Informazione



*** Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce alla iniziativa coordinata dalla ONLUS Non Bombe Ma Solo Caramelle vale a dire che: 

la nostra rete di piccole associazioni unisca le proprie forze e intervenga con alcuni progetti mirati in aree rurali nella ricostruzione di spazi pubblici devastati, quali scuole o ambulatori pubblici.

Siamo ben coscienti che non potremo fare grandissime cose, ma il metodo che noi utilizziamo nelle nostre ricostruzioni è tale che ci permette di massimizzare il risultato ottenuto rispetto allo sforzo effettuato, visto che saltiamo qualunque intermediazione.
Proponiamo che siano i nostri tradizionali referenti nei Balcani a fornirci le indicazioni dei progetti che potremo realizzare, >> 

progetti tra i quali sceglieremo in base all'ammontare dei fondi raccolti e privilegiando quelle aree di destinazione (non necessariamente della Rep. di Serbia, ma ad es. anche della Bosnia-Erzegovina) che meno stanno beneficiando degli interventi "istituzionali" già in corso.

Il conto corrente di riferimento per ricevere i contributi è quello di Non Bombe ma Solo Caramelle ONLUS:
IBAN:  IT18E0892802202010000021816
Suggeriamo di indicare nel versamento la seguente causale:
Erogazione liberale per emergenza alluvione (seguito dal nome e cognome).
Raccomandiamo di conservare copia cartacea del bonifico effettuato perchè questi versamenti sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi.

Oltre a NBMSC e CNJ hanno già aderito anche le associazioni "ABC Solidarietà e Pace" di Roma e "Zastava" di Brescia.


*** A chi volesse effettuare, in subordine, versamenti per le azioni di emergenza immediate, data la grande confusione che si è creata con la diffusione di coordinate bancarie non verificate o addirittura false, raccomandiamo di utilizzare solamente i riferimenti bancari "garantiti" dei soggetti istituzionali, quali in particolare:

1) Croce Rossa della Serbia
RED CROSS SERBIA / CRVENI KRST SRBIJE
(Address: Simina 19 - Belgrade, Republic of Serbia)
Bank account ℅ KOMERCIJALNA BANKA AD BEOGRAD
(Address: Svetog Save 14 - 11000 Belgrade, Republic of Serbia)
IBAN: RS35205007080003980905
SWIFT – BIC: KOBBRSBG
Per altri dettagli / More details: http://www.redcross.org.rs/arhiva_Донације_2441

2) Riferimenti indicati nella comunicazione odierna della Ambasciata della rep. di Serbia a Roma -
vedasi l'immagine qui riportata ed anche: http://roma.mfa.gov.rs/news.php
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*** E' INCOMINCIATA ANCHE LA RACCOLTA PER LE SPEDIZIONI IMMEDIATE DI MATERIALI E VIVERI !

CHE COSA:

URGENTNE POTREBE UGROŽENOG STANOVNIŠTVA
HRANA
- konzerve – mesne prerađevine, riba,
- dječija hrana
- tjestenina
- so
- šećer
- riža
- grah
- ulje
- voda
HIGIJENA
- sredstva za dezinfekciju
- zaštitne maske
- higijenske rukavice
- radne rukavice
- sapuni
- deterđent za veš
- kaladont
- dječija higijena
- higijena za žene
OPREMA ZA SMEJŠTAJ UGROŽENIH
- poljski kreveti
- dušeci
- ćebad
- spužve
- posteljina – komplet
- sanitarni čvor
- odjeća i obuća
- šatori
- poljske kuhinje
- vreće za spavanje
- prostirke
OSTALE POTREBE
- lopate
- metle
- četke
- pumpe za izbacivanje vode
- isušivači prostorija
- pribor za dezifekciju
- boje za zidove
- pribor za bojanje
- drva - briketi
- sjemena
- peći za loženje
- grijalice
- plinski rešo – komplet sa bocom

CIBO
- Lattine - Prodotti a base di carne, pesce,
- Alimenti per bambini
- Pasta
- Sale
- Zucchero
- Riso
- Fagioli
- Olio
- Acqua
IGIENE
- Disinfettanti
- Maschere di protezione
- Guanti igienici
- Guanti di lavoro
- Saponi
- Detergente per il lavaggio
- Dentifricio
- L'igiene dei bambini: pannolini
- Igiene per le donne: assorbenti
ATTREZZATURE PER SISTEMAZIONE DEGLI SFOLLATI
- Brandina Pieghevole con Materassino
- Materassi
- Coperte
- Spugne
- Biancheria da letto - Kit
- Toilette
- Abbigliamento e calzature
- Tende
- Fornelli da campeggio
- Sacchi a pelo
- Tappeti
- Forno per la cottura
- Riscaldatori
- Piastra al gas - completa di bottiglia
ALTRE ESIGENZE
- Pale
- Scope
- Pennelli
- Pompe d'acqua
- Unità essiccatoi
- acessori per disinfezione
- Colori per pareti
- Accessori per la pittura
- Legno 
- Semi
BAMBINI
- giochi
- pennarelli
- matite colorate
- album da colorare

IMPORTANTE / VAZNO:
prima di consegnare indicare sui pacchi
- CONTENUTO
- NOME, COGNOME, ev. indirizzo/tel
- "AIUTO-ALLUVIONE / POMOC-POPLAVA" 
Svav roba mora biti popisana na spisku i potpisano ko salje pomoc (samo ime i prezime i ako se zeli neka poruka)


-> GENOVA + LIGURIA-LOMBARDIA-VENETO

ORGANIZZA: cfr. https://www.facebook.com/helpforserbia

DESTINAZIONE: Rep. di Serbia

PUNTI DI RACCOLTA: 
<< GENOVA, MILANO, BRESCIA, VERONA, VICENZA, PADOVA: Sabato, 24. 05 . parte l'autobus "Lasta" con la roba raccolta per l'aiuto, il contatto del responsabile Lasta per l'Italia 3470476457 e 3287788126. GRAZIE MILLE INFINITE!!!
Genova 20:00
Milano 21:25 milano lampugnano 
Brescia 23:00 via solferino autostazione 
Verona 00:50 autostazione internazionale 
Vicenza 02:00 autostazione viale milano
Padova 02:30 stazione centrale 

Per tutti coloro che vogliono mandare dei vestiti cibo in scatola lunga durata come aiuto per gli alluvionati in serbia, 
sabato 24 maggio in piazza della vittoria genova parte il pullman Lasta prima delle ore 20:00 come rappresentate sul territorio vi chiedo un aiuto ... fate girare 
Ko hoce da pomogne u subotu 24 maggio krece autobus Lasta Italia pre 20:00 ko predstavnik na teritorijum Lasta italije trazimo pomoc za Srbiju …. hranu dugo trajanje (pasta, paradais u konzervu pirinac … ) garderoba ... >>


-> MILANO + LOMBARDIA

ORGANIZZA: Chiesa Ortodossa Serba e Consolato Rep. di Serbia

DESTINAZIONE: Obrenovac (Rep. di Serbia)

PUNTI DI RACCOLTA: 

1) VIMERCATE ℅ magazzino di Jovan Jovanovic
Sara e Jovan Jovanovic - Via Villasanta 15b - Vimercate (MB)
tel. +39 348 2234185 (Sara)
tutti i giorni feriali ore 8.30-12.30/14-18

2) BAGGIO
Dragana Jankovic e Antonio Furlan 
tel. +39 328 138908 (Dragana)

3) PERO - RHO
Nikola +39 392 4937484

EVENTI:

1) FACEBOOK
https://www.facebook.com/poplave.srbija.milano

2) THE MASK CLUB
Venerdì 23/5/2014 alle ore 20.00
The Mask Club - P.le Cantore 3, Milano
… aperitivo and party with our music for fundraising …
https://www.facebook.com/events/627519790673424/


-> NORD-EST (TRIESTE-UDINE-VICENZA-SCHIO…)

Cfr. http://www.svetionik.it/aktuelno/316-lokacije-prikupljanja-pomoci-samo-nicu


-> TORINO

ORGANIZZA: Collettivo Azione Pace onlus con il Circolo CH4, comunità dei cittadini della Ex Jugoslavia presenti in Italia insieme a privati di buona volontà 

DESTINAZIONE: Croce Rossa bosniaca

PUNTI DI RACCOLTA: Circolo CH4 (ingresso da via Passo Buole 29) di Torino sabato dalle 10 alle 18
od 10-18h u Via Passobuole, 29 circolo Italgas, kontakt Ivana Juricic


-> COLLEGNO (TORINO)

ORGANIZZA: ARCI VAL SUSA 

PUNTI DI RACCOLTA: Villa 5 via Torino, 9/6 (viale Tom Benetollo), COLLEGNO
Tutti i giorni, dal lunedì a al venerdì dalle h 9 alle h 13. Il pomeriggio dalle 14.30 alle 18.30 ma è consigliabile telefonare prima allo 011.4112498. 
La raccolta si chiuderà inderogabilmente VENERDI SERA 23 MAGGIO 2014.

DONAZIONI IN DENARO versate nell'apposita cassettina a VILLA 5 saranno personalmente consegnate al prof. Danilo Capasso, console onorario d'Italia a Banja Luka (BIH).


(a cura del 
Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS - https://www.cnj.it)





Da: Kappa Vu sas <kappavu.ud @ gmail.com>
Oggetto: Presentazioni questa settimana
Data: 19 maggio 2014 16:23:26 GMT+01:00


Ciao a tutti,
segnaliamo per questa settimana due appuntamenti riguardanti una delle ultime uscite della Kappa Vu, il volume di Federico Tenca Montini 




"FENOMENOLOGIA DI UN MARTIROLOGIO MEDIATICO, Le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi"




Il libro sarà infatti presentato in due occasioni nei prossimi giorni:



mercoledì 21 maggio, ore 18.00
presso l'Archivio Regionale di Capodistria (Kapodistriasov trg / Piazza Kapodistrias 1). 
Oltre all'autore interverranno i prof. Jože Pirjevec, Stefano Lusa e Borut Klabjan. 
L'incontro verrà coordinato da Gorazd Bajc. 
La presentazione si svolgerà in lingua italiana. (*)



venerdì 23 maggio, ore 18.00
presso la splendida cornice del 
Caffé San Marco di Trieste in via Cesare Battisti 18. 
Con il coordinamento di Gorazd Bajc.


--- (*) ---

Spoštovani,

 

Zgodovinsko društvo za južno Primorsko, Koper in Pokrajinski arhiv Koper Vas vljudno vabita na predstavitev knjige, ki jo je napisal Federico Tenca Montini: Fenomenologia di un martirologio mediatico (Kappa Vu, Udine 2014), ki bo v sredo, 21. maja, ob 18.00 uri, v prostorih Pokrajinskega arhiva Koper (Kapodistriasov trg / Piazza Kapodistrias 1).

 

Poleg avtorja bodo sodelovali prof. Jože PirjevecStefano Lusa in Borut Klabjan. Dogodek bo moderiral Gorazd Bajc. Predstavitev bo potekala v italijanščini.

 

Vabilo je v priponki.

 

Delo analizira politično in medijsko rabo tematike “fojb” od začetka devetdestih let do danes.

 

 

 

***

 

Spettabili,

 

la Società storica del Litorale – Capodistria e l'Archivio Regionale di Capodistria sono lieti di invitarLa alla presentazione del libro di Federico Tenca Montini: Fenomenologia di un martirologio mediatico (Kappa Vu, Udine 2014), che si terrà mercoledì 21 maggio, alle ore 18.00 presso l'Archivio Regionale di Capodistria (Kapodistriasov trg / Piazza Kapodistrias 1).

 

Oltre all'autore interverranno il prof. Jože Pirjevec, Stefano Lusa e Borut Klabjan. L'incontro verrà coordinato da Gorazd Bajc. La presentazione si svolgerà in lingua italiana.

 

Alleghiamo l'invito.

 

Il volume analizza l'uso politico e mediatico del tema della “foibe” dagli anni Novanta a oggi. 

---

srijedu, 21. svibnja 2014. s početkom u 18 sati u prostorijama Pokrajinskog arhiva u Kopru (Kapodistriasov trg / Piazza Kapodistrias 1) bit će predstavljena knjiga Federica Tenca Montinija “Fenomenologia di un martirologio mediatico”. Riječ je o djelu u kojem autor problematizira korištenje tematike “fojbi” u politici i medijima od devedesetih godina prošlog stoljeća do danas.

Knjigu će predstaviti prof. Jože Pirjevec, Stefano Lusa, Borut Klabjan i sam autor uz Gorazda Bajca kao moderatora. Predstavljanje će se odvijati na talijanskom jeziku.




http://www.wsws.org/en/articles/2014/05/19/germ-m19.html

German army conducts biggest military exercises since Cold War


By Sven Heymann 
19 May 2014


Since last Monday, the German army has been conducting its largest military exercises since the 1980s. The entire orientation of the exercise makes clear that, amid the escalating tensions with Russia due to the crisis in Ukraine, the German army and its Western allies are once again preparing for a major war with Russia.

The operation, named “Jawtex” (Joint Air Warfare Tactical Exercise), has been planned for three years. Around 4,500 soldiers are involved from a total of 12 countries, including Germany, France, the US, Italy, Slovenia, Greece, Turkey, the Netherlands, and the non-NATO states Austria, Switzerland and Finland.

According to German army sources, it is not officially a NATO operation. However, other countries are involved—leaving no doubt that the cooperation is to be expanded and deepened within NATO, under the leadership of the German army. Finland’s involvement was particularly significant, since it is a state that is a non-NATO member with a 1,300-kilometre (808-mile) border with Russia.

Through the end of this week, practically the entire spectrum of tasks for “air combat forces” will be tested, according to the German army. The exercise is not confined to the air force, however. Jawtex was a “joined combined exercise,” involving the entire German army, Chief Lieutenant Gero Finke told Deutschlandfunk. The “collaboration between the air force, army and navy” is also to be tested.

According to German army sources, they will practice “overlapping combat scenarios between the air force, navy and ground units.” Another aim is to practice “comprehensive armed forces firing support.”

The sheer scale of the exercise confirms that the German army and its Western allies are already preparing for an open and major war, rather than the so-called special forces interventions in distant crisis regions of recent years.

Jawtex is “practically being conducted across Germany’s entire northern and northeastern territory,” the German army reported on its web site. Close to 100 planes and helicopters are involved, with around 150 takeoffs and landings daily. The exercise is being led by Brigadier General Burkhard Pototzky from the Holzdorf air base in Brandenburg.

It is not only the extent of the exercise that proves the German army is readying itself for war, however. The individual operations make clear the type of plans that are being pursued. An air landing operation with 900 soldiers is to be tested involving units of paratroopers, army aviation, and artillery.

The German army wrote on its web site about a long-range reconnaissance company that is participating: “Their task is the exposure of the enemy in the operating zone deep in enemy territory. They cannot make any mistake in the process. Once they are identified by the enemy, their mission is condemned to failure.”

In air space over northern Germany, the air force is taking over several flight corridors for days. Part of the exercise includes plans for flying at low altitudes of 70 metres (230 feet).

In Jagel, Schleswig-Holstein, the air force is practicing bombing missions. “For two weeks, pilots have to try to navigate through a cordon of radars and ground-to-air defence,” the NDR radio network wrote. Colonel Hans-Jürgen Knittlmeier commented, “It is practicing how to sneak in, how the opposing air defences can be overcome without suffering any losses.”

Such statements make the purpose of the Jawtex exercise clear. It is part of the transformation of German foreign policy, which is turning east again for a third time following two world wars in the previous century. Following the organisation of a coup in Ukraine by Germany, the US and its allies, preparations are underway for a military confrontation with Russia.

An interview with former German chancellor Helmut Schmidt in Friday’s edition of the Bild newspaper reflects the seriousness of the political crisis.

The 95-year-old warned that, as in 1914, Europe was standing on the edge of the abyss. “The situation seems to me to be increasingly comparable.” Though Schmidt said he did not want “to speak too soon about a third world war,” he said that “the danger that the situation could escalate as in August 1914 is growing daily.”



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http://www.wsws.org/en/articles/2014/05/10/germ-m10.html

How the revival of German militarism was prepared


By Johannes Stern 
10 May 2014


The German government’s aggressive action in Ukraine and the massive propaganda campaign accompanying it have surprised many. German politicians and opinion makers have almost unanimously backed the fascist-led coup in Ukraine. They seek to outdo each other with demands for tougher measures against Moscow and denounce the German people, the majority of whom are clearly opposed to the war propaganda.

What shocked many was carefully prepared. For more than a year, 50 leading politicians, journalists, academics and military and business figures discussed a more aggressive German foreign policy in a project under the auspices of the government-aligned Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP, German Institute for International and Security Affairs) and the Washington-based think tank German Marshall Fund (GMF).

At the conclusion of the consultations last autumn, a paper was published entitled “New power, new responsibility: Elements of a German foreign and security policy for a changing world.” It provides a blueprint for the policies that are now being implemented in practice in the form of sanctions against Russia and the rearming of NATO. With the document, the German bourgeoisie is returning to militarist, great power politics following two world wars and horrific crimes.

From the start, the SWP paper makes clear that Germany has to “lead more often and more decisively in the future” to pursue its global interests. The document states: “German security policy can no longer be conceived otherwise than globally. That said, Germany’s history, its location, and scarce resources are reasons to be judicious about its specific strategic objectives.”

The paper leaves no doubt about what the ruling class understands as “judicious.” As a “trading and export nation,” Germany “benefits from globalisation like few other countries” and relies on “demand from other markets, as well as on access to international trade routes and raw materials.” Therefore, the “overriding strategic goal” has to be “the preservation, protection and adaptation of the liberal world order.”

The openness with which the document asserts German spheres of influence and calls for these to be secured militarily is remarkable. “A pragmatic German security policy, particularly concerning costly and longer-term military deployments” must “concentrate primarily on the increasingly unstable European vicinity from Northern Africa and the Middle East to Central Asia,” the paper declares.

As “instruments of German security policy,” the document speaks of “a combination of civilian, police and military forces.” Military interventions should “range from humanitarian aid to military advice, support, reconnaissance, and stabilisation operations, all the way to combat operations.”

The call for Germany to assume a “leading role” runs like a thread through the paper, and is explicitly linked to military operations within the framework of NATO. The military alliance, with its “standing political and military structures, a broad range of instruments and capabilities for collective defence” is said to be “a unique amplifier of German security policy interests.”

The document continues: “Germany must use its increased influence to contribute to shaping the future orientation of NATO. It has an interest in the continued existence of a strong and effective NATO, because the alliance is a proven framework for political consultation and military cooperation with the US.”

But, ultimately, “more contributions” at the “military-operational level” are required. Europe and Germany have to adjust to this and “develop formats for NATO operations that rely less on US contributions.” The paper adds, “This requires greater investment in military capabilities and more political leadership.”

A key component of the project is how to impose the transformation of foreign policy in the face of widespread popular opposition. The paper complains of a “sceptical public,” which calls “the future direction” into question.

In a section headed “The domestic dimension of German foreign policy,” the paper warns that “a more prominent German role on the global stage” could “exacerbate issues of legitimacy at home.” It therefore bluntly calls for “policymakers and experts” to address the “public’s lack of understanding of foreign policy.” Policymakers must “learn to communicate their foreign policy goals and concerns more effectively to convince Germany’s own citizens, as well as international public opinion.”

The extent of the conspiracy

The way the document came about is just as important as its content. For almost a year, major figures from politics, the media, business, the universities, ministries, NGOs and foreign policy think tanks discussed among themselves to arrive at a common position.

An article that appeared on Zeit Online in early February described this process in detail. Under the revealing title “A Global Course,” Zeit editors Joachim Bittner and Matthias Nass indicated how the return to German great power politics was prepared.

They wrote: “This new foreign policy alliance is no accident. The change in course has a pre-history, a pre-history that can be reconstructed. It stretches back as far as November 2012, and it took place in different locations—Bellevue Castle, the official residence of the German president, in the Foreign Office at the Werderian Market, and under the auspices of the Foundation for Political Science, the German government’s think tank. Over months of repeated round table discussions, preparations were made for what culminated in Munich.”

The change in course was prompted by Germany’s abstention from the military intervention against Libya, which provoked harsh criticism of then-Foreign Minister Guido Westerwelle. The authors of the article reported that “dissatisfaction with Germany’s lethargy had been mounting in the Berlin foreign policy community.”

They continued: “Four years of Westerwelle, four years without a clear course, but with even more frustration among the alliance partners. All of this had caused dissatisfaction to increase. The grumbling had been clearly audible.”

Then “for one year, from November 2012 to October 2013, a working group met in Berlin to discuss a foreign policy strategy for Germany. Officials from the chancellor’s office and the Foreign Ministry discussed together with representatives of think tanks, professors of international law, journalists and leading foreign policy representatives from all parliamentary fractions.”

The cooptation of the media

Die Zeit neglects to mention that Joachim Bittner was himself a member of the working group that elaborated the new foreign policy.

Nikolas Busse from the Frankfurter Allgemeine Zietung (FAZ) was added to the list of participants in the project. Bittner and Busse are among those German journalists with close ties to the German and American governments, the European Union (EU), NATO and numerous foreign policy think tanks.

As correspondent for the FAZ on NATO and the EU in Brussels, Busse is well connected to leading EU politicians and NATO military figures. He writes insider reports about NATO’s rearmament in eastern Europe. Already on February 25, three days after the coup in Ukraine and a month before Crimea joined with Russia, he reported under the headline “Turmoil in Ukraine: NATO Fears New Flashpoint in Europe” that military officials had “in the meantime even developed plans to defend alliance territory against Russia.”

Bittner was Zeit correspondent for Europe and NATO from 2007 to 2011, and in 2008 and 2009 a participant and reporter at the Brussels Forum, a partnership of the German Marshall Fund and the Bertelsmann Foundation.

On November 4 of last year, he published a programmatic article in the New York Times with the headline “Rethinking German Pacifism,” which advocated a more aggressive German foreign policy. In it he agitated against the “too deeply ingrained pacifism” among Germans and called for more “military interventions.”

If one wishes to understand why the German media has virtually unanimously beat the drums of war and not raised a critical voice, a study published in 2013 by the media studies academic Uwe Krüger is worth examining. It researches the links between leading German journalists and government circles in Germany and the United States and transatlantic think tanks. The study shows how the “journalistic output” of journalists is influenced by their links to the “US and NATO-oriented milieu.”

Professional scribblers like the co-editor of Die Zeit, Josef Joffe, and theSüddeutsche Zeitung’s Stefan Kornelius, both of whom have been leading the propaganda drive for war with Russia in recent weeks, are active in organisations concerned with foreign and security policy and the consolidation of transatlantic relations, “which are maintained to a great extent through the NATO common defence alliance.”

Their connections are wide-ranging. They participate regularly in the Munich Security Conference and have close ties to transatlantic think tanks such as the American Institute for Contemporary German Studies and the American Council on Germany. Joffe participates in the secretive, elite Bilderberg Conference, and Kornelius is a member of the executive of the German Atlantic Society. Both are involved in the German Society for Foreign Policy (DGAP), whose director, Eberhard Sandschneider, took part in the SWP project.

The emergence of Gauck, Steinmeier and Von der Leyen

While the ruling elite were agreeing on the key components of a new imperialist policy, the former pastor Joachim Gauck was installed as German president after a campaign in the press against his predecessor, Christian Wulff. It was Gauck’s job to announce the new shift in foreign policy publicly.

For this purpose, Gauck chose October 3, 2013. In his speech on the day commemorating German reunification, he summarised what had been discussed over the course of a year. He stated that Germany was “not an island” that could keep out of “political, military and economic conflicts.” It had to play a role in Europe and globally commensurate with its economic weight and influence.

Some of Gauck’s formulations were directly taken from the SWP paper. This was no accident. Gauck’s chief of staff, and one of the most important figures in the president’s office, is Thomas Kleine-Brockhoff. The former US correspondent for Die Zeit was among the initiators of the SWP project as then-director of the German Marshall Fund. Bittner reports in his article that “all Joachim Gauck’s speeches cross his desk.”

The timing of Gauck’s speech was deliberate. It took place only days after the 2013 federal election and set the agenda for coalition talks. This was seen with full clarity at the start of this year. Shortly after the assumption of power by the grand coalition, Foreign Minister Frank-Walter Steinmeier (Social Democratic Party) and Defence Minister Ursula Von der Leyen (Christian Democratic Union) announced the course that had been decided at the Munich Security Conference.

In formulations almost identical to Gauck’s on October 3, Steinmeier declared that Germany must “be prepared to intervene earlier, more decisively and more substantially in foreign and security policy.” In a thinly veiled critique of his predecessor Westerwelle (Free Democratic Party), he attacked the “culture of restraint” and said, “Germany is too big just to comment on foreign policy from the sidelines.”

Steinmeier ran down a list of countries viewed as part of German imperialism’s sphere of influence. He declared: “Syria, Ukraine, Iran, Iraq, Libya, Mali, the Central African Republic, South Sudan, Afghanistan, tensions in East Asia—that is the incomplete list of hot spots in the coming year. Foreign and security policy will not run out of work.”

Von der Leyen struck a similar note. She stated that “for a country like Germany, indifference [is] not an option.” It is “a country of considerable size” and it has to “fulfil its international responsibilities.” This includes international missions by the EU and NATO. Concretely, she pledged to “strengthen the contribution in Mali,” to participate in the “destruction of the rest of the chemical weapons from Syria,” and to support “the coming European Union intervention in the Central African Republic.”

The incorporation of the Left Party and Greens

The so-called opposition parties in the German parliament were incorporated at the highest level in the foreign policy shift. Omid Nouripour for the Greens and Stefan Liebich for the Left Party participated in drawing up the SWP paper. Both are among the leading foreign policy spokesmen in their parties. Mouripour is a representative on the Parliamentary Defence Committee, and Liebich is a member of the Foreign Affairs Committee. In addition, Liebich sits on the Left Party’s executive.

The participation of the Greens is no surprise. The former pacifists were the strongest critics of Germany’s abstention in the Libyan war. Since they agreed on German participation in NATO’s war on Serbia under then-Foreign Minister Joschka Fischer, they have enthusiastically supported every foreign intervention by the German army.

The incorporation of the Left Party is of particular significance. The party gives up its pacifist phrases at a point when German imperialism returns once again to the world stage. Liebich is a member of several foundations and think tanks, including the Atlantic Bridge and the DGAP.

While Liebich cooperated in the development of the new foreign policy under the auspices of the SWP, an agreement was reached within the Left Party in favour of a more aggressive foreign policy. Already last autumn, a collection of essays was published by WeltTrends with the title “Left foreign policy: perspectives for reform.” In it, leading Left Party politicians argued in similar terms as the SWP strategy paper. They spoke out in favour of military deployments, closer transatlantic cooperation with the US, and a greater international role for Germany.

The Left Party is now implementing this course in practice. In April, five party members, led by Liebich, voted together with the government parties for a foreign intervention by the German army. This marked the first-ever vote by Left Party delegates in support of a German military deployment. Another leading Left Party member, Christine Buchholz of the state capitalist Marx21 group, accompanied Defence Minister Von der Leyen on the latter’s recent visit to German troops in Africa.

Ideological support from the universities

An important component of the foreign policy shift is the involvement of German universities. Professors from the Free University Berlin, the Friedrich Schiller University in Jena, the Johann Wolfgang Goethe University in Frankfurt/Main, the European Viadrina University in Frankfurt/Oder, and the Humboldt University in Berlin took part in the discussions sponsored by the SWP and GMF.

The incorporation of the universities in the state’s war propaganda is a violation of the principle of the independence of research and teaching. There are horrific precedents for such collaboration in German history—notably, professors in the Third Reich who sought to provide a scientific basis for racist ideology, such as Carl Schmitt, who interpreted the law in the spirit of the Nazis, and Martin Heidegger, who provided Hitler with his philosophical blessing.

Significantly, the legal scholar Georg Nolte represented the Humboldt University in the discussions. He is the son of historian Ernst Nolte, who provoked the so-called Historians’ Dispute in 1986 by downplaying the crimes of the Nazis.

The revival of German militarism requires that the history of the twentieth century be rewritten and the crimes of German imperialism in two world wars be trivialised. Humboldt University has specialised in this task for some time. The head of the department of Eastern European History, Jörg Baberowski, has dedicated his work to the rehabilitation of Ernst Nolte. Der Spiegelrecently cited Baberowski saying, “Nolte was done an injustice. He was historically correct.”

In the future, the state and big business will provide the war ideologists in the universities with even greater quantities of research funds to enable them to serve, under the cover of science, as the ideological cadre-trainers of militarism.

In the SWP document it states: “A more complex environment with shortened response times also requires better cognitive skills, knowledge. Knowledge, perception, understanding, judgment and strategic foresight: all these skills can be taught and trained. But that requires investments—on the part of the state, but also on the part of universities, research institutions, foundations, and foreign policy institutions. The goal must be to establish an intellectual environment that not only enables and nurtures political creativity, but is also able to develop policy options quickly and in formats that can be operationalised.”

This is the new Orwellian language of German imperialism in the twenty-first century. Behind conceptions like “intellectual environment,” “political creativity,” “strategic foresight” and “quick and operational political options” stands the call to once again “think militarily” and return to a “politically creative” policy of war. This is the way in which the ruling class is responding to the deepest crisis of capitalism since the 1930s.

The scale of this war conspiracy and its meticulous preparation is a serious warning. On two occasions in the last century, German imperialism threw the world into the abyss. The international working class cannot and will not allow it to happen a third time. This underscores the critical role of the International Committee of the Fourth International in building the new, revolutionary leadership of the working class in Europe and internationally.




(srpskohrvatski / italiano
N.B. Seguirà ulteriore specifica comunicazione sulle iniziative di solidarietà avviate a sostegno delle popolazioni alluvionate)


24 MAGGIO per "nA More con AMore", I Beatles a Roma in concerto a Bracciano


Sabato 24 maggio 2014
alle ore 18.00 presso la Galleria del Centro Commerciale Bracciano, in Via Sandro Pertini 2

CONCERTO!

Prosegue l'organizzazione dell'iniziativa di ospitalità dei bambini di Jasenovik, località della regione del Kosovo che non è stata colpita dalla tremenda ALLUVIONE che ha messo in ginocchio Bosnia e Serbia… ma con questo evento il pensiero andrà anche alla popolazione colpita da questa sciagura e pertanto, la parte di fondi raccolti nel corso della serata, che non andrà a coprire le spese previste dell'iniziativa "nA More con AMore", sarà destinata ad interventi di ripristino in solidarietà, delle scuole, dei centri sanitari, dei centri ad uso della popolazione civile, dei comuni colpiti dal cataclisma. Le associazioni CNJ onlus e Non bombe ma solo caramelle onlus, si sono nel frattempo attivate per supportare anche l'emergenza, attraverso canali istituzionali e ben identificabili a livello locale. 
Potete seguirci se interessati. Ci vediamo sabato 24, PARTECIPATE NUMEROSI!

evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1482321972000040/
scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/namoreconamore/2014/Bracciano240514.pdf
altre informazioni su "nA More con Amore" ed.2014: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm


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“NA MORE CON AMORE”
2a izdanje! (2014)


“NA MORE CON AMORE” znači „na more s ljubavlju“, tako da i ove godine, posle mnogo kiša i isto toliko divnih dûga ovekovečenih našim improvizovanim snimcima, već razmišljamo o moru, suncu i novim trenucima raspusta. Ponovo predstavljamo ovu inicijativu letnjeg gostoprimstva, koja nam veoma leži na srcu, sa decom iz jugoslovenske pokrajine Kosovo, a posebno sa učenicima OŠ „Sveti Sava“ iz srpskih porodica koje žive u selu Jasenovik, u opštini Novo Brdo.
U svemu tome će nam pomoći dobrovoljna neprofitna udruženja „Ne bombe, već samo bombone“ i „Italijanska koordinacija za Jugoslaviju“, zajedno sa ostalim dragocenim prijateljima i poznanicima osetljivim na ove teme.

Planiramo da dočekamo novu malu grupu (do 9 gostiju), starosti između 10 i 12 godina, koju bi pratila njihova učiteljica, Valentina Ristić, učesnik i u prethodnom „izdanju“. Boravak dece je predvidjen za kraj juna, ponovo u primorskom gradiću Santa Severa (u rimskoj provinciji), gde će im biti dobrovoljno stavljena na raspolaganje jedna privatna struktura, adekvatna za smeštaj grupe. Deca će moći da plivaju i igraju se na plaži i da učestvuju u kulturnim aktivnostima u okviru programa poseta Rimu i okolini, za koji ćemo uskoro imati i detalje, i za koji se nadamo da će biti još bogatiji nego prošle godine. U inicijativi će učestvovati deca koja su i dobri učenici, a nemaju ozbiljne zdravstvene probleme, te mogu dobro da podnesu putovanje.

Podsećamo da su selo Jasenovik i njegova škola jedna mala sredina, od ne više od 150 stanovnika, od kojih mnogi žive na ivici siromaštva i preživljavaju uz velike napore i štednju. Veoma je izražena teritorijalna, institucionalna i društvena izolacija. Ovakvo stanje proizlazi iz vrlo mukotrpnog istorijskog puta, posutog bombama i karakterisanog stranim mešanjem i stalnim političkim i verskim manipulacijama. Očigledno je da najbolje rešenje za ovakvu situaciju nije u problematičnoj i prepotentnoj Evropskoj zajednici kojoj teži beogradska vlada, ali i prištinske vlasti, koje prazne Kosovo od srpskog prisustva, uništavajući raniji multikulturalizam i sekularizam, podrivene sve bolesnijim nacionalizmom i ekstremističkim tendencijama.

Imajući u vidu veoma pozitivno iskustvo od prošle godine
(http://vvv.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm), inicijativa će biti usmerena jednim delom na rekreaciju dece, a drugim na socijalnu i kulturnu razmenu. Željeni ciljevi su i ovog puta stvaranje odnosa izmedju zajednica, uzajamno upoznavanje, mogućnost i prilika za psiho-fizički razvoj, naročito dece uključene u inicijativu, a sve u nadi da će to doprineti njihovoj spokojnosti i vedrini i služiti im kao podsticaj za život u teškim uslovima, koje uvek težimo da predstavimo ne na najbezbolniji način za nas, već na realniji, pošteniji i dostojanstveniji u odnosu na njih.

Po našoj proceni, troškovi inicijative iznosili bi oko 2.200 € (prošlogodišnji: 2.108 €). Zavisiće u velikoj meri od putnih troškova, koji tek treba da se utvrde. Počinjemo sa minimumom kojim za sada raspolažemo, 550 € (ostatak od prošle godine i dobit od prodaje polovnih stvari).
Uz pomoć i učešće dobrovoljaca moći ćemo da obezbedimo smeštaj i ishranu po veoma niskim cenama. Ipak, potrebno je da sakupimo dodatna sredstva. Ko ima mogućnosti i želi da pomogne, može da doprinese inicijativi uplatom na sledeći račun:
RAČUN BANCOPOSTA br. 88411681, registrovan na ime JUGOCOORD ONLUS, Rim
IBAN IT 40 U 07601 03200 000088411681
Svrha uplate: „NA MORE CON AMORE“

Dobićete na poklon jedno malo, dvojezično, neobjavljeno izdanje kratkih priča, „Strast crveno Srbija“.
Za sve dodatne informacije ili objašnjenja o načinu uplate:
Samantha Mengarelli, e-mail: namoreconamore@...
Obavestićemo vas o programu i razvoju inicijative. Hvala na pažnji i topao pozdrav.
(Prevod: Sonja Rakić, Ivana Kerečki)



(english / srpskohrvatski / italiano)

DEVASTANTE ALLUVIONE IN SERBIA E BOSNIA

1) Alcune indicazioni urgenti sulle modalità per esprimere solidarietà e aiuto concreto alle popolazioni colpite
2) Appeal of NKPJ / Appello dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
3) PETIZIONE diretta all'Ufficio di segreteria del Consiglio dei Ministri


Mappa interattiva del cataclisma / Poplave i klizišta u regiji:

Aggiornamenti in lingua italiana:

Altre info:


=== 1 ===

Alcune indicazioni urgenti 
sulle modalità per esprimere solidarietà e aiuto concreto alle popolazioni colpite

Molte delle associazioni che sul territorio italiano si occupano da anni di solidarietà alle famiglie dei lavoratori jugoslavi, incluso il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS, si sono messe in contatto tra loro nelle ultime ore per coordinare la raccolta straordinaria di fondi
Due sono le opzioni percorribili:
* raccogliere da subito e fino alla fine dell'emergenza una quantità di denaro che consenta, passata l'emergenza, di partecipare ad uno o più progetti mirati, individuati da referenti sul posto di nostra fiducia e gestiti in modo corretto e trasparente;
* per eventuali donazioni di utilizzo immediato, fare riferimento alla Croce Rossa dei rispettivi paesi. Dalla stessa Serbia viene indicata la Croce Rossa locale come referente principale; pare inoltre che la Ambasciata di Serbia a Roma comunicherà a breve i suoi riferimenti per le donazioni. Poiché nelle ultime ore si è scatenata una grande confusione con la diffusione di coordinate bancarie non verificate o addirittura false, sarà nostra cura verificare e pubblicizzare i riferimenti corretti per chi volesse inviare contributi per le operazioni in corso. 
Su entrambi i punti ci riserviamo di diffondere molto presto comunicazioni precise e puntuali. Invitiamo dunque ad avere solo qualche ore di pazienza prima di iniziare con i versamenti per evitare la dispersione delle risorse.

(per CNJ-onlus, il segretario A.M.)


=== 2 ===

Da: Nova komunisticka partija Jugoslavije NKPJ <int_nkpj  @yahoo.com>
Oggetto: Urgent. APPEAL OF NKPJ 
Data: 17 maggio 2014 20:21:18 GMT+01:00

Urgente. APPELLO DEL NPCJ

Alluvioni catastrofiche hanno colpito determinate aree di Serbia e Bosnia-Erzegovina, causando grandi danni materiali e dozzine di perdite umane.

La causa dei disastri meteorologici naturali, le piogge torrenziali che hanno causato le alluvioni, risiede primariamente nei seri problemi ambientali connessi al riscaldamento globale, che è il risultato della inesistenza di una economia pianificata ed ecologicamente sostenibile, come anche dello sfruttamento delle risorse naturali al di là di ogni misura, allo scopo della massimizzazione del profitto. Quello che nel capitalismo è l'imperativo degli imperativi, il profitto dei capitalisti, mostra la sua faccia irresponsabile, avida ed ecocida nella maniera più brutale, depredando e distruggendo le risorse del pianeta, eludendo i disastri naturali estremi in quanto effetti collaterali inevitabili. Tale brutalità è adesso patita ovviamente in primis dai nostri cittadini. Tuttavia, è necessario sottolineare come i disastri naturali causerebbero danni assai minori se la infrastruttura del nostro paese non fosse ridotta in tali condizioni disperate, in conseguenza della corruzione e della rapina commessa dai capitalisti stranieri e locali e dai loro partiti borghesi. La domanda che si dovrebbe soprattutto porre in questa situazione è per quale motivo una parte importante della eredità dello sviluppo socialista della nostra patria - la difesa civile - è stata annientata. La difesa civile era organizzata secondo il principio territoriale, ed in caso di emergenze essa poteva sempre e e senza alcuna difficoltà mobilitare un grande numero di cittadini addestrati e - cosa forse ancor più importante - ben equipaggiati. A livello locale, la difesa civile possedeva magazzini e strutture che risultano oggi saccheggiate, le quali contenevano tutto l'equipaggiamento necessario, incluse imbarcazioni, lampade, stivali di gomma… 

In questi momenti, invitiamo tutti a dimostrare solidarietà e ad offrire ogni possibile sostegno necessario e ad aiutare le popolazioni in pericolo nelle aree colpite. Primariamente c'è bisogno di coperte e materassi, accessori da bagno, posate e stoviglie, latte in polvere, acqua, cibo in scatola e pasti pronti confezionati. Vi chiediamo di partecipare a procurare l'aiuto che è necessario a centinaia di migliaia di cittadini che sono adesso rimasti senza casa, attraverso le organizzazioni umanitarie e le organizzazioni della Croce Rossa dei vistri rispettivi paesi, o in qualsiasi altra maniera.
 
________________________________________________________________________
Nova komunisticka partija Jugoslavije * New Communist Party of Yugoslavia * NKPJ
web www.nkpj.org.rs
web www.skoj.org.rs



--- original text in english:

Da: Nova komunisticka partija Jugoslavije NKPJ <int_nkpj  @yahoo.com>
Oggetto: Urgent. APPEAL OF NKPJ 
Data: 17 maggio 2014 20:21:18 GMT+01:00

Urgent. APPEAL OF NKPJ 

Catastrophic floods affected specific areas of Serbia and Bosnia & Herzegovina, which caused great material damage and took dozens of human lives. 

The cause of natural weather disasters, heavy rains which caused the floods, are primarily serious ecological problems caused by global warming, which is the result of non-existence of planned and ecologically sustainable economy, as well as exhaustion of natural resources beyond all measures, with the purpose of maximization of profit. The imperative of imperatives in capitalism, the profit of capitalists, shows its irresponsible, greedy and ecocidal side in the most brutal way, exhausting and destroying planet's resources, ignoring the extreme natural disasters as inevitable side effects. Such brutality is currently most obviously felt by our citizens. However, it is necessary to mention that natural disasters would cause much less damage if the infrastructure of our country wasn't in such desperate condition, which is the consequence of corruption and plundering by foreign and domestic capitalists and their bourgeoisie parties. The question that should be especially asked in this situation is why was an important part of heritage of the socialist development of our homeland - civil defense, destroyed? Civil defense was organized on the territorial principle, and in case of emergencies, it could always without any difficulty, mobilize great number of trained and which is perhaps even more important, well equipped citizens. On the local level, the civil defense possessed a storehouse and supplies which today are plundered, that contained all the necessary equipment, including boats, flash lamps, rubber boots... 

In these moments, we invite all to show solidarity and offer every possible necessary support and help to the threatened population in the affected areas. Primarily there is a need of blankets and mattresses, toiletries, dippers, powdered milk, water, canned food and packaged meals. We would like to ask you participate in providing aid which is necessary to couple hundred thousand citizens who are now left without their homes, through humanitarian organizations and an organization of Red Cross in your country, or in any other way.
 
________________________________________________________________________
Nova komunisticka partija Jugoslavije * New Communist Party of Yugoslavia * NKPJ
web www.nkpj.org.rs
web www.skoj.org.rs


=== 3 ===


Petizione diretta a 
Ufficio di segreteria del Consiglio dei Ministri
Presidenza Consiglio dei Ministri
Dipartimento per la protezione civile

Lanciata da Jasmina Radivojević (Milano)

Supporto in uomini e mezzi alle popolazioni di Serbia e Bosnia colpite da inondazioni di proporzioni bibliche

Le inondazioni che hanno sconvolto i Balcani, soprattutto a Serbia e Bosnia, sono le peggiori da 120 anni, cioè da quando esistono serie statistiche di dati: in appena 72 ore si è abbattuta una pioggia che normalmente cade nell'arco di quasi 4 mesi. Inevitabilmente fiumi, torrenti e laghi non hanno retto, invadendo con inondazioni assolutamente devastanti città, campagne e villaggi. Il bilancio è pesante, le vittime accertate sarebbero più di 20, ma si tratta purtroppo di una conta destinata a crescere.

La situazione è ancora di gravissima emergenza: gli argini che hanno ceduto in varie zone della Serbia e della Bosnia e nel contempo migliaia e migliaia di persone sono state tratte in salvo (si parla di più di 20.000 evacuati), ma molte si trovano ancora intrappolate in posti tuttora irraggiungibili per l'acqua ed il fango e purtroppo altre esondazioni sono previste a partire da stasera. E quando l’acqua si ritirerà il bilancio sarà ben peggiore.

La solidarietà e l’entusiasmo delle decine di migliaia di volontari venuti da tutte le parti della regione (si sono visti lavorare fianco a fianco serbi, croati, macedoni, montenegrini, sloveni assieme ai russi, bulgari, tedeschi, francesi) mostrano ancora una volta che la disgrazia fa affiorare la profonda umanità dalle persone, legittima la loro fatica e comune impegno per salvare le vite umane. Lo sforzo sovrumano mostrato dai volontari serbi nella difesa della cittadina di Sabac hanno premiato con la tenuta degli argini e la salvezza della cittadina.

Si sta muovendo nel frattempo la Comunità Internazionale, per spedire soccorsi ed aiuti alle popolazioni colpite.  Aiuti sono giunti dall'estero, in particolare dalla Russia, che ha inviato finora tre aerei con squadre di soccorritori e generi alimentari e medicinali. Numerosi altri Paesi hanno risposto finora agli appelli del governo di Belgrado, tra gli altri Croazia, Macedonia, Slovenia, Montenegro, Israele, Francia, Germania, Estonia, Lettonia. Anche la commissione Ue a Bruxelles si è mobilitata per inviare aiuti.

L’Italia è il primo partner commerciale della Serbia. Nel nome della tradizionale solidarietà del popolo italiano verso i vicini balcanici chiediamo che l’Italia, che ha subito questi fenomeni naturali anche di recente, dia un degno contributo. Chiediamo pertanto al Governo italiano l’invio urgente di aiuti in uomini e mezzi nei due martoriati paesi balcanici uniti in una disgrazia di proporzioni bibliche.





(english / italiano)

I comunisti nella Ucraina serva di Bruxelles

1) Petro Simonenko aggredito dalle squadracce nazieuropeiste all'uscita dagli studi della TV di Kiev (16 Maggio 2014)
2) Simonenko accusa la giunta di Kiev e ritira la sua candidatura alle presidenziali denunciando le elezioni come illegittime (15 Maggio 2014)
3) Borotba: ‘Socialist chance for South-East Ukraine’ (By Workers World, May 15, 2014)
4) I sogni incerti di Donetsk (L. Gottardo - su Il Manifesto, 15.5.2014)
5) Vadim Papura, giovane comunista vittima del massacro fascista di Odessa


Leggi anche:

Il PC di Ucraina sta per essere messo fuorilegge? (14 Maggio 2014)
di Fausto Sorini, Segreteria nazionale PdCI, responsabile esteri

Ucraina, comunicato del Pcu sulle persecuzioni verso i comunisti (22 Aprile 2014)

Simonenko. Ucraina ultimo atto (Massimo Zucchetti, 16.5.2014)


=== 1 ===

Petro Simonenko, segretario del CC del Partito Comunista d’Ucraina, aggredito dalle squadracce nazieuropeiste all'uscita dagli studi della TV di Kiev

dalla pagina "Con l'Ucraina antifascista", 16 maggio 2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

Le agenzie ucraine comunicano che all'uscita dalla sede televisiva del Primo canale nazionale, dove ha denunciato le elezioni farsa della giunta e dichiarato il ritiro della candidatura, una squadraccia di 30 di uomini armati attendeva il leader comunista.
Simonenko e gli altri compagni sono quindi usciti da una porta secondaria e saliti su un'altra auto, che però è stata raggiunta dagli attentatori che hanno rotto i vetri e lanciato bottiglie molotov. Non si hanno notizie al momento delle condizioni di Simonenko. 
Si tratta di un episodio inaudito, i cui mandanti sono nella Giunta di Kiev! 


Abbiamo ricevuto l'informazione che fortunatamente il compagno Simonenko è scampato all'attentato, anche se altri compagni che lo accompagnavano sono rimasti feriti.
Lo stesso Simonenko ha potuto riportare quanto accaduto in collegamento telefonico con l'emittente "112 Ukraina", dove ha raccontato della fuga e del lancio di molotov contro la sua vettura.
Simonenko ha dichiarato che al momento non possono dichiarare con certezza a chi fanno capo gli attentatori (Svoboda, Pravyj Sektor...) in quanto sono varie le forze a volere l'eliminazione del PCU, tra cui lo stesso governo.
Forniremo appena possibile ulteriori informazioni.

https://www.youtube.com/watch?v=zw_xpiTwIwY


=== 2 ===


Simonenko accusa la giunta di Kiev

15 Maggio 2014
Traduzione di Flavio Pettinari per Marx21.it


Lunedì 12 maggio, il giorno dopo il referendum a Donetsk e Lugansk che ha sancito l’autonomia delle due regioni, si è tenuta la riunione dei capigruppo del parlamento ucraino. Tale riunione è stata la prima dopo il 9 maggio, quando a Mariupol, durante i festeggiamenti del Giorno della Vittoria, le truppe golpiste di Kiev hanno compiuto una strage di civili.

Riportiamo gli estratti dell’intervento di Petro Simonenko, che ha duramente attaccato la giunta e il suo “presidente ad interim” Turchinov, il quale dopo i primi tentativi di interrompere Simonenko ha assistito in silenzio alle accuse del leader comunista.

Il 13 maggio, Turchinov ha pubblicamente dichiarato dalla presidenza del Parlamento, interrompendo l’intervento di Simonenko, il suo personale impegno presso il Ministero della Giustizia, per la messa al bando del Partito Comunista d’Ucraina.

Il video di questo intervento di Simonenko è stato rilanciato in massa sui social network e su Youtube, dove al momento ha ottenuto (nonostante continue rimozioni) centinaia di migliaia di visualizzazioni.


Stimati colleghi, a proposito di quanto sto per dire sui fatti di Mariupol: dovete capire che io ho lavorato là e conosco molte persone. Quello che è stato detto dal signor Turchinov, non è affatto vero. Non c’è neanche un parola di verità. A Mariupol sono stati fucilati cittadini pacifici, è stato un omicidio di massa, si nasconde il reale numero dei morti e le vittime sono soprattutto tra la popolazione civile. […] Sono stati uccisi cittadini pacifici, nessuno dei quali è stato visto armato. […] Quindi, la prima cosa richiesta oggi dal Partito Comunista, è fermare l’operazione terroristica contro il popolo. Voi avete dichiarato terroristi 7 milioni di cittadini che vivono nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Queste persone ieri (l’11 maggio, NdT) sono uscite in massa a partire dalle 6 di mattina, hanno fatto la fila per prendere parte al voto contro il potere di Kiev, contro questo regine, contro la vostra politica. […]

Questa vostra politica ha portato a perdere la Crimea. Adesso la vostra politica sta portando al rifiuto categorico di 7 milioni di abitanti ucraini, che rappresentano il 30% del prodotto interno lordo, di un futuro comune con l’Ucraina. Questo è quello a cui bisogno rispondere, a cui bisogna pensare […] Se anche Der Spiegel informa che mercenari americani operano sul territorio dell’Ucraina orientale – non lo diciamo noi comunisti, lo dicono i tedeschi, ancora una volta voglio sottolinearlo - il compito immediato di Kiev è di fermare immediatamente le operazioni antiterroristiche contro il popolo ucraino, fermare questa guerra che è stata messa in atto per le vostre ambizioni di potere. Non voglio discutere della miriade di altre questioni, tuttavia mi sembra strano: perché a Dnepropetrovsk, sul conto del vostro capo (l’oligarca Kolomojskij, governatore della regione, NdT), non aprite procedimenti penali per separatismo? Si tratta di una flagrante violazione della costituzione, si farà un referendum per cambiare la struttura amministrativa dell’ucraina, ma voi tacete. Colui che avete nominato organizza un referendum, come quello nel Donbass, e voi non parlate, non dite che sono terroristi. Gli avete dato la possibilità di formare un gruppo militare, uno squadrone della morte, che si chiama “Dnepr”, gente che usa le armi e ammazza le persone. Ma state sempre zitti, anche sul fatto che li pagano per uccidere. Quindi richiedo ancora una volta a nome del Partito Comunista: fermate questa guerra contro il popolo ucraino.

Molto tempo fa abbiamo proposto, dall’inizio, e non avete voluto ascoltarci, di tenere il referendum affinché il popolo ucraino scegliesse il vettore dell’integrazione economica estera, per risolvere pacificamente tutte le questioni. Voi avete preferito la guerra. Non avete giocato alla guerra da bambini?? State spargendo sangue, per tutta l’Ucraina. E nascondete il numero reale delle persone uccise, di quelle bruciate vive a Odessa e di quelle assassinate a Mariupol. […] Guardate, noi comunisti siamo per l’integrità dell’Ucraina. Però l’Ucraina perderà altre due regioni. Io propongo, immediatamente, in questa settimana, di prendere la decisione sulla federalizzazione dell’Ucraina. Per salvaguardare l’integrità ucraine e per mantenere all’interno dell’Ucraina anche le regioni di Donetsk e Lugansk. […]

Tra non molto diventerà chiaro e noto chi, su quali indicazioni e per quale motivo, ha sparato sul Majdan […] Noi abbiamo già preparato un appello alla corte internazionale e sottoporremo questo documento al Parlamento. Mostrate almeno una perizia medico-legale! Fino ad oggi non è stata mostrata neanche una perizia medico-legale. Voi non volete indagare su questi fatti, e per motivi che a noi sono ben chiari.

Inoltre, voglio chiedere un’altra cosa. Fermate la guerra informativa contro il popolo ucraino. Ieri, di tutto quello mostrato sui fatti Mariupol, non c’era un grammo di verità. Gli abitanti del luogo dicono: “Gente, è completamente l’opposto da quello che succede qui in città”. Mentre i canali televisivi, come su ordinazione, mostrano tutti la stessa cosa. Prima sparano sulla popolazione civile e pacifica, poi mostrano tutto come un gesto di benevolenza del governo nella lotta per gli interessi del popolo ucraino. Quindivogliorivolgermiancoraunavoltaalgoverno. Ilsig. Eremov ha presentato dei progetti di legge che mi lasciano di stucco. Nessun progetto di legge a favore del popolo ucraino è stato adottato. Guardate: il debito sui salari arretrati è aumentato. Nessuno, da parte degli organi statali, controlla il pagamento degli stipendi arretrati ai lavoratori. Inoltre, il debito sugli arretrati del mese di aprile è cresciuto del 12,8%. La grivna è svalutata del 60%. Non viene presa nessuna misura per proteggere la gente comune da una tale svalutazione della grivna. Ancora: il prezzo della benzina è cresciuto di molto, il lavoro primaverile sui campi non lo controlla nessuno. Intanto c’è la tirannia delle strutture commerciali, che approfittano di questa situazione per arricchirsi.


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dalla pagina "Con l'Ucraina antifascista", 16 maggio 2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

Petro Simonenko, segretario del Partito Comunista d'Ucraina e capogruppo comunista al parlamento, ha ufficialmente comunicato, pochi istanti fa, di ritirare la candidatura alle elezioni presidenziali del 25 maggio.
Oltre a mettere in dubbio la legittimità di queste elezioni, i comunisti denunciano le operazioni terroristiche messe in atto dal governo, le provocazioni contro il Partito Comunista d'Ucraina e il disastro economico prodotto dalle politiche della giunta.
Simonenko ha richiamato i militanti del partito alla vigilanza e ad essere pronti ad ogni evenienza.

La decisione, presa in giornata dagli organismi dirigenti del partito dopo la discussione degli ultimi giorni, è stata comunicata da Simonenko durante un dibattito in diretta sul Primo Canale Nazionale. Quindi la denuncia dei comunisti contro le elezioni della giunta ha potuto raggiungere milioni di ucraini.

Simonenko è il quarto candidato a ritirarsi dalla corsa per le presidenziali. Considerando i 3 milioni di voti del Partito Comunista e il numero degli iscritti, la rinuncia di Simonenko avrà un'enorme ripercussione non solo nelle zone operaie e nelle regioni dove il partito è maggiormente radicato, ma in tutto il paese.


=== 3 ===

http://www.workers.org/articles/2014/05/15/borotba-socialist-chance-south-east-ukraine/

Borotba: ‘Socialist chance for South-East Ukraine’

By Workers World staff on May 15, 2014

Workers World is sending out this statement by one of the leaders of Union Borotba (Struggle) as a service in order to provide a brief socialist overview of the struggle in southeast Ukraine.

Borotba is an openly Marxist organization, formed in 2011, that has been deeply involved in the struggle in Ukraine. It was driven out of Kiev by the Right Sector after a fascist-led coup overthrew the Viktor Yanukovych government. Borotba has helped to organize resistance to the reactionary forces in Kharkov, Odessa and other cities.

The organization has suffered casualties and one of its members was killed in the Odessa massacre. It has recently moved to go underground after learning of measures by Kiev for a campaign of repression against the organization.

By Victor Shapinov
Union Borotba (Struggle)

Vyacheslav Ponomarev, the people’s mayor of Slavyansk, said that the city’s industry will be nationalized.

“So that no one has any illusions, I want to say that the entire industry in the city will be nationalized. We cannot leave the industrial potential of the city in the hands of unscrupulous businessmen,” said the people’s mayor.

The largely spontaneous anti-capitalist orientation of the Antimaidan activists who have created the Donetsk and Lugansk people’s republics is not surprising. The largest owner-oligarchs were customers, sponsors and the main “beneficiaries” of the Euromaidan [the pro-West demonstrations beginning last November that opposed the government of Viktor Yanukovych, eventually dominated by the ultraright]. Capitalist oligarchs such as Igor Kolomoysky, Dmytro Firtash, Sergei Taruta and, to a lesser extent, Rinat Akhmetov, funded the Euromaidan and promoted it in their media. When the Euromaidan won, those who previously governed the country indirectly through the administration of Yanukovych got direct control, including appointments as the governors of key areas.

Moreover, as it turns out, the oligarchy’s aid not only led to the victory of the ultranationalists and Euromaidan, but they tried to influence the resistance movement to the new government — the so-called Antimaidan.

As Pavel Gubarev, people’s governor of the Donetsk region, stated recently, Rinat Akhmetov paid a number of Antimaidan activists so that they “sat quietly” and “merged” protest. “All the activities of Akhmetov were aimed to drain people’s anger, and it all turned out well in Dnepropetrovsk. Oligarch Kolomoysky did it because there is a bit of pro-Ukrainian sentiment stronger than in the Donbass,” said Gubarev in an interview with Rossiyskaya Gazeta. [http://tinyurl.com/p7c4qwo]

The oligarchy has sponsored the development of various neo-Nazi groups and their union under the brand “Right Sector.” Oligarchs indirectly finance them and the acknowledged leader of the Right Sector, Dmitry Jaros, told the media: “We do not mind if they (the oligarchs) fund our army.” Billionaire Igor Kolomoysky has shown special zeal, publicly meeting with Jaros and “headhunting” the militias of the southeast, offering $10,000 for a captured “saboteur.”

Thus, the very logic of the struggle is pushing the activists of the southeast into the camp of anti-capitalism. Participating in the Antimaidan movement in Kharkov and Odessa, I have seen how the popular masses have awakened to slogans indicting the oligarchy.

Sergei Kirichuk, one of the leaders of the Kharkov Antimaidan and coordinator of the socialist movement Borotba, also emphasizes the social agenda of the southeast movement: “People here in the southeast raised demands for their socioeconomic rights. There is a very serious anti-oligarchic, anti-capitalist component to these protests,” says Kirichuk, who now finds himself in exile.

Characterizing the funding of the Antimaidan, Kirichuk says: “The movement in the southeast, in its technical equipment and financial support, cannot be compared with the Maidan. Victoria Nuland said that the U.S. has spent $5 billion to ‘promote democracy’ in Ukraine. And in the east of Ukraine the protest movement shows no strong financial support. At least in the cities where we were active — in Kharkov and Odessa — I have seen no funding from the Russians or the Putin administration. And on the political landscape, we have not seen any people who have helped and financed this movement.”

I can confirm these words of Sergei: In Kharkov, we produced leaflets with our own money, with a total circulation of about 100,000 copies. We gathered small private donations. Ten thousand posters were pasted up to boycott the elections scheduled by the Kiev junta. At the monument to Lenin, there was a box for donations to assist the Defenders of Kharkov and the wounded. The Antimaidan organizers used the small basement office of Borotba. That’s all for the “financing” of Antimaidan. I do not exclude that some crooks collected large amounts using the movement’s name, but activists have not seen any of it.

Gubarev paints the same picture of the Donetsk Antimaidan: “In the militia there are different people. Miners and former officials, advertisers, my companions. … But what they have in common is that they are honest about money. They mortgaged their property, and they took the money and invested it in the movement when we had financial difficulties. They spent their own money.”

This is also a contrast: On one side, ultranationalist militants with great financing and gear, and on the other, workers, students and unemployed activists. When our comrades of Borotba seized Right Sector documents in the Kharkov Regional State Administration, among them were bank cards and checks. They testified that the boy from the village, a student at the Institute of Physical Education, has an amount of $10,000. [http://tinyurl.com/mn5r38a]

I emphasize again that there were no anti-oligarchic or even social slogans among the Euromaidan. A few leftists who wanted to “be with the people” and foolishly went among the Euromaidan were beaten and expelled in disgrace by the ultras dominant there. These neo-Nazis, once hooked on oligarchic funding, immediately forgot about their demagogic “anti-capitalism.”

This union of oligarchs and Nazis comes as if descended directly from the pages of history books, as does the union of anti-fascist and anti-capitalist slogans by opponents of the Kiev junta.

“Fascism is the open terrorist dictatorship of the most reactionary, most chauvinistic, most imperialist elements of finance capital. … Fascism is not a supraclass power and not the power of the petty bourgeoisie and lumpenproletariat over financial capital. Fascism is the power of financial capital. It is an organization of terrorist reprisals against the working class and the revolutionary section of the peasantry and the intelligentsia. Fascism in foreign policy is chauvinism in its crudest form, cultivating xenophobic hatred against other nations,” according to the classic definition of fascism formulated by Georgi Dimitrov. And what is happening in Ukraine today fully fits this definition.

The owner of Privat, Kolomoysky, is a living symbol of financial capital. The terrorist violence of Kolomoysky’s private armies, hastily hammered together from far-right militants, was seen by all in the media.

It is no accident that the proponents of the Maidan demolished monuments to Lenin while its opponents protect them. In this sense there is a deep class divide. And if you are looking for the seeds of socialism somewhere in Ukraine — it is in the movements in the southeast.

Of course, the Donetsk and Lugansk people’s republics will not be socialist. It is likely that part of the large and medium-sized businesses will retain their positions. To try to grab them and Russian corporations would be labelled “bad.” But at the “bottom,” the creation of the people’s republics, the experience of the anti-fascist, anti-imperialist and anti-oligarchic mass struggle, has undoubtedly moved not only southeast Ukraine, but also the entire post-Soviet space, to the left.

To those who did not see the progressive and even revolutionary content of events in the southeast, Lenin addressed these words:

“To imagine that social revolution is conceivable without revolts by small nations in the colonies and in Europe, without revolutionary outbursts by a section of the petty bourgeoisie with all its prejudices, without a movement of the politically non-conscious proletarian and semi-proletarian masses … to imagine all this is to repudiate social revolution. So one army lines up in one place and says, ‘We are for socialism,’ and another, somewhere else says, ‘We are for imperialism,’ and that will be a social revolution! … Whoever expects a ‘pure’ social revolution will never live to see it. Such a person pays lip-service to revolution without understanding what revolution is.

“The Russian Revolution of 1905 was a bourgeois-democratic revolution. It consisted of a series of battles in which all the discontented classes, groups and elements of the population participated. Among these there were masses imbued with the crudest prejudices, with the vaguest and most fantastic aims of struggle; there were small groups which accepted Japanese money, there were speculators and adventurers, etc. …

“The socialist revolution in Europe cannot be anything other than an outburst of mass struggle on the part of all and sundry oppressed and discontented elements. Inevitably, sections of the petty bourgeoisie and of the backward workers will participate in it — without such participation, mass struggle is impossible, without it no revolution is possible — and just as inevitably will they bring into the movement their prejudices, their reactionary fantasies, their weaknesses and errors.” (From “The Discussion on Self-Determination Summed Up,” July 1916)


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http://ilmanifesto.it/i-sogni-incerti-di-donetsk/

I sogni incerti di Donetsk 

di Lorenzo Gottardo - su Il Manifesto, 15.5.2014

Ucraina . «Non accettiamo i fascisti di Kiev che non riconoscono il nostro diritto all’autonomia»

Tra i mani­fe­stanti che vivono negli edi­fici occu­pati di Done­tsk, che man­giano, dor­mono e a turno mon­tano la guar­dia sulle bar­ri­cate, ci sono molti gio­vani, ragazzi che di pro­pria ini­zia­tiva hanno intra­preso la strada dall’incerto futuro della pro­te­sta armata. Adesso, con una situa­zione in perenne cam­bia­mento tra esca­la­tion e ten­ta­tivi diplo­ma­tici, atten­dono impo­tenti lo svi­luppo degli eventi, ben sapendo che la scelta degli uomini che li gui­dano, da set­ti­mane, dipen­derà non solo la soprav­vi­venza della Repub­blica popo­lare di Done­tsk, ma soprat­tutto il loro futuro. Tre di que­sti ragazzi col tempo sono diven­tati famosi tra gior­na­li­sti, curiosi e occi­den­tali venuti qui da ogni parte del mondo per seguire l’evolversi degli eventi.

Naruto, Vla­di­mir e Tatiana sono spesso insieme e hanno la carat­te­ri­stica di par­lare un inglese abba­stanza scor­re­vole; hanno anche la voglia, il desi­de­rio di spie­garsi, di rac­con­tare la rivolta di cui sono ormai la voce. Testi­mo­nianza reale, spesa tra bar­ri­cate e spe­ranze. Le voci in grado di spie­gare quali ideali ani­mano il movi­mento indi­pen­den­ti­sta. Naruto ha 27 anni, espe­rienze lavo­ra­tive sia in Ucraina sia all’estero, è anche quello che in que­sta situa­zione ha più da per­dere: da qual­che anno è spo­sato con una ragazza che ora è incinta e aspetta il loro primo figlio; il pen­siero di tra­scor­rere i pros­simi anni in una pri­gione di Stato lon­tano dalla fami­glia che si è appena costruito, comin­cia dav­vero a spa­ven­tarlo. Vla­di­mir e Tatiana invece sono più gio­vani di qual­che anno. Meno espe­rienza e un’aria più scan­zo­nata, di chi vive tutto quanto sta acca­dendo in modo meno deter­mi­nato. Tirano avanti con lavo­retti sal­tuari e per ora vivono ancora a casa dei geni­tori, non sanno cosa acca­drà in futuro e non vogliono fare pro­grammi. L’unica cosa di cui sono certi è che la loro vita non sarai mai più la stessa.

Sono ragazzi tra loro molto diversi, ma il motivo per cui com­bat­tono è lo stesso. «Da vent’anni a que­sta parte i governi che si sono suc­ce­duti uno dopo l’altro non hanno fatto altro che per­se­guire la crea­zione di uno spi­rito nazio­nale che tenesse unita l’Ucraina e allon­ta­nasse il ricordo del comu­ni­smo, uno spi­rito nazio­nale che in realtà non può esi­stere per­ché il nostro paese, nes­suno può negarlo, è for­mato da tante pic­cole comu­nità indi­pen­denti ognuna con una pro­pria diversa cul­tura. Ma la cosa peg­giore è che lo hanno fatto a danno della nostra libertà indi­vi­duale, delle nostre tra­di­zioni, della nostra lin­gua. Prima ci hanno impo­sto le loro scelte eco­no­mi­che che hanno por­tato il dis­se­sto finan­zia­rio e la dis­soc­cu­pa­zione nella regione e poi ci hanno impo­sto pure l’uso della lin­gua ucraina. La mia fami­glia ha sem­pre par­lato russo, io ho sem­pre par­lato russo, per­ché mai dovrei accet­tare senza nem­meno pro­te­stare che a mio figlio venga inse­gnata la lin­gua che parla la gente nell’ovest?», dice Naruto, men­tre osserva Tatiana com­ple­tare un grande graf­fito in nero e aran­cione che raf­fi­gura le bar­ri­cate ed un gruppo di patrioti sol­le­vare in alto la bandiera.

Poi con­clude: «Noi in prin­ci­pio non era­vamo con­tro Euro­ma­j­dan, all’inizio l’abbiamo per­fino appog­giata, poi però quelli di Set­tore Destro ne hanno preso il con­trollo e a quel punto tutto è cambiato…Il paese è cor­rotto, que­sto è vero, e biso­gna fare asso­lu­ta­mente qual­cosa per cam­biarlo, ma non siamo dispo­sti ad accet­tare la dit­ta­tura di un governo fasci­sta che difende gli inte­ressi di Kiev e non rico­no­sce il diritto delle regioni ad avere una pro­pria autonomia».

E Vla­di­mir che un poco in disparte lo ascolta con atten­zione aggiunge: «Ci sarebbe poi da par­lare anche di Yanu­ko­vich. L’ex pre­si­dente era sicu­ra­mente cor­rotto, ma prima di lui lo erano anche Tymo­shenko e Yushenko, eppure loro oggi ven­gono con­si­de­rati degli eroi, men­tre lui che era il nostro uomo, che veniva dalla nostra terra, è dovuto scap­pare altri­menti l’avrebbero ammaz­zato come un cane»

Per que­sti ragazzi il futuro è qual­cosa d’incerto e lon­tano: ora è il momento di pen­sare al pre­sente e non a quanto potrebbe acca­dere: ora è il momento di com­bat­tere per la Repub­blica popo­lare di Done­tsk. «Non so come finirà que­sta sto­ria. Forse entre­remo a far parte della Fede­ra­zione russa o forse diven­te­remo un pic­colo Stato indi­pen­dente che nes­suno vuole rico­no­scere. In ogni caso, non trat­te­remo col governo di Kiev, non dopo i morti di Odessa, non dopo i morti di Mariu­pol. Il tempo delle parole è pas­sato, ora è il tempo di agire», dice Naruto prima di cal­carsi sulla testa il cap­puc­cio e tor­nare tra le barricate.


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Vadim Papura, giovane comunista vittima del massacro fascista di Odessa

6 Maggio 2014

Riceviamo dai compagni del Partito Comunista di Ucraina

Una notizia che ci riempie di dolore.
Un abbraccio ai familiari di Vadim
e ai compagni del Komsomol ucraino.

Il 2 maggio, nella Casa dei Sindacati di Odessa, è stato tragicamente ucciso il nostro compagno Vadim Papura.

Il diciassettenne Vadim era tra coloro che non sarebbero usciti vivi dal rogo della Casa dei Sindacati.

Studente al primo anno dell'Università Nazionale di Odessa Mechnikov, attivista del Komsomol e del Partito Comunista d'Ucraina, quel giorno si trovava nel Campo di Kulikovo. Quando arrivò la notizia che ultras si muovevano in quella direzione, non volle scappare e assieme agli altri compagni si è rifugiato nella Casa dei Sindacati.

Secondo le parole dela mamma Fatima, Vadim partecipava ad ogni possibile manifestazione e assemblea per le sue idee. Quella del 2 maggio è stata l'ultima.

"Mio figlio è morto in quella terribile notte. Non aveva ancora 18 anni. Era lì per lil suo ideale e i suoi principi. E ora non c'è più. Quando hanno dato fuoco alla Casa dei Sindacati, lui era lì dentro. Provando a scappare dal fuoco è caduto dalla finestra. Il mio bambino era là steso a terra con la testa sanguinante".

Не забудем, не простим!
Вечная память Вадиму.





Il Corriere della Sera e la retorica democratica

15 Maggio 2014 
di Francesco Maringiò, vice responsabile Dipartimento Esteri PdCI

L’Ucraina e la democrazia: qual è il ruolo dei nostri media? E quale “democrazia” siamo disposti ad accettare?

«Che cosa c’è di più democratico di un referendum popolare? Gente in coda ai seggi, una scelta chiara fra un sì e un no, la volontà collettiva che si esprime sovrana … Tutto qui? Non proprio. Perché non bastano un’urna e una scheda per celebrare la festa della democrazia» (1). Se estraessimo questa considerazione di Luigi Ippolito, caporedattore ed opinionista del Corriere della Sera, dal resto dell’articolo, non potremo che dichiararci concordi con quanto scrive. Del resto, sin dai tempi di Socrate, abbiamo appreso come il “principio maggioritario” non sia in sé, né necessariamente giusto, né effettivamente “democratico”.

Già Luciano Canfora, alcuni anni fa, ci metteva in guardia contro il «fondamentalismo democratico» (l’espressione è, in realtà, dell’indimenticabile García Márquez) che «racchiude e copre il contrario di ciò che etimologicamente esprime; e, insieme, l’intolleranza verso ogni altra forma di organizzazione politica che non sia il parlamentarismo, la compravendita del voto, il “mercato” politico. (…) Il diverso dal modello parlamentare è il totalitarismo, è il male. Questo modo (…) “di non vedere” la realtà ha colpito in tutte le direzioni, impedendo di comprendere la molteplicità del mondo» (2).
La “democrazia”, l’unica possibile, è in sostanza quella basata su di una procedura ed un corpus di regole che trae la sua legittimazione dal suffragio popolare, prevede il multipartitismo e tutti i sistemi politici che esulano da questa organizzazione non sono, per definizione, “democratici”. Basta vedere come vengono descritti sui quotidiani italiani paesi quali la Russia e la Cina, per non parlare di Cuba o del Venezuela che, senza iuxta propria principia, vengono di volta in volta bollati come regimi a-democratici, anti-democratici (quando non apertamente reazionari, oligarchici,…). Ed in effetti non mi pare che il Corriere faccia eccezione. Infatti, se non ricordo male, non considerò mai illegittima - sarebbe tale stando alle stesse regole della democrazia occidentale - la rielezione di Bush alla Casa Bianca nel 2000, quando la Corte Suprema si rifiutò addirittura di ricontare i voti. Né ebbe particolari remore nel pubblicare con grande rilievo (e scandalo generalizzato) gli interventi di Angelo Panebianco quando questi chiedeva che venisse «ammessa l'esistenza di una “zona grigia” a cavallo tra legalità e illegalità» per permettere così l’impiego della tortura (3).

D’altro canto non mi pare che la “correzione” del nostro sistema democratico attraverso la limitazione indiretta al suffragio e per mezzo della limitazione dell’efficacia degli organismi elettivi (4), sia oggetto di scandalo sulle pagine del Corriere, né sui principali media nazionali. Ed invece il referendum svolto nel fine settimana nell’Ucraina orientale, che ha visto un’affluenza del 75% (su 3 milioni di aventi diritto) e che ha coinvolto l’intera popolazione, viene guardato con sospetto. Per questi cittadini, evidentemente di serie B, «non bastano un’urna e una scheda per celebrare la festa della democrazia».

Ma in un sistema politico quale il nostro che, per sua natura, è fondato sul consenso, diventa essenziale capire il ruolo giocato dagli strumenti di informazione (onnipresenti e multiformi nella nostra società) nell’organizzazione del consenso, proprio perché il limite tra conquista e manipolazione dell’opinione pubblica è molto labile. Per cui bisogna prestare molta attenzione – e diffidare – da questa improvvisa critica della retorica democratica che tende a delegittimare i referendum popolari in Ucraina, semplicemente perché non si vuole accettarne il risultato. Come pure bisogna prestare molta attenzione alle campagne di delegittimazione nei confronti degli oppositori ucraini del nuovo governo golpista (non a caso, in questi giorni, è stata chiesta la messa fuori legge del PC Ucraino) e la permanente delegittimazione del governo di Mosca. La critica della retorica democratica ed il biasimo per le élite, vale sempre per gli altri, ovviamente!

Ma se tutto questo avvenisse solo sulle colonne del Corriere, sarebbe ordinaria amministrazione. Il punto è che, purtroppo, questi argomenti sono fatti propri anche da un pezzo dei gruppi dirigenti della stessa sinistra italiana che, in questa campagna “per la democrazia” annoverano la Russia tra i paesi “antidemocratici” ed arrivano ad abbracciare e sostenere movimenti filo golpisti o filo imperialisti quali le Pussy Riot, i movimenti arancioni, “i ragazzi di Kiev”,…

Eppure già Gramsci, nei Quaderni, ci aveva illuminato sul fatto che «le idee e le opinioni non nascono spontaneamente nel cervello di ogni singolo: hanno avuto un centro di formazione, di irradiazione, di diffusione, di persuasione» (4). Ma non viene loro il dubbio di essere diventati, consapevolmente o meno, strumenti di “irradiazione” di idee e consenso atte a manipolare un pezzo dell’opinione pubblica, quella di sinistra? Forse è giunto il momento di porsi alcune domande. E l’evoluzione della situazione in Ucraina, nella sua brutale dinamica, obbliga tutti a fare delle scelte e dichiarare, senza infingimenti, i propri intendimenti.

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(1) Luigi Ippolito, Troppe Minacce sul referendum ucraino. Non basta una scheda per la democrazia, Corriere della Sera, 12 Maggio 2014.

(2) Luciano Canfora, Critica della retorica democratica, 2002, p.17.

(3) Angelo Panebianco, Il compromesso necessario, Corriere della Sera, 13 agosto 2006; Guerra e stato di diritto, Corriere della Sera, 15 agosto 2006.

(4) La limitazione indiretta al suffragio avviene attraverso l’introduzione di soglie di sbarramento sempre più elevate, difficoltà tecniche alla presentazione delle liste, leggi elettorali maggioritarie,…, mentre la limitazione dell’efficacia degli organismi elettivi è resa evidente da un protagonismo del governo e del premier in prima persona e da uno svuotamento di fatto del ruolo del Parlamento che è sempre più limitato nelle sue funzioni. Tra le altre cose, con questo argomento, si vuole procedere all’abolizione di uno dei due rami: il Senato della Repubblica.

(5) Antonio Gramsci, Il numero e la qualità nei regimi rappresentativi, Quaderni dal Carcere, a cura di V. Gerratana, 1979, p. 1624.



(francais / italiano)

Ucraina, altre iniziative segnalate

* Torino, sabato 17 maggio 2014
* Gradisca d'Isonzo (GO), martedì 20 maggio 2014
* Bari, martedì 20 maggio 2014
* Lettre ouverte aux députés français sur l'Ukraine


Ricordiamo anche:

* Roma, sabato 17 maggio 2014
Contro la guerra nel cuore dell’Europa, a fianco dell’Ucraina antifascista! 

ALLE ORE 18.00 CIRCA, NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA DELL’UCRAINA A ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO, VICINO A PIAZZA VERDI, ZONA PARIOLI
Info: http://giuliettochiesa.globalist.it/Detail_News_Display?ID=103360&typeb=0&Contro-la-guerra-nel-cuore-dell-Europa-a-fianco-dell-Ucraina-antifascista
Per aderire all’Appello : info@...


=== Torino, sabato 17 maggio 2014
alle 14:30 presso la Federazione PdCI, Via Verolengo 180

CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA
Contro l'imperialismo degli USA, dell'Unione Europea e della NATO

Intervengono:
Mauro Gemma - direttore di Marx21.it
Enrico Vigna - autore di "Ucraina tra golpe, neonazisti, riforme e futuro"
Conclude:
Fausto Sorini - segreteria nazionale PdCI, responsabile esteri

Organizzano: PdCI (Com. Reg. Piemonte), Marx21


=== Gradisca d'Isonzo (GO), Martedì 20 maggio 2014
alle ore 18.30 presso la Casa del popolo, Piazza Unità n.11

CON IL POPOLO DELL'UCRAINA, CONTRO IL FASCISMO E L'IMPERIALISMO!

Incontro regionale sul tema "Con il popolo dell'Ucraina, contro il fascismo e l'imperialismo!"

Introduce Ottavio Romano, segretario prov. Pdci di Gorizia.

Relatore: on. Stojan Spetič, giornalista, diplomato all'Università "Lomonosov" di Mosca, già segretario della Commissione esteri del Senato italiano. 

Conclude Stefano Verzegnassi. 

Durante la serata cercheremo di collegarci via internet con il PC di Ucraina.



=== Bari, Martedì 20 maggio 2014
ore 18.00, II str. priv. Borrelli 32

Associazione MARX XXI - Bari
 
Ucraina. Dal golpe di Euromaidan ai pericoli di guerra
  
Intervengono
(in collegamento audio-video)
 
Anatolij Sokoljuk
responsabile esteri del Partito Comunista d'Ucraina
 
Manlio Dinucci, giornalista
 
Flavio Pettinari,
amministratore della pagina FB “Con l’Ucraina antifascista”
 
Coordina
Andrea Catone, associazione Marx XXI


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http://cesteneurodictaturecapitaliste.skynetblogs.be/archive/2014/05/11/lettre-ouverte-aux-deputes-francais-sur-l-ukraine-8185981.html

Sent: Tuesday, May 6, 2014 11:47 PM
 
Subject: lettre ouverte aux députés français sur l'Ukraine
 

Chers camarades et amis des organisations, réseaux, sites, ouvriers, communistes, républicains, syndicalistes, antifascistes et démocratiques avec lesquels le P.R.C.F. est en contact,

 

Merci de relayer éventuellement cette action réalisée à l’initiative de notre camarade Pierre Pranchère, vice-président du P.R.C.F., ancien membre du C.C. du P.C.F. et ancien FTPF, sur la situation en Ukraine et sur les énormes dérives guerrières, anticommunistes et fascisantes qu’elle comporte après que les nazis ukrainiens, officiellement admirateurs de la « Das Reich » (qui incendia la population d’Oradour) aient sciemment fait mis le feu à la Maison des syndicats d’Odessa en faisant brûler vif ses quarante occupants (parmi lesquels des camarades communistes).

Cette lettre vient d’être adressée à tous les députés par notre camarade Pranchère, ancien député et ancien député européen.

 

Je profite de l’occasion pour remercier ceux d’entre vous qui nous ont aidés à dire récemment leur fait au pouvoir ukrainien (par l’entremise de son ambassade à Paris) ainsi qu’au ministère des affaires étrangères français.

Multiplions les actions de solidarité avec nos camarades ukrainiens victimes d’une véritable chasse à l’homme non seulement dans la partie Est de l’Ukraine, mais dans toute la partie Ouest (dont nos médias ne disent mot) ainsi que dans les Pays baltes où des menaces de mort sont adressées par les fascistes aux vétérans de la Grande Guerre patriotique qui oseront célébrer la Victoire sur Hitler le 9 mai prochain.

 

Amitiés,

 

Georges Gastaud

Mesdames, Messieurs les Députés

À l’Assemblée Nationale

 
 

Mesdames, Messieurs les Députés,

 

Une nouvelle fois nous sollicitons votre attention à propos de la situation explosive en Ukraine suite au coup d’état sanglant perpétré en février dernier et dont les néonazis-fascistes furent le fer de lance. Exploitant une émotion populaire légitime, les émeutiers de la place Maïdan à Kiev ont plongé le pays dans la guerre civile ; les communistes, les antifascistes, les russophones baptisés « hommes verts » sont traqués, lynchés, brûlés vifs comme à Odessa, et leur capture est mise à prix. À Lvov, le 27 avril, les néo-nazis de Svoboda ont publiquement rendu hommage à la division SS « Galicie » en exigeant l’interdiction de la commémoration de la victoire sur le nazisme le 9 mai prochain.

 

Les putschistes de Kiev, hommes de main des forces occidentales, poussent ouvertement à une chasse à l’homme (notamment dans les provinces de l’Ouest, dont nos médias ne disent mot) et à une guerre civile qui, comme dans l’Espagne d’avant-guerre, pourrait à tout instant déboucher sur une guerre continentale, voire mondiale. En effet, la Russie, dont nos dirigeants semblent oublier qu’elle détient, comme le bloc occidental qui l’a précédée dans cette voie, l’arme nucléaire, a officiellement déclaré que l’élargissement de l’U.E., DONC DE L’O.T.A.N. au territoire ukrainien, constituerait un « casus belli ». Voilà où a conduit la politique belliciste d’encerclement et d’isolement de la Russie conduite depuis vingt ans, en prolongement ininterrompu de la guerre froide, par les U.S.A., l’U.E. et l’O.T.A.N. !

Ceux qui clamaient que l’U.E. c’était la « paix assurée » nous conduisent ainsi au seuil d’une troisième guerre mondiale. Il est urgent pour l’humanité toute entière d’éteindre l’incendie pendant qu’il en est temps et la première des mesures à prendre est de destituer et d’arrêter la junte fasciste qui a pris le pouvoir à Kiev.

Il est temps également pour nos médias et pour ceux qui les inspirent de cesser de criminaliser les populations russophones de l’Est ; ces populations ne demandent officiellement rien d’autre qu’une décentralisation et qu’une fédéralisation du pays sanctionnée par un référendum.

 

Dans notre projet de « motion de censure » daté du 26 mars nous avions posé la question-clé : qui est responsable du bain de sang du Maïdan le 19 février dernier ? Nous avions immédiatement mis en cause les partis néo-nazis et leurs soutiens internationaux. Depuis, une confirmation éclatante vient d’être apportée avec la diffusion, le 25 avril dernier, par Agoravox d’une enquête qualifiée dedévastatrice conduite par le réseau de chaînes publiques régionales allemandes A.R.D., titrée : Les morts du Maïdan.

 

Notons des extraits repris par Agoravox, il est significatif que le paragraphe introductif de la relation de l’enquête soit ainsi rédigé :

« Le silence des médias sur cette enquête est impressionnant, alors que l’information est explosive. Une enquête internationale devrait être diligentée très rapidement pour éclaircir les faits. Et l'élection du 25 mai devrait être reportée dans l'attente des conclusions.»

 

Sur les temps forts de cette enquête il est écrit :

« Les conclusions sont accablantes : les tirs des snipers venaient des étages de l’hôtel Ukrainia, tenu par les manifestants et les mêmes balles ont été extraites des corps des civils et des policiers ».

L’enquête ne démontre pas qui étaient précisément les snipers commente Agoravox mais elle indique qu’

« il est peu probable que les snipers aient pu entrer dans un hôtel tenu par les manifestants, occuper une partie d’un étage et tirer à de nombreuses reprises, sans être inquiétés ni contrôlés. Ce qui laisse penser qu’il s’agit de membres des insurgés…..  La présomption du coup d’état se renforce donc. »

 

Dans la vidéo de l’enquête on constate que le procureur, membre du parti d’extrême droite Svoboda, chargé de l’enquête officielle, se dérobe aux questions du journaliste allemand sur les snipers de l’hôtel Ukrainia. Le journaliste reçoit également des témoignages de participants du Maïdan, de parents de victimes et il fait le constat que

« la version des putschistes qui alimente les positions américaines et européennes s’effondre ».


La dernière partie de l’enquête journalistique est une condamnation sans appel :

« Le pouvoir en place à Kiev est dès lors suspect de meurtres en masse, et l’actuel premier ministre Yatseniouk, soutenu par l’OTAN et le département d’Etat américain, devrait être arrêté et entendu par une commission indépendante »

.

Agoravox illustre l’enquête de la télévision allemande par trois montages photos représentant Catherine Ashton (représentante de l’U.E. pour les Affaires étrangères), Barak Obama et Arseni Yatseniouk avec en gros caractères : « recherché (e) pour suspicion de complicité de meurtres en masse »

.

Aux antipodes de la prétendue « révolution populaire » qu’exaltent nos médias terriblement partiaux, nous sommes donc en droit de suspecter  l’existence d’une provocation de même ampleur que celle qui, en 1933, permit à Hitler, en faisant incendier le Reichstag, d’éliminer toute opposition en Allemagne pour préparer la guerre à l’extérieur ou que les forgeries d’Etat  qui permirent plus récemment de lancer les deux Guerres du Golfe avec leur cortège de « destructions massives ».

 

Nous nous adressons donc à nouveau aux députés parce que nous considérons comme anormal que l’Assemblée Nationale n’ait pas eu encore la possibilité, conformément à son rôle défini par les articles 49 et 50 de la Constitution,  de débattre de la terrible situation qui, en Ukraine, risque à tout instant d’entraîner la France dans la guerre. Si vous partagez l’idée de ce débat nécessaire, alors vous trouverez les formes adéquates pour le susciter : motion de censure, questions orales, demande de commission d’enquête et autres : là où il y a une volonté politique, il y a toujours un chemin !

 

Le remaniement du gouvernement français n’ayant rien changé, bien au contraire, à son soutien indéfectible à la junte fasciste de Kiev, nous affirmons solennellement que l’honneur et l’autorité de la France sont outragés, que la sécurité fondamentale du peuple français peut à tout moment être terriblement compromise. Le ministre des Affaires étrangères Laurent Fabius n’a cessé de soutenir le gouvernement des émeutiers de Kiev. Le 11 mars dernier il s’exclamait : «  quand on accuse ce gouvernement d’être d’extrême droite, c’est faux ». À l’abri de telles déclarations, le procureur fasciste de Svoboda peut dormir tranquille. Le ministre des Affaires étrangères français a pris une décision stupéfiante en autorisant M. le Drian, ministre de la Défense, à plastronner dans un avion de chasse français survolant les Etats de la Baltique et les pays de l’U.E. aux portes de l’Ukraine, toutes armes braquées sur la Russie. Faut-il rappeler à MM. Fabius et Le Drian que le parti fasciste Svoboda arborait jusqu’en 2008 l’emblème de la division SS Das Reich ? C’est ce même emblème qu’elle portait lorsqu’elle pendit, le 9 juin 1944, 99 tullistes et qu’elle massacra le lendemain les habitants d’Oradour-sur-Glane. Le 9 juin 1944 à Tulle l’officier SS Kowatsch, adjoint du sinistre Lammerding, se glorifiait d’avoir pendu 100 000 Ukrainiens à Kharkov et à Kiev. Faut-il leur rappeler les liens des dirigeants de Svoboda avec les dirigeants du Front National ? Ont-ils pensé à la joie que ces vols français ont dû procurer à tous ces laudateurs des nazis au pouvoir à Kiev et à leurs congénères des Pays baltes, qui discriminent les russophones, interdisent les partis communistes et cautionnent des défilés d’anciens Waffen-SS baltes supplétifs de la Wehrmacht ? On pense aussi aux 200 hitlériens qui se sont tranquillement réunis en avril dans la commune alsacienne d’Oltingue pour célébrer le 125ème anniversaire de la naissance d’Hitler, alors que tous les Alsaciens gardent en mémoire les horreurs commises par le Troisième Reich au camp voisin du Struthof.

 

Le soutien du gouvernement français aux criminels dirigeants nazis-fascistes de l’Ukraine constitue une insulte à toutes les victimes de la seconde guerre mondiale.

 

Durant les années terribles mais glorieuses de l’Occupation, de l’insurrection et de la Libération de la France jusqu’à la victoire totale, les résistants furent l’honneur de la France. Ils se souviennent, en ce 70ème anniversaire de la libération de notre pays que la puissante Armée Rouge écrasa à Stalingrad, à Koursk et en Ukraine l’armée hitlérienne, la SS et ses divisions Das Reich, Galicie constituée essentiellement d’Ukrainiens de Bandera alliés aux nazis, ainsi que la misérable L.V.F. de Pétain. Ils se souviennent de ces combats victorieux où prit part le glorieux régiment Normandie-Niemen symbole de la résistance commune des peuples soviétiques et français contre le nazisme.

 

Gloire éternelle à la Grande Guerre Patriotique victorieuse que le général de Gaulle salua en termes élogieux en juin 1966 à Moscou en reconnaissant « la part capitale que l’Union Soviétique prit à la victoire décisive ».

 

Mesdames et Messieurs les parlementaires, tout montre que nous sommes à un tournant de l’histoire. Cette lettre, quelle que soit la suite que chacun de vous décidera de lui réserver, prend date devant notre peuple. Que chacun assume ses responsabilités devant la paix et devant l’histoire. Pour notre part, comme nous l’avons fait pendant la seconde Guerre mondiale, nous assumons à nouveau les nôtres.

 

Le 5 mai 2014

 

Pierre Pranchère, résistant F.T.P.F. à l’âge de 15 ans, membre au Parti communiste clandestin, le parti des fusillés. Député de Tulle, (1956-58 et 1973-1978) ville résistante et martyre, député honoraire au Parlement Européen, vice-président du P.R.C.F. et président de la commission des relations internationales du P.R.C.F.

Léon Landini, président du P.R.C.F., anc. officier des F.T.P.-M.O.I., Grand Mutilé de Guerre, Médaille de la Résistance, Officier de la Légion d’honneur, décoré par l’U.R.S.S. ;

Jean-Pierre Hemmen, vice-président du P.R.C.F., fils de Fusillé de la Résistance, réprimé pour avoir refusé de porter l’uniforme sous les ordres d’un ex-général de la Wehrmacht exerçant un commandement au sein de l’O.T.A.N. ;

Georges Gastaud, fils de Résistant gaulliste, secrétaire national du Pôle de Renaissance Communiste en France.

Antoine Manessis, fils de Résistant communiste grec, secrétaire aux relations internationales du P.R.C.F.





Libertà di stampa

1) I monopoli della comunicazione e la libertà di stampa nel capitalismo (Salvatore Vicario)
2) Le 25 verità su Reporters sans frontieres


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I monopoli della comunicazione e la libertà di stampa nel capitalismo

Salvatore Vicario | senzatregua.it

05/05/2014

"Non da oggi la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica ", P. Secchia (1)

Recentemente sul nostro giornale abbiamo pubblicato un estratto dal corso di formazione «lineamenti di economia marxista» realizzato nell'ambito del corso nazionale di formazione quadri del FGC, in cui è stata descritta la genesi economica dell'Imperialismo, dalla concentrazione al monopolio (2). Nella sua fase attuale, il capitalismo si centralizza sempre più in meno mani di una ristretta oligarchia finanziaria, che da questa sua posizione di supremazia economica, controlla tutta la sovrastruttura sociale, dallo Stato al complesso apparato di produzione e asservimento ideologico che bombarda le coscienze della classe operaia e dei settori popolari, costantemente. "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cossiché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio"(3) affermava K. Marx, che con l'assioma sulla classe dominante e la coscienza dominante, sottolineava come in coerenza con il proprio progresso storico, ogni classe che conquista il potere lo fa imponendo una base di dominazione per forza di cose superiore rispetto alle altre. E' palese comprovare oggi come questa tendenza ci presenta una situazione nella quale la classe dominante della nostra epoca – l'oligarchia finanziaria – dispone di un vastissimo piano di sfruttamento e dominazione politica-ideologica per mantenere il suo potere. In questo ricopre un ruolo fondamentale la comunicazione e l'informazione, che si fanno globali e allo stesso tempo controllate da sempre meno mani. Questo perché da un lato coloro che operano in condizioni di monopolio hanno bisogno dello strumento dell'informazione per mantenere questa loro situazione e tenderanno sempre più ad avere il controllo delle imprese che si occupano dell'informazione. In secondo luogo, perché l'informazione non è solo potere ma diviene anche una grande fonte di profitto, diviene merce. Esistono quindi multinazionali dell'informazione come per altri settori, che come le altre multinazionali, tendono a fusioni e concentrazioni. Proprio la natura e complessità di questo determinato tipo di enormi imprese, i monopoli della comunicazione, sono un esempio palese del livello di instaurazione di un potere realmente dittatoriale che lotta con tutti i mezzi per mantenere la sua posizione dominante sulle ampie masse lavoratrici.

Se infatti andiamo ad indagare sulla composizione e proprietà dei principali gruppi del settore della comunicazione italiana, osserveremo il livello di concentrazione e la capacità di controllo di esso da parte dei grandi monopoli capitalisti. Pochi Gruppi Editoriali italiani controllano la quasi totalità di giornali, tv, radio, case editrici, così come la produzione e distribuzione cinematografica e portali internet.

Andando ad analizzarli uno ad uno:

La Mondadori, è controllata dal Gruppo Fininvest la holding che detiene tutte le proprietà di Silvio Berlusconi che controlla e partecipa al 40.07% alla Mediaset, al 53.06% alla Mondadori, al 100 % al A.C Milan, al 35.1% al Gruppo Mediolanum, al 100% al Teatro Manzoni e al 2.06 % alla Mediobanca. La Mondadori possiede il 39.27 % de "il Giornale" (9° quotidiano per diffusione) il cui restante 60.73% è di proprietà di Paolo Berlusconi (fratello di Silvio). La stessa Mondadori possiede le Case Editrici: Libreria Mondadori, Giulio Einaudi Editore, Edizioni Piemme, Sperling & Kupfer. Possiede inoltre la Radio "Radio 101" e i periodici Panorama, TV Sorrisi e Canzoni, Grazia, Donna Moderna, Chi, Flair, Focus, Geo, Interni, Jack, Men'sHealth, Sale & Pepe, Starbene, Telepiù, TuStyle, Icon, Wellness, inTavola.

L'Espresso di Carlo De Benedetti, controlla la casa pubblicitaria A.Manzoni&C., il quotidiano "La Repubblica" (2° quotidiano per diffusione), le radio e Tv "Radio Dee Jay" e "TV Dee Jay", "Radio Capital" e "Radio Capital Tv", "Repubblica Tv" e "Onda Latina", i periodici "L'Espresso", "National Geographic", "Le Scienze", "Mente", "Lines", "Micromega", e i quotidiani locali "Alto Adige", "Trentino", "Corriere Alpi", "il Centro", "Gazzetta di Mantova", "Gazzetta di Modena", "Gazzetta di Reggio", "il Mattino di Padova", "Messaggero Veneto", "La Nuova", "La Nuova Ferrara", "Il Piccolo", "La Provincia", "Il Tirreno", "La Tribuna di Treviso", "La Città", "La Sentinella". Le azioni del gruppo Espresso, appartengono al 53.8% alla CIR (Compagnie Industriali Riunite) S.p.A. che è una holding italiana controllata al 46% dalla COFIDE holding finanziaria della famiglia De Benedetti, gruppo industriale attivo nell'energia, nei media, nella componentistica auto, nella sanità e negli investimenti non-core (venture capital, private equity e altri investimenti). Il gruppo CIR registra un fatturato di circa 5 miliardi, con circa 14mila dipendenti. Le principali partecipazioni, oltre al gruppo Espresso, sono la Sorgenia Holding S.p.A che controlla il 79.7% di Sorgenia S.p.A. uno dei principali operatori del mercato libero dell'energia elettrica e del gas naturale. La Sogefi S.p.A. al 58.3%, azienda operante nella componentistica per auto che controlla 4 marchi: TECNOCAR, PURFLUX, FIAAM, FRAM. Infine la KOS S.p.A. al 51.3% che possiede circa 60 strutture sanitarie e 5.059 posti letto. La COFIDE (Gruppo De Benedetti) oltre alla CIR, partecipa alla Società Finanza Attiva S.p.A (89%), alla Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A., alla Cofide International S.p.A. (100%), alla Cofidefin Servicos de Consultoria Lda. Come azionisti di COFIDE, troviamo anche il Credit Suisse (al 7.66%). Nella CIR troviamo invece come azionisti la Bestinver Gestion (11.3%) e la Norges Bank (2.7%).

Nel CDA del Gruppo Espresso troviamo Sergio Erede, amministratore di Luxottica (di Del Vecchio, secondo uomo più ricco d'Italia, e tra i suoi maggiori azionisti troviamo la Deutsche Bank); Luca Paravicini Crespi, consigliere della Piaggio dei Colaninno (dove siede accanto a Vito Varvaro, il quale a sua volta è anche nel Cda della Tod's di Diego Della Valle) e figlio di Giulia Maria Crespi, ex direttore editoriale del Corriere ed ex presidente del Fai; e Mario Greco, consigliere di Indesit Company (dove siede anche Emma Marcegaglia) e della Saras di Massimo Moratti (rappresentato anche nel Cda del Corriere attraverso i consiglieri del gruppo Pirelli di proprietà di Tronchetti Provera), una delle massime società italiane nel settore petrolifero e energetico, di cui possiedono azioni di minoranza anche la Rosneft (compagnia petrolifera del governo russo) e Assicurazioni Generali.

Passiamo al Gruppo Editoriale RCS che possiede i quotidiani "Corriere della Sera" (1° quotidiano italiano) e "La Gazzetta dello Sport" (4° quotidiano italiano), le Case Editrici "Rizzoli", "Bompiani", "Fabbri Editori", "Marsilio", "Lizard", "RCS Collezionabili", "SuperPocket", "Firme ORO", "Sonzogno", "Skira", "Archinto", "Adelphi", "Etas". Inoltre possiede le Radio e Tv, "Radio 105", "Radio MonteCarlo", "Virgin", "Lei", "Dove Tv", e i periodici "Oggi", "Cucino", "Novella", "Visto", "Astra", "Ok", "Domenica Quiz", "Quiz mese", "Sette", "Dove", "Y&S", "Corriere Erboristica", "Amica", "A", "Io", "Style", "Max", "CA casamica", "Case da Abitare", "Il Mondo", "L'Europeo", "Costruire", "Abitare". L'Azionariato della RCS è così composto: Fiat S.p.A. al 20.55% (Famiglia Agnelli), Mediobanca S.p.A. (15.45 %), Diego Della Valle (8.99%) tramite la Dorint Holding S.p.A. e la Di.Vi. Finanziaria di D.Della Valle&C., la Finsoe S.p.A. al 5.65% tramite la Fondiaria Sai S.p.A., la Milano Assicurazioni, la Saifin S.p.A. e la Siat S.p.A., la Pirelli (5.44%), Intesa Sanpaolo (6.54%), Banco di Napoli, Cassa di Risparmio del Veneto, Benetton e l'elenco è ancora lungo. Andando ad analizzare il CDA della RCS troviamo Carlo Pesenti consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca; Fulvio Conti amministratore delegato e Direttore Generale della società Enel, vicepresidente di Confindustria che nel 2012 ha partecipato alla riunione del Gruppo Bilderberg in Virginia USA.

Il Gruppo Editoriale "Il Sole 24 Ore" appartiene alla Confindustria (quindi diretta espressione dei desiderata dei principali gruppi industriali del Paese) e controlla il quotidiano "Il Sole 24 Ore" (3° quotidiano italiano), le radio "Radio 24" e "Radio 24 Ore Radiocor", e i periodici "English24", "l'Impresa", "Aspenia", "Ristrutturare", "Applicando". Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo Cerutti, consigliere di amministrazione della Saras (Moratti); Luigi Abete, presidente della BNL (gruppo Paribas); Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo Group, di Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in Mediobanca.

Gruppo Editoriale "Poligrafici" possiede i quotidiani "QN-La Nazione" (11° quotidiano italiano), "Il Resto del Carlino" (7° quotidiano italiano), "Il Giorno" (20° quotidiano italiano) e i periodici "Cavallo", "Onda Tivù" e "L'Enigmistica". Il Gruppo è legato anche a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e Gemina (attraverso Massimo Paniccia e Aldo Minucci) e alla Premafin della famiglia Ligresti.

Editore Caltagirone è di proprietà della Famiglia Caltagirone che possiede la Caltagirone S.p.A. una holding cui fanno capo le attività del gruppo Caltagirone nei settori dei grandi lavori, del cemento, immobiliare, finanziario e dell'editoria, Cementir S.p.A.(4° produttore di cemento in Italia e in Turchia, mentre in Scandinavia è il principale produttore di cemento bianco e calcestruzzo), Vianini Lavori S.p.A , opera dal 1890 nei settori più avanzati dell'ingegneria civile e nell'industria dei manufatti in cemento e annovera tra i principali clienti anche la Enel e FS) e Vianini Industria S.p.A attiva nella realizzazione di strutture (tubi, piloni, prodotti idraulici) in cemento oltre che di materiali per l'armamento ferroviario. Inoltre, partecipa in Assicurazioni Generali, Unicredit, Acea e Grandi Stazioni. Possiede l'azienda pubblicitaria "PIEMME" e i quotidiani "Il Messagero" (6° quotidiano italiano), "Leggo", "il Gazzettino" (15° quotidiano italiano), "Corriere Adriatico", "In Città", "il Mattino" (19° quotidiano italiano) e la Tv "Telefriuli".

L' "Editrice La Stampa" possiede il quotidiano "La Stampa" (5° quotidiano italiano), di proprietà del gruppo Fiat tramite la Holding Itedi con Presidente J.Elkann.

"L'Unità" (giornale del PD) appartiene al gruppo Tiscali società di telecomunicazioni di Renato Soru nel cui consiglio d'Amministrazione siede Maurizio Carfagna consigliere di Mediolanum e Victor Uckmar che troviamo anche in Class dei Fratelli Panerai che controllano Milano Finanza e Italia Oggi (14° quotidiano italiano).

Il Gruppo Tosinvest di Angelucci, proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture sanitarie (fra cui l'ospedale S. Raffaele di Roma), possiede i quotidiani "Libero" (13° quotidiano italiano)e "il Riformista".

Senza dimenticare il quotidiano l'Avvenire (10° quotidiano italiano) di proprietà della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) tramite la «Fondazione di Religione "Santi Francesco d'Assisi e Caterina da Siena" che possiede anche la rete TV2000.

Rimanendo nei maggiori quotidiani possiamo vedere quindi che nella proprietà e Consiglio d'Amministrazione del Corriere della Sera sono presenti i maggiori gruppi industriali e finanziari (bancari e assicurazioni), come la Fiat, Pirelli, Tod's (Della Valle), Gruppo Indesit, Italcementi (Marcegaglia), Italmobiliare, Acciaierie Lucchini, Telecom, Generali, Fondiaria, Unicredit, Intesa San Paolo e Mediobanca ecc…. A "La Repubblica", la Piaggio, Luxottica, la Saras (Moratti) che troviamo anche nel Sole 24 Ore e nel Corriere della Sera ecc… ecc… Nel grafico seguente [ 
http://www.senzatregua.it/wp-content/uploads/2014/05/info.bmp ], frutto di uno studio inchiesta effettuato qualche anno fa, si può evidenziare in modo molto chiaro e nitido il complesso groviglio descritto finora considerando inoltre che ogni gruppo ha partecipazioni a vari livelli in altri gruppi finanziari e industriali.

Un complesso groviglio di testate, gruppi e nomi di tecnici intermediari (ossia quelle figure come avvocati, consulenti, commercialisti, che compaiono in questi e quelli CdA a rappresentare gli interessi di uno o più gruppi) che rappresentano gli interessi di un'unica classe. La linea editoriale è ciò che distingue una testata giornalistica da un'altra, cioè la missione strategica dalla quale si scelgono e analizzano le notizie. Essa si forma a partire dal proprietario e dal luogo decisionale delle società capitalistiche, ossia il Consiglio d'Amministrazione (CdA). Come abbiamo per l'appunto già visionato (in modo ancora poco approfondito, ma in modo già sufficiente per capire), essi sono composti da gruppi e uomini direttamente legati ai grandi gruppi industriali e finanziari che controllano quindi direttamente l'informazione secondo i propri interessi, facendo passare quello che in realtà è un monopolio per "pluralismo". Prova del grande interesse di imprenditori e manager intorno a questo settore, è la recente grande battaglia tra Diego Della Valle e la famiglia Agnelli per il controllo della RCS – Corriere della Sera.

Osservando il settore televisivo la situazione non è certo differente: con l'introduzione del Digitale Terrestre e la diffusione della tv satellitare a pagamento, vi è ormai un infinito numero di canali televisivi che danno una visione di "pluralismo" di scelta, ma se andiamo ad osservare a chi fanno capo questi canali possiamo facilmente accorgerci come esista in Italia un monopolio composto da Rai – Mediaset – TI Media – Sky Italia, che possiedono un'ampia gamma di canali e assorbono la quasi totalità del mercato e della pubblicità. La Rai è di proprietà statale (dello Stato borghese), nel cui CdA siedono uomini e donne delle maggiori organizzazioni politiche in Parlamento, quindi i Partiti che rappresentano gli interessi dell'oligarchia finanziaria nel suo complesso. Sette consiglieri vengono eletti dalla Commissione parlamentare di vigilanza e due dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che è il maggior azionista della Rai, tra cui il Presidente del CdA. Osservando l'attuale CdA prendiamo come esempio, Luisa Todini, imprenditrice in quota Forza Italia, proprietaria della "Todini Costruzioni s.p.a." e allo stesso tempo membro del CdA della Salini Impregilo, il principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni. E' anche membro della Fondazione Italia-USA. La Rai a sua volta controlla diverse società che operano nel mercato dei media e del broadcasting: Rai Pubblicità (prima Sipra, concessionaria per la pubblicità sulla Rai), RaiNet (che gestisce i siti Rai), Rai Way, Rai World, Rai Cinema (produzione, acquisizione e gestione dei diritti dei prodotti audiovisivi sui canali della filiera cinematografica) e la 01 Distibution (settore della distribuzione col quale controlla direttamente lo sfruttamento commerciale dei film). Alla Rai sono collegate la San Marino Tv, Tivù Srl (piattaforma satellitare gratuita, partecipata in modo paritario da Rai e Mediaset al 48% e al 4% da Telecom Italia) e Euronews che riunisce a livello europeo le tv pubbliche, che rappresenta gli interessi delle oligarchie europee che controllano le Tv statali dei vari paesi dell'Ue.

Il Gruppo Mediaset, come prima detto, è controllata dalla Holding Fininvest della famiglia Berlusconi. E' un'impresa multinazionale, con filiali in Spagna e Paesi Bassi, e ha come presidente Fedele Confalonieri, presente sul Digitale Terrestre e nel settore della Pay-Tv, detiene l'intera rete di trasporto per la diffusione del segnale televisivo per la diffusione del Digitale Terrestre attraverso Elettronica Industriale. Possiede oltre le reti generaliste e commerciali anche (tra le altre) la Medusa Film e la Taodue (film), e la Endemol (con sede nei Paesi Bassi) che produce format televisivi per tutto il mondo. Pubblitalia è la concessionaria esclusiva di pubblicità del Gruppo Mediaset, che è leader della raccolta pubblicitaria, e tramite la sua controllata Publieurope gestisce la vendita di spazi pubblicitari su più di venti canali televisivi europei, tra cui quelli del secondo gruppo radio televisivo europeo ProSiebenSat.1 Media, presente in 13 Stati. Al Gruppo Mediaset partecipano i principali istituti di credito italiani e alcuni investitori stranieri, tra cui il Principe Al-Waleed, 26° uomo più ricco del mondo. Con il programma ADR (American Depositary Receipt) fa parte del mercato finanziario americano con la JPMorgan Chase come banca depositaria. Con la società Media Shopping (e l'omonimo canale televisivo) detiene il primato nel mercato delle vendite a distanza con oltre 900 punti vendita nel settore della Grande Distribuzione italiano, tra cui Carrefour, Auchan, Billa, Iper e Autogrill. Possiede inoltre anche 8 canali televisivi in Spagna attraverso il Grupo Gestevision Telecinco (50.13%), così come in Nordafrica con il canale Nessma e in Cina con il canale Sportnet Media e China Sport Programs Network.

Telecom Italia Media, è una società controllata al 77.7 % da Telecom Italia, 7° gruppo economico italiano e principale azienda italiana delle telecomunicazioni che tra i suoi azionisti ha la holding italo-spagnola Telco S.p.A. composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo e Telefonica. Nel CdA di Telecom Italia troviamo Jean P. Fitoussi presente anche nel consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Sanpaolo, Renato Pagliaro, banchiere, presidente di Mediobanca, vicepresidente di RCS MediaGroup e membro del CdA della Pirelli, Gennaro Miccichè, Direttore Generale di Intesa Sanpaolo e Amm. Delegato di Banca IMI, Gabriele Galateri di Genola, presidente di Assicurazioni Generali e Tarak Ben Ammar, capitalista tunisino proprietario della società di produzione e distribuzione francese Quinta Communications, della holding Holland Coordinator & Services Bv (HC&S), di Prima TV con il 95%, della The Weinstein Company con il 20%, della Eagle Pictures con il 75%, della Lux Vide con il 25%, di International Entertainment con l'8,6%, di Europa TV con il 51%, di On-tv e di Nessma Tv con il 25%, socio a vari livelli di Murdoch, Kirch e Berlusconi, nonché membro del CdA di Mediaset, Assicurazioni Generali e Mediobanca nonché consulente del principe saudita Al-Waleed. La Telecom Italia Media S.p.A. possiede laTM News, agenzia giornalistica multicanale, partener italiana del network americano CNN, con redazioni in Europa, a Budapest, Bruxelles e Mosca, ed una a New York (USA), distribuendo notizie video per i principali quotidiani italiani nella versione on-line, tra cui Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa oltre a emittenti come Rai, Mediaset, La 7, Sky e Telenorba. La Telecom Italia Media SpA ha ceduto di recente la MTV Italia Srl che adesso è controllata dalla MTV Networks Europe del gruppo Viacom Media Networks una società americana che possiede numerosi canali TV e aziende internet in tutto il mondo. La MTV Italia Srl produce le emittenti MTV, Comedy Central, Nick e Nickelodeon, presenti nel settore Digitale Terrestre, Satellitare, pay e free. Fino a meno di un anno fa, faceva parte della Telecom Italia Media anche La 7, ora di proprietà della Cairo Comunication di Urbano Cairo (pres. anche del Torino Calcio), che si occupa della vendita degli spazi pubblicitari con concessioni nel gruppo RCS (Io Donna, Oggi e TV Sette) e nei mensili dell'Editoriale Mondadori, e possiede anche due settimanali: Dipiù e DipiùTV.

Infine, (non certo ultimo per importanza) Sky Italia (che assumiamo come esempio delle grandi multinazionali del settore), che fa parte della News Corporation del gruppo Murdoch, uno dei primi quattro conglomerati mediatici degli Stati Uniti, che controlla un gran numero di società del settore della comunicazione in tutto il mondo. Dall'Editoria (HarperCollins) e Zondervan, ai quotidiani (The Sun, The Sunday Times, The Times, New York Post, The Wall Street Journal, The Australian), le Stazioni Radio (Radio City in India, Radio Veronica nei Paesi Bassi, Nasche e Best FM in Russia), la produzione cinematografica (20th Century Fox, Fox Searchlight Pictures), le televisioni (Fox, Independent Television, News Corp Europe che controlla canali in Bulgaria, Italia, Romania, Serbia, Turchia, Georgia, Polonia, Israele) la televisione satellitare (Sky Digital Regno Unito, Sky Italia, Foxtel Australia, Sky Deutschland Germania, Star Tv Asia, Phoenix Satellite Tv Hong Kong), la televisione via Cavo (basta citare tutta la catena FOX negli USA e in Sud America), per finire con Internet (Indya – portale indiano, IGN Entertainment – portale internet, Grab.com, news.com.au – portale d'informazione australiano, casa.it, whatifsports.com, sibellusmusic.com). Come la News Corporation del gruppo Murdoch, vi sono altre (poche) corporation che controllano una grandissima quantità di Tv, giornali, case editrici e produzione cinematografica ecc… Sky Italia è il risultato della fusione di Stream, Telecom Italia e la pay-tv da lui fondata.

Anche Internet, si regge sui grandi monopoli del settore come Google, Microsoft, Twitter o Facebook ecc… che controllano le principali reti. Questi ci consegnano risultati di ricerca che influenzano il modo di fruire internet e di ricevere informazioni, e quindi attraverso la rete, il mondo. Dall'evoluzione da Internet 1.0 (pagine web di sola lettura) a Internet 2.0 (Web social nella quale si può interagire, come creatore e consumatore di contenuti) vi sono stati grandi cambiamenti. Internet si regge su monopoli che seguono la logica dell'aumento del profitto e non certo quella della libera circolazione di idee, dove regnano le logiche di mercato e delle gerarchie conseguenti, tutto il contrario quindi di quello che ci vogliono far apparire come un piano orizzontale. Come ogni prodotto che nasce in seno al capitalismo, anche in questo campo l'obiettivo è quello di soddisfare non le necessità delle masse, ma assicurare enormi somme milionarie a coloro che ne sono proprietari. La fonte principale nella rete è la pubblicità, e le attuali piattaforme, in particolare le più generaliste (Facebook, Google + …) settorizzano al massimo la popolazione. Le reti sociali, sono nella pratica un immensa base di dati che permettono alle imprese private di realizzare campagne pubblicitarie totalmente adattate e dettagliate. Esiste una grande compravendita di dati che gira tutto intorno ai grandi social media che sono forse la prima forma di profitto che utilizza la tendenza umana alla cooperazione e alla condivisione di informazioni. Ad esempio Facebook si muove come se volesse inglobare tutta la rete e sostituirsi ad essa. Ognuno dei milioni di utenti che usa Facebook, ogni giorno produce contenuti per il network, di fatto lavora senza accorgersene e senza essere pagato, produce valore senza tradursi in salario, ma solo in profitto per altri (i proprietari dei mezzi di produzione che vendono i dati sensibili, i pattern della navigazione ecc.) ossia coloro che fanno soldi col lavoro dei primi. L'informazione, è merce. La comunità che usa Facebook produce informazione (sui gusti, sui modelli di consumo, sui trend di mercato) che il capitalista impacchetta in forma di statistiche e vende a soggetti terzi e/o usa per personalizzare pubblicità, offerte e transazioni di vario genere. Ma queste grandi società private che operano su internet, comeGoogle e Facebook, non usano soltanto l'enorme quantità di dati disponibili relativi agli utenti come fonte di reddito, ma esse sono in grado di esercitare un controllo preciso sulle masse. Circa il 70% delle comunicazioni via internet nel mondo sono nelle mani di una sola società americana: Level 3 Communications, a cui seguono AT & T, British Telecom e Telefonica ecc. E' l'oligarchia finanziaria quella che finanzia la costruzione di immense infrastrutture fisiche, necessarie al funzionamento di internet, che non è "un qualcosa di virtuale" ma è fatto di cavi, satelliti, torri, server in tutto il mondo, brevetti. Con questi mezzi pertanto poche società controllano miliardi di persone, di informazioni e influenzano gli eventi. Basti pensare solo che Google ha acquisito dal 2001 ad oggi, 147 aziende.

Dai giornali, alla TV, alle case editrici, alle produzioni cinematografiche, a internet ecc… è evidente chi è che detiene il potere dei mezzi di comunicazione, mettendo in evidenza la ridicola farsa della pluralità dell'informazione e l'innegabile funzionalità di questi mezzi come apparati di propaganda e profitti dell'oligarchia finanziaria. Nell'imperialismo, i monopoli sviluppano il fenomeno della combinazione, al fine di assicurare una maggiore stabilità dei loro affari che si realizzano con un ampio controllo di tutti i rami legati a una determinata industria, controllando non solo la produzione, ma anche la distribuzione e il commercio dei suoi prodotti per cui risultano tremendamente utili gli apparati mediatici.

Come si può pensare dunque di definire l'informazione prodotta direttamente dai grandi gruppi industriali, bancari e finanziari come "libertà di stampa"? Lenin, nel discorso al I Congresso dell'Internazionale Comunista così affrontava la questione: "…I capitalisti hanno sempre chiamato "libertà" la libertà di arricchirsi per i ricchi e la libertà di morire di fame per gli operai. I capitalisti chiamano libertà di stampa la libertà per i ricchi di corrompere la stampa, la libertà di usare le loro ricchezze per fabbricare e contraffare la cosiddetta opinione pubblica. In realtà, i difensori della "democrazia pura" sono i difensori del più immondo e corrotto sistema di dominio dei ricchi sui mezzi d'istruzione delle masse, essi ingannano il popolo, in quanto lo distolgono, con le loro belle frasi seducenti e profondamente ipocrite, dal compito storico concreto di affrancare la stampa dal suo asservimento al capitale. L'effettiva libertà e uguaglianza si avrà nel sistema costruito dai comunisti e in cui non ci si potrà arricchire a spese altrui, in cui non ci sarà la possibilità oggettiva di sottomettere direttamente o indirettamente la stampa al potere del denaro, in cui niente impedirà a ciascun lavoratore (o gruppo di lavoratori di qualsivoglia entità) di godere in linea di principio e nei fatti dell'uguale diritto di usare le tipografie e la carte appartenenti alla società" (4).

Qualche giorno fa, il 3 Maggio, la stampa ha autocelebrato la "Giornata Mondiale della Libertà di Stampa" (istituita dall'ONU) con una esplicazione emblematica di ciò che è la Libertà di stampa nel capitalismo, mistificando (se non addirittura nascondendo) in modo ripugnante il massacro di Odessa ad opera dei neonazisti di Kiev pilotati da Washington e Bruxelles. In questa società, la parola d'ordine della "libertà di stampa" non ha alcun valore reale ed è da sciocchi aspettarsi qualcosa di diverso; il pluralismo dell'informazione borghese rimane solo un abbellimento ingannevole del dominio della classe capitalista anche in questo ambito. Marx affermava che "la prima libertà della stampa consiste nel non essere un'industria, un mestiere", partendo da ciò ne deriva che è solo "cretinismo" piccolo-borghese sperare che possono esistere dei giornali e/o giornalisti "neutri" o "vergini" all'interno dell'apparato del sistema soprattutto mediatico, essendo al servizio dell'ideologia e cultura borghese e degli interessi dei lori padroni, vivendo sui finanziamenti statali, derivanti da pubblicità o direttamente dai grandi gruppi finanziari e industriali. 

Per affrontare correttamente la questione della stampa bisogna partire dalla concreta realtà della divisione in classi della società, in cui neanche il ruolo della stampa è neutrale realmente, o tutela gli interessi di una o dell'altra classe. Coloro che negano ciò, rifiutano l'idea dell'indipendenza e autonomia di classe anche in questo settore, e la necessità di rifiutare gli organi di propaganda borghese organizzando la propria stampa di classe, rivoluzionaria, comunista. E' in questo quadro che si inserisce l'importanza della contro-informazione di classe, ma in particolare della stampa comunista, e quindi del nostro giornale, per diffondere le idee rivoluzionarie, per diffondere le lotte e l'organizzazione, e soprattutto per illuminare i problemi dei giovani da un'ottica di classe indicando i modi per risolverli, concentrandoci sulla lotta per la liberazione dallo sfruttamento capitalistico che comporta la lotta per l'emancipazione dei giovani dall'influenza della borghesia e dall'opportunismo, e questo non è possibile senza lo studio, senza libri marxisti e senza la propaganda della stampa comunista rivoluzionaria che si unisce alla prassi. Per questo 102 anni fa (5 Maggio 1912), in questo giorno, venne fondata la Pravda. Per questo c'è bisogno di Senza Tregua – Giornale Comunista e del suo rafforzamento, così come domani la requisizione di tutti i mezzi di propaganda in mano alla borghesia, all'oligarchia finanziaria, sarà una necessità e dovere rivoluzionario. 

Note:
1) P. Secchia – I crociati della menzogna – Rinascita, 1950 http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cp/mdcpag21-007333.htm
2) La genesi economica dell'imperialismo: dalla concentrazione al monopolio da Marx a Lenin -http://www.senzatregua.it/?p=960
3) K. Marx – L'ideologia Tedesca
4) V. Lenin – I Congresso dell'Internazionale Comunista – Opere Complete, vol. 28 pag.464-465


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ce texte en francais:
25 vérités sur Reporters sans frontières
L’organisation française prétend défendre la liberté de la presse. En réalité, se cache un agenda politique bien précis
par Salim Lamrani - 05/05/2014

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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 12-05-14 - n. 498

Le 25 verità su Reporters sans frontieres

L'organizzazione francese pretende di difendere la libertà di stampa. In realtà nasconde un'agenda politica ben precisa.

Salim Lamrani * | operamundi.uol.com.br
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/05/2014

1. Fondato nel 1985 da Robert Ménard, Jean-Claude Guillebaud e Rony Brauman, Reporters sans frontières (da adesso Rsf) ha il compito ufficiale "di difendere la libertà di stampa nel mondo, cioè il diritto di informare ed essere informati, ai sensi dell'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo".

2. Tuttavia, nonostante questa professione di fede ufficiale, Rsf presenta un lato oscuro e un'agenda politica ben precisa, spesso legata a quello di Washington e se la prende in particolare coi governi di sinistra in America latina, risparmiando i paesi sviluppati.

3. Rsf è stata finanziata dal governo degli Stati uniti attraverso il National endowment for democracy (Ned). L'organizzazione del resto non lo nasconde: "Certamente, riceviamo denaro dal Ned. E questo per noi non rappresenta un problema".

4. Il National endowment for democracy [Fondo nazionale per la democrazia] è stato creato dall'ex presidente statunitense Ronald Reagan nel 1983, in un'epoca in cui la violenza militare aveva preso il posto della diplomazia tradizionale nel trattare gli affari internazionali. Grazie alla sua potente capacità di penetrazione finanziaria, il Ned si prefigge di indebolire i governi che si oppongono alla politica estera di Washington.

5. Secondo il New York Times, (articolo del marzo 1997), il Ned "è stato creato 15 anni fa per realizzare pubblicamente ciò che la Central intelligence agency (Cia) ha fatto in modo nascosto per decenni. Spende 30 milioni di dollari l'anno per sostenere partiti politici, sindacati, movimenti dissidenti e mezzi d'informazione in decine di paesi".

6. Nel settembre 1991, Allen Weinstein, padre della legislazione che ha partorito il Ned, ha espresso al Washington Post la seguente opinione: "Molto di ciò che facciamo oggi è stato fatto dalla Cia 25 anni fa in modo clandestino".

7. Carl Gershman, il primo presidente del Ned, ha spiegato la ragione d'essere della fondazione nel giugno 1986: "Sarebbe terribile per i gruppi democratici del mondo intero essere visti come finanziati dalla Cia. Lo abbiamo potuto vedere negli anni 1960 ed è per questo che vi si è messo fine. È perché non abbiamo potuto continuare a farlo, che il fondo (Ned) è stato creato".

8. Così, secondo New York Times, Allen Weinstein e Carl Gershman, Rsf è finanziato da un ufficio nascosto della CIA.

9. Rsf ha anche ricevuto un finanziamento dal Center for a free Cuba. Il direttore dell'epoca, Franck Calzón, è stato in passato uno dei presidenti della Fondazione nazionale cubano-americana (Fnca), coinvolta nel terrorismo contro Cuba, come ha rivelato uno dei suoi ex direttori José Antonio Llama.

10. Rsf ha ricevuto fondi da Overbrook fondation, ente fondato da Frank Altschul, promotore di Radio Free Europe, emittente della Cia durante la guerra fredda e stretto collaboratore di William J. Donovan, direttore dei servizi segreti statunitensi negli anni 1950 e fondatore dell'Office of strategic services, antenato della Central intelligence agency.

11. In passato, Rsf ha cercato di far passare sotto silenzio gli abusi commessi dall'esercito degli Stati uniti contro i giornalisti. Così, Rsf si è ricordato solo dopo - cinque anni più tardi - del caso di Sami Al-Haj, giornalista della rete televisiva del Qatar, Al-Jazeera, fermato e torturato in Afghanistan dalle autorità statunitensi e in seguito trasferito a Guantanamo. Al-Haj è stato finalmente liberato il 1° maggio 2008, dopo oltre sei anni di calvario. C'è voluta un'indagine di cinque anni a Rsf per scoprire che Sami Al-Haj era stato fermato, sequestrato e torturato soltanto a causa della sua professione di giornalista.

12. In un rapporto del 15 gennaio 2004, Rsf ha esonerato da qualsiasi implicazione i soldati statunitensi responsabili dell'assassinio del giornalista spagnolo José Couso e del suo collega ucraino Taras Protsyuk nell'Hotel Palestine a Baghdad. Secondo la famiglia Couso, "le conclusioni di questo rapporto discolpano gli autori materiali e riconosciuti del fatto all'Hotel Palestina basandosi sull'imparzialità incerta delle persone implicate e sulla testimonianza degli autori e responsabili del fatto, che rimandano questa responsabilità a individui non identificati. Il rapporto è stato firmato da un giornalista, Jean-Paul Mari, che trattiene relazioni note con il colonnello Philip de Camp, militare che ha riconosciuto il suo coinvolgimento nell'attacco e nella morte dei giornalisti all'Hotel Palesatine e inoltre la sua relazione si impernia sulle prove di tre giornalisti molto vicini alle forze nordamericane, tutti statunitensi, uno dei quali - Chris Tomlinson - è stato membro dei servizi segreti dell'esercito degli Stati uniti per oltre sette anni. Nessuno dei giornalisti spagnoli che si trovavano nell'hotel è stato consultato per l'elaborazione di questo documento". Il 16 gennaio 2007, il giudice madrileno Santiago Pedraz ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti del sergente Shawn Gibson, del capitano Philip Wolford e del tenente colonnello Philip de Camp, responsabili degli assassinii di Couso e Protsyuk, assolti da Rsf.

13. Rsf ha sostenuto l'invasione dell'Iraq nel 2003 affermando che "il rovesciamento della dittatura di Saddam Hussein ha posto termine a trenta anni di propaganda ufficiale e aperto un'era di nuova libertà, piena di speranze e di incertezze, per i giornalisti iracheni. Per i media iracheni, decine d'anni di privazione totale di libertà di stampa sono terminati con il bombardamento del Ministero dell'Informazione, il 9 aprile a Baghdad".

14. Il 16 agosto 2007, durante una trasmissione della radio "Contre-expertis", Robert Ménard, allora segretario generale di Rsf, ha legittimato l'utilizzo della tortura.

15. Rsf ha sostenuto il colpo di stato contro il presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide organizzato dalla Francia e dagli Stati uniti titolando: "La libertà di stampa ritrovata: una speranza da mantenere".

16. In occasione del colpo di stato contro Hugo Chávez nell'aprile 2002, organizzato da Washington, Rsf ha pubblicato un articolo il 12 aprile 2002 che riprende, senza alcuna riserva, la versione dei golpisti e prova a convincere l'opinione pubblica internazionale che Chávez si era dimesso: "Recluso nel palazzo presidenziale, Hugo Chávez ha firmato le sue dimissione nella notte, sotto pressione dell'esercito. È stato in seguito condotto al forte di Tiuna, la principale base militare di Caracas, dove è detenuto. Immediatamente dopo, Pedro Carmona, il presidente di Fedecámaras, ha annunciato che avrebbe diretto un nuovo governo di transizione. Ha affermato che il suo nome era oggetto 'di un consenso' della società civile venezuelana e del comando delle forze armate".

17. Rsf ha sempre rifiutato di occuparsi del caso di Mumia Abu-Jamal, il giornalista nero che langue nelle carceri statunitensi da trenta anni per avere denunciato nei suoi servizi la violenza poliziesca verso le minoranze.

18. Rsf conduce regolarmente campagne contro Cuba, paese tuttavia dove nessun giornalista è stato mai assassinato dal 1959. L'organizzazione è in stretta collaborazione con Washington sull'argomento. Così, dal 1996, Rsf ha incontrato a Parigi Stuart Eizenstat, ambasciatore speciale dell'amministrazione Clinton per gli affari cubani.

19. Il 16 gennaio 2004, Rsf si è riunita con i rappresentanti della estrema destra cubana della Florida per predisporre una strategia di lotta mediatica contro il governo cubano.

20. Rsf ha lanciato molte campagne mediatiche diffondendo messaggi pubblicitari sulla stampa scritta, alla radio e alla televisione, destinati a dissuadere i turisti a recarsi a Cuba. È ciò che raccomanda la prima relazione della Commissione d'assistenza per una Cuba libera, pubblicata dal presidente Bush nel maggio 2004 e che aumenta le sanzioni contro Cuba. Questa relazione cita del resto Rsf, per esempio alla pagina 20.

21. Rsf afferma apertamente che solo i paesi sottosviluppati sono di suo interesse: "Abbiamo deciso di denunciare i danni della libertà di stampa in Bosnia e in Gabon e le ambiguità dei media algerini o tunisini… ma di non occuparci delle derive francesi". Perché? "Perché, così facendo, rischiamo di scontentare alcuni giornalisti, di inimicarci i grandi magnati della stampa e di allontanare il potere economico. Ma, per diffonderci attraverso i mass media, abbiamo bisogno della complicità dei giornalisti, del sostegno di magnati della stampa e del denaro del potere economico".

22. Jean-Claude Guillebaud, cofondatore di Rsf e primo presidente dell'associazione, ha lasciato l'organizzazione nel 1993. Spiega le sue ragioni: "Pensavo che un'organizzazione di questo tipo potesse essere legittima soltanto se includeva un lavoro di critica del funzionamento dei media in occidente. Che siano le derive del lavoro giornalistico (menzogne, ecc.) o una riflessione sull'evoluzione di questo lavoro, le sue pratiche e i danni alle libertà possibili nelle democrazie. Altrimenti, saremmo dei neocolonialistici, portatori di arroganti lezioni: quando si interpellano i capi dei paesi del terzo mondo sui danni alla libertà di stampa da loro, la questione che ci poniamo automaticamente è di sapere quale uso facciamo della nostra libertà. Anche se le sfide non sono le stesse, la questione è essenziale e pensavo che occorresse dedicarle il 50% del nostro tempo e della nostra energia (…). Man mano che l'associazione si sviluppava, le operazioni diventavano sempre più spettacolari. Si sono poste due questioni: non vi era una contraddizione nel denunciare certi eccessi del sistema mediatico e utilizzare a nostra volta gli stessi metodi? Da parte sua, Robert Ménard pensava che occorresse far passare in sordina tutta l'attività di critica dei media per beneficiare del sostegno dei grandi giornali e delle grandi catene televisive (…). Li ho trovati troppo vicini alla stampa anti Chávez in Venezuela. Sarebbe certamente stato necessario essere più prudenti. Trovo capiscano molto poco degli Stati uniti".

23. Il quotidiano francese Libération, ancora sostegno fedele dell'organizzazione, nota che Rsf resta silenziosa sulle derive dei media occidentali: "Ormai, la libertà di stampa sarà esotica o non sarà". Molti "gli rimproverano il suo accanimento contro Cuba e Venezuela e la sua mansuetudine verso gli Stati uniti. Questo non è vero".

24. Rsf non ha mai nascosto le sue relazioni con il mondo del potere: "Un giorno, abbiamo avuto un problema di denaro. Ho chiamato l'industriale François Pinault perché ci fornisse il suo aiuto. (…) Ha risposto immediatamente alla mia richiesta. E solo questo che conta" poiché "la legge di gravità esiste, cari amici. E la legge del denaro anche".

25. Così, lontano dalle rivendicazioni d'imparzialità e di difesa della libertà di stampa, Rsf dispone effettivamente di un'agenda politica e se la prende regolarmente coi paesi della nuova America latina.

* Giornalista e specialista in relazioni tra Cuba e Stati uniti.



(deutsch / english)

More Analyses on Ukraine Crisis

1) War Propaganda in Ukraine – The Big Lie and lots of little lies (Sara Flounders)
2) GUILTY: Washington, Kiev responsible for Odessa massacre (Greg Butterfield)
3) Ukraine: U.S. behind attacks on resistance (Fred Goldstein
4) "Fascist Freedom Fighters" (GFP 12.05.2014)


Read also:

The White Book on Violations of Human Rights and the Rule of Law in Ukraine
(november 2013 — march 2014) by the Ministry of Foreign Affairs of the Russian Federation

Die Restauration der Oligarchen (II) (GFP 15.05.2014)
Bei ihren Bemühungen zur Stabilisierung des Kiewer Umsturzregimes intensiviert die Bundesregierung ihre Kontakte zu den ukrainischen Oligarchen… 


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http://www.workers.org/articles/2014/05/07/war-propaganda-ukraine-big-lie-lots-little-lies/

War Propaganda in Ukraine – The Big Lie and lots of little lies

By Sara Flounders on May 7, 2014

The U.S. corporate media are in lock step lying and distorting the events in Ukraine. These are many little lies leading to another version of the Big Lie, as explained by Nazi Propaganda Minister Josef Goebbels and used to justify U.S. aggression from Vietnam to Iraq and Libya.

The good news is that despite all the lies about Ukraine, every opinion poll shows the U.S. population wants no active involvement there.

Every news feed and articles on Ukraine here are saturated with references to “Russian dominance,” “Russian schemes” and “Russian operatives.” Those who resist the illegal Kiev coup regime might be called “forces,” “terrorists,” “separatists,” “militias” or “saboteurs,” but always with the adjective “pro-Russian” or “Russian-speaking.” They confront “Ukrainian soldiers seeking the unity of Ukraine.”

In news articles, commentators and politicians will use these terms often 10 times or more, even though all the resistance fighters are Ukrainian citizens and many have ethnic Ukrainian names. It is no accident that the media characterize workers who have lived for generations in Ukraine this way.

This ploy is accompanied by massive corporate media demonization of Russian President Vladimir Putin. He is called “scheming,” “domineering,” “secretive,” “authoritarian,” “manipulative,” “two-faced,” “overbearing,” and on down the thesaurus list of pejoratives. Pundits call Putin “solely responsible for the crisis” and demand he end it by submitting to Washington’s demands that Ukraine sign the Association Agreement and join the European Union and NATO.

They also want Putin to disarm the eastern Ukraine’s popular resistance to the fascist gangs that just burned 40 people to death in Odessa.

The Kiev coup regime — a completely illegal right-wing grouping that overturned the elected government to seize power in Ukraine — is neutrally described as the “Kiev government” or “Ukrainian government.” The corporate media call the fascist Right Sector and other neo-Nazi forces running this regime’s police and army, “government officials.”

These “officials” meet other officials in the White House, with the United Nations Security Council and with the EU to agree to austerity without the media challenging their legitimacy.

Every U.S. official who discusses the danger of Russian troop movement — within Russia — gets air time. Little to nothing is even reported of U.S. destroyers deploying in the Black Sea, NATO troop deployments eastward, jets and missile bases in eight countries encircling Russia or scheduled “U.S./NATO war games” in the region.

NATO’s expansion of military bases and interlocking U.S. dominated military commands with 28 NATO countries have been relabeled as a Russian campaign to expand its borders.

There are repeated warnings, without proof, about secret Russian agents, but little about CIA head Brennan’s visit to Kiev or the FBI agents and military advisers there.

Past Lies

U.S. imperialism has the world’s most powerful media, aimed during the buildup to war to saturate popular consciousness with justification for coming criminal actions. The challenge for corporate power in every war is that it must always hide with a saturation of slanders and non-facts repeated relentlessly this basic reality: Its endless wars are for profits, and the conquest and control of markets and resources.

The corporate media’s role is to set the terms of debate by using an unrelenting bias and a conscious distortion of even well-recognized facts, thus laying the ground for a fraudulent war provocation.

The Big Lie

The “Big Lie” that leads to military action is often exposed later, as with the fraudulent claim about “weapons of mass destruction” to justify the 2003 invasion of Iraq, the wild charges of “genocide” that were used to justify a “humanitarian” bombing of Serbia in 1999 or Libya 2011.

After a “Big Lie” has achieved its aim, historians, media talking heads and politicians may later complain that they were lied to. But no one is ever held accountable for lies that led to millions of deaths.

Even those who oppose the war, in an effort to sound objective, may allow the chorus of war propaganda to infect their consciousness and terminology. The most important role for the anti-war movement, regardless of its size, is to take action and refuse to give any credibility to the lies of the ruling-class media.

Majority in U.S. oppose war

This time the lie campaign is failing. Former Secretary of State Madeleine Albright, who sold the murderous Iraq sanctions and the bombing of Yugoslavia, criticized the U.S. corporate media for this failure to sell the conflict with Russia.

On April 30, she told an audience at the militarist, neocon think tank of “foreign policy and business leaders” called the Atlantic Council, “There is not enough of an explanation to the American people as to how important it is to deal firmly with Russia’s attacks on Ukraine. … I am very troubled by today’s poll published by the Wall Street Journal,” which confirms other surveys showing that “Americans want to worry about themselves” so that fewer than one-fifth of the U.S. population want more active U.S. “engagement in Ukraine.”

A USA Today/Pew Research Center Poll released on April 28 reported that the U.S. population opposed by more than 2 to 1 the idea of sending arms or military supplies to the Ukrainian government “to bolster its defenses against Russian forces.” So even with the most twisted, inaccurate and loaded wording on this poll, the best spin the media could put on these figures was that half the population would support economic sanctions.

The slipping position of U.S. imperialism and the growing hardships faced at home do not mean less media war propaganda, but more likely expanding it to a “Big Lie” to prepare for a serious war provocation.


=== 2 ===


GUILTY: Washington, Kiev responsible for Odessa massacre

By Greg Butterfield on May 6, 2014

May 4 — Imagine a gathering of diverse activists in a medium-sized U.S. city, representing low-wage workers, communities mobilizing against police brutality and radical organizations. It might be an Occupy Wall Street encampment, a civil rights rally or anti-war conference. You may have attended such events yourself.

Now imagine this gathering was attacked by a thousand members of the Ku Klux Klan, dispatched with government approval. Consider that the Klan members, armed with gasoline bombs, baseball bats and firearms, chased the unarmed activists into a union hall and set fire to the building.

Suppose dozens of activists died in the fire, while others were shot dead or beaten to death while trying to escape the inferno. What if police then arrested survivors and the media blamed them for the blaze, while the bigots responsible were allowed to escape?

How would the workers’ and progressive movements respond to such an atrocity?

This is the horrific scenario that played out in Odessa, Ukraine, on May 2.

Neo-Nazi gangs bused in from western Ukraine marched through the city, posing as sports fans going to a soccer match. They attacked local anti-fascist activists who tried to block them outside a shopping center.

The fascists set fire to the protest encampment set up by opponents of the U.S.-backed coup, forcing their unarmed opponents to retreat. Workers at the nearby House of Trade Unions opened their doors to shelter the activists.

Then the neo-Nazis attacked the trade union building, setting it ablaze. Paramilitary goons fired guns into windows, killing and wounding those attempting to escape. Some activists leaped from high windows and survived, only to be beaten to death on the ground.

In all, 46 anti-fascists were killed, most during the murderous attack on the trade union building. They included men and women, youths and seniors, activists and workers.

Photographs taken the following morning inside the trade union building show bodies charred beyond recognition, some having been shot, others suffocated or burned to death while half-hanging out of windows.

Some of the survivors were arrested. The killers were allowed to leave, to be used again another day.

On May 4, more than 1,000 courageous Odessans protested outside police headquarters and forced the authorities to release arrested anti-fascist protesters, including survivors of the attack on the trade union building. As they were released, the people chanted, “Heroes!”

Washington’s guilty silence

From the government of Russia to the European Left parliamentary group, angry messages of protest against the massacre and condolences for the people of Odessa poured in. But in Washington, there was silence — though President Obama did find time to praise Kiev’s attack on cities in the rebellious Donetsk region to “restore order.” So far, 13 unarmed activists and civilians in Slavyansk and 10 more in Kramatorsk have been killed in this latest offensive, falsely labeled “anti-terrorist.”

The corporate media have tied themselves in knots to avoid reporting the truth about Odessa. For example, a May 2 Reuters news agency report on the massacre never mentioned that those who died in the blaze were opponents of the Kiev regime, and only quoted pro-regime figures who blamed “Russian agents” for the violence.

Now, following lockstep with the latest fiction from Kiev, the media are trying to cast doubt on who set fire to the trade union building, or are even openly blaming the victims, despite ample video and photographic evidence of the fascist attack — much of it recorded and uploaded to the Internet by the fascists themselves!

Why are the media going to such lengths to cover up the truth?

Because the Kiev junta and its masters in Washington are responsible for the massacre.

The attack in Odessa was choreographed by Kiev. Police were deliberately withdrawn from the area of the fascist rampage to guard the Odessa headquarters of the Interior Ministry, headed by far rightist Arsen Avakov.

It also took place simultaneously with the fierce military assault on the city of Slavyansk.

Government leaders from both the Democratic and Republican parties were deeply involved in the planning and execution of the illegal February coup against the elected government. They have pushed their agents in the Ukrainian government to unleash neo-Nazi terror against the people of southeast Ukraine resisting the coup regime.

The U.S. has carried out a provocative military buildup in Eastern Europe and a propaganda war against Russia, blaming it for the anti-fascist rebellion sweeping southeast Ukraine.

Without even questioning its own support for the illegal Kiev junta, the U.S. has promised lavish loans, encouraged a multibillion-dollar IMF aid package and provided international political cover for Kiev.

Further, it was revealed by the German newspaper Bild am Sontag on May 4 that U.S. FBI and CIA agents are stationed in Kiev to “advise” the coup regime on its fight against the anti-fascist movement in the southeast.

This fits a long pattern of U.S. imperialist collaboration with fascist murderers to achieve its ends, from Indonesia to Chile to the former Yugoslavia.

‘Remember and fight’

Alex Albu, local coordinator of the leftist Union Borotba (Struggle), an elected member of the Odessa Regional Council, and candidate for mayor, was badly beaten while escaping the fire. Another Borotba member was shot in the stomach but survived.

Among those killed was Andrew Brazhevsky, a young Borotba member. His comrades report that Brazhevsky tried to escape the inferno by jumping from a high floor of the trade union building. He survived the fall, but was beaten to death by neo-Nazis waiting below to attack survivors.

“Andrew was a staunch communist, who devoted a lot of time to self-education, read the Marxist classics and modern leftist authors,” his comrades recalled. “The Odessa left remembers that this modest, intelligent guy tried not to miss a single political action, and has always been at the forefront.

“When the neo-Nazi forces came to power in Ukraine, Andrew enrolled in Odessa militias to defend their city from the Nazis. Unfortunately, that day the superiority of the forces was not on the side of the defenders of Odessa.

“Andrew, your death will not remain unavenged. Neo-Nazis are not masters in our cities, in our streets. We promise to remember you and fight.”

The criminal attack on Odessa by the fascist gangs has the potential to galvanize the people of southeast Ukraine to fight back with even more determination to destroy the fascist junta and push back U.S. imperialism’s drive to war against Russia.

It is the responsibility of workers and all progressive forces in the U.S. to tell the truth about what happened in Odessa, and to stop the imperialists from carrying out further war crimes against the people of Odessa, Ukraine and Russia.


=== 3 ===


UKRAINE: U.S. behind attacks on resistance

By Fred Goldstein on May 6, 2014

May 4 — U.S. imperialism has orchestrated and approved a new military offensive against the anti-Kiev resistance in towns and cities of the populous, industrial region of eastern Ukraine. This is playing with fire.

The offensive included an unspeakable massacre in Odessa, attacks on defenseless checkpoints around towns and cities, sudden helicopter raids and indiscriminate killing of civilians.

This offensive, underway now, aims at pumping some credibility into the discredited, illegal junta that Washington put in power by unleashing fascist violence against the elected Viktor Yanukovich government. These same fascists just carried out the Odessa massacre.

Besides trying to damage the resistance, the offensive is also aimed at provoking Russia’s government, which has repeatedly warned against launching violent attacks on the popular forces in Ukraine’s east.

Washington’s aim is to goad Russia into countermeasures that could serve as a pretext for a further escalation, either by wider sanctions, increased military pressure or both.

Aim is to stop incipient dual power

A more fundamental way to view this latest U.S.-backed “anti-terrorism offensive” is that it is a desperate attempt to break the momentum of a developing, incipient dual power in Ukraine’s southeastern region — especially to undermine the planned May 11 referendum in the east on federalization and autonomy.

This prospect became frighteningly evident to Washington after Kiev’s first offensive ended in ignominious collapse. The coup regime sent two columns of tanks and armored personnel carriers to oust the armed popular forces occupying government buildings. Local anti-Kiev authorities were widely supported by the population, who greeted the armored columns and prevailed upon them to refuse to attack their own people.

The result: Tanks, armored personnel carriers and ammunition were at day’s end in the hands of the resistance in Donetsk and Slovyansk. The Kiev putschists’ authority totally dissolved in the area. Two poles of authority were developing:  Kiev’s putschists, backed by imperialism and fascist forces, on one side; the resistance on the other. In a growing number of cities and towns of the Donetsk and Luhansk regions the anti-Kiev and anti-fascist forces had established local authority.

This first April 12 offensive came after a visit to Kiev by CIA head John Brennan. His strategy failed and his advice came to naught. The defeat was not only Kiev’s, but Washington’s.

The collapse of this offensive gave further impetus to the resistance, which took over more cities and towns.

This latest May 2 offensive, while inflicting some losses on the side of the resistance, has so far left the strategic centers under control of popular forces.

To get beyond the lying propaganda in nearly all the capitalist media — including the New York Times itself — that government officials and politicians were spouting daily,  and to better understand these popular forces, the Times sent two of its reporters to Slovyansk to get a real assessment of the forces on the ground.

Their article in the Times of May 3 focused on a key unit of military defense in Slovyansk — the 12th Company of the Peoples Militia of the Donetsk People’s Republic. Its commander was an “ordinary eastern Ukrainian” named Yuri, who was a former Soviet special forces commander in Afghanistan. He served four years in Kandahar fighting counterrevolutionaries who eventually overthrew the pro-socialist government in Kabul.

After all the propaganda insisting that Russian forces were behind the rebellion in the east, the reporters were forced to conclude that “the rebels of the 12th Company appear to be Ukrainian” who were veterans of the Soviet, Russian or Ukrainian armies.  They share a “passionate distrust of Ukraine’s government and the western powers that support it.”

The fighters shook their heads when asked if they were paid by Russia or the oligarchs to fight. “This is not a job. It is a service,” said a fighter named Dmitri. If Russia were behind them, they would have new weapons. The weapons they have were “taken from police buildings and a column of captured Ukrainian armored vehicles or bought from corrupt Ukrainian soldiers.”

The unit has widespread popular support. It has a network of spotters who track Ukrainian armed forces and fascists.  The Times reporters witnessed a crowd laboring to build a barricade and a bunker beside a bridge over a canal.

The population feeds them with healthful food. A volunteer’s mother set up a company kitchen, stocked by the people. There are barracks in a garage and an armory in a shed. The local police accept the militia’s authority and go about their patrols normally.

The fighters denounced the fascists and right wing in Kiev because “in western Ukraine they showed their faces: Nazis, fascist. … They destroyed monuments to Lenin, attacked our history.”

This is a clear picture in microcosm of incipient dual power. The anti-Kiev forces still have no central regional body to represent them politically. They have no centralized, regional military command yet, nor have they agreed upon common political demands. There is a long way to go.

But these obstacles can be overcome in time. If they succeed in holding the May 11 regional referendum in the east on federation, this can be a step toward regional autonomy or even regional separation.  This is precisely what imperialism and its right-wing stooges in Kiev are trying to forestall, disrupt and destroy, by any means necessary.

Where are the ruling class ‘doves’?

Just days before this second offensive, Secretary of State John Kerry declared at the Atlantic Council, “We will defend every inch of NATO territory.” In almost the same breath he mentioned Ukraine.

In fact, no NATO nation is under attack or under threat by Russia or anybody else. So this belligerent statement implied that NATO had military responsibility for Ukraine. By using ambiguous language, Kerry had virtually inducted Ukraine into NATO for purposes of military defense, without actually saying so.

This was a highly provocative pronouncement by the U.S. secretary of state. It was preceded by a statement from the Obama administration that its new doctrine was the “containment of Russia” and an end to dealing with the Putin administration.

The lack of any opposition to these provocations from any significant quarters in the U.S. ruling class is telling and ominous.

In fact, the present scenario is reminiscent of the run-up to the U.S. war on Iraq. The most adventurous sectors of the capitalist state and the political establishment seized the initiative to push U.S. imperialism’s aggressive expansion. President George W. Bush was backed by Vice President Dick Cheney, Secretary of Defense Donald Rumsfeld and Assistant Secretary of Defense Paul Wolfowitz as they engineered the invasion and occupation of Iraq.

They promoted the doctrine of “preemptive warfare.” They lied repeatedly about Iraq’s “weapons of mass destruction.” “Shock and awe” followed, and U.S. troops marched to Baghdad and accomplished the overthrow of Saddam Hussein. The Bush administration predicted that the war would be over and Iraq reorganized in three to six months.

Eight years of violent U.S. occupation and the current unstable puppet regime themselves document the strategic blunders and monumental miscalculations of the Bush administration.

In the same way, the adventurist wing of the present U.S. capitalist state seems to be running U.S. policy in Ukraine. These elements engineered the seizure of the government in Kiev and dragged Ukraine into the EU and closer to NATO. They thought the Feb. 22 Kiev coup would end the conflict. But, as with the invasion of Iraq, it was just the beginning.

The differences between 2003 and 2014 are two-fold. First, the stakes involved in a conflict with Russia are potentially far greater than in the Iraq occupation. Second, the ruling class, the political establishment and its brain trust have all lined up and are marching in lock step behind the new war drive without even a discussion. This contrasts with the fears expressed in the ruling class before the war on Iraq, especially after the massive anti-war demonstrations of January and February 2003, before the March invasion.

In the past decade, the political moderates who might have been expected to express alarm over the present belligerent posture toward Russia have either retired or been pushed out of most of the significant political and administrative positions in the state. To be sure, no moderate ruling-class opposition ever stopped an imperialist war. But open debate in the ruling class can awaken the masses to the danger and help give impetus to an anti-war movement.

The working class must be made aware of the potential danger of the current situation, and the movement must mobilize without waiting for a bourgeois imperialist opposition, which may not develop until the direct conflict with Russia sharpens. The time to fight against this war is now.

Fred Goldstein is the author of “Low-Wage Capitalism” and “Capitalism at a Dead End,” which has been translated into Spanish as “El capitalismo en un callejón sin salida.” Website and blog: lowwagecapitalism.com


=== 4 ===

Dieser Text auf deutscher Sprache:
"Faschistische Freiheitskämpfer" (GFP 12.05.2014)
Das Erstarken faschistischer Kräfte in der Ukraine unter der Ägide des Kiewer Umsturzregimes führt zu Rückwirkungen bei dessen deutschen Unterstützern. In München beginnt eine Debatte über die Ehrung eines ukrainischen Holocaust-Befürworters…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58863



"Fascist Freedom Fighters"
 
2014/05/12
BERLIN/KIEV/MUNICH
 
(Own report) - The reinforcement of fascist forces in Ukraine, under the aegis of the putsch regime in Kiev, is having repercussions on its German supporters. The commemoration of a Ukrainian supporter of the Holocaust has ignited a debate in Munich. The "question" is being raised in the press, whether the commemoration of "a fascist freedom fighter"[sic!] should be publicly honored. Kiev's Minister of Education, a graduate of Munich's "Ukrainian Free University," takes up the defense of the supporter of the Holocaust in the German media. The fascist "Pravy Sektor" ("Right Sektor") militia is intensifying its relations with rightwing extremists in several European countries, including Germany. The organization that had participated in the Odessa Massacre has ties to violence-prone neo-Nazis in Sweden as well as to Germany's NPD. Whereas the leader of this organization insists he is working closely with Ukraine's official repressive authorities, the media is reporting that these authorities are also supported in their brutal repressive measures ("anti-terror operations") against the insurgents in Eastern and Southern Ukraine by the CIA and FBI. Evidence of a BND involvement remains unconfirmed.
Should a Fascist be Commemorated?
In Munich, a hub of Ukrainian exile activities in the post-World War II period,[1] a public debate has erupted around the memorial plaque for Yaroslav Stetsko, one of the leaders of the Organization of Ukrainian Nationalists (OUN). The plaque has been installed at the former address of the OUN headquarters, in Munich's Zeppelinstr. 67, by former Ukrainian President, Viktor Yushchenko during his incumbency (2005 - 2010). This was part of his efforts to reinforce the cult around the fascist OUN, the Ukrainian Partisan Army (UPA) and their leaders.[2] Stetsko, who, after the war, was working out of the OUN headquarters in Munich, is, today, one of the people held in high esteem in West Ukraine. The Svoboda Party still propagates his "two revolutions" theory, developed in the 1930s - a "national" and a "social" revolution, which must be combined. In 1941, Stetsko declared that "the Jews must be exterminated and, it would be expedient to introduce the German extermination methods in Ukraine." (german-foreign-policy.com reported.[3]) In Munich, the local district council has now commissioned an expert assessment of the public commemoration of a supporter of the Holocaust in its district. "The question is," according to the "Süddeutsche Zeitung" "whether a fascist freedom fighter[sic!] should be publicly commemorated?"[4]

"No Anti-Semitism"
The "Süddeutsche Zeitung's" article indicates that the OUN and its leaders, such as Stetsko, are not only widely acclaimed in Ukrainian organizations in Germany, but also within the putsch regime in Kiev, even among ministers, who are not in the notorious Svoboda Party. As evidence, the article quotes Serhiy Kvit, "Minister of Education" in the putsch regime. Kvit calls Stetsko's autobiography, containing his plea for adaptation of the "German methods of Jewish extermination," a "counterfeit document," alleging that the OUN, whose activists had participated in a considerable number of massacres of Jews, "had nothing to do" with anti-Semitism.[5] Kvit had been active in the 90s in extremist rightwing organizations, for example, in the "Congress of Ukrainian Nationalists" (CUN), a fascist conglomerate, organized in part by Stetsko's widow, Yaroslava. Yaroslava, who had been a UPA member, had worked alongside her husband in their Munich exile, and has also been honored in Munich with a commemorative plaque. (german-foreign-policy.com reported.[6]) Kvit later embarked on a scholarly carrier. In 2001, he received his PhD at Munich's "Ukrainian Free University," where OUN veterans had been active for a long time, and in 2007, was named President of the Kiev Mohyla Academy National University, until he was recently named "Minister of Education" in the putsch regime.

"Enemy of Ukraine"
Two years ago, Kvit, for example, helped create a confrontation with Grzhegorz Rossolinski-Liebe, a historian from Berlin. Rossolinski-Liebe, the author of a dissertation on OUN leader, Stepan Bandera, scheduled to be published this fall, had been invited to Ukraine for a speaking tour, in early 2012. Six talks were on the schedule - two in Lviv, two in Dnipropetrovsk and two in Kiev. There were protests against Rossolinski-Liebe because of his being a known Bandera critic. In Lviv, the organizers were unable to acquire a venue, reported the historian later. Of the four other speaking engagements, three had been cancelled on short notice. Some of the cancelations had been directly traceable to interventions made by the Svoboda Party, because of his criticism of Bandera. Whoever expresses such criticism is considered - at least in the West, and even in some regions of Central Ukraine - "an enemy of Ukraine or a traitor." One university professor confirmed to him that "in Ukraine, historians cannot openly speak about history." In response to his suggestion that a memorial be erected to the victims of the Lviv Pogroms of 1918 and 1941, "scholars from Lviv ... said he was crazy." Even the president of the Kiev Mohyla Academy National University, at the time, Serhiy Kvit, angrily attacked him and refused him the possibility to deliver his talk.[7] Kvit is considered a follower of the publicist Dmytro Dontsov, who is credited with the creation of an "indigenous Ukrainian fascism."[8] Dontsov had translated Hitler, Mussolini and others into Ukrainian.

Under Police Protection
From Rossolinski-Liebe's report, one learns also that the German Embassy in Kiev was completely cognizant of the situation - and therefore knew also about the dramatic growth in influence of Ukraine's Bandera followers. When he received a telephone call from a man, identifying himself as a militiaman, saying he would drop by, Rossolinski-Liebe says that "the German Embassy ... made arrangements for me to move into an apartment of an embassy employee, where I would be safe." Of the six scheduled lectures, he was only able to hold the lecture in the German Embassy, "under militia protection" - "about 100 Svoboda followers were demonstrating outside."[9] Nearly two years later, to the day, German Foreign Minister Frank-Walter Steinmeier (SPD) invited Oleh Tiahnybok, the leader of Svoboda, to the German Embassy in Kiev for talks. One result - Svoboda is now represented in the putsch regime.[10]

National Heroes
Many of the Pravy Sektor activists, who participated in the May 2, Odessa Massacre and the May 9, massacre in Mariupol had come from the ultra-nationalistically charged milieus, particularly those in West Ukraine. The armed organization, playing a major role in overthrowing the Yanukovich government, originated as an alliance of rightwing extremist groups.[11] In the meantime, it has developed good contacts to numerous extremist rightwing associations throughout Europe. Pravy Sektor's press attaché, Olena Semenyaka, reported that she could not attend the March 22 Young National Democrates's (JN) "Europe Congress" of the German NPD's youth association, in Thuringia, only because of a conflict with other scheduled engagements. The Swedish Nordisk Ungdom neo-Nazi organization, which, according to Semenyaka, financially supports the Pravy Sektor, had attended the NPD congress, along with the Svenskamas Party, some of whose activists had also participated in the violent Maidan riots. In March, one of those Maidan participants stabbed a leftist in Malmo, soon after returning from Kiev. Charged with attempted murder, he has been on the run since.[12] Recently, Semenyaka gave an interview to the NPD party's "Deutsche Stimme" journal. In the course of her interview, she boasted that at the Maidan, "ultra-nationalists" became transformed into "national heroes." The Pravy Sektor is a "great partisan movement," she boasted.

CIA, Blackwater, BND?
Meanwhile, German forces further to the right than the NPD are showing a growing interest in the Pravy Sektor. In April, the ultra-right online platform "Blaue Narzisse" (Blue Daffodil) published an interview with Olena Semenyaka. She emphasized that "even modern Nazi sympathizers will find their place in our broad ranks" and explained that the Pravy Sektor's most important current task is to "liberate" Ukraine "from collaborators, separatists and marionettes of Russia and the West."[13] As a matter of principle, the Pravy Sektor coordinates its operations with the respective Ukrainian authorities, according to its leader Dmitro Yarosh. "Our battalions are integrated into the new territorial defense," explains Yarosh. "We have very close contacts to the secret service and the military staff. We really have good relations with everyone, except the police."[14] Yarosh has already been closely cooperating with the head of the National Security Council Andriy Parubiy to overthrow the Yanukovych government. Parubiy, a leader of the extreme right in the 1990s, was considered, last winter, the "commander of the Maidan." Today, he is organizing the regime's "anti-terror missions" in Eastern and Southern Ukraine. US specialists from the CIA and FBI are serving as "advisors" and - according to reports - 400 elite soldiers from the US mercenary company "Academi" (formerly "Blackwater") are providing operational support.[15] It is not yet clear, whether the BND is also involved in the Ukrainian "anti-terror mission." However, what is known, is that the German military observers, who had been held in Slavyansk in late April, were in contact with the BND.[16] The German government is refusing any further information.

[1] See "Ein Sammelpunkt der OUN".
[2] See Juschtschenkos Mythen and "Scientific Nationalists".
[3] See Alte, neue Verbündete.
[4], [5] Ukrainischer Exilant von zweifelhaftem Ruf. www.sueddeutsche.de 08.05.2014.
[6] See Alte, neue Verbündete.
[7] "Es ist tabu, heikle Themen an der Uni zu diskutieren". junge Welt 09.03.2012.
[8] Per Anders Rudling: The Return of the Ukrainian Far Right: The Case of VO Svoboda. In: Ruth Wodak, John E. Richardson (Hg.): Analyzing Fascist Discourse: European Fascism in Talk and Text, 228-255. London 2013. Online-Zugang: www.routledge.com/books/details/9780415899192/
[9] "Es ist tabu, heikle Themen an der Uni zu diskutieren". junge Welt 09.03.2012.
[10] See Vom Stigma befreit.
[11] See On the Offensive and The Kiev Escalation Strategy.
[12] See Die Dynamik des "Pravy Sektor".
[13] Der Bürgerkrieg des Rechten Sektors. www.blauenarzisse.de 04.04.2014.
[14] Nationalistenführer Jarosch: "Jeder Ukrainer soll eine Schusswaffe tragen dürfen". www.spiegel.de 23.04.2014.
[15] Russische Luftwaffe verletzte absichtlich den Luftraum der Ukraine. www.bild.de 10.05.2014.
[16] Bundeswehrinspektoren vom BND beraten. www.sueddeutsche.de 05.05.2014. See An Unusual Mission.





Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus aderisce ed invita tutti/e a partecipare numerosi al presidio che si terrà in Via Guido D'Arezzo a Roma sabato 17 maggio 2014

http://giuliettochiesa.globalist.it/Detail_News_Display?ID=103360&typeb=0&Contro-la-guerra-nel-cuore-dell-Europa-a-fianco-dell-Ucraina-antifascista

Contro la guerra nel cuore dell’Europa, a fianco dell’Ucraina antifascista! 

A Odessa un’orda nazista ha trucidato oltre 50 cittadini ucraini di origine russa. Disarmati. Lo ha fatto con i metodi nazisti del pogrom: bruciare, uccidere, non lasciare via di scampo alle vittime.

I media, all’unisono, hanno deformato la notizia fino a renderla irriconoscibile. Questa falsificazione è funzionale a coprire le responsabilità degli Stati Uniti e dell’Unione europea, che appoggiano il governo golpista di Kiev, da essi portato al potere.

Noi, cittadini italiani di una repubblica antifascista ormai solo di nome, siamo parte involontaria di questa mostruosa tragedia e di questo ritorno al passato. Lo siamo in quanto membri della NATO e alleati degli Stati Uniti. Non a caso il ministro della Difesa italiano, non pago delle violazioni che in questi ultimi due decenni hanno ripetutamente sfigurato l’articolo 11 della nostra Costituzione, è stato il primo a dichiararsi disponibile per un’ennesima sciagurata missione militare, stavolta in Ucraina.

Possiamo tacere? Se lo faremo, saremo complici.

Sono altissime, purtroppo, le probabilità che, nelle prossime settimane, quelle che ci separano dal voto ucraino del 25 maggio, possano verificarsi eventi ancora più sanguinosi, mentre la crisi tra Russia e Occidente rischia di scivolare in conflitto aperto.

Chiediamo a tutte e tutti coloro che condividono i valori della democrazia e della pace, che vogliono battersi contro la guerra, di partecipare a una manifestazione nazionale di protesta e di lutto. Chiediamo che lo si faccia insieme e subito. Con urgenza, sabato 17 maggio, a Roma.

E’, questo, un appello perché ci si riunisca in segno di lutto e di vergogna, per questa Unione europea senza vergogna. Diamo una risposta collettiva, grande, dignitosa, al fianco dell’Ucraina antifascista, contro l’escalation bellica nel cuore dell’Europa.

LA MANIFESTAZIONE E’ CONVOCATA, DUNQUE, SABATO 17 MAGGIO ALLE ORE 18.00 CIRCA, NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA DELL’UCRAINA A ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO, VICINO A PIAZZA VERDI, ZONA PARIOLI E SI TERRA’ DOPO IL CORTEO IN DIFESA DELL’ACQUA PUBBLICA, AL QUALE SI PARTECIPERA’.

Per aderire all’Appello : info@...


Promotori

Giulietto Chiesa – presidente “ Alternativa”, fondatore Pandora TV
Valentino Parlato – giornalista
Matteo Gaddi – coordinatore nazionale RSU “ CONTRO LA LEGGE FORNERO”
Mariella Cao- Comitato “Gettiamo le Basi”, Sardegna
Cesare Procaccini – segretario nazionale PdCI
Paolo Ferrero – segretario nazionale PRC
Fabio Amato – responsabile Dipartimento Esteri PRC, candidato Lista Tsipras
Fausto Sorini – responsabile Dipartimento Esteri PdCI
Ciro D’Alessio – operaio RSA- FIOM-CGIL Pomigliano D’Arco
Oliviero Diliberto – docente di Diritto Romano Facoltà “ La Sapienza” di Roma – già segretario nazionale PdCI
Claudio Grassi – direzione nazionale PRC
Piergiovanni Alleva – giuslavorista, FIOM, candidato Lista Tsipras
Domenico Losurdo – filosofo, presidente nazionale Associazione “ Marx 21”
Bruno Steri – Comitato Politico nazionale PRC, direttore di “Essere Comunisti”
Angelo D’Orsi – storico del pensiero politico, Università di Torino
Antonio Mazzeo – Movimento “no Muos” – Sicilia, candidato Lista Tsipras 
Fosco Giannini – già senatore della Repubblica, direzione nazionale PdCI
Sergio Cararo e Marco Santopadre - segreteria nazionale Rete dei Comunisti
Nicola Nicolosi – CGIL nazionale
Nicola Cipolla – presidente CEPES
Stefano Vinti – assessore regionale PRC, Umbria
Raffaele Bucciarelli – presidente Gruppo Federazione della Sinistra Consiglio Regionale Marche
Giampaolo Patta – CGIL nazionale , esponente sinistra sindacale 
Manlio Dinucci – saggista, giornalista de il Manifesto
Vladimiro Giacchè – economista
Luca Cangemi – docente, Catania, Comitato Politico Nazionale PRC
Gianmarco Pisa – segretario ITRI ( Istituto Italiano Ricerca per La Pace) 
Patrick Boylan – Roma No War
Angelo Baracca – fisico , docente Università di Firenze
Gordon M. Poole – docente letteratura americana Università “Orientale” di Napoli
Guido Oldrini – filosofo
Guido Liguori – docente di storia del pensiero politico Università della Calabria , presidente IGS Italia
Bassam Saleh’ – giornalista palestinese
Nico Perrone – già docente di Storia dell’America, Università di Bari
Franco Cardini – storico
Nicolò Ollino – Comitato Politico Nazionale PRC, candidato Lista Tsipras
Marino Severini – “voce” e chitarra de La Gang
Fabio Marcelli - giurista, CNR
Andrea Catone – storico del movimento operaio, direttore di “ Marx 21”
Alfio Nicotra, giornalista
Maurizio Musolino – segreteria nazionale PdCI
Luigi Vinci – già capogruppo al Parlamento europeo – condirettore di “Progetto e Lavoro”
Gianni Fresu – storico del movimento operaio
Simona Lobina – PRC Sardegna , candidata Lista Tsipras
Manuela Palermi – presidente Comitato Centrale PdCI
Emiliano Franzina- storico- Università di Verona
Milena Fiore – video maker , collaboratrice archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico 
Alessandro Hobel – storico del movimento operaio
Luigi Marino – già senatore della Repubblica
Mauro Gemma – direttore di Marx21.it
Flavio Pettinari – amministratore della pagina FB “ Con l’Ucraina antifascista”
Wasim Damash – docente di letteratura e lingua araba Università di Cagliari
Ada Donno – associazione Donne Regione Mediterranea
Enrico Vigna - Centro Iniziativa Verità e Giustizia
Federico Martino – docente di diritto , Università di Messina






http://www.sinistrainrete.info/europa/3668-vladimiro-giacche-euro-e-austerity-la-tenaglia-che-ci-stritola.html

Euro e Austerity: la tenaglia che ci stritola


Vladimiro Giacchè


Credo che il primo dovere nei confronti di noi stessi sia quello della chiarezza.

In primo luogo sulla gravità della situazione. Il nostro paese ha perso, dall’inizio della crisi, poco meno del 10% del prodotto interno lordo, il 25% della produzione industriale, il 30% degli investimenti. A chi paventa catastrofi nel caso di un’eventuale fine dell’euro va risposto che al punto in cui siamo l’onere della prova va rovesciato, perché la catastrofe c’è già. E la prima cosa da fare è di comprendere come ci siamo finiti e cosa fare per uscirne.

Ci troviamo, molto semplicemente, nella peggiore crisi dopo l’Unità d’Italia: peggiore di quella del 1866, e peggiore di quella del 1929 (Rapporto CER n. 2/2013).

Peggiore per tre motivi: perché il livello di prodotto pre-crisi – che negli altri casi era già stato recuperato dopo 6 anni– in questo caso non sarà recuperato neppure in 10 anni; perché gli indicatori di cui disponiamo non segnalano alcun miglioramento significativo della situazione (al contrario, quanto alla disoccupazione, essi ne prevedono un ulteriore aumento nel corso del 2014). E anche perché la situazione attuale è caratterizzata da due elementi di rigidità che privano il nostro Paese di margini di manovra.

 

Il primo vincolo – quello rappresentato dall’appartenenza alla moneta unica – impedisce ogni autonoma politica monetaria e ogni recupero di competitività tramite la svalutazione della moneta.

Il secondo elemento di rigidità – quello dei vincoli di bilancio – impedisce ogni politica anticiclica, per non parlare poi di una politica industriale. Osservo en passant che il modello tedesco, continuamente invocato quando si tratta di precarizzare il mercato del lavoro sul modello dell’Agenda 2010 di Schröder, viene completamente trascurato quando si parla di politiche anticicliche. E sì che con 70 miliardi di euro utilizzati per rilanciare il settore manifatturiero tra 2008 e 2009, la Germania (che in quei due anni aveva perso all’incirca la stessa quota di prodotto perduta dall’Italia) costituisce un caso di scuola in fatto di utilizzo massiccio di politiche di deficit spending in funzione anticiclica…

I vincoli di bilancio hanno conosciuto un aggravamento negli ultimi tre anni anche rispetto a quanto fu previsto a Maastricht. In particolare, la regola relativa alla necessità di ridurre la parte di debito che eccede il 60% del pil nella misura del 5% annuo è una regola che nel Trattato di Maastricht non c’era, e non per caso: era infatti ben chiaro ai negoziatori degli altri Paesi che l’Italia non avrebbe potuto accettare un obbligo di riduzione del debito di queste proporzioni. Questo vincolo è invece stato introdotto nel 2011, nel bel mezzo della peggiore crisi economica globale dagli anni Trenta.

Stretti tra il vincolo monetario e quello delle politiche di bilancio, i governi non hanno alcun margine di manovra. Possono solo accettare la corsa al ribasso sui salari (ossia la svalutazione interna), che però – come si è visto in questi ultimi anni – ha l’effetto di far crollare la domanda interna, e quindi di ridurre, prima, e distruggere, poi, capacità produttiva, a evidente beneficio di produttori localizzati in altri paesi. La verità è che “di fatto, l’austerità fiscale ha collocato l’economia europea su un equilibrio di sottoccupazione” (Rapporto CER 4/2013, p. 7).

Se i vincoli di bilancio dal 2011 in poi si sono fatti più severi e stringenti, anche il vincolo monetario si fa sempre più soffocante, a dispetto dei bassi tassi d’interesse BCE. Per 3 motivi: 1) perché l’euro è sopravvalutato sul dollaro, 2) perché allo stesso annuncio dell’OMT da parte di Draghi, dopo la sentenza di Karlsruhe, sarà molto difficile dare seguito concreto in caso di necessità (ne ha scritto molto bene Gianluigi Nocella: http://re-vision.info/2014/02/in-attesa-di-condanna/ ); 3) infine, perché sul nostro paese incombe la deflazione; la quale, a differenza dell’inflazione, aumenta il valore reale del debito in essere e ne può rendere insostenibile il peso anche in tempi molto brevi.

Per questi motivi lo stesso assottigliarsi dello spread Bund/Btp non deve ingannare: esso infatti è il prodotto della politica di quantitative easing della Fed da un lato, dei flussi di capitale in uscita dai fondi obbligazionari specializzati inemerging markets dall’altro. Si tratta in entrambi i casi di dinamiche che potrebbero facilmente e rapidamente mutare di segno.

Anche perché non si è affatto invertito il processo di balcanizzazione finanziaria in Europaossia la risegmentazione dei mercati finanziari e il loro ridisegnarsi secondo linee coincidenti con i confini nazionali. Si tratta del pericolo numero uno per l’euro, assieme alla crescente divergenza tra le economie dell’eurozona. Un processo caratterizzato dal rimpatrio dei crediti effettuati dalle banche tedesche e francesi nei confronti degli altri paesi dell’eurozona, e conseguentemente dall’aumento della quota di titoli pubblici di questi paesi in mano alle banche domestiche. Nel caso delle banche tedesche, le esposizioni nei confronti dei Paesi periferici dell’eurozona è passata in pochi anni da esposizioni per 520 miliardi di euro verso i Paesi periferici dell’eurozona a esposizioni pari a 214 miliardi (dato di novembre 2013).

La ratio dell’Unione Bancaria, la vera posta in gioco con la sua costruzione, consiste nella possibilità di invertire questo processo. Ma purtroppo, per i difetti della sua attuale configurazione (ritagliata sulle esigenze delle banche tedesche e sulla necessità di proteggerne il maggior numero possibile dall’esame della BCE), non sembra in grado né di ridurre entro termini ragionevoli il rischio sistemico, né di costituire una diga efficace alla balcanizzazione finanziaria. Con quello che ne consegue anche per quanto riguarda le prospettive di sostenibilità del nostro debito pubblico.

Più in generale, C.M. Reinhart e K.S. Rogoff ritengono che in base all’esperienza storica l’ottimismo dei governanti europei circa la possibilità di uscire dal debito “per mezzo di un mix di austerity, forbearance e crescita” sia ingiustificato. E che, al contrario, “il finale di partita della crisi finanziaria globale probabilmente richiederà una qualche combinazione di repressione finanziaria (una tassa occulta sui risparmiatori), vera e propria ristrutturazione del debito pubblico e privato, conversioni, inflazione molto più elevata, e misure varie di controllo dei capitali” (C.M. Reinhart e K.S. Rogoff, Financial and Sovereign Debt Crises: Some Lessons Learned and Those Forgotten, IMF Working Paper, dicembre 2013, pp. 3-4).

Se riflettiamo su queste parole, possiamo intendere come molti dibattiti italiani su questi temi siano fuori centro e fuori tempo.

Si invoca lo spettro dell’inflazione (che riduce il valore reale del debito) quando invece siamo prossimi alla deflazione (che lo aumenta).

Oppure si invoca lo spettro della svalutazione della moneta quando, semmai, il vero problema oggi è la svalutazione interna: perché stiamo già svalutando, e pesantemente, i salari (la qual cosa, sia detto di passaggio, è precisamente quello che ci viene chiesto quando si parla di “riforme strutturali”).

L’errore, qui, è quello di pensare con le categorie e con le priorità degli anni Settanta e Ottanta in uno scenario completamente cambiato, i cui elementi di pericolo sono completamente differenti.

Rigidità delle politiche di bilancio e rigidità del cambio sono difficilmente sostenibili di per sé. Ma soprattutto sono insostenibili contemporaneamente. La conseguenza è molto semplice: o salterà l’una, o salterà l’altra.

O sapremo conquistarci maggiori margini di manovra effettivi sui conti pubblici, e al tempo stesso imporre anche alla Germania la politica espansiva in termini di domanda interna che sinora si è rifiutata di attuare (senza la quale ogni espansione della nostra domanda interna riproporrebbe una situazione di squilibrio della bilancia commerciale), o procederemo verso l’implosione dell’eurozona. Ma, prima ancora, verso la distruzione della nostra capacità produttiva e della nostra economia.

L’unico modo per conquistare quei margini di manovra è porre radicalmente in discussione gli ultimi Trattati e accordi europei: quelli dal marzo 2011, ossia dal Trattato Europlus in poi. Altrimenti, non resta altra strada che l’abbandono della moneta unica. Non ci sono altre vie: in particolare, non sarebbe praticabile né utile la strada di un approfondimento del processo di integrazione europeo anche da un punto di vista politico. Infatti, se non si interviene prima sull’impianto neoliberistico/mercantilistico che impronta di sé i Trattati dall’Atto Unico Europeo dal 1986 in poi – e che fa sì che la competizione tra paesi in Europa sia necessariamente tutta giocata sulla concorrenza al ribasso sulla protezione del lavoro e sulla fiscalità per le imprese – ogni ulteriore passo avanti verso l’integrazione politica rischierà inevitabilmente di rappresentare la blindatura istituzionale, tendenzialmente autoritaria, di un assetto sociale ingiusto e insostenibile.

Una citazione per finire:

Quest’area monetaria rischia oggi di configurarsi come un’area di bassa pressione e di deflazione, nella quale la stabilità del cambio viene perseguita a spese dello sviluppo dell’occupazione e del reddito. Infatti non sembra mutato l’obiettivo di fondo della politica economica tedesca: evitare il danno che potrebbe derivare alle esportazioni tedesche da ripetute rivalutazioni del solo marco, ma non accettare di promuovere uno sviluppo più rapido della domanda interna.

Sono parole tratte dal discorso parlamentare con il quale Luigi Spaventa motivò il voto contrario del PCI all’ipotesi di adesione dell’Italia allo SME. Era il 12 dicembre 1978. Il rischio che Spaventa lucidamente aveva individuato si è concretizzato: le sue parole, purtroppo, descrivono alla perfezione la situazione attuale dell’Europa.

È questa la catastrofe in cui già siamo e da cui dobbiamo uscire. Prima che sia troppo tardi.