Informazione

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29 settembre 1911-2011: Tripoli bel suol d'amore...

1) A cento anni di distanza il movimento contro la guerra ricorda e denuncia i bombardamenti di ieri e di oggi (Rete Nazionale Disarmiamoli!)
2) Opposizione alla guerra imperialista 1911-2011: il centenario dell'eccidio di Langhirano
3) "Non siamo stati mai così tanto informati." Corradino con l'elmetto in marcia per la guerra umanitaria
4) Ammiragli... di pace e lo spirito di san Francesco tradito. Ovvero stragi di migranti, la NATO e il santo di Assisi.
5) Menzogne quotidiane: UN BUCO CON ALCUNE OSSA ANIMALI DIVENTA FOSSA COMUNE CON OLTRE 1.200 CORPI (o forse 1.700)
6) Il Venezuela intende denunciare alle Nazioni unite l'aggressione della Nato contro la Libia
7) LA GRANDE BUGIA: Usare le organizzazioni umanitarie per lanciare le guerre (M.D. Nazemroaya)
8) Lenin, la Libia e l'imperialismo


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VIDEO: Domenico Losurdo, LIBIA il sangue e il petrolio 

Conferenza "LIBIA il sangue e il petrolio. A cent'anni dall'aggressione italiana in Africa una nuova guerra imperialista", tenutasi il lunedì 19 settembre, alla Casa delle Culture - Roma, su iniziativa dell'Associazione "Marx XXI". Intervento del prof. Domenico Losurdo, Filosofo Presidente dell'Ass. "Marx XXI".

http://www.youtube.com/watch?v=jBpm7vnnMmA

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I dieci miti che hanno più inciso sulla guerra contro la Libia
di Maximilian C. Forte - 31 agosto 2011

http://www.resistenze.org/sito/te/po/lb/polbbi28-009643.htm

Original article: 

The Top Ten Myths in the War Against Libya
by MAXIMILIAN C. FORTE - Counterpunch, August 31, 2011

http://www.counterpunch.org/2011/08/31/the-top-ten-myths-in-the-war-against-libya/

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Mass killing and humanitarian disaster in NATO siege of Sirte
By Bill Van Auken - 29 September 2011

http://www.wsws.org/articles/2011/sep2011/liby-s29.shtml

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VIDEO. Le Tripoli merveilleux de l'Otan

L’Otan réalise ses propres reportages. Ou clips de promotion. C’est selon. Ils sont délivrés gratuitement aux journalistes ayant besoin d’images et d’interview pour illustrer leur couverture du pays. Il suffit de demander les séquences vidéos auprès du service presse de l’Otan ou de les télécharger directement sur des sites relais professionnels destinés aux journalistes et documentalistes. Des images a priori neutres, sans présence de militaire ou de porte-parole de l'Otan.
Publié le 14-09-11 à 10:23    Modifié à 18:06     par Le Nouvel Observateur     

VIDEO: http://tempsreel.nouvelobs.com/actualite/monde/20110914.OBS0339/video-le-tripoli-merveilleux-de-l-otan.html

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Urgent Appeal: A Major, Unnoticed Rebel Abuse in Plain Sight
September 9, 2011

http://www.uruknet.de/?s1=8&p=81290&s2=11

Appel Urgent : abus des rebelles non relaté !
Massacre survenu à l'hôpital d'Abou Salim.  Anonyme - 14 septembre 2011

http://www.michelcollon.info/Appel-Urgent-abus-des-rebelles-non.html?lang=fr


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CI ARRIVA NOTIZIA DELLE PRIME INIZIATIVE CHE SI SVOLGERANNO PER RICORDARE I 100 ANNI CHE CI SEPARANO DALLA PRIMA OCCUPAZIONE  ITALIANA DELLA LIBIA.

SUL SITO www.disarmiamoli.org potrete trovare le attività che si svolgeranno a Pisa e Bari.

Sollecitiamo tutti i comitati, le forze sindacali e politiche a promuovere iniziative contro il colonialismo di ieri e di oggi, segnalandoci eventuali (e auspicabili) mobilitazioni locali, per ricordare ma anche per denunciare il massacro della NATO a Sirte, Bani Walid e nelle altre città libiche dove si combatte contro la nuova occupazione militare occidentale.

La Rete nazionale Disarmiamoli!

 

5 ottobre 1911 / 2011: l’avventura coloniale italiana in Libia continua.

A cento anni di distanza il movimento contro la guerra ricorda e denuncia i bombardamenti di ieri e di oggi.

5 ottobre 1911 – Inizia l’avventura coloniale italiana in Libia, con lo sbarco delle truppe regie inviate dal governo Giolitti a Tripoli. Un’occupazione che finirà trentuno anni dopo, con la fuga delle truppe nazi/fasciste sotto la pressione dell’esercito inglese.

Il popolo libico non dimenticherà mai la ferocia dell’occupazione italiana, caratterizzata dai campi di concentramento, dalle impiccagioni e dai bombardamenti chimici all'iprite ordinati da Rodolfo Graziani, generale fascista inviato per sconfiggere la resistenza guidata da Omar al-Mukhtàr.

A cento anni di distanza gli aerei italiani volano di nuovo nei cieli della Libia, scaricando sulle popolazioni tonnellate di ordigni micidiali, per consolidare la nuova occupazione del paese arabo. 

I comandi delle forze aeree e terrestri della NATO sono il braccio operativo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per far rispettare la risoluzione 1973, varata allo scopo di “tutelare e proteggere” l’incolumità delle popolazioni libiche.

I civili caduti in questi mesi sotto le bombe dell’Alleanza smentiscono in maniera clamorosa l’ennesima operazione mediatica, tesa a mascherare una classica aggressione coloniale.

La rete di basi italiane coinvolte è molto ampia, alzando le quotazioni delle nostre aziende petrolifere nella spartizione del bottino di guerra, com’è emerso il primo settembre scorso durante il vergognoso summit parigino voluto da Sarkozy sulla “nuova” Libia. Le percentuali di petrolio e gas saranno proporzionali alla quantità di bombe scagliate su Tripoli. I francesi lottano per il 35%. Inglesi e statunitensi sono in pole position. Le quotazioni italiane sono in ribasso a causa dell’iniziale titubanza berlusconiana nell’invio dei bombardieri sulla testa dell’amico Gheddafi.

Il Presidente Giorgio Napolitano si è speso (ed ha fatto spendere milioni di euro pubblici) perché il 150° anniversario dell’Unità d’Italia divenisse un momento centrale della vita politica e culturale del paese. Stesso impeto “patriottico” ha messo nel perorare la causa interventista contro la Libia, dando così un contributo decisivo per la realizzazione della nuova proiezione bellica italiana verso le sponde sud del Mediterraneo. Il personaggio, degno della migliore tradizione trasformistica italiota, non darà certo il medesimo contributo per ricordare i 100 anni che ci separano dalla prima occupazione militare italiana della Libia.

In un paese (e in una sinistra) disorientati dalla propaganda bellicista bipartisan, tesa a legittimare l’attuale aggressione militare della NATO, solo il movimento contro la guerra può spendersi per ricordare questa data.

Sollecitiamo i coordinamenti nowar, i comitati pacifisti, le forze politiche, sociali e sindacali indipendenti a trasformare il 5 ottobre in una giornata di denuncia della nuova guerra imperialista, che vede governo e “opposizione” italiani contendersi con i partner/concorrenti europei i brandelli di un paese devastato dalle bombe e dalle truppe al soldo della NATO

La Rete nazionale Disarmiamoli!

www.disarmiamoli.org  info@...  3384014989 - 3381028120


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Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma" <comitatoantifasc_pr @ alice.it>
Data: 27 settembre 2011 01.03.36 GMT+02.00
Oggetto: centenario dell'eccidio di Langhirano del 1911

Nell'Appennino parmense, a Langhirano, il 28 settembre 1911 quattro persone di un gruppo di uomini e donne che manifestavano, del tutto pacificamente, l'avversione popolare alla guerra colonialista dell'Italia in Libia furono barbaramente uccise dai carabinieri.
Nella ricorrenza del centenario dell'eccidio diverse iniziative commemorative si terranno a Langhirano a fine settembre, inizio ottobre, e seguenti. (...)

 
Nel cimitero di Langhirano sorge un piccolo monumento funebre che ricorda un tragico fatto accaduto nel settembre del 1911.
L’epigrafe incisa dice: Il proletariato ai suoi martiri.
E’ un monumento modesto: la consueta fiamma di bronzo agitata dal vento, una stele da cui pende una corona di spine e un blocco di marmo sbozzato a colpi di mazza, dono dei cavatori apuani. Sotto riposano i morti: Elisa Grassi di 24 anni, Maria Montali di 22, Severino Frati di 33, Antonio Gennari di 43.
Era scoppiata la guerra di Libia. Sotto la spinta di alcuni gruppi capitalistici nazionali, il governo Giolitti si era deciso ad innalzare nuovamente la bandiera delle imprese coloniali, sfruttando l’azione di penetrazione che già da vari anni il Banco di Roma svolgeva in Tripolitania in continuo contrasto con la Turchia che la occupava. Il pretesto per dare inizio alle ostilità contro il governo turco non fu difficile trovarlo. Così, dopo le sfortunate avventure di Crispi, un’altra guerra colonialistica in terra africana era cominciata.
Il popolo fu contrario all’impresa libica, il ricordo dei 4000 morti di Abba Garima era ancora troppo vivo nella memoria degli italiani. E del resto il carattere aggressivo, imperialistico, di quella guerra era del tutto evidente.
Per tali ragioni l’opposizione alla guerra di Libia si manifestò subito con un moto spontaneo e profondo in ogni parte del paese. Le direzioni del Partito socialista e della CGL proclamarono uno sciopero generale di protesta di ventiquattro ore. Era il 27 settembre.
Nella provincia di Parma la decisione dello sciopero fu accolta con slancio. Nelle strade la canzone propagandistica Tripoli, bel suol d’amore veniva cantata con opportune modifiche in cui si esprimeva tutto l’odio dei parmigiani contro quella guerra di rapina:
Nella giornata del 27 lo sciopero fu compatto tanto in città quanto nelle campagne. Soltanto i tramvieri delle linee a vapore fecero eccezione. Era stato perciò necessario che gli scioperanti impedissero il traffico delle tramvie, bloccando la partenza dei treni nelle stazioni poste a capo delle varie linee. Ma anche questa operazione era riuscita poichè i tramvieri, controllati dalla polizia, non domandavano in fondo che un pretesto qualsiasi per unirsi agli scioperanti.
Lo sciopero però cessava a mezzogiorno dell’indomani. Il mattino del 28 quindi, verso le cinque, che il sole non si era ancora levato, un gruppo di una quarantina fra uomini e donne, s’incamminò dalle case di Langhirano verso la stazione per vedere se era possibile impedire la partenza del tram anche per quel giorno. Camminavano calmi e con intenzioni così poco aggressive che si erano portati dietro anche i bambini. Nessuno gridava. La dimostrazione non poteva essere più pacifica e corretta.
Quando però il gruppo giunse alla stazione, la trovò presidiata da una squadra di carabinieri appoggiata da alcune guardie forestali: impugnavano i moschetti con aria minacciosa.
Le carrozze non erano ancora pronte e la macchina si trovava dentro al deposito.
Parte dei dimostranti si dispose perciò attraverso i binari, mentre gli altri entravano nel piazzale interno della stazione.
Pareva che ogni cosa si svolgesse senza incidenti: tra qualche minuto sarebbero venuti i tramvieri, la gente avrebbe parlato con loro, il convoglio non si sarebbe formato e la manifestazione si sarebbe sciolta.
Invece di colpo, i carabinieri si scagliarono violentemente contro gli operai e i contadini, gettando a terra le donne e calpestandole. Poi, quasi subito, senza intimazioni, senza squilli di tromba, senza preavviso, incominciarono a sparare furiosamente.
Fu un momento d’angoscia: i carabinieri non sparavano in alto, ma contro la folla! Le scariche durarono pochi attimi e tuttavia sembrò che non dovessero aver fine. I dimostranti colpiti dal piombo cadevano al suolo rantolando, gridando di dolore; gli altri fuggivano verso il paese inseguiti dal sibilo dei proiettili.
Quando il fuoco cessò, undici corpi giacevano a terra nel piazzale. Un proiettile aveva forato la nuca d’una ragazza ventenne, Maria Montali: altri due colpi l’avevano presa alle spalle.
Un’altra donna, Elisa Grassi, incinta da alcuni mesi, era stramazzata coi polmoni squarciati.
Severino Frati, invece, ai primi colpi, era balzato sul piano caricatore di una vettura, ma qui l’aveva raggiunto una guardia forestale che, dal basso, sparandogli alla gola, gli aveva reciso la vena del collo: il Frati era caduto giù di schianto. Più tardi si ebbe modo di constatare che il Frati era letteralmente crivellato di proiettili alla coscia e al braccio destro.
Antonio Gennari era stato raggiunto da una palla che gli aveva asportato l’occhio e da altri due colpi alle spalle che l’avevano attraversato da parte a parte: “Fucilato alla schiena”, disse poi un testimonio.
Tre morti, un moribondo (il Gennari, che morirà qualche tempo dopo all’ospedale di Parma) e sette feriti, tra cui alcuni assai gravi, giacevano dunque, immersi nel loro sangue, sul piazzale di Langhirano.
Compiuto l’eccidio, col moschetto ancora fumante in pugno, il comandante della squadra omicida, chiamò il capo stazione e gli disse: “Ora lei, capo, può fare attaccare la macchina che i binari sono sgombri”.
Nello stesso istante, sul piazzale, un ferito si alzò e, barcollando, cercò d’allontanarsi dal luogo della strage; ma un carabiniere lo vide, sollevò ancora una volta il moschetto e lo colpì con un’altra fucilata alla schiena. L’uomo cadde bocconi nella polvere.


=== 3 ===

LINKS: 

Corradino Mineo (RaiNews24) rivendica di essere schierato contro il "criminale Gheddafi" e giustifica così le bugie diffuse dalla sua rete:

Botta e risposta fra Alessandro Marescotti (PeaceLink) e Corradino Mineo (Rainews)
Libia: Rainews diffonde bugie di guerra? (18 settembre 2011)

http://www.peacelink.it/mediawatch/a/34731.html

Corradino Mineo (RaiNews24) vomita un intero bignamino di luoghi comuni conformisti su dittatori, complottisti, primavere arabe, nonviolenza, e... "se i Serbi ti sparavano dalle montagne che bisognava fare? Aspettare che ammazzassero l'ultimo abitante di Sarajevo?" (27 settembre 2011)

http://www.peacelink.it/pace/a/34782.html

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http://www.peacelink.it/mediawatch/a/34758.html

Lettera a Corradino Mineo

Libia: Rainews fornisce informazioni di guerra non verificabili


Continuiamo a leggere sul sito di Rainews informazioni non firmate da nessuno e - soprattutto - che non sono falsificabili, direbbe Popper. L'epistemologo Popper scrisse "Cattiva maestra televisione". Quando un'informazione non è falsificabile non vale niente.

22 settembre 2011 - Alessandro Marescotti


Gentile Corradino Mineo, 

segnalo quest'altra pagina web che mi lascia alquanto dubbioso su Rainews:

http://www.rainews24.rai.it/ it/news.php?newsid=156655

"Il colonnello libico Muammar Gheddafipotrebbe essere riuscito a fuggire da Sebha, una delle ultime roccaforti del regime caduta nelle ultime ore nelle mani degli insorti. Lo ha riferito un portavoce del Consiglio Nazionale di Transizione, citato dall'emittente 'al-Arabiya'. 

Secondo il portavoce, gli insorti controllano al momento la maggior parte di Sebha, anche se in alcuni quartieri ci sono ancora dei cecchini pro-Gheddafi.

La stessa fonte ha riferito che il Cnt sta verificando delle voci su un'eventuale fuga dello stesso colonnello dalla città della Libia sud-occidentale".


TITOLO: Al Arabiya: "Gheddafi in fuga da Sebha"


Gentile Corradino, faccio le seguenti osservazioni:
1) ma come si chiama questo portavoce del Cnt? E' definito: "un portavoce del Cnt".
2) cosa dice questo anonimo portavoce? Che "sta verificando delle voci su un'eventuale fuga" di Gheddafi,

Le chiedo: questa è una "notizia"? E' notiziabile secondo i vostri standard una fonte "indefinita" che "sta verificando" se è vera una cosa "eventuale"?

Se questa è una notizia, con tale sistema ognuno può fabbricare tutte le notizie del mondo.

Ma soprattutto: chi è il giornalista di Rainews che gestisce queste pagine web? Perché non si firma e non ci mette la faccia?

Le sembra buon giornalismo?

Perché non usa il suo tempo per conteggiare tutte le finte notizie di guerra che Al Arabiya ha diffuso con questi sistemi basati su notizie da verificare che diventavano titoli di notizie che sfuggivano a ogni controllo?

Se il giornalismo si riduce alla fabbrica del "si dice" allora l'opinione pubblica viene drogata da un'informazione inconsistente in quanto inverificabile.
La differenza fra la chiacchiera e l'inchiesta è la differenza fra il giornalismo spazzatura e il buon giornalismo.

Al Arabiya si è specializzata in questo giornalismo spazzatura, basta leggere questa "notizia data il 6 settembre...

Tripoli, 6 set. - (Adnkronos/Aki) - Il colonnello Muammar Gheddafi e suo figlio Saif al-Islamstarebbero valutando la possibilita' di andare in esilio in Burkina Faso. Secondo quanto rivela una fonte militare francese alla tv satellitare 'al-Arabiya', "Gheddafi e il figlio stanno valutando la possibilita' di unirsi alla carovana arrivata ieri in Niger per poi recarsi in Burkina Faso il cui governo ha gia' offerto loro asilo politico".

Fonti locali hanno infatti reso noto oggi che un convoglio con a bordo esponenti del passato regime libico hanno raggiunto oggi il Niger e non e' chiaro se tra loro si trovi anche Gheddafi.

06/09/2011

Ma come è possibile valutare la possibilità di unirsi ad una carovana che è GIA' arrivata in Niger se si è ANCORA in Libia?
E' come valutare la possibilità di salire in groppa a un cavallo che è già a un chilometro da me.
E che credibilità ha una "fonte militare francese" che dice una simile assurdità?
Questo è Al Arabiya, la fonte che voi citate. Una fonte inattendibile che costruisce le notizie su espressioni come "starebbero valutando la possibilità" messa in bocca a una fonte anonima. E' tutto tranne che un'informazione falsificabile, direbbe Popper, quel Popper che scrisse "Cattiva maestra televisione".

Buon lavoro

Alessandro



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Da:  osservatoriobrindisi @ libero.it
Oggetto:  ammiragli di pace e san francesco tradito
Data:  26 settembre 2011 18.25.53 GMT+02.00

Ammiragli... di pace e  lo spirito di san Francesco tradito.
Ovvero stragi di migranti, la NATO e il santo di Assisi

 
 
La leggenda vuole che il Santo  di Assisi incontrasse il lupo che terrorizzava quelle contrade facendo strage di animali e di uomini e , accortosi dei suoi lamenti  per una spina conficcatasi in una zampa , nonostante che tutti lo invitassero a fuggire via, Francesco, mosso da carità cristiana, curò il feroce animale sino alla sua guarigione...
 
1600 era il numero tragico, ricordato simbolicamente nella marcia della pace Perugia Assisi odierna,   di migranti morti negli ultimi sei mesi nel Mediterraneo supercontrollato dalla  flotta NATO.
Ai microfoni delle tv che li intervistavano ,  i pacifisti marciatori con un numero stampigliato addosso ed una maschera bianca  per ricordare come queste morti anonime non riescono a scuotere la coscienza della civilissima Europa, han ripetuto  purtroppo un ritornello frutto,  o di ingenua ignoranza sulla natura della NATO  o di un tacito non voler mettere in crisi quei complessi meccanismi di interazione tra ONG cattoliche e non,  con le strutture di intervento e soccorso militari che operano sulle coste italiane, in primis Lampedusa.
Un ritornello che abbiamo già sentito dal ministro Frattini poco più di un mese fa , quando, messo in difficoltà dinanzi all’ennesima strage, in piene polemiche sui mancati soccorsi, affermava che avrebbe chiesto alla misteriosa NATO, chiarimenti... dubbioso se scrivere tale richieste in inglese, tedesco e francese poiché assolutamente all’oscuro chi fosse nella NATO chi aveva il comando delle operazioni navali.
Insomma , sfilare lodevolmente per chilometri,  ricordando quella tragedia è bene, ma... per poter ridare dignità a quei migranti anonimi affogati nel Mare Nostrum forse sarebbe ora di dare un nome e un cognome alla catena di comando  delle navi NATO  e su quell’ipotetico mancato soccorso in un mare supercontrollato.
 
Ammiragli di pace  e lo spirito di San Francesco tradito..
 
Basterebbe solo un piccolo sforzo, quello di rileggere le pagine dei giornali e i resoconti stenografici delle sedute in Parlamento per poter avere sorprendenti risposte alle nostre domande.
Scopriremmo così che il 23 marzo 2011 , in Senato, l’attuale smemorato  ministro Frattini annunciava  con grande soddisfazione che l’ammiraglio di Squadra  Rinaldo Veri, persona stimatissima dalla NATO e dallo Stato Maggiore italiano, diveniva il Comandante del Comando Navale Alleato antiGheddafi . Questo avveniva  dopo un lungo  e difficile braccio di ferro, nella NATO, inizialmente orientata a tener fuori l’Italia,  ma che poi , con un accordo prevedeva , a fronte dell’utilizzo di basi e della logistica italiana e del contributo alla coalizione di volenterosi di  un dispositivo aeronavale nazionale ,  che all’Italia venisse conferito un incarico di prestigio  nel dispositivo NATO anti-Gheddafi.salvando così la faccia di Berlusconi e il governo italiano.
In seguito, la responsabilità italiana, sulle operazioni in mare, diveniva totale con l’assunzione del comando delle 15 navi militari componenti il NATO task GROUP 455.01  da parte del Contrammiraglio Gualtiero Mattesi imbarcato sulla portaerei Garibaldi, poi sostituito a giugno dal L’Ammiraglio Foffi già Comandante del Contingente Navale Italianoassegnato alla NATO per l’Operazione Unified Protector.
Insomma il comando delle navi NATO che han pattugliato quelle acque dove han trovato la morte 1600 migranti  non parlava tedesco, inglese, olandese, francese,  ma semplicemente italiano.
Ma ad aggiungere sorpresa a sorpresa  scopriremmo nella nostra ricerca , che in piena adesione al cliché che accompagna mediaticamente  l’uso del nostro strumento militare  e che definisce  i nostri guerrieri come ambasciatori di pace , ebbene scopriremmo che qualche ammiraglio di quella catena di comando è stato insignito  addirittura della “palma d’Oro” dalla ASSISI  PAX International.
 
Se non vivessimo nell’Italia dei paradossi porremmo la domanda:-“Come è possibile fregiarsi di una onorificenza legata al nome di san Francesco e poi permettersi di non punire fermamente chi , come sottoposto, comandante di una o più navi , ha voltato lo sguardo e turato le orecchie dinanzi ai disperati appelli di migranti in difficoltà?”- Signor Ammiraglio, come è possibile che proprio sotto il suo comando lo spirito del Santo di Assisi, quello della carità cristiana , del soccorso ai bisognosi fossero pure degli animali, sia stato violato od omesso da dei suoi sottoposti?”- Ma nei vincoli con le quali le veniva assegnata la palma d’oro non vi era quello di doveressere disponibile ad impegnarsi come testimone e portavoce della "Cultura di pace", .... e dei principi della “cultura di pace” pronunciando, pubblicamente la“promessa di operare per il dialogo culturale come procuratore-ambasciatore di pace" nel prossimo futuro?-“
1600 volti anonimi in nome dello spirito del Santo dai piedi nudi invocano da lei giustizia e rispetto della dignità umana affinché altri non si vadano ad aggiungere a questo infinito elenco di vittime della cinica Fortezza Europa.
 
Antonio Camuso
Osservatorio sui Balcani di Brindisi


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http://comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=9051

TRIPOLI, ABU SALIM, 25 settembre: 

UN BUCO CON ALCUNE OSSA ANIMALI DIVENTA FOSSA COMUNE CON OLTRE 1.200 CORPI (o forse 1.700). 

Avevano già funzionato benissimo a febbraio le false fosse comuni sul mare di Tripoli: un video e delle foto, il sito americano One day on Earth (http://www.onedayonearth.org/profiles/blogs/mass-burial-tripoli-libya-feb) aveva spacciato per tali il rifacimento di un cimitero avvenuto nell´agosto scorso. Il mondo credette, e anche se in pochi giorni il trucco fu svelato, chi se n´è accorto? Nell´immaginario rimanevano a pesare le "fosse scavate in fretta dai miliziani di Gheddafi" per nascondere parte dei "diecimila morti e 50mila feriti fra i manifestanti", cifre sparate da un twitter della saudita Al Arabiya il 22 febbraio, fonte un sedicente membro libico del Tribunale penale internazionale, il quale ultimo lo sconfessava il giorno dopo, ma sempre invano. Come ha insegnato la propaganda nazista, dire menzogne enormi e ripeterle come un disco rotto paga; le smentite non saranno udite. Adesso, forse poiché non ancora tutti i membri belligeranti della Nato hanno deciso il rinnovo dell´adesione alla Operazione Unified Protector, quella sì già rinnovata dalla Nato per gli ultimi tre mesi di quest´anno, era forse utile un´altra notizia della serie "demonizza il nemico per giustificare la presenza umanitaria internazionle e legittimare ulteriormente il nuovo regime libico". Ed ecco che domenica 25, tal Salem Fergani membro del Tnc di Abdel Jalil (dal lontano febbraio autonominatosi "unico rappresentante del popolo libico", poi via via riconosciuto da vari paesi), tira fuori dal cappello di prestigiatore (in dotazione a tutti i membri del Cnt, pare) un altro orrore: una fossa comune di prigionieri uccisi. La prima forse a riferire con gioia è al Jazeera che senza alcun dubbio titola nella versione inglese (http://english.aljazeera.net/news/africa/2011/09/20119251823889148.html) "Mass grave of Libyan prisoners found". Il pezzo sul sito annuncia/denuncia: "Trovata una fossa comune con i resti di 1.700 prigionieri uccisi. La notizia è arrivata domenica mentre centinaia di combattenti del Cnt entrano a Sirte, che gli aerei Nato hanno bombardato due volte nella giornata". Ovviamente Al Jazeera non si fa alcun problema per la città assediata, centrata dai Grad (quando li lanciavano i lealisti, la Nato li bombardava a tutto spiano perché sono un´arma indiscriminata e dunque "minaccia ai civili"), Sirte e le altre città bombardate e piene di civili. E sulla fossa prosegue: "Khalid Sharif, portavoce del consiglio militare del Cnt, dice: `abbiamo trovato il luogo dove tutti quei martiri sono sepolti´ aggiungendo che è `la prova degli atti criminali del regime di Gheddafi´". Una prova necessaria. E Salim Al Ferjani, membro del Comitato nominato dal Cnt per identificare i resti, precisa: "Hanno infierito con l´acido sui corpi, per eliminare le tracce". Non è male evocare una crudeltà ulteriore. 
Poi il Cnt pensa bene di portare i giornalisti sul posto. Ma ecco cosa vede la Cnn, non certo filo-Gheddafi: non le ossa di migliaia di persone ma alcune ossa di animali senza nessuno scavo. La prima versione dell´articolo della Cnn, visibile fino a lunedì mattina, riferiva la dichiarazione del Cnt ma poi aggiungeva: "Non è chiaro se il sito sia una fossa comune, perché non ci sono stati scavi. Hanno mostrato ossa ai media, ma dei medici lì presenti con lo staff della Cnn hanno sostenuto che non sono ossa umane". Poi questa frase, nell´articolo di cui al link http://www.cnn.com/2011/09/25/world/africa/libya-mass-grave/index.html ?hpt=wo_c2 toglie il riferimento ai medici ma lascia i dubbi e diventa: "Il Cnt sospetta si tratti di una fossa comune, benché non ci siano stati scavi e non siano stati trovati resti umani. Un team della Cnn è stato portato sul posto, un campo fangoso, con latri media, e ha trovato solo ossa apparentemente animali". Non finisce qui: la Cnn precisa che secondo i "rivoluzionari" di Abdel Jalil il sito è stato individuato il 20 agosto. Allora perché la notizia fa scalpore adesso?
Comunque in Italia i media non leggono la Cnn. E riprendono acriticamente la bufala di Al Jazeera. Primeggia Repubblica.it (http://www.repubblica.it/esteri/2011/09/25/news/tripoli_trovata_fossa_comune_1200_cadaveri_tra_prigionieri_e_insorti-22199360/) ad esempio cita come oro colato appunto Al Jazeera, come fonte sacra: "Una fossa comune con 1200 cadaveri è stata trovata nei pressi della prigione di Abu Salim. Lo riporta la tv qatariota (dal sito definita "panaraba") Al Jazeera, confermando la notizia senza però fornire ulteriori dettagli". (Il corsivo è nostro). Poi Repubblica.it aggiunge di suo che fra i cadaveri ci sarebbero non solo i prigionieri del 1996 ma anche gli insorti di adesso. Repubblica cartaceo dedica tutta la pagina 17 del 26 settembre, a firma Renato Caprile da Tripoli, alla triste scoperta: "1.700 cadaveri" (come se ogni cadavere fosse già lì, in evidenza sotto l´occhio del reporter), "una delle più agghiaccianti fosse comuni mai scoperte". Il giornalista è portato sul posto a vedere il "cimitero senza lapidi" che "attivisti del Cnt" (attivisti, una bella definizione, non come mercenari o miliziani) hanno portato "ieri" alla luce. "La prova di un massacro": un´altra delle pistole fumanti così ecessarie a questa guerra. Ed ecco, scrive Caprile, "brandelli di stoffa intrisi di sangue e scoloriti dal tempo" (un armato del Cnt ha trovato "stringe al petto come una reliquia" proprio la tuta con il nome del suo vecchio amico Abdul Salem, il nome c´è ancora e così il foro del proiettile che l´ha ucciso 15 anni fa; l´ha trovata "come per miracolo": già) : "la prova di un massacro". Insieme a "teschi, femori, tibbie, costole ammucchiati qua e là alla rinfusa". 
Come mai la Cnn ha visto altro? Del resto, qualche settimana fa Repubblica.it parlava della denuncia delle amazzoni di Gheddafi ("Lui e tutti i suoi figli e i suoi funzionari ci stupravano": un altro classico della guerra in Libia), senza controllare la fonte dalla quale proveniva, una fonte screditatissima dalla stessa Onu. E´ quella psicologa di Bengasi, la Sergewa, dai cui era partita tutta la campagna diffamatoria nei confronti dei "mercenari di Gheddafi stupratori di massa", campagna rivelatasi falsa. Repubblica non ricordava che la psicologa era già stata sbugiardata dall´inviato dell´Onu e da Amnesty. La quale ultima pure non è certo filoGheddafi. Ad esempio Amnesty, che a gran voce e a lungo ha denunciato l´assedio a Misurata da parte dei lealisti - vedi il rapporto Misrata nder Siege - da settimane tace sugli assedi alle città lealiste, che la Nato bombarda e il Cnt attacca dichiaratamente con Grad, missili che la Nato stessa chiama "armi indiscriminate". Minaccia ai civili. 

Marinella Correggia

27.09.2011


=== 6 ===

Il Venezuela intende denunciare alle Nazioni unite l'aggressione della Nato contro la Libia


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L'IMMONDEZZAIO IN CUI VIVIAMO


http://www.repubblica.it/politica/2011/09/28/news/25_aprile-22366363/

Il 25 aprile di nuovo nel mirino. Il governo: "Sostituiamolo con il 18"

L'esecutivo  ha accolto la "raccomandazione" di un parlamentare Pdl per sostituire alla celebrazione della Liberazione quella delle prime elezioni politiche vinte dalla Dc. Il presidente del'Anpi, Smuraglia: "Una provocazione e una follia". Insorge l'opposizione: "Vile e inutile"

ROMA - Non c'è pace per la festa della Liberazione. Dopo aver rischiato di cadere sotto la mannaia della manovra economica 1, il 25 aprile finisce nuovamente nel mirino. Il governo ha accolto "come raccomandazione" l'ordine del giorno presentato dal parlamentare bolognese del Pdl, Fabio Garagnani, contenente la proposta di sostituire il 25 aprile con il 18 aprile 1948, giorno delle elezioni politiche vinte dalla Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi. Una proposta che ha ricevuto subito la netta risposta negativa del presidente dell'Anpi (l'Associazione nazionale dei partigiani) Carlo Smuraglia: "Una provocazione dell'onorevole Garagnani (non nuovo a uscite di questo genere 2, ndr) e una follia del governo che l'accoglie come raccomandazione. Penso che non se ne farà nulla. Ma se ci provassero troverebbero la ferma opposizione di tanti italiani che li farebbero rapidamente desistere". Immediate le reazioni indignate dell'opposizione: "Proposta vile e inutile". E la Lega lancia la provocazione: "Allora si festeggi anche la legge truffa del '53".
Proprio oggi, si legge in una nota di Garagnani, "ho ricevuto dal servizio di controllo parlamentare la conferma scritta dell'accoglimento 'come raccomandazione' da parte del governo del mio ordine del giorno che, in sede di discussione della manovra finanziaria del 14 settembre, impegnava ed impegna il governo a sostituire la festività del 25 aprile con il 18 aprile 1948 che, a parere mio, è la  vera data fondante ed unificante della democrazia italiana".
Immediata, si diceva, la replica dell'Anpi. Il presidente Smuraglia è letteralmente allibito: "Questo parlamentare, evidentemente, cerca la provocazione. Mi domando come davanti ai problemi economici gravissimi di questo Paese gli possa essere venuta in mente un'idea così assurda. Il 25 aprile è una festività consolidata nella mente e nel cuore di tanti italiani. Come si può pensare di sostituirla con il ricordo di un'elezione politica vinta da una parte? Non ha nessun senso e nessuno la prenderà in considerazione". Ma Smuraglia ce l'ha anche di più con l'esecutivo che ha accettato di riceverla addirittura come "raccomandazione": "Bastava un minimo di senso per capire che si trattava di una proposta irricevibile, anzi, neppure formulabile. Questa doveva essere la risposta di un governo serio... Invece... Evidentemente sono confusi... Comunque, se a qualcuno venisse l'idea di prendere sul serio questa cosa, l'Anpi fa sapere fin d'ora che ci saranno risposte adeguate, immediate e fermissime". 
E non sono mancate le proteste dell'opposizione. "Garagnani - ha affermato Ettore Rosato, esponente dell'Ufficio di presidenza del gruppo del Pd - sta alzando un polverone per niente, come è solito fare. Il 25 aprile non si tocca e dunque l'accoglimento 'come raccomandazione' da parte del governo del suo ordine del giorno è praticamente carta straccia. Resta un gesto politico vigliacco e provocatorio da parte di un governo che non sa guidare il Paese e tenta di tappare i buchi con dosi massicce di propaganda". A Rosato ha fatto eco il senatore Pd Paolo Giarretta: "Il governo e la sua maggioranza, non contenti di dividere Paese sui problemi dell'oggi, vorrebbero dividerlo anche sulla sua storia dimostrando purtroppo di essere uomini piccoli dai pensieri piccoli". 
"La conferma dell'accoglimento di un ordine del giorno che impegna il governo a sostituire la festività del 25 aprile con quella del 18 aprile 1948 - ha sottolineato l'Idv con la deputata Silvana Mura- dimostra la confusione e la debolezza di un governo che nella seduta del 14 settembre, non avendo più i numeri in aula, ha accolto tutti gli odg presentati per evitare di subire ripetute sconfitte. La vicenda, però, dimostra anche in maniera incontrovertibile come alcuni esponenti del Pdl che dicono di ispirarsi a quella che fu l'opera svolta dalla Democrazia Cristiana, siano in realtà quanto di più lontano dai valori e dalla cultura politica di quel partito. A nessuno dei grandi leader storici della Dc così come ai parlamentari più oscuri di quel partito sarebbe infatti mai venuto in mente di disconoscere la ricorrenza del 25 aprile 1945, perché la Dc e i cattolici si riconoscevano in pieno nel movimento della Resistenza di cui furono parte importante. È per questo che la Dc storica fu protagonista della ricostruzione dell'Italia ed è per questo che invece il Pdl è protagonista della decadenza del nostro Paese". E il senatore Pancho Pardi (Idv) rincara la dose: "Il 25 Aprile non si tocca, semmai va sostituito chi vuole sostituirla". 
Contraria alla proposta di Garagnani anche la Lega, che attraverso il senatore Fabio Rizzi, lancia una provocazione: quella di festeggiare la legge truffa del '53: "Sostituire il 25 aprile '45 con il 18 aprile '48? Cosa senza alcun riferimento storico se non quello che la Democrazia Cristiana vinse le elezioni e il Fronte popolare le perse. La storia è storia: il 25 aprile 1945 fu la sconfitta del nazifascismo, grazie agli alleati, al Cln e al sollevamento popolare". "A questo punto - è la provocazione di Rizzi - Garagnani proponga anche di festeggiare la legge truffa del '53! Seriamente: penso che uno come De Gasperi si sarebbe fatto una grande risata su una provocazione come questa solo per stare sui giornali".

(28 settembre 2011)
 


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(Un colloquio con Peter Handke, una disputa sulla Serbia e Srebrenica alla Fiera di Lipsia, e numerose altre riflessioni sulle incongruenze a proposito del "caso Srebrenica" da parte di Alexander Dorin, saggista esperto sul tema)


** Jugoslavenski glas - Voce jugoslava **

"Od Triglava do Vardara..." "Dal monte Triglav al fiume Vardar..."


Svakog drugog utorka, od 14,00 do 14,30, na Radio Città Aperta, valu FM 88.9 za regiju Lazio,
                       JUGOSLAVENSKI GLAS
Moze se pratiti i preko Interneta: http://www.radiocittaperta.it/stream.htm

Podrzite ovaj glas, kupovanjem nasih brosura, video kazeta i t.sl. Pisite nam na jugocoord @ tiscali.it


Ogni due martedì dalle ore 14,00 alle 14,30, su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio:
                         VOCE JUGOSLAVA
Si può seguire, come del resto anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet:
http://www.radiocittaperta.it/stream.htm
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della necessità).

Sostenete questa voce libera e indipendente acquistando video cassette, libri, bollettini a nostra disposizione. Scriveteci all'indirizzo email: jugocoord @ tiscali.it


PROGRAM     27. IX 2011   PROGRAMMA

O ucescu SAD u "Oluji". Optuzba protiv americkih generala.

Kancelarka Merker nastavlja imperijalisticku politiku protiv Srbije

Razgovaramo telefonski sa Andreom (sekretar, CNJ-onlusa)

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La partecipazione degli USA alla "Operazione Tempesta". Processo contro i generali americani.

La cancelliera Merkel continua con la politica del "bastone e carota" contro la Serbia.

Ne parliamo telefonicamente con Andrea (segretario, CNJ-onlus)



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Da:  Gilberto Vlaic <gilberto.vlaic  @  elettra.trieste.it>
Oggetto: La nostra attivita' a Kragujevac, varie informazioni
Data: 23 settembre 2011 21.21.16 GMT+02.00


Care amiche, cari amici, ecco alcune informazioni sulle nostre attivita’.

Abbiamo ricevuto dal Sindacato Samostanli di Kragujevac il periodico aggiornamento sulla 
situazione generale della Serbia; ve lo allego. I dati sono assai preoccupanti...

Abbiamo aggiornato la nostra pagina facebook con una nuova serie di 27 fotografie dedicate alla 
scuola elementare che si trova a fianco del campo profughi di Trmbas, dove insieme a a varie altre 
associazioni stiamo realizzando un progetto veramente importante di riqualificazione edilizia, che 
ha anche lo scopo fondamentale di ridare nuova dignita’ alle persone che vi abitano e ai bambini 
che frequantano questa scuola.
Potete vederle all’indirizzo
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Vi ricordiamo che il nostro periodico viaggio per la consegna delle quote di affido si svolgera’ 
dal 19 al 23 ottobre prossimi.
Consegneremo una quota di affido semestrale.
Vi preghiamo di versare le vostre quote con sollecitudine, sul conto della ONLUS

c.c.010000021816
presso Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,
Via Gruden 23 Basovizza-Trieste
intestato all'Associazione "Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus"
Indicare la causale: EROGAZIONE LIBERALE (seguito dal vostro nome e cognome)
Codice IBAN IT18 E089 2802 2020 1000 0021 816
(deducibile dalla dichiarazione dei redditi)

Un cordiale saluto a tutte/i
Per la ONLUS Non bombe ma solo caramelle
Gilberto Vlaic

Trieste, 23 settembre 2011
---

Savez Sindikata Srbije - Sindikat Metalaca Srbije

JEDINSTVENA SINDIKALNA ORGANIZACIJA

ZASTAVA


Adresa : Тrg Тopolivaca 4, 34000 Kragujevac
Тelefon/Faks : 034/335 367 & 335 762 - lokal : 22 69
Elektronska pošta : jsozastava@...


13.09.2011


SITUAZIONE GENERALE IN SERBIA E A KRAGUJEVAC


Anche se è ,,fortunato’’ di ricevere il salario in data prevista, un lavoratore serbo medio in produzione non riesce a saldare i debiti, versare per i crediti, pagare le bollette, riparare i guasti sulla macchina vecchia e può solo sognare il mare e la montagna; egli nel maggior numero dei casi soffre di depressione, pressione alta o diabete. E poi, non ha nessuna speranza nel futuro perchè con le privatizzazioni e nel mercato del lavoro attuale si è trasformato in ,,schiavo’’.

Questo è il tipico schema del lavoratore serbo in produzione industriale; attualmente ce ne sono 301.450. Sono proprio loro a ,,sostenere’’ tutti gli altri, cioè solo loro producono in Serbia. Tutti gli altri prestano servizi oppure sono pagati dal bilancio dello Stato (polizia, esercito, sanità, istruzione, uffici pubblici...).

Se teniamo presente che in Serbia ci sono ufficialmente 1.770.000 lavoratori e 2.356.000 disoccupati e pensionati allora è chiaro che il sistema non è sostenibile e che si teme che siamo in pericolo di collasso. Per esempio, nei paesi europei mediamente sviluppati la media dei lavoratori in produzione è pari a 38 – 44% mentre in Serbia risulta soli 17%. Ciò significa che in Serbia meno di 1 cittadino su 4 produce qualcosa ed è la statistica dei paesi emergenti d’Africa.

Il salario medio in Serbia è 39.100 (circa 390 euro), quasi la metà dei lavoratori percepisce il salario da tre a dodici mesi di ritardo. Preoccupato di non perdere il posto di lavoro, il nostro lavoratore non protesta e accetta tutto. Accetta tutte le condizioni imposte dal padrone perchè il bilancio della crisi iniziata tre anni fà sono oltre 240.000 licenziamenti.

Nonostante il fatto che il potere d’acquisto di un cittadino serbo medio diventa sempre più basso, i prezzi del materiale di prima necessità è in continuo aumento. In un anno il prezzo di pane è aumentato 17%, di latte 7%, di zucchero 45%. Le bollette di telefono sono aumentate 100%, corrente 13.9%, gas 20%. La statistica dice che la vendita di cibo è calata (innanzitutto carne per 20%) eccetto pane che è saltato per 15%.

Ancora un dato che dimostra tenore di vita estremamente basso e povertà alta. Su 7.300.000 abitanti nell’anno 2011 sono in circolazione 1.587.130 vetture, di cui oltre 600.000 sono tra 16 – 25 anni di vita mentre 363.400 tra 11 – 15 anni. Solo 211.800 (13.3%) hanno meno di 5 anni di vita.

L’autunno è il periodo più critico per ogni famiglia media in Serbia perchè ci sono anche le spese straordinarie – bisogna conservare cibo per l’inverno, comprare materiale scolastico per i figli, preparare legna o carbone per il riscaldamento, pagare assicurazione per la vettura ecc.

Segretario

____________________

Rajko Blagojevic




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(italiano / srpskohrvatski)

O antikomunizmu / sull'anticomunismo

1) O antikomunizmu kao izvoru legitimacije i ideološkom sadržaju tranzicionog društva /
Sull’anticomunismo come origine della legittimazione e del contenuto ideologico della società in transizione 
(Srđan Milošević)

2) La revisione della storia e la caccia alle streghe anticomunista in Lituania / Intervista ad Alfred Rubiks, presidente del Partito Socialista della Lettonia

3) Lettera aperta dell'Ufficio stampa del CC del KKE ai 13 deputati europei del cosiddetto "Gruppo per la conciliazione della Storia europea" (aprile 2010)


=== 1 ===

O antikomunizmu kao izvoru legitimacije i ideološkom sadržaju tranzicionog društva



Srđan Milošević


U većoj ili manjoj meri dramatičanim slomom socijalističkih režima i iznenađujuće brzim krahom socijalizma kao globalnog sistema, u bivšim socijalističkim zemljama zavladao je snažan antikomunizam, koji je mnogo ranije začet, koji nije nikada jenjavao i koji je od sredine osamdesetih godina 20. veka zapravo postao glavni izvor legitimacije različitih ideoloških narativa tih društava, da bi na kraju postao njihov dominantan ideološki sadržaj. Danas se u postsocijalističkim društvima podrazumeva da je socijalizam bio period istorije na kojem stoji isključivo žig terora, represije, neslobode i manipulacije. I ništa više od toga. U osnovi antikomunizma se nalazi, dakle, isključiva, nekritička, podrazumevajuća i aksiomatična netrpeljivost prema socijalističkoj prošlosti, netrpeljivost koja negira svaku legitimnost socijalizma kao poretka i komunizma kao ideologije.

Kriza, neuspesi, ali i represivnost socijalističkog poretka, kao i naglašeno odsustvo određenih sloboda i prava izazvali su nezadovoljstvo ljudi sistemom i omogućili da pre svega nacionalisti, kao najspremniji za akciju i najodlučniji u svojim ciljevima, ideološki artikulišu to nezadovoljstvo. Pošto je komunizam najveći protivnik nacionalizma, nezadovoljstvo socijalističkim poretkom dobilo je iracionalne razmere upravo zahvaljujući nacionalističkoj artikulaciji nezadovoljstva sistemom. To je u osnovi antikomunizma kao metanarativa postsocijalističkih društava. Odnos antikomunizma i nacionalizma je posebno važan, u onolikoj meri koliko je komunizam kao ideologija zasnovan na principu internacionalizma (u višencionalnim sredinama na principu nacionalne ravnopravnosti), dakle sasvim suprotan nacionalizmu. Bez principa internacionalizma nema ni levice, ni socijalizma, ni komunizma. Otuda su levica i nacionalizam prirodni protivnici i najžešća nacionalistička kritika rezervisana je upravo za levicu.

Antikomunizam ima široku bazu i zajednički je velikiom broju različitih ideoloških narativa. Njih povezuje apsolutno negiranje i osuda socijalističke prošlosti i komunizma kao svojevrsna metaideologija kojom se bezmalo svaki od pojedinačnih ideoloških narativa u postsocijalističkim tranzicionim društvima primarno legitimiše. Iako (više) nema masovne histerične manifestacije, antikomunizam nije manje prisutan i nije manje borben nego što je bio u vreme kada je konačno osvojio pozicije u javnosti i iz opskurnih kabineta, sa privatnih zabava i sa stranica raznih opozicionih (ili „opozicionih“) pisanih sastava izašao na ulice i postao nezvanični mainstream, a potom i ozvaničena ideološka osnova vladajućih elita u postsocjalističkim zemljama. Povremeno redukujući intenzitet i nevoljno priznajući, uglavnom pred pritiskom neumitnih činjenica, određene pozitivne strane socijalističkog poretka, žreci antikomunizma ipak ne odustaju od potpune stigmatizacije i temeljne revizionističke reinterpretacije socijalističke prošlosti.

Antikomunizam nije moderan ideološki narativ, on ostaje na nivou težnji ka rehabilitaciji u socijalizmu osuđenih i odbačenih ličnosti i vrednsoti, ka restauraciji dosocijalističkih institucija, ka revitalizaciji kulturnih modela prethodne epohe. U svakoj od zemalja u kojoj dominira, antikomunizam se pokazao kao ideološki sadržaj koji poništava modernizaciju, retradicionalizuje društvo i sa parolom „povratka na staro“ nastoji da uspostavi nepostojeći kontinuitet sa nepostojećom (izmišljenom i idealizovanom) prošlošću. Reč je o agresivnoj propagandi, koja funkcioniše na principu „lova na veštice“, počiva na istorijskom revizionizmu i služi se korpusom negativnih predstava o socijalizmu, od kojih su neki puka mitska krivotvorenja prošlosti, sa hrpom antiheroja i gotovo mitskih situacija koje treba da posluže za preuveličavanje svih negativnih (treba li podsećati da ih je itekako bilo) i za negiranje svih pozitivnih (a bilo ih je mnogo) učinaka socijalizma.

U uslovima kada je komunistička ideologija odbačena i poražena i kada je odbačen i slomljen socijalistički sistem, kao da nije bilo sasvim jasnog odgovora na pitanje šta posle socijalizma, pa u bivšim socijalističkim zemljama antikomunizam ostaje jedino što dominantne društvene elite mogu da ponude kao sopstvenu legitimaciju. Međutim, od izvora legitimiteta, antikomunizam se pretvorio u autonoman ideološki narativ. Upravo zbog izostanka kreativnog i smislenog odgovora na ključno pitanje – šta posle socijalizma? – nijedan ishod u bivšim socijalističkim zemljama nije nemoguć, sve dok je legitimisan antikomunizmom. Tu je, razume se, ponajmanje reč o ekonomiji, mada se radi i o njoj. Uprkos svim unutrašnjim razlikama koje se ne smeju zanemarivati, kada je reč o bivšim socijalističkim zemljama, prisutna je tendencija jačanja desnih snaga, crkve, porasta netrpeljivosti prema manjinama, rasizma. Na snazi je uspon ideologija ali i praksi na koje je komunizam bio reakcija protiv kojih su komunisti vodili borbu koja je, uz pritisak iz Moskve, umnogome odredile i prirodu socijalizma kao poretka.

Antikomunizam nije tek element neke dominantne ideologije, već primarni ideološki sadržaj postsocijalističkih društava (ili bar većine njih) pa se ta društva najpreciznije mogu opisati, ne kao liberalno-demokratska, konzervativna, fašistička, klerikalna i slično (premda ona sve to u određenoj meri jesu) već pre svega kao postsocijalistička društva sa antikomunizmom kao ideološkom infrastrukturom. Naime, ta društva nisu profilisana ni kao liberalna, daleko su od toga; individualizam je i dalje samo pojam u radovima iz političke filozofije; u njima nema jasno artikulisanih grupnih interesa (osim interesa političkih elita i, naročito – krupnog kapitala); uglavnom dominira vrednosna apsolutizacija nacije, kao ideološki sedativ za nezadovoljstvo socijalnim statusom većine građana, pa je nacionalizam ono što ostvaruje koheziju većine ljudi u razorenom i atomiziranom društvu.

Iako postoje značajne razlike ne samo u modelu socijalizma koji je postojao u bivšim socijalističkim zemljama, već i njihovom postsocijalističkom razvoju, u svim bivšim socijalističkim zemljama važe neke od navedenih karakteristika. Antikomunizam naglašava različite sadržaje u zavisnosti od konkretnog društva, ali svuda gde postoji podrazumeva konstituisanje dominantnog ideološkog narativa kroz otpor (gotovo) svemu onome što se vezuje za socijalistički period istorije. Logika tog otpora je banalna: 1) U socijalizmu nije vredelo gotovo ništa, a ako je nešto i bilo dobro – to nema naročitog značaja u globalnoj oceni socijalizma. 2) U svakoj pojedinačnoj zemlji, nosioci sistema i komunističke ideologje su zločinci ili u najboljem slučaju pomagači zločinaca, koji zaslužuju prezir ili čak sudske kazne. I konačno, 3) komunizam kao ideologija i socijalistički režimi kao njeni protagonisti bili su u potpunosti lišeni legitimiteta. Prema tom tumačenju, komunizam je danas, kako kaže Fire, „sav sadržan u svojoj istoriji“, iznad svega, razume se, u staljinizmu.

Zbog svega toga i komunizam kao ideologija i socijalistički sistem kao pokušaj ostvarenja te ideologije zaslužuju samo liberalno-demokratski verdikt kojim se smeštaju u isti okvir sa fašizmom, kao druga strana totalitarne medalje. Međutim, ta rezolucijski i deklaracijski oktroisana „istorijska istina“ manifestuje se, nimalo slučajno, kroz sve otvorenije globalno zanemarivanje antifašizma kao relevantne vrednosti, sve manje vrednovanje značaja učešća SSSR u borbi protiv fašizma i kao sve očiglednije zanemarivanje antifašističkih tradicija u samim bivšim socijalističkim zemljama. Čak se i antifašistička obeležja koja potiču iz socijalističkog perioda zapostavljaju, ruše i uklanjaju, da bi njihovo mesto u javnom prostoru, ako i kada je to uopšte važno, zauzela obeležja nekog drugog antifašizma, moralno, ideološki i istorijski „ispravnijeg“ i „pravednijeg“. Razume se – a samo bi naivnom posmatraču mogla da promakne veza toga sa antikomunizmom – vrlo često to mesto zauzimaju razne „kontroverzne ličnosti“ nacionalnih istorija, a ponekad i nesumnjivo fašistička obeležja. Više je nego poražavajuće, a moglo bi se reći i da je zastrašujuće to što se, u stvarnosti postsocijalističkih društava, događa i rehabilitacija nacionalističkih pokreta i ličnosti, često veoma bliskih fašizmu ili čak fašista.

Dok se antifašizam potire i zaboravlja u svim bivšim socijalističkim zemljama, istovremeno se insistira na teroru i zločinima komunističkih vlasti, koji treba da ostanu dominantna pa i jedina slika socijalističke prošlosti. Na delu je, u najopskurnijim slučajevima, i do perverzije dovedena svojevrsna „nacionalizacija antifašizma“, u kojoj se fokus diskursa o fašizmu redukuje na osudu Hitlera, Musolinija i najprominentnijih fašističkih lidera kao i najneposrednijih sledbanika, dok se zločinačka priroda raznih „nacionalnih snaga“, i nekadašnjih i savremenih, sasvim zanemaruju, a rečene «nacionalne snage» uzimaju i kao svojevrsni ideološki uzori.

Kao polazište za delegitimizaciju socijalizma, u liberalnoj kritici, koriste se proizvoljno univerzalizovane i grubo zloupotrebljene (u slučaju nacionalista) vrednosti liberalne demokratije, za koje se poverovalo da predstavljaju panaceju, nesumnjivi univerzalni okvir za prevladavanje društvenih protivrečnosti. Činjenica da su socijalistički režimi postojali i da su trajali decenijama, u liberalno-demokratskoj interpretacaiji tek je jedna devijacija istorije, koja se tek sa «prihvatanjem» liberalne demokratije „vraća“ ili stupa na jedini ispravni put. Međutim, Zapad je suočen sa novom enigmom: socijalizma više nema, ali problemi su umnogome ostali. Neki novi su se pojavili, kao posledica upravo rasplamsavanja problema koje je socijalizam rešio u svom kontekstu i poretku stvari. Pokazalo se da su politička rešenja koja su komunisti nudili za mnoga pitanja bila daleko celishodnija, treba reći i – pravednija, pri čemu posebno treba imati u vidu istorijsko delegitimisanje nacionalizma, sa korpusom vrednosti koje iz toga proizulaze, kao i socijalni status građana. Ne treba ni pominjati da sve to nije bilo dovoljno, da nije bilo uvek ni u skladu sa proklamovanim načelima, kao i da je bilo iznevereno i od samih vladajućih struktura. Tu treba napomenuti da, ako je socijalizam istorijski delegitimisan, onda je to prevashodno zbog izneveravanja sopstvenih ideja, a ne zbog inkopatibilnosti sa principima liberalne demokratije, kako se obično podrazumeva.

Sa druge strane, antikomunizam nije ni u čemu doprineo demokratizaciji postsocijalističkih društava, budući da ni sama njegova suština nije demokratska. Posebno kada je u pitanju položaj manjina situacija se u mnogome i pogoršala. Višepartijski sistem postao je sam sebi svrha, a sloboda govora, udruživanja i mišljenja, bez ikakve stvarne institucionalne zaštite, postala je često metod za samootkrivanje drugačijeg, na kojeg se potom primenjuju različite vrste pritisaka, istina pre svega od strane samog netolerantnog društva, ali ponekad i od strane države. I u mnogim drugim segmentima mogla bi se lako dokazati nedemokratska suština vladajućeg poretka u čijoj je osnovi antikomunizam.

Posebno je poražavajuć i obeshrabrujuć trivijalizujući i dogmatski odnos prema socijalističkoj prošlosti onih liberalnih kritičara koji nisu nacionalisti i koji nisu ksenofobični, ali su umesto razumljivog kritičkog izabrali kritizerski ton ideološkog antikomunizma. Taj ideološki antikomunizam kod liberala je, po mom uverenju, refleks suštinskog nerazumevanja istorije Istočne Evrope, posebno događaja u toku Drugog svetskog rata, kao ni epohe koja je posle rata usledila. Kriza u centralnoj i istočnoj Evropi prve polovine 20. veka vodila je ekstremnim rešenjima koja su ultimativno postavila alternativu: fašizam ili komunizam. Liberalna ekvidistanca prema fašizmu i komunizmu nije bila stvarna alternativa. Ideja da je svejedno da li bi trijumfovao fašizam ili komunizam, koja proističe iz raznih deklaracija koje izjednačavaju svet fašizma i svet socijalizma, u najmanju ruku je morbidna.

Na liniji antikomunizma, koji je u osnovi svih savremenih ideoloških paradigmi u postsocijalističkim društvima, uspostavlja se umnogome mehaničko, ali u političkoj praksi opasno ideološko jedinstvo nacionalista i liberalnih nenacionalista. Pošto su bitno određene antikomunizmom, postsocijalističke ideološke paradigme ne mogu da se od njega emancipuju i što je još važnije, podjednako doprinose iracionalnom odnosu prema socijalističkoj prošlosti i prošlosti uopšte. Iako akcentuju različite sadržaje (kritika nacionalne politike komunista, odnosno kritika odsustva građanskih sloboda), nacionalistička i liberalna kritika socijalizma ostvaruju samo kumulativni efekat, čiji je najmarkantniji rezultat – dominacija nacionalizma. Jer, u krajnjem ishodu, nacionalizam nije u sukobu sa «kapitalom», a socijalizam u osnovi jeste.

Antikomunizam se kao dominantna ideologija u postsocijalističkim društvima, duboko ukorenio u njihove vrednosne sisteme, do mere da je postao jedan od temeljnih sadržaja njihovog novog identiteta. Stav o nelegitimnosti socijalizma kao poretka i komunizma kao ideologije uslovio je da se čitava socijalistička prošlost posmatra u rasponu od osude do anegdote, od mržnje do podsmeha, ali uglavnom bez refleksije i gotovo potpuno izvan razumevanja istorojskog konteksta u kojem se socijalizam javlja kao društveno-ekonomski poredak. U evropskim i svetskim okvirima sve dominantnija tendencija da se izjednače „dva totalitarizma“ nije samo antiistorijska, ona je istovremeno i opasna jer je u svojim krajnjim ishodima po pravilu svuda vodila u svojevrsnu normalizaciju fašizma. Antikomunizam je puno doprineo ublažavanju slike o fašizmu kao jedinstvenom primeru otelovljenja zla.

Kada bi antikomunizam bio efemerna pojava u postsocijalističkim društvima, kada bi se mogli prevazići okviri realnih istorijskih alternativa, kada ne bi bilo tako podrazumevajuće da je Staljin isto što i Hitler, Tito isto što i Staljin, a Musolini, ipak, nešto bolje(?!), da su komunisti zločinci, a socijalizam svuda i uvek isključivo poretak neslobode, mraka i bede, ekvidistanca liberala prema nacionalistima i levici bila bi moguća i vidljiva. Ali, antikomunizam, sa ovakvim osnovnim polazištima, jeste temeljna ideološka infrastruktura tih društava i u tome i jeste sva tragedija liberalne nenacionalističke, ali antikomunističke ideje u njima. Zbog svog antikomunizma ona je popustljiva prema nacionalizmu, koketira ili otvoreno sarađuje sa nacionalizmom, u najmanju ruku normalizujući ga, smatrajući ga za manjeg protivnika od komunizma ili levice, a ponekad i za saradnika. Granice se tu često gube. Antikomunizam i dalje sprečava da se jasno prepozna da je nacionalizam najveća ili bar prva prepreka na putu postizanja većeg društvenog blagostanja, ne samo materijalnog. A upravo nacionalizam blokira procese modernizacije, političke, ekonomske i kulturne integracije u svetske tokove, a u konfliktnim i postkonfliktnim regionima blokira uspostavljanje regionalne saradnje koja je neophodan uslov razvoja. Sa druge strane, antikomunizam nenacionalističke orijentacije sasvim je nemoćan i u osnovi žalosno popustljiv prema nacionalizmu, budući da u borbi protiv „bauka komunizma“, u svim prošlim i budućim bitkama, i nacionalizam dobro dođe kao saveznik.

Sve ovde rečeno odnosi se uglavnom na bivše socijalističke zemlje. Unutar tog konteksta savremena levica ima šansu da se profiliše kao politička alternativa koja počiva na nekoliko ključnih principa, od kojih su neki u tradiciji levice, ali ih treba reafirmisati i redefinisati njihov sadržaj, a neki su novi i posledica su neumitnih društvenih promena. Levica bi morala i da preispita svoju decenijsku praksu uklapanja u liberalno-kapitalističke kalupe, u kojoj se sasvim izgubila oštrica njene opravdane kritike kapitalizma. Humanost mora istinski biti ključna reč levice, u svom što potpunijem značenju i sa što širim sadržajem.

Razne nostalgije za izgubljenim «socijalističkim rajem» i glorifikacije socijalizma i njegovih glavnih aktera podjednako su pogrešne kao i antikomunizam, iako nisu podjednako ni masovne ni učinkovite. One su nesavremene, neefikasne, često banalne, a najveći etički preblem je njihova neosetljivost za zloupotrebe, stvarnu nedemokratičnost i političku represiju režima. Sve je to potrebno učiniti vidljivim u optici leve kritike istorijskog socijalizma i vrednsono se prema tome opredeliti. Za samu levicu to je najbolji način borbe protiv antikomunizma (koji je i antilevica, u širem smislu) i njegovih izobličavanja stvarnosti. Levica se ne može vratiti, niti treba da se vrati u nazad. Sa druge strane, levica se mora vratiti osnovnoj ideji da menja svet, umesto što mu se poslednjih decenija prilagođavala. U onolikoj meri koliko je antikomunizam obesmislio i izneverio i ideje liberalizma i očekivanja ljudi u postsocijalističkim zemljama, utoliko savremena levica ima veće šanse. Potrebno je da se jasnije profiliše kao alternativa i da pridobije poverenje ljudi. Na tom putu, najveća prepreka je nacionalizam.


Srđan Milošević je istoričar, saradnik Instituta za noviju istoriju Srbije i član Savjeta Novog Plamena



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Sull’anticomunismo come origine della legittimazione e del contenuto ideologico della società in transizione


Srdjan Milosevic


In misura più o meno grande, con il fallimento dei regimi socialisti e data la sorprendente velocità di crollo del socialismo come sistema globale, in tutti i paesi ex socialisti si è instaurato un forte anticomunismo, concepito molto tempo prima. Negli anni Ottanta del 20mo secolo esso era diventato, invero, la fonte principale delle diverse narrazioni ideologiche di quelle società, per finire con l'essere il loro contenuto ideologico dominante. Oggi nelle società post-socialiste si dà ad intendere che il socialismo è stato un periodo storico contrassegnato dal terrore, dalla repressione, dalla libertà negata e dalle strumentalizzazioni. E niente più. Alla base dell’anticomunismo sta, infatti, un’intolleranza assoluta, acritica, che sottintende un assiomatico rifiuto del passato socialista, rifiuto che nega ogni legittimità al socialismo come assetto sociale e al comunismo come ideologia.


La crisi, gli insuccessi, ma anche la repressione nel sistema socialista, così come la netta mancanza di certi diritti e di certe libertà, hanno provocato lo scontento della gente verso il sistema ed hanno reso possibile che i nazionalisti in primis, in quanto più preparati all'azione politica e più decisi nei loro scopi, articolassero ideologicamente ed indirizzassero il malcontento. Visto che il socialismo è nemico acerrimo del nazionalismo, l’insoddisfazione con l’assetto socialista ha acquisito delle proporzioni irrazionali proprio grazie all’articolazione nazionalista dell’insoddisfazione verso il sistema. Questo sta alla base dell’anticomunismo come meta-narrazione delle società post-socialiste. Il rapporto tra anticomunismo e nazionalismo è particolarmente importante, nella misura in cui il comunismo come ideologia era stato fondato sul principio dell’internazionalismo (nell’ambito multinazionale sul principio della uguaglianza delle nazioni), quindi del tutto contrario al nazionalismo. Senza il principio dell’internazionalismo non esistono la sinistra, né il socialismo, né il comunismo. Quindi la sinistra ed il nazionalismo sono nemici naturali. Perciò la critica nazionalista più feroce è stata riservata alla sinistra.


L’anticomunismo dispone di una base di consenso molto larga e si accomuna a un grande numero di narrazioni ideologiche. Queste sono legate fra di loro dalla negazione assoluta e dal giudizio negativo rivolto al passato socialista nonché dal giudizio sul comunismo, che quasi ogni singola narrazione ideologica nelle società post-socialiste assume per legittimare se stessa. Anche se (ora come ora) sono assenti certe manifestazioni isteriche di massa, l’anticomunismo non viene meno né ha smussato i suoi punti d’attacco in paragone al periodo in cui, alla fine, acquistò posizioni pubbliche, uscendo allo scoperto dai gabinetti oscuri, dalle feste private e dalle pagine di certi scritti d’opposizione (o quasi-opposizione), e iniziò a marciare in strada e a fermarsi in piazza nei paesi post-socialisti. Di tanto in tanto, riducendo l’intensità dell’attacco e ammettendo controvoglia, di fronte a fatti innegabili, certi lati positivi dell’assetto socialista, gli sciamani dell’anticomunismo non rinunziano alla stigmatizzazione e alla reinterpretazione radicale in direzione revisionistica del passato socialista.


L’anticomunismo non è una narrazione ideologicamente nuova: essa rimane ancorata alla tendenza alla riabilitazione di personaggi e valori condannati o rifiutati nel periodo socialista, alla restaurazione delle istituzioni esistenti nel periodo precedente al socialismo, alla rivitalizzazione dei modelli culturali delle epoche passate. In tutti i paesi dove è diventato la forza dominante, l’anticomunismo si è dimostrato come contenuto ideologico che annulla la modernizzazione, tende verso uno spiccato processo di re-tradizionalizzazione della società, e con il “ritorno al passato” vorrebbe creare un’inesistente continuità con un passato che non è mai esistito (spesso frutto di fantasia o di un’intensa idealizzazione). Si tratta di una propaganda aggressiva che funziona sulla base del principio della “caccia alle streghe”, fondata sul revisionismo storico, che si serve di un corpus consistente di rappresentazioni negative del socialismo, alcune dalle quali sono mere falsificazioni storiche trasformate in mito, con una caterva di antieroi dai contorni quasi mitologici, che dovrebbero servire all'accentuazione di qualsiasi negatività (e non c’è bisogno di ricordare che ce ne sono state) e al contempo come negazione di ogni positività (e sono state molte) del socialismo.


Nelle condizioni in cui l’ideologia comunista è stata rifiutata e sconfitta e quando è stato rifiutato e sconfitto il sistema socialista, pare che non ci siano state risposte chiare alla domanda: che cosa dopo il socialismo? - sicché nei paesi ex socialisti l’anticomunismo è rimasta l’unica dominante che le elites al potere possono offrire come propria legittimazione. Ma da fonte della legittimità, l’anticomunismo è diventato una narrazione ideologica autonoma. Proprio perché non è esistita una risposta sensata e creativa alla domanda fondamentale - che cosa dopo il socialismo? –, nessuna via d'uscita sarà possibile nei paesi post-socialisti, finche l’anticomunismo sarà legittimo. Qui, si capisce, c'entra poco dell’economia, benché sia in ballo anch'essa. Nonostante tutte le differenze interne, che non vanno trascurate, quando si analizzano i paesi ex-socialisti è innegabile la forte presenza delle forze di destra, della chiesa, dell’intolleranza verso le minoranze etniche, del razzismo. Avanzano quelle ideologie e quelle pratiche per combattere le quali il comunismo era nato; ideologie e pratiche alle quali i comunisti si erano sempre opposti e contro le quali avevano sempre lottato, il che aveva determinato in molte cose, su pressione di Mosca, la natura stessa del socialismo come sistema.


L’anticomunismo non è elemento di una qualche ideologia dominante, ma il contenuto ideologico prevalente delle società post-socialiste (o della stragrande parte di esse), sicché queste società possono essere descritte con la massima precisione non come società liberal-democratiche, conservatrici, fasciste, clericali e via di seguito (anche se sono ognuna di queste cose, in una certa misura), ma anzitutto come società post-socialiste con l’anticomunismo come struttura ideologica. Queste società non si profilano come società liberali: lungi da questo, l'individualismo rimane solo pura nozione nelle interpretazioni di filosofia politica; in esse non esistono interessi di gruppo chiaramente articolati (fuorché naturalmente gli interessi delle elites politiche e - soprattutto – gli interessi dei grandi capitali) ma domina come valore assoluto la nazione, che serve come sedativo ideologico per l'insoddisfazione della maggioranza di cittadini verso la propria posizione sociale, sicché il nazionalismo rimane il fattore di coesione per la stragrande maggioranza in una società altrimenti distrutta ed atomizzata.


Anche se esistono differenze, che riguardano non soltanto il modello del socialismo esistente nei paesi ex-socialisti, ma anche il loro sviluppo post-socialista, in tutti i paesi ex socialisti sono valide certe caratterizzazioni. L’anticomunismo accentua contenuti diversi, dipendenti dalla società concreta, ma dappertutto si costituisce come narrazione ideologica dominante che si articola tramite la resistenza a (quasi) tutto ciò che era collegato al periodo storico socialista. La logica di quella resistenza è banalissima: 1) Nel socialismo non c’era nulla che valesse qualche cosa, e anche se c’è stato qualche cosa di buono questo rimane insignificante nella valorizzazione globale del socialismo. 2) In ogni paese singolo i portatori dell’ideologia comunista sono dei delinquenti o, nel migliore dei casi, assistenti di delinquenti, che meritano il disprezzo e di essere trascinati davanti ai tribunali. 3) Il comunismo come ideologia e il regime socialista erano del tutto illegittimi. Secondo questa visione, il comunismo è oggi, come dice Furet, ”tutto contenuto nella Storia” - soprattutto, si capisce, nella storia dello stalinismo.


A causa di tutto questo, sia il comunismo come ideologia sia il sistema socialista come tentativo di sua realizzazione non meritano altro che il verdetto liberal-democratico, che li posiziona nello stesso quadro del fascismo, come rovescio della medaglia totalitaria. E questa verità, imposta come una legge in risoluzioni e dichiarazioni in quanto innegabile “verità storica”, si realizza tramite il sempre più aperto discredito dell’antifascismo, ridotto ad un valore relativizzato, la minimizzazione sempre maggiore del ruolo dell’Unione Sovietica nella lotta contro il fascismo e il sempre più aperto svilimento delle tradizioni antifasciste nei paesi ex socialisti. Persino i simboli antifascisti esistenti, posti nel periodo socialista, sono esposti alla noncuranza, alla distruzione o alla rimozione, per essere sostituiti nello spazio pubblico con simboli di un antifascismo diverso, moralmente, ideologicamente e storicamente “più corretto” e “più giusto”. Si capisce – soltanto ad un osservatore ingenuo potrebbe sfuggire il legame di atti simili con l’anticomunismo – e al posto dei monumenti di prima vengono celebrati certi “personaggi controversi”, talvolta con indubbie caratteristiche fasciste, pescati nella storia nazionale. Si può definire come oltremodo deprimente, anzi, come pauroso quello che in realtà succede nei paesi post-socialisti nel campo della riabilitazione di movimenti e personaggi molto vicini al fascismo se non addirittura fascisti.


Mentre l’antifascismo viene annientato e dimenticato in tutti i paesi ex socialisti, allo stesso tempo si indugia e si insiste sul terrore e sui delitti del potere comunista, che deve rimanere la rappresentazione dominante, anzi l’unica esistente, del passato socialista. Si tratta, nei casi più torbidi, di una “nazionalizzazione perversa” dell'antifascismo, nella quale il discorso si focalizza su Hitler, su Mussolini e sui leader fascisti più in vista, nonché sui loro più stretti seguaci, ma la natura scellerata di talune “forze nazionali”, collaboratrici del fascismo di allora e di adesso, viene trascurata e sminuita, anzi le suddette “forze nazionali” vengono proposte come riferimenti ideologici d’un certo tipo.


Come punto di partenza per delegittimare il socialismo nella critica liberale si fa un uso improprio dei valori universali - brutalmente strumentalizzati nel caso dei nazionalisti - della democrazia liberale, la quale si era creduto che rappresentasse una panacea, cioè una cornice indiscutibile per il superamento delle contraddizioni sociali. Nell’interpretazione liberal-democratica, il fatto che i regimi socialisti siano esistiti e che siano durati per decenni non rappresenta altro che una deviazione della Storia, e la Storia “ritorna” o si mette sull’unica strada possibile e giusta solamente con l' “adozione” della democrazia liberale. Ma l’Occidente deve affrontare un enigma nuovo: il socialismo non esiste più, ma i problemi in molti casi esistono e resistono. E sono apparsi anche dei problemi nuovi, che divampano, problemi che il socialismo aveva risolto nel suo contesto e nel suo ordine di cose. Sta venendo alla luce che le soluzioni politiche che offrivano i comunisti sono state molto più efficaci e – bisogna dirlo – molto più giuste, si pensi ad esempio alla delegittimazione dei nazionalismi, con tutti i valori derivanti da una simile politica, che riguarda anche lo stato sociale dei cittadini. Non c’è bisogno di ricordare che tutto ciò non è stato abbastanza, che molti fatti erano in contrasto con i principi proclamati e che gli stessi membri delle strutture vigenti allora delle volte non hanno tenuto fede ai proclami. Allora bisogna dire che, se il socialismo è stato storicamente delegittimato, questo è successo in primo luogo perché non ha tenuto fede alle sue proprie idee, e non per una incompatibilità con i principi della democrazia liberale - posizione che nel pensiero pubblico è diventata luogo comune.


D’altro canto l’anticomunismo non ha contribuito per nulla alla democratizzazione degli Stati post-socialisti, visto che la sua sostanza non è democratica. Soprattutto, a proposito delle condizioni delle minoranze, la situazione è peggiorata, e di molto. Il sistema pluripartitico è diventato fine a se stesso, e la libertà d’espressione, di associazione o di pensiero, senza alcuna protezione istituzionale, sono diventate spesso un metodo per mettere a nudo il diverso, il quale poi è diventato oggetto di varie forme di pressione, e nonostante il fatto che la pressione più forte sia esercitata dalla società stessa, per nulla tollerante, le pressioni a volte sono esercitate persino da parte dello Stato. E in molti altri segmenti della società sarebbe oltremodo facile provare l’essenziale assenza di democrazia, nel sistema vigente basato sull’anticomunismo.


Particolarmente inaccettabile e scoraggiante è il comportamento rozzo e dogmatico verso il passato socialista da parte di critici liberali che non sono né nazionalisti né xenofobi, ma che invece di avere una posizione di critica ragionevole hanno scelto di usare il tono scriteriato dell’anticomunismo urlante ed ideologizzato. Questo anticomunismo ideologizzato dei liberali, io credo, riflette una sostanziale incomprensione della storia dell’Europa dell’Est, soprattutto una incomprensione degli eventi che hanno seguito la Seconda guerra mondiale, l’incomprensione dell’epoca successiva agli eventi bellici. La crisi nell’Europa centrale ed orientale nella prima metà degli anni 20 spinse le società verso soluzioni estreme, che ponevano l'alternativa in modo ultimativo: o il fascismo o il comunismo. L’equidistanza liberale verso il fascismo e verso il comunismo non rappresentava allora un’alternativa realistica. L’idea che fosse uguale se a trionfare fosse il fascismo o il comunismo, idea che trapela da diverse dichiarazioni che equiparano il mondo del fascismo al mondo del socialismo, è, come minimo, un'idea morbosa.


Sulla linea comune dell’anticomunismo, che sta alla base di tutti i paradigmi ideologici nelle società post-socialiste, si sta creando in molti casi meccanicamente, ma nella pratica politica, una pericolosa unione dei nazionalisti con i liberali non nazionalisti. Visto che sono in sostanza caratterizzati dalla posizione anticomunista, i paradigmi ideologici post-socialisti non riescono ad emanciparsi da questa, e, cosa ancora più importante, allo stesso modo sostengono fortemente l'atteggiamento irrazionale verso il passato socialista e verso il passato in generale. Anche se pongono l'accento su contenuti diversi (critica alla politica nazionale comunista, o critica all’inesistenza delle libertà civili), la critica al socialismo tanto da parte dei nazionalisti quanto da parte dei liberali non approda ad altro che ad un’effetto cumulativo, il cui risultato più spiccato finisce con l'essere la posizione dominante del nazionalismo. Perchè, in fin dei conti, il nazionalismo non è in conflitto con il capitale, mentre il socialismo lo è.


L’anticomunismo come ideologia dominante nelle società post-socialiste si è profondamente radicato nelle loro scale di valori, a tal punto che esso è diventato uno dei contenuti-base della loro nuova identità. La posizione sulla non legittimità del socialismo come assetto sociale e del comunismo come ideologia ha condizionato la visione dell’intero passato socialista, andando dalla precisa condanna sino all'aneddotica, dall’odio fino alla beffa, ma ponendosi sempre senza riflettere mai e quasi senza capirci nulla, al di fuori del contesto storico in cui il socialismo è comparso come assetto sociale ed economico. Nella cornice europea e mondiale, la tendenza sempre più dominante di equiparare “i due totalitarismi” non è soltanto antistorica, essa diventa allo stesso tempo pericolosissima nei suoi effetti ultimi, perché di regola ha sempre e dappertutto implicato la normalizzazione del fascismo. L’anticomunismo ha dato un grande contributo all'ammorbidimento dell'immagine del fascismo come esempio univoco della personificazione del male.


Se l’anticomunismo fosse un fenomeno effimero nelle società post-socialiste, se si potessero oltrepassare i limiti delle alternative storiche realmente esistenti, se non fosse diventato “ovvio” che Stalin era lo stesso che Hitler, e Tito lo stesso che Stalin, e che Mussolini era, però, qualcosa di meglio (?!), i comunisti delinquenti e il socialismo sempre e dappertutto nient'altro che un sistema senza libertà, un sistema dell’oscurantismo e della miseria, una equidistanza dei liberali dai nazionalisti e dalla sinistra avrebbe potuto diventare possibile e visibile. Ma l’anticomunismo, con queste premesse, rappresenta una visione ideologica fondamentale delle sotto-strutture di queste società e alla suddetta posizione viene tragicamente ricondotta l'intera idea liberale non nazionalista. A causa del suo anticomunismo, essa diventa lassista verso il nazionalismo, corteggia il nazionalismo o diventa apertamente sua collaboratrice, e come minimo lo rende “normale”, considerandolo nemico minore rispetto al comunismo o alla sinistra, e di volta in volta lo accetta anche come compagno di strada. I limiti sono spesso rozzi. L’anticomunismo impedisce di vedere chiaramente che il nazionalismo, se non è il più grande è quantomeno il primo ostacolo che ostruisce la strada verso un maggiore benessere sociale, non soltanto materiale. E proprio il nazionalismo blocca i processi d’integrazione nelle correnti mondiali della modernizzazione e della integrazione politica, economica e culturale nelle regioni post-conflittuali, impedendo la collaborazione regionale, che rappresenta la condizione indispensabile dello sviluppo. D’altro lato, l’anticomunismo di orientamento non nazionalista è completamente impotente e in tutto e per tutto tristemente remissivo nel suo rapporto con il nazionalismo, visto che in ogni lotta passata e futura contro “lo spettro del comunismo”, il nazionalismo si è sempre dimostrato come un cooperante valido.


Tutto quanto affermato qui riguarda la stragrande maggioranza dei paesi ex socialisti. In questo contesto, una sinistra moderna ha una certa possibilità di profilarsi come alternativa politica, fondata su alcuni principi-base, dei quali alcuni hanno da sempre fatto parte della tradizione della sinistra ma hanno bisogno di essere ora ridefiniti e riformati nel loro contenuto, ed altri sono del tutto nuovi e si presentano come conseguenza di cambiamenti sociali ineludibili. La sinistra dovrebbe ri-analizzare la sua oramai ventennale pratica d’inserimento nel quadro liberal-capitalistico, pratica in cui si è completamente dissipata e persa l’acutezza della sua giustificata critica al capitalismo. Umanesimo deve essere la parola-chiave della sinistra, nel suo significato più profondo e nel suo contenuto possibilmente più ampio.


Le varie nostalgie del perduto “paradiso socialista” e glorificazioni del socialismo e dei suoi attori principali sono altrettanto sbagliate quanto l’anticomunismo, anche se esse non sono altrettanto frequenti né sortiscono lo stesso effetto. Esse sono anacronistiche, poco efficaci, spesso banali, e il loro più grande problema è di carattere etico, visto che si mostrano insensibili verso gli abusi, verso la poca democraticità o la repressione politica di quei regimi. Tutto ciò va reso visibile nell’ottica di una critica da sinistra del socialismo storico e delle scelte di valori che lo riguardano. Per la sinistra, questo sarebbe il modo migliore di lottare contro l’anticomunismo (che è anche nemico della sinistra, nel senso più largo) e contro la sua costante deformazione della realtà. La sinistra non può e non deve andare all'indietroD’altra parte, la sinistra deve ritornare all’idea-base di cambiare il mondo, invece di adattarsi ad esso, come ha fatto negli ultimi anni. Nella misura in cui l’anticomunismo ha reso senza senso e ha tradito le idee del liberalismo e le aspettative della gente nei paesi post-socialisti, la sinistra contemporanea avrebbe delle possibilità maggiori. Essa necessita di profilarsi meglio come alternativa e di conquistare di nuovo la fiducia della gente. Ma su questa strada l'ostacolo maggiore è rappresentato dal nazionalismo.



Srdjan Milosevic è storico, collaboratore dell’Istituto per la storia contemporanea della Serbia e membro del consiglio di “Novi Plamen”.

Traduzione: Jasna Tkalec




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http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21488

La revisione della storia e la caccia alle streghe anticomunista in Lituania

di Vytautas Liutkus**

su http://solidarite-internationale-pcf.over-blog.net/ del 19/09/2011

**dipartimento internazionale del Fronte Popolare Socialista della Lituania

Traduzione di l'Ernesto online

Nel giugno 2010, i membri del parlamento borghese della Lituania hanno approvato una legge che è stata introdotta nel Codice penale della Repubblica di Lituania e che recita:

“Articolo 170. Approvazione pubblica di crimini internazionali, dei crimini dell'URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania o contro i suoi abitanti, la negazione e la minimizzazione flagrante di tali crimini.

1. Ogni persona, che ha pubblicamente approvato i crimini di genocidio, o altri crimini contro l'Umanità o i crimini di guerra che sono stati riconosciuti dalla legislazione della Repubblica di Lituania o dell'Unione Europea o dai verdetti resi dai tribunali Lituani o internazionali, chi li ha negati o minimizzati in maniera flagrante, se ciò è stato commesso in modo minaccioso, ingiurioso o offensivo, o se in conseguenza l'ordine pubblico ne sia stato turbato; ugualmente, ogni persona che abbia approvato l'aggressione dell'URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania, i crimini di genocidio o altri crimini contro l'Umanità o crimini di guerra attuati dall'URSS o dalla Germania nazista sul territorio della Repubblica di Lituania o contro gli abitanti della Repubblica di Lituania durante gli anni 1990-1991 da coloro che hanno condotto l'aggressione contro la Repubblica di Lituania o da coloro che vi siano stati implicati, che li hanno negati o minimizzati in maniera flagrante, se ciò è stato commesso in modo minaccioso, ingiurioso o offensivo, o se in conseguenza l'ordine ne sia stato turbato:

E' passibile di un'ammenda o della privazione della libertà, mediante l'assegnazione a domicilio o l'incarcerazione fino a dieci anni di prigione.

La responsabilità delle azioni previste da questo articolo ricade anche su persone morali.”

E' precisamente in virtù di questo articolo che il presidente del nostro partito Algirdas Paleckis viene incriminato per avere messo in dubbio la versione “ufficiale” diffusa dalla propaganda borghese criminale concernente gli avvenimenti del 13 gennaio 1991. Inoltre, le medesime accuse sono rivolte anche contro il partito del Fronte Popolare Socialista in quanto persona morale.

L'obiettivo di queste persecuzioni grottesche è quello di lottare contro le attività del compagno Algirdas Paleckis e del Fronte Popolare Socialista nella loro resistenza alle politiche sociali ed economiche dirette contro il mondo del lavoro e attuate da vent'anni dai rappresentanti dei grandi capitalisti monopolisti. Le accuse sono state, inoltre, uno strumento in più per i media controllati dal grande Capitale nella loro campagna di propaganda contro il solo partito politico che si colloca fuori dal quadro borghese nel paese, allo scopo di dipingere il Fronte Popolare Socialista come un “nemico della Lituania e dei suoi cittadini”.

Tuttavia, tenendo conto degli aspetti sopra evocati che sono più o meno facilmente riconoscibili, la legge in questione – l'articolo 170 che è stato introdotto in maniera antidemocratica nel Codice penale Lituano – ha delle implicazioni ben più profonde. Non è chiaro se sia stato fatto apposta, o se si tratti di un caso. In ogni caso, l'articolo del Codice penale Lituano che proibisce in realtà a chiunque di negare “l'occupazione sovietica della Lituania”, come la chiama la borghesia lituana, è anche un attacco contro il marxismo, il socialismo e il comunismo. Pensiamo che fare appello alle diverse istituzione di difesa dei “diritti dell'Uomo”, protestare davanti ai parlamenti borghesi, i tribunali e anche le ambasciate nella speranza che i rappresentanti borghesi si degnino di ascoltarci, non sia la tattica migliore. Tali azioni, intendiamoci, possono rivelarsi utili allo scopo di ottenere una base di sostegno più ampia e di contribuire alla presa di coscienza tra le masse. Ma noi dobbiamo mettere termine a queste speranze sulle eventuali concessioni che ci potrebbe fare la borghesia. La criminalizzazione dell'ideologia anti-borghese e di coloro che la difendono mentre la borghesia è al potere è parte integrante della lotta di classe. E il nostro dovere è di affrontarla e organizzare il contrattacco della classe operaia.

Pertanto, si presenta la necessità di spiegazione in merito alla questione, concernente la natura di classe dell'articolo del Codice penale della Lituania. Inoltre, per riprendere la terminologia della borghesia Lituana, “la negazione dell'occupazione Sovietica della Lituania” non ha nulla a che vedere con la negazione, ad esempio, dell'Olocausto. Come sappiamo bene, e come la storia ha provato, la borghesia utilizza costantemente il nazionalismo allo scopo di conservare il suo potere e i suoi privilegi. E un mito nazionalista odioso è stato proposto dai media (e non solamente da essi) controllati dall'oligarchia da 20 anni, secondo il quale la Lituania è divenuta allora “indipendente” dall'URSS. E' proprio questa concezione primitiva e questa visione del mondo che permette al mito nazionalista Lituano di rimanere in vita. E sarà solamente quando andremo oltre il quadro dell'ideologia borghese che emergerà l'autentica essenza della storia Lituana.

Il periodo Sovietico per i Lituani non è l'affare di una nazione contro un'altra, vale a dire della nazione Russa che occupa e opprime i Lituani – come pretende la versione ufficiale. E' stato un periodo in cui noi abbiamo vissuto sotto un sistema economico differente, e di conseguenza politico. E' stato il periodo del tentativo di costruzione del socialismo, di costruzione di un'alternativa a un sistema economico spaventoso basato sulla proprietà privata, quale è il capitalismo. A partire dalla prospettiva marxista, in cui ci collochiamo, è stato il caso in cui il potere è passato dalle mani dei capitalisti a quelle dei lavoratori. E allo stesso modo, all'epoca in cui l'Unione Sovietica è stata dissolta, la questione per i Lituani non era di decidere tra “occupazione” e “indipendenza”. La scelta che stava di fronte ai lavoratori della Lituania era tra socialismo Sovietico e capitalismo Lituano. Il senso autentico dell' “indipendenza della Lituania” è quello della restaurazione della dittatura capitalista in Lituania. Contrariamente a certe false concezioni difese da qualcuno al giorno d'oggi, secondo le quali gli ideali di coloro che hanno difeso la rottura con l'Unione Sovietica erano animati da buone intenzioni, ma che è solo quando la “Lituania è divenuta indipendente” che qualcosa non ha funzionato, che alcuni criminali sono riusciti a trarre profitto dalla situazione nel proprio interesse, e che questa è la ragione che sta dietro la situazione economica (e di conseguenza politica) disastrosa in cui si trova la Lituania oggi. Contrariamente a tale argomentazione piena di ingenuità, è un fatto che nel caso della dissoluzione dell'Unione Sovietica, la sola via lungo la quale la Lituania si sarebbe potuta avviare era quella di diventare uno Stato corrotto controllato da un gruppo di oligarchi e con un'esplosione colossale e quotidiana di violenza sistematica contro i lavoratori. Esattamente quello che è la Lituania oggi. 

Infine, nei termini della storia, non si dovrebbe essere sorpresi che la versione ufficiale degli avvenimenti passati sia sempre l'interpretazione o la versione proposta da coloro che sono al potere. Il monopolio della verità è sempre nelle mani dei vincitori. E dopo la controrivoluzione in Unione Sovietica, oggi la borghesia è vittoriosa su scala mondiale, e la sua versione degli avvenimenti storici è la versione “ufficiale”. E allo scopo di proteggere i suoi privilegi, campagne anticomuniste sono state lanciate un po' dappertutto, particolarmente nell'Europa dell'Est. Termini tali come “crimini socialisti e comunisti”, “dittatura comunista”, “occupazione socialista o comunista” o “la minaccia del comunismo” sono entrati nei discorsi pubblici allo scopo di spingere le masse operaie e popolari a tenersi alla larga dall'ideologia socialista e comunista. Accettare la versione “ufficiale” e sedicente “obiettiva” del passato, significa soccombere alla propaganda della borghesia. Il nostro compito è di difendere la nostra causa a qualsiasi prezzo, dato che in termini di lotta di classe, non esiste imparzialità.

Solidarietà con tutti i compagni oppressi nel mondo, nessuna accettazione di ogni tentativo che miri a criminalizzare l'ideologia socialista e comunista!

La classe operaia deve essere spinta a contrattaccare di fronte alle misure borghesi anti-operaie, deve rendersi conto che nessun compromesso è possibile tra le classi.


*Bisogna ricordare che in Lituania è proibito dal 1991 a tutte le forze politiche di chiamarsi ufficialmente comuniste, il che spiega la scelta del nome di “Fronte Popolare Socialista della Lituania”

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Intervista ad Alfred Rubiks, presidente del Partito Socialista della Lettonia


su www.kpfr.ru del 24/03/2011

da “Pravda”, giornale del Partito Comunista della Federazione Russa

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Andrey Rubiks è stato segretario del Partito Comunista nella Lettonia sovietica. Per essersi opposto al rovesciamento del governo sovietico da parte delle forze nazionaliste che hanno preso il potere nella repubblica baltica nel 1991, è stato condannato a 8 anni di carcere. Nel frattempo il Partito comunista è stato messo fuorilegge e i suoi militanti sono stati costretti a cambiarne il nome in “Partito Socialista della Lettonia” (PSL), per poter continuare l'attività legale. Nel 1999, uscito dal carcere, il compagno Rubiks è stato eletto presidente del PSL. Attualmente è deputato europeo, e aderisce al gruppo del GUE-NGL.

In un periodo relativamente breve il Partito Socialista della Lettonia (PSL) ha ottenuto significativi successi nella sua attività. Dove sta il segreto?

- Sono lieto di potere rispondere alle domande del giornale “Pravda”. Siete stati bravi a conservare il nome del giornale leninista.
Il Partito Socialista della Lettonia venne creato, con la mia attiva partecipazione, il 15 gennaio 1994, mentre mi trovavo nelle galere della Lettonia borghese, essendo stato condannato a otto anni di privazione della libertà per avere difeso il Potere Sovietico nella repubblica. Il Partito Socialista è cresciuto sulle spoglie del Partito Comuniste della Lettonia, che è stato proibito nel 1991. Il PSL è rimasto un partito marxista (così sta scritto nei suoi Statuto e Programma), un partito internazionalista, un partito dei lavoratori.
Non posso affermare che al Partito Socialista aderiscono apertamente moltissime persone. La gente ha paura: perché la propaganda degli ideali comunisti nella repubblica viene equiparata a quella del fascismo e proibita per legge. Inoltre, l'anziano leader del PSL è stato rinchiuso in galera per la sua attività politica. Ma il Programma del nostro Partito, le sue idee e obiettivi sono compresi e sono vicini al popolo. In questo, è evidente, risiede il “segreto”.
Ma tuttavia, ciò non sarebbe ancora sufficiente se il Partito non avesse adottato una tattica corretta, si fosse rinchiuso in sé stesso ed avesse agito dogmaticamente, e non in modo creativo. Noi già da alcuni anni siamo entrati nella coalizione di partiti politici di centro-sinistra “Centro della concordia”, che ci ha dato più forza e possibilità. Una realizzazione comune della coalizione è rappresentata dai nostri successi elettorali. Ad esempio, alle ultime elezioni parlamentari il “Centro della concordia”, a cui partecipano 5 partiti, ha ottenuto 29 (di cui 4 al PSL) su 100 seggi del Parlamento.

E' diffusa l'impressione che la Lettonia, in quanto membro dell'Unione Europea, si sia trasformata nella periferia dell'Europa, come allo stesso modo degli anni 30 dello scorso secolo. Quanto corrisponde al vero questa impressione?

- Purtroppo non è solo un'impressione, ma la realtà. In quasi 20 anni della cosiddetta indipendenza della Lettonia, essa da repubblica sviluppata dell'Unione Sovietica, nel cui ambito occupava i primi posti per molti indici macro e micro-economici, si è trasformata in un paese arretrato dell'Unione Europea, dove per quanto riguarda i medesimi indici è passata dai primi agli ultimi posti. Nel 2009, la Lettonia si è trovata in condizioni di insolvenza ed è stata costretta a chiedere crediti al FMI e agli stati dell'Un

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Barricate, scontri, manifestazioni in Kosovo

1) Nel Nord del Kosovo cresce la tensione, barricate, scontri, manifestazioni (E. Vigna) / Imminente una campagna terroristica della NATO, per completare la pulizia etnica nella provincia kosovara della Serbia (T. Bancroft-Hinchey)
2) NEWS
- Kosovo: Witness gets two months jail for contempt of UN court
- Ethnic Serbs battle isolation as Kosovo reinforces northern border
- Kosovo: Serbs in north continue to block roads
- Kosovo Serbs fortify barricades
- KFOR removes barbed wire at Brnjak
- Tensions Rise in Southeast Serbia as Ethnic Albanians Rally
- Shooting in Kosovska Mitrovica, barricades remain
- NATO shield poses threat to Serbia, expert says
3) Selezione notizie da Glassrbije.org


LINKS:

L' Ambasciatore russo a Belgrado critica Tadic / Russian ambassador crtiticizes Tadic / Govor ruskog ambasadora Aleksandra Konuzina na Prvom bogradskom forumu o bezbednosti
http://www.juliagorin.com/wordpress/?p=2722

NATO Chieftain In Kosovo: Press Conference With Client Thaci
NATO Community - September 16, 2011
http://www.youtube.com/watch?v=3O8sb_3jI40

Provocazioni della NATO a Mitrovica Nord (english / italiano)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7151

Resistenza contro la NATO ed i suoi sgherri in Kosovo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7119

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Most texts in english language have been received by the 
Stop NATO e-mail list 
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Stop NATO website and articles:
http://rickrozoff.wordpress.com
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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posebi21-009590.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 21-09-11 - n. 377

Nel Nord del Kosovo cresce la tensione, barricate, scontri, manifestazioni
 
Formato PDF: http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posebi21.pdf
 
A cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, Italia e SOS Kosovo Metohija
 
Avevamo appena finito di tradurre l’articolo sotto riportato, che preannunciava venti di violenza nella provincia kosovara serba, e purtroppo quanto denunciato dal giornalista serbo Milovan Drecun, si è avverato. Domenica, 18 Settembre 2011, le forze speciali dei secessionisti albanesi, i ROSU ( Regional Operational Support Unit, una unità speciale addestrata dalla NATO, che agisce autonomamente ed è usata come supporto alla polizia locale, in azioni da commandos o di fronteggiamento di proteste di piazza), coadiuvati e protetti dalla NATO, dalla KFOR e dalla polizia EULEX ( il nuovo nome della missione militare in Kosovo), hanno preso il controllo dei due passaggi amministrativi di Jarinje e Brnjak, che di fatto Pristina considera frontiere.
La popolazione serba blocca il nord della regione con barricate, presidi e dichiara la sua volontà di non accettare questo incursione militare e di voler andare fino in fondo contro Pristina.
 
Già ad agosto le barricate erano state tolte, dopo giorni di scontri, assalti e violenze, con la mediazione del governo di Belgrado, che aveva promesso di aver trovato un accordo con la NATO/KFOR che prevedeva che fosse la Kfor - e non le forze di polizia kosovare – ad assumere il controllo dei due punti di confine teatro delle maggiori tensioni, dichiarandoli 'zona di sicurezza militare'. Ovviamente promesse non mantenute, perché l’obiettivo come ben documenta Drecun, ben altri sono i progetti della NATO e dell’UE per il popolo serbo del Kosovo Metohija.
 
Sono state bloccate le strade magistrali, e ad ogni provocazione degli albanesi o ad ogni tentativo delle forze albanesi o internazionali di andare verso il nord, le barricate si rafforzano, e in alcuni punti stradali le barricate oltrepassano i 5 metri d’altezza. I serbi si muovono attraverso le altre strade alternative che controllano da soli, e da li arriva anche il cibo e l’acqua. Il traffico dei mezzi scorre con difficoltà, i grandi autobus non possono viaggiare sulle strade a bassa qualità, e quindi dalla Serbia centrale arriva solo qualche furgone
Nel nord di Kosovska Mitrovica i serbi hanno accumulato ingenti quantitativi di sabbia e pietre, con cinque camion, sul ponte principale sul fiume Ibar, che separa la parte meridionale e settentrionale della città che così è stato ulteriormente rafforzato.
Un lavoro simile è stato fatto di fronte al ponte est di Kosovska Mitrovica.
 
Questa è stata la risposta alla KFOR, che aveva lanciato con elicotteri migliaia di volantini, dove diceva che le barricate non sono il modo giusto per esprimere il malcontento e che dovevano essere immediatamente tolte. La situazione in Kosovska Mitrovica è calma, nei pressi del ponte ci sono a turno, alcune centinaia di cittadini, che presidiano la barricata.
 
I serbi di Kosovska Mitrovica, hanno risposto anche con un proprio volantino apparso per le strade della città, dove, da una parte del foglio vi è una bandiera serba con la firma: "serbi del Kosovo", nell’altra parte scrivono:
 
"...Secondo la risoluzione 1244, il Kosovo è parte integrante della Serbia. Nessuna risoluzione parla di una dogana del Kosovo. Nella risoluzione non si definiscono confini del Kosovo.
I blocchi stradali rappresentano l'insoddisfazione e la rabbia del popolo serbo del Kosovo a causa delle pratiche e della non conformità con la risoluzione 1244. E 'meglio difendere i blocchi e barricate della resistenza armata. E voi signori della KFOR valutate se abbiamo ragione..."; il foglietto è scritto in serbo e inglese.
Sul lato nord del ponte ci sono membri del Servizio di polizia del Kosovo ( serbi), e alla metà del ponte, vi è una macchina della polizia parcheggiata, e sul lato meridionale, veicoli blindati dell’’ EULEX. Tutte le strade del nord che portano a Brnjak e Jarinje sono totalmente bloccati. I maggiori problemi e rischi sono nei luoghi dove ci sono zone abitate da serbi e albanesi, vicine come nei villaggi di Kolasin e Ibar Dudin, Krs verso il sud di Kosovska Mitrovica.
 
Il capo della missione europea in Kosovo (Eulex), il francese Xavier de Marnhac, ha chiesto la rimozione dei blocchi stradali e delle barricate messe in atto dalla popolazione serba nel nord del Kosovo. De Marnhac, secondo un comunicato di Eulex, ha visitato le due postazioni in questione, Jarinje e Brnjak, affermando che entrambe sono pronte ad avviare la loro attività operativa. Ma la loro apertura tuttavia è impedita dalle numerose barricate erette dai serbi lungo le strade tutt'intorno ai due posti di dogana. Sottolineando che i blocchi stradali e le barricate sono illegali e non possono essere considerati una forma pacifica di protesta, ha lasciato intendere un monito, che ipotizza un intervento di forza contro i manifestanti serbi.
 
Il comandante della KFOR Erhard Biler, ha detto ieri a Mitrovica, che questa è l'ultima volta che ha deciso di ritirare i membri della KFOR e non usare la forza che ha in potere. Biler ha detto che se continueranno i posti di blocco, sarà costretto ad utilizzare tali poteri.
Una provocazione c’è stata degli albanesi dal villaggio Košutovo, da dove si è sentito sparare in direzione del villaggio Zupče, dove i serbi vigilano giorno e notte accanto alle barricate
Frattanto l’esercito tedesco ha deciso che invierà in Kosovo due autoblino del tipo “tasso“ che si usano nelle cariche contro i manifestanti e per la rimozione delle barricate. Il comando della Bundeswer per le azioni all’estero ha confermato la notizia che era stata riportata dal giornale Frankfurter Algemaine Zietung. Ad inizio ottobtre in Kosovo saranno mandati anche due veicoli per le cariche con l’acqua. Il contingente tedesco della Kfor è composto di 1.400 soldati.
 
Alla barricata di Jarinje si è esibita l’Associazione culturale e artistica "Kopaonik" di Leposavic, ed è stato annunciato che sarà organizzato ogni sera uno spettacolo.
Anche di fronte al campo della KFOR "Notting Hill", nel comune di Leposavic, ci sono state manifestazioni e presidi.
 
Intanto da Belgrado il governo serbo invita i cittadini del nord del Kosovo a non cedere alle provocazioni e che... le istituzioni statali della Serbia sono assolutamente in funzione della stabilizzazione e della pace....
 
Il responsabile del distretto di Kosovska Mitrovica Nord, Radenko Nedeljkovic, ha dichiarato che:...” i serbi del nord non si arrenderanno e difenderanno i posti di blocco, per impedire alla KFOR di procedere verso Jarinje e Brnjak, aggiungendo che i residenti del nord del Kosovo continueranno le proteste pacifiche tutto il tempo necessario...Nonostante la minaccia della KFOR, di usare la forza e sfondare le barricate, erette per protestare e per difendere le nostre richieste legali e legittime, noi non torneremo indietro, fino a che nei due passaggi amministrativi, la situazione non torni com’era prima della decisione di Pristina, prendere i due punti con le unità speciali Rosu...Non permetteremo che una qualsiasi parte delle unità Kfor o altre, passino attraverso le barricate, hanno gli elicotteri per trasportare gli albanesi, gli agenti doganali e di polizia, e di fornire cibo per i loro soldati... La gente resta sulle barricate, attualmente anche a Rudar, villaggio alle porte di Leposavic, vi sono oltre 150 manifestanti fissi... ", ha detto il capo distretto.
Le truppe della KFOR, nel tentativo di stabilire un checkpoint nel villaggio di Jagnjenica, frazione del comune di Zubin Potok, sono state bloccate dall'intervento della popolazione locale che ha bloccato il traffico sulla strada Zvecan-Zubin Potok, erigendo una barricata.
 
“...Siamo venuti qui per impedire alla KFOR di fare quello che sta facendo, non deve farlo – dice il sindaco di Zupce Slavina, Ristic... Tutti sappiamo perché lo sta facendo. Sta provando, con la forza, a creare un confine dove non esiste...”.
 
Gli operai di una delle più grandi ditte di trasporto nel Kosovo settentrionale Kosmet prevoz hanno organizzato una sfilata di protesta dei veicoli nelle strade di Kososvska Mitrovica. I serbi che protestavano hanno chiesto che gli sia assicurato il diritto al lavoro e la libertà di movimento, ed hanno appoggiato le richieste dei loro connazionali che si oppongono all’instaurazione dei punti doganali ai valichi ammnsitrativi Jarinje e Brnjak, i quali dividono il Kosovo dalla Serbia centrale. Una colonna di 0 pullman con le bandiere serbe e con i clacson spiegati è passata attaverso le strade principali di Kosovska Mitrovica.
 
Il sindaco di Mitrovica Krstimir Pantic ha detto ai media: “... che l'attuale situazione nel Kosovo settentrionale è per ora calma, ma siamo preparati al peggio...il nord della provincia è completamente tagliata fuori dal resto. A Kosovska Mitrovica sono state collocate barricate sul ponte principale Ibar, che impediscono ai veicoli della KFOR e dell'EULEX di andare verso i valichi di frontiera amministrativa, in modo che possano utilizzare solo le vie aeree. I cittadini sono in gran numero per le strade, di giorno e nel turno di notte ... Per noi è essenziale che la gente è calma e determinata a non lasciarsi provocare da albanesi per poi essere accusati di spingerea sommosse. I cittadini sulle barricate sono pacifici, ma siamo preparati al peggior scenario: che la KFOR, l'EULEX e gli albanesi, con la forza cercheranno di sfondare barricate, e quindi arrivare a Jarinje e Brnjak...allora potrà succedere di tutto...” ha dichiarato Pantic.
 
Il maggior quotidiano albanese di Pristina, il Koha Ditore, del 14/09/2011, citando fonti degli apparati interni del governo secessionista, denuncia che i serbi preparano una resistenza armata.
 
Secondo l’articolo, Radenko Nedelkovic, capo del distretto serbo di Mitrovica, avrebbe consegnato allo Stato maggiore di crisi serbo nel nord del Kosovo l'incarico di coordinare le azioni tra i responsabili politici locali ed un gruppo serbo armato nel nord di Mitrovica. Questa decisione è stata presa visto il peggiorare della situazione e le prospettive per la minoranza serba in Kosovo.
 
Secondo il sito di questo giornale, un migliaio di soldati serbi e poliziotti, per lo più riservisti, è entrato nel nord del Kosovo, guidati dal generale in pensione Bozidar Delic. Fonti di intelligence albanese, direbbero che presumibilmente è per preparare una guerra in Kosovo.
Esse affermerebbero inoltre che con Delic, sono responsabili e coinvolti il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica, Radenko Nedeljkovic, il sindaco di Mitrovica Krstimir Pantic, di Zvecan Dragisa Milovic, di Zubin Potok Slavisa Ristic, di Leposavic Branko Ninic e il capo della MUP serba in Kosovo Geoge Dragovic.
Koha Ditore afferma che "gli agenti di polizia in congedo del nord del Kosovo, hanno nascoste armi pesanti in grado di attaccare i veicoli blindati".
 
Radenko Nedeljkovic, capo del distretto di Kosovska Mitrovica, ha dichiarato che la notizia diffusa dal Koha Ditore ha nulla a che fare con la verità: “...Se non fosse triste, sarebbe divertente! Koha Ditore già in passato ha pubblicato molte bugie... Io non so ciò che pubblicano, so solo che non ha nulla a che fare con qualsiasi tipo di verità e realtà. Mi piacerebbe la presenza di ufficiali serbi nel territorio del Kosovo e Metohija, ma, purtroppo, non è realistico,in questo momento...”; ha dichiarato Nedeljkovic.
 
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Altra umiliazione alla Serbia? Imminente una campagna terroristica della NATO, per completare la pulizia etnica nella provincia kosovara della Serbia
 
Ci sono molti indizi che i Rosu (forze speciali albanesi del Kosovo secessionista) sono stati preparati e che elicotteri americani Apache saranno resi disponibili per questa azione.
 
di Timothy Bancroft-Hinchey per Pravda.Ru
 
“La tensione nel Kosovo settentrionale sta raggiungendo un punto di rottura, insieme alla NATO, unità delle forze speciali kosovare si preparano ad agire contro i serbi ancora residenti in quella, che è secondo il diritto internazionale, una provincia della Serbia. Nel frattempo, il governo serbo a Belgrado, come l'Occidente facilitano lo stupro dell'anima della Serbia e a far lacrimare il suo cuore.
L’ analista politico serbo, giornalista e candidato per le elezioni presidenziali serbe nel 2004, Milovan Drecon (Rinascita Serba) espone alcune informazioni scioccanti, supportate da fonti interne del Nord del Kosovo, che denunciano la preparazione di una mobilitazione generalizzata violenta, contro le zone dove vi sono ancora concentrazioni di popolazione serba in questa provincia della Serbia.
Mentre i media internazionali mantengono l'ennesimo black-out, così come i politici serbi a Belgrado, seguono gli eventi senza fare nulla, apparendo cosi’ a molti come un branco di vigliacchi piagnucolosi e traditori, ci sono prove che i Rosu, le forze speciali albanesi, sono state inviate nella zona e che elicotteri Apache americani sono stati approntati per l'azione. Negli ultimi giorni stanno sorvolando la regione in modo continuo e abbiamo visto come questi mezzi vengono utilizzati, per "proteggere i civili" in Libia: bombardandoli e mitragliandoli.
Milovan Drecun informa inoltre che alcune navi dei Rosu sono pronte sul Lago di Gazivode, per portare le forze speciali e le forze della KFOR per attaccare le posizioni serbe nella zona demilitarizzata. Si ipotiyya che la maggior parte di queste forze saranno trasportate attraverso l’asse Podujevo-Bajgora-Banjska in modo da evitare che i serbi formino dei blocchi o barricate a Zvecan.
A causa del fatto che la NATO (KFOR e l'EULEX) ha già autorizzato il dispiegamento di equipaggiamento militare pesante, ci sono timori di un attacco imminente contro i serbi in quello che è, dopo tutto il proprio paese, da parte di elementi stranieri e forze terroristiche che proteggono ( come abbiamo visto in Libia, dove la Gran Bretagna e gli altri aggressori occidentali, aiutano un gruppo elencato nei suoi documenti come un'organizzazione terroristica: il LIFG, in violazione diretta della Legge sugli atti terroristici in vigore nel Regno Uniti).
Testimoni oculari hanno localizzato 80 mercenari provenienti da Albania e Macedonia e di stanza a Bajgora Svinjare. L'operazione, secondo Milovan Drecun, è impostata per iniziare dopo il 16 settembre. Sarà questo un altro atto di pulizia etnica, come è accaduto nel marzo 2004, quando i serbi erano 70,000 cacciati fuori delle loro case da parte dei terroristi albanesi, mentre la NATO guardava dall'altra parte?
"Questi sono i dettagli di un progetto militare-operazione di polizia, in programma subito dopo il 16 settembre. Sono riuscito ad entrare in possesso di questo piano, e sono molto preoccupato per la prospettiva e il potenziale di crisi e destabilizzazione dell'intera regione, che questo piano ha! L'ho reso pubblico, perché credo che la conoscenza di questo piano è fondamentale per tutte queste forze che hanno una possibilita’ e la volontà di opporsi a questa pericolosa avventura criminale. Stiamo parlando di una pianificata operazione congiunta delle forze di polizia del Kosovo, dei "Rosu" forze speciali albanesi (polizia e "Rosu" albanesi, sono formati da ex terroristi dell'UCK), dalla KFOR e dall'EULEX, forze occidentali. Questa è una classica operazione militare, più precisamente un "combattimento d’assalto" e probabilmente si tradurrà in un alto numero di vittime tra la popolazione serba non protetta. E' fondamentale che l’opinione pubblica nazionale e internazionale sia informata di questi disegni ... "(Milovan Drecun)
Testimonianze oculari nella regione hanno anche fornito prove credibili, che gli elementi dei Rosu sono pronti a spostarsi nell'area in qualsiasi momento, dando luogo al timore che settembre, è la data in cui inizierà l'operazione di prendere il controllo di tutti i posti di blocco della frontiera con la Serbia.
Tutto questo è effettivamente un coltello nel cuore della Serbia, come il luogo di nascita e il cuore della nazione serba: Kosovo Polje e la provincia intorno ad esso, è controllato dalle potenze imperialiste occidentali, in modo di dare il controllo totale ai terroristi albanesi, che a loro volta provvederanno ubbidienti al controllo del lucroso commercio della droga, nello stato mafioso del Kosovo, vassallo della NATO che controlla questa organizzazione criminale.
Prossima fermata: Vojvodina, per eliminare la Serbia, una volta per tutte dall'equazione Balcani.
 
Il compenso per la Serbia? Il perché... per l'adesione all'UE! Per coloro che rappresentano oggi il
 
popolo serbo a Belgrado, è difficile trovare aggettivi che esprimono il disprezzo che meritano, coloro che vendono l’anima del proprio popolo. Se il popolo serbo pensa che la UE li portera’ da qualche parte, basta dare un'occhiata alla Grecia.
Possa la storia essere testimone contro coloro che hanno venduto la Serbia e possano i libri di storia registrare che non tutti i serbi hanno accettato che il loro paese fosse violentato dagli stranieri e che non tutti i media internazionali hanno guardato dall'altra parte.”
 
A cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, Italia e SOS Kosovo Metohija


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http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/English/Politics/Kosovo-Witness-gets-two-months-jail-for-contempt-of-UN-court_312457106352.html

ADN Kronos International - September 16, 2011

Kosovo: Witness gets two months jail for contempt of UN court 

The Hague: A witness for the in the trial of former Kosovo prime minister Ramus Haradinaj was sentenced to two months in jail on Friday by the United Nation War Crimes Tribunal for contempt of court.
Sefcet Kabashi, a key witness against Haradinaj, who is accused of war crimes against Serb, Roma and non-loyal Albanian civilians during 1998/99 conflict, refused to testify in 2007, saying several witnesses had been killed.
He was arrested by Netherlands authorities in August and handed over to the tribunal. But he again refused to answer questions by the prosecution at Haradinaj’s retrial which is currently going on in The Hague.
Haradinaj, a former military commander of the Kosovo Liberation Army, which fought against Serbian rule, was acquitted in the first trial for “lack of evidence”. But the tribunal’s appeals panel said the first trial was conducted in an “atmosphere of intimidation of witnesses” and ordered a retrial.
Kabashi could have been sentenced up to seven years in jail and/or 100,000 euros for contempt of court. But the tribunal said it took into account Akashi’s “family situation and post-traumatic problems” as mitigating circumstances.
He has already served one month in jail and will be freed after serving another thirty days.

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http://rt.com/news/kosovo-serbs-barricades-kfor-793/

RT - September 17, 2011

Ethnic Serbs battle isolation as Kosovo reinforces northern border

Video at URL above

A stand-off between KFOR forces and ethnic Serbs is underway on the Kosovo–Serbia border after Pristina took full control over the only two border crossings that link an ethnic Serb enclave in northern Kosovo with Serbia proper.
Kosovan police assisted by NATO’s KFOR have taken over two border crossings with Serbia in the north of the breakaway region.­
The locals are mostly ethnic Serbs, and they have been trying to prevent the takeover by blocking roads to the checkpoints and staging protests.
The unrest started when the authorities in Kosovo announced they were introducing customs controls on the border with Serbia. For Kosovan Serbs, the move has increased their isolation in a region dominated by Muslim Albanians.
RT's Sara Firth has been to the disputed Jarinje border crossing and reports that all roads leading there are still blocked by protesting ethnic Serbs.
The border crossing facility is currently under KFOR control. It has been ringed with barbed wire and helicopters are coming and going, bringing international forces to the border checkpoint. 
The Albanian Kosovan police, who currently only have observer status here, are deploying just two officers at each disputed checkpoint.
It appears that a transfer of authority from KFOR to Kosovo’s ethnic Albanians is planned for the border crossings.
A first attempt by the Kosovan government to take control of the crossings came back in July. However, the move sparked clashes that resulted in the death of a policeman. Since then, it has been relatively quiet. 
A huge number of Serbs have gathered at the barricades around the checkpoint in what looks increasingly like a stand-off, with the Serbs saying they are ready to stay to the bitter end. Ethnic Serbs fear that once Pristina controls the border crossings with Serbia, their days in northern Kosovo will be numbered.
The stand-off has already been called the “War of North,” but neither KFOR personnel at the border crossings nor the Serb protestors at the barricades are making any moves to either break through the barricades or re-capture the checkpoints for fear of being accused of provoking violence.
The UN Security Council has called an emergency meeting at the request of Serbia and Russia, but no final decision has been made on how to resolve the situation, with member countries apparently reluctant to make any concrete statements.
KFOR is pushing ahead with its takeover of the border crossings despite warnings from Moscow and Belgrade that the move carries a real risk of a serious escalation of the conflict. 

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=19&nav_id=76458

B92/Beta News Agency/Tanjug News Agency - September 19, 2011

Kosovo: Serbs in north continue to block roads

ZUBIN POTOK: There were no incidents last night in northern Kosovo as local Serbs continued to block and monitor all major roads leading toward administrative checkpoints. 
They are determined to maintain a total blockade of roads in that part of the province until ethnic Albanian customs workers and members of the police sent by the government in Priština have been removed from Brnjak and Jarinje. 
During the day, KFOR troops threw leaflets printed in Serbian and English from helicopeters, warning that the barricades were "illegal, and do not represent peaceful protest". 
Serbs in Kosovska Mitrovica responded to this by hauling in more rocks and sand to the main bridge over the Ibar River, reinforcing their barricade there. 
Several hundred citizens are gathered near the bridge where they say they are "monitoring the situation". 
The situation in the ethnically divided town and elsewhere in the north was peaceful but tense throughout Monday, said reports. 
Also on Monday, EULEX head Xavier de Marnhac visited the administrative crossings at Jarinje and Brnjak in northern Kosovo and called for the removal of barricades. 
Marnhac said that both posts, which EULEX refers to as "gates 1 and 31" were "technically ready to be fully operational, but that the barricades that were placed on nearby roads impair their opening". 
Meanwhile there have been reports about shortages of food and fuel in the north, leading to reduced traffic and expensive taxi services. 
NATO troops in Kosovo, KFOR, on Monday morning started carrying out detailed checks of all passengers and cars traveling from Kosovska Mitrovica to Zubin Potok. 
They set up a checkpoint on the road leading toward the ethnic Albanian village of Čabar, where a large number of Serbs also gathered this morning. 
After Serb representatives negotiated with those of KFOR for an hour and a half, reports said that "it was agreed that the soldiers would withdraw from this part of the road, but would remain on the part of the road leading toward Čabar". 
A Tanjug news agency report also says that KFOR tried to set up a new traffic checkpoint on Zvečan-Zubin Potok road in the village of Jagnjenica, the Zubin Potok municipality. 
Local Serbs, who were upset by this move, quickly rallied in the village and blocked KFOR. 
KFOR retreated about 20 meters away from the checkpoint, thus leaving the Zvečan-Zubin Potok road open for traffic after a one-hour halt. 
The largest barricade set up by Serbs in the area is near Zupče, on the road leading from Zubin Potok to southern Kosovska Mitrovica. 
In Belgrade, the daily Politika writes that the government decided during a telephone session on Friday to "reintegrate northern Kosovo into the country's tax system", cancel a decree related to customs procedures at control checkpoints, and start collecting VAT. 
According to Belgrade's chief negotiator in the Kosovo talks Borislav Stefanović, the reason for the decision was "to prove that the north is not in the hands of criminals".

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http://english.ruvr.ru/2011/09/20/56439039.html

Voice of Russia - September 20, 2011

Kosovo Serbs fortify barricades

Kosovo Serbs are fortifying barricades on the roads linking the north and the south of the province, as well as fortifying the checkpoints in the built-up areas Jarinje and Brnjak.
Last night, trucks again brought gravel and stones to the makeshift checkpoints despite a warning by the KFOR international force in Kosovo.
Earlier, the Command of the KFOR German contingent took the decision to send riot squads to disperse demonstrations, and heavy machinery to tear down the barricades.
The situation in the province was drastically aggravated following Pristina’s unilateral moves to assume control over the Jarinje and Brnjak checkpoints on the dividing line between Serbia and its former autonomy.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=20&nav_id=76477

Tanjug News Agency - September 20, 2011

KFOR removes barbed wire at Brnjak

BRNJAK: KFOR members removed on Tuesday morning barbed wire from the Brnjak administrative crossing, which was shut down on September 16.
German and French troops of the NATO forces in the province removed the barbed wire from the checkpoint.
A barricade of gravel and soil was put up by local Serbs in reaction to the closing of the crossing remains in front of it. 
KFOR members told Tanjug that the crossing has been open for traffic as of late Monday, but that the barricade prevents vehicles from passing. 
The barbed wire was completely removed in the direction towards central Serbia and partly from the lane from central Serbia towards Kosovo. 
Members of KFOR and EULEX stated that "as far as they are concerned the crossing is open". 
Besides KFOR soldiers, EULEX customs officers and policemen and Kosovo customs and police officers, sent by the Kosovo Albanian authorities in Priština, are also deployed at the Brnjak checkpoint. 
Their arrival last week prompted Serbs to put up barricades on roads leading to both Brnjak and Jarinje. 
The citizens near the barricades, who sought shelter from the rain in nearby facilities this morning, did not react to this move by KFOR. 

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http://www.novinite.com/view_news.php?id=132302

Sofia News Agency - September 21, 2011

Tensions Rise in Southeast Serbia as Ethnic Albanians Rally

Tensions in Southeastern Serbia have grown after several thousand ethnic Albanians rallied to protest against discrimination in the town of Presevo.
Residents of the three predominantly ethnic Albanian towns Presevo, Bujanovac, and Medveda took part in the rally, BGNES reported.
The demonstrators carried Albanian, US, and EU flags, and vast banners with their demands for the Serbian state authorities...
Wednesday's demonstration is a follow-up of a rally organized in Bujanovac on September 13 that demanded the use of Albanian language by the administration and the recognition of diplomas acquired from the ethnic Albanian university in Kosovo's capital Prishtina.
Presevo, Bujanovac, and Medveda are municipalities bordering Kosovo, the ethnic Albanian republic which declared independence in 2008.
Back in 1999-2001, a paramilitary group called Liberation Army of Presevo, Medveda and Bujanovac modeled after the Kosovo Liberation Army was active in the region.
The Liberation Army of Preševo, Medveđa and Bujanovac even has a Facebook fan page...
In 2010, a poll found that a majority of the ethnic Albanians in Albania, Kosovo, and Macedonia were in favor of a "Greater Albania."

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=24&nav_id=76541

Tanjug News Agency - September 24, 2011

Shooting in Kosovska Mitrovica, barricades remain

KOSOVSKA MITROVICA: A fight broke out in the northern part of Kosovska Mitrovica Friday night involving at least six persons, two of whom suffered serious injuries.
The incident also involved shooting and the police qualified the event as a serious violation of public peace and order.
46-year-old A. Đ. was arrested and remanded in 48-hour custody for the use of weapon, while the police are still searching for two more persons. 
Kosovo Police Deputy Regional Director Ergin Medić told Tanjug that one of the two persons, who were seriously injured in the fight, was taken in the Kosovska Mitrovica Hospital for treatment. 
According to him, the police found six 7.62 mm caliber bullet casings at the scene and the investigation into the incident will continue. 
The situation in other parts of northern Kosovo and near the barricades was peaceful during Friday night. The administrative crossings in north Kosovo are still blocked. Besides EULEX, Kosovo customs officers were also deployed at the checkpoints but with no operational role. 
Kosovska Mitrovica Municipal Court judge Zehra Vrbovci remanded 13 Serbian truck drivers in a 15-day custody late Friday. 
The drivers were arrested under suspicion they entered Kosovo illegally and took part in setting up the barricades. 
Vrbovci stated that there was a reasonable suspicion that the 13 suspects had illegally crossed an administrative crossing, and that therefore they were likely to pay a fine not less than EUR 250 or spend up to three months in prison. She said that the main hearing would be held early next week.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=25&nav_id=76551

Vecernje Novosti - September 25, 2011

NATO shield poses threat to Serbia, expert says

BELGRADE: The U.S. missile bases in Romania could represent a threat to Serbia since it could end up being collateral damage in a possible missile attack.
Only two days after the agreement had been signed to set up the U.S. missile shield in the U.S. Deveselu Air Base, Washington signed an agreement on September 15 to build an identical base in Poland.
Russia has stated it will take reciprocal measures and direct its missiles toward the bases hosting the NATO missiles. 
“We are living in a period when a new cold war is being waged. There are numerous reasons to set up the missile shield along Russia’s borders, and the most important one is to prove the economic and military power of the U.S. and NATO countries to everybody in the international community. A strategic consequence of the missile shield is to impose a need on Russia to build a new missile defense system which costs a lot, with an aim to economically drain it. The second important goal is an internal polarization of population in Russia,” Faculty of Security Studies Professor Slobodan Mišović told daily Večernje novosti. 
“Setting up the missile shield less than 200 kilometers from Serbia has a large negative affect on security and increases our country’s vulnerability,” the professor explained. 
“This is especially the case because our antiaircraft defense systems are outdated. The setting up of the missile shield is a provocation to all the countries in Southeast Europe and the Balkans, because it requires far bigger financial expenses if you want to maintain security at the necessary level. It will probably create additional conditions and pressures in our country because of the membership in NATO and in the European collective security and defense system,” he pointed out. 
Mišović believes that the missile shield in Romania will force Serbia to make a difficult choice – to decide not to invest in defense and additionally reduce security or to increase financial expenses. 
“NATO will not pressure Serbia into formally joining the Alliance after the missile shield is set up in Romania,” he said, adding that the purpose of the missile shield was to exert psychological and economic pressure on Russia, not to start a nuclear war. 
“However, the one that has power has a big problem because it is always tempting them to use it. In case of a large-scale conflict Serbia could easily become collateral damage, not only because of the missile shield in Romania but also because of the U.S. bases in Kosovo. However, much a bigger danger for the entire Southeast Europe in that case would be if the Klozoduy Nuclear Power Plant was hit,” the professor was quoted as saying.


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Selezione notizie da www.glassrbije.org
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DIFENDEREMO IL NORD DEL KOSOVO SE SARA’ NECESSARIO ANCHE CON I METODI DI GHANDI
16/09/2011

Il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica Radenko Nedeljkovic ha detto alla Radio Internazionale Serbia che i serbi che vivono nel nord del Kosovo sono pronti ad opporsi alle pressioni di Pristina e una parte della comunità internazionale con tutti i mezzi pacifici, perché non vogliono reintegrarsi nel cosiddetto stato Kosovo. Con lui ha parlato la nostra giornalista Snezana Milosevic. (...)  

Jeremic: Illegittima l’azione dell’Eulex e della Kfor
17 settembre 2011

Il ministro degli affari esteri di Serbia, Vuk Jeremić, ha valutato che la cosa più importante è mantenere la pace in Kosovo, persino accanto alle “azioni illegali e illegittime dell’Eulex e della Kfor” sui due valichi amministrativi nel Kosovo settentrionale. Secondo il ministro, la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU giovedì sera, ha dimostrato che non ci sono degli appoggi adeguati per quell’azione. L’azione si sta svolgendo, ha aggiunto il ministro, anche senza l’appoggio di un gran numero di paesi membri dell’Unione europea. Il capo della diplomazia ha evidenziato che dietro la forma burocratica, in base alla quale è stata eseguita quest’azione, “sono nascosti gli interessi di alcuni paesi molto potenti”. Jeremić ha ripetuto che quest’azione e il cambiamento della situazione in Kosovo sono “illegittimi e inaccettabili per il nostro paese, i nostri cittadini e il nostro Governo, soprattutto per quei cittadini che vivono in Kosovo”.

Bundeswer manderà in Kosovo quattro autoblindo 
19.09.2011

L’esercito tedesco invierà in Kosovo due autoblino del tipo „tasso“ che si usano nelle cariche contro i manifesranti e per la rimozione delle barricate. Il comando della Bundeswer per le azoni all’estero ha confermato la verità di questa notizia che è stata riportata dal giornale Frankfurter Algemaine Zietung. A inizio ottobtre in Kosovo saranno mandati anche due veicoli per le cariche d’acqua. Questi veicoli saranno usati per la rimozione delle barricate e l’assicurazione della libertà di movimento, è stato precisato nel comunicato diffuso dal Bundestag. Il contingente tedesco della Kfor è composto di 1.400 soldati. 

Sindaci prevedono nuovi incidenti
22/09/2011

I sindaci di quattro comuni nel nord del Kosovo e il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica hanno dichiarato di prevedere nuove provocazioni delle autorità di Pristina e di una parte della comunità internazionale che le appoggiano. Dopo la riunione che ha avuto luogo a Zvecan loro hanno invitato i cittadini serbi a mentenere a calma e di rimanere uniti e fermi nella decisione di opporsi all’instaurazione del cosiddetto Stato del Kosovo con tutti i mezzi delle proteste civili. La situazione più difficile è a Kosovska Mitrovica. Facciamo il nostro meglio per impedire gli scontri tra serbi ed albanesi, ha dichiarato il sindaco Krstimir Pantic. Egli ha detto che i serbi hanno eretto le barricate in modo tale da non ostacolare agli albanesi di andare nella parte meridionale della città. I carabineri italiani che pattugliano offendono i cittadini serbi ed auspicano il deterioramento della situazione. Questa è una resistenza dell’intero popolo serbo in Kosovo contro l’instaurazione delle istituzioni albanesi e una pare della comunità internazionale che desiderano reintegrare questa parte del Kosovo e costringere i serbi ad abbandonarla, ha dichiarato il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica Radenko Nedeljkovic.

Governo serbo chiede che siano risolti i problemi
22/09/2011

L’esecutivo serbo ha chiesto alle missioni internazionali in Kosovo di risolvere quanto prima i problemi che sono stati crati recentemente, i quali preoccupano molto la popolazione serba che vive in Kosovo, ha dichiarato il direttore dell’Ufficio per la collaborazione con i media Milivoje Mihajlovic. Egli ha detto dopo la riunione che l’esecutivo ha espresso la preoccupazione anche perché la polizia kosovara ha arrestato ieri sera 13 autisti serbi che sono impiegati nel complesso industriale Trepca, perché accusati di essere entrati in Kosovo illegalmente. I fautori del movimento albanese Autodeterminazione hanno attaccato precedentemente un camion con la merce che è arivata dalla Serbia centrale e l’hanno ribaltato. L’esecutivo serbo ha constatato che tutte le istituzioni in Kosovo lavorano senza problemi e che non sono vere le voci che le forniture nelle regioni abitate dai serbi non siano regolari. È stato constatato anche che è stato raggiunto l’alto livello di coordinamento tra le autorità locali della popolazione serba e l’esecutivo di Belgrado.  

Ninic: nuova manipolazione della Kfor
22 settembre

Il sindaco del comune di Leposavic nel nord del Kosovo Branko Ninic ha dichiarato che la rimozione di ieri del filo spinato dal valico Jarinje è soltanto una nuova manipolazione della Kfor. La Kfor ha rimosso il giorno precedente il filo spinato anche dal valico Brnjak. I valichi sono stati chiusi dopo l’arrivo dei poliziotti albanesi, quando i serbi hanno eretto le barricate in segno di protesta. Ninic ha dichiarato alla Tv Most che per i serbi kosovari il problema non sono né la Kfor, né il filo spinato, ma bensì i poliziotti della cosiddetta dogana del Kosovo. I cittadini serbi hanno deciso di rimanere alle barricate e di non permettere che la cosiddetta dogana del Kosovo cominci a funzionare. La Kfor potrà muoversi liberamente a Jarinje quando smetterà di appoggiare Pristina e quando saranno allontanati i suoi poliziotti, ha dichiarato Ninic.

La Kfor chiude le strade, i serbi ne costruiscono nuove
23/09/2011

I serbi che vivono nel nord del Kosovo hanno fatto la nuova strada, dopo che i soldati della Kfor hanno bloccato con il filo spinato la strada secondaria che porta verso il valico Jarinje e Rudnica. I serbi hanno intenzione di ricoprirla di asfalto. Anche la nuova strada secondaria che i serbi hanno allargato stanotte e oggi è stata bloccata. I veicoli usano la nuova strada per arrivare da Raska in Kosovo e viceversa. Il valico Jarinje è di nuovo circondato da filo spinato. I serbi che vigilano al valico hanno detto che negli ultimi sette giorni nessuna persona l’ha passato, nemmeno nel periodo in cui essa è stata aperta formalmente per il passaggio. Anche alle altre barricate i serbi seguono i movimenti della Kfor e l’Eulex, perché hanno deciso di non permettere il passaggio fino a quando ai valichi Brnjak e Jarinje si troveranno i poliziotti e gli ufficiali doganali mandati da Pristina. Il presidente del comune di Leposavic Branko Ninic ha dichiarato ieri sera al valico Jarinje che le tensioni e l’incertezza sono cresciute dopo che la Kfor ha chiuso anche la strada secondaria con il filo spinato e autoblindo. 

Tadic: soluzione pacifica per il nord del Kosovo
23/09/2011

Il Presidente serbo Boris Tadic, il quale partecipa alla riunione dell’Assemblea parlamentare delle Nazioni Uite, e il segretario generale dell’ONU Ban Kee-Moon hanno condiviso il parere ieri sera a New York che la soluzione per il Kosovo deve essere trovata in modo pacifico, tramite dialogo, e con la mediazione dell’Unione europea. Ban Kee-Moon ha epresso la preoccupazione a causa del deterioramento della situazione nel nord del Kosovo, ed ha ribadito che la pace deve essere mantenuta. Il segretario generale ha sottolineato la necessità che le istituzioni internazionali in Kosovo rimangano neutrali per quanto riguarda lo status del Kosovo, ha comunicato il segretariato delle Nazioni Unite. Precedentemente Tadic ha parlato con l’alto rappresentante dell’Unione europea Catherine Asthon e il segretario generale della NATO Andres Fog Rasmusen, il quale ha detto che l’Eulex e la Kfor rimarranno neutrali per quanto riguarda lo status del Kosovo. Il Presidente serbo ha dichiarato che la nuova round delle trattative, prevista per il 28 settembre, deve essere tenuta, ed ha espresso la speranza che la questione del servizio doganale sarà risolta. La Serbia desidera che la questione del Kosovo si risolva con dialogo, tramite una soluzione duratura che rispetterà gli interessi di entrambi i popoli, ha detto Tadic.  



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(cronaca dolce-amara dell'odissea per il passaggio della frontiera dalla Serbia verso la Croazia. Quanto è difficile, per un abitante della Serbia, tuttora trascorrere una vacanza al mare o semplicemente andare a trovare amici in Istria? Eppure, bisogna insistere caparbiamente...)


Granični prelaz

September 2, 2011



Odlazak na odmor mi je bio, ne samo potreban, već i terapijski neophodan. Nakon šest godina svega i svačega, prosto, osetio sam da sam na ivici pucanja. Ne samo da sam bio rasejan, mrzovoljan i lenj, već nisam mogao da procesiram skoro nikakve podatke. Nisam mogao da se držim jednostavnog dogovora. Niti sam uspevao da ispunim nikakva obećanja, a njih sam davao i šakom i kapom, samo da mi se ljudi skinu s kurca.

I tako, reše dva moja drugara da krenu na more i pitali su me da li bih išao sa njima. Nisam imao slobodne dane, nisam imao ni sredstava, niti je priroda obaveza koje imam takva da može da toleriše moje odlaske, bilo gde, a kamoli da odem na more. Ali to je i razlog zašto šest godina nisam otišao nigde. Odlepio sam i rekao svima: “Boli me kurac, odjebite”, pokupio se i krenuo. Ali stvari ne funkcionišu baš onako kako smo zamislili, zar ne?

Stigao sam na granicu, 06.08. oko 23h, autobusom koji je iz Beograda krenuo za Rijeku. Krenuo sam sam, jer mi je bilo potrebno nekoliko dana da regulišem neke obaveze, a ortaci su me čekali na moru i dolivali ulje na vatru esemesovima koje sam redovno dobijao. Spakovao sam se, krenuo i u autobusu sam jeo pitu koju mi je gazdarica dala, cevčio sam neki fin sokić i pod svetlošću lampice iznad sedišta, čitao sam Klarkovu “Konačnu Odiseju”, ušuškan na dva sedišta, u klimatizovanom autobusu, osećajući miris mora.

Stigli smo na srpsku granicu, gde je sve prošlo normalno i bez ikakvih teškoća. Ušao je g-din policajac, pečatirao nam pasoše, otpozdravio dodirujući vrhovima prstiju desne šake kapu i, uz osmeh, izašao iz autobusa.

Krenuli smo lagano, jer su gužve bile prilično velike, ka hrvatskoj granici. Mi smo izašli iz autobusa i kretali se pored njega, jer su mnogi od nas želeli da zapale pljugu. Nisam pušač, pušim kada pijem, ali eto, igrom slučaja mi je neka pakla ostala u rancu, pa sam iz dokolice i ja zapalio cigaretu. Prvo što sam primetio je da je na graničnom prelazu dosta hladnije nego u gradu i primetio sam koliko mi prija što znam da me čeka more, slana voda, sunce, plaža, pivo, prijatelji i odmor. Pušio sam onu pljugu, razvukao kez kao mentol, onako nekontrolisano, i uživao u toj pustari, jer sam se malo odmaknuo od gužve.

Kada je došlo vreme da uđemo u autobus, to smo i uradili, seli na svoja mesta i čekali znak vozača da izađemo svi ponovo iz autobusa i da u koloni, jedan po jedan, priđemo šalteru hrvatske granične policije i pokažemo putne isprave radi provere.

S obzirom na to da je autobus bio skoro popunjen, a da je moje sedište bilo pri kraju autobusa, bio sam jedan od poslednjih koji je došao na red, jer smo izlazili hronološki.

Procedura je izgledala ovako; priđe osoba prozoru, da pasoš, on ga stavi na neki skener, klikne dva-tri puta nešto na kompu, vrati pasoš i kaže: “Doviđenja.”

Kada je na mene došao red, prišao sam, obučen u bermude i majicu na bretele, sa kačketom i uz osmeh, pružio pasoš.

Policajac je uzeo moj pasoš, namrštio se, proverio ga, kliknuo nekoliko puta, a potom, kao da mu je mašina zakazala, ponovio isti postupak nekoliko puta. Vidno iznerviran što ništa nije našao, vrlo drsko me je upitao: “Kuda ideš?!”

“U Hrvatsku”, odgovorio sam, vrlo mirno.

“Gge u Hrvatsku!?”

“Na more”, trudio sam se da iskuliram njegovo urlanje.

“Gde na more, a?!”

“U Istru. U Rovinj”, odgovorio sam.

“Gde u Rovinj, a?!”

“Pa idem u privatni smeštaj. Ako vam je potrebno, mogu da vam dam podatke koji su vam neophodni za proveru.”

“Ćuti tu. Stani sa strane”, rekao je.

Stao sam sa strane, tik uz kućicu, unutar polukružno postavljene bankine, koja je ograđivala bočnu stranu šaltera.

Stajao sam tu neko vreme, dok se naš autobus premeštao na drugi šalter, carinički. Svi putnici su se već vratili u autobus, a na mesto gde sam ja stajao, došao je sledeći autobus, sa novom turom putnika koja je stala u isti red kao mi malopre i prilazila šalteru. Mislim da su bili neki Rumuni.

Prekrstio sam ruke i šetao se gore dole u tom uskom prostoru. Imalo je prostora za 4 koraka u jednom smeru. Nakon nekih 20 minuta i još dva autobusa koja su prošla, prišao mi je vozač autobusa i zatražio broj sedišta kao i onu ceduljicu za prtljag koju dobijamo. Uzeo je moje stvari iz autobusa, kao i torbu iz prtljažnika i uneo u zgradu prekoputa kućice za pasoše, pored koje sam stajao. Kada sam iskoračio ispred bankine da vidim šta se dešava, jer nisam lepo mogao da vidim sa mesta gde sam bio, jedan debeli, niski policajac, zaurlao je: “Vrati se gde ti je mesto! Je l’ ti jasno, a?!” I ja sam se, naravno, vratio.

Nakon desetak minuta od tog trenutka, provirio sam samo iza kućice i video da nema autobusa kojim sam došao. Nisam znao šta je posredi. Nadao sam se da je stao na parking sa strane i da me čeka. U ovom trenutku mi je već postalo hladno, jer sam košulju ostavio zajedno sa knjigom na sedištu, u autobusu. Sada sam razmišljao o njima. Da li ih je poneo onaj šofer ili ne?

Uskoro je izašao isti onaj policajac koji je držao moj pasoš i tada sam ga malo bolje zagledao. Bio je moje visine, suvonjav, u svojim pedesetim godinama. Razaznao sam samo nekoliko vrlo kvarnih zuba u gornjoj i donjoj vilici, a ostale mi se čini da nije imao. Nosio je bradu i brkove, dosta guste, ali ne i preterano velike. Koračao je brzo. U prolazu je izgovorio: “Polazi ovamo.” Ovaj put se nije drao. Krenuo sam za njim, a pristuna publika iz nekoliko različitih autobusa, ispratila me je pogledom kao majmuna u kavezu. Prišao sam nekom dugačkom stolu, gde su me čekale torbe. Otvorili su ih i uz pomoć baterijske lampe pretresli su sve. On i onaj njegov debeli kolega kojeg sam ranije pomenuo. Pošto ništa nisu našli, upitao me je onaj prvi, bezubi: “Koliko para imaš?” Odgovorio sam mu: “Sasvim dovoljno.”

“Da vidim”, zaurlao je.

Izvadio sam novčanik i pružio mu. Uzeo ga je,otvorio i pogledao u njega. Imao sam 50eur i nekoliko hiljada dinara u njemu. Sve ukupno, oko 120-130eur. Gledao je one pare i upitao: “Šta je ovo?”

Nije odvajao pogled od novčanika. Odgovorio sam mu, zbunjeno: “Pa novac.”

“Kakve su ovo pare, a?!”

“Ne razumem”, odgovorio sam.

“Hajde, vrati se nazad”, rekao mi je i pokazao rukom na onu bankinu. Uzeo sam ranac, torbu i novčanik i uprtio se nazad na mesto. Probio sam se kroz gužvu putnika iz nekog novog autobusa i spustio stvari pored šaltera i čekao na istom mestu.

I tako sam bez ičijeg obraćanja čekao, barem još 20 minuta. Nakon toga mi je prišla jedna policajka i doviknula: “Ti, mali! Hej! ‘Ajde, polazi ‘vamo!”

Krenuo sam za njom sa druge strane te kućice, na šalter koji je bio naspram onog prethodnog. Tu me je čekao bezubi brka. “Potpiši ovo”, rekao je i pružio mi dva lista hartije.

“Molim”, upitao sam ga.

“Potpiši ovo i ćuti”, uzvratio je, vidno nervozan.

“Neću ništa da potpisujem”, rekao sam mu.

“Dobro, ne moraš”, rekao je i napisao, na mestu gde je potpis trebalo da stoji, da sam odbio da potpišem. Potom mi je pružio jedan primerak tog dokumenta, a njegovoj koleginici je dao moj pasoš i rekao: “Vodi ga.”

Pogledao sam papir i video da je dokument za odbijanje ulaska u Hrvatsku. Upitao sam šta je ovo, a on mi je odgovorio da pogledam. Pogledao sam i video da je zaokružena stavka “odbijen pod osnovanom sumnjom da svoj boravak neće koristiti kako je naveo”, a naveo sam da je godišnji odmor u pitanju. Upitao sam šta je ovo i kakav je ovo način i na osnovu čega se ovako ponašaju, a onaj debeli, koji je u tom trenutku već uveliko sedeo za prvim šalterom, okrenuo se i dobacio: “Hajde ćuti tu, da ne najebeš! Je l’ ti jasno, mali, a?!”

Potom mi je policajka rekla da krenem za njom, sve vreme noseći moj pasoš. Pokupio sam stvari i krenuo. Negde na sredini, između Srbije i Hrvatske, dala mi je pasoš i rekla: “Doviđenja.”

Okrenula se i otišla.

Stajao sam tako sa stvarima, oko 01h ujutru, smrznut, umoran, nervozan i strašno razočaran. Posle svega što mi se desilo tih nekoliko dana pred put, šest godina bez odmora, ovo me je sačekalo. A potom me je sačekao još jedan šok. Kada sam otvorio pasoš, video sam da mi je lupljen neki crveni pečat i da je u njemu stajalo “ZABRANA ULASKA U REPUBLIKU HRVATSKU” i datum 06.08.2011.

Pokunjen, stigao sam do srpske granice, nadajući se nekoj pomoći, ali nisam imao sreće. Kada sam im pružio pasoš i dokument, dobio sam ovo: “Ha, jebi ga. Dešava se. Sedi tamo na parking i snađi se za put nazad.”

Otišao sam, seo i shvatio da su mi košulja i knjiga, ipak, ostali u autobusu.

Zvao sam dva drugara, Tomu i Darka, da dođu po mene i oko 02h, bili su tu. Otišao sam pravo na Submarinu, video se sa drugarima koji su već uveliko (zahvaljujući tviteru), saznali šta mi se desilo. Napio sam se kao svinja i oprostio sa svojim godišnjim odmorom.

Ono što je usledilo me je iznenadilo, ali me je dosta i razočaralo u ljude kojima sam okružen. Ne samo na tviteru, već i privatno, kada sam rešio da krenem ponovo, sledeći dan, ljudi su bili u neverici.

Jedan policajac mi je rekao da je ta zabrana na 24h i ako se ne pojavim pre 23h na granici, neće biti problema.

Uputio sam se na granicu, ali ovoga puta vozom. Prešao sam granicu bez problema i uživao u Hrvatskom primorju, uživao sam sa prijateljima i proveo sam divan odmor.

Ali ono što me je pogodilo, zaista, bilo je to što su ovu situaciju, zbog jednog bezubog kretena i jedne debele somine, ljudi i mediji hteli da upotrebe da bi generalizovali stvari i stigmatizirali celokupnu situaciju. Hteli su da snimaju priloge za vesti, hteli su da objave u nekoliko dnevnih novina, a sa akcentom na to kako su Hrvati, Ustaše, štagod, odbili Srbina na granici i kako je Hrvatska sranje, a Srbija do jaja. Ma jebem vam mater nenormalnu. I znate šta? Tu nisam bitan ja, nije bitna situacija, znate šta je bitno? Senzacionalizam. Hteli su da me prikazuju kao mečku u cirkusu, radi svoje koristi, a šta bih imao od toga? Ništa. Ne bih naprasno dobio odobrenje za prelazak granice, ne bi se rešilo pitanje (ako ono i postoji), tenzije između Hrvata i Srba na graničnim prelazima. Ne. Samo bi vesti bile gledanije, a novine bi prodale nekoliko listova više.

Jeste da su me iz diskriminacionih razloga vratili, ali to su uradila dva mentola, a ne država. Reakcije na na tviteru su bile poražavajuće. U menšnima je prvih 5-6 tvitova bilo u znak podrške i neverice, ali vrlo brzo su krenuli sa radikalnim “Srbi, Hrvati, četnici, ustaše, rat, Bosna, Tuđman”, itd. I svi mogući stereotipi su isplivali na površinu, bez ikakve kontrole. Kao lavina gluposti koja živi sama od sebe i sobom se hrani.

Pitanja koja su mi postavljali prijatelji za koje sam mislio da su slobodoumni i obrazovani, neverovatna su: “Zašto ponovo ideš tamo? Kako možeš Ustašama da oprostiš to? Zašto ne ideš negde drugde?” I tako dalje.

Evo vam odgovora:

1. Išao sam ponovo, jer ne želim da mi debeli i bezubi mentoli kroje sudbinu i da odlučuju o mojim postupcima.

2. Zato što su mi svi prijatelji tamo i zato što mi je plan bio da idem tamo i nisam hteo zbog idiota da menjam ceo plan.

3. Zato što volim Hrvatsku i volim hrvatsko primorje i zato što sam se radovao prijateljima iz Hrvatske koji su me čekali.

4. Zato što nisam pička da odstupam, jer me je neka neobrazovana somina, sakrivena iza “diskrecionog prava”, vratila kući.

I ako vam se ikada desi slična situacija, nemojte da idete linijom manjeg otpora. Nemojte da popuštate ili da dozvolite sebi da budete instrumentalizovani. Da vašim stavom i vašim mišljenjem upravljaju drugi, ma kakvi oni autoriteti bili. Imao sam prokletu zabranu i otišao sam ponovo. Da li sam zbog toga budala? Možda, ali sam proveo najbolji odmor u životu i celo ovo iskustvo mi je samo oplemenilo sećanje na leto 2011. godine. I znate šta? Ići ću ponovo.

Galeb.




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Mappa della Serbia senza Kosovo, il ministro della cultura serbo diserta la cerimonia

21 settembre 2011 - Balcani - Il ministro della cultura serbo, Predrag Markovic, ha disertato la cerimonia di apertura di un Festival culturale dei Paesi danubiani a Ratisbona (Baviera, sud della Germania), del quale la Serbia è quest’anno paese ospite, in segno di protesta per la distribuzione, con il materiale informativo, di una mappa della Serbia priva del Kosovo.
‘‘Noi non vogliamo mischiare l’arte con la politica, soprattutto quando i partner sono paesi della regione danubiana quali Romania, Slovacchia e Serbia (nessuno dei tre riconosce l’indipendenza del Kosovo, ndr), ma tutti ritengono che le mappe dovrebbero essere stilate così come i paesi vedono i loro territori, e non come qualcuno vorrebbe che questi territori apparissero’’, ha detto il ministro Markovic ai giornalisti a Ratisbona.
La Serbia è ospite d’onore a “Documenta 2011”, l’edizione di quest’anno del Festival internazionale dell’arte e della cultura nella regione danubiana di Ratisbona, apertosi ieri sera e che andrà avanti fino al 5 novembre.
La Serbia rifiuta l’indipendenza del Kosovo, riconosciuta finora da 81 paesi, sul totale dei 192 rappresentati all’Onu. Fra essi gli Usa e 22 dei 27 membri della Ue, Italia compresa. I cinque paesi comunitari contrari all’indipendenza di Pristina sono Spagna, Romania, Grecia, Slovacchia e Cipro.

Fonte: http://www.viedellest.eu/



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http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/57962

Motivation Pills for the Popular Mindset
 

2011/09/15

BERLIN
 
(Own report) - In a semi-official German publication, high-ranking officials of the government administration, the Bundeswehr, academia and the media discuss means and methods for creating popular support for wars. According to these authors, images of „blood thirsty dictators" or „starving children" can work like "moral flywheels for military engagement." The TV footage of the 9/11 World Trade Center’s collapse also had the effect of "motivation pills" for the war against Afghanistan. The authors are clearly distinguishing between mass propaganda directed at "John Doe" and a "security debate" that must remain "the elite's domain": Particularly those "parliamentary factions, taking foreign and security policy seriously" must learn to "take decisions without consideration of public acceptance."

Crucial Tests of a Nation

Berlin's Duncker und Humblot publishing house has just published a book on means and methods for creating popular support for wars. The book entitled "Crucial Tests of a Nation" focuses on the Bundeswehr’s engagement abroad. The authors hold high-ranking posts in government administration, military, academia and the media. They include Mathis Feldhoff, journalist at the ZDF television channel, Michael Rühle, assistant at NATO as well as Vice Admiral Ulrich Weisser and Claus Kreß, Professor for International Law at the Cologne University. In his text, Feldhoff elaborates a detailed propaganda concept of the enemy: "Starving children, marauding gangs, bloodthirsty dictators are images that can be used as moral flywheels for military engagement. They influence the popular mindset."[1]

Preliminary Reporting

Feldhoff explains that, after all, the Bundeswehr’s current military engagements need "preliminary reporting." To underline this, he points to the media's reporting on 9/11 in New York: "The thousands of repetitions of the TV footage showing the collapse of the Twin Towers in 2001 had the effect of motivation pills winning popular support in western countries for their governments’ war on Afghanistan." Today, the "designation of ‘Good and Evil’" in the media perception of the Afghan war is blurred, Feldhoff complains. "There are only few reports like the one in the Time Magazine on the young Afghan woman whose tormentors cut off her nose, which illustrate that a fast retreat of NATO forces could, for many Afghans, (...) lead to a humanitarian catastrophe."[2]

Just War

According to Feldhoff, the German population is demanding "clear arguments for morally justifying a military engagement abroad." "The people want a just war or none at all." Reporting, which foregoes a clear designation of guilt and the enemy, is also to the disadvantage of German soldiers deployed in Afghanistan, the ZDF journalist explains. After all, the mass media plays a central role "in replacing the ‘friendly disinterest’ on the home front with respect and approval."[3] Feldhoff, himself, has already implemented his ideas several times, for example, recently, with a portrait of the former commander of the German occupation forces in Kunduz/Afghanistan, Colonel Georg Klein. He portrayed him as "a person of high ethical standards" (german-foreign-policy.com reported [4]). Klein was responsible for the bombing of two fuel tankers, stolen by Afghan insurgents, leading to the killing of more than a hundred civilians.

False Considerations of Acceptance

Whereas the TV journalist Feldhoff concentrates on methods of propagating war in the mass media, another author of the book focuses his contribution on launching a "security debate." This debate must transmit the message that "lengthy stabilizing missions" and "military engagements" such as in Afghanistan are "of direct relevance to national security," explains Michael Rühle. Rühle heads NATO’s Energy Security Section. The debate to be developed should not "target John Doe." "Security policy has been and must remain the domain of the elite, regardless of opinion polls." "The German political class" according to Rühle "must be self-confident" in its security policy. This self-confidence must be strong enough "to take important decisions independently of partisanship and without false consideration of public acceptance." The NATO bureaucrat is appealing for the "approval of the deployment of armed forces on a much larger scale, than the obsolete ideas of self defense allow" - for example "to protect the critical energy infrastructure."[5]

No Guilt Complex!

Other authors in the book would also like to see an adequate "culture of discussion" in the domain of military policy. They trace its lack back to recent German history. "Germany is hardly able to realistically perceive threats, because it has seen itself as the biggest threat since 1945," writes retired Vice Admiral Ulrich Weisser. According to him, "thinking on the basis of a guilt complex" obscures the perception of possible "threats" as well as of the "opportunity" to "take the lead" as a "driving force" in Europe.[6] Bastian Giegerich from the Bundeswehr's Institute for Social Sciences (SoWi) takes a similar position: "The good fortune not having to have participated in decolonization wars, nor wars such as those in Korea or Vietnam, have alienated Germans from the idea that political objectives, extending beyond merely territorial defense, could be reached through military engagement. The experience of WW II exacerbates the skepticism that military engagements could ever be legally and morally legitimate."[7]

No Restraints!

This is where the international jurist Claus Kreß (Cologne) picks up. According to him, "decisions concerning internationally legal foreign military deployment" should not be dependant upon the German constitution, which was influenced by the experience of German fascism: One should be "confident that 60 years after WW II, German politicians as well as the German population are capable of rationally deciding." Kreß is therefore not only calling for "preventive arrests of enemy combatants" within the framework of combat operations, but also displays acquiescence for killing innocent bystanders: "it is not forbidden to attack military targets, just because civilian collateral damage can be expected."[8]

[1], [2], [3] Mathis Feldhoff: Die Medien, die Politik und der Krieg. In: Christoph Schwegmann (Hg.): Bewährungsproben einer Nation. Die Entsendung der Bundeswehr ins Ausland. Berlin 2011
[4] see also Im Sinne der Soldaten
[5] Michael Rühle: In was für einer Welt leben wir? Sicherheitspolitische Folgerungen aus einer globalisierten Welt. In: Schwegmann (Hg.): Bewährungsproben einer Nation. Berlin 2011
[6] Ulrich Weisser: Die Rolle Deutschlands in der Welt. In: Schwegmann (Hg.): Bewährungsproben einer Nation. Berlin 2011
[7] Bastian Giegerich: Was Militär leisten kann: Die Bundeswehr als Instrument der Sicherheitspolitik. In: Schwegmann (Hg.): Bewährungsproben einer Nation. Berlin 2011
[8] Claus Kreß: Zu den Rechtsgrundlagen von Auslandseinsätzen der Bundeswehr. In: Schwegmann (Hg.): Bewährungsproben einer Nation. Berlin 2011



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Non-Allineati a Belgrado, 1961-2011

Si è tenuta lo scorso 5 settembre a Belgrado la assemblea dei rappresentanti dei Paesi Non Allineati, commemorativa del 50.mo anniversario della prima Conferenza che si tenne proprio nella stessa città. L'evento, che ha coinvolto diplomatici da più di 100 paesi, è stato contornato dal sostanziale silenzio dei media occidentali, mentre nel paese ospitante i rappresentanti istituzionali e governativi hanno dedicato all'importante appuntamento diplomatico un'attenzione contraddittoria e viziata da evidente imbarazzo, viste le attuali tendenze atlantiste ed europeiste prevalenti a livello politico. Quasi a sottolineare freudianamente tale imbarazzo, persino la radiotelevisione serba ha clamorosamente sbagliato la traduzione simultanea dell'avvenimento (si veda http://www.youtube.com/watch?v=5LYFBKj7Fs8 ). 

Di seguito riportiamo due link - il primo ad immagini di inestimabile valore storico sulla prima Conferenza del 1961, il secondo alle fotografie della Conferenza dei giorni scorsi - nonché uno dei rarissimi testi prodotti in lingua italiana sull'avvenimento.

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50 YEARS NON-ALIGNED MOVEMENT / 50 GODINA POKRETA NESVRSTANIH
VIDEO: 50 anni fa il primo Meeting dei paesi non-allineati a Belgrado
http://www.youtube.com/watch?v=vfsjKTj4Qpw

Nesvrstani u Beogradu: Svetu treba više pravde
D. MILINKOVIĆ | 05. septembar 2011
FOTO GALERIJA: Oko 700 diplomata iz 106 zemalja celog sveta okupilo se u Beogradu na obeležavanju pola veka od osnivanja Pokreta nesvrstanih. Pokret je i danas važan za rešavanje problema zemalja ”trećeg sveta”, opšti je stav
http://www.novosti.rs/vesti/naslovna/aktuelno.69.html:343954-Nesvrstani-u-Beogradu-Svetu-treba-vise-pravde

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http://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmpbi14-009548.htm
www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 14-09-11 - n. 376

da www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21457
Traduzione di l'Ernesto online da atlasalternatif.over-blog.com/article-50eme-anniversaire-du-mouvement-des-non-alignes-a-belgrade-83709357.html
 
50° anniversario del Movimento dei Non allineati a Belgrado
 
di “Atlas Alternatif”
 
08/09/2011
 
600 diplomatici (di più di un centinaio di paesi) e 178 giornalisti si sono riuniti a Belgrado il 5 settembre per festeggiare i 50 anni del Movimento dei non allineati (MNA), il cui primo vertice si svolse in questa città dal 1 al 6 settembre 1961.
 
I membri del MNA si sono riuniti per due giorni nei locali del parlamento serbo, alla presenza del presidente Tadic, del suo ministro degli affari esteri e di altri membri del suo governo, dei ministri degli affari esteri sloveno, bosniaco e montenegrino, del segretario di Stato croato e di un vice ministro macedone. L'ultimo ministro degli affari esteri della Jugoslavia degli anni 80, il croato Budimir Loncar, ha preso la parola nel corso della riunione.
 
Il ministro degli affari esteri egiziano Mohamed Kamel Amr, il cui paese presiede il MNA in questo momento, nel suo discorso introduttivo ha sottolineato l'attualità dei principi del Movimento dei Non allineati e ha rivolto un appello a tutte le repubbliche ex jugoslave a riconoscere lo Stato di Palestina e a votare in tal senso durante la prossima sessione delle Nazioni Unite il 19 settembre prossimo. La maggioranza dei membri del MNA riconosce già lo Stato di Palestina. Questo è stato il soggetto più politico della conferenza. Il ministro degli affari esteri serbo ha affermato che l'argomento inizialmente non era stato iscritto nell'ordine del giorno, e che gli sembrava che l'Egitto avesse fatto un po' di “forcing” su questo dossier, creando imbarazzo tra i serbi che hanno buone relazioni con Israele.
 
Il segretario di Stato agli affari esteri cubano Abelardo Moreno Fernandez alla tribuna ha deplorato l'inerzia dei Non allineati di fronte alla “manipolazione del Consiglio di sicurezza” da parte degli Occidentali sulla questione libica. Il suo omologo iraniano Mohammad Mehdi Akhondzadeh ha criticato, da parte sua, “l'intervento e la politica arrogante” degli Occidentali nel Nord Africa e nel Medio Oriente.
 
I paesi europei presenti erano l'Ungheria, la Finlandia, la Spagna e Cipro (che fu con la Jugoslavia il solo paese europeo membro dei Non allineati nel 1961).
 
L'iniziativa del presidente Boris Tadic di commemorare i 50 anni del MNA a Belgrado è stata oggetto di critiche da parte degli atlantisti che l'hanno giudicata incompatibile con la candidatura della Serbia all'ingresso nell'Unione Europea. Il ministro degli affari esteri Vuk Jeremic ha tuttavia precisato che la Serbia resterà membro osservatore e non aderirà al MNA (in Europa solo la Bielorussia ne è membro titolare). Il presidente serbo nella sua allocuzione davanti al MNA ha sottolineato la necessità di prendere in considerazione il parere della maggioranza delle nazioni del pianeta rappresentate dal MNA per l'adozione delle decisioni del nostro tempo, e l'impegno del suo paese in questa direzione. Il figlio minore del maresciallo Tito, Joska Broz, fondatore del nuovo partito comunista serbo nel 2010 (una fusione di tre partiti di estrema sinistra), che non è stato invitato a questo vertice, ha definito l'atteggiamento della Serbia come ipocrita, dal momento che essa riesce nel medesimo anno ad organizzare una riunione con la NATO e una con il MNA. Molti stimano che Belgrado cerchi soprattutto di fermare la nuova ondata di riconoscimenti del Kosovo da parte di paesi del Sud (Benin, Guinea, Niger, Santa Lucia quest'estate) e di aprire mercati nel Terzo Mondo, nel momento in cui i suoi prodotti non sono più competitivi in Europa.
 
Il ministro degli affari esteri del Sud Africa Maite Nkoana-Mashabane (che nel suo discorso ha soprattutto parlato della prossima conferenza dell'ONU a Durban sul cambiamento del clima) davanti ai media ha espresso la volontà di rinnovare i legami tra il suo paese e il popolo serbo (il che si è tradotto nella firma di un protocollo di consultazione reciproca con Belgrado), e molti dei rappresentanti del Terzo Mondo hanno manifestato il loro attaccamento al ricordo della Jugoslavia di Tito al loro fianco e sottolineato il ruolo del MNA nella stabilità dei paesi del Sud. L'ultimo vertice dei non allineati a Belgrado risale al 1989. Il leader libico Muammar Gheddafi allora era venuto con dei cammelli che aveva donato allo zoo di Belgrado.
 
L'incontro, come d'abitudine, ha permesso diverse discussioni bilaterali Sud-Sud (ad esempio tra il Vietnam e la Tunisia, e il Vietnam e l'Angola).



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(english / italiano)

Provocazioni della NATO a Mitrovica Nord

1) Niente di nuovo sul fronte kosovaro / Kosovo e Serbia di nuovo ai ferri corti

2) NEWS in english

3) RT Interviews: Vitally Churkin, Boris Malagurski

More links:

Video: NATO on standby for unrest in Mitrovica
Euronews - September 15, 2011
http://www.youtube.com/watch?v=lgXSeOj-sj8&feature=player_embedded

Photo gallery:
http://www.dverisrpske.com/sr-CS/prenosimo/nase-vesti/KiM/Foto-izvestaj-sa-Jarinja.php

Sullo stesso tema si veda anche l'invio precedente: Resistenza contro la NATO ed i suoi sgherri in Kosovo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7119

====================================================================
Most texts in english language have been received by the 
Stop NATO e-mail list 
home page with archives and search engine:
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages
Stop NATO website and articles:
http://rickrozoff.wordpress.com
======================================================================


=== 1 ===

http://italian.ruvr.ru/2011/08/31/55460501.html

Niente di nuovo sul fronte kosovaro

31.08.2011

Il dibattito sul Kosovo al Consiglio di sicurezza dell’ONU ha dimostrato che su questo problema rimangono profonde le divergenze fra le maggiori potenze mondiali.

La mancanza di stabilita’ nella regione da fiato alle forze estremiste.

Il generale tedesco Erhard Buhler, oggi alla guida di KFOR, ha gia’ annunciato la riduzione del contigente di pace.

Il dibattito e’ stato vivace, ma senza risultato.

I rappresentanti dei paesi occidentali che controllano l’attivita’ delle missioni ONU, UE e KFOR non hanno voluto rispondere a nessuna delle domande avanzate dal ministro degli esteri serbo, Vuk Eremic, sostenute dal rappresentante permanente della Russia Vitali Ciurkin.

Sulle responsabilita’ dell’assalto kosovaro alle comunita’ serbe e sui reati di cui sono imputati i vertici di Pristina, l’Occidente ha preferito il silenzio e bloccare la bozza di documento presentata dalla Russia.

Il capo della diplomazia kosovara in omaggio ad un’antica tradizione ha accusato la Serbia di tutti i mali.

Vitali Ciurkin ha detto in questo proposito che il Kosovo porta avanti una politica di provocazione permanente.

Le prospettive sono incerte e pessimistiche.

Dice l’esperto Aleksandr Karasev:

"La Serbia non riconoscera’ mai l’indipendenza del Kosovo, nonostante che la sua leadership tenti di emarginare continuamente la minoranza serba. I rapporti fra le due comunita’ si trovano in un vicolo cieco."

Sono peggiorati i rapporti fra Belgrado e UE dopo il miglioramente intervenuto in seguito alla consegna del generale Mladic al Tribunale dell’Aia.

Le continue pressioni sulla Serbia possono avere delle conseguenze negative per tutto l’Occidente. Di fatto, viene impedita l’integrazione nell’Unione Europea di tutta la regione balcanica.

Una soluzione potrebbe passare per l’ingresso della Serbia nell’UE insieme al Kosovo, ma le recenti dichiarazioni di Angela Merkel che avrebbe imposto a Belgrado di porre fine ad ogni forma di solidarieta’ con i serbi kosovari non fanno escludere che la via d’uscita sia a portata di mano.

Intanto da Pristina si annunciano nuove provocazioni.


---

http://it.euronews.net/2011/09/15/kosovo-e-serbia-di-nuovo-ai-ferri-corti-rasmussen-no-a-nuove-tensioni/

Kosovo e Serbia di nuovo ai ferri corti. Rasmussen: “No a nuove tensioni”

15/09 19:23 CET

Tensione in aumento nei Balcani per l’annunciata intenzione delle autorità del Kosovo di riprendere il controllo di due posti di frontiera finora nelle mani dei serbi.

L’iniziativa di Pristina arriva mentre nella ex provincia serba, dove non si sono mai placati gli scontri tra serbi e albanesi, è in visita il segretario generale della Nato, Rasmussen.

“Non permetteremo che l’equilibrio raggiunto venga messo in pericolo. La missione della Kfor è quella di mantenere la sicurezza, e continueremo a farlo con fermezza, cura e imparzialità”.

Una posizione contestata dai serbi, ora in minoranza. Il loro leader, Milan Ivanovic:

“E’ un dato di fatto che non siano imparziali e nemmeno neutrali, e che agiscano al di fuori delle prescrizioni della risoluzione Onu 1244. La loro funzione è di assicurare sicurezza a tutta la popolazione, ma non lo fanno da 12 anni”.

Preoccupato per la decisione kosovara si è detto il premier serbo Tadic. “Si tratta di un atto unilaterale che mette in serio pericolo la pace e la stabilità dell’intera regione”.

Copyright © 2011 euronews


=== 2: NEWS ===

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=03&nav_id=75741

Tanjug News Agency - August 3, 2011

“Time for UN to take over northern Kosovo”

BELGRADE: Ex-UN regional representative in Kosovska Mitrovica Gerard Gallucci said sending UN peacekeepers to the Kosovo north might be the only way to preserve peace.
“It is time perhaps for the UN to take over the north and send its peacekeepers back, because this is maybe the only way to keep peace until there is a political settlement,” he stressed.
He said that Priština's attempt to impose its full control of the Brnjak and Jarinje administrative checkpoints was a provocation and added that the act of Priština and the NATO mission in northern Kosovo made the partition of Kosovo much more likely as the line dividing Serbs and Albanians had become clearly marked. 
He said the provocation was aimed at frustrating diplomatic efforts and negotiations. 
“It was a provocation, a way to prevent diplomacy and negotiations. It probably had some sort of quiet support from the major international supporters of Kosovo," he said, adding that “it was a mistake.” 
“I can’t say for sure, and see that the U.S. ambassador in Serbia denied that the US encouraged this move,” Gallucci pointed out. 
"But it is hard to believe that PM [Hashim] Thaci would move in such a provocative manner without some sort of encouragement or a blind eye from the U.S. Ambassador in Priština,” the former UN representative said in an interview posted on the website TransConflict. 
Asked from which countries Priština could have got some “green light” for such an act, Gallucci recalled that at the UN Security Council, the U.S. and the UK had tried to prevent Serbia from taking the issue to the UN Security Council. 
“So, it makes me wonder what Washington and London have to hide,” he said. 
He pointed out that for some reason, the U.S., UK and Germany had consistently been of the opinion that with some strong use of force in the north of Kosovo, the local Serbs would surrender to Priština. 
“They tried that in 2008, they try it now again and it is not working and it is making the situation difficult,” he was quoted as saying. 
Gallucci believes we might see an escalation of the violence in the near future. 
“This provocation has forced Serbia to stand up and take this to the UN, and on the other side you have Thaci not backing down, making difficult for any negotiation in the near future,” Gallucci concluded.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=03&nav_id=75747

Tanjug News Agency - August 3, 2011

Hashim Thaci incites to war, minister says

BELGRADE: Minister for Kosovo Goran Bogdanović accused Kosovo Albanian PM Hashim Thaci of inciting to war in Serbia's southern province.
Bogdanović stressed that Serbia will not respond to provocations and that it will do everything in its might to resolve the situation in northern Kosovo and Metohija in a peaceful and diplomatic manner.
“Thaci is sending warmongering messages, raising tension and inciting conflicts. His statement that he will not give up on north Kosovo and that no one will prevent him from doing so cannot be interpreted in any other manner but as warmongering,” Bogdanović said in an interview for the Belgrade-based tabloid Press. 
He underlined that Serbia will not go to war, and recalled that he and Head of Belgrade's team in the talks with Priština Borko Stefanović told EU mediator Robert Cooper that “Serbia calls on the EU to help resolve the situation in north Kosovo in a peaceful manner”. 
"We asked from Cooper to talk Pristina into returning the situation at the administrative crossings the way it was prior to July 25, and we underlined that there will be no continuation of the dialogue under Thaci's blackmail," Bogdanović said. 
"Cooper wanted us to resume negotiations with Priština on customs seals and trade. We told him that we cannot talk about this while tension is being raised in northern Kosovo, while threats were made, and the Serb people were at the barricades defending themselves. Cooper understood the gravity of the situation and gave up on the suggestion to negotiate about customs seals," said the minister. 
Serbs will stay at the barricades until their requests are met, Bogdanović said. 
When asked whether he is afraid of new violence, such as those at the Jarinje checkpoint, or conflicts of larger scale, Bogdanović said that such scenarios are not excluded in case of great tension like this. 
However, he underlined that Serbs have to remain dignified, peaceful and united since this just might be the last moment to defend Kosovo. 
A resolution of the north Kosovo crisis depends on Thaci, the EU, NATO and the U.S., Bogdanović concluded, adding that “we will not make a single wrong or unilateral step, but that we will not give up on our goals”.

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http://www.novinite.com/view_news.php?id=130820

Sofia News Agency - August 3, 2011

Kosovo Govt Adviser: Tension with Serbia Could Lead to War

If Serbia intends to break away a part of Kosovo, that could lead to a military conflict, stated Kosovo government adviser for foreign policy Azem Vlasi Wednesday.
Tensions in Northern Kosovo have been flaring for two weeks after the Serbian breakaway province and Serbia entered into a trade conflict, embargoing each other, while the ethnic Serbian population in the north of Kosovo wreaked havoc on border checkpoints, mandating the introduction of Kosovar special police units.
"If Serbia intends to break away by force a part of Kosovo, it will meet the legitimate resistence that each country has the right to exercise, under international and domestic law, in order to defend its territory," said Vlasi, as quoted by the Serbian agency Beta.
Since the start of the tensions, Kosovo authorities have consistently laid the responsibility of the unrest on the Serbian government.
On Wednesday Kosovar Prime Minister Hashim Thaci again put the blame on Serbian authorities for allegedly instigating violence, and stated that Kosovo will not give in, much less accept a partition of its territory.
On his part, Serbian PM Mirko Cvetkovic in return put the blame on Kosovo authorities and international forces in Kosovo for allowing the unrest, and expressed Serbia's desire for the frozen bilateral talks with Kosovo to continue in a healthy climate.
NATO has already decided on a boost of its KFOR military presence in Kosovo, particularly the north, and fresh forces are expected on the ground Thursday.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=04&nav_id=75763

Tanjug News Agency - August 4, 2011

Entry of goods from Serbia banned at Brnjak

BRNJAK: KFOR soldiers controlling the Brnjak administrative crossing near Zubin Potok banned entry of any type of goods from Serbia on Thursday shortly after 13:00 CET.
Passenger cars and buses that carry no loads are still allowed to enter the territory of Kosovo at the Brnjak checkpoint.
The control at this crossing is carried out by KFOR soldiers from France, Austria and Morocco and "members of the border and local police", according to Tanjug. 
No reason was given for the latest KFOR decision to stop the entry of goods to northern Kosovo.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=03&nav_id=75753

B92/Beta News Agency/Tanjug News Agency - August 4, 2011

"KFOR to control checkpoints until mid-September"

LEPOSAVIĆ: NATO-led troops in Kosovo, KFOR, revealed on Thursday evening the details of the talks held today in northern Kosovo. 
According to this, KFOR commander Erhard Buehler and Serbian officials Goran Bogdanović and Borislav Stefanović reached a preliminary agreement that would allow KFOR to take over control of the Brnjak and Jarinje checkpoints between Kosovo and central Serbia, and remain there until mid-September.
It was also announced that "if necessary, this deadline can be extended". 
This agreement is envisaged in a draft put together today during the meeting near the town of Leposavić. 
A KFOR statement this evening said that Stefanović and Bogdanović "will coordinate the agreement" with Serbian President Boris Tadić. 
The agreement envisages that KFOR will maintain control over the two posts, and that vehicles, trucks of up to 3.5 tons, and trucks carrying humanitarian aid - including food - will be able to pass after passing security checks. 
In return, local Serbs would remove road blocks in the north, said the statement, adding that the KFOR commander "was given full authority from all institutions taking part". 
According to this, the agreement could be implemented as soon as in the next few days. 
...

After Jarinje was demolished last week, KFOR shut down both checkpoints and cut off local Serbs in the north, leaving them without food and medical supplies from central Serbia. But KFOR today announced they would reopen Jarinje for passage of trucks. 
Previously, Serbian officials said that during the negotiations to resolve the crisis in the north they would demand a return to the arrangement that existed on the Jarinje and Brnjak posts on the administrative line between Kosovo and central Serbia before the Kosovo Albanian authorities sent its police unit Rosu to take them over on July 25. 
The takeover was meant to install Kosovo customs on the two outposts and enforce a ban on goods coming from Serbia. 
Before July 25, EULEX customs and Serb members of Kosovo police, KPS, were present on the checkpoints. After KFOR and Serbian officials negotiated a withdrawal of the Rosu unit, members of the Kosovo customs were transported to Brnjak, which prompted Serbs to put up barricades on the roads leading to the two checkpoints and prevent KFOR vehicles from passing until the crisis has been resolved.

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http://english.ruvr.ru/2011/08/04/54200188.html

Voice of Russia - August 4, 2011

Kosovo: hot spot again

Maria Chupina [Edited by RR]

NATO has sent 700 troops to Kosovo...near the Serbian border as Erhard Bühler, Commander of KFOR, fears that a recent outbreak of border violence can breach bilateral [Serbia-Kosovo] dialogue and hamper Serbia’s integration into the EU.
In late July, Albanian special police forces seized the border posts at Brnjak and Yarin. Armed Serbs pushed them out and burnt the posts, killing one Albanian and several Serbs were injured. Later they built barricades to prevent transport and people getting in.
These local clashes triggered Kosovo’s refusal to stick to an agreement on normalizing border relations signed with KFOR. The latter envisages international control over troubled posts for six weeks until local Serbs dismantle the barriers.
Expert on the Balkans crisis Elena Guskova believes that the return of NATO military presence to the region is a warning sign:

"The global community breached all the rules a long time ago when the Yugoslavia crisis began in 1990. The independence of Kosovo is another violation and Russia sticks to this position together with China their non-recognition of the Republic of Kosovo in the UN. Russia can vote for independence only if Belgrade acknowledges it, but Serbia doesn’t give up whcih is why the Kosovars are resorting to violence. This will negatively affect all international relations and hurt international law and stability in Europe. However this doesn’t stop the US, the Albanians and NATO."

Kosovo is the most painful issue for Serbia, which craves EU membership. The country has already extradited ethnic Serbs accused of war crimes during the 1990s Yugoslav war to the Hague Tribunal for Yugoslavia but refuses to recognize Kosovo’s independence, which is one of the entry conditions. The breakaway region has [only] been recognized by 70 countries, but Serbia can’t relinquish its territory owned in line with the Constitution, and where Serbs are bullied by Albanians.
Serbia’s FM Vuk Jeremic states that Serbia’s position is firm and is based on international law, but the country is ready for talks on Kosovo’s status within the Constitution. The current dialogue was to better the life of ordinary people in Kosovo but now it may be breached. The West is also being troubled by Kosovo which is now the main route for drug traffickers and criminal business and is becoming a bigger pain in the neck.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=04&nav_id=75761

Tanjug News Agency/Večernje Novosti - August 4, 2011

Russian ambassador in strong criticism of intl. missions

BELGRADE: Russian Ambassador to Serbia Aleksandr Konuzin on Thursday once again addressed the issue of the current crisis unfolding in Kosovo.
He qualified NATO's decision to deploy more soldiers in Kosovo as "yet another proof that the whole Kosovo issue is an anti-Serb campaign".
"It is difficult to understand the logic of NATO partners. Over a number of months KFOR has been systematically reducing its contingent saying that the situation in the province is stabilizing. The mission ignored the warnings that the situation is not like that," Konuzin said for the Thursday edition of the Belgrade-based daily Večernje Novosti. 
"When Priština took the unilateral military action to isolate Kosovo from central Serbia, using the special police units ROSU, KFOR aided them by moving the members of the units to the north of the province by helicopters," the Russian ambassador said. 
"The war-mongering statements by Hashim Thaci about his intent to proceed with attempts to violently regain control over the territory north of the Ibar River have caused no concern among the international security presence. An identical inert reaction ensued even when the security forces in Priština have raised the combat readiness to the highest level," he said. 
"They got alarmed only when the unarmed Serbian civilians, who reacted to the illegal and dangerous operations by Priština, took to the roads in order to protect their families, and also their houses from theft and robbery," said Konuzin. 
"The Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX), which is active in the province, seeing that lawlessness was growing, at first distanced itself from any action and then took the side of Priština. Furthermore, EULEX has the authority to annul decisions that threaten security and public order. In other words, another huge anti-Serb campaign is underway," concluded Konuzin.

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http://www.b92.net/eng/news/society-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=04&nav_id=75765

Tanjug News Agency - August 4, 2011

Serb enclave left without medical supplies

GRAČANICA: A teenager barely escaped death due to lack of oxygen at the Gračanica Health Center. 
Doctors have called on authorities to bring medical supplies as soon as possible. 
Gračanica Health Center doctors have managed to save a 13-year-old Roma boy’s life who suffers from bronchial asthma and had an attack. 
Immediately after he was admitted this morning at 7:15, the boy, who had not been taking his medicines for days, was examined and doctors established that he had a severe asthma attack. He was prescribed oxygen therapy, inhalation and IV fluids. 
“The problem occurred because we did not have any oxygen in the big tank and inhalation medicine dosage was at a minimum, only one milliliter was left. We solved the situation by using an auxiliary oxygen tank, while the remaining inhalation medicine dosage was enough for the child,” the doctors have said. 
The boy was receiving oxygen in the next 15-20 minutes while he was being transported by ambulance to St. King Milutin Pediatric Clinic in Laplje Selo where he was hospitalized. 
“Our staff once again appeals to let all convoys with medicines and oxygen through, because patients’ lives are at risk and consequences of the lack of medicines could soon have a tragic outcome,” the Gračanica Health Center said. 
According to Serbia’s Health Minister Zoran Stanković, a large amount of medical supplies should have been delivered to health institutions in Kosovo on Wednesday. 
Serbs south of the Ibar River live in isolated enclaves, while in the north they form a majority.

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http://english.ruvr.ru/2011/08/04/54212407.html

Voice of Russia - August 4, 2011

Russian Church condemns attacks on Serbian churches in Kosovo

The Russian Orthodox Church’s leaders are deeply concerned about attacks of extremist-minded Albanians on Orthodox churches and monasteries in Kosovo, tough Kosovo is controlled by international peacekeepers.
Recently, some people broke the door of the Church of John The Baptist in the Kosovan village of Samoderza. Earlier, the church had been attacked several times.
In the city of Prizren, somebody has stolen the roof of the ancient Church of the Mother of God.
The Russian Church also qualifies the construction of a highway near the Kosovan monastery of Zočište as illegal.
“These and other similar cases produce an impression that the Kosovan police are incapable of protecting Serbian historic monuments in the country,” a statement released by the Russian Church says.

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Kosovo tensions: Baden-Württemberg stalls deportation of Roma


04/08/2011 - Against the background of the flaring tensions in Northern Kosovo, the Ministry of Interior of the Land Baden-Württemberg, Rheinhold Gall, has decided to stall the forced repatriation of Roma to Serbia and Kosovo. According to the German news agency DPA, a Ministry spokesman explained, that the Minister considers that the security situation of Roma is particularly unsafe. A delegation of the Parliament of the German Land in charge of dealing with appeals will visit Kosovo in Autumn to make a final assessment of the situation.

Source: Chachipe a.s.b.l.


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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=05&nav_id=75771

B92/Beta News Agency - August 5, 2011

Negotiations with KFOR come to halt

ZVEČAN: The negotiations between the Serbian government representatives and KFOR have come to a standstill, B92 has learned.
The negotiations have come to a halt because KFOR insists that only trucks carrying humanitarian aid can go through Jarinje and Brnjak administrative crossings.
At a meeting that Serbian Minister for Kosovo Goran Bogdanović and Belgrade team head Borislav Stefanović had last night with KFOR Commander Erhard Buhler, KFOR proposed changes to the initial draft agreement, which was harmonized on Wednesday. The changes concern trucks passing through the two administrative checkpoints. 
According to the draft agreement, cars, buses and 3.5-ton trucks are allowed through the checkpoints. B92 has learned, however, that KFOR has requested that only trucks carrying humanitarian aid be let through Jarinje and Brnjak administrative crossings. 
Earlier this morning, Zvečan Municipal President Dragiša Milović told Beta news agency that no agreement had been reached on Thursday evening and that the talks would continue on Friday. 
“Borko Stefanović was really optimistic, but there was no agreement,” he said after the meeting that ended around 23:00 CET on Thursday. 
The meeting started around 18:00 CET at Camp Nothing Hill. Participants of the meeting did not want to give any statements. 
The negotiations will continue today and barricades will remain in place until the final solution is found, reporters were told at the scene.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=05&nav_id=75774

Beta News Agency - August 5, 2011

Daily: Kosovo Albanians set ten conditions

PRIŠTINA: KFOR should demand fulfillment of ten conditions of the Kosovo government in order for Priština to support the agreement between KFOR and Serbia.
According to the Priština-based Albanian language daily Zeri, Kosovo Albanian Prime Minister Hashim Thaci said Thursday that KFOR Commander Erhard Buhler had agreed to the requests.
The first condition is to end blockades of roads in northern Kosovo that lead to Jarinje and Brnjak administrative crossings. Serbs have been blocking the roads ever since Kosovo police special units tried to take control over the crossings. 
The second condition is to maintain the present condition at the checkpoints, which includes them being open for transport of goods. 
The Kosovo government also wants KFOR to be responsible for the checkpoints, which should basically be closed due to security reasons and declaration of restricted military zone. 
Humanitarian aid from Serbia can enter Kosovo in trucks up to 3.5 tons at specific administrative crossings, but only after an international specialized organization has determined that there is need for humanitarian aid... 
According to Zeri, the Kosovo government demands to control and check the identity of all people and vehicles entering Kosovo. 
The Kosovo authorities also want to control Belgrade-Priština trains that go to Zvečan and want all unregistered crossings between Serbia and Kosovo closed.

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http://www.rnw.nl/international-justice/article/kosovo-serbia-nato-reach-border-agreement

Kosovo, Serbia, NATO Reach Border Agreement

Source: VOA News - Published on : 8 August 2011

Officials say Kosovo and Serbia have reached an agreement in connection with two disputed border crossings that were the scene of deadly violence last week in northern Kosovo.

Kosovo Prime Minister Hashim Thaci said Friday the two sides reached a deal that will allow NATO peacekeepers to remain at the two sites until mid-September, and would designate them military security zones.
Mr. Thaci added that Kosovo will maintain its trade embargo with Serbia, which triggered the crisis. Under the agreement, no commercial goods will move through the border crossings until Kosovo and Serbia resume talks next month.
Tensions in the region have eased after 10 days of turmoil sparked by an attempt by Kosovo's security forces to seize control of the two crossings on Serbia's border to enforce the ban. The international troops stepped in after one of the border crossings was set on fire and one ethnic Albanian police officer was killed in the ensuing clashes.
NATO began deploying additional forces to Kosovo on Wednesday after the commander of NATO forces in Kosovo, Erhard Buehler, asked for an additional 700 troops to help restore order in the region.
Also Wednesday, NATO troops guarding the border permitted entry to Serbian trucks carrying medical aid for the residents of northern Kosovo.
Mr. Thaci has said that his government will not give up on its drive to take control in northern Kosovo, where ethnic Serbs are a majority. Kosovo's ethnic Albanian leaders declared independence from Serbia in 2008, against strong Serbian opposition.
More than 70 nations, including the United States and most European Union members, have recognized the Balkan state. But many, including China and Russia, have not and are blocking Kosovo bid to join the United Nations.

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http://www.wsws.org/articles/2011/aug2011/koso-a09.shtml

Tensions remain high after clashes on Kosovo-Serbia border

By Ante Dotto - 9 August 2011

Tensions remain high after violent clashes broke out again at the end of last month on the Kosovo-Serbia border. On July 25, a special unit of the Kosovo Police launched an unprecedented night raid aiming to take over two posts on the border with Serbia that still remain under international control. In response, Kosovo Serbs set up road blockades the next day, and, as tensions escalated, burnt down one of the border posts on July 27.

The unilateral, NATO-enforced “independence” of Kosovo from Serbia in February 2008 has left fundamental issues like national territory unresolved. As is the case throughout the Balkans, borders that divide people have been deliberately imposed, serving the self-interest of the imperialist powers. That is why every incident like this has the potential to run out of control, threatening wider regional conflagration.
The newly formed western protectorate incorporated many ethnic Serbs, concentrated north of the town of Mitrovica to the border with Serbia and geographically divided from the rest of Kosovo by the river Ibar. The two crossings, and much of the north, have been out of the control of the central government in Pristina since Kosovo declared independence. A virtual Serb self-government operates in the area.

At the time, Serb demonstrators also burnt the posts down, refusing to recognize a border that would separate them from Serbia. They also claimed that the unilateral declaration of independence by Kosovo contravened United Nations Resolution 1244 passed in 1999, which upheld the “territorial integrity” of Yugoslavia.
Since the creation of Kosovo, officials from the European Union Rule of Law Mission (EULEX) and ethnic Serb members of the Kosovo Police have manned the posts, known as Jarinje and Brnjak, or numerically as 1 and 31. Custom duties have not been collected, nor passports stamped at the two crossings. Serbia has banned the entry of products from Kosovo.
In response, the Kosovo government introduced its own ban on imports from Serbia on July 20, in an attempt to prevent goods entering northern Kosovo and forcing the population there to turn to Pristina. The action of July 25 was an attempt to enforce the import ban.
It is also the result of frustration with the European Union (EU) and EULEX on the part of Pristina officials, and their Washington backers. The EU has been split over the issue of Kosovo’s unilateral declaration of independence with five EU member states opposed, fearing its effect on separatist movements in their own countries. As a result, the EULEX mission has remained “status neutral”, rendering it less effective in the eyes of pro-independence elements in Kosovo.

Begim Collaku, an adviser to Kosovo’s Prime Minister Hashim Thaci, said EU inaction over Kosovo’s “lawless north” forced it to take unilateral action. However, former United Nations Regional Representative in Mitrovica, Gerard Gallucci, who is also a member of the advisory board of the mediation organisation Transconflict, said that the operation by the Kosovo Police was “a provocation, a way to prevent diplomacy and negotiations. It probably had some sort of quiet support from the major international supporters of Kosovo.... it’s hard to believe that PM Thaci would move in such provocative manner without some sort of encouragement or a blind eye from the US Ambassador in Pristina.”
The extremely volatile nature of the situation was shown by the remarks of Serbia’s minister for Kosovo, Goran Bogdanovic, who declared, “Thaci is sending warmongering messages, raising tension and inciting conflicts. His statement that he will not give up on north Kosovo and that no one will prevent him from doing so cannot be interpreted in any other manner but as warmongering.”
Serbian Defence Minister Dragan Sutanovac met with US Assistant Defence Secretary Alexander Vershbow on August 4 and said that any unilateral measure that attempts to change the situation in northern Kosovo by force was “completely unacceptable”.

Thaci insisted there can be no return to the state of things prior to July 25 incident—the demand raised by the Serbian protesters. He answered the renewed suggestions that Kosovo should be partitioned with a thinly veiled threat that “every country in the region has its own Mitrovica”, referring to the city divided into a predominantly Serbian north and Albanian south.
An important factor behind Belgrade’s stance is fear of separatist tendencies elsewhere in Serbia. Two most notable examples are the northern autonomous province of Vojvodina, which has a large Hungarian speaking population, and the largely Muslim Sanzdak region.
Serbian foreign minister Vuk Jeremic said that if Serbia gives in to Kosovo’s unilateral declaration of independence, the country’s other regions could follow suit, adding, “If we give in to Albanian separatists, this will not be the last unilateral declaration of independence in Serbia.”
One sign of clearly sharpening tensions is the reinforcement of 700 soldiers, requested by NATO Kosovo Force (KFOR) commander general Erhard Bühler, the first batch of which arrived in Pristina on August 3. There have been talks of another 700-strong reserve battalion preparing for deployment in Kosovo. They will join some 6,000 existing KFOR troops.
At the time of writing there are initial reports that an agreement has been reached regarding the situation in the north between the Kosovo government and KFOR on the one hand, and KFOR and Serbian officials on the other. While details are still not clear, any agreement might at best prevent the escalation of violence but leave fundamental issues, interwoven into the very fabric of Kosovo, unresolved.
Since the unilateral declaration of independence three and a half years ago, Kosovo has been recognized by only 77 countries. Russia, China, India and most states in Africa and South America do not recognise it. In comparison, more UN members recognise the state of Palestine.
Kosovo has been unable to gain admission to many international bodies, with far-reaching consequences for all aspects of daily life and business. Commerce documents are not recognized overseas, insurance for Kosovo is among the most expensive, there are no international postal or telephone codes, there are extra legal barriers and economic fees for exports, athletes are unable to compete abroad, etc. Visa-free travel is only possible in four neighbouring countries and Haiti. As a comparison, Afghan passport holders can cross 22 borders without restrictions.

Kosovo remains one of the poorest regions in Europe. Unemployment is variously put at between 50 and 70 percent and almost 40 percent of people live in poverty. Corruption is widespread. Thaci is now being investigated for operating what amounts to an organized crime syndicate, with allegations of murder, trafficking of women, narcotics and human organs.
Imperialism is wholly responsible for the catastrophe that has been created in the region. The only progressive solution to the mishmash of ethnic and religious identities and imperialist intrigue in the Balkans is the united, international fight by the working class against the twin evils of nationalism and communalism.

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http://www.interfax.com/newsinf.asp?id=264802

Interfax - August 9, 2011

Moscow fears Pristina attempt to forcefully regain control over parts of Kosovo

MOSCOW: Pristina has failed to adhere to agreements to refrain from hostilities in northern Kosovo, Moscow says.
"One should not ignore the concerns voiced by communities in northern municipalities of Kosovo, which due to its bitter experience has no confidence in the promises of the Kosovar Albanian authorities. 
"Unfortunately, it is highly likely that despite the obligation to refrain from further armed operations, stipulated in August 5 agreements, Pristina will yield to the temptation to forcefully install control over the Serb areas of Kosovo," Russian Foreign Ministry spokesman Alexander Lukashevich said in a statement posted on the ministry's website on Tuesday.
The decision on August 5 for Belgrade and Pristina to agree on a provisional plan over the control at the administrative border in northern parts of the Serbian autonomous province of Kosovo is the result of "a forced compromise between Belgrade and Pristina," he said.
"We assume that it aims to relieve tensions in northern Kosovo. At the same time, we are firmly convinced that such agreements must first and foremost meet the expectations of the people for whom they are being made - in this particular case, the residents of the province," Lukashevich said.
The Russian Foreign Ministry has urged the United Nations, NATO and the European Union, which have a presence in the province, to show utmost responsibility to prevent such a scenario.
"The UN Security Council must carry out regular control over the situation under Resolution N1244," the ministry recalled.

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http://en.rian.ru/world/20110809/165650422.html

Russian Information Agency Novosti - August 9, 2011

Russia calls on EU, NATO to prevent military actions in Kosovo north

The Russian Foreign Ministry on Tuesday called on the European Union, NATO and the United Nations to prevent a possible attempt by Pristina to regain control over Serb-populated regions in Kosovo by force.
"Unfortunately, chances are great that despite the August 5 agreements to refrain from military actions, Pristina would fall into temptation of regaining control over Serb-populated areas in Kosovo by force," ministry spokesman Alexander Lukashevich said.
"We call on the EU, NATO and the UN, who have their offices in the region, to show maximum responsibility with the goal of preventing such a scenario," he added. "The concerns of residents in Northern Kosovo municipalities should not be ignored."
Relations between Belgrade and Pristina deteriorated in late July, when Kosovo sent special police forces to its Serbian-populated north to enforce a ban on imports from Serbia, but local Serbs opposed the move. Special units came under attack from local Serbs as they pulled out in the direction of the northern town of Mitrovica.
Serbs in northern Kosovo are the biggest non-Albanian community remaining in the country following the 1998-99 Kosovan war for independence.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=17&nav_id=75954

Danas - August 17, 2011

NATO labels north Kosovo Serb leaders as “criminals”

BELGRADE: NATO has labeled North Kosovo Serb National Council President Milan Ivanović and Democratic Party of Serbia official Marko Jakšić as organizers of riots.
NATO documents contain files of more than 400 persons from Kosovo. 
Ivanović and Jakšić are in the documents labeled as organized crime leaders who control smuggling and finance extremist groups that provoke riots and violence. 
“Milan Ivanović is a xenophobic person who controls all fuel routes in northern Kosovo, medicine and construction material smuggling,” reads the confidential NATO document that Kosovo media allegedly received from a source close to French KFOR troops, daily Danas has learned. 
Both Ivanović and Jakšić have denied that such files exist, adding that this is nothing but Kosovo media propaganda.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=08&dd=17&nav_id=75958

Beta News Agency - August 17, 2011

KFOR violated its mandate, ex-UN official claims

BELGRADE: Ex-UN Regional Representative in Kosovska Mitrovica Gerard Gallucci says that KFOR has violated its UN mandate by closing off administrative crossings.
Gallucci points out that such KFOR actions are illegal and aimed at completely isolating the northern Serb population for purely political ends.
The former U.S. diplomat quoted several UN Security Council Resolution 1244 paragraphs, that, as he said, show that KFOR has gone far beyond its mandate.
“According to UNSCR 1244, NATO has no political mandate, none whatsoever. This means that once order was secured at the northern Kosovo crossing points, responsibility there returned to the civil presence, in this case EULEX under the November 2008 agreement with the UN,” Gallucci stressed. 
“There can be no doubt that KFOR's imposition of Priština's trade blockade is beyond NATO's mandate, as is (KFOR Commander) General (Erhard) Buhler's ‘negotiating’ political agreements,” he added. 
The former UN official explained that “if any UN-mandated element played such a political role, it would be UNMIK or EULEX.” 
“Of course, UN resolutions do not self-enforce. Members either follow their UN commitments or not. In this case, the Quint countries – led by the U.S. and Germany – have disregarded the UN mandate. If any effort were made at the Security Council to reprimand NATO or strip it of its Kosovo mandate, a US veto would prevent its passage. The Quint can have its way. Russia is unlikely to strenuously resist as it will no doubt be glad to pocket the unfortunate precedent set by the Western powers for use elsewhere at its pleasure,” Gallucci points out.

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http://english.ruvr.ru/2011/08/26/55208108.html

Voice of Russia - August 26, 2011

Afghan drug production destabilizes political situation in Balkans 

Afghan drug production is destabilizing the political situation in the Balkans, which serves as a transshipment point for some 70% of heroin, says the Chief of the Russian Federal Drug Control Service Victor Ivanov in an interview with the ITAR-TASS news agency.
According to the official, major cartels not only take care of shipping drugs, but draw extensively on their huge funds to set political objectives.
According to the United Nations, some 150 tons of heroin are shipped from Afghanistan via the Balkans.
Victor Ivanov says that the Balkan route got a second breath since NATO launched its military operation in Afghanistan, with subsequent drug production growing 40-fold.  

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http://english.ruvr.ru/2011/08/29/55358104.html

Voice of Russia - August 29, 2011

Barrier against Kosovo drug route proposed

Nina Dmitriyeva 

The current heroin output of Afghanistan is twice that of the entire world ten years ago. Afghan-produced heroin – an estimated 150 tons of it each year - flows to buyers in Russia and Europe by way of Central Asia and by way of Iran, Turkey and the Balkans. And in the latter area, Kosovo is the main conduit. Its 15 major drug cartels control some 70 percent of the heroin market on the continent, and close to 20 percent on the British Isles. The annual traffic amounts to 50 tons, generating 3 billion euros. This is twice the annual budget of the breakaway territory in southern Serbia. To make matters worse, Kosovo drug gangs also traffic South American cocaine, which reaches them by way of West Africa.
Although backed by the EU, Kosovo is powerless to get on top of the problem. Russia proposes a solution in the form of an international group for cutting the Kosovo drug route.
Mr Viktor Ivanov is Russia’s chief counternarcotics officer:

"The group should be a quintet bringing Russia together with four powers in the Balkans – Albania, Macedonia, Montenegro and, of course, Serbia, which already acts as a shield against Kosovo-routed drugs. Joint action on the quintet would be aided by generous intelligence sharing. Russia, for instance, possesses vast drug intelligence from American and Afghan sources in Afghanistan. The reaction to the initiative so far gives rise to hopes that the proposed front can be in place before January. Security against drugs is part of the overall European security."

Two members of the proposed quintet, Russia and Serbia, do not recognize Kosovo as a sovereign state. They hope, however, that this will not be an obstacle to cooperation against drug trade. Cutting the drug route across Kosovo would narrow the market for Afghan and South American drugs and bring forward a time when both are brought under international control.

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http://www.focus-fen.net/index.php?id=n258123

Focus News Agency - August 29, 2011

Kosovo PM announces deal with NATO on border posts

Pristina: Kosovo prime minister Hashim Thaci on Friday announced he had reached a deal with NATO over two disputed border posts, which could settle the crisis that has engulfed Kosovo's majority Serb north, AFP reported.
The government in Pristina "has reached an agreement for preserving the newly established situation at the border," Thaci said.
"Kosovo has finally managed to establish full control on its borders," he added.
"This is the biggest success we have achieved since the declaration of independence of the republic of Kosovo," he said of the deal, which he had initially rejected.
"This is a new beginning for Kosovo."
Under the agreement, the disputed crossings would be named military security zones and manned by NATO's KFOR troops, and would effectively remain closed for security reasons, he added.

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http://en.trend.az/regions/world/europe/1924846.html

Trend News Agency - August 31, 2011

Serbs in Kosovo block main road in north

Local Serbs blocked the main road in northern Kosovo on Wednesday, opposing investigations by EU Rule of Law (EULEX) police in the village of Zupce, close to Kosovska Mitrovica, Xinhua reported.
Following investigating action by EULEX on the day, "local Serbs gathered in Zupce and blocked the road between Kosovska Mitrovica and Zubin Potok, including some alternative roads in that region," said Kosovo police spokesman Besim Hoti in Kosovska Mitrovica.
EULEX police supported by NATO-led peacekeeping forces (KFOR) searched four houses in the municipality of Zubin Potok related to the killing of Kosovo police officer Enver Zymberi on July 26 and the demolition of a crossing border point with Serbia.
According to Hoti, more citizens of the localities in the vicinity joined the group of protesters.
EULEX officials confirmed the investigation was related to the killing of Kosovo police officer.
"EULEX investigations are conducted together with Kosovo police and supported by KFOR. Four houses were searched, and significant materials, including weapons were confiscated," said Irena Gudeljevic, EULEX spokesperson. She announced further investigations and actions by EULEX in the future.
EULEX operation started after midnight and ended in the morning. None was arrested in the operation.
Trouble in Serb-dominated northern part of Kosovo started on July 25 when Kosovo Prime Minister Hashim Thaci sent Special Police to gain control in two northern crossing border points with Serbia. Local Serbs reacted by barricading roads and in a fire exchange a member of Kosovo special police was killed.
Kosovo unilaterally declared independence in 2008, but Serbia steadfastly refuses to recognize the secession of its southern province and is pursuing an official policy of dialogue to reach a consensus on outstanding issues between Pristina and Belgrade.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=14&nav_id=76390

Tanjug News Agency - September 14, 2011

Moscow calls on KFOR to prevent provocations

MOSCOW: Russia has voiced serious concern over information that the Kosovo Albanian authorities intend to take unilateral violent actions against Serbs in the north. 
A statement issued by the Russian Ministry of Foreign Affairs on Tuesday evening said that such a move would be aimed at assuming control over administrative crossings, and called on KFOR to prevent the provocations in line with its mandate.
A similar violent act directed at resolving the "customs issues" in the north of the province in July caused a serious crisis, which put the lives of several hundred people at risk, stressed the statement. 
"We are of the opinion that the international forces stationed in Kosovo (KFOR) which are responsible for security in the province, should resolutely prevent the provocations," the release adds. 
Russia counts on a more active role of EULEX in preventing an escalation of tensions and violence towards civilians, the statement reads. 
All issues relating to the stability and security in Kosovo should be discussed based on fundamental principles of the international law and the UN decisions, particularly UN SC Resolution 1244, as well as within the Belgrade-Priština dialogue, the Russian MFA concluded.

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http://www.rferl.org/content/nato_chief_due_in_kosovo_amid_tensions_/24328807.html

Radio Free Europe/Radio Liberty - September 14, 2011

NATO Chief Due In Kosovo Amid Tensions 

NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen is due to visit Kosovo today amid rising tensions. 
Ethnic Serbs in the north of Kosovo oppose plans by Kosovo's mainly ethnic Albanian leaders to man two border crossings there. 
Serbian President Boris Tadic has warned the plan could spark violence.  The country has also sent an official complaint to UN Secretary General Ban Ki-moon. 
For his part, Kosovo's Prime Minister, Hashim Thaci, has accused the Serbs of preparing to use violence to block the move.
He also said the plan would go ahead on September 16 with the help of the European Union police force in Kosovo, EULEX, and NATO peacekeepers.
A statement by the head of EULEX, Xavier bout de Marnhac, said "operational work" at the border crossings "will be done by EULEX." 
On September 14, Serbs in the north were reported to have halted a convoy of German NATO soldiers heading north to the border. 
Serbs in the divided town of Mitrovica set up barricades of buses, rocks and trucks loaded with stones.
Kosovo tried in July to station police and customs officials at the two crossings with Serbia.  
Serbs responded by setting up roadblocks and stopped NATO peacekeepers from reaching bases in the north.
With backing from the West, Kosovo unilaterally declared independence from Serbia in 2008.  Today, [only] 80 countries recognize it as an independent country. 
Serbia is under pressure from the EU to work out its problems with Pristina if it wants to gain EU candidate status.

compiled from agency reports 

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http://english.ruvr.ru/2011/09/15/56212560.html

Voice of Russia - September 15, 2011

Russia warns of Kosovo conflict escalation
        
The Kosovo conflict is highly probable to escalate, warns Russia’s UN envoy Vitaly Churkin talking to the Russia Today channel.
He referred to Albanian authorities in Pristina who intend to get North Kosovo under their control saying that it’s in line with customs agreements reached at the volatile border between Serbia and Kosovo.
Albanians are ready to resort to violence to make Kosovo customs officers control border posts. Another point of concern is that peacekeepers seem to support this dangerous plan.
Russia, in its turn supports Serbia’s claim for an urgent UN session preventing further conflict, the envoy said.


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