Informazione


LO SCHIFO OLTRE LO SCHIFO


Non c’è niente di più simile alla rete fognaria di una metropoli monnezzara e cagona, che la rete mediatica dei nostri giorni. 
Ci sono canali con acque più o meno nere. Qui parlo della cloaca massima. Di un gaglioffo strascreditato, sia per la prosa tortuosa e fuffarola, sia per ciò di osceno quella esprime, condannato x-volte per omicidio e scampato alla totalità della condanna grazie ai suoi atti di sconcio asservimento alla criminalità organizzata ufficiale, burina o cosmopolita, c’era da aspettarselo- Ci sono anni di precedenti del suo sicariato mediatico (“Panorama”, “La Repubblica”, “Il foglio” del commilitone Ferrara) ovunque la necrofagia dei predatori finanziari e militari potesse avvantaggiarsi dei suoi miserabili puntelli. Adriano Sofri, spurgo tossico dell’intellighenzia nazionale, dopo essere stato il leader di un’organizzazione di cui si fece indegno, Lotta Continua (ero al giornale con lui, lo presi a cazzotti per la sua dispotica arroganza), è risalito la scala della rispettabilità pubblica offrendo lieto, piolo dopo piolo, il prezzo dell’autodistruzione morale e politica. La scala è lunga quanto gli anni che lo separano dai servizietti a Craxi. Un ristretto florilegio: le falsità, commissionategli dai servizi segreti bisognosi di pretesti per distruggere Jugoslavia e Serbia, sulle stragi del mercato di Sarajevo, 1993 e 1995, attribuite ai serbi e provate dall’inchiesta ONU responsabilità del compagno fascista Izetbegovic; la satanizzazione di Saddam e dell’Islam, il soffietto democraticista alle destabilizzazioni e ai golpe delle varie rivoluzioni colorate, l’avallo alle mistificazioni dell’11 settembre e seguenti, la militanza alla Apelius per ogni crimine di guerra, l’intimità con i nazisionisti perfino su Gaza... Non se ne è lasciata mancare una, Sofri, di occasioni per dare il suo contributo alle dittature e ai terrorismi del Capitale. 

Riassumo le tracce che questo muselide ha evacuato su La Repubblica il 24 agosto scorso. “Sogno una polizia del mondo, catastrofica la rinuncia ad abbattere Gheddafi, irresponsabile non distruggere con tutti i mezzi la tirannide sanguinaria di un buffone, buffone sanguinario che pianta le tende a palazzo Marigny, mentre Sarkozy sfotte l’ottimo Bernard Henry Lévy che lo rimprovera di averlo ricevuto” (questo pagliaccio reazionario, pseudofilosofo come il nostro cacasenno da robivecchi della letteratura, caricatura goblin del pensiero politico, cantore di ogni infamia, è di Sofri il modello supremo). E poi avanti: “fare stragi di civili per abbattere regimi è la contraddizione largamente inevitabile nelle relazioni internazionali; chi vi si sottrae per rispetto alla cosiddetta sovranità nazionale (cosiddetta!) si fa complice attivo di crimini immani”. Trema, Sofri, al pensiero di “cosa sarebbe accaduto alla popolazione indifesa di Bengasi se la Nato non avesse impedito ciò che Gheddafi e i suoi ferocemente giuravano”. Che Gheddafi non ha mai giurato, né immaginato, ma che i briganti del golpe hanno attuato oltre ogni immaginazione splatter darioargentesca.

Non rinunciando a nessuna leccatina ai piedi di coloro a cui deve farsi perdonare, non tanto l’assassinio (si trova tra compari), ma di aver alimentato e organizzato una speranza rivoluzionaria, Sofri pietisce attenzione e remunerazione ai carnefici dissotterrando altri pezzi dall’obitorio: “Srebrenica, Ruanda, Kosovo, il Tibet, gli Uiguri”. Autocastratosi sul piano dell’originalità ideologica, Sofri è ridotto a copiare gli ordini di servizio di Cia, Mossad, MI6 . E meno male che c’è un Tribunale Penale Internazionale che incrimina esclusivamente personaggi dalla pelle più scura e che non stanno alla disciplina della Gestapo planetaria. Peccato che questa benedetta polizia del mondo, dall’ “efficacia universale” contro chi sfugge al brigantaggio di cui Sofri è canarino, quel debosciato di Ban Ki Moon non sappia metterla in piedi. Ma menomale – è questa è grossa – che “Obama ha mostrato di stare dalla parte della primavera nordafricana”. Di quella normalizzata dai generali e fantocci USA-UE in Egitto e Tunisia. Mica dell’altra, quella che l’Obama arabo e primaverile ha lasciato e lascia triturare in Bahrein e Yemen, con migliaia di morti, di cui ci si compiace, mentre si è goduto dei diritti umani importati a Gaza da Piombo Fuso sulle ali dei bombardieri e dei missili d’uranio e fosforo forniti dagli Usa. E menomale che Sarkozy – e questa è ancora più fetida – “forzò la mano a Lega Araba e ai liberatori e salvatori dei diritti umani del Qatar e degli Emirati”, peraltro impegnati a sterminare ribelli dalle loro parti, “e proclamò l’impegno giacobino della Francia ovunque siano minacciati la libertà dei popoli e la democrazia”. Aspettiamo una prossima rettifica storica dell’eccidio degli indiani d’America, inizio di un pallottoliere sul cui il nostro vorrà calcolare i trionfi della democrazia Usa.. Poi l’omuncolo si adira: “Ma come la Libia sì e la Siria no?” Per favore, anche se non c’è il petrolio (questa gli è sfuggita), “in Siria sì”. 20mila morti, almeno, in Libia non bastano a questo botolo mannaro. Il lugubre ruffiano, come ho detto, non si nega nulla e a forza di “interposizione e prevenzione” da generalizzare (alla jugoslava o irachena, 1.5 milioni di vittime dell’embargo) arriva all’auspicio che lo consacra quanto da trent’anni cerca di essere: al meglio un buffone di corte, al peggio un bruffolo della metastasi del capitalismo impegnato nell’estinzione planetaria: “l’intervento di terra, fosse pure a costo della sporca nozione di guerra mondiale”. Quel “sporca” era un atto dovuto all’ipocrisia, che si sa madrina del vizio. Giacchè “ l’esclusione di ogni intervento di terra”, per completare la mattanza, “è un feticcio ingiustificato e anche odioso, espressione del culto imbelle dei nemici di principio di ogni ingerenza”.

Il sogno supremo di Sofri? Un paese democratico e custode dei diritti umani come il Qatar, generosamente precipitatosi in soccorso di una Libia che detiene un petrolio assai più apprezzato del suo, che non aspetta altro che installare sul trono della repubblica rivoluzionaria l’erede dell’illuminato monarca Idris e che dunque viva la vita felice dei sudditi di una famiglia Khalifa Al Thani che dal 1824, per grazia di ottomani e inglesi, ha potuto servire efficacemente i padroni coloniali facendo dello Stato proprietà privata sua e dei soci di maggioranza esteri e dei suoi abitanti un popolo disperso che nome non ha. Per Sofri, l’emiro del Qatar è del mondo arabo, anzi, del mondo, il battistrada.
Ce n’è per vomitare ancora. Quanto, tuttavia, qui si è rigurgitato di sofrismo dovrebbe bastare per annichilire nella vergogna anche l’ultimo stronzo nostalgico del “leader di Lotta Continua”. Questo è il suo finale: “Siamo liberi, abbiamo gridato noi nel 1861, o nel 1945... furono belle giornate”. Già, per te che ti maceri nel rimpianto di non aver potuto essere un Crispi, o un Junio Valerio Borghese.

Fulvio Grimaldi

(da http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2011/08/born-in-usa-sofri-lo-schifo-oltre-lo.html - venerdì 26 agosto 2011)



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali


(srpskohrvatski / english)


JADOVNO, SLANA I METAJNA


Jadovno

Priredio: Jovan Mirković, viši kustos Muzeja žrtava genocida, Beograd

(Muzej žrtava genocida vršeći svoju misiju trajnog sećanja na žrtve genocida i Holokausta bavi se prikupljanjem, obradom, čuvanjem, izučavanjem i prezentacijom podataka i građe o genocidu nad srpskim narodom na njegovim etničkim i državnim prostorima, o Holokaustu Jevreja i genocidu nad Romima, kao i ljudskim gubicima i stradanjima u ratovima 20. veka pripadnika svih naroda na jugoslovenskim prostorima).

 

Uz odobrenje autora, preneseno iz knjige:

Dr Đuro Zatezalo: „JADOVNO Kompleks ustaških logora 1941. godine“



english: http://www.jadovno.com/jadovno-slana-metajna-en/articles/jadovno-slana-i-metajna.html


english: http://www.jadovno.com/jadovno-slana-metajna-en/articles/jadovno-slana-i-metajna.html



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: 
https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0711.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 
https://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 30 giugno – 3 luglio 2011


Questa relazione e’ suddivisa in quattro parti.


  1. Introduzione e siti web
  2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

  3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e su Kragujevac

  4. Conclusioni



1. Introduzione


Vi inviamo la relazione del viaggio svolto poco piu’ di un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Innanzitutto vi informiamo che abbiamo chiuso il sito
www.nonbombemasolocaramelle.org
perche’ il suo costo e l’impegno per mantenerlo non erano assolutamente compensati dallo scarso numero di visite.

Con l’aiuto di un nostro nuovo sottoscrittore abbiamo aperto una pagina su facebook
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle
che sembra avere un certo successo; naturalmente misureremo questo successo con il numero di persone che scopriranno le nostre attivita’ con questo strumento e che decideranno di partecipare alle nostre iniziative.

Tutte le nostre attivita’ vengono pubblicate regolarmente sui due siti che seguono; altri siti di tanto in tanto riportano sia le relazioni dei nostri viaggi sia le notizie che di tanto in tanto vi forniamo in modo piu’ sintetico.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, scorrendo la pagina all'indirizzo:
https://www.cnj.it/solidarieta.htm



2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso



Giovedi’ 30 giugno 2011; il viaggio, l’arrivo al Sindacato e la consegna dei contributi di sostegno all’ufficio internazionale adozioni

Come sempre partenza da Trieste verso le 8 del mattino. Poiche’ siamo solo in tre (Gilberto, Milena e Stefano) viaggiamo in auto.
Questo vuol dire che non siamo in grado di trasportare regali per le famiglie serbe ne’ tantomeno, al ritorno, di portare con noi il gran numero di regali che le famiglie serbe mandano ai loro amici italiani; li lasceremo quindi tutti nell’ufficio del Sindacato li recupereremo durante il viaggio di ottobre prossimo.

Il nostro viaggio si svolge in assoluta tranquillita’ con passaggi velocissimi alle varie frontiere; tra l’altro e’ addirittura freddo per la stagione.

Come sempre dopo aver passato Zagabria il traffico diviene assolutamente inesistente; mancano soprattutto i camion, e questo e’ senz’altro indice di una crisi economica sempre piu’ grave per i Paesi della regione.
Solo l’attraversamento di Belgrado pone come sempre dei problemi: per molti chilometri l’autostrada e’ gratuita e attraversa la citta’ da un capo all’altro e viene quindi usata in pratica come strada urbana (ci sono anche le piazzole per le fermate degli autobus urbani); ci sono molti lavori in corso (tra cui il rifacimento del piu’ importante ponte sulla Sava) e inoltre i belgradesi non rispettano assolutamente il codice della strada. Finito questo percorso si tira sempre un sospiro di sollievo.
Alle 19 incontriamo finalmente i nostri amici nella sede dell’Ufficio relazioni internazionali ed adozioni a distanza del Sindacato Samostalni.
Per quanto l’atmosfera dell’incontro sia come sempre festosa, si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per 1592 persone, tra cui tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.
E’ chiaro che senza di loro la campagna di solidarieta’ in piedi da piu’ di dieci anni sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase in cui l’aiuto concreto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.
Vi ricordo che a questo proposito tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un fondo. SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integrera’ il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.
Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, discutiamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.


Venerdi’ 1 luglio 2011; verifica dei progetti

La giornata inizia con un incontro con la Direttrice del Liceo di Kragujevac ed alcuni professori.

Questa e’ la Scuola da cui erano stati prelevati dai nazisti gli studenti e i loro professori il 20 ottobre del 1941, e poi fucilati il giorno dopo per rappresaglia a Sumarice, in periferia della citta’; di questo evento ho riferito molte volte in questi anni.
IN questo Liceo abbiamo portato avanti lo scorso anno un progetto di riqualificazione dell’aula che gli studenti utilizzano per le loro atticvita’ extrascolastiche; a marzo scorso la avevamo inaugurata completamente rinnovata e con una nuova intitolazione: SALA DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PACE.
A ottobre prossimo cade il settantesimo anniversario della strage e saranno particolarmente importanti le cerimonie che la ricorderanno.
Da parte nostra abbiamo proposto alla Scuola di esporre in questa aula la mostra Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento del confine orientale (1942-1943)preparata dell’Istituto Gasparini di Gorizia.
La mostra illustra i i crimini fascisti italiani contro la comunita’ slovena e croata al confine orientale italiano. Nello specifico descrive le condizioni di vita nel campo di concentramento nell’isola di Rab, attraverso le testimanianze di bambini internati nel campo, raccolte tra il 1944 e il 1945. Si articola in 26 grandi pannelli la cui traduzione in Serbo e’ quasi finita.
Siamo rimasti d’accordo che la presentazione di questa mostra agli studenti del Liceo e alla citta’ si fara’ il 20 ottobre, per non interferire con le cerimonie ufficiali del 21.

Il centro 21 ottobre per ragazzi down.

Continuiamo questa intensissima giornata con una visita al Centro 21 Ottobre per ragazzi down, che e’ il primo progetto nel campo dei bisogni sociali che abbiamo realizzato a Kragujevac, nel 2005. Il centro era stato inaugurato nel luglio di sei anni fa, ed e’ gestito fino dalla sua fondazione da una Cooperativa Sociale dal significativo nome Socialna Kooperativa Vivere.
Continua a funzionare perfettamente con grande soddisfazione dei 16 ragazzi ospiti del Centro e delle loro famiglie.
Purtroppo uno dei utenti del Centro, Zdravko, e’ morto di influenza suina la primavera scorsa; sua madre era quella che aveva cominciato tutta questa grande esperienza, scrivendoci alla fine del 2004 per chiedere aiuto per questi sfortunati ragazzi.
Zdravko era in affido a una famiglia di Pordenone da molti anni. Queste persone hanno mostrato una grandissima sensibilita’ chiedendo di poter continuare il loro affido sempre a favore di un ragazzo con gravi problemi mentali.
Consegnamo un regalo di 200 euro, di cui 100 provenienti da nostri sottoscrittori di San Giorgio di Nogaro a cui ne abbiamo aggiunti 100 della Associazione.
Questi piccoli contributi permettono a questi ragazzi di poter effettuare di tanto in tanto qualche gita.
Ed ogni volta Jelena, la direttrice, ci consegna un CD con piccoli filmati e tante foto delle loro attivita’, oltre ad una completissima documentazione di come sono state spese queste piccole donazioni.

La mattina si conclude a Male Pcelice (Le Piccole Api).

Si tratta dell’ospedale psichiatrico di Kragujevac.
A maggio scorso, durante la visita di una delegazione del Sindacato Zastava in Friuli, avevamo visitato la casa di riposo Giovanni Chiaba' di San Giorgio di Nogaro.
Questa struttura ci aveva offerto in quella occasione un grande numero di letti ospedalieri, in ottime condizioni, che dovevano essere dismessi per problemi di modifica delle normative. Il Sindacato aveva svolto una indagine a Kragujevac, per trovare una struttura che avesse bisogno di questa donazione; l’ospedale Male Pcelice stava ristrutturando un suo reparto e ha immediatamente accettato questi materiali.
A meta’ giugno scorso siamo riusciti a spedire un enorme camion con 36 di questi letti ed i relativi comodini; grazie all’aiuto dell’ex console generale di Serbia a Trieste una ditta di Belgrado ha effettuato gratuitamente il trasporto.

[FOTO: I letti a San Giorgio in attesa di essere spediti;  Il camion che li ha trasportati]

Dopo le operazioni doganali sono stati trasferiti a Male Pcelice, dove sono giunti proprio durante la nostra visita!

[FOTO: Scarico dei letti e dei comodini a Male Pcelice]

Siamo rimasti molto colpiti da questo ospedale.
E’ il piu’ grande della Serbia, con 899 utenti, dai 18 anni in su; il piu’ anziano ha 90 anni.
Dipende dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; e’ stato aperto nel 1972.
Si occupa di adulti con disturbi nello sviluppo mentale e di malati mentali di livello di alto e medio-alto.
Il personale complessivo e’ di 308 unita’, tra cui 7 medici e 47 infermieri.
La Direttrice Suzana Perovic ci ha illustrato in dettaglio le stategie per aprire al mondo questa struttura, e combattere per i diritti degli utenti, contro la loro discriminazione sia dalla comunita’ locale sia a livello piu’ alto.
I loro pazienti girano, vanno in citta’, alle mostre, agli eventi sportivi.
Solo cinquanta non sono mai usciti dalla struttura.
Escono sia a livello di persone singole che in gruppo organizzato.

L’ospedale e’ costituito da vari padiglioni, all’interno di un parco tenuto benissimo.
Possiede un campo sportivo, una biblioteca molto curata, una grande palestra per fisioterapie, numerosi laboratori per terapie basate su attivita’ manuali.

Molti ospiti, circa 500, svolgono direttamente lavoro produttivo, per il quale ricevono lo stipendio.
La terapia lavorativa si realizza laboratori creativi: lavori con carta, lana, oggetti decorativi, cartoline; inoltre prestano aiuto in biblioteca e in mensa e nella sala ricreazione; molti si occupano delle aree verdi.
Il lavoro produttivo riguarda la produzione di imballaggi in cartone, falegnameria, tappezzeria, sartoria, oggetti di artigianato, cestineria.

[FOTO: Due padiglioni di Male Pcelice; Particolari della biblioteca e della palestra; Particolari della falegnameria e della sartoria]

Il pomeriggio e’ dedicato al campo profughi di Trmbas e alla Scuola Primaria Vuk Karadzic frequentata dai figli delle famiglie che vivono in questo campo.

Abbiamo diffusamente descritto questo campo nella relazione dello scorso viaggio.
Ricordiamo per sommi capi.
E’ un ex villaggio turistico, di proprieta’ pubblica, utilizzato fino al 1990 come colonia per gli studenti di Kragujevac; e’ situato in un bosco a circa 5 kilometri dalla citta’ nel piccolo villaggio di Trmbas.
E’ costituito da 10 edifici in legno a due piani, e tre edifici in muratura che contengono i servizi igienici comuni, un deposito viveri e un locale cucina-refettorio.
Dal 1991 fino ad ora e’ stato usato come campo per profughi, dapprima per quelli provenienti dalla Croazia e poi dal 1999 per quelli del Kosovo.
Attualmente e’ abitato da circa 65 famiglie per un totale di circa 280 persone, di cui un centinaio inferiori ai 18 anni. Nessuno nel campo ha un lavoro regolare, chi puo’ si arrangia in nero.
Gli edifici sono tutti in condizioni precarie (ad eccezione del locale cucina) per assoluta mancanza di manutenzione, anche se sono tutti recuperabili in quanto le strutture non mostrano danni irreparabili ne’ nelle parti in legno ne’ in quelle in muratura.
Il campo soffre di un grande degrado ambientale ed umano che dipende in gran parte dalla assoluta mancanza di prospettive per il futuro della gente che vi abita.

[FOTO: Uno degli edifici del campo, il numero 6]

Vi sono diversi livelli di intervento in questo villaggio; un suo recupero completo necessita di almeno 40.000 euro; questa cifra e’ al di fuori della possibilita’ di una ONLUS come la nostra, anche in cooperazione con altre associazioni; per questo motivo abbiamo presentato un progetto di richiesta di finanziamenti per 25.000 euro alla Chiesa Valdese, che utilizza il proprio 8 per mille in progetti di cultura, diritti e solidarieta’. Sapremo a settembre prossimo se il nostro progetto sara’ approvato.
L’intervento prioritario e’ comunque sui tetti degli edifici, per un costo complessivo di circa 8500 euro;
vengono poi gli interventi di ripitturazione delle facciate e il restauro degli edifici in muratura

Vista l’urgenza di intervento sui tetti, il Direttivo della nostra associazione, insieme alla associazione di Brescia e alla associazione Un ponte per... di Roma ha deciso di iniziare questi lavori a giugno; se poi arrivera’ il contributo richiesto alla Chiesa valdese potremo intervenire su nuovi progetti.
Sono stati dunque stanziate le seguenti cifre, che sono state consegante durante questo nostro viaggio:
4000 euro da Non Bombe ma Solo Caramelle
2500 euro da Un Ponte per...
2000 euro da Associazione Zastava Brescia per la solidarieta’ internazionale.

Nel frattempo l’impresa edile che lavora da molto tempo sui nostri progetti ha completato i tetti durante il mese di giugno, prima del nostro arrivo e successivamente ha deciso (su forte pressione del Sindacato) di restaurare anche le facciate dell’edificio numero 6.

[FOTO: Tetto in onduline smontato (edif. n. 6) Nuovo tetto in costruzione (edificio n.6); Nuovo tetto edificio numero 6; La facciata dell’edifico numero 6 dopo il restauro]

Durante la nostra visita di marzo scorso avevamo trovato una situazione veramente pesante per quanto riguardava i rifiuti, disseminati dappertutto.
Prima di decidere l’intervento di recupero avevamo posto come pre-condizione al Comune di Kragujevac la completa bonifica dalla spazzatura; il campo e’ stato completamente ripulito.

La Scuola di Trmbas

Potete trovare un bellissimo filmato su questa scuola all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=rtKDRLr5PVQ
E’ stato realizzato dalla associazione Un ponte per... di Roma

A pochi metri dall’ingresso del campo profughi c’e’ una piccola scuola primaria, dotata di tre aule ed un ufficio, frequentata dai ragazzi del campo ma anche dai loro coetanei del quartiere circostante.
Vi e’ poi un edificio aggiunto che ospita i bagni e un magazzino; e’ in condizionio assai precarie.
Lo scorso anno scolatico gli alunni erano in totale 35, e frequentavano le prime quattro classi elementari usando due aule con il doppio turno; 17 bambini erano figli di profughi.
C’e’ anche una classe preparatoria alle elementari, in pratica l’ultima classe di scuola materna; lo scorso anno scolastico erano presenti otto bambini (sei figli di profughi).
Tutti questi bambini sono nati dopo il marzo del 1999, quando il loro Paese fu bombardato dalla NATO, il loro futuro spazzato via dalla ‘’ingerenza umanitaria’’; hanno sempre vissuto in un Paese isolato dal resto del mondo in ristrettezze economiche continue. E’ soprattutto per loro che dobbiamo continuare ad agire, perche’ i ponti di solidarieta’ creati in tutti questi anni continuino a dare i loro frutti.
La scuola si presenta pulita, ma molto ‘’spartana’’ e priva di ogni sussidio didattico; gli infissi sono in condizioni pietose, e le pareti hanno visto tempi migliori...
Le lavagne sono talmente consumate che non possono piu’ essere utilizzate.
Ha un ampio spazio verde che potrebbe essere usato come campo giochi, ma non vi e’ alcun gioco... e inoltre non esiste recinzione rispetto alla strada adiacente.

[FOTO: La scuola; Un’aula; Il soffitto dei servizi igienici; La recinzione inesistente]

Il progetto di recuperare questa scuola e’ nato ‘’da solo’’ senza alcuno sforzo.
Inizialmente l’associazione Mir Sada di Lecco, che ha una campagna di affidi a distanza a Kragujevac impostata esattamente come la nostra, dopo aver letto la relazione del nostro viaggio di marzo scorso, ha voluto visitare il campo di Trmbas e questa Scuola.
Questa visita e’ stata fatta alla fine di maggio; MIR SADA ha preso l’impegno di acquistare le lavagne (500 euro di spesa, gia’ consegnati) e di fornire materiale scolastico per i bambini per 1500 euro; questo materiale sara’ consegnato ad ottobre prossimo.
Subito dopo, agli inizi di giugno, l’associazione Aiutiamo la Jugoslavia di Bologna ci ha comunicato la loro disponibilita’ a partecipare a questi progetti a Trmbas, ed ha versato 5000 euro.
Successivamente, in modo del tutto inaspettato, siamo stati contattati da una piccola associazione di Arezzo (Aid Avenue), formata da tre giovanissimi, che ci hanno chiesto di partecipare ad uno dei nostri progetti; sono stati indirizzati presso di noi dalla associazione romana ABC Solidarieta’ e Pace, che vogliamo qui caldamente ringraziare per averci aiutato a realizzare questo nuovo ponte di solidarieta’.
Questi ragazzi hanno acquistato materiale scolastico per 500 euro, con il quale sono stati confezionati 35 pacchetti regalo che saranno consegnati agli alunni il primo giorni do scuola nel prossimo settembre. Con questa donazione e quella di Lecco c’e materiale in abbondanza per tutto l’anno scolastico.
Ovviamente tutti i genitori sono stati avvisati di non comperare nulla per l’inizio della scuola.

[FOTO: Restauri alle finestre; Lavori nel magazzino]


Sabato 2 luglio

E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.


Alle 10 inizia l’assemblea per la consegna degli affidi. Malgrado siano passati tanti anni e tanti viaggi dall’inizio della nostra campagna credo che non mi abituero’ mai alla vista di tutte queste persone che pazientemente con qualunque condizione di tempo ci aspettano nel piazzale davanti alla grande sala della direzione della Zastava Camion dove avvengono le consegne.

Come sempre l’assemblea comincia con i saluti dei dirigenti sindacali, ed e’ la prima volta di Rajko come segretario. Proseguiamo poi con un nostro interevento, letto da Stefano, in cui ribadiamo i motivi per i quali continuiamo testardamente a portare avanti questa campagna di solidarieta’.

Non ci stancheremo mai di dire che noi siamo a Kragujevac perche’ crediamo in valori molto precisi: il Lavoro, la Pace, la Liberta' e la Solidarieta' tra i lavoratori e tra i popoli, e siamo convinti che la solidarieta’ e l’unita’ tra i lavoratori e’ uno dei beni piu’ grandi che abbiamo nelle nostre mani.


E’ importante tenere sempre presente che siamo di fronte a disoccupati, malati, disperati per il loro futuro che traggono un minimo di forza e di speranza nel sentire che non sono abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. E loro, i nostri amici, questo lo sanno bene e ce lo dicono, qualcuno con le parole, molti con gli occhi, i sorrisi, gli abbracci e le tante lacrime.
Consegnamo 155 affidi, quasi tutti in rate trimestrali, piu’ alcuni regali per 14780 euro.


Alle 12 concludiamo la giornata con un incontro con i rappresentanti sindacali del settore auto, per verificare la situazione della fabbrica. I dati raccolti in questo incontro li ritrovate piu’ sotto, nella terza parte di questa relazione.



3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava


Quando la fonte non e’ indicata significa che i dati sono stati ricavati dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


Tutte le informazioni sulla Zastava sono state fornite da Zoran Markovic, segretario del sindacato Samostalni nella FIAT auto Serbia.


ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI


Cambio dinaro/euro.

A ottobre 2008 il cambio dinaro-euro era di 84 a 1.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Il 25 marzo 2010 era di 97 dinari per un euro.

Il 1 luglio 2010 il cambio e’ passato a 102 dinari/euro.

Il 20 ottobre 2010 il cambio era di 103.5 dinari per un euro

Il 4 novembre 2010 il cambio e’ arrivato a a 107.5 dinari per euro (valore piu’ alto mai raggiunto).

Dopo questa data c’e’ stato un rafforzamento progressivo del dinaro che e’ giunto al valore di 96.5 dinari per un euro il 22 maggio 2011.

Successivamente c’e’ stato un progressivo indebolimento, ed attualmente (meta’ agosto 2011) il cambio e’ di circa 103 dinari per un euro.

L’indebolimento del dinaro rispetto all’euro ha effetti pesanti sulle condizioni di vita delle famiglie, con una vistosa caduta del potere di acquisto delle famiglie, visto che la Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale e che piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea (Germania e Italia sono i primi partners commerciali in quest’area).

Il suo rafforzamento momentaneo per circa sei mesi e’ stato dovuto esclusivamente a ragioni politiche interne; ha avuto vantaggi solo per chi ha aperto mutui in euro, ma ha penalizzato fortemente le gia’ scarse esportazioni, mentre i prezzi dei beni di prima necessita’ e le tariffe hanno continuato ad aumentare.


Commercio con l’estero.

Anche nei primi mesi del 2011 la Serbia si conferma un Paese estremamente indebitato, con un deficit commerciale altissimo.

Tra gennaio e maggio 2011 le esportazioni sono state pari 3350.2 milioni di euro, con un aumento del 25.8% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Nello stesso periodo il valore delle importazioni e’ stato di 5736.7 milioni di euro, con un incremento del. 20.8% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni e’ stato di 58.4%, di poco piu’ alto del valore di 55.9% segnato rispetto allo stesso periodo del 2010.

Il deficit commerciale si attesta dunque a 2386.4 milioni di euro, contro un deficit di 2089.1 nello stesso periodo del 2010, con un incremento del 14.2%.

I Paesi verso i quali la Serbia esporta di piu’ si confermano essere la Germania e l’talia, mentre per le importazioni in testa vi e’ la Russia, dalla quale proviene la maggior quantita’ di petrolio e gas, seguita da Germania e Italia.


Prodotto interno lordo e indice della produzione industriale

Il prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2011 e’ aumentato del 3.4% rispetto allo stesso periodo del 2010, attestandosi a 731058.9 milioni di dinari (circa 7310 milioni di euro).

L’indice della produzione industriale nel periodo gennaio-maggio 2001 e’ stato piu’ alto del 5.1% rispetto a quello dello stesso periodo del 2010.

Dobbiamo pero’ ricordare che, fatta 100 la media della produzione industriale del 2010, questo indice era di 117 a marzo 2008.

Malgrado questi recenti recuperi di produzioni, l’occupazione e’ in costante diminuzione, come vedremo tra poco.

Il successivo grafico mostra l’andamento dell’indice della produzione industriale negli ultimi quattro anni e mezzo, ponendo a 100 la media del 2010.


indice della produzione industriale [grafico]


Inflazione e prezzi

Nei primi sei mesi del 2011 l’inflazione ha avuto un fortissimo aumento rispetto all’andamento nel 2010 (e’ pressoche’ triplicata) ed ha ulteriormente falcidiato il potere d’acquisto delle famiglie. Nel grafico sottostante dell’Ufficio Centrale di Statistica potete seguire l’andamento dell’inflazione percentuale annua per ogni mese a partire da gennaio 2010 fino a giugno 2011; cio’ che e’ impressionante e’ il progressivo aumento nel corso dell’ultimo anno: l’inflazione annua era del 4.2% nel giugno 2010 rispetto al giugno dell’anno precedente, mentre a giugno 2011 e’ stata del 13.4% rispetto a giugno del 2010.


Tasso di inflazione annuale [grafico]


Gli aumenti dei prezzi al consumo riguardano tutti i settori merceologici, ma sono particolarmente importanti per i generi e servizi essenziali, come su puo’ riscontrare nella seguente tabella che riporta i aumenti percentuali annui per diversi settori. registrati a giugno 2011.


Alimentari e bevande non alcooliche 117.8
Trasporti 109.4
Bevande alcooliche e tabacchi 119.0
Abbigliamento e calzature 105.5
Alloggi, corrente el., acqua e gas 113.8

Istruzione 105.2

Salute 109.5

Telefonia 99.6


Ecco in dettaglio alcuni aumenti annuali a giugno 2011 per generi alimentari di primissima necessita’, ponendo il prezzo a giugno 2010 pari a 100.


Olio e grassi 144.8
Frutta 125.6
Pane e cereali 135.3
Latte formaggi e uova 121.4
Zucchero, miele e marmellate 126.9
Bevande non alcooliche 116.7
Caffe’ e te’ 126.7
Vino e birra 110.0


Ecco altri aumenti, per merci non alimentari, riportati con lo stesso criterio statistico:


Acqua 124.6
Visite mediche 110.9
Legna per riscaldamento 115.8
Parti di ricambio per auto 115.3
Elettricita’ 113.5
Carburanti per auto 113.1
Farmaci 111.5
Trasporti urbani 110.0


Livelli occupazionali


I livelli occupazionali continuano a scendere.

Secondo il Sindacato Samostalni dal 2008 a maggio 2011 si sono persi circa 230.000 posti di lavoro, pari all’11% del totale dell’occupazione.

Il tasso di disoccupazione non cessa di crescere ed ha avuto una drammatica impennata negli primi mesi del 2011.



Ottobre 2009 Aprile 2010 Ottobre 2010 Aprile 2011

Tasso di occupazione 40.8 38.1 37.7 36.2

Tasso di disoccupazione 16.6 19.2 19.2 22.2

Stima occupazione lavoro nero 20.6 19.8 19,6 19.9

A aprile 2011 su una popolazione complessiva di circa 7.440.000 individui, vi erano 1.771.000 lavoratori (di cui 427.000 lavoratori autonomi e loro dipendenti) e risultavano 765.000 disoccupati, iscritti all’Ufficio Nazionale per l’Impiego.


La struttura dell’occupazione non e’ proprio quella adatta a fare uscire la Serbia dallo stato di poverta’ in cui versa, come si nota immediatamente dalla tabella successiva, in cui riportiamo il numero di lavoratori dipendenti per le categorie piu’ significative, secondo i dati riportati per aprile 2011 dal bollettino mensile dell’ufficio centrale di statistica (migliaia di unita’)


Industria manifatturiera 288
Costruzioni 73
Commercio (ingrosso e minuto) 184
Pubblica amministrazione 71
Salute 160
Elettricita’ gas e acqua 60
Istruzione 139
Banche e assicurazioni 40
Trasporti 88
Informazione e comunicazioni 37


E’ impressionante il continuo calo dell’occupazione nell’industria, che e’ diminuita di 19.000 unita’ tra aprile 2010 e aprile 2011.



I salari


Salari medi in dinari


Maggio 2009
31086

Ottobre 2009
31783

Maggio 2010
33463

Ottobre 2010
34422

Maggio 2011
35362


Gli aumenti nominali vengono vanificati dall’inflazione e bisogna quindi confrontare il potere di acquisto dei salari; a maggio 2011 c’e’ stato un aumento nominale del salario medio del 5.7% ma una perdita in termini reali del 6.8% rispetto a maggio 2010, visto che l’inflazione nello stesso periodo e’ stata del 13.5%.

Esistono poi, come abbiamo piu’ volte rimarcato, forti differenze territoriali nel salario medio e grandi differenze tra categorie diverse di lavoratori.


Come fa periodicamente, il quotidiano BLIC ha pubblicato a giugno scorso una tabella contenente piu’ di 80 voci (che omettiamo per non appesantire troppo questa relazione) in cui viene analizzata con grande dettaglio la spesa mensile che una famiglia tipo di 4 persone dovrebbe sostenere per poter condurre una vita dignitosa.

Secondo questo giornale questa ipotetica famiglia tipo avrebbe dovuto spendere 82868 dinari a giugno 2010, 92033 a dicembre 2010 e 95427 a giugno 2011, pari a circa 2.7 volte uno stipendio medio, considerando che la famiglia viva in una casa di proprieta’.

Ci si puo’ chiedere: MA QUALE FAMIGLIA DI 4 PERSONE IN SERBIA ha redditi di questo tipo?

Nella realta’ il reddito medio mensile disponibile per famiglie di quattro persone e’ stato di 48544 dinari nel primo trimestre del 2011 (dato piu’ recente disponibile nei bollettini dell’ufficio centrale di statistica), cioe’ circa la meta’ di quello indicato come necessario da Blic; il 42.3% viene assorbito dalle spese alimentari e il 16.4% dalle utenze domestiche.


Le famiglie di operai o peggio di ex operai che sono al centro delle nostre azioni solidarieta’ e della nostra amicizia sono lontani anche da questi redditi medi, come potrete vedere nelle successive informazioni che riguardano direttamente la Zastava, o cio’ che rest

(Message over 64 KB, truncated)


(deutsch / english - in reverse chronological order)


Questions on Srebrenica DNA "Evidence"


1) Shroud of Secrecy Leaves Room for Doubt on Srebrenica DNA Evidence
by Andy Wilcoxson - www.slobodan-milosevic.org / Srebrenica Historical Project,  August 7, 2011

2) Misrepresentation of DNA Evidence about Srebrenica
by Stephen Karganović - Srebrenica Historical Project / Global Research, July 25, 2011

3) Srebrenica-Manipulation. Das neueste aus der Werkstatt der Srebrenica-Lobby
by Alexander Dorin / K.Truempy, September 2010


=== 1 ===

http://www.srebrenica-project.com/index.php?option=com_content&view=article&id=129:shroud-of-secrecy-leaves-room-for-doubt-on-srebrenica-dna-evidence&catid=12:2009-01-25-02-01-02

Shroud of Secrecy Leaves Room for Doubt on Srebrenica DNA Evidence

[Srebrenica researcher and our associate, Andy Wilcoxson, is already known to our readers for his trenchant analyses of major issues associated with the massacre in Srebrenica. The high quality of his work was confirmed recently – albeit quite unintentionally – by some Srebrenica cultists who criticized it in their usual venomous fashion, but without providing any contrary evidence or attempting to refute his. When your opponents cannot articulate any factual objection to your position but nevertheless continue to attack you with great and impotent fury, that can only be taken as a compliment. We recently focused public attention on the very important issue of DNA evidence manipulation by the International commission for missing persons, or ICMP. Mr. Wilcoxson picks up where we left off and we present his thoughts for the edification of our readers.]

By: Andy Wilcoxson


A controversy surrounding DNA identifications made by the International Commission on Missing Persons (ICMP) of victims of the Srebrenica massacre has erupted behind the scenes in the war crimes trial of former Bosnian-Serb President Radovan Karadzic at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) in The Hague.

Last month, the ICMP issued a press release which claimed that “By analyzing DNA profiles extracted from bone samples of exhumed mortal remains and matching them to the DNA profiles obtained from blood samples donated by relatives of the missing, the International Commission on Missing Persons (ICMP) has so far revealed the identity of 6,598 persons missing from the July 1995 fall of Srebrenica.”[1]

The ICTY relied heavily on the ICMP’s findings to convict the defendants in the Popovic trial on charges related to Srebrenica.[2] Prosecutors in the Karadzic trial also intend to make use the ICMP’s findings. The Prosecution has announced that it intends to call the ICMP’s Director of Forensic Sciences, Dr. Thomas Parsons, as an expert witness.[3]

On July 23, 2009, Karadzic asked the Trial Chamber to “allow my experts to see every single piece of material, all the DNA analysis” he said, “my experts cannot rely on newspaper information.  They need to have the same material that the [Prosecution] experts were privy to in order to be able to see whether the facts were established correctly and whether the conclusions were established correctly.  That’s why my experts have to focus on the same body of material that their counterparts had.  This is the only way.  They must be able to see everything that the [Prosecution] experts saw and then they will be able to confront them with their expert views.”[4] 

He explained to the court that “We want the entire material, and we will take a random sample and choose 300, and if there are major discrepancies among the 300, then we will broaden the sample and continue the procedure.”[5]

On February 10, 2010, Hildegard Uertz-Retzlaff the senior trial attorney for the Prosecution, sent a letter to Karadzic’s defense explaining why his experts would not be allowed access to the ICMP’s data. The letter said: 

“The ICMP is an independent third party organization with its own mandate. The Prosecution is unable to simply, ‘contact the ICMP and disclose to the Defence for Mr. Karadzic the entirety of family DNA profiles held on ICMP databases.’ In addition the Prosecution does not possess these databases and therefore is not in a position to disclose them.

“Second, our understanding is that the ICMP has thus far declined to disclose to any party the ‘entirety’ of its family DNA profiles because this would constitute a breach of the assurances provided in the consent forms signed by the family donors. As discussed with your associate Mr. Sladojevic, the issue is not simply one of providing data ‘without names’, as donors have been promised that their DNA will not be disclosed, not merely that there names will not be disclosed or that any disclosure of DNA data would be anonymous.”[6]

Of course this only explains why the ICMP won’t share DNA from the family members of the victims, not why it won’t share the DNA of the victims themselves. Nobody ever promised the victims that their DNA would remain confidential. 

Aside from the question of whether the Tribunal ought to rely on DNA evidence that neither the Prosecution, the Defense, nor the judges have any access to, the pretrial judge, Ian Bonomy of Scotland, sided with Karadzic and conceded that “there must be some substance in the suggestion that the Defence should be able to run some tests similar to those done by the [ICMP] with a view to checking the accuracy of what was actually done by them.” He said, “I find it difficult to understand that a person might consent to have material given to a Prosecutor and not realise that the inevitable result of that must be that the Defence would have a pretty strong claim at least for access to it.”[7]

The Trial Chamber, which Judge Bonomy was no longer part of because he only sat on the pre-trial bench, issued an order on March 19, 2010 noting “the Accused’s wish to challenge the conclusions reached by the ICMP” and noting “the Accused’s insistence that he should be provided with the entire family DNA database before he reveals to the ICMP the 300 cases he has selected because of his concerns about the ICMP’s impartiality and suspicion that it would adjust the database in some way in order to ensure [DNA] matches in the 300 selected cases.”

The Order directed “the Accused to immediately complete his selection of 300 cases for further DNA analysis and provide the details of his selection to the ICMP, who will, upon obtaining the necessary consents, be in a position to supply relevant data from the family database.”

The Order, however, did not require the ICMP to provide Karadzic’s experts with access to the complete database on the excuse that “the Accused has not established any basis for his concern that the ICMP would manipulate the database to strengthen its own conclusions.”[8]

The entire purpose of testing the 300 DNA samples is to “challenge the ICMP’s findings”. If they were falsifying their findings, it stands to reason that they would manipulate their database in order to prevent the deception from being uncovered.

On July 28, 2011 Karadzic’s defense team filed a brief explaining that “The testing procedure set forth by the Trial Chamber is its order has one fatal flaw. It allows the ICMP to, without detection, substitute the [DNA] electropherograms of other persons for those who the Accused selected as part of his sample … First, [the Defense] provides the ICMP with the name of a victim—victim A.

“Second, someone at the ICMP realizes that there is a problem with the identification of victim A and does not want this problem to be exposed.

“Third, the person at ICMP solves this problem by providing the defence with the DNA data for victim B, and his brother, representing it to be the DNA data for victim A
and his brother.

“Fourth, Dr. Stojkovic [the Defense expert] examines the DNA data and confirms that it is a correct match—the DNA of the victim matches the DNA of his brother.

“In this way, the substitution of the DNA data remains undetected. Through this method, the results can be cheated or manipulated.

“To prevent this, Dr. Karadzic requires the DNA data of all of the missing persons to be provided in advance. Then, he is able to add one more step to the testing process. After Dr. Stojkovic verifies the match between the Victim A and his brother, he will compare the DNA data of Victim A with the DNA data of Victim A from the database provided at the outset to verify that it is indeed Victim A’s DNA that has been tested.

“Without the ability to take this last step, there is no way for Dr. Karadzic to be sure that the DNA data provided for Victim A is indeed that of Victim A, and not Victim B.

“That is why Dr. Karadzic insists on being provided with the unique DNA bone profiles and electropherograms of all of the missing persons before he makes his selection.”[9]

The Prosecution has adopted a hard line against independent verification of the ICMP’s findings. They filed a brief against Karadzic arguing that “In light of the Accused’s position that he has no intention of testing any samples provided to him under the procedure outlined in the Trial Chamber’s Order on Selection of Cases for DNA Analysis ... [the Prosecution] respectfully requests declaratory relief from the Trial Chamber in the following terms: a) The Accused is in breach of the Order; and b) The ICMP is not obliged to provide 300 sample case files to the Accused under any procedure, or subject to any preconditions, outside the terms of the Order.”[10]

One has to wonder why the ICMP gave the donors the expectation of confidentiality regarding their DNA samples in the first place. It seems irrational for anyone who isn’t living in a hermetically sealed bubble to expect confidentiality given that people leave trace amounts of their DNA everywhere they go and on practically everything they touch. A person’s DNA is in every cell of their body and in virtually every biological substance secreted by it. Forensic scientists can extract a person’s DNA from the oils left behind in their fingerprints.[11]

The ICMP was established in 1996 at the urging of the then US President Bill Clinton.[12] The Commission was described by Senator John Shattuck as “A major U.S. initiative to support the peace and reconciliation process in the former Yugoslavia” in his capacity as Assistant Secretary of State for Democracy, Human Rights and Labor in a speech before the U.S. Senate Foreign Relations Committee on May 12, 1998.[13]

The chairmen of the ICMP have, without exception, been Washington insiders since its founding in 1996. The ICMP’s first chairman, Cyrus Vance (1996-97) was the US Secretary of State under Jimmy Carter. He was succeeded by Bob Dole (1997-2001) the 1996 Republican presidential candidate and career politician who spent almost 30 years in the US Senate. In 2001 the U.S. Secretary of State Colin Powell handpicked James Kimsey (2001-2011) to head-up the ICMP. In 2001 Kimsey was succeeded by the former American ambassador to Bosnia, Thomas Miller (2011-current).[14]

It should also be noted that the ICMP’s lab operated for years without professional accreditation, and that the majority of identifications made by the ICMP were made before their lab obtained accreditation in late 2007.[15]  

Discrepancies have also been found between the ICMP’s findings and the original military records of the Army of Bosnia-Herzegovina. The ICMP claims to have found the mortal remains of at least 140 soldiers in Srebrenica-related mass graves whose original military records listed them as having been killed months, and in many cases years, before Srebrenica fell. The Bosnian government has resolved these discrepancies by disavowing the accuracy of their original military records and amending them to match the ICMP’s findings.[16] 

Imagine for a moment that the shoe were on the other foot. Imagine if somebody like former Russian President Vladimir Putin took the initiative to establish an NGO to investigate allegations of atrocities committed by an ally of the United States against an ally of Russia during a war where the Russians attacked the same American allies they sought to investigate. Now imagine that the chairmen of this NGO were all somehow connected to the Russian Foreign Ministry.

In addition, let’s suppose this NGO publishes findings claiming the American allies had massacred -- let’s say 6,598 people, and that they were able to conclusively prove this through DNA analysis in a lab that didn’t have professional accreditation when most of the DNA identifications were made. 

Now let’s suppose that American scientists ask to see the underlying DNA evidence upon which the Russian NGO’s findings are based so that they can test it for themselves and verify the findings, but the Russians refuse to cooperate on the pretext that doing so would be unduly burdensome and a violation of the privacy rights of the victims and their families. 

If that happened, would anyone in the West believe the Russian NGO’s findings? Not in a million years would anyone believe it. And if the Russians tried to use those findings as evidence in a criminal prosecution of the political leadership of the accused American allies, they’d be accused of staging a political show trial – and rightly so. 

One can not claim with certainty that the ICMP is lying about the DNA identification of Srebrenica massacre victims, nor can anyone claim with certainty that they’re telling the truth. That’s the unfortunate position we find ourselves in today.

What is significant is that the ICMP’s founders and executives are closely linked to the American political establishment and that the ICMP will not permit independent scientific verification of its findings and the underlying data behind them. Their refusal to submit their data and their work for independent scientific review means that their claims can be falsified and it diminishes the weight that can be attached to them.

 
 

[1] ICMP Press Release, July 10, 2011; http://www.ic-mp.org/press-releases/613-srebrenica-victims-to-be-buried-at-a-memorial-ceremony-in-potocari613-srebrenickih-zrtava-bice-ukopane-u-memorijalnom-centru-potocari/
[2] Popovic judgment para. 638-649, 659-664
[3] Prosecution’s motion for admission of the evidence of eight experts pursuant to Rule 94bis and Rule 92bis; May 29, 2009
[4] Karadzic Trial Transcript; July 23, 2009 pg. 353
[5] Ibid.; Pg. 359
[6] Prosecution’s letter to Karadzic’s Defense Team entitled “Response to your request for materials from ICMP during the recent status conference as well as Mr. Sladojevic’s e-mail dated 29 January 2010” dated February 20, 2010
[7] Karadzic Trial Transcript; July 23, 2009 pg. 355-357
[8] Order on Selection of Cases for DNA Analysis; March 19, 2010
[9] Supplemental Response To Prosecution’s Request For Further Orders: DNA Testing, July 28, 2011
[10] Prosecution’s Reply To The Accused’s “Response To Prosecution’s Request For Further Orders: DNA Testing,” June 30, 2011
[11] Charles Choi, United Press International “DNA Extractable from Fingerprints”, July 31, 2003
http://www.upi.com/Science_News/2003/07/31/DNA-extractable-from-fingerprints/UPI-41021059658200/
[12] Aida Cerkez-Robinson, The Independent on Sunday, “In Bosnia, each funeral never ends; Bone by bone, victims of the Srebrenica massacre are being identified, pieced together and, finally, laid to rest.”, July 12, 2009
[13] Prepared Statement of John Shattuck Assistant Secretary of State for Democracy, Human Rights and Labor Before the Senate Foreign Relations Committee, May 12, 1998
[14] Ibid.; See also: Deutsche Presse-Agentur, “New institute to speed up search for missing people in Bosnia”, August 28, 2000; ICMP Press Release, “ICMP Chairman Ambassador Thomas Miller Visits ICMP HQ”, July 15, 2011 http://www.ic-mp.org/press-releases/icmp-chairman-ambassador-thomas-miller-visits-icmp-hqpredsjedavajuci-icmp-a-ambasador-thomas-miller-u-posjeti-sjedistu-icmp-a/ ; http://www.ic-mp.org/funding/ ; and U.S. Department of State, Statement by Richard Boucher Spokesman, May 11, 2001http://statelists.state.gov/scripts/wa.exe?A2=ind0105b&L=dospress&P=2354
[15] Popovic trial judgment, Para 645
[16] Prosecution’s final trial brief in the Popovic Trial; paras. 1140-1141 and 3077-3078

Source: www.slobodan-milosevic.org,  August 7, 2011



=== 2 ===

http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25726

Misrepresentation of DNA Evidence about Srebrenica

Questions which demand answers

by Stephen Karganović

Global Research, July 25, 2011

The International Commission for Missing Persons[1], also known as ICMP, is systematically deluding the public about the true reach of DNA technology in order to foster the illusion that its laboratories hold the key to the solution of the Srebrenica enigma. On the 16th anniversary of the Srebrenica massacre this year ICMP claimed that it has “closed 5,564 cases of Srebrenica victims” and that “only about 1,500 remain to be resolved.”[2] However, that announcement is completely at odds with science. By calling persons that it has allegedly identified by using DNA techniques “Srebrenica victims” ICMP is taking a clear position that they were in fact executed prisoners (victims, rather than legitimate combat casualties) and also that their deaths are related to Srebrenica events of July of 1995. Both suggestions are false. DNA technology serves only to identify mortal remains or reassociate disarticulated parts of the same body, but it has absolutely nothing to say about the manner or time of death. ICMP has no means to differentiate “victims,” i.e. executed prisoners, from persons who perished in combat and whose death therefore is not a war crime. Nor does ICMP, or any DNA laboratory for that matter, have the means to establish that the death of persons whose remains have been identified occurred within the time frame of July 1995 Srebrenica events. They could have died anywhere, at any time.

When ICMP puts forth the thesis that in its laboratories it is accomplishing things that are scientifically impossible, that suggests one of two conclusions: either ICMP was specifically set up to disinform the public and the courts under the guise of cutting edge science, or it is an organisation of charlatans which should urgently be shut down.

As we are accustomed when any aspect of the Srebrenica issue is under consideration, nothing is as it appears to be. ICMP’s alleged data are completely unreliable and, most important of all, totally unverifiable.


Inaccessible and unverifiable evidence


In the various court cases where facts relating to Srebrenica were adjudicated no exhaustive and transparent analysis of DNA evidence has ever been conducted. For instance, DNA evidence was offered in the most recent ICTY case Popović et al., but – in closed session. And even so it occurred under conditions designed to be the most unfavorable for the defence. Defence teams were deprived of both the time and resources to subject the proffered DNA evidence, such as it was, to a thorough professional examination. The Tribunal’s rationale for such extraordinary restrictiveness was that public insight into this data would constitute a “callous” act which might injure the dignity of the victims and could even inflict great pain on their surviving relatives. The feelings and interests of persons and whole communities who – as a result of the acceptance of such dubious and independently untested evidence – might have to be burdened by decades of prison time or carry the stigma of the heinous crime of genocide apparently did not greatly concern the chamber. Each and every request to ICMP by private parties facing serious accusations or research organisations to be allowed access to DNA samples for the purpose of independent verification is invariably met by the same polite response: that it is a potential violation of privacy and is therefore impossible without the signed consent of the victim’s relatives in every single case. So far nobody has ever obtained such written consent.

It appears, however, that at ICTY the entirely laudable goal of privacy protection has been taken a bit too far, even to the point of absurdity. It appears to extend even to the Hague Tribunal prosecution. There are, in fact, solid reasons to suppose that not even the Office of the Prosecutor has properly examined the DNA evidence generated by ICMP which it has nevertheless been happy to offer to the chamber as the material basis for the conclusion that in Srebrenica a crime of genocidal magnitude has been committed. How else to interpret the statement made by prosecutor Hildegard Uertz-Retzlaff in response to a demand made by the accused Karadžić for the right to examine the DNA evidence in his case: “ICMP has not shown the DNA to us either, It is not correct that they gave it to us, but not to others.”[3]


Abuses in the Karadžić case


But a careful reading of the ruling issued by the Karadžić chamber, which intimated to the defence that it might be allowed to examine a small number of samples (300 out of over 6,000), something that was hastily praised as an important step forward in relation to the situation as it stood previously, reveals that even that small concession was conditional and had built into it the possibility that the defence might still receive nothing.[4] For, first of all, in making its ruling the chamber did not discard in principle the position championed by ICMP that DNA analyses may be shown to others only with the relatives' written permission. The implicit retention of that position, the potential effect of which is always to deny to the defence the opportunity to independently check one of the most significant elements of proof in the prosecution’s case against the accused, is in itself scandalous and constitutes a grave violation of the procedural rights of the accused person. Then, in its ruling the chamber only states that "ICMP has agreed to obtain the consent of the approximately 1,200 family members who provided samples relevant to the 300 cases selected by the Accused, so that the Accused’s expert can then conduct the necessary analysis". [5] It is left unexplained in the court’s decision what would follow if those 1,200 relatives, or a substantial number of them, simply refused to sign the requested permission. If we take it as a matter of principle that their permission is, indeed, required[6] we must then also accept it as a possibility that they might refuse to grant it. The defence would in that case be back to square one and the alleged "movement" in its favour would be clearly shown to be what it really is – another illusion.

If in relation to this evidence, which since the Popović trial has moved to center stage and has practically displaced traditional forensics as the prosecution’s main evidentiary tool[7] and which, we are told, constitutes the last word of science on the subject, the principal players, the prosecution, the chamber, and the defence, are all operating in the dark, how much credence can the findings of fact that are based on it realistically command? Based in significant part on ICMP data, the Hague Tribunal chamber in the recent Popović case drew, and proceeded to incorporate into its judgment, factual and legal findings of far reaching significance that rest substantially upon evidence which is billed as the last word of science but that was admittedly unseen and unexamined.


ICMP’s history of non-compliance with professional licensing requirements


The degree of indulgence that the Hague Tribunal has shown to ICMP is truly phenomenal. In the course of the Popović trial it was disclosed that until October of 2007 ICMP was operating without professional certification from the international agency which approves DNA laboratories, Gednap. That fact was freely admitted by ICMP's director of forensic studies, Thomas Parsons, under cross examination.[8]

However, even then, while testifying under oath, ICMP’s witness did not state the whole truth. Our NGO “Srebrenica Historical Project” on July 20, 2010, sent an inquiry to Professor Bernd Brinkman, chairman of GEDNAP at that time, seeking information whether his organisation had issued a professional license to ICMP and whether ICMP was officially registered to perform laboratory DNA testing. Professor Brinkman’s reply was as follows:

“We do not have the ICMP Tuzla laboratory on our list of GEDNAP participants. That means that the Tuzla laboratory is unknown to the organizers of GEDNAP Proficiency Tests.”

Professor Brinkman then offers a detail which gives the whole ICMP charade away:

“However, there are two ICMP laboratories which participate in the GEDNAP Proficiency Tests (i.e., from Sarajevo and Banja Luka).”[9]

It should be noted that the Sarajevo facility is ICMP’s administrative office and that in Banja Luka ICMP maintains a small specialised laboratory. The most likely reason it is located in Banja Luka is to create the appearance that in selecting its venues ICMP is not neglecting the Republic of Srpska. But GEDNAP inspection and certification of those two locations is without any practical significance because almost all of the routine DNA work is being performed elsewhere, in the secretive Tuzla facility, including the premises of the Podrinje Identification Project, where neither the Hague defence, nor the Hague prosecution or apparently the inspectors of the world body which professionally licenses DNA laboratories have ever set foot. That means that from a professional standpoint ICMP’s principal operational facility in Tuzla continues to evade and defy standard licensing procedures today just as all of its facilities had been doing it for years prior to 2007.

The bulk of the significant work performed by ICMP, the thousands of alleged DNA matches which ICMP tirelessly invokes in its public relations stunts and in courtrooms – the alleged evidence which in the Hague and before the State Court of Bosnia and Herzegovina has served as the basis for verdicts establishing mass executions of genocidal proportions – is in fact taking place in ICMP’s inpenetrable Tuzla laboratories. To repeat, that operationally only significant facility was never visited by international inspectors nor was the validity of its work ever professionally reviewed. Most importantly, it never received a professional certificate entitling it to engage in the work it is doing, which simply means that this laboratory which plays the key role in generating the illusion that the enigma of Srebrenica is on the verge of being solved is actually operating on the edge of professional legality.


Biased personnel selection


According to London “Financial Times”[10] 93% of ICMP personnel are Bosnian Moslems. To complete the picture, ICMP chairman is Thomas Miller, former US ambassador in Bosnia and Herzegovina[11], the director, Kathryn Bomberger is also from the US, and her assistant Adam Boys is from the United Kingdom. When will the other Bosnia-Herzegovina ethnic communities get their one third representation on the staff of ICMP? When will the representatives of other countries within the international community, about 190 in all, obtain an opportunity to take part in the work of the International commission for missing persons on the executive level? Why couldn’t the chairman be from Argentina, the director from Ethiopia, and her assistant from India?


Our challenge to ICMP


The NGO “Srebrenica Historical Project” issues the following challenge to ICMP and in the public interest puts to them the following questions which require answers without delay:

[1] Is it correct that the most that DNA analysis can be expected to establish is the identity of mortal remains and that it may additionally be useful in reassociating parts of the same body, but that DNA is utterly useless in furnishing information about the manner and time of death, which happen to be the key issues in a valid criminal investigation? If that is correct, then ICMP’s identifications and findings, except for the comfort it may offer to the families, are completely irrelevant for resolving the substantive issues associated with Srebrenica because DNA analysis cannot differentiate whether a person was executed or perished in legitimate combat. Furthermore, it cannot furnish any answer to the question whether death occurred in July of 1995 in the course of the Srebrenica operation or before or after that.

[2] Regardless of the answer to the preceding question, why is ICMP concealing the names of the persons that it has allegedly identified? By publishing their names it would at least make it possible to drastically reduce the length of the missing persons’ lists which, judging by its name, should be its primary task.

[3] When will ICMP make its biological samples available to independent laboratories so that the results that it claims to have achieved might be independently tested and so that the public and the courts would no longer be obliged to take them on faith, as was the custom with dogmas in the Middle Ages?

[4] When will ICMP open its laboratory premises in Tuzla to international inspectors to facilitate independent verification of the quality of its work, which might lead to the issuance of a professional certificate without which no DNA laboratory which aspires to credibility can function?

[5] When will ICMP cease playing games with the term “missing” and misusing it wantonly as if it had the same meaning as “executed”? Why is ICMP, and the acronym stands for International commission for missing persons, conjuring up the misperception that DNA technology can accomplish more than mere identification of mortal remains and why is ICMP implicitly disinforming the public and the courts that it can also establish the manner and time of the deceased’s death, when that is false? And if it is false, then why is ICMP engaged in generating and perpetuating the misleading impression that its technology can demonstrate that the persons it has allegedly identified were in fact executed prisoners of war and that they died in the immediate aftermath of July 11, 1995 in the vicinity of Srebrenica? 


Notes

[1] http://www.ic-mp.org/

[2] “Oslobodjenje” (Sarajevo), July 11, 2011, p. 3

[3] ICTY, Prosecutor v. Karadžić, Status conference, 23 July, 2009, p. 364, lines 21 – 23.

[4] Although the Karadzic chamber is verbally committed to enable the defence to check 300 DNA reports, it continues to hold inviolate ICMP’s principled position that independent sample verification without the written approval of relatives is impermissible: „NOTING that the ICMP has stated that it cannot provide its entire database of genetic profiles obtained from blood samples taken from family members of missing persons to the Accused without obtaining the consent of each family member who provided such a sample, and that this process would take significant time in view of the volume of samples taken“, see ICTY, Prosecutor v. Karadžić, “Order on selection of cases for DNA analysis,” 19 March, 2010., p. 2.

[5] ICTY, Prosecutor v. Karadzic, “Order on selection of cases for DNA analysis,” 19 March 2010, p. 2.

[6] Which, of course, is not correct at all because the Tribunal is endowed with full jurisdiction over all aspects of the criminal case under its consideration if only it should decide to make use of it. But the use of that authority is not in every instance discretionary. The court has an obligation to effectively employ its powers to make unconditionally available to the accused all evidentiary materials that are being used in the case against him.

[7] Small surprise there, given the highly disappointing results yielded by traditional methods. Barely 1,920 bodies of persons who died of a variety of causes, clearly including combat casualties, and therefore embarrassingly short of the 8,000 “executed men and boys” goal.

[8] ICTY, Prosecutor v. Popović et al, February 1 2008, Transcript, p. 20872.

[9] Correspondence reproduced in S. Karganovic et al., “Deconstruction of a virtual genocide: An intelligent person’s guide to Srebrenica” [Den Haag-Belgrade, 2011], p. 230-232; 
http://www.srebrenica-project.com/DOWNLOAD/books/Deconstruction_of_a_virtual_genocide.pdf

[10] December 11, 2007; http://www.ft.com/intl/cms/s/0/c4474d94-a6f1-11dc-a25a-0000779fd2ac.html#axzz1RjIqNP8c

[11] http://www.ic-mp.org/press-releases/ambassador-thomas-miller-appointed-new-chairman-of-the-international-commission-on-missing-personsambasador-thomas-miller-imenovan-za-novog-predsjedavajuceg-medunarodne-komisije-za-nestale-osobe-icmp/ 


Stephen Karganović is a frequent contributor to Global Research.  Global Research Articles by Stephen Karganović


=== 3 ===

Datum: Thu, 9 Sep 2010 21:00:00 +0200
Von: "Y.&K.Truempy" 
Betreff: Fw: Srebrenica-Manipulation

Wird die Srebrenica-Lobby langsam etwas vorsichtiger? Bei der sogenannten Srebrenica-Gedenkstädtte in Potocari wurde auch ein Gedenkstein für die 8372 "Genozidopfer" aufgestellt. Das dumme ist nur, dass dieser Gedenkstein gleichzeitig beweist, dass es sich zum absolut grössten Teil gar nicht um Opfer aus Srebrenica handelt. Auf diesem Stein wurde vermerkt, dass es sich bei diesen 8372 angeblichen Toten um Leute aus dreizehn verschiedenen Gemeinden handelt! Die aufgezählten Gemeinden sind folgende:

Bratunac, Bjelina, Foca, Han Pjesak, Rogatica, Sarajevo, Sokolac, Srebrenica, Srebrenik, Ugljevik, Visegrad, Vlasenica, Zvornik.

Und der aufgehetzte Medienkonsument in den jeweiligen Staaten merkt nicht einmal, dass der Beweis für die Srebrenica-Manipulation direkt vor seinen Augen liegt und erst noch von der Srebrenica-Lobby selber stammt. Hier das Bild des Gedenksteins mit den eingravierten Namen der Gemeinden: http://www.pecat.co.rs/wp-content/uploads/2010/07/srebrenica2.jpg


----- Original Message ----- 
From: "Alexander Dorin" 
Sent: Friday, September 03, 2010 7:01 PM
Subject: Srebrenica-Manipulation

Das neueste aus der Werkstatt der Srebrenica-Lobby

Seit einiger Zeit wandert im Zusammenhang mit Srebrenica eine neue Behauptung durch die bizarre Massenmedien-Landschaft. Es handelt sich um die Behauptung, man habe nun über 6000 sogenannte Srebrenica-Opfer per DNA-Analyse identifiziert. Eine Aussage, die von den Medien unhinterfragt übernommen und seither als reine Wahrheit verbreitet wird. Das mag dem einen oder anderen kritischen Zeitgeist aus folgenden Gründen mehr als grotesk erscheinen: Dean Manning, Ermittler des von der NATO gesteuerten Tribunals in Den Haag, welches von den Massenmedien in den NATO-Staaten als ein unabhängiges und und politisch nicht motiviertes Gericht verkauft wird, suchte während Jahren im Umkreis von ca. 50 Km um Srebrenica nach Massengräbern. Dabei sollen er und sein Team insgesamt ca. 2000 Tote aus diversen Massengräbern ausgegraben haben. (1) Ich benutze bewusste das Wort „sollen“, weil serbischen Pathologen während dieser Ausgrabungen die Anwesenheit untersagt wurde. Wieso das, wenn es nichts zu vertuschen gibt? Und weshalb hat das „Tribunal“ in Den Haag seither über 1000 angebliche Beweise des propagierten  Srebrenica-Massakers noch vor Beginn diverser Srebrenica-Prozesse vernichtet? (2)

Aber seien wir nicht kleinlich und gehen einmal tatsächlich von dieser Zahl aus, obwohl es klar ist, dass nicht alle im weiten Umkreis von Srebrenica gefundenen Toten vom Juli 1995 stammen können, da in der Region insgesamt mehr als drei Jahre Krieg herrschte. Zudem schätzen über dreissig moslemische Zeugen, die sich damals mit Tausenden moslemischen Soldaten und bewaffneten Männer von Srebrenica nach Tuzla durchschlugen, dass es während der Kämpfe mit der serbischen Armee auf moslemischer Seite mindestens 2000 Gefechtstote gab, Einige schätzen die Zahl sogar auf über 3000. (3).

Später versuchten gewissen Interessengruppen aus den gefundenen 2000 Toten ca. 3500 zu machen, doch zeigen die Analysen des serbischen Pathologen Dr. Ljubisa Simic auf, dass es sich dabei um eine weitere Manipulation made in Den Haag handelt. Simic konnte aufzeigen, dass die Autopsieberichte nicht 3500 Toten entsprechen, sondern z.T. lediglich einzelnen Teilen von Toten. Simic rekonstruierte die Toten und gefundenen Körperteile und gelangte zum Schluss, dass man insgesamt etwas weniger als 2000 Tote gefunden hat, was wiederum den ursprünglichen Recherchen von Den Manning entsprach. (4)  

Doch wie kann man nun mit 2000 gefundenen Toten, von denen mann davon ausgehen muss, dass es grösstenteils die bezeugten Gefechtstoten sind, ein Massaker an 7000 bis 8000 Männern beweisen? Die Antwort liegt auf der Hand; gar nicht. Zwar behaupten die Haager Ermittler, man habe zwischen den Toten auch einige hundert Augenbinden und Fesseln gefunden, doch kann das von unabhängiger Seite niemand bezeugen. Man kann zudem auch nicht beweisen, wer von den gefundenen Toten tatsächlich vom Juli 1995 stammt und ob er mit Srebrenica überhaupt etwas zu tun hat. Ferner berichteten Analytiker wie z.B. Gregory Copley von der Balkan Strategic Studies wiederholt darüber, dass die Haager Ermittler auch Tote aus anderen Teilen Bosniens als Srebrenica-Opfer präsentieren, um so das Loch aufzufüllen, dass die fehlenden Toten hinterlassen haben. (5) Auch Aussagen von Miroslav Toholj, dem ehemaligen Sprecher der bosnisch-serbischen Armee, deuten darauf hin, dass man tatsächlich Tote aus anderen Teilen Bosniens als Srebrenica-Opfer präsentiert. So erzählte Toholj in einem Interview mit der „Jungen Welt“, dass moslemische Behörden mehrere hundert gefechtstote moslemische Kämpfer, darunter auch ausländische Söldner, die 1993 bei Han Pjesak umgekommen sind, heute ebenfalls als Srebrenica-Opfer bezeichnen. (6)

Demnach kommt es der Anklage in Den Haag mehr als entgegen, wenn plötzlich eine Organisation behauptet, sie habe nun mehr als 6000 Opfer aus Srebrenica per DNA-Analyse identifiziert. Der Durchschnittskonsument der Massenmedien scheint sich dabei nicht einmal zu fragen, woher man denn plötzlich 4000 Tote mehr zur Verfügung hat als ursprünglich gefunden wurden. Doch kritische Fragen scheinen nicht zum Alltag der westlichen Massenmedienwelt zu gehören. 

Stephen Karganovic vom Srebrenica historical Project (7) begab sich auf die Spur der Organisation, die die Behauptung von den angeblichen DNA-Identifizierungen aufgestellt und verbreitet hat. Dabei fand Karganovic folgendes heraus: (8)

Das International Committee for Missing Persons (ICMP) mit Sitz in der bosnisch-moslemischen Stadt Tuzla, wurde auf Initiative von Bill Clinton gegründet. Es ist der gleiche Bill Clinton, dem nachgewiesen wurde, dass er, zusammen mit dem Iran, die Muslime in Bosnien während verdeckten Operationen aufrüsten liess (9). Moslemische Politiker bezeugten auch, dass Clinton dem damaligen moslemischen Präsidenten Bosniens, Alija Izetbegovic, bereits 1993 das „Srebrenica-Massaker“ vorschlug. (10) Kroatische Medien berichteten ihrerseits darüber, dass mehrere von Clintons Generälen damals die Operation „Oluja“ organisiert und geleitet haben. (11) Zur Erinnerung: während dieser Militär-Operation wurden innerhalb von nur 48 Stunden die letzten 250'000 Krajina-Serben aus ihren Häusern gebombt, es gab mindestens 1900 Tote. 

Zum Vorsitzenden des ICMP wurde ausgerechnet der ehemalige Vietnamkrieg-Veteran James Kimsey, der auch während der US-Invasion in der Dominikanischen Republik mit bis zu 10'000 geschätzten zivilen Opfern zugegen war, ernannt. George Bushs ehemaliger Aussenminister Colin Powell persönlich erhob Kimsey auf diesen Posten. Ist das nicht eine äusserst „vertrauenswürdige“ Clique, die hinter dem ICMP steht? 

Doch sind es nicht allein diese Gestalten, die dem ICMP eine äusserst dubiose Aura verleihen. Auch die Arbeit des ICMP ist bezeichnend und absolut unprofessionell. So verlangte das Verteidigungsteam von Radovan Karadzic vom ICMP, es solle dem Team die gesamte Dokumentation über die angeblichen DNA-Identifizierungen zustellen. Dieses wurde jedoch unter der Begründung abgelehnt, die Angehörigen der Srebrenica-Opfer hätten ihre Erlaubnis nicht erteilt! Man sich das mal genau vorstellen: Irgendeine Organisation behauptet, sie habe über 6000 Opfer des sogenannten Srebrenica-Massakers per DNA-Analyse identifizieren können. Die Beweise könne man aber nicht liefern, weil die Angehörigen nicht einverstanden sind. Zum Vergleich: wenn Morgen irgendjemand in Amerika behaupten würde, er besässe Beweise dafür, dass Barack Obama, der ja Präsident einer kriegsführenden Nation ist, irgendwo 500 Mädchen missbraucht und umgebracht hat, jedoch könne er die Beweise aus Rücksicht gegenüber den Angehörigen der Opfer nicht veröffentlichen, würde dann dieser jemand damit durchkommen? Vermutlich würde er wohl eher verhaftet und an eine psychiatrische Klinik überwiesen werden. Doch in der Realität der heutigen Weltpolitik bestimmen genau solche Verrückte die Spielregeln. 


(1) Dean Manning, „Summary of Forensic Evidence – Execution Points and Mass Graves“,   16.05.2000
(2) Radio slobodna Evropa, Marija Arnautovic, „Hag uništio dio dokaza iz Srebrenice?“,  07.05.2009
(3) http://www.srebrenica-project.com/index.php? option=com_content&view=category&layout=blog&id=21&Itemid=19
(4) http://de-construct.net/?p=9034
(5) „Srebrenica Controversy Becomes Increasingly Politicized and Ethnically Divisive, Increasing Pressure on Peacekeepers“, ISSA Special Reports, Balkan Strategic Studies, 19.09.2003
(6) Jürgen Elsässer, „Sarajevo versucht, Beweise zu manipulieren“, Junge Welt, 11.07.2005
(7) http://www.srebrenica-project.com/
(8) Stephen Karganovic, „“DNA Testing and the Srebrenica Lobby“, The Lord Byron Foundation for Balkan Studies, 13.07. 2010
(9) Congressional Press Release, US Congress, 16 January 1997: „Clinton approved iranian arms transfer to help turn Bosnia into militant islamic base“
(10) Dani, 22.06.1998
(11) Nacional, 24.05.2005




Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



www.jungewelt.de


Jelzins perfekter Staatsstreich


Vor 20 Jahren simulierte das »Komitee für den Ausnahmezustand« in Moskau einen Putsch. Der spätere Liquidator der Sowjetunion führte ihn mit seinen Leuten aus


Von Werner Pirker


Den Männern vom »Komitee für den Ausnahmezustand« stand die Niederlage bereits ins Gesicht geschrieben, als sie in den Morgenstunden des 18. August 1991 den sowjetischen Präsidenten Michail Sergejewitsch Gorbatschow in den Krankenstand versetzten und so taten, als würden sie die »Verantwortung über die Lage im Land« übernehmen. Auf dem Papier versammelte das Komitee so ziemlich alles, was Rang und Namen hatte: Vizepräsident Janajew, der als »Juntachef« ausersehen war, Ministerpräsident Pawlow, Verteidigungsminister Jasow, KGB-Chef Krjutschkow und Innenminister ­Pugo. Doch diese Machtkonzentration verfügte über keine Macht mehr. Mit der Wahl Boris Jelzins zum russischen Präsidenten am 12. Juni 1991 und der ihr folgenden Souveränitätserklärung der Russischen Föderation war die sowjetische Staatlichkeit zu einer Hülle ohne Inhalt geworden. Diese Tatsache fand in den Augusttagen nur noch ihre Bestätigung. Das Gros der bewaffneten Organe unterstellte sich der Oberhoheit der russischen Regierung.

Zudem dürfte das Handbuch »Wie organisiere ich einen erfolgreichen Staatsstreich?« von den glücklosen Komiteemitgliedern nicht gelesen worden sein. Das Verkehrs- und Nachrichtenwesen funktionierte wie an normalen Tagen. Die Truppen, die den Ausnahmezustand sichern sollten, waren nicht bewaffnet. Die Panzer fuhren ohne Munition zu ihren Einsatzorten. Jelzin, der Anführer der gegen die sowjetische Ordnung gerichteten Kräfte, wurde nicht verhaftet.

Statt dessen saß Gorbatschow in seinem Urlaubsdomizil auf der Krim fest. Aber war er wirklich von seinen eigenen Leuten hintergangen worden? Sein Verhalten in den Tagen vor dem Urlaub läßt anderes vermuten. Da hatte er die Gefahr eines Staatszerfalls beschworen und sich unter Zitierung eines Tagesbefehls aus dem Großen Vaterländischen Krieg: »Hinter uns liegt Moskau. Keinen Schritt zurück!« für außerordentliche Maßnahmen ausgesprochen. Am Schwarzen Meer dürfte Michail Sergejewitsch es sich anders überlegt haben. Vielleicht weil er, um seinen Ruf als »großer Reformer« besorgt, nicht als der Mann in die Geschichte eingehen wollte, der sein eigenes Reformwerk wieder abgewürgt hatte. Im Spiegel wiederum wird jetzt die Vermutung geäußert, Gorbatschow habe seine »konservativen« Widersacher absichtlich in eine Falle gelockt, um sie nach gescheitertem Staatsstreich abservieren zu können. Boris Nikolajewitsch Jelzin scheinen sie alle nicht auf der Rechnung gehabt zu haben.


Der Mann auf dem Panzer


Die Legende erzählt von einem mit Gurten an das Krankenbett gefesselten Gorbatschow, der so gehindert werden sollte, seinen präsidialen Pflichten nachzukommen. Es könnte aber auch sein, daß er simulierte und sich absichtlich krankschreiben ließ. Um nach dem Schock der ersten Tage und stabilisierter Situation als der rechtmäßige Repräsentant des Notstandsregimes zurückzukehren oder aber sich – bei einem anderen Verlauf der Ereignisse – aus den Klauen der Putschisten befreien zu lassen. Durchaus möglich also, daß Michail Gorbatschow die Notstandskomiteeler – und nicht umgekehrt – verraten hat. Der völlig planlose, ja panikartige Verlauf der Verhängung des Ausnahmezustandes bestärkt die Vermutung, daß der Hauptverschwörer ausgefallen sein dürfte.

Das Bild über die Moskauer Augustereignisse, das sich am nachhaltigsten in der Erinnerung eingeprägt hat, zeigt den auf einem Panzer stehenden Boris Jelzin, der den Usurpatoren mutig die Stirn bietet und das »freie Rußland« verkündet. Dabei wird die Frage verdrängt, warum die bösen Putschisten dem Freiheitshelden alle Freiheiten ließen, sich als Vertreter der wahren Staatsmacht aufzuspielen? Warum sie nicht wenigstens versuchten, die Telefonleitungen zum Weißen Haus an der Moskwa zu kappen, wo der Oberste Sowjet der Russischen SFR, damals noch Jelzins Machtbasis, tagte? Der frühere Bürgermeister von St. Petersburg und »Demokrat der ersten Stunde« Anatoli Sobtschak sagte später, daß ein Zug Soldaten genügt hätte, um die gesamte russische Führung zu verhaften. So aber konnte Jelzin mit seinem Beraterstab am Morgen des 19. August von seiner Datscha in Ussowo ungehindert ins Moskauer Stadtzentrum fahren, um dort zum Widerstand gegen den Ausnahmezustand aufzurufen. Das läßt sich nur so erklären, daß sich die Komiteemitglieder in dem Irrglauben befanden, Jelzin würde sich an der Verschwörung, bei der der Kopf seines Widersachers Gorbatschow als Preis winkte, beteiligen. Waren die Verschwörer, denen immerhin der KGB-Chef angehörte, so naiv zu glauben, Jelzin würde sein Schicksal mit dem ihren verbinden, anstatt die Situation zu nutzen, sich an die Spitze der Kräfte der »russischen Wiedergeburt« zu stellen? Einer solchen Fehleinschätzung können selbst diese Putschdilettanten nur aufgesessen sein, wenn man davon ausgeht, daß der KGB auf der anderen Seite stand und seinem Chef einen üblen Streich gespielt hat.


Wie der Strick den Gehängten


Mit der Souveränitätserklärung hat Rußlands Oberster Sowjet die russische Staatlichkeit der sowjetischen gegenübergestellt – eine eindeutig verfassungswidrige Handlung. Aufgabe des Komitees für den Ausnahmezustand hätte es sein müssen, die Verfassungshoheit der UdSSR auf dem Territorium der Russischen Föderation wiederherzustellen und das russische Parlament aufzulösen. Dazu hatte es aber weder die Kraft noch den Willen. So kam es umgekehrt. Jelzin und die Seinen stellten die Verfassungshoheit Rußlands über die UdSSR her. Die Sieger von Moskau bestimmten über das Schicksal der gesamten Union, von der sich die baltischen Republiken und Georgien bereits losgesagt hatten. »Hier an dieser Stelle wird Großrußland geboren«, triumphierte der russische Vizepräsident Alexander Ruzkoj am 23. August, als der Umsturz vollzogen war. Damit meinte der spätere Jelzin-Gegner nicht die Entlassung aller Sowjetrepubliken in die Unabhängigkeit, sondern die Wiederherstellung des russischen Imperiums unter Einschluß der nichtrussischen Gouvernements. Dazu kam es nicht, da die der westlichen Wertegemeinschaft ergebenen »Demokraten« politisch korrekt allen imperialen Ambitionen entsagten.

Die Sowjetunion war ihrer Staatlichkeit bereits beraubt worden, noch bevor sie am Jahresende in Alma Ata offiziell aufgelöst wurde. Die Verkünder eines Ausnahmezustandes, den sie nie verhängten, hatten einen Staatsstreich simuliert, Boris Jelzin und die Seinen haben ihn mit Bravour ausgeführt.

Gorbatschow aber, von Jelzin in seiner Panzerrede als »verfassungsmäßig gewählter Präsident des Landes« tituliert, wurde aus der Gefangenschaft befreit und zu seiner Entmachtung nach Moskau zurückgebracht. Was Lenin 1917 anläßlich des Kornilow-Putsches über Kerenski sagte – wir unterstützen ihn, wie der Strick den Gehängten – ließ Jelzin nun Gorbatschow widerfahren. Wie einen Schuljungen ließ der russische Präsident den sowjetischen Präsidenten am 23. August im russischen Obersten Sowjet das Dekret über das Verbot der KPdSU, dessen Generalsekretär Gorbatschow immer noch war, verlesen.


Von der Perestroika…


Damit, daß der Abgang der Sowjetunion von der Geschichtsbühne so unmittelbar bevorstehe und daß er so ruhmlos verlaufen werde, hatte wohl niemand gerechnet, als Michail Sergejewitsch Gorbatschow im Februar 1985 zum Generalsekretär der KPdSU bestellt wurde. Nachdem zwischen 1982 und 1985 der Tod im Kreml ein- und ausgegangen war und die gesellschaftliche Stagnation kein Ende finden wollte, ruhten auf dem Mittfünfziger die Hoffnungen auf einen energischen Neuanfang. Der versprach auch, alles zu unternehmen, um das Potential des Sozialismus als einer dem Kapitalismus grundsätzlich überlegenen Gesellschaftsordnung besser zur Geltung zu bringen. Schon bald wurde klar, daß es einer radikalen Umgestaltung, einer Perestroika bedurfte. Doch diese endete in der Katastroika. Der Weg in letztere war zumindest am Anfang mit den besten sozialistischen Vorsätzen gepflastert.

Das »lebendige Schöpfertum der Massen« (Lenin) sollte neu geweckt werden. Die Stärkung des Eigentümerbewußtseins der werktätigen Massen schien dafür die beste Voraussetzung zu sein. Das wiederum machte mehr Möglichkeiten zur Einflußnahme, »mehr Demokratie« erforderlich. Und mehr Offenheit (»Glasnost«). Neue Formen der Selbstverwaltung sollten erprobt werden, um die Entfremdung des Volkes von der Macht zu überwinden. Das hörte sich alles noch sehr sozialistisch, egalitär und emanzipatorisch an.

Doch die Macht der staatssozialistischen Korruption erwies sich als stärker als alle Bestrebungen zur Überwindung der Deformationen in den gesellschaftlichen Beziehungen, die Kritik der Waffen als mächtiger als die Waffe der Kritik. Die Korruption hatte auch noch den gesellschaftlichen Diskurs korrumpiert. Anfänglich ob der Perestroika-Rhetorik verunsichert, sabotierte das bürokratisch-mafiose Geflecht unter Nutzung seiner realen Verfügungsgewalt über das Volkseigentum alle Veränderungsbestrebungen. Als dann aber das Volkseigentum zur Disposition stand, wandelten sich die Perestroika-Bremser zur innovativsten Kraft der Umgestaltung. Es begann mit dem im November 1986 verabschiedeten Gesetz über die Kooperativen, das mit Lenins Definition vom »Sozialismus als eine Gesellschaft zivilisierter Genossenschafter« theoretisch begründet wurde und die Entfaltung des sozialistischen Genossenschaftswesen zum Ziel hatte. In der Praxis bildete es das Einfallstor für die Privatisierung.


…zur Katastroika


Den Kooperativen, die als kollektive Eigentumsform galten, wurde die Möglichkeit eingeräumt, Lohnabhängige zu beschäftigen, wodurch das in der Schattenwirtschaft entstandene private Unternehmertum eine legale Eigentumsbasis erhielt. Der Prozeß der Verselbständigung des Gesellschaftseigentums beschleunigte sich enorm. Als die aktivsten und wendigsten Bereicherungsaktivisten des Volkes tat sich die Nomenklatura des Kommunistischen Jugendverbandes (Komsomol) hervor. Ihre »Klubs der jugendlichen Kreativität« – hinter denen sich Spielhöllen, Videoklubs usw. verbargen – wurden zu einer der Hauptquellen der ursprünglichen Akkumulation. Aus der »jungen Garde des Proletariats« war die junge Garde der Bourgeoisie geworden.

Das Gesetz über den sozialistischen Betrieb, das die Einrichtung von Räten der Arbeitskollektive vorsah, wirkte in einer Atmosphäre der Bereicherungsanarchie nahezu anachronistisch. Sozialistischer Demokratismus, wie ihn die frühe Perestroika verhieß, war völlig aus der Mode geraten. Die Diskursverschiebung vom Egalitarismus zum Elitismus war 1988 bereits deutlich erkennbar. Alexander Jakowlew, damals Ideologiesekretär der KPdSU, machte sich zum Fürsprecher der inoffiziellen Millionäre, indem er vehement gegen die Eigentumskontrolle polemisierte. Der Starökonom und spätere Moskauer Bürgermeister Gawril Popow sang gar ein Hohelied auf die Wirtschaftskriminalität. Die »Schuluki« (Gauner) seien der sozial aktivste Teil der Gesellschaft, meinte er. Sie verfügten als einzige über ausreichendes marktwirtschaftliches Know-how. Die neoliberale Hegemonie hatte sich des Sowjetlandes bemächtigt, noch bevor der Sozialismus offiziell verabschiedet worden war. So gab es ernsthafte Vorschläge, auch das Gesundheitswesen dem Prinzip der wirtschaftlichen Rechnungsführung, das heißt der Gewinn­erwirtschaftung zu unterwerfen. Umgekehrt machte sich die Belegschaft einer sibirischen Sargfabrik darüber Gedanken, daß weniger Bedarf an Särgen bestünde, wenn es den Menschen im Ergebnis der Reformen besser ginge, was wiederum die Gewinnaussichten der Sargtischler schmälern würde. Diese Sorge erwies sich freilich als völlig unbegründet.


Massen im Abseits


Dem sozialen Aktivismus der Geschäftemacher stand die soziale Trägheit der Massen gegenüber. Darin lag einer der Hauptgründe für das Scheitern der Perestroika. Sie war zu keiner Massenbewegung geworden. Die sowjetische Gesellschaft vermochte es nicht, aus dem Schatten des paternalistischen Systems zu treten. So blieb der alte Gesellschaftsvertrag – »Sie tun, als würden sie uns bezahlen, und wir tun, als würden wir arbeiten« – im wesentlichen bestehen. Die ursprüngliche Perestroika-Strategie ging zu Recht von der Annahme aus, daß das administrative Kommandosystem aus sich heraus nicht zu reformieren sei, daß es vielmehr eines radikalen Bruchs bedürfe. So wurde die Perestroika zum revolutionären Prozeß erklärt. Die Soziologin Tatjana Saslawskaja sprach von einer »zweiten sozialistischen Revolution«. Doch wer bildete das »revolutionäre Subjekt«? Um ein solches zu sein, hätten die Arbeiterklasse, die Kolchosbauernschaft und »revolutionäre Intelligenz« das bürokratische Regime, das in ihrem Namen die Macht ausübte, stürzen müssen. Nach Jahrzehnten sozialer Bevormundung war das werktätige Volk aus seinen eigenen Reihen heraus aber zu keinem revolutionären Handeln befähigt. Die Kommunistische Partei in ihrer Funktion als zentrales Machtorgan war es auch nicht. Denn die Unterordnung der Staatsmacht unter das Parteiregime hatte umgekehrt die Verstaatlichung der Partei zur Folge. Die KPdSU war zu einer Gefangenen des von ihr geschaffenen Regimes geworden.

Die wenig durchdachten, in sich widersprüchlichen Wirtschaftsreformen hatten eine ausufernde Trödel-Marktwirtschaft hervorgebracht und den Egoismus entfesselt, die Großindustrie aber völlig desoganisiert und damit die sozialistische Planökonomie – fast möchte man sagen: planmäßig – dem Untergang zugeführt. »So kann man nicht weiterleben«, lautete der Titel eines Theaterstückes, der die Stimmung breiter Volksschichten wiedergab.

Im Angesicht des wirtschaftlichen Desasters besann sich die Gorbatschow-KPdSU wieder des Primats der Politik. Ohne Reform des politischen Systems ginge auch in der Wirtschaft nichts weiter, hieß es. Auf der 19. Parteikonferenz im Juni 1988 beschloß die KPdSU, als Machtorgan abzudanken und sich dem politischen Wettbewerb zu stellen. Bei den Wahlen zu den Sowjetorganen sollten die Wähler zwischen verschiedenen Kandidaten die Wahl haben. Das Präsidentenamt wurde eingeführt. Ebenso die Institution des Kongresses der Volksdeputierten als jährlich zusammentretendes höchstes Machtorgan, der aus seinen Reihen die Mitglieder des Obersten Sowjets zu bestimmen hatte.


Der Gorbatschow-Plan


Auch wenn neben der KPdSU offiziell noch keine andere Partei zugelassen wurde, war dies der Beginn des Mehrparteiensystems. Die Gegenpartei zur Partei Lenins, die nur noch ein Schatten ihrer selbst war – ihr Generalsekretär Gorbatschow empfand seine Parteifunktion als eher lästigen Nebenjob –, machte sich unter dem Namen »Überregionale Fraktion« schon während der ersten Tage des Volksdeputierten-Kongresses wortgewaltig bemerkbar. So löblich die Idee war, die Sowjetmacht den gewählten Sowjetorganen zu überantworten, so selbstmörderisch für die Partei, aber auch für den Sowjetstaat erwies sie sich in der konkret-historischen Situation. Denn damit hatte die KPdSU den Kräften des antikommunistischen Umsturzes die Bühne freigegeben.

Am schlimmsten aber wog die Tatsache, daß es der Parteinomenklatura hinsichtlich der Verteidigung der sozialistischen Option an Eindeutigkeit mangelte.

Die Gruppe um Gorbatschow hatte die Selbstentmachtung der Kommunistischen Partei, nicht aber ihre eigene im Sinn. Der Staat sollte von der führenden Rolle der KPdSU befreit, das heißt entideologisiert werden. Die Partei gedachte man in Richtung Sozialdemokratie zu transformieren. Der Gorbatschow-Plan reflektierte die Interessen der herrschenden Eliten, den kapitalistischen Eigentumsumsturz aus dem System heraus und nach ihren Spielregeln zu organisieren. In völliger Verkehrung der deklarierten Perestroika-Ideale, die sozialistische Gerechtigkeit wiederherzustellen und die bürokratische Vorherrschaft über die Gesellschaft zu beenden, organisierte die Nomenklatura die soziale Enteignung der Volksmassen. Anstatt den Sozialismus von seinen Deformationen zu befreien, sollten die Deformationen vom Sozialismus befreit werden. Es ist müßig, darüber zu spekulieren, ob Gorbatschow von Beginn an diese Strategie verfolgt hat oder ob er irgendwann nur mehr der Logik der Ereignisse folgte.


Jelzins Antwort


Die Gorbatschow-Leute hatten nicht mit den Gegeneliten gerechnet. Die hatten mit Boris Jelzin einen Mann an ihrer Spitze, der als ein von der Nomenklatura Verstoßener auf die Sympathien seiner Landsleute zählen konnte. Auch wurde ihm zugute gehalten, ein direkt vom Volk gewählter Präsident zu sein. »Das Volk gegen die KPdSU« lautete das antikommunistische Narrativ. Das stimmte so nicht. Die Befürworter der sozialistischen Option erschienen nur deshalb hoffnungslos unterlegen, weil sie in der Gorbatschow-KPdSU keinen Rückhalt mehr fanden. Obwohl inzwischen offen antikommunistisch auftretend, hielten viele Sowjetbürger den ehemaligen Stadtparteisekretär von Swerdlowsk immer noch für den aufrichtigeren Kommunisten als den amtierenden Generalsekretär. »Für Jelzin und die Sowjetmacht« antwortete ein Großmütterchen auf die Frage, wen sie denn unterstütze.

Bedienten die »Demokraten« einen eher populistischen Antikommunismus, so argumentierten die Gorbatschow-Leute mitunter elitär antikommunistisch. Es war der Generalsekretär der ­KPdSU, der den Begriff »Neobolschewismus« als ein gegen die Systemopposition gerichtetes Schimpfwort kreierte. Sein Berater, der Politologe Andranik Migranjan, sah in den antikommunistischen Oppositionellen ob ihrer »aggressiven Bereitschaft zur Umverteilung« Wiedergänger der Oktoberrevolutionäre. »In einer neuen Windung der Geschichtsspirale treffen wir die Psychologie des Lumpensozialismus wieder«, schrieb er. Nur die von Gorbatschow geführte Partei, so die Botschaft, könne den Übergang kapitalistisch korrekt in die Wege leiten. Migranjans Befürchtung einer Sozialisierung des Eigentums durch die »Demokraten« hat sich in der Folge als völlig grundlos erwiesen.


Falsches Denken


Wie aus vom Spiegel jüngst veröffentlichten Dokumenten hervorgeht, hat Gorbatschow darauf gehofft, seinen im Westen erworbenen Bonus als Systemaussteiger im Moskauer Machtpoker einsetzen zu können. Als Erfinder des »neuen Denkens« hat er die Priorität der allgemein-menschlichen über die Klasseninteressen postuliert, dabei dem Sozialismus aber immerhin noch zugestanden, das friedfertigere System zu sein. Den Beweis dafür erbrachte er, als er die Sowjetunion aus dem Systemwettbewerb nahm, um die »Gewaltmechanik des Kalten Krieges« (W.F. Haug) zu beenden. Doch zieht der letzte KPdSU-Chef inzwischen die Erzählung vor, mit der Abschaltung der »totalitären Höllenmaschine« das größte Friedenshindernis aus dem Weg geräumt zu haben. Wie dem auch sei. Die Regie des antikommunistischen Staatsstreichs vom August 1991 hatte für Michail Sergejewitsch Gorbatschow nur noch eine Nebenrolle vorgesehen.


junge Welt, 19.08.2011




Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali


(english / deutsch / srpskohrvatski.

Nel corso di una recente visita a Pristina, contro ogni ipotesi di apertura della "frontiera" tra Serbia e Serbia il ministro degli Esteri tedesco "Guido Westerwelle ha dichiarato che la mappa dei Balcani è stata decisa e la questione di cambiamenti delle frontiere è chiusa" [Reuters 11/8/2011].
Ma chi ha deciso la mappa "definitiva" dei Balcani, in che occasione, e con quale autorità?
La cancelliera Angela Merkel in persona è stata ieri e oggi a Zagabria e Belgrado, sempre per ribadire che la Serbia deve piegarsi a riconoscere la mappa dei Balcani che è stata decisa... dai tedeschi. Altrimenti, niente accesso nella UE!
La prepotenza, l'arroganza, la protervia della politica estera tedesco-federale continua a perpetuarsi ancora, a 22 anni dall'Anschluss della DDR e a 20 anni dalla imposizione manu diplomatica dello squartamento della Jugoslavia. [a cura di Italo Slavo])

Deutscher Diktat

1) "Guido Westerwelle said the map of the Balkans had been decided and the issue of territorial changes was closed."
2) Westerwelles Hegemonie
3) UKAZATI MERKELOVOJ NA PROBLEMATIČAN POVRATAK SRBA U HRVATSKU
4) Prägende Faktoren (german-foreign-policy.com)


=== 1 ===

http://www.reuters.com/article/2011/08/11/us-kosovo-germany-idUSTRE77A41E20110811

Reuters - August 11, 2011

Germany rules out Kosovo partition on ethnic lines

By Fatos Bytyci

PRISTINA: Germany will oppose any partition of Kosovo, its foreign minister said Thursday following a warning by Kosovo Albanian leaders that Serbia wants its former province divided along ethnic lines.
Guido Westerwelle said the map of the Balkans had been decided and the issue of territorial changes was closed.
"For us it is clear that the situation and territorial integrity in this region is decided; this means this is out of discussion for us," Westerwelle said at a news conference with Kosovo's ethnic Albanian premier during a visit to Pristina.
Westerwelle said German Chancellor Angela Merkel will pass on the same message during a visit to Serbia later this month.
Kosovo declared independence from Serbia in 2008, nine years after NATO bombing halted a Serbian military crackdown on separatist ethnic Albanians. But 60,000 Serbs in north Kosovo rejected the breakaway and still deem Belgrade their capital.
Some Serbian officials have floated the idea of partitioning Kosovo, effectively hiving off its northern Serb enclave.
Violence flared in the enclave two weeks ago after Pristina authorities tried to seize border posts controlled by Serbs in order to enforce a ban on imports from Serbia and gain control of its northern part.
One Kosovo police officer was shot dead and Serb mobs blocked all the roads in the north and torched a border station.
...

With 1,023 troops, Germany has the biggest military contingent in Kosovo's NATO peacekeeping mission (KFOR). It is sending another 500 after the recent violence.
Mediated by the NATO commander in Kosovo, a German general, Serbia and Kosovo last week reached a temporary deal to ease tension through mid September when Belgrade and Pristina are scheduled to resume talks in Brussels to resolve trade issues.
However, ethnic Serbs in Kosovo have only partially accepted the accord and have not completely removed roadblocks.
Under the deal, KFOR will continue to guard two border posts and let civilians pass in and out of Kosovo. No goods from Serbia will enter Kosovo but Pristina will not send its police and customs officers to the northern border posts.
After arresting recently the two last Bosnian Serbs wanted for war crimes in Bosnia's conflict, Serbia's road to join the European Union now partly depends on its relations with Kosovo.
Although Germany, the United States and most EU members have recognized Kosovo's independence, Belgrade, with the backing of Russia and China, does not.

(Additional reporting by Branislav Krstic in Mitrovica, editing by Adam Tanner and Mark Heinrich)


=== 2 ===

www.jungewelt.de

Westerwelles Hegemonie

Von Sevim Dagdelen (*)
junge Welt, 12.08.2011

Oft wird behauptet, Außenminister Westerwelle wären die Schuhe seines Vorgängers Genscher zu groß. Angesichts der Balkanreise des Liberalen kann man aber jetzt schon sagen: Westerwelle schaut zumindest schon mal, ob sie nicht doch passen. Hatte Genscher Anfang der 90er Jahre mit seiner Anerkennungspolitik gegenüber Slowenien und Kroatien, gegen alle internationale Kritik, die Kriege auf dem Balkan regelrecht mit heraufbeschworen, hört man jetzt von Westerwelle, nachdem mit deutscher Hilfe so viele Grenzen neu gezogen wurden, die territoriale Integrität der Staaten in der Region sei für Deutschland »unverhandelbar«. Ein Zynismus ohnegleichen.

Wieder einmal ist es die deutsche Außenpolitik, die auf dem Balkan vorprescht. Als erster Außenminister nach den schweren Unruhen im Norden des Kosovo, wegen der erneuten Provokationen der kosovo-albanischen Administration mit Hilfe des deutschen NATO-Generals Bühler, besucht Westerwelle die Region. Und er trifft sich mit dem »Regierungs chef« Hashim Thaci. In einem Bericht des Europarates werden dem früheren UCK-Kommandeur zahlreiche Verbrechen gegen die Menschlichkeit vorgeworfen. Westerwelles politische Gespräche sind ein offener Affront gegen diejenigen EU-Mitgliedstaaten, die die völkerrechtswidrige einseitige Unabhängigkeitserklärung des Kosovo nicht anerkannt haben, wie Zypern, Spanien, Griechenland, Rumänien und die Slowakei. Als Gipfel der Provokationen besucht Westerwelle auch noch einen der umstrittenen Posten im Nordkosovo – an jener »Grenze«, die seine Soldaten schützen, nachdem er an deren Ziehung beteiligt war.

Offensichtlich will Westerwelle damit auch die Politik der Einschüchterung der serbischen Bevölkerung zelebrieren. Sie soll ihren Widerstand gegen NATO und UCK-Administratoren endlich aufgeben und sich in ihr Schicksal fügen. Die Botschaft ist unmißverständlich: Deutschland ist auf dem Balkan wieder die hegemoniale Macht.

In zwei Wochen soll Kanzlerin Merkel bei ihrem Besuch in Belgrad die Serben ins Gebet nehmen. Entweder ihr verzichtet auf das Kosovo oder ihr kommt nicht in die EU, so das Berliner Diktat. Es bleibt abzuwarten, welche Antwort die serbische Regierung dem deutschen Ultimatum geben wird. Eine Zustimmung zu einer derartigen völkerrechts- und europarechtswidrigen Erpressung würde bedeuten, daß Serbien seiner demokratischen Verpflichtung, seine Bürger und sein Territorium im verfassungs- und völkerrechtlichen Sinne zu schützen, nicht nachkommt. Und schlimmer: Es würde den Schlußstein setzen für die deutsche Hegemonie auf dem Balkan. Deutschland hätte erfolgreich eine Politik der Drohungen und Gewalt an die Stelle des Völkerrechts gesetzt.

(*) Die Autorin ist Mitglied im Auswärtigen Ausschuß des Bundestages und Sprecherin für Internationale Beziehungen der Fraktion Die Linke
 

=== 3 ===

http://www.jadovno.com/asocijacija-pregled-novosti/items/ukazati-merkelovoj-na-problematican-povratak-srba-u-hrvatsku.html

Association of Refugees and other associations of Serbs from Croatia


23.8.2011 10:02

UKAZATI MERKELOVOJ NA PROBLEMATIČAN POVRATAK SRBA U HRVATSKU


BEOGRAD, 23. AVGUSTA /SRNA/ - Delegacija izbjegličkih udruženja Srba iz Hrvatske predaće danas u njemačkoj Ambasadi u Beogradu pismo njemačkom kancelaru Angeli Merkel u kome su nabrojani svi problemi koji sprečavaju povratak Srba u Hrvatsku.
"U pismu koje će biti uručeno Merkelovoj ukazaćemo da je u pregovorima Hrvatske sa EU zatvoreno Poglavlje 23 `Pravosuđe i temeljna ljuska prava`, a da su ostala mnoga neriješena pitanja. Umjesto da snosi konsekvence, Hrvatska će biti nagrađena prijemom u članstvo EU", rekao je Srni predsjednik Asocijacije izbjegličkih i drugih udruženja Srba iz Hrvatske Milojko Budimir.
On je podsjetio da je poslije egzodusa iz Hrvatske delegaciju Udruženja Srba iz Hrvatske u njemačkoj Ambasadi u Beogradu 16. maja1996. godine primio tadašnji ministar inostranih poslova Njemačke Klaus Kinkel.
Prema Budimirovim riječima, tema razgovora sa Kinkelom bio je težak položaj izbjeglica i njihov povratak u Hrvatsku, a zatražena je i podrška njemačke Vlade za brži povratak izbjeglica u Hrvatsku.
"Tom prilikom uručen je Memorandum u kome je traženo da se Vlada Njemačke i lično ministar Kinkel zauzmu da hrvatsko rukovodstvo dosljedno provodi Dejtonski i Erdutski sporazum i druge dokumente usvojene radi ostvarivanja ljudskih prava srpskog naroda u Hrvatskoj", podsjeća Budimir.
On je naveo da je od susreta sa Kinkelom prošlo punih 15 godina, a da se gotovo ništa značajno na tom planu nije desilo.
"Hrvatska nije ispoštovala preuzete obaveze iz međunarodnih i bilateralnih ugovora, ignorišući pravične zahtjeve izbjeglih i prognanih Srba iz Hrvatske. Ovo je i bio razlog da se pristupi pokretanju peticije koju je potpisalo blizu 100 000 izbjeglih i prognanih Srba, kao i onih građana Srbije čija je imovina ostala u Hrvatskoj", kaže Budimir.
On postavlja pitanje da li će protjerani Srbi iz Hrvatske morati čekati još sljedećih 15 godina nekog drugog predstavnika iz Njemačke da mu se obrate na isti način kako je to učinjeno još 1996. godine?
"Očito je da Hrvatska kupuje vrijeme, a uz pomoć svojih mentora to joj vješto polazi za rukom", ističe Budimir.
On pita kako da se sa ovim problemima nose prognani Srbi "kada Hrvatska u posljednje vrijeme ignoriše i odluku pape, iako je Vatikan imao posebne zasluge za njenu samostalnost".
"Njemačka lobira za nezavisno Kosovo, a šta je sa našim pravima koja smo imali - Srbi su bili konstitutivan narod, a Albanci na Kosovu i Metohiji samo nacionalna manjina", navodi Budimir.
Prema njegovim riječima, ovakva dvojna mjerila sigurno neće doprinijeti miru u regionu, nego će samo pokrenuti nove sukobe i nestabilnost.
"Da se to preduprijedi, treba ukinuti dvojna mjerila i sve učiniti da u ovom posljednjem ratu nema pobjednika i gubitnika. Za sada, Srbi iz Hrvatske su najveći gubitnici", konstatuje Budimir.
On zaključuje da je velika odgovornost Njemačke za ono što se dogodilo sa SFRJ za vrijeme proteklog građanskog rata.
"Njemačka je među prvima priznala samostalnost Hrvatske i za svo ovo vrijeme lobirala kod drugih zemalja oko njenog prijema u članstvo EU", kaže Budimir.
On navodi da je Merkelova trebalo da o ovoj problematici razgovara sa predsjednicom hrvatske Vlade Jadrankom Kosor tokom posjete Zagrebu i da je "usput upita kada i sama misli napustiti srpski stan koji je uzurpirala i u kome živi već godinama".
"Na ovaj način Kosorova svojim primjerom pokazuje da se ne vraća više od 40 000 oduzetih srpskih stanova, što je jedan od razloga zašto u Hrvatsku nema povratka", dodaje Budimir.
On smatra da program stambenog zbrinjavanja ne može biti supstitucija za oduzeta stanarska prava.
Delegacija izbjegličkih udruženja Srba iz Hrvatske najavila je da će predati pismo za Merkelovu u 10.00 časova.



=== 4 ===

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58124

Prägende Faktoren
 

23.08.2011

ZAGREB/BELGRAD/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Neue Unruhen im Süden Serbiens gehen dem heutigen Besuch der deutschen Kanzlerin in Belgrad voraus. Wie es in Berlin heißt, wird Kanzlerin Angela Merkel von der serbischen Regierung erneut die Anerkennung der kosovarischen Sezession verlangen. In Serbien gilt es als ausgeschlossen, sich dieser deutschen Forderung zu beugen. Ein entsprechender Vorstoß des Regimes in Priština hat erst unlängst zu schweren Unruhen geführt, die am Wochenende erneut aufflammten. Als besondere Provokation gilt den serbischsprachigen Bevölkerungsteilen des Kosovo das deutsche Verlangen, sich dem gegenwärtig an der Macht befindlichen kosovarischen Ministerpräsidenten unterzuordnen. Experten bezeichnen den Mann als Kopf einer Mafiaorganisation, die für den Mord an hunderten Serben und für den Handel mit deren Organen verantwortlich sein soll. Kriminelle Banden waren Deutschland und dem Westen nicht nur bei der Abspaltung des Kosovo, sondern zuvor auch bei der Loslösung Kroatiens und Montenegros aus dem jugoslawischen Staatsverbund behilflich. Die Folgen - Nationalismus und Gewalt - prägen die Nachfolgestaaten Jugoslawiens bis heute, insbesondere auch Kroatien, das die Bundeskanzlerin am gestrigen Montag zum bevorstehenden EU-Beitritt beglückwünschte.

Proteste

Dem heutigen Besuch der deutschen Kanzlerin in Belgrad gingen am Wochenende Unruhen im Süden Serbiens voraus. Bereits Ende Juli war es zu schweren Auseinandersetzungen gekommen, nachdem das Regime in Priština Einfuhrsperren für Waren aus den übrigen serbischen Provinzen verhängt und dann schwerbewaffnete Polizeieinheiten an Kontrollpunkte im Norden des Kosovo entsandt hatte, um den Import etwa von Lebensmitteln in die serbischsprachigen Kommunen im Norden des Kosovo zu verhindern. Die Bundeswehr entsandte zusätzliche Truppen nach Serbien; man habe mit knapper Not blutige Kämpfe zwischen albanisch- und serbischsprachigen Gruppen verhindern können, heißt es. Bundeskanzlerin Merkel wird am heutigen Dienstag in Belgrad über die Unruhen diskutieren und dabei die serbische Regierung erneut dazu auffordern, die völkerrechtswidrige Sezession des Kosovo anzuerkennen. In Serbien gilt das als völlig ausgeschlossen. Am Wochenende kam es nun erneut zu heftigen Auseinandersetzungen zwischen der NATO und der serbischsprachigen Minderheit des Kosovo, die nicht bereit ist, das Regime in Priština zu akzeptieren. Die Lage bleibt angespannt.

Die Mafia an der Macht

Die deutsche Forderung, das Regime in Priština anzuerkennen, gilt der serbischsprachigen Minderheit im Kosovo auch deswegen als besondere Provokation, weil es von mafiösen Kräften durchsetzt ist - die Führungsspitze eingeschlossen. Ministerpräsident Hashim Thaçi, der beansprucht, als Regierungschef die gesamte Provinz zu führen, wird von Experten als Kopf einer Mafiabande bezeichnet, die unmittelbar nach dem NATO-Krieg gegen Jugoslawien im Jahr 1999 hunderte Serben nach Albanien verschleppt und dort ermordet habe - um deren Organe sodann gewinnbringend dem weltweiten Organhandel zuzuführen (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Bei der Mafiabande handelte es sich um die Terrormiliz UÇK, die von dem schon damals als Mafiaboss eingestuften Thaçi kontrolliert wurde und unter Thaçis Leitung der NATO während des Krieges faktisch als Bodentruppe gegen die jugoslawischen Streitkräfte diente. Weitere Mitglieder der UÇK, die heute im Kosovo hohe politische Ämter innehaben, werden beschuldigt, Handel mit Frauen und Mädchen zu treiben (german-foreign-policy.com berichtete [2]). Gerichtsverfahren gegen sie sind bislang gescheitert - wie es heißt, weil Zeugen ermordet wurden oder aus Furcht jegliche Aussage verweigerten.[3] Die damaligen UÇK-Milizionäre galten in Jugoslawien als Kriminelle und wurden polizeilich verfolgt; nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO kamen sie in Priština unter westlicher Aufsicht an die Macht.

Unter den Augen Berlins

Kosovo ist nicht das einzige Gebiet des ehemaligen Jugoslawien, dessen Abspaltung Berlin und der Westen mit Hilfe krimineller Banden erzwangen. Auch die Loslösung Montenegros im Jahr 2006 erfolgte nach intensiver Vorarbeit mafiöser Gruppen. Deutsche Polizisten werfen zum Beispiel dem Gründungspräsidenten Montenegros, Milo Đukanović, vor, im Verlauf seiner politischen Karriere mit dem Schmuggel von Zigaretten ein Vermögen verdient - und damit vor allem auch die Sezession des Landesteiles finanziert zu haben. So klagte etwa ein Ermittler vom Zollfahndungsamt München, Đukanović habe "Steuerhinterziehung in Milliardenhöhe" betrieben - "unter den Augen der EU". Die zuständigen Stellen in Deutschland seien stets informiert gewesen, aber niemals gegen Đukanović eingeschritten.[4] Im vergangenen Jahr erregte Đukanovićs Angebot größeres Aufsehen, einem international gesuchten Rauschgiftschmuggler die montenegrinische Staatsbürgerschaft zu verleihen - schließlich sei er "nicht vorbestraft".[5] Noch im Juni hieß es in der deutschen Presse, die "Verbindungen zur Organisierten Kriminalität" [6] reichten in Montenegro "bis in höchste Regierungskreise". Sie bilden allerdings, ganz wie im Fall des Kosovo, eine wirtschaftliche Grundlage für den ansonsten ökonomisch recht schwachen Staat.

NS-Kollaborateure

Besonders lange zurück reichen die bundesdeutschen Verbindungen zu kriminellen Kreisen in Sachen Abspaltung Kroatiens. Bereits in den 1960er Jahren, als sich dort erste sezessionistische Tendenzen erkennen ließen, nahm der Bundesnachrichtendienst (BND) Kontakte zu kroatischen Autonomiebefürwortern auf. Kontakte unterhielt er ohnehin zu exilkroatischen Kreisen innerhalb der Bundesrepublik, etwa zum bundesdeutschen Präsidenten eines Kroatischen Nationalkomitees, der sich rühmte, der eigentliche Gründer der mit den Nazis kollaborierenden Ustaša gewesen zu sein. Die kroatische Exilgemeinde in der Bundesrepublik, die sich zu erheblichen Teilen aus alten Ustaša-Kollaborateuren zusammensetzte, war recht gewalttätig: In den 1960er und 1970er Jahren gingen zahlreiche Mordanschläge auf ihr Konto. In den 1980er Jahren seien unter den kroatischen Sezessionisten "alle Entscheidungen in strategischen und personellen Fragen" in enger Absprache "mit BND-Instanzen und Ustaša-Repräsentanten getroffen worden", berichtet der Geheimdienst-Experte Erich Schmidt-Eenboom.[7] Die Partizipation des gewalttätigen Ustaša-Milieus war so gesichert.

Kriegsverbrecher

Der Sezessionskrieg, den die Bundesrepublik mit der im Alleingang durchgesetzten Anerkennung der kroatischen und slowenischen Sezession Ende 1991 befeuerte, machte sodann den Weg für die gewalttätigsten Milieus der kroatischen Gesellschaft frei. Ein Beispiel war der kroatische General Ante Gotovina, dessen mörderische Offensive in der Krajina vom August 1995 deutsche Medien begeistert lobten. "Der Erfolg der kroatischen Armee ist überwältigend", hieß es in der Presse.[8] Gotovina wurde im April 2011 vom Haager Jugoslawien-Tribunal zu 24 Jahren Haft verurteilt - wegen schwerster Kriegsverbrechen in der Krajina. Der Sänger Marko Perković, der Anfang der 1990er Jahre mit alten Ustaša-Liedern kroatische Milizionäre anfeuerte, gehört bis heute zu den bekanntesten Stars Kroatiens; seine nationalistischen Hymnen locken Zehntausende auf Konzerte. Perković (Künstlername: "Thompson" [9]) singt bis heute Zeilen wie "Oj, Neretva, fließ abwärts, treib die Serben in die blaue Adria" - und wird von den Massen fanatisch gefeiert. Der Krieg, dem er seine Karriere verdankt, wurde von der Bundesrepublik von Beginn an unterstützt, zunächst mit Waffenlieferungen und politischer Hilfe, später mit der Bundeswehr. An ihm beteiligten sich auch Militärs wie Agim Çeku, damals kroatischer Kommandeur - unter anderem in der Krajina -, später UÇK-Befehlshaber, wegen schwerster Kriegsverbrechen in beiden jugoslawischen Zerfallskriegen angeklagt und von 2006 bis 2008 kosovarischer Ministerpräsident.

Kein Absterben

Die kroatische Ministerpräsidentin Jadranka Kosor, mit der Bundeskanzlerin Merkel am gestrigen Montag zusammengetroffen ist, rühmte sich vor kurzem, zwei kroatischen Generälen den Rücken gestärkt zu haben, die wegen schwerer Kriegsverbrechen in Den Haag verurteilt worden sind. Wie die zum Zwecke der Zerschlagung Jugoslawiens von Berlin unterstützten mafiösen Strukturen bis heute die Macht im Kosovo und in Montenegro innehaben, so herrschen in Kroatien die extremen Nationalisten, die die Bundesrepublik einst stärkte, um Zagreb von Belgrad zu trennen. "Der extremistische Nationalismus stirbt nach dem EU-Beitritt keinesfalls ab", urteilt ein Südosteuropa-Experte von der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).[10] Die brutalen Elemente, deren sich Deutschland einst bediente, um den Kontinent neu zu ordnen, prägen in Zukunft auch die EU.

[1] s. dazu Organhandel und Ein privilegierter Partner
[2] s. dazu Unter deutscher Aufsicht und Die Mafia als Staat (II)
[3] s. dazu Politische Freundschaften und Heldenfigur
[4] s. dazu Die Wiederauferstehung Jugoslawiens
[5] Montenegro wieder im Visier der Mafiajäger; eu-info.de 22.02.2010
[6] Kandidat in Handschellen; www.faz.net 19.06.2011
[7] Erich Schmidt-Eenboom: Der Schattenkrieger. Klaus Kinkel und der BND, Düsseldorf 1995
[8] Zagreb fühlt sich wieder sicher; www.welt.de 07.08.1995
[9] "Thompson" ist die Marke der Maschinenpistole, die Perković im kroatischen Sezessionskrieg benutzte.
[10] Die Kanzlerin in Zagreb und Belgrad; www.euractiv.de 22.08.2011



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



(sulla censura in atto anche in Italia a proposito delle stragi contro i civili che gli aerei della NATO stanno commettendo si veda ad esempio il caso di Zliten, Libia, 8 agosto 2011:

PHOTOS:
NATO Massacres of Civilians Aimed at "Cleansing" the Libyan People's Resistance
By Mahdi Darius Nazemroaya - Global Research, August 10, 2011
VIDEO:
NATO massacre in Zlitan, August the 8th/9th 2011.
A large number of casualties occurred in the city of Zliten, in the district of Misurata. In Zliten, 85 people were killed including 33 children, 32 women, and 20 men as a result of NATO's deliberate targeting of residential areas and civilian infrastructure. Many of the injured civilian victims are in critical condition and near death.
Zliten has been under constant NATO bombardment for several days. The recent NATO attacks started at about 11:30 p.m. EET on August 8, 2011. At least 7 civilian homes belonging to local farmers were destroyed, killing entire families. In all 20 families were the targets of the NATO bombings. 
This video exposes the media's role of covering up the truth.
The mainstream media did not report about this properly or accurately. The media did this to whitewash NATO's war crimes against the Libyan people.

Le massacre de l'OTAN à Majir et la propagande impériale
par Julien Teil, Mathieu Ozanon - RÉSEAU VOLTAIRE | TRIPOLI (LIBYE) | 17 AOÛT 2011

NATO airstrike kills dozens of civilians east of Tripoli
By Kate Randall - 10 August 2011


I giornalisti che praticano la propaganda di guerra, dovranno risponderne 

di Thierry Meyssan


La guerra di propaganda è entrata in una nuova fase con l’azione coordinata delle reti delle TV satellitari. CNN, France24, BBC e Al Jazeera sono diventati strumenti d’intossicazione per giustificare la demonizzazione dei governi e le aggressioni armate. Queste pratiche sono illegali secondo il diritto internazionale e l’impunità dei loro autori deve cessare.

RETE VOLTAIRE | TRIPOLI (LIBIA)  | 15 AGOSTO 2011

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Il trattamento attuale delle informazioni su Libia e Siria, ha segnato una svolta nella storia della propaganda di guerra, nel senso che utilizza nuove forme che hanno colto di sorpresa il pubblico internazionale.
Quattro potenze, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Qatar, hanno uniti i loro mezzi tecnici per avvelenare la "comunità internazionale". Si tratta principalmente della CNN (che, anche se privata, agisce in il coordinamento con le unità di guerra psicologica del Pentagono), France24, BBC e Al Jazeera.
Questi media sono utilizzati per attribuire falsamente ai governi di Libia e Siria dei crimini che non hanno commesso e per coprire i crimini commessi dai servizi segreti delle potenze di cui sopra e della NATO.
Ricordiamo il precedente su scala ridotta del 2002. Globovision aveva trasmesso le immagini in diretta di una rivoluzione popolare guidata del legittimo presidente Hugo Chavez e le immagini di militanti pro-Chavez sparare sui manifestanti dell’opposizione, uccidendoli. Questa messa in scena aveva permesso di nascondere un colpo di stato militare orchestrato da Washington con l’aiuto di Madrid. Tuttavia, dopo che una sollevazione popolare genuina aveva messo fine al golpe e restaurato il presidente eletto, inchieste giudiziarie e giornalistiche hanno dimostrato che la rivoluzione filmata da Globovision non era che un video falsificato, e che mai i chavisti avevano sparato sulla folla, ma invece erano state vittime dei cecchini armati dalla CIA.
Oggi è lo stesso, ma con un consorzio di canali satellitari. Essi mostrano le immagini di eventi mai avvenuti in Libia e Siria. Cercano di far credere che la maggioranza dei libici e dei siriani vogliono rovesciare le loro istituzioni politiche e che Muammar Gheddafi e Assad massacrano i propri popoli. Sulla base dell’intossicazione, la NATO ha attaccato la Libia e sta per attaccare la Siria.
Ora, dopo la seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato quattro volte una legge per vietare e condannare tali pratiche.
La Risoluzione 110 del 3 novembre 1947, relativa a "Misure da prendere contro la propaganda in favore di una nuova guerra e contro coloro che la incitano", sanziona la "propaganda volta a provocare o incoraggiare una qualsiasi minaccia alla pace, violazione della pace o un qualsiasi atto di aggressione".
La Risoluzione 381 del 17 Novembre 1950, consolida tale dichiarazione, condannando la censura delle informazioni avverse, come parte integrante della propaganda contro la pace.
Infine, la Risoluzione 819 dell’11 dicembre 1954, su "l’eliminazione degli ostacoli al libero scambio delle informazioni e delle idee", pone la responsabilità dei governi nel rimuovere gli ostacoli che impediscono il libero scambio di informazioni e idee.
In tal modo, l’Assemblea Generale ha sviluppato la sua dottrina sulla libertà di espressione: ha condannato le menzogne che portano alla guerra e ha eretto il libero flusso di informazioni e idee e il dibattito critico, ad armi al servizio della Pace.
La parola, e più ancora l’immagine, possono essere utilizzato per preparare i peggiori crimini. In questo caso, l’avvelenamento da parte di CNN, France24, BBC e Al Jazeera sono "crimini contro la pace". Essi devono essere considerati i più gravi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi oggi dalla NATO in Libia e dalle agenzie di intelligence occidentali in Siria, in quanto li preparano e li rendono possibili.
I giornalisti che praticano la propaganda di guerra devono essere processati dalla giustizia internazionale.



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




ELIMINAZIONE DELLE FESTIVITA' INFRASETTIMANALI E RELATIVI PONTI


PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA DELLA LOGGIA P2 (testo sequestrato a Maria Grazia Gelli nell'estate 1982).

Tra i programmi (attività di governo) leggiamo:

 
b3) eliminazione delle festività infrasettimanali e dei relativi ponti (salvo 2 giugno - Natale - Capodanno e Ferragosto) da riconcedere in un forfait di 7 giorni aggiuntivi alle ferie annuali di diritto;


una prima parte era già stata realizzata nel 1977, con l'eliminazione di alcune festività (civili e religiose) e la "concessione" di 6 giorni di festività soppresse. bontà loro, la P2 (di cui è tesserato 1816 il Cavaliere di governo) aveva lasciato il 2 giugno, che l'attuale governo vuole togliere, ed i giorni da fruire in alternativa, che questo governo non solo non ci "concede", ma ce ne ha addirittura scippato uno, per la festività (non richiesta dai lavoratori) del 17 marzo, unità d'Italia.


(segnalato da C. Cernigoi)



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




(Sul tema delle "rivoluzioni colorate" e delle tecniche di guerra psicologica usate per evertere Stati sovrani ed imporre regimi di schiavi della NATO si vedano anche tutti i link alla nostra pagina: https://www.cnj.it/documentazione/eversione.htm )

The Revolution Business

June 2011 - Democratic change has been demanded across the Middle East. But was what seems like a spontaneous revolution actually a strategically planned event, fabricated by 'revolution consultants' long in advance?

Revolution consultants are the worst nightmare of every regime. Srdja Popovic was a founder of the organisation 'Otpor', a revolution training school. It was instrumental in the overthrow of Slobodan Milosevic in the 1990s and has now inspired a new generation of activists. Political commentators like William Engdahl are convinced Otpor is being financed by the USA. "The people from Otpor gave us a book in which they described all their strategies", says Ezzedine Zaatour of the Tunisian uprising. That book was written by an American, Gene Sharp, and is now considered the "revolution guide book", being used by opposition movements worldwide. As Optor release their latest gadget, a resistance training computer game sponsored by American organisations, world leaders are voicing their concerns. "This is called a gentle coup!", insists Hugo Chavez.

WATCH THE VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=lpXbA6yZY-8


Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




(Questo articolo in lingua italiana:
https://www.cnj.it/documentazione/interventi/marx21ernesto2011.pdf
Nessuna Europa senza la Jugoslavia. Analisi a venti anni dalle prime secessioni

PDF: https://www.cnj.it/documentazione/interventi/marx21ernesto2011_sh.pdf) 

Nema Europe bez Jugoslavije


A. Martocchia (*)


(*) sekretar Italijanske koordinacije za Jugoslaviju. 

Prevod: D. Kovačević



Zapravo je očito postojao plan protiv te tadašnje Države koja je, po meni, predstavljala model za budući evropski federalizam. Ta se država zvala Jugoslavija u kojoj su brojne narodnosti bile uključene u federativni sistem koji je uspešno omogućavao jednaka prava, napredak i razvoj njenih stanovnika, te bih rekao da je ona celom svetu davala primer kako je zajednički život moguć (Slobodan Milošević)1



Na dan 25. juna 2011. ima tačno dvadeset godina od jednostranog proglašenja nezavisnosti Slovenije i Hrvatske, posle kojih je u Jugoslaviji izbio rat:u stvari, te deklaracije označile su prelazak u fazu masovnog kretanja vojski i njihovih gotovo neprestanih sudara na bojnom polju. Celom tom procesu raspada možemo dodeliti i jedan vremenski raspon koji počinje 5. novembra 1990. godine kada je Kongres SAD odobrio zakon 101/513 kojim je "obznanio rat" SFRJ i naredio da se novim "demokratskim" tvorevinama pruža direktna finansijska pomoć (tj. nacionalistima i secesionistima), a okončava se 4. februarom 2003. godine kada je Skupština SRJ izglasala rađanje jedne formalne i kratkotrajne "Unije Srbije i Crne Gore", poništavajući na taj način naziv "Jugoslavija" sa geografskih karata Evrope. U stvarnosti je proces razdruživanja počeo pre 1990. godine i dobro je poznato da se jugoslovenska kriza ni do današnjeg dana ne može smatrati okončanom.


***


Jedan drugi datum može da se tretira kao znak da neki obrnuti proces, drugačiji od raspadanja, barem kada se radi o sadašnjem istorijskom momentu, ne postoji: radi se o 17. decembru 1991. godine. Na taj dan je u Mastrihtu bilo prineto kao žrtva, jugoslovensko jedinstvo i samim tim, mir i saradnja među narodima na evropskom kontinentu, a sve da bi se ispunila želja nemačkom kancelaru Helmutu Kolu u vidu plaćanja cene za pokretanje procesa evropskog političkog ujedinjenja. O tom ciničnom pregovaranju pripovedao je Đani De Mikelis, koji je na toj konferenciji učestvovao.2


Vrlo je brzo došao do izražaja taj paradoksalni i protivurečan proces zbog koga je u Evropskoj uniji trebalo da se ostvaruje i učvršćuje njeno jedinstvo, dok su se u samom srcu tog istog kontinenta rasparčavale čitave države koje su, celovite ili pak podeljene, postajale međusobni vojni protivnici, pa i predmet bombardovanja od strane te iste EU. Činjenica je da su danas, barem kratkoročno posmatrano, iz vidokruga iščileli, kako jedinstvo Jugoslavije, tako i političko jedinstvo Evrope. Ova potonja, dok se u međuvremenu proširivala sa 12 na čak 27 država članica, je sve više pokazivala znake neuspeha upravo u pogledu odabrane međunarodne i geostrateške politike koju je sledila. Kada je 17. februara 2008. godine na Kosovu, pod nacionalističkom albanskom upravom, usledilo još jedno proglašenje "nezavisnosti" u okviru jugoslovenskog prostora na teritoriji vojno okupiranoj od strane NATO, EU se pred jednim novim događajem našla bespovratno podeljena. Španija, Grčka, Rumunija, Slovačka i Kipar nisu priznale novu "državicu", čime su stvarnosno afirmisali hipotezu zlokobnog francuskog ministra inostranih poslova, Bernarda Kušnera - jednog od najodgovornijih za jugoslovensku i kosovsku tragediju - po kome su države članice EU «slobodne da po svom nahođenju odluče o priznavanju Države Kosovo » (sic). Usprkos zajedničkoj spoljnoj politici!


Neuskladiva diferencijacija evropskih država u vezi Kosova, time je razotkrila krizu navodnog deklarativnog jedinstva evropske politike:čak je i jedan savršeni evropeista kao što je Romano Prodi, koji je februara o.g. iskazivao kritička zapažanja kako je, zbog tendencije premoći francusko-nemačke alijanse koja nameće model "germanske Evrope", u EU nemoguće dogovaranje opštih i opštevažećih pravila, u intervjuu datom Bianki Berlinguer u momentu izbijanja libijske krize, izrekao jedan eksplicitan pogrebni rekvijem: « Čujte, ja i ne pomišljam više na moguće zajedničke evropske poteze u sferi spoljne politike! ».3 Niko ne bi mogao da kaže da on nije u pravu, obzirom da je jednostrana francuska akcija protiv Libije, razbila čak i tu istu francusko-nemačku osovinu.


***


Kada se bolje pogleda, upravo je održanje političkog jedinstva na jugoslovenskim prostorima, moglo da bude od velike koristi za realizaciju mnogo šireg i složenijeg procesa evropske političke unifikacije. To predstavlja činjenicu zbog opšte poznatog principa jedne politike vezane za mir, suživot i neophodnu klimu poverenja među narodima, a koji se, bez obzira na svu lepotu deklaracija, kao takav, degenerisao posle svih onih geopolitičkih procesa pokrenutih posle pada Berlinskog zida (1989);dočim bi održanje jugoslovenskog subjektiviteta u srcu Evrope, predstavljalo velik doprinos čak i u traganju za jednim originalnim i pozitivnim putem u budućnost evropskih socijaldemokratskih perspektiva.


Ovo stoga, jer ne možemo da smetnemo s uma da razmenska vrednost roba nije bila negirana u jugoslovenskom socijalističkom sistemu, već upravo priznavana. Njom se "upravljalo" u svrhe kolektiva, a ne samo za pojedinačne interese: tako da se radilo o socijalističkoj tržišnoj ekonomiji. Nedavno je neko zapazio4 da se izraz "društvena tržišna ekonomija" pojavljuje u tekstu Lisabonskog dogovora5, ali sa nedefinisanim i varljivim smislom:


Taj izraz deluje "promotivno i propagandistički", obzirom da se pri pokušaju da "objedini zaštitu nejakih društvenih slojeva sa kapitalističkim razvojem", koristi sa dva koncepta ("tržišna" i "društvena" ekonomija) koje su međusobno protivurečne i nepomirljive jedna s drugom.Pridev "društvena" umesto termina "tržišna ekonomija", ne iskazuje prihvatanje vizija iz Ustava tih država posle II sv. rata6, već služi da prikrije udaljenje od njih. Društveni ciljevi se stoga, smatraju perifernim u odnosu na neodložni preduslov razvoja "izrazito konkurentnih tržišnih ekonomija".


Slični izrazi se u proteklim decenijama koriste u političkim sredinama Zapadne Evrope koje su vezane, kako za evrokomunizam, tako i za socijaldemokratiju (na primer, u nemačkoj SPD). Interesantno je da se pri upotrebi tih termina nikada ne poziva na jugoslovensko iskustvo, pa makar radi diferenciranja od njega.7


Sa stanovišta nacionalnih i nacionalističkih problema, pri analizi građenja Evrope, bilo bi neophodno poređenje sa prethodnim, veoma značajnim jugoslovenskim multinacionalnim iskustvom. Upravo obrnuto, ograničava se na retoriku o regionalizaciji (evro-regioni, zagranični regioni), kao nekoj vrsti okidača za pokretanje raspada sa privredno-ekonomskog stanovišta (devolucija) koji su korisni za uništenje socijalne države i brisanje prava stečenih borbom radnih ljudi i nižih slojeva, koja traje duže od stoleća.


Jugoslavija se na "sastanak sa '89. godinom" prezentirala kao država sa osebujnim političko-ideološkim osobinama, smeštena između Istoka i Zapada ne samo po čistom geografskom položaju, već i po "mešovitom" karakteru svoje privrede. A kao takva, ona je postojala već više decenija. Slobodan Milošević je 1990. godine imao ovaj stav:


Nema osnova za izjednačavanje zbivanja u Jugoslaviji sa onima u drugim socijalističkim državama, jer oni sada počinju da grade onaj svet odnosa koji smo mi već bili stvorili 1948. godine.8


Očito da nije bio u pravu, jer: ne samo da je novonastajuća samonikla buržoazija, već su i zapadni centri moći, zahtevali mnogo više od postojanja tržišne ekonomije u privrednom sistemu, ili "pluralizma" u političkoj sferi. Oni su tražili ne samo brisanje svih dostignuća socijalizma, već su zahtevali i da im se pod noge donese i glava te države.


***


Pisac ovih redova je ubeđen da se jugoslovenski raspad ne može objasniti ako se ne analiziraju i "spoljni uzroci". U ovom tekstu oni su tek zbirno navedeni, pa izostaje i odgovarajući ispravan tretman geopolitičkih tema, jer je za njihovu analizu potreban dodatni prostor.9


Pre svega, vidno je da su, tokom perioda Hladnog rata, neki međunarodni akteri Jugoslaviju smatrali "tamponom" između dva bloka: po okončanju svoje takve funkcije, nju zapadne sile više nisu priznavale ili prihvatale. Na isti način, celokupni Pokret nesvrstanih zemalja predvođen Jugoslavijom, smatran je ne samo anahroničnim, već i potencijalno opasnim za stabilnost novog jednoblokovskog poretka. U momentu kada je objektivna geopolitička pozicija ove države postajala "nepotrebna", podigle su barjak one snage sa "hiljadugodišnjim" koncepcijama i aspiracijama usmerenim na redefinisanje granica i kulturno-demografskog sadržaja u Evropu, snage reakcionarnih transnacionalnih sektora koji nisu baš bez uticaja: crkve, najpre ona katolička10, te ničuće klike "karolinške" inspiracije ("crna" masonerija i pangermanisti). Ne samo da je definicija unutrašnjih evropskih granica u Evropi za sve vreme posle II sv. rata, ostala nesvarena za germanske revanšističke elemente, već opstaju i težnje zaogrnute u "evropeizam" koje stavljaju u pitanje vrednosti modernih država, na način kako su one zasnovane od napoleonovskog doba pa do današnjih dana: takozvana "nacionalna" država, koja, iako je počesto nastajala delovanjem određene "etničke" većinske komponente, ne dodeljuje prava po osnovu "etničke pripadnosti", već po osnovu građanstva u univerzalnom i laičkom smislu. Oni koji se suprotstavljaju toj koncepciji, više cene "etnički" koncept "naroda" - hrvatskog, flamanskog ili bretonskog - čije bi "prirodno pravo" trebalo da ukine pravo po građanstvu.


Ova struja, koja je po svemu reakcionarna, bila je u stanju da putem svoje "diferencijalističke" demagogije, u proteklih dvadeset godina političko-kulturne dekadencije, zagadi i delove "levice" na Zapadu. Ona među svojim mentorima ima “celokupnu crnu aristokratiju Evrope: među akterima u ovoj oblasti ne može se izbeći da se ne spomene i Oto Habsburški - sin Franca Josefa, austrijskog cara, koji je u Evro parlamentu bio predstavnik hrišćanskih socijalista iz Bavarske i vođa organizacije "Paneuropa", pravi sponzor svih jugoslovenskih secesija11 - te Suvereni vojni malteški red – SMOM, trans-nacionalni lobi aristokratskih korena (sic) sa autonomnim diplomatskim statusom, u suštini izuzetno vezan na Vatikan i zapadne klike.12


U uništavanju Jugoslavije posebno su eklatantne uloge Vatikana i Nemačke. Karol Vojtila je primio Tuđmana u Vatikanu 25. maja 1991, gotovo na godišnjicu prijema koji je Pio XII priredio hrvatskom nacisti Paveliću (18/5/1941). Tri dana posle toga, na zagrebačkom stadionu, Tuđman je, okružen najvišim crkvenim zvaničnicima, održao uznemirujući zbor na kome je defilovala nova Hrvatska nacionalna garda.


23. decembra 1991., u skladu sa najavom iz Mastrihta, Nemačka je jednostrano i javno priznala republike Hrvatsku i Sloveniju, sa stupanjem priznanja na snagu narednog 15. januara. Za ovaj nemački božićni poklon, na hrvatskim trgovima organizovane su proslave, gde je najpopularnija pesma bila Danke Deutschland (Hvala Njemačka). 13. januara 1992., opet je Vatikan pretekao sve ostale svojim priznanjem Hrvatske kao nezavisne države, te su posle dva dana usledila priznanja od strane svih država u EU, koje su priznale i Republiku Sloveniju.


Jednu posebnu dublju analizu zaslužuje i ponašanje cionističkih krugova (Izraela i pojedinih jevrejskih organizacija) prilikom pretnji za odvajanjem, pre i posle stvarnog raspada SFRJ. Očito su politički prelom iz 1967. godine i politika koju je vodio Pokret nesvrstanih, okrenut miru među narodima i državama, uz očuvanje svih međunarodno priznatih granica, izazivali duboko nezadovoljstvo u izraelskom rukovodstvu koje se sa svoje strane, angažovalo za uspostavljanje novih "de facto" granica, te za etničku podelu jevrejske, od ostalih komponenata u Palestini. Samo na ovaj način da se objasniti neverovatno hladan odnos Izraela i jevrejskih vodećih organizacija u pogledu uništenja Jugoslavije, pa čak i podrška dolasku fašističkih i rasističkih rukovodstava na vlast u novim balkanskim državama.13 Zaprepašćenje je izazvala operacija momentalnog i kompletnog prebacivanja jevrejskog stanovništva sa sarajevskog aerodroma, iz Bosne u Izrael, izvedena od strane American Jewish Joint Distribution Committee u samom trenutku izbijanja građanskog rata u toj republici. (april 1992.) Već u septembru 1992. godine, jevrejska zajednica u Zagrebu je proslavljala ponovno otvaranje Jevrejskog centra14 uz formalno učešće i finansiranje od strane fašističkog Tuđmanovog režima; predsednik Izraela je za prvu etapu svojih putovanja u nove republike, odabrao upravo Hrvatsku.15


Elementi koje smo ovde izneli, pokazuju postojanje neprijateljstva prema SFRJ od strane sveta katoličke crkve, nemačke govorne sfere i cionizma. Za kompletiranje celovite slike svih ovih okolnosti, nedostaje još samo ponašanje SAD, koje su se posle izvesne početne neodređenosti, pokazale otvorenim protivnikom jugoslovenskog jedinstva i suverenosti. Sjedinjene države su se poslužile ovim revanšističkim, pan-germanskim i ultra-konzervativističkim tendencijama koje su se, po okončanju Hladnog rata, i dalje zakuvavale u Evropi. Predstavile su se čak i kao "nemački advokat" u više okolnosti i u ključnim momentima oko ponovnog definisanja granica unutar evropskog kontinenta - dovoljno je da se pomisli na aneksiju DDR od strane SRN. 12. juna 1994. godine, prilikom svoje posete Berlinu, predsednik Klinton održao je izrazito simboličan govor ispred Branderburške kapije: Nemačka je već uveliko specijalni partner SAD u Evropi. Nemačko vođstvo u Evropi predstavlja naš interes i mi se na Nemačku oslanjamo radi vojne, političke i ekonomske penetracije na Istok. Jugoslavija je, sasvim sigurno, država koja je platila najskuplju cenu susreta interesa SAD i Nemačke, koja je postajala vidna upravo u periodu oslabljenja socijalističkog bloka.16


***


Dok se uvođenje političkog "pluralizma" poistovetilo sa periodom rata i komadanja države, primena ekonomskog "liberalizma" je za narode i radne ljude Jugoslavije, značila nestanak privrednih resursa i rezultata rada kolektivnog pregnuća tokom više decenija. Društveni sloj koji se afirmiše sa “jugoslovenskom '89”, tj. ona klasa koja danas upravlja u svim "nezavisnim" republikama, sa sobom nosi sitne nacionalne, anti-jugoslovenske zaostale vrednosti; on pokazuje svoju suštinsku zavisnost od inostranih interesa.


Dočim je i jedan deo starog jugoslovenskog upravljačkog sloja bio vidno otvoren za izvesnu "tranziciju bez razaranja". Jednu sličnu alternativu, koju bih u najmanju ruku nazvao osuđenom na neuspeh, bila su mere predsednika vlade Ante Markovića koji je 1989. godine započeo sa reformama kapitalističke orijentacije. Na samom svom početku, ova inicijativa predstavljala je jugoslovensku liberalnu opciju, jednako kao i ona koju je započinjao Milošević sa svojom "antibirokratskom revolucijom". Milošević je u stvari tragao za efikasnim rešenjima za različite interese, pa i na međunarodnom planu; ovo posredovanje je bilo predodređeno za neuspeh, ali ne voljom Miloševića. Posle priznavanja "nezavisnosti" Slovenije i Hrvatske koje su bile odlučene u Mastrihtu, Evropa je definitivno odbila da Jugoslaviju smatra svojim mogućim sagovornikom; bombardovanjem u toku 1999. godine, države članice NATO, obznanjuju da nemaju nameru da pregovaraju sa državom naslednicom u vidu Srbije i Crne Gore, niti sa njenim rukovodstvom.


***


Činjenica je da su intelektualci općenito, odigrali negativnu ulogu u jugoslovenskim zbivanjima u proteklih dvadeset godina. Oni su se usredsredili na pitanja identiteta, individualna prava i prava manjina koja su navodno bila osporavana, i koja su, po njima, morala biti nametnuta po svaku cenu i na štetu većine - uz omalovažavanje temeljnih principa demokratije, nezavisno od načina njenog podrazumevanja. Jugoslovenska ideja, bilo da se tumači kao težnja za (više)nacionalnim jedinstvom, ili pak u vidu svoje novije forme društveno-ekonomskog socijalističkog sistema, bila je izložena brojnim i raznolikim negacijama, te izlivima neprijateljstva koji su poticali čak i iz sredina koje se smatraju progresivnim, internacionalističkim, ili "levim". Čak su je kritikovali i marksisti;u ovom slučaju, napadi su zasnivani na apstraktnim i idealizovanim konceptima Države, pitanju upravljanja nacionalnim pitanjem, socijalizmu i/ili komunizmu, revoluciji i drugom. U Italiji je polemika o tumačenju koje bi se trebalo dati događajima u Jugoslaviji, izbila odmah na stranicama novina "Il Manifesto"17, ali pozicije na kraju nisu ostale razjašnjene, te su se izvesne teške nesuglasice povlačile tokom niza godina, sve do momenta kada je Italija direktno učestvovala u vojnoj agresiji 1999. godine, u napadu koji je želela vlada pod upravom D'Aleme uz podršku značajnih intelektualaca iz demokratske i leve sfere.18 Socijalističkoj Jugoslaviji ne želi da se prizna da je konkretno ostvarila i da je probala da upražnjava velik deo svih onih vrednosti o kojima je zapadno-evropska "levica" jedino bila u stanju da nadugačko razglaba tokom više decenija. Tako da se desilo da je došlo do težnje da se i u Jugoslaviji odigra ona "promena režima" koju možemo figurativno da nazovemo kao "Osamdesetdeveta". Često se i u dobroj nameri mislilo da će ta promena dovesti do ostvarenja većih "sloboda" i "prava"..Ako je do njih i došlo, neizmerno je mali broj onih koji su ih osetili, kada se osvrnemo na opšte pogoršanje uslova života najvećeg dela stanovništva. "Sloboda" i "prava" većine ljudi bili su na dramatičan način gaženi, a takva je situacija i u sadašnje vreme; čitavi građanski slojevi i autohtoni narodi čak su bili isključeni iz uživanja koristi od svog građanskog statusa, bili su ubijani ili prinuđeni da napuštaju zemlju.

Sa raspadom Jugoslavije, u suštini se preobratio ishod II svetskog rata, državnost je data subjektima koji su prethodno jedino pod naci-fašizmom, predstavljali "posebne nacije".



Za mene je Jugoslavija predstavljala Evropu...Koliko god da je bila iscepkana, Jugoslavija je bila model jedne buduće Evrope, ne onakve kakva je sada ta naša, na izvestan način veštačka Evropa sa svim svojim zonama slobodne trgovine, već obrazac za jednu teritoriju na kojoj različiti narodi žive izmešani jedni sa drugima, baš onako kako je živela mlađarija u Jugoslaviji čak i posle Titove smrti. Eto, mislim da bi to bila Evropa kakvu želim. Tako da se u meni, uništenjem Jugoslavije, predstava o Evropi razbila. (Peter Handke)19



CITIRANI IZVORI I OSTALA KORISNA LITERATURA


---, In difesa della Jugoslavia (U odbranu Jugoslavije), Zambon, Frankfurt 2005


---, NATO Aggression Against the Federal Republic of Yugoslavia, Documents sent to international organizations (Two Volumes), Ministry of Foreign Affairs of the FR of Yugoslavia, Službeni glasnik, Beograd 2000


---, NATO in the Balkans - Voices of opposition, International Action Center, New York 1998. Skraćena verzija na italijanskom jeziku: La NATO nei Balcani (NATO na Balkanu), Editori Riuniti, 1999


---, War, Lies, and Videotapes, International Action Center, New York 2000


Mark Aarons, John Loftus, Ratlines, Newton Compton, Roma 1993 (Aarons 1993)


Aldo Bernardini, La Jugoslavia assassinata (Ubijena Jugoslavija), Editoriale Scientifica, Napoli 2005


Peter Brock, Media Cleansing. Dirty Reporting-Journalism and Tragedy in Yugoslavia, gmbooks.com, Los Angeles 2005


Ramsey Clark and various authors, Hidden Agenda. U.S./NATO Takeover of Yugoslavia, International Action Center, New York 2002


Diana Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions, Monthly Review Press, 2003 (Johnstone 2003)


Andrea Martocchia, La rimozione della Jugoslavia (Uklanjanje Jugoslavije)L'Ernesto nn.3-4/2003 -

https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm


Jacques Merlino, Les veritées yougoslaves ne sont pas toutes bonnes á dire, Editions Albin Michel, Paris 1993 (Merlino 1993)


AAVV., Il rovescio internazionale (Međunarodni prevrat), Odradek, Roma 2003 (Odradek 1999)


Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio, La Città del Sole, Napoli 2005 (Toschi 2005), izdanje u Srbiji: Koridor, Zavod za udžbenike, Beograd, 2006


1Pred haškim "ad hoc tribunalom" 30. januara 2002.
2) Pogledati npr. u časopisu Limes n. 3/1996. Formalni trag postoji u EU dokumentu br. 1342, drugi deo, od 6/11/1992.
3) Uporediti «L’Europa e il direttorio zoppo. Se Germania e Francia decidono tutto e l’Italia tace» (Evropa i hroma uprava. Kada Nemačka i Italija o svemu odlučuju, Italija ćuti) - u dnevnom listu "Il Messaggero" od 6. februara 2011, i TG3 Linea Notte od 22/2/2011.
4) Gaetano Bucci, La tecnocrazia liberista della UE (Liberistička tehnokratija EU), u časopisu L'Ernesto n. 2/2010. U citatu u daljem tekstu, Bucci pod navodnicima proziva Azzariti-a G.,Uguaglianza e solidarietà nella (Jednakost i solidarnost u Dokumentu o fundamentalnim pravima iz Nice), u: Siclari, M. (urednik), Contributi allo studio della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Doprinosi izučavanju Dokumenta o fundamentalnim pravima u Evropskoj uniji), Torino: Giappichelli, 2003.
5) Ovaj Traktat kojim se čine izmene u Traktatu o Evropskoj uniji, potpisan je u Lisabonu 13. decembra 2007. i stupio je na snagu 1. decembra 2009. (Sl. Bilten EU, 2007/C306/01). Tačnije, pozivanje na "društvenu tržišnu privredu" stoji u članu.3 stav 3, skupa sa bizarnim, pa čak i paradoksalnim dodatkom: “izrazito konkurenta”.
6) Ustavi koji su, kako na Zapadu tako i na Istoku, bile zasnovani na principu suštinske, a ne samo formalne jednakosti svih građana.
7Nešto skorije, na put ka tržišnom socijalizmu – tj. priznavanju da zakon o vrednosti robe mora da preživi uz regulaciju istoga - otvoreno su se uputile pojedine socijalističke države koje su posle '89 nešto bolje izdržale potres privrednog sistema: među njima je najveća i najsnažnija, Kina, ali i Vijetnam, pa čak i Kuba.Čudno da se analitičari uglavnom ne pozivaju na prvo i najznačajnije iskustvo u toj oblasti - jugoslovensko.
8) Izjava data dnevnom listu Borba 2/1/1990.
9) Ove teme su bile predmet širokih diskusija i analiza, čak i u specijalizovanim časopisima kao što je italijanski Limes. Logično je da sadašnji otvoreni spor u predmetnoj zoni, svoje korene pušta u strogo privrednim interesima, koji se daju analizirati kroz pravce kojima prolaze "koridori" za sirovine, prerađevine i polu-proizvode; takođe se moraju uzeti u obzir sfere uticaja posle širenja NATO, te projekti za "Novi poredak" po modelu Bržežinskog, koji su pored usmerenja na daleke zemlje i kontinente, koncipirali Jugoslaviju kao bazu za svoje beskrupulozne i krvave operacije.
10) Između Rimske Crkvei hrvatske "etničke" komponente, postoji povlašten odnos već od VIII stoleća. Od vremena Rascepa (1054), Hrvatska je bila katolički bastion protiv pravoslavnih hrišćana. Tokom XX veka, istaknuti hrvatski katolički elementi prvo su bili aktivni u "antikomunističkoj internacionali" koju je promovisala Rimska crkva kroz tzv. "Intermarium", a potom u ustaškom pokretu;posle porazai, oni su nastavili borbu unutar emigrantskih ustaških krugova, u tajnim organizacijama kao što su "Križari", (uporediti Aarons 1993), i najzad, i u partijama kao što je Tuđmanova HDZ. Trait d'union svih tih skorašnjih događanja je borba protiv jugoslovenstva.
11) "Hrvati koji čine deo civilizirane Europe, nemaju ničega zajedničkog sa srpskim primitivizmom na Balkanu. Budućnost Hrvatske stoji u jednoj Europskoj konfederaciji za koju Austro-Ugarska može poslužiti kao model" (u Le Figaro, 15/8/1991).
12) Ako se podsetimo da je zajam od dve milijarde dolara bez kamate, Hrvatska 4/10/1990, primila upravo od Suverenog vojnog malteškog reda, a da je prvobitni štab hrvatske stranke HDZ, posle postao predstavništvo ovog Reda u Hrvatskoj. Uporediti T.W. "Bill" Carr: German and US Involvement in the Balkans, istupanje na simpozijumu Jugoslavija: prošlost i sadašnjost, Chicago 31/8-1/9/1995. Frančesko Kosiga, svi predsednici SAD i brojni zapadni politički lideri, povezani su sa Malteškim redom.
13) Primera radi, za razliku od mnogih drugih jevrejskih predstavnika (uključujući i samog Simona Vizentala, uporediti npr. Corriere della Sera 1/4/1993) koji su se trudili da denunciraju fašistički i rasistički karakter ideologije Franje Tuđmana i njegove "neovisne Hrvatske", Nenad Porges, predsednik jevrejske zajednice u Zagrebu, javno je u svojim istupima, okrenuo kritike za antisemitizam na Srbe (uporediti razne izvore sabrane na:http://www.porges.net/JewishHistoryOfYugoslavia.html#Relations%20with%20Israel). Po izbijanju rata u Bosni, vođstvo cionističkih intelektualaca aktivno se zalagalo za veštačko stvaranje slike o "Srbima nacistima" (u vezi "srpskih logora" uporediti Toschi 2005, koja podseća na sektašku poziciju Elija Vizela, i Merlino 1993, koji izlaže dokumentaciju o svrstavanju "lobija u SAD).
15) Moshe Katsav je u Zagreb stigao 11/07/2003. u trodnevnu posetu.
16) 1. jula 1991., na početku jugoslovenske krize, prestao je da postoji Varšavski pakt;u avgustu, u Rusiji nije uspeo puč protiv Gorbačova i pojavio se Jeljcin, glavni akter u formalnom raspadu SSSR (21. decembra u Alma Ati: osniva se SND).
17) Mogu se pročitati istupanja S. Spetiča u prvom momentu (6. jul 1991.), Almeyra i drugi, u drugom momentu (10. jul 1991.).
18) Ispitivanju ratobornih pozicija u italijanskoj levici može se pristupiti proučavanjem tri izvora: Johnstone 2003 (verovatno najlucidnija i najnemilosrdnija, ali još uvek nije prevođena na italijanski jezik), Odradek 1999 i pregled dostupan na sajtu https://www.cnj.it/24MARZO99/ .
19) Intervju sa nemačkim televizijskim novinarom Martinom Lettmayer-om, januara 1997.



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




Da:  partigiani7maggio @ tiscali.it

Oggetto:  Iniziative a Barletta, città del Sacrario degli antifascisti jugoslavi

Data:  18 agosto 2011 10.24.38 GMT+02.00


I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA
Storie e memorie di una vicenda ignorata

Roma, Odradek, 2011
pp.348 - euro 23,00

Per informazioni sul libro si vedano:


---

Tra i nuovi inserimenti sul nostro sito segnaliamo le recensioni e gli articoli:

Avv. F. Morelli: Anche Barletta ricorda i partigiani jugoslavi

Bianca Bracci Torsi: Resistenza e dopoguerra: storie, memorie e impunità
Claudio Del Bello: Qualcosa non torna
Pasquale Martino: Resistenza sconosciuta

---

Riceviamo e volentieri segnaliamo:

da: Archivio della Resistenza e della Memoria

Giardini Fratelli Cervi Castello – 76121 Barletta 
tel. 0883 578 622 fax 0883 578 614 cell.340 23 44 444

CITTÀ DI BARLETTA

Medaglia d'Oro al Valor Militare - Medaglia d'Oro al Merito Civile - Città della Disfida


nell'ambito delle iniziative per il MESE DELLA MEMORIA 2011 
(a c
ommemorazione della Battaglia di Barletta - 11 e 12 settembre 1943)


Mercoledì 24 agosto 2011, ore 10.00

CONFERENZA STAMPA presso la Sala Rossa del Castello di Barletta


Giovedì 25 agosto 2011, ore 18.30

In collaborazione con la sezione FIDAPA di Barletta:

Ore 18.30 Galleria del Teatro Comunale Giuseppe CURCI

Inaugurazione della Mostra fotografica documentale (aperta sino all’8 settembre) alla presenza di S.E. ANA HRUSTANOVIC, Ambasciatore della Repubblica di Serbia, in Italia
La MEMORIA dell’Accoglienza. Quando l’ospitalità è condivisione di valori
Saluti: NICOLA MAFFEI, Sindaco di Barletta


Ore 19.30 Sala della Comunità di S. Antonio

Concerto del Coro di voci bianche BRANKO di Nis


Venerdì 26 agosto 2011, ore 10.00

Monumento – Ossario presso il Cimitero di Barletta
OMAGGIO ai Caduti slavi. Morti per una nuova vita, per una nuova libertà
Saluti: NICOLA MAFFEI, Sindaco di Barletta
Interventi: ANA HRUSTANOVIC, Ambasciatore della Repubblica di Serbia
Onori del Picchetto Militare ai Caduti slavi con deposizione di corone di alloro del Comune di Barletta, dell’82° Reggimento Fanteria Torino, dell’Ambasciata della Repubblica di Serbia.

***

<< Il monumento - ossario dei partigiani slavi a Barletta

Proposta congiunta con la sezione FIDAPA di Barletta

Con Roma – Prima Porta, Gonars, in provincia di Udine, e Sansepolcro, in provincia di Arezzo, Barletta è una delle quattro città italiane che conservano una memoria in pietra dei Partigiani jugoslavi che morirono in Italia dopo aver combattuto per la liberazione della loro Patria o a fianco dei nostri Patrioti nella Resistenza italiana al nazifascismo.
Il nobile gesto di fraterna accoglienza espressosi con la costruzione di Monumenti – Ossari per la raccolta delle spoglie mortali di giovani, morti per una nuova vita, per una nuova libertà, - come gridò una mamma di loro, presente alla cerimonia di inaugurazione di quello di Barletta - in luoghi di silenzio e di preghiera, partì proprio dalla nostra città che, generosamente, contribuì alla costruzione del maestoso Monumento nel nostro cimitero, nel 1970.
Quell’opera, di elevata, splendida e lineare architettura, fu realizzata dall’impresa edile barlettana GIACOMO CALÒ, su progetto dello scultore accademico jugoslavo, DUSAN DZAMONIJA, sotto la direzione dei lavori affidata all’ingegnere ALDO MARIA PALMIOTTI.
Ad onore di tutte le Amministrazioni Comunali succedutesi, in questi quaranta anni, all’Amministrazione presieduta, negli anni settanta, dall’avv. Michele Morella, va riconosciuta l’attenzione posta sia nella normale cura di pulizia del Monumento, sia soprattutto nella tutela della Memoria di quanti hanno dato la vita per la Patria e la libertà, annualmente commemorata con gli stessi onori e le medesime celebrazioni riservate ai nostri caduti di tutte le guerre.
Negli ultimi anni, pur in assenza di referenti governativi degli Stati sovrani, nati dallo smembramento della Repubblica di Jugoslavia, l’Amministrazione comunale di Barletta, riservando particolare cura di ospitalità a singole Autorità slave che in varie occasioni hanno voluto visitare l’Ossario, tramite l’Archivio della Resistenza e della Memoria, ha curato costanti rapporti con le organizzazioni di ex partigiani della Repubblica del Montenegro con scambi di visite di cortesia che hanno contribuito ad approfondire la conoscenza reciproca e a rinsaldare sentimenti di profonda e autentica amicizia.
Al fine di poter richiamare le oggettive responsabilità, in ordine alla difesa e alla tutela della Memoria che accomuna gli uomini liberi e assicura longevità di benessere, di civiltà e di pace tra i popoli, si esprime la più ampia convinzione che sia necessario produrre una chiara e puntuale documentazione sulle attuali condizioni del Monumento da sottoporre alle Ambasciate di tutte le Repubbliche slave per sollecitare un comune e condiviso progetto di restauro. La nostra Memoria di Accoglienza potrà essere corroborata solo da un nuovo e più responsabile impegno economico, comune e condiviso, delle Repubbliche slave che assicuri, nel contempo, stabilità architettonica al Monumento riconsegnandolo al suo splendore e al suo, ormai, storico decoro.
Con l’invito rivolto all’Ambasciatrice della Repubblica di Serbia, dott.ssa ANA HRUSTANOVIC si auspica di poter avviare concrete iniziative che portino subito a stipulare una puntuale Convenzione con l’Amministrazione Comunale di Barletta assicurando, così, una programmazione di interventi conservativi e di regolare manutenzione.
A quarantuno anni dalla costruzione del Monumento - Ossario dei Partigiani Slavi nel nostro territorio, l’Amministrazione comunale di Barletta, vuole commemorare solennemente l’anniversario nell’intento di stabilire solidi rapporti di amicizia con le Repubbliche eredi della Repubblica di Jugoslavia, con la quale, la nostra città, avviò relazioni per un comune rispetto della Memoria e di concrete intese per scambi economico – culturali, come ad esempio il gemellaggio con Herceg Novi, in Montenegro.
In collaborazione con la locale sezione della FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) di Barletta che, sotto la Presidenza della Signora Nunzia Binetti Tatò, ha recentemente effettuato una visita di cortesia nella città di Nis alle socie del BPW, ricevendo calorosa ospitalità dalle autorità comunali di quella città, si svolgerà il seguente programma di accoglienza in occasione dell’arrivo a Barletta di una delegazione serba. >>

(dall'opuscolo: 
"Un NUOVO PATTO di MEMORIA. La storia... fuori sacco. Progetto triennale 2010-2012
La storia per... strada, educare sui luoghi della memoria Proposte dell’Archivio della Resistenza e della Memoria."
Barletta: Editrice Rotas, Settembre 2011)



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




(Sull'isola di Pag, una "Ibiza croata" vicino al campo di sterminio dimenticato...
L'articolo in lingua serbocroata è leggibile ai link:

Plaža Zrće u blizini logora iz 1941.: Hrvatsku Ibicu podigli kod mjesta zločina
Nikola Salapura, Nezavisne Novine 26.07.2011 )

http://www.jadovno.com/en-lat-352/articles/zrce-beach-near-a-1941-camp-croatian-ibiza-near-crime-site.html

Zrće beach near a 1941 camp: Croatian Ibiza near crime site


By Nikola Salapura

BANJA LUKA – Dušan Bastašić, President of the Citizens Association “Jadovno 1941” from Banja Luka, is bitter because of the attitude of Croatian authorities towards the Second World War execution sites and warns that Zrće beach on the island of Pag, called “Croatian Ibiza” and a place to have fun, is located not far from former camps.

Thousands of tourists from Croatia, Serbia, B&H, Europe and the world visit Zrće every year, however, most of them do not know that on that very island, near the beach, were concentration camps in the Second World War.

“What people don’t know is that Zrće is about eight kilometres from the village of Metajna, where in June 1941 the first camp for Serbian and Jewish women and children in the Second World War was opened, and next to it was camp ‘Slana’, which received its first inmates on 24 June, 1941”, said Bastašić.

He said that on the location of “Slana” camp a memorial plaque was raised in 1975, which was destroyed in 1991.

“We renewed it last year, but it was torn down two days later. On that occasion we had a memorial service which was seen as a finger in the eye to the local authorities who asked for a different text to be written on the plaque, because for them it is probably counterproductive for the development of tourism”, said Bastašić.

He said that this year, at 70th anniversary of the complex of camps “Jadovno”, a visit to Pag was not planned in the commemoration programme and that the Croatian authorities justified it saying they were some outside issues.

“For us, the descendants of the victims, this is pure concealment of the crime by Croatia, and it would be inconvenient for them if we went to Pag, because in order to reach Zrće by sea, you have to sail through the Pag Door”, said Bastašić.

He explained that inmates were taken to the execution sites in boats from Karlobag, through the Pag Door, where no fewer than 8020 inmates were thrown into the sea.

“They were murdered by tying rocks around their necks and cutting open their belles so that they would not float out, and then they were thrown overboard into the sea where people today are partying and swim”, he stated and added that the attitude of the Croatian authorities towards this execution sites is devastating.

Besides the fact there is no plaque there, also there is not a single mark that 70 years ago a camp was there. On Croatian websites you can only see invitations to tourists to have fun on Pag.

“One of them is ‘Come and enjoy the Slana Bay’, then ‘Feel the mystical silence that dominates, disturbed only by cries of seagulls and eagles’, and they invite people to scuba dive and enjoy the depths of the sea off the coast where inmates were thrown in’, said Bastašić and added that there are photographs of people sunbathing on the location where Italians exhumed 793 bodies of inmates, 91 of them children.

He said all of this is happening because tourists and the media do not know about the camps and crimes.

“Imagine building an amusement park or a golf course near ‘Jasenovac’. This thing on Pag is unbelievable hypocrisy”, stressed Bastašić and reiterated that is inconceivable that the Croatian authorities are trying to hide the truth about what happened therein every possible way.

 

Complex “Jadovno”

According to the research conducted so far on the complex of Ustasha camps “Jadovno – Gospić 1941”, which also include the island of Pag, no fewer than 40,123 victims were murdered, 38,010 Serbs, 1999 Jews and the rest were ideological opponents of the Independent State of Croatia.

To remind you, this year 70th anniversary of the suffering in “Jadovno” was marked, as well as the “Jadovno” 1941 Remembrance Day, and in Banja Luka, on 24 and 35 June, the First International Conference on the Complex of Ustasha Camps “Jadovno – Gospić” 1941 was held.







Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer