкој борби против партизана. После преговора који су трајали неколико дана, закључен је намеравани споразум.

- У току највећих борби за одбрану слободне територије Дража Михаиловић, 11.новембра 1941. предводи своју делегацију на преговорима са представницима немачког Вермахта у селу Дивцима, недалеко од Ваљева. Основни захтев ове Дражине делегације био је тражење оружја и муниције ради обрачуна са НОПО у Србији, уз посебу изјаву да није била намера четничких јединица да се боре против окупатора и да су то чинили без његове сагласности поједини неодговорни његови команданти. Том приликом Дража Михаиловић  немачкој делегацији даје обећање које гласи: „Нећемо се борити против Немаца, па ни онда ако нам ова борба буде наметнута“. Овог обећања из 1941. године Драгољуб-Дража Михаиловић са својим четничким снагама држао се до краја Другог светског рата.

Изложени разлози недвосмислено упућују на два закључка:

1. Борбу против окупатора у Србији отпочели су партизански одреди под руководством Комунистичке партије Југославије и водили је сами све четири године и ослободили окупирану Србију уз огромне жртве.

2. За почетак Устанка узет је догађај у Белој Цркви који се догодио 7. јула 1941. године, сукоб са квислиншком жандармеријом упућена да казни устанике и очува окупациони ред и мир у овом месту.

Из свих изнетих разлога, овај један од највећих историјских датума не може се заобићи као државни празник у низу других познатих великих датума из историје народа Србије.

О свим наведеним чињеницама у  домаћим и страним архивима постоје непобитна документа“ – стоји у писму које је председнику Владе Републике Србије Ивици Дачићу упутио председник СУБНОР-а Србије проф. др Миодраг Зечевић поводом захтева Репуличког одбора да се 7.јул уврсти у државне празнике у нашој земљи.