Informazione



Paride Mori, fascista di Salò
E la sinistra gli dedica una strada


E' accaduto a Traversetolo, dove l'amministrazione di centrosinistra ha intitolato una via all'ufficiale del battaglione dei bersaglieri 'Mussolini'. Il sindaco: "Ci siamo sbagliati, non lo sapevamo".


di MARCO SEVERO
La didascalia sulla targa dice "Capitano dei bersaglieri". Punto e stop. In realtà Paride Mori fu un ufficiale del battaglione 'Bruno Mussolini', inquadrato nelle SS tedesche tra il '43 e il '45. Un fascista. Un 'ragazzo di Salò' e anche di più. Eppure a lui il Comune di Traversetolo - amministrazione di centrosinistra nel cuore dell'Emilia rossa - ha intitolato nei giorni scorsi una strada. Via Paride Mori, capitano dei bersaglieri appunto. Un'autorete, un 'continuiamo a farci del male' d'autore. "Ci siamo sbagliati, non sapevamo chi fosse Mori  -  ammette il sindaco Alberto Pazzoni  - ma nessuno metta in dubbio l'integrità e l'attaccamento di Traversetolo ai valori della Resistenza".


A via Paride Mori si accede tramite via della Libertà, manco a farlo apposta. Siamo in pieno centro, pochi metri dal Municipio. Qualche chilometro più avanti verso l'Appennino c'è Guardasone, borgo scelto da Giampaolo Pansa come ambientazione del recente I tre inverni della paura: ancora un romanzo sulle zone d'ombra della Resistenza. Vietato però fare illazioni, parola di sindaco: "Abbiamo trattato la vicenda con leggerezza  -  dice Pazzoni  -  ma non sarebbe giusto pensare a speculazioni storico-politiche". 

Questione di burocrazia, piuttosto. Di routine che diventa tagliola. "La questione  -  spiega il primo cittadino - risale a diversi mesi fa , quando il Consiglio comunale ratificò l'intitolazione di alcune strade discussa nel 2003 in commissione Toponomastica". Un voto e via. Nessuno però si prese la briga di controllare chi diavolo fosse Paride Mori: "Ci siamo fidati dell'opposizione, da cui venne la proposta dell'intitolazione  -  prosegue Pazzoni  -  Mori ci fu presentato solo come capitano dei bersaglieri". Un cavallo di Troia della minoranza di centrodestra? Chissà.

C'è voluto Marco Minardi, direttore dell'Istituto storico della Resistenza di Parma per rivelare la gaffe: "Ho fatto alcune ricerche  -  riferisce lo storico  -  adempiendo semplicemente al mio compito istituzionale". Paride Mori, nato a Traversetolo ai primi del '900, morì in alta Val Baccia oggi territorio sloveno il 18 febbraio 1944. Era capitano del battaglione dei bersaglieri 'Bruno Mussolini' (terzogenito del Duce), alle dipendenza del Terzo Reich e col compito di presidiare le ferrovie dell'Isonzo attaccate dai partigiani. "Probabilmente per lui non vale l'attenuante della casualità, usata spesso per i giovanissimi arruolati nella Rsi  -  ragiona Fabio Todero dell'Istituto per la storia del movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia  -  essendo un ufficiale sui 40 anni è quasi certo che Mori avesse scelto in modo consapevole". Non a caso l'ufficiale parmense è menzionato nei siti web d'estrema destra, alla voce "Fascisti uccisi in guerra". Così nei blog laltraverita.itconformismoalmuro.blogspot.com. Ma non è possibile annullare l'intitolazione? "Vedremo - conclude Pazzoni - certamente non nell'immediato futuro". I nostalgici del Duce sentitamente ringraziano. 


(16 luglio 2010)


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Da: Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr@...>

Oggetto: via Paride Mori a Traversetolo (PR): un caso di revisionismo storico rientrato

Data: 08 agosto 2010 11.33.24 GMT+02.00


In giugno a Traversetolo, Comune del parmense (a Giunta centrosinistra), il Sindaco inaugura una piccola pubblica via dedicata al suo concittadino Paride Mori. Mori, nato a Traversetolo nel 1902, morì nel 1944 in Val Baccia, zona di Gorizia, combattendo contro i partigiani come capitano del Battaglione Bersaglieri "Mussolini", un reparto fascista della Repubblica di Salò, sotto il comando tedesco delle SS, operante nei territori adriatici di fatto annessi al Reich. A luglio il direttore dell'Istituto Storico della Resistenza di Parma denuncia la scelta compiuta dal Comune di Travesetolo, una sua lettera viene pubblicata dalla Gazzetta di Parma a metà mese; in Consiglio Provinciale di Parma viene presentato un o.d.g. del PdCI di disapprovazione dell'intitolazione della via e auspicio di revoca della stessa. Il Sindaco di Traversetolo in un primo momento parla di un atto di leggerezza dell'amministrazione comunale e sostiene che comunque la via resterà intitolata a Mori, pochi giorni dopo ammette l'errore compiuto, "un fatto grave, troppo semplicistico definirlo una leggerezza" afferma, e aggiunge: "non appena è emerso che Mori aveva combattuto per la causa sbagliata, la Giunta ha deciso di togliere l'intitolazione della via".

[Il Comitato ci ha fatto pervenire in allegato le due lettere indirizzate dal direttore dell'Istituto Storico della Resistenza, Marco Minardi, al quotidiano La Gazzetta di Parma (15/7 e 5/8/2010), e l'o.d.g. di disapprovazione presentato del PdCI in Provincia. (ndCNJ)]


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Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma" <comitatoantifasc_pr@...>
Data: 10 agosto 2010 23.28.58 GMT+02.00
Oggetto: su via Mori a Traversetolo (PR) comunicato delle locali associazioni combattentistiche e partigiane

 
In allegato il comunicato sulla questione di via Mori a Traversetolo (PR) emesso il 26 luglio dalle associazioni combattentistiche e partigiane di Traversetolo

A bocce ferme, dopo le reazioni emotive dovute alla improvvida intitolazione di una strada del nostro Comune a Mori Paride classe 1902, ufficiale del battaglione “Bruno Mussolini”, caduto in terra slovena nel febbraio del 1944, le associazioni partigiane e l’associazione combattenti e reduci di Traversetolo, pur prendendo atto positivamente della delibera di revoca, vogliono dire la loro su questa vicenda.

Chi è questo personaggio ai più sconosciuto, fuorché naturalmente al componente della commissione toponomastica che l’ha proposto alla giunta  comunale nel lontano 2002.

Il nome, se la memoria non ci inganna, ci riporta ai racconti dei nostri padri e al periodo che va dal 1920 al 1925, anni di violenze, consumate anche nei nostri territori dalle squadracce di Mussolini.
Sia quel nome, che l’età (Mori avrebbe avuto vent’anni nel 1922), pur con tutte le cautele del caso, si saldano ai ricordi che ci riportano alle muscolari imprese dei baldi giovanotti in camicia nera.

Poi dai remoti e incerti ricordi, con un salto di circa vent’anni passiamo alle certezze e al contesto ambientale e storico in cui opera il Mori come ufficiale del battaglione “Bruno Mussolini”.
E’ la zona del confine orientale, annessa con Trieste all’Italia dopo la fine del primo conflitto mondiale, dove già vivevano e coabitavano con croati e sloveni forti gruppi etnici Italiani.
L’unione all’Italia genera forti contrasti tra i vari gruppi linguistici fomentati dal montante nazionalismo di stampo fascista. 
1920. Il 13 Luglio  i fascisti incendiano a Trieste lo Slovenski Narodni Dom (La casa del popolo Sloveno) simbolo della comunità slava di Trieste.
Dal 1921 al 1928 sono soppresse tutte le scuole slovene e croate viene reso obbligatorio l’insegnamento della sola lingua italiana. Stessa sorte hanno i libri, i giornali e la stampa, anche  i nomi di battesimo devono essere solo italiani.
Viene abolito l’uso della lingua slovena e croata negli uffici, nei tribunali, nelle scuole, nelle chiese e nei locali pubblici.

Dal 1928 i cognomi slavi sono cambiati in cognomi italiani, questa operazione viene eseguita anche nei cimiteri.

Dal 1927 al 1943 il tribunale speciale per la difesa dello stato condanna 4.596 antifascisti, tra questi 777 provengono dalla Venezia Giulia e su 31 giustiziati, 24 sono sloveni e croati.

Nel 1941 l’Italia Fascista invade il regno di Jugoslavia, durante l’occupazione l’opera di repressione contro le formazioni partigiane slave e  le popolazioni civili, provoca nei territori amministrati dall’autorità militare italiana e nel solo periodo che va dal 42 al 43, 13 mila uccisi, tra partigiani e civili e 26 mila deportati nei campi di concentramento italiani, uno dei quali fu il triste tribolario dell’isola di Arbe  dove il tasso di mortalità era del 19%, una percentuale da campo di sterminio.

E’ da questo tragico retroterra, unito a quello che riguardò la repressione culturale negli anni '20 che hanno origine episodi come quello dello foibe.
Quello è stato il brodo di cultura che il Fascismo ha alimentato, non si può fare violenza a una cultura, non si può aggredire una nazione, non si può reprimere un  popolo in nome di una presunta superiorità razziale, perché questo produce inevitabilmente odio e l’odio genera altra ingiustizia. 
Il Mori opera nel 1943/44 in questi territori che fanno parte integrante del Reich tedesco, con la denominazione di Adriatisches Kusterland, alle dirette dipendenze dei comandi germanici.
Poi durante una azione cade  in alta Val Baccia (Baška grapa) oggi territorio sloveno il 18 febbraio 1944. 
Noi non sappiamo come morì, se indirizzando un ultimo saluto al suo Duce o sfidando con il petto il piombo nemico, probabilmente non ne ebbe il tempo e cadde come tanti ragazzi e uomini in camicia nera, capri sacrificali dei folli sogni imperiali di Mussolini. 
A Mori la pietà, come a tutti i caduti, alla nostra Amministrazione e al nostro Sindaco così attento e sensibile ai valori di democrazia e giustizia  più prudenza nel dedicare strade e piazze, non basta morire per una bandiera occorre  anche seguire valori quali democrazia, tolleranza e giustizia ideali e meriti che secondo la nostra modesta opinione il Mori non praticava. 

 

Traversetolo  26 luglio 2010

 

Associazione Nazionale Combattenti e Reduci  di Traversetolo

Le Associazioni partigiane di Traversetolo ANPI ALPI APC

 


(Sulla inconcludente decisione della Corte dell'Aia a proposito della secessione etnica kosovara si veda anche:

http://www.workers.org/2010/world/serbia_0812/

Belgrade protests in U.N. as Int'l Court opens door to dismember Serbia

By John Catalinotto 
Published Aug 8, 2010 11:11 PM 

The United Nations' International Court of Justice ruled that a 2008 declaration of separation by the parliament of Serbia's Kosovo province was legal under international law. Although the judges explained their July 22 decision on a narrow basis, it may still encourage recognition of the historically Serbian province's secession.

There are 192 countries in the U.N. General Assembly. Up to July 30 only 69, including the United States and a majority of European Union members, had recognized Kosovo, whose population is about 80 percent of Albanian ethnic origin.

On July 30, Serbia lodged a resolution in the U.N. General Assembly demanding a new set of talks on Kosovo's status. Despite the current Serbian government's desire to join the EU, on this issue of territorial integrity Serbia is confronting the EU imperialist states.

Although the EU and U.S. imperialists support this dismemberment of Serbia, they oppose general support for self-determination. A broader court decision could give backing, for example, to the liberation struggles in British-ruled Ireland, in the Basque country now ruled by Spain and France, and for the independence of Puerto Rico from the U.S. These are legitimate struggles of oppressed nations for liberation from imperialist powers.

Kosovo is "independent" in name only. This means it is separate from Serbia, but it is not politically or economically self-sufficient. Kosovo's government is an appendage of U.S. imperialism in the Balkans.

Kosovo is home to the massive Bondsteel U.S. military base, housing 10,000 troops. The province has been dependent on the U.S. and West European imperialist states since U.S.-NATO forces waged an aggressive war in 1999 to destroy what was left of Yugoslavia.

The Socialist Federal Republic of Yugoslavia was an independent country of 20 million people in 1989, before the collapse of the USSR and the East European socialist bloc. By December 1991, German imperialism, after annexing the German Democratic Republic, recognized the secession of Slovenia and Croatia, led by rightist parties, and supported secessionist groups in Bosnia. Since large Serb minorities lived in Croatia and Bosnia, civil war was inevitable.

U.S.-led NATO forces then intervened militarily in the Bosnian civil war against the Serb forces in 1995. In 1999, U.S.-led NATO forces supported the ultraright Kosovo Liberation Army (UCK in its initials in Albanian) against Yugoslavia, even though Washington had called the UCK "terrorist" a year earlier. The Pentagon carried out 79 days of bombing raids on Serbia, killing thousands of civilians and destroying much of the Serbian infrastructure and environment.

In the end, NATO aggression turned an independent Yugoslavia into a collection of ministates that are colonies of Western European and U.S. imperialism. The ultrarightist UCK transformed into the core of Kosovo's government. This gangster regime began to persecute the large Serb minority along with the smaller minorities of Jews, Roma and other peoples of Kosovo, many of whom fled to the rest of Serbia.


Catalinotto is editor of the book "Hidden Agenda: U.S./NATO Takeover of Yugoslavia."


Da: Claudia Cernigoi
Oggetto: a proposito della strage di Vergarolla
Data: 16 agosto 2010 19.57.28 GMT+02.00

Il presidente dell'ANVGD Lucio Toth ha dichiarato che ''la recente storia italiana è costellata di stragi rimaste senza una risposta sicura sui responsabili, da Portella della Ginestra al DC 9 di Ustica'' e tra queste stragi inserisce anche quella di Vergarolla, avvenuta il 18/8/46. La responsabilità di questa strage, causata dall'esplosione di una grossa quantità di residuati bellici ammassati sulla spiaggia di Vergarolla presso Pola, è stata spesso attribuita alla volontà jugoslava di creare il terrore in Istria in modo da spingere gli italiani all'esodo (non esistono prove di questo, ma solo illazioni, e del resto se consideriamo che sulla spiaggia di Vergarolla non c'erano solo persone di etnia italiana ma anche di etnia croata, il tutto è comunque un azzardo storico), quindi questa presa di posizione di Toth rappresenta una novità non indifferente, nello studio degli eventi della storia contemporanea. Se Vergarolla viene considerata come Portella e come Ustica, una strage della storia italiana su cui non è mai stata fatta chiarezza, ciò significa che Toth è convinto che la verità su Vergarolla si trovi negli archivi italiani, magari quelli ancora chiusi per "segreto di stato".
Apriamo dunque gli archivi, cancelliamo il segreto di Stato, facciamo chiarezza su tutte le stragi ancora irrisolte.

Claudia Cernigoi

di seguito un breve intervento su Vergarolla pubblicato nel nostro sito:

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-la_strage_di_vergarolla.php

LA STRAGE DI VERGAROLLA

Sul quotidiano triestino “Il Piccolo” del 17/8/06 è apparso un articolo dello storico Raoul Pupo sulla strage della spiaggia di Vergarolla presso Pola, strage che avrebbe, secondo il titolo dell’articolo, scatenato l’Esodo dall’Istria. Sempre nel titolo, leggiamo che “le responsabilità” della strage non furono mai chiarite, ma “l’effetto è assolutamente chiaro”, cioè, secondo quanto si legge, questa strage avrebbe terrorizzato la popolazione italiana e sarebbe stata una delle cause scatenanti dell’esodo degli italiani. A parte che non si capisce come un evento del genere possa avere terrorizzato esclusivamente la popolazione italiana (forse i croati non andavano al mare e non avevano paura delle bombe?), vorremmo fare ora un po’ di chiarezza sui fatti che vengono così leggermente passati sulla stampa come “operazioni di pressione anti-italiana”.
La vicenda di Vergarolla è in realtà abbastanza semplice.
Il 18 agosto 1946, a Pola, che all’epoca si trovava sotto amministrazione anglo-americana, il circolo canottieri Pietas Julia aveva organizzato una festa sportiva che prevedeva anche gare di canottaggio nei pressi della spiaggia di Vergarolla, zona molto frequentata per i bagni Oltre alle gare erano previsti anche chioschi gastronomici perché si trattava a tutti gli effetti di una festa popolare.
Sulla spiaggia però gli alleati avevano ammassato anche moltissime bombe e mine raccolte dal mare nel corso della bonifica del porto, lasciate lì senza controllo in attesa di essere rese del tutto inoffensive.
Ad un certo punto un’esplosione interruppe in tragedia la festa: le mine erano esplose, lasciando a terra molte vittime, almeno 87 morti e decine di feriti. Naturalmente la città fu fortemente scossa da un fatto così tremendo.
All’epoca furono successivamente aperte delle inchieste che però non riuscirono a venir a capo dei motivi reali del fatto. Ogni ipotesi rimase senza prove che potessero portare a scoprire chi o cosa avesse fatto esplodere quelle mine. Ed oggi, a 60 anni di distanza, non avrebbe neppure senso riaprire un’inchiesta, a meno che qualcuno confessi di avere compiuto quell’attentato, se attentato fu, cosa che, bisogna dirlo proprio a causa della propaganda che viene fatta oggidì sull’episodio, non è stata assolutamente accertata, perché l’esplosione potrebbe benissimo essere stata causata da fattori accidentali. Ricordiamo che una grossa quantità di esplosivo era stata abbandonata senza controllo su una spiaggia dove poi era stata autorizzata una sagra, con accensione di fuochi per cucinare, in una torrida giornata di agosto.
I primi responsabili della tragedia andrebbero quindi ricercati in coloro che abbandonarono l’esplosivo a quel modo, ed in coloro che autorizzarono una festa popolare proprio in prossimità di ordigni che potevano esplodere da un momento all’altro. Non c’era bisogno di un attentato per arrivare alla tragedia.
Nonostante non si sia mai trovato un colpevole, l’“eccidio” venne utilizzato da subito dalla propaganda nazionalista italiana. Per molti la strage era frutto della volontà di colpire gli italiani che stavano, a loro dire, con quella manifestazione sportiva dimostrando l’attaccamento alla “patria” e la contrarietà alla cessione alla Jugoslavia della città. Naturalmente i propagandisti danno per scontato che a quella festa estiva, organizzata nel caldo agosto della prima estate di pace dopo tanti anni, avrebbero preso parte solo coloro che volevano fare dimostrazione di “italianità”, come se, appunto, la popolazione croata di Pola non usasse fare i bagni.
E del resto, quale interesse poteva avere lo stato jugoslavo a creare terrore mediante una strage del genere?
Gli jugoslavi erano all’epoca impegnati a Parigi a dimostrare, con elementi di prova, i crimini commessi durante l’occupazione nazifascista delle loro terre, le stragi, le distruzioni sofferte: avrebbero sicuramente avuto moltissimo da perdere se, per ipotesi, fosse stata scoperta una loro responsabilità in un’azione abietta come una strage di civili. Avrebbe potuto allora essere opera di una “scheggia impazzita”? Non lo si può a priori escludere, però comunque non ne vediamo il senso, dato che, nonostante la vulgata corrente parli di “pulizia etnica” commessa dagli jugoslavi contro la comunità italiana, vi sono prove certe che invece lo stato jugoslavo aveva interesse a tutelare quella comunità, come è dimostrato dalle leggi di tutela che furono successivamente emanate.
Chi invece avrebbe potuto compiere un simile attentato, magari con la creazione di prove false (che comunque non vennero trovate) erano i gruppi nazionalisti italiani, cui lo stato dava un notevole appoggio e che, da loro stessa dichiarazione, organizzavano “atti di sabotaggio” nei territori ex italiani. Ma diciamo subito che neppure di questa possibilità esiste alcuna prova.
A parer nostro la responsabilità della strage di Vergarolla va attribuita semplicemente a coloro che permisero di organizzare una festa vicino ad un deposito di esplosivi. Ma ci pare fuori luogo insistere, in assenza di qualsivoglia prova che dimostri la responsabilità jugoslava in quella tragedia, sul fatto che tale strage causò la fuga degli italiani da Pola. Storicamente furono ben altri i motivi che portarono gli italiani ad andare via da Pola, e non ci dilunghiamo qui ora, dato che esistono studi seri ed approfonditi su questo. Solo, ci piacerebbe che gli storici lasciassero perdere la propaganda e la smettessero di considerare il “si sa”, il “si dice” come fonti storiche.


Il Presidente della Repubblica Italiana

Accolgo con molto piacere il cortese invito rivoltomi dall'Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza di presentare il volume degli atti del Convegno di studio, tenuto a Lucca nel 1980, su "Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia".

Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo esercito italiano "inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale" deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna "Venezia", forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l'esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.

Dalle relazioni preparate per il Convegno, e ricordo per tutte quella del Generale di Artiglieria Angelo Graziani, emerge l'imponente contributo offerto dagli italiani alla lotta per la liberazione della Jugoslavia: per numero, perchè si è parlato di circa 40mila italiani coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi, ricordo l'armamento, l'assistenza tecnica e logistica offerta dalle unità italiane all'esercito di liberazione jugoslavo. Con commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l'8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni "Venezia" e "Taurinense" furono meno di 3500 i sopravvissuti.

Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l'amicizia e la collaborazione italo-jugoslava, quale fu la grande operazione combinata italo-serba all'inizio del 1916 che valse a preservare la forza militare serba nella lotta contro gli Imperi centrali.

Si è così avverato il profetico messaggio contenuto nella dichiarazione approvata a Roma nell'aprile 1918 dalla Conferenza delle nazionalità oppresse dalla Duplice Monarchia austroungarica, alla cui realizzazione tanta opera dette un indimenticabile e lungimirante uomo politico italiano, Leonida Bissolati. In quella dichiarazione i rappresentanti italiani e jugoslavi definirono quattro punti che oggi, a distanza di sessanta e più anni, possiamo ben definire profetici anche alla luce delle esperienze fatte: 
1) i rappresentanti dei due popoli riconoscono che l'unità e l'indipendenza della nazione jugoslava sono interesse vitale dell'Italia, come il completamento dell'unità nazionale italiana è interesse vitale della nazione jugoslava; 2) affermano che la liberazione e la difesa del Mare Adriatico sono un interesse vitale dei due popoli; 3) si impegnano a risolvere amichevolmente le singole controversie territoriali sulla base dei principi di nazionalità e del diritto dei popoli a decidere della propria sorte; 4) ai nuclei di un popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell'altro, sarà riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua, della loro cultura e dei loro interessi morali ed economici. "

L'avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue "Lettere slave" e previde con estrema lucidità che il moto d'indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa futura. "Il moto slavo" egli scriveva "dura lentamente continuo. Quando un'idea di libera patria, un'aspirazione nazionale si affaccia ad un popolo, nessuna forza può spegnerla o contenderle il più o meno lento sviluppo progressivo sino al trionfo. Le nazìonalità sono invincibili come la coscienza: potete sopirle per breve tempo, non cancellarle".

Gli atti del Convegno promosso dall'Istituto storico provinciale lucchese della Resistenza rendono, dunque, un grande servigio all'amicizia tra il popolo italiano ed il popolo jugoslavo: con l'arido linguaggio delle cifre, con l'obiettiva narrazione dei fatti, senza nessuna indulgenza alla retorica per rispetto ai vivi, ma soprattutto ai Morti, illuminano per la Storia una pagina che era ancora inedita della Resistenza italiana e del contributo dell'Italia alla Resistenza Europea contro il nazismo.

Sandro Pertini

Palazzo del Quirinale, 10 novembre 1981

[tratto da:

Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza
Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia
Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980
Maria Pacini Fazzi Editore - Lucca 1981

Digitalizzazione a cura di I. Serra, che ringraziamo.
Si confrontino le parole di Pertini, dense di sentimenti internazionalisti di pace e fratellanza, con le parole di odio di Gabriele D'Annunzio, espressione della tendenza imperialista e fascista, di nuovo invalsa ed egemone nell'opinione pubblica come nella politica estera italiana dai primi anni Novanta del Novecento:




Negligenza mortale

report sulle gravi responsabilità occidentali nella pulizia etnica e nell'apartheid cui sono stati costretti Rom, Askali ed Egizi in Kosovo dal giugno 1999 ad oggi, a cura di Paul Polansky.

Per le puntate precedenti si veda:
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3919
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3933
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3946
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3956
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3966
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3979

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Negligenza mortale (VII puntata)

by Paul Polansky

[continua]


IL PREMIO PINOCCHIO: al funzionario ONU che cercò di raccontare la più grande bugia sul campo "libero dal piombo" di Osterode, accanto ai campi rom/askali di Mitrovica.

Joachim Ruecker, nato il 30 maggio 1950 a Schwäbisch Hall in Germania, è un impiegato civile internazionale. Venne nominato Rappresentante Speciale del Segretario Generale per il Kosovo delle Nazioni Unite e capo dell'UNMIK dal 1 settembre 2006 al 20 giugno 2008. Prima, era stato Vice Rappresentante Speciale e Capo della componente Ricostruzione Economica nell'amministrazione UNMIK.

Prima di lavorare per l'UNMIK, Ruecker aveva servito come Commissario alle Finanze e Capo della Divisione Budget e Finanze all'Ufficio Federale degli Esteri a Berlino e ricoperto diversi posti nell'Ufficio Federale degli Esteri a Bonn e in ambasciate tedesche all'estero, incluso Dar es Salaam, Detroit (Consolato Generale) e Vienna. E' stato anche ambasciatore e Vice Alto Rappresentante per l'Amministrazione e Finanza nell'Ufficio dell'Alto Rappresentante a Sarajevo e sindaco della città di Sindelfingen in Germania.

Ruecker ha una laurea dottorale in economia internazionale ed in precedenza è stato consigliere di politica estera del gruppo parlamentare socialdemocratico al Bundestag.

Durante la sua prima conferenza stampa dopo essere stato nominato capo dell'UNMIK, Ruecker annunciò che stava evacuando gli zingari dai campi intossicati dal piombo verso siti "liberi da piombo" e provveduto al trattamento medico dei bambini con i più alti livelli di piombo nel sangue. Disgraziatamente, il sito scelto da Ruecker e dai suoi risultò essere l'ex base francese della KFOR, Osterode, che diversi mesi prima l'esercito francese aveva abbandonato perché molti soldati mostravano alti livelli di inquinamento da piombo. Infatti, ogni soldato francese che aveva servito ad Osterode era stato avvisato di non dare bambini alla nascita per nove mesi dopo aver lasciato il campo, a causa dei loro alti livelli di piombo. Il campo di Osterode era a soli 50 metri dai più infestati campi di Cesmin Lug e Kablare. Dopo diversi mesi di "cure dal piombo" i dottori locali si sono arresi, dicendo che stavano facendo più danni che bene, dato che i bambini tuttora vivevano su di un sito tossico. Più avanti l'OMS dichiarò che non esisteva un livello accettabile di piombo per i bambini. Nessun livello accettabile.

Nonostante l'evidente prossimità ai 100 milioni di tonnellate di cumuli di scorie tossiche aleggianti sui campi zingari, il governo tedesco donò 500.000 euro per ristrutturare Osterode ed immediatamente dopo deportò una famiglia di Rom kosovari (che aveva vissuto in Germania per 15 anni) ad Osterode. In pochi mesi, i bambini di questa famiglia ebbero alcuni dei più alti livelli di piombo nel campo. Un governatore tedesco di un protettorato, soldi tedeschi per un mortale campo zingaro a est. La storia ha un modo sventurato di ripetersi.


Lamberto Zannier


PREMIO IL PRINCIPE: disonora la persona che sta con i principi di Niccolo Machiavelli pubblicati nel suo libro Il Principe nel 1532. Anche se è più una satira che una guida per politici senza scrupoli, molti diplomatici veterani come Zannier che non sanno leggerlo bene, hanno usato questo classico per essere guidati attraverso la loro carriera.

Diplomatico italiano veterano, Lamberto Zannier prese la carica di nuovo Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-Moon e capo dell'UNMIK il 20giugno 2008. Successe al tedesco Joachim Ruecker, diventando il settimo capo dell'UNMIK da quando venne stabilita la missione nel 1999.

Nato il 15 giugno 1954 nel comune di Fagagna nell'Italia nord-orientale, Zannier ha un dottorato di ricerca in legge dall'università di Trieste. Come studente nell'Italia settentrionale, Zannier è stato educato agli ideali umanisti del Rinascimento. Ma più tardi ha messo da parte quegli ideali all'inseguimento di una carriera col governo italiano, dove prima fu avvocato e poi ambasciatore, ed infine nel consiglio responsabile dei negoziati diplomatici e delle questioni militari.

Dal 2000 al 2002 è stato rappresentante permanente dell'Italia all'Aia nel Consiglio Esecutivo dell'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche. Nel 2002, Zannier entrò nell'OSCE a Vienna come direttore del Centro per la Prevenzione dei Conflitti. Dal 2006 le sue responsabilità includevano la supervisione delle operazioni OSCE di sette missioni in campo civile nei Balcani e una dozzina d'altre nell'Europa Orientale, nella regione Caucasica e nell'Asia Centrale. Prima del suo incarico come capo dell'UNMIK, Zannier aveva lavorato per il Ministero degli Esteri italiano, occupandosi di politica e degli aspetti operativi della partecipazione del paese alla Sicurezza Europea e alla Politica di Difesa.

Zannnier divenne capo dell'UNMIK cinque giorni dopo che il Kosovo aveva adottato la propria costituzione il 15 giugno 2008. Alla sua prima conferenza stampa a Pristina, Zannier dichiarò: "Ci sono un certo numero di cose da riaggiustare." La prima cosa che "riaggiustò" fu obbligare il governo del Kosovo a sostituire l'amministrazione dei campi tossici, dove durante l'amministrazione ONU oltre 80 Rom erano morti per complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo. Da allora, a qualsiasi giornalista che chiedeva informazioni su questi campi, veniva detto dall'ufficio di Zannier che i campi non erano più una questione ONU.

Come capo dell'UNMIK, Zannier avrebbe potuto ordinare l'immediata evacuazione di questi campi tossici, come richiesto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma probabilmente aveva paura che questi ladri di polli del XXI secolo avrebbero trovato la via verso la sua amata Italia e contaminato là i suoi cittadini. Fedele ai suoi principi machiavellici, la specialità di Zannier è di prendere decisioni in assenza di qualsiasi moralità.


Fine settima puntata


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Negligenza mortale (VIII puntata)




by Paul Polansky
[continua]

IL PREMIO MARIONETTA MAJUPI: disonora quella persona che ha venduto il suo stesso popolo (Rom, Askali, Egizi) e poi l'ha accusato di essere ingrato verso l'etnia albanese che l'ha cacciato dalle sue case e comunità durante l'estate del 1999 dopo l'arrivo delle truppe NATO.
Incontrai Zylfi la prima volta nel settembre 1999, dopo che si era barricato in casa e negava di essere Rom, mentre molti dei suoi vicini romanì fuggivano dal ritorno degli Albanesi. Agitandosi e tremando, Zylfi spiegava di essere solo un musulmano timorato di Dio. Un anno dopo quando gli aiuti tedeschi iniziarono a piovere "per i Rom" nella sua città natale, Zylfi si autoproclamò loro leader e dichiarò non solo di essere un "Rom puro", ma che la sua priorità principale era di salvare la lingua romanì dall'estinzione.
Nel 2002 offrii a Zylfi di guidarlo verso ogni comunità zingara in Kosovo, per visitare il suo popolo. Disse che era tropo pericoloso, anche se io e la mia squadra romanì eravamo stati in oltre 300 mahala a portare aiuti. Anche se oltre 14.000 case di RAE (Rom, Askali, Egizi) erano state distrutte dal ritorno degli Albanesi del Kosovo, solo qualche centinaio erano state ricostruite, principalmente per i Rom di Prizren, la città natale di Zylfi.
Anche se i Rom nei campi tossici abbandonati a Mitrovica nord hanno chiesto a Zylfi di visitarli, per testimoniare le loro sofferenze, lui ha rifiutato. Invece, ha proclamato alla televisione del Kosovo che i Rom dei campi sono da biasimare per la loro situazione.
Molti Rom dicono che Zylfi lavora solo per il suo portafoglio, e che se ci fosse qualche aiuto o lavoro per i Rom, si assicurerebbe che lo ricevessero solo i suoi Rom di Prizren. Nel 2009, il governo del Kosovo tenne a Pristina una Conferenza Romanì per celebrare il Giorno Internazionale dei Rom. Non venne invitato nessun Rom di Pristina, nessun Rom dai campi, nessun Rom da nessuna città del Kosovo eccetto che da Prizren. Durante le cerimonie, Zylfi presentò il Primo Ministro del Kosovo con un riconoscimento di eterna gratitudine della comunità Rom  per tutto quanto il governo aveva fatto per ...lui? Alla TV del Kosovo, Zylfi ha affermato che i Rom sono a posto dopo l'indipendenza, non hanno problemi. Probabilmente il 99% dei Rom kosovari non ha mai incontrato il loro "leader". Molti Rom credono che Zylfi dica solo quello che il governo del Kosovo vuole che dica. Anche se i Rom di Mitrovica hanno sofferto per quasi undici in queste distese tossiche, Zylfi è stato citato dalla TV del Kosovo dicendo, "Ritengo che tanto il sindaco di Mitrovica che il governo del Kosovo stiano lavorando sodo perché la comunità ritorni alle proprie case." Dato che Zylfi non ha mai visitato questa gente o la loro comunità, è ovvio che non sappia che tutte le loro 1.200 case furono distrutte nel 1999, e che più tardi le rovine furono spianate dall'UNMIK-KFOR. Allora il municipio di Mitrovica sud ha reclamato per sé quei terreni, dicendo che i Rom non potevano provare che una volta erano loro. Tra i pochi Rom che lo conoscono personalmente, Zylfi è considerato un buffo vecchietto. Ma non c'è niente di divertente in ogni bambino rom nato con danni irreversibili al cervello nei campi ONU, perché il loro "leader" dice che non ha tempo di visitarli.
Norwegian Church Aid (NCA)

IL PREMIO ANTI-CRISTIANO: disonora quell'organizzazione non-governativa che si auto-pubblicizza per promuovere la compassione, l'amministrazione responsabile, ed i diritti basici degli esseri umani... ma fa esattamente l'opposto. NCA viene disonorata da questo premio per aver amministrato i campi zingari a Mitrovica su terreni contaminati per nove anni, dove sono morti 84 Rom ed Askali, molti dei quali bambini piccoli. NCA non ha mai richiesto l'immediata evacuazione, nonostante lo fecero l'OMS e l'ICRC(Comitato Internazionale della Croce Rossa ndr).
Finanziata all'80% dal governo norvegese, NCA è anche partner attuativo di ACT (Action by Churches Together) e dell'UNHCR nei campi di Mitrovica/Kosovo settentrionale dal 1999 alla fine del 2008.
Nonostante l'NCA neghi di essere mai stata coinvolta sino al 2005 nei campi (quando le venne assegnato un contratto a sei cifre di euro dall'UNHCR per l'amministrazione esclusiva dei campi), la newsletter ACT del 10 ottobre 1999 pubblicava questa chicca:
Il gruppo ACT/NCA ha, su richiesta dei diritti interessati, rilevato il controllo amministrativo dei campi rom temporanei a Mitrovica nord. E' stato stipulato un contratto con l'appaltatore locale per costruire vicino alla città il campo "permanente". La preparazione del sito è quasi completata, con l'erezione dei 45 prefabbricati assegnati (costruiti in realtà con vecchi pannelli con pitture al piombo) accompagnati da unità centrali cucine/bagni di prossimo inizio.
In un'altra newsletter, datata 17 ottobre 1999, ACT dichiarava: Il gruppo ACT/NCA per la sanificazione dell'acqua continua ad operare nel campo temporaneo per Rom dispersi a Mitrovica nord.
Nell'ottobre 2000 ACT pubblicava questo breve rapporto:
Programmi ACT in Kosovo
by Rod Booth
...e due campi rom a Mitrovica nord sono stati forniti  di sistema idrico e di visite educative casa per casa istituite sull'intera area operativa.
Assistenza alle minoranze
Percepiti da molti Kosovari albanesi di ritorno come fiancheggiatori delle forze serbe, la maggior parte dei 40.000 Rom del Kosovo sono stati costretti alla fuga al ritorno dei Kosovari. Vicini vendicativi hanno bruciato sistematicamente l'intera ex comunità rom a Mitrovica sud, durante le ultime due settimane di giugno 1999. Oltre 400 dei dispersi sono rimasti senza casa a Mitrovica nord. Su richiesta tanto dei Rom che dell'UNHCR, ACT è diventata l'agenzia capofila nel rifornire di cibo, riparo e supporto a questo settore vulnerabile della società kosovara.
Nel momento in cui altre OnG stanno iniziando a muoversi, i sei partner attuativi nell'arena del Kosovo rimangono determinati a restare con la gente di questa terra devastata, ad assisterla nel loro sforzo di ricostruire una nuova società dalle ceneri di quella vecchia.
I PARTNER INTERNAZIONALI ATTUATIVI DI ACT IN KOSOVO
ChristianAid, GB
DanChurchAid (DCA), Danimarca
Diakonie Emergency Aid, Germania
Lutheran World Federation, Ginevra
Macedonian Centre for International Cooperation (MCIC), Macedonia
Norwegian Church Aid (NCA), Norvegia
United Methodist Church Office for Relief (UMCOR), USA
Ad agosto 2000, vennero richiesti dall'SPSG dr. Bernard Kouchner esami casuali del sangue sull'avvelenamento da piombo nell'intera regione di Mitrovica. Gli unici livelli di piombo pericolosi trovati furono nei campi per IDP (Persone Internamente Disperse ndr) costruiti da ACT/NCA. La squadra medica ONU del dr. Kouchner raccomandò la rilocazione dei campi rom in un'area a minor rischio. L'UNHCR e i suoi partner d'attuazione ACT/NCA non risposero.
Dopo la morte di diversi bambini romanì nel 2004 ed un numero imprecisato di donne che avevano abortito, causa complicazioni dovute all'avvelenamento da piombo, l'ONU in Kosovo rifiutò di riconoscere che era stato scritto un rapporto, che raccomandava la chiusura dei campi rom e recintò tutta l'area inquinata. D'altronde, Jackie Holmboe di Norwegian Church Aid, durante un incontro UNMIK a Mitrovica il 25 novembre 2004, confermò che NCA aveva già nei propri archivi una copia del rapporto dal 2000.
Nel 2006, due dei quattro campi NCA furono chiusi a causa dei più alti livelli di piombo nella letteratura medica e gli zingari vennero inviati in un altro campo (precedentemente occupato dalle truppe francesi, quando lo lasciarono venne detto loro di non mettere al mondo figli per almeno nove mesi, a causa dei livelli di piombo nel loro sangue) chiamato Osterode, che era a soli 50 metri da due degli esistenti campi zingari. L'NCA dispose un servizio di guardia 24 ore su 24, per impedire ai giornalisti, ad esempio della ZDF (TV tedesca), di entrare.
Sotto l'amministrazione dei campi della NCA (dal 1999 al2008) perirono più di 80 Rom in questi campi, la maggior parte a causa di complicazioni dell'avvelenamento da piombo. NCA non ha tenuto una lista dei morti, nessun nome è stato scritto e nessun aiuto fornito per la sepoltura. Nessuno dello staff di NCA è mai intervenuto ai funerali. Tuttavia, i leader dei campi ed un'altra OnG (KRRF Kosovo Roma Refugee Foundation ndr) hanno tenuto una lista di tutti quanti sono morti sotto l'amministrazione NCA.
Per confutare le accuse che l'NCA sapeva dei pericolosi livelli di inquinamento da piombo nei campi da loro amministrati, ma mai aveva fatto pressione sui funzionari ONU per evacuarli e curare le persone più in pericolo (bambini sotto i sei anni e donne incinte), l'ufficio NCA di Pristina dichiarò che da una loro ricerca, "i Rom erano più suscettibili all'inquinamento da piombo del resto della popolazione, e quindi dovevano conviverci."
Secondo la loro pagina web:
Norwegian Church Aid è un'organizzazione volontaria, ecumenica, che lavora per promuovere i diritti basici degli esseri umani. L'organizzazione è radicata nella fede cristiana. Appoggiamo chi ha più bisogno, senza differenze di genere, convinzioni politiche, religione ed origine etnica. Le chiese e le congregazioni norvegesi compongono i sostenitori di Norwegian Church Aid. Per ottenere risultati durevoli operiamo con le chiese di base e altre organizzazioni locali in tre maniere:
  • Progetti di sviluppo a lungo termine
  • Preparazione e risposta d'emergenza
  • Consulenza
Norwegian Church Aid agisce ritenendo che tutti gli umani siano stati creati ad immagine di Dio, con pari valori e pari dignità. Le nostre attività si basano su cinque valori base:
  • Compassione
  • Giustizia
  • Partecipazione
  • Pace
  • Amministrazione responsabile della creazione
Tutti gli zingari dei campi sono musulmani.

Fine ottava puntata

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Per le puntate precedenti si veda:
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3919
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3933
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3946
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3956
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3966
http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3979



BUON COMPLEANNO, COMANDANTE!


Cuba, Fidel torna a mettere in guardia Obama: Sarà ucciso come Martin Luther King

Perché? 'Perché gli americani sono molto razzisti, e i milioni di bianchi non si riconciliano con l'idea che un afroamericano sia arrivato alla Casa Bianca'
Fidel Castro, durante un'intervista rilasciata all'Avana a un gruppo di giornalisti venezuelani di Telesur, è tornato ad avvertire il presidente Usa Barack Obama: "Il fatto che non sia stato gia ucciso è una questione di fortuna", ha precisato. In un'ora e mezzo di dichiarazioni fiume, andate in onda ieri sera sulla tv cubana, il lider maximo ha anche affermato che il suo ruolo a Cuba è solo quello di consigliare il governo del fratello Raul: "I compagni non sono persone che devo pilotare io, quello che voglio è che pensino con la propria testa". Quindi ancora: "Potrebbero uccidere Obama, ma non credo che lo faranno adesso. Comunque dovrebbe proteggersi. E lui sa avere cura di se. La gente che ha scelto per la sua sicurezza sono veri professionisti. A quelli nessuno li corrompe". Quindi, riferendosi alla pubblicazione dei documenti segreti sulla guerra in Afghanistan fatta da Wikileaks ha precisato: "Gli Usa non possono più avere il controllo dei loro segreti e bisognerebbe fare una statua a Wikileaks". 
Da quando Obama era candidato alla presidenza degli Usa, Castro è tornato più volte sulla tragica morte a cui sta andando incontro Obama, paragonandola a quella di Martin Luther King. Questo perchè gli americani sono, dice, molto razzisti, e i milioni di bianchi non si riconciliano con l'idea che un afroamericano sia arrivato alla Casa Bianca, "che si chiama proprio cosi, Bianca". Castro ha detto nell'intervista che Obama "africano figlio di musulmano è arrivato alla presidenza degli Stati Uniti a causa di una crisi economica colossale e di una guerra stupida in cui non fanno altro che arrivare cadaveri dall'Iraq". L'ex presidente cubano ha ribadito la sua richiesta a Obama di evitare una guerra nucleare contro l'Iran e si è detto ottimista. "Sono ottimista perché Obama non è cinico come Nixon, non è un gran ignorante come lo era Reagan, non è un imbecille pazzo come Bush e non è un ipocritacome il padre di Bush". Per Castro il presidente americano, di cui ha sempre detto che è intelligente, non è neanche come Roosevelt o Carter "ma è meglio di loro due per un caso di eccezione: è un uomo nero che arriva alla presidenza degli Usa". Quindi un cenno al conflitto tra la Colombia e il Venezuela: "Non esiste alcuna possibilità di un attacco della Colombia contro il Venezuela, perché non le conviene, non può, non vuole e perché sa che le conseguenze sarebbero disastrose". L'ex presidente cubano, che venerdì compirà 84 anni, è ricomparso in pubblico il 7 luglio dopo quattro anni di assenza a causa di una grave malattia. In questo mese ha incontrato diversi esponenti della società, ha presentato un suo libro sulla lotta nella Sierra Maestra nel 1958 e domenica ha parlato sul pericolo e le conseguenze di una guerra nucleare in una sessione straordinaria in parlamento.

 


kao i preko prvog broja biltena "Nasa Jugoslavija": http://nasa-jugoslavija.org/Bilten-1.pdf

J  U  G  O  N  O  S  T  A  L  G  I  J  A 

Što je to Jugonostalgija?
Nakon kontra revolucije i agresije na socijalizam i Socijalističku federativnu republiku Jugoslaviju gotovo u svim novostvorenim banana-republikama, svaki pozitivan spomen Jugoslavije i lijepog i sretnog života u njoj novokomponirani vlastodršci i nacionalistički, nazadnjački sljedbenici odgovaraju sa pogrdnim izrazom «Jugonostalgičar».
Ja jesam Jugonostalgičar, time se ponosim i toga se ne stidim, niti to osjećam kao pogrdu.
Ako pođemo od samog pojma nostalgije onda, možemo u grubo reći, da je nostalgija sjećanje ili žal za nečim što je u životu bilo lijepo i ugodno, a nestalo je i otišlo u nepovrat. To što je u životu bilo lijepo vrijedno je da ga se čovjek uvijek sa sjetom i ugodom sjeća i za tim tuguje.
Što je to za čim treba tugovati, a izgubljeno je nestankom socijalizma i Socijalističke federativne republike Jugoslavije?
Nabrojit ću samo nekoliko činjenica koje to zorno prikazuju:

 

- Svi građani SFRJ, bez obzira u kojoj su republici ili pokrajini živjeli imali su miran i sretan život 45 godina sa standardom iznad mnogih zemalja Srednje i Istočne Evrope. Nametnut im je rat i dobili su nemir i nesretan život bez jasne budućnosti. Rat je donio skoro stotimu tisuća žrtava, nekoliko desetina tisuća invalida, tisuće porušenih kulturnih, vjerskih, stanbenih, privrednih i drugih objekata, preko milijun izbjeglih i prognanih na prostorima bivše Jugoslavije i po cijelom svijetu, milione izgubljenih nada i toliko slomljenih duša;

 

- Uništen je samoupravni socijalizam, kao najveće dostignuće u povijesti radničke klase u svijetskim razmjerima, dobili smo nemilosrdni kapitalizam u banana-državama korupcije, lopovluka i kriminala. Samoupravljanje u Jugoslaviji je bilo cijenjeno u svijetu, pa su mnogi sindikalni čelnici i ekonomisti Zapadnih-kapitalističkih zemalja dolazili da ga izučavaju i mnogi su se izborili u svojim zemljama da radnici imaju više prava u upravljanju radnim organizacijama kroz razne vidove «participacije» i tako širili prava radnika i u tim zemljama;

 

- Razorena je velika Domovina svih ravnopravnih građana bivše Jugoslavije, stvorene su banana-republike u kojima niti avion ne može da se digne na dovoljnu visinu, a da ne povrijedi teritorij susjedne države.Kao građani SFRJ bili smo sigurni u «svakom njenom kutku», mogli smo putovati po cijelom svijetu bez viza i svugdje smo bili promljeni  ponosni i dobro došli gosti kao Jugoslaveni;

 

- Nekada smo bili u svijetu poznati po principijelnosti u unutarnjoj i vanjskoj politici, na čelu s Titom, predvodnici jedne trećine čovječanstva (preko stotinu država) u Pokretu nesvrstanih, a sada postali podanici i podrepani koji podilaze i traže mrvice od NATO-pakta, Amerike, i Evropske unije. Gdje je ponos građana Jugoslavije, koji su nekad hrabro ustali protiv sto puta nadmoćnije nacističke i fašističke nemani i pobjedom te nemani i domaćih izdajnika svrstali se uz bok pobjedničkih svjetskih sila? Gdje je ponos povijesnog Titovog  NE Staljinu, ne kapitalizmu, mi gradimo svoj vlastiti put samoupravnog socijalizma?;

 

- Parola «bratstvo.jedinstvo», koja je okupila sve građane jugoslavenskih prostora u Narodnooslobodilačku borbu, postala je životna praksa, a ne više samo parola i stvorila kroz 45 godina, od zaostale poljoprivredne zemlje, Jugoslaviju, zemlju, koja je stala uz bok srednje razvijenih zemalja Evrope. Sada je bratstvo-jedinstvo krimen, a dobili smo nacionalizme i stalno raspirivanje mržnje prema onima koji nisu «isto stado», iste nacije;

 

- Imali smo društveno vlasništvo nad sredstvima za proizvodnju kao podlogu za samoupravljanje koje je bilo vlasništvo čitavog društva dato na upravljannje radnicima. Nije ono bilo «svačije i ničije» kako to sada hoće da prikažu. Radnici su vrlo dobro znali njime upravljati i imali smo najveći godišnji rast drušvenog proizvoda u svijetu. Sada je to sve pokradeno, podjeljeno podobnima, prodano strancima i pomalo postajemo od «svojih na svome» «tuđi na svome».Pojedinci kriminalnim i prevarantskim putem uz lopovske zakone koji su donošeni u parlamentima, postali su bogati «tajkuni», a većina građana je osiromašena i dovedena do prosjačkog štapa;

 

- Imali smo sigurno zaposlenje i redovitu plaću. Nezaposlenost je bila manja od 5 posto, kada je postala veća izrađivali su se posebni planovi za veće zapošljavanje. Radnika nitko nije mogao otpustiti s posla bez odluke organa samoupravljanja. Svi veći kolektivi su imali svoje samostalne i neovisne načine informiranja radnika o svim pitanjima i problemima kolektiva (razni bilteni, tvorničke novine, razglas i radiostanice, oglasne ploče, zborove radnika, i dr.). Sada se nezaposlenost kreće od 15 do 20 posto, negdje i više na cijelom teritoriju bivše SFRJ. Oni koji rade često ne primaju plaću i po nekoliko mjeseci, mnogima se ne uplaćuje zdravstveno i mirovinsko osiguranje, a svaki poslodavac može kad hoće otpustiti radnika, pa čak i bez valjanog razloga, bez da ikome odgovara. Radnike nitko ne informira što se zbiva u kolektivu;

 

- Svaki građanin koji je bio zaposlen, a takvih je bilo oko 95 posto od ukupno radno sposobnih, izdvajao je iz svog bruto osobnog dohotka određeni postotak za stanbenu izgradnju. S tog osnova imao je sigurnost da će moći dobiti stan koji je preko stanarskog prava postao praktički njegov, jer ga je imao pravo nakon smrti ostaviti svojoj djeci u naslijedstvo. Nakon rušenja socijalizma, država je uzela stanove pod svoju vlast i prodavala ih onima čiji su oni već bili, istina po povoljnijim uvjetima, ali građani su državi platili stanove za koje su u socijalizmu već izdvajali sredstva. Tako su ih zapravo dva puta kupili? Mladi, koji nisu uživali blagodati socijalizma, sada mogu doći do stana jedino ako toliko zarade da ga mogu kupiti. Nema društvene stanbene izgradnje;

 

- Bili smo vođa Nesvrstanih zemalja, a sada smo ovisnici o Zapadu i imamo NATO  avione
iznad glava i vojsku NATO-a u našim i njihovim vojnim bazama;

 

- Veliki broj radnih organizacija iz sredstava zajedničke potrošnje koja su isključivo dio osobnih dohodaka, financirao je razne društvene potrebe, kao što su: topli obroci tokom rada, besplatni prijevoz na posao i s posla, odmarališta duž Jadrana i na drugim područjima pogodnim za odmaranje, potrebe za sportskim i aktivnostima u području kulture i sl. To im je država oduzela (otela) i prodala privatnicima koji sada na tim objektima ubiru profit i rentu;

 

- Svi građani su imali besplatnu zdravstvenu zaštitu i liječenje u bolnicama, kao i u drugim zdravstveno-rehabilitacijskim ustanovama. A  danas se može pravo liječiti samo onaj tko ima novac, a tko ne može platiti, «neka umre za plotom»;

 

- Svi građani su imali pravo na besplatno školovanje od osnovne škole do diplomskog i podiplomskog obrazovanja. Mnogi stručni kadrovi raspršeni širom svijeta, a završili su obrazovanje u Jugoslaviji, postali su vrhunski svjetski stručnjaci u svojim područjima. Sada se mogu obrazovati samo oni koji mogu platiti, a oni koji to ne mogu, da su neznam kako telentirani i sposobni, ostat će kod kuće ili raditi neke sporedne poslove;

 

- U socijalizmu u Jugoslaviji je u školi razvijan duh drugarstva, solidarnosti, moralnosti i poštenja, nesebičnosti, tolerancije za različitosti. Stvarano je ozračje spoznaje da se jedino svojim radom i znanjem čovjek može potvrđivati i ostvarivati ravnopravno sa svim ostalima, prava sa osnova rada. Sada je zavladao duh sebičnosti, licemjerja, nacionalističke uskogrudnosti, neljudskosti, gramzivosti, zarade bez rada, potrošački mentalitet, kriminal i korupcija kao oblik bogaćenja. Čak i sama Crkva, koja neprestalno napada komuniste i komunizam, ističe da se osjeća veliki pad morala, što samo po sebi znači da je u socijalizmu moralnost bila na višem nivou;

 

- Kroz delegatski sistem svaki građanin je mogao koliko želi učestvovati u odlučivanju i donošenju konkretnih odluka o životnim pitanjim iz svoje sredine, općine, zajednice općina, republike do organa federacije. Sve su to radili volonterski, radeći normalno na svojim radnim mjestima ili u poljoprivredi i stalnim kontaktom sa svojom «izbornom bazom». Sada se za određana predstavnička tijela, naročito na nivou države mogu natjecati i kandidirati samo oni koji imaju novaca da mogu platiti svoju promociju, a kad zasjednu u zastupničke ili poslaničke klupe onda postaju profesionalci i primaju visoki osobni dohodak (u Hrvatskoj od 15 do 2o hiljada kuna). Naravno da će se oni i rukama i nogama boriti da ostanu na tim pozicijama što duže mogu, jer im je osiguran udoban život, a narodu kako bude;

 

- Svi oni koji su trebali neku pravnu pomoć mogli su to besplatno ostvariti kod pravnika u sudovima, ili ovjera potpisa besplatno u općinskoj službi, sada se to mora platiti (u Hrvatskoj bilježnicima) i  advokatu (branitelju). A da bi sudom «tjerao» pravdu, mora se unaprijed platiti (u Hrvatskoj preko 1000 kuna) za pokretanje sudskog postupka;

 

- Imali smo jedan jezik hrvatsko-srpski ili srpsko-hrvatski, uz pravo Slovenaca, Makedonaca, Albanaca i nacionalnih manjina da se služe svojim jezicima. Sada je hrvatsko-srpski jezik ili srpsko-hrvatski podjeljen u četiri jezika: srpski, hrvatski, bosanski, crnogorski, a sve je to ustvasri jedan jezik samo sa četiri varijante;

 

- Nekada smo imali drugarstvo za sve, sada se razvilo gospodstvo samo za neke.

 

U ovom pregledu samo je prikazan dio života u socijalističkoj Jugoslaviji koji se odnosi na matrijalnu podlogu življenja. Posebno je interesantno sagledati širi aspekt života u koji spada i tzv. duhovna sfera, kao što je kultura, sport, razne manifestacije koje su oduševljavale posebno mlade, koji su u njima najviše učestvovali, a i sve građane naše bivše domovine. Tu svakako spadaju: trendovi u kulturi koji nisu ni malo zaostajali za trendovima najrazvijenijih zemalja svijeta, sportski rezultati u svim sportovima koji su bili na nivou svijetskih dostignuća, razne manifestacije kao što su:prijem u pionire, omladinski sletovi, omladinske radne akcije, Štafeta mladosti sa veličanstvenim sletom u Beogradu na Dan mladosti i rođendan druga Tita, posjete druga Tita pojedinim gradovima i krajevima Jugoslavije i veličanstveni dočeci tom prilikom, razna takmičenja i mladih i starih, pa i radna takmičenja u proizvodnji i izgradnji, povodom državnih praznika, bratimljenja gradova iz raznih republika, pa i iz inozemstva, posjete državnika cijelog svijeta Jugoslaviji i slavna putovanja druga Tita širom svijeta, naročito nesvtstanim državama šireći mir i potičući napredne snage tih država za daljnju demokratizaciju i humanizaciju ukupnih društvenih odnosa...
Posebno bih ovdje istakao omladinske radne akcije (ORA), koje datiraju još od 1944. godine kad je omladina organizirano skupljala žito, da ne padne u ruke neprijateljima, za borce NOB-e, pa pruga Šamac-Sarajevo, Brčko-Banovići, izgradnja hidrocentrala: Vinodol u Hrvatskoj, Vlasina u Srbiji, Mavrovo u Makedoniji, autoput Bratstvo-jedinstvo Ljubljana-Zagreb, te Beograd-Đevđelija, izgradnja nasipa uz rijeku Savu kod Zagreba i Siska, akcija uređenja Fruške Gore, akcije u Bosni i Hercegovini, u Makedoniji i mnoge druge razne lokalne radne akcije. Tu je omladina iz svih krajeva Jugoslavije, pa iz inozemstva najkonkretnije živjela bratstvo-jedinstvo, izgrađivala objekte, ali i sebe, jer su mnogi omladinci otišli sa akcija opismenjeni, sa raznim ispitima za vozača, varioca, krojača, modelara, fotoreportera, animatora kulture i rekreacije i sl. Tu su se razvijale i mladenačke ljubavi koje su često puta završavale i brakom, utvrđivala se neraskidiva drugarstva i prijateljstva, koja su ostala trajna, neka su nažalost i prekinuta nemilim događajima u prošlim prljavim ratovima na prostoru Jugoslavije. Kroz omladinske radne akcije prošlo je nekoliko stotina tisuća mladića i djevojaka, koji su svoje slobodno vrijeme (najviše ljetne ferije) ispunjavali društveno korisnim radom, i ujedno time najkonkretnije učestvovali u izgradnji svoje domovine. Odlazili su svojim kućama ponosni na to i mnogi se vraćali i učestvovali u više akcija.
Isto tako posebno je nama svima koji smo to živjeli ostao u uspomeni prijem u pionirsku organizaciju, gdje smo mi u svojim «malim glavama» osjećali se važnim jer vidimo da se i nas koji tek krećemo u život cijeni i poštuje u društvu.
Štafeta mladosti nije bila značajna samo po tome što je time odavana počast drugu Titu, za njegov rođendan (to je samo bio povod), već po tome što je ona prolazila kroz sve krajeve, sela i gradove naše zemlje i tom prilikom su mladi organizirali razne manifestacije i takmičenja, te time upotpunjavali svoje vrijeme društveno korisnim radom i kroz to su ujedno razvijali osjećaj drugarstva i solidarnosti.

 

Kada bi se danas mladima, koji nisu živjeli u Socijalističkoj Jugoslaviji ili su tek rođeni ili bili sasvim mali kad je razarana, govorila prava istina o životu u Socijalističkoj federativnoj republici Jugoslaviji, u školskim udžbenicima i u nastavi, većina bi njih poželjela živjeti u takvim uvjetima i okolnostima, naravno sa još novim, modernijim sadržajima.

 

Kada se sada pogleda što je sve izgubljeno razbijanjem Socijalističke federativne republike Jugoslavije i rušenjem socijalizma, tada postaje jasno svakome tko hoće da razmišlja pošteno «svojom glavom» da ima razloga žaliti i sa tugom se sjećati socijalizma i Jugoslavije, jer smo je izgubili. Zato sam na početku i istakao da se ne stidim, već ponosim što sam Jugonostalgičar.

 

Sisak, 30.siječnja 2010.god    Bašić Ivica, prof. ind. pedag.

Ivica Bašić, prof.ind.pedag., bivši radnik i direktor rafinerije nafte Sisak, sada se bavi pisanjem i objavljivanjem napisa na internetu.



(Un commento sul carattere criminoso della "Operazione Tempesta" e sulla vergogna della festa nazionale istituita in Croazia per ricordare la pulizia etnica delle Krajine - a cura di un esponente del SRP, Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia)

05.08.2009.

Akcija "Oluja" i "Dan domovinske zahvalnosti" 

Ovih dana, kao i svake godine početkom kolovoza, bilo je iritantno pratiti hrvatske medije, koji su pompozno i navijački slavili praznik pretenciozno i patetično nazvan "Dan pobjede i domovinske zahvalnosti", bez da se itko kritički osvrnuo na akciju "Oluja", a kamoli spomenuo istinu o biti te akcije - činjenicu da je akcija Oluja planirana, organizirana i provedena kao zločinačka organizacija etničkog čišćenja, kojom je velik broj hrvatskih građana protjeran s njihovih vjekovnih ognjišta, čime je akcija Oluja poprimila karakter protuhrvatske operacije, budući da je (s)rušila vrijednosti proklamirane Ustavom RH: hrvatski građani su ubijani, protjerivani, uništavana im je imovina.

Stoga 5.8. nije dan pobjede građanske, već jednoetničke Hrvatske. Dan zločina nad hrvatskim građanima, društvom i državom, pa je apsurdno i morbidno da ga ista ta država obilježava kao praznik.

Karakter akcije Oluja nije ni najmanje upitan, jer ga precizno oslikavaju brojni povijesni dokazi: ne samo način na koji je akcija provedena, ne samo njene katastrofalne posljedice, nego i brijunski transkripti koji dokazuju da je etničko čišćenje bilo dogovoreno u najvišem državnom vrhu, na sastanku predsjednika Tuđmana s generalima HV-a. Neki osporavaju autentičnost brijunskih transkripata, ali o njihovom postojanju ne svjedoče samo materijalni dokazi, već i indicije koje osnažuju vjeru u njihovo postojanje: u kontekst ponašanja hrvatskog državnog vrha (nacionalistički i šovinistički govori, nestajanja civila srpske nacionalnosti diljem zemlje, ratni zločini koji nisu procesuirani, i na taj način neizravno poticani...; općenito sustavno širenje mržnje protiv dijela hrvatskih građana) u devedesetim godinama brijunski transkripti se odlično uklapaju.

U pitanje se ne može dovesti Tuđmanova izjava nakon Oluje da je iz Hrvatske nestao "remetilački faktor". Već ovaj termin, u sklopu s ostalim indicijama stavlja Tuđmana u hitlerovsku kategoriju, kategoriju etničkog čistača s predumišljajem.

Stoga smatramo da se akcija Oluja, s obzirom na sramotno mjesto koje zauzima u hrvatskoj povijesti, nikako ne bi smjela obilježavati kao državni praznik, čak i da su njome postignuti važni politički ciljevi, budući da bi u tom slučaju razmjer zločina zasjenio njene pozitivne posljedice (uspostavu suvereniteta RH na cijelom teritoriju). S obzirom na to da je RH 25.6.1991. proglašena samostalnom i neovisnom državom, da je 8.10.1991. i formalno postala neovisna država, te da je puni suverenitet na svom teritoriju ostvarila tek 1998., mirnom reintegracijom istočne Slavonije, jasno je da je 5.8.1995. datum od mnogo manjeg značenja za povijest hrvatske državnosti, pa smatramo da je njegovo obilježavanje prvenstveno slavljenje zločina, a ne oslobađanja.

Prošlogodišnju izjavu premijera Sanadera, upućenu srpskom predsjedniku Borisu Tadiću (da podsjetimo, izjavio je kako "ćemo prvo proslaviti Oluju jer ne možemo na Dan pobjede i domovinske zahvalnosti i velike hrvatske pobjede govoriti o zločinima, već nakon Oluje"), smatramo krajnje licemjernom, jer se akcija Oluja ne može dijeliti na samu akciju (tobože čistu kao suza) i zločine nakon nje, budući da je njena bit zločin etničkog čišćenja. To će se, uvjereni smo, vidjeti i u presudama haaškog suda, na kraju postupaka koji su u tijeku.

Ono što je izjavio premijer Sanader slično je hipotetskoj izjavi "nećemo se ispričavati za Auschwitz, najprije ćemo proslaviti konačno rješenje židovskog pitanja, a tek onda razmišljati o zločinima koji su nad Židovima u Auschwitzu počinjeni".


Dalibor Vidović, 
predsjednik regionalne organizacije Primorsko-goranske županije SRP-a 



(Il cosiddetto incidente del Golfo del Tonchino, che il 4 agosto 1964 fu usato a pretesto per giustificare l'entrata in guerra degli USA in Vietnam, era un falso: ne ha riparlato apertamente in questi giorni il New York Times, facendo un esplicito parallelismo con le più recenti menzogne con cui gli USA sono intervenuti in Iraq. Sulle altre guerre scatenate dagli USA e dalla NATO grazie a manipolazioni mediatiche - ad esempio la guerra per il Kosovo nel 1999 - aspettiamo pazientemente le rivelazioni di stampa, che di sicuro abbonderanno... quando saremo tutti morti. IS)



July 14, 2010

Records Show Doubts on ’64 Vietnam Crisis


By ELISABETH BUMILLER


WASHINGTON — In an echo of the debates over the discredited intelligence that helped make the case for the war in Iraq, the Senate Foreign Relations Committee on Wednesday released more than 1,100 pages of previously classified Vietnam-era transcripts that show senators of the time sharply questioning whether they had been deceived by the White House and the Pentagon over the 1964 Gulf of Tonkin incident.

“If this country has been misled, if this committee, this Congress, has been misled by pretext into a war in which thousands of young men have died, and many more thousands have been crippled for life, and out of which their country has lost prestige, moral position in the world, the consequences are very great,” Senator Albert Gore Sr. of Tennessee, the father of the future vice president, said in March 1968 in a closed session of the Foreign Relations Committee.

The documents are Volume 20 in a regular series of releases of historical transcripts from the committee, which conducted most of its business in executive session during the 1960s, before the Senate required committee meetings to be public. The documents were edited by Donald Ritchie, the Senate historian, and cover 1968, when members of the committee were anguished over Vietnam and in a deteriorating relationship with the Johnson White House over the war.

Historians said the transcripts, which are filled with venting by the senators about the Johnson administration and frustrations over their own ineffectiveness, added little new to the historical record. Even at the time, there was widespread skepticism about the Gulf of Tonkin incident, in which the North Vietnamese were said to have attacked American destroyers on Aug. 4, 1964, two days after an earlier clash.

President Lyndon B. Johnson cited the attacks to persuade Congress to authorize broad military action in Vietnam, but historians in recent years have concluded that the Aug. 4 attack never happened.

Still, the transcripts show the outrage the senators were expressing behind closed doors. “In a democracy you cannot expect the people, whose sons are being killed and who will be killed, to exercise their judgment if the truth is concealed from them,” Senator Frank Church, Democrat of Idaho, said in an executive session in February 1968.

But the senators also worried that releasing a committee staff investigation that raised doubts about the Tonkin incident would only inflame the country more. As Senator Mike Mansfield, Democrat of Montana, put it, “You will give people who are not interested in facts a chance to exploit them and to magnify them out of all proportion.”

At another point, the committee’s chairman, Senator William Fulbright, Democrat of Arkansas, raised concerns that if the senators did not take a stand on the war, “We are just a useless appendix on the governmental structure.”

The current chairman of the committee, Senator John Kerry, Democrat of Massachusetts, said Wednesday in an interview that the transcripts were especially revealing to him. In February 1968, when some of the most intense debates of the committee were occurring, Mr. Kerry was on a ship headed for Vietnam.

The release of documents, he said, “shows these guys wrestling with the complexity of it when our generation was living it out in a very personal way.”

He continued, “You couldn’t have imagined in that room of the Capitol that policy makers were agonizing over it in that way, and having that gut kind of conversation.”

In the end, however, the senators did not further pursue their doubts. As Mr. Church said in one session that was focused on the staff report into the episode, if the committee came up with proof that an attack never occurred, “we have a case that will discredit the military in the United States, and discredit and quite possibly destroy the president.”

He added that unless the committee had the evidence to substantiate the charges, “The big forces in this country that have most of the influence and run most of the newspapers and are oriented toward the presidency will lose no opportunity to thoroughly discredit this committee.”

Robert J. Hanyok, a retired National Security Agency historian, said Wednesday in an interview that “there were doubts, but nobody wanted to follow up on the doubts,” perhaps because “they felt they’d gone too far down the road.”

Mr. Hanyok concluded in 2001 that N.S.A. officers had deliberately falsified intercepted communications in the incident to make it look like the attack on Aug. 4, 1964, had occurred, although he said they acted not out of political motives but to cover up earlier errors.

Many historians say that President Johnson might have found reason to escalate military action against North Vietnam even without the Tonkin Gulf crisis, and that he apparently had his own doubts. Historians note that a few days after the supposed attack he told George W. Ball, the under secretary of state, “Hell, those dumb, stupid sailors were just shooting at flying fish!”

This article has been revised to reflect the following correction:

Correction: July 16, 2010


An article on Thursday about the release of previously classified Senate transcripts related to the Gulf of Tonkin episode misstated the employment status of Robert J. Hanyok, considered an expert on the incident. He is a retired National Security Agency historian; he does not currently hold that position.


(italiano / english)

Thousands foreign jihadists still in Bosnia

Un recente attentato a Bugojno ha risvegliato l'attenzione e l'allarme sulla presenza in Bosnia di migliaia di militanti islamisti radicali accorsi dall'estero nei primi anni Novanta, con la benedizione occidentale, per spaccare la Jugoslavia e tagliare le teste dei serbo-bosniaci. Gli USA ipocritamente oggi contestano al Pakistan di sostenere gli jihadisti, ma il Pakistan non fa altro che applicare la ricetta appresa dagli USA, come limpidamente fa notare un editorialista del quotidiano degli Emirati Arabi, Gulf News... Sulla questione dell'uso dei militanti islamisti nei Balcani da parte dei servizi segreti occidentali, e sulla presenza di Bin Laden in Bosnia sotto la protezione di Izetbegovic, in passato - soprattutto dopo l'11 Settembre - abbiamo fatto circolare moltissimo materiale attraverso questa mailing list. Si consulti il nostro archivio attraverso semplici ricerche testuali: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/msearch_adv .

1) US is no stranger to double-dealing (Gulf News 30/7/2010)
2) Bosnia: 3,000 militants 'pose grave security threat' (ADN Kronos 13/7/2010)
3) “Thousands of potential terrorists in Bosnia” (Beta 13/7/2010)
4) Bosnia: Suspected Islamist bombing 'the beginning' say experts (ADN Kronos 28/6/2010)
5) Attentato a Bugojno / Link sul movimento wahabita in Bosnia (balcanicaucaso.org 29/6/2010)
6) Bologna / Terrorismo: processo Islam. Condannati tutti gli imputati (Resto del Carlino 17/6/2010)
... Khalil Jarraya [era] detto anche il colonnello perche’ aveva combattuto nelle milizie bosniache dei ‘Mujihaddin’ durante la guerra nella ex Jugoslavia ...


Source of the documents in english: Stop NATO
http://groups.yahoo.com/group/stopnato


=== 1 ===

http://gulfnews.com/opinions/columnists/us-is-no-stranger-to-double-dealing-1.661356

Gulf News (United Arab Emirates)

July 30, 2010

US is no stranger to double-dealing

The American media accusing Pakistan of deceit should realise their country has a history of doing the same thing

By Marwan Al Kabalan


Following the revelation by WikiLeaks that there have been fresh allegations that Pakistan's Inter-Services Intelligence (ISI) is secretly aiding the Taliban in Afghanistan, sections of the US media rushed to accuse Islamabad of supporting both sides of the decade-old conflict. A lengthy op-ed in the New York Times on Tuesday said that Pakistan had been involved in double-dealing for years. "Despite the billions of dollars the United States has sent in aid to Pakistan since September 11, [the revelation] offers powerful new evidence that crucial elements of Islamabad's power structure have been actively helping to direct and support the forces attacking the American-led military coalition", the New York Times said.

Critics of Pakistan tend to forget, however, that double-dealing is Washington's favourite foreign policy strategy. When weaker nations adopt the same method they are merely following in the footsteps of the master. Furthermore, if the ISI maintains strong ties with the Taliban, the US was the main sponsor and supporter of both the ISI and the Taliban.

In fact, since the early years of the Cold War, the US regarded Islam as a key foreign policy tool to achieve its strategic objectives in the Gulf and the Middle East. Washington believed that the best way to contain the Soviet Union in this region was by establishing a green belt that stretched from Pakistan in the east to Egypt in the west. Mohammad Hassanein Heikal, a well-known Egyptian commentator, claimed that this plan was revealed to him by General Alfred Armistead, who was in charge of US military aid to Third World countries. Heikal also claimed that this same point was mentioned again when he met former US secretary of state John Foster Dulles. Dulles told Heikal, "Your region was floating on two seas: oil and religion". During this period, the US relied on the support of what it considered moderate Islamic governments. These included Saudi Arabia, Pakistan, Morocco, Indonesia, Turkey and Iran.

In 1979, with the Soviet invasion of Afghanistan, the US was no longer in a position to rely solely on moderate Islamic governments to protect its interests in the region. It hence established a ‘Rapid Deployment Task Force' intended to intervene at short notice in the event of further Soviet advancement towards the Gulf. It also had other aims in mind.

In an interview with the French magazine Le Nouvel Observateur, former US national security adviser Zbigniew Brzezinski admitted that the US plan in Afghanistan was to force the Soviet Union to invade the country. By supporting Islamic elements against the Marxist regime in Kabul, the US intended to destabilise the predominantly Muslim parts of Soviet Central Asia and drag Moscow into the Afghan quicksand where a war of attrition could be started. Hence, Brzezinski devised a strategy that envisaged establishing an Islamic alliance against the Soviet invasion. Brzezinski believed that because of the ideological antipathy between Islam and Communism, Islamic states would serve as a bulwark against the Soviets. Subsequently, he flew to Egypt, Saudi Arabia and Pakistan to sell the US plan. Brzezinski's tour was highly successful. Saudi Arabia agreed to provide financial support, Egypt weapons and Pakistan training and logistics. The Soviet Union was duly
defeated in Afghanistan and ultimately collapsed.

Serious allegations

After the end of the Cold War, political Islam fell from grace. After 9/11 in particular, the US started accusing Saudi Arabia and Pakistan of creating a "monster". In a report on the September 11, 2001 attacks released after months of investigation by a joint panel of the US House and Senate intelligence committees, Saudi Arabia and Pakistan were accused of having funnelled hundreds of millions of dollars to charitable groups and other organisations that were suspected of assisting the September 11 hijackers.

The Bush administration made most of the 900-page report public but, for "national security reasons", decided to classify 28 pages. The declassified part focused on the role played by Saudi Arabia and Pakistan in financing and training Islamic activists in the 1980s and 1990s. In Afghanistan and Bosnia, the report accused Riyadh and Islamabad of supporting Arab Mujahideen fighting Soviet and Serb forces. Yet, the report failed to mention that successive Republican and Democratic administrations had also provided financial and logistical support for the Afghan Mujahideen and that the CIA had led a coordinated effort to expel the Soviet forces from Afghanistan. The report also ignored the fact that covert support for the Mujahideen received bipartisan backing in the 1980s and that under the Reagan administration Washington provided Islamic fighters with some of the most sophisticated weapons in its arsenal, including the Stinger anti-aircraft missile. As
for Bosnia, the report failed to acknowledge that the Clinton administration had urged Saudi Arabia to pay for Iranian-made arms shipped to Bosnian Muslims through Turkey and that Arab Mujahideen were parachuted over Bosnia by US airplanes.

But apparently, all this does not amount to double-dealing in the eyes of some Americans.


Dr Marwan Al Kabalan is a lecturer in media and international relations at Damascus University's Faculty of Political Science and Media in Syria.


=== 2 ===

http://www.adnkronos.com/AKI/English/Security/?id=3.1.677269022

ADN Kronos International (Italy) July 13, 2010

Bosnia: 3,000 militants 'pose grave security threat' 


Sarajevo: There are some 3,000 well equipped radical Islamist militants in Bosnia, who pose a serious terror threat to the country, according to top security officials quoted by Bosnian media on Tuesday.

Bosnia state security agency OSA director Almir Dzuvo, said most of the potential terrorists were local people known to police, while only three percent were foreigners. 

“They are much better equipped than the police,” Bosnian daily, Dnevni avaz cited Dzuvo as telling a joint commission on defence and security.

“Most potential terrorists have been on police registers for several years,” he added, waving a list of 3,000 terrorism suspects in his hand.

Reporting to the commission on the bombing of a police station in the western town of Bugojno in June in which one policeman was killed and six were wounded, Dzuvo warned worse attacks would follow. 

“I see a potential danger from 3,000 persons who can at any moment, for psychological or other reasons, commit terrorist acts much worse that this one (in Bugojno),”Dzuvo said.

“Police can't do anything to them until they commit a terrorist act like the one in Bugojno or something on a similar scale,” Dzuvo said. 

He appealed to politicians to enact tough security legislation to help foil terror plots.

Dzuvo said most potential terrorists were followers of the fundamentalist Salafite Islamic movement, also known as Wahabism, which originated in Saudi Arabia.

A lax attitude to Wahabism by Bosnian authorities has allowed it to take root in the country and for Wahabi cells to radicalise supporters and plot violence, according to a number of terrorism experts.

Wahabi ideology is relatively new in Europe and was brought to Bosnia by foreign Muslim fighters or mujahadeen who fought on the side of local Muslims in the country's bloody 1992-1995 war.

Many mujahadeen acquired Bosnian citizenship and remained in the country after the war, operating terrorist training camps in Bosnia and indoctrinating local youths. 

The police were doing its work, but there was “no political will to do more,” the director of Bosnia’s federal police, Zlatko Miletic told the commission, quoted by Dnevni avaz. 


=== 3 ===

http://www.b92.net/eng/news/region-article.php?yyyy=2010&mm=07&dd=13&nav_id=68411

Beta News Agency - July 13, 2010

“Thousands of potential terrorists in Bosnia” 


SARAJEVO: Director of the Information-Security Agency of Bosnia-Herzegovina (OSA) Almir Dzuvo said that there are about “3,000 potential terrorists in Bosnia”. 

Dzuvo told the Sarajevo daily Dnevni Avaz that most of them have been registered by police over the last several years.

“Only about three or four percent of them are foreigners. The rest are Bosnia-Herzegovina citizens. They are very well equipped. A lot better than our police,” Dzuvo was quoted as saying. 

“But, police cannot do anything until they commit a terrorist act, like Bugojno or some other act that is just as serious,” Dzuvo said at a meeting of the Joint Commission for Defense and Security, which was held to discuss the recent attack on the Bugojno police station that killed one officer. 

He said that politicians need to change existing laws, adding that “3,000 people, because of psychological and other states, can perform a terrorist act that will have much greater consequences than this one.” 

Director of the Federal Police Administration Zlatko Miletic said that police were working to do their part, but that there was "no political will to deal with the remaining issues". 

Chief State Prosecutor Milorad Barasin said that radical Islamist groups in Bosnia "do not recognize the state institutions, drive cars without licenses, and do not want personal identification cards". 

“The prosecution reacts when there are consequences, because the laws do no allow us to do anything before that. That must change,” Barasin said. 


=== 4 ===

http://www.adnkronos.com/AKI/English/Security/?id=3.1.607685816

ADN Kronos International (Italy) - June 28, 2010

Bosnia: Suspected Islamist bombing 'the beginning' say experts 


Sarajevo and Belgrade, 28 June (AKI) – Sunday's bloody bombing of a police station in Bosnia in a suspected radical Islamist attack is only the beginning of a wave of violence in Bosnia, terrorism experts said on Monday. 

Police have arrested at least five people over the attack in the central town of Bugojno, in which one person was killed and six wounded. 

Among those arrested was Haris Causevic, who admitted planting the explosive device near a police station in the town 75 kilometres northwest of the Bosnian capital, Sarajevo.

Causevic is believed to be a member of the fundamentalist Islamic Wahabi Islamist movement. Benevolence towards Wahabism by Bosnian authorities have allowed it to radicalise supporters and plot violence, according to Galijasevic and other terrorism experts.

Local politicians have for too long treated Wahabi groups propagating violent Islam with excessive tolerance, Bosnian terrorism expert Dzevad Galijasevic, told Adnkronos International (AKI).

“This (attack) was to be expected and it is just the beginning,” Galijasevic, who is a Muslim, told AKI. 

“Bosnia has a very stormy period ahead,” he warned.

Galijasevic said about five percent of Bosnia’s 1.5 million Muslims had been indoctrinated by Wahabi ideology, but the number of their supporters may be about 12 per cent of the population.

Though Wahabism is considered a radical religious movement in Bosnia, Wahabis are playing a central role in terrorist activities in the Musim-majority country, according to Galijasevic. 

"Their activities have nothing to do with religion," he said.

There had been scores of murders and terrorist activities in Bosnia, but local authorities have played these down as “isolated incidents and ordinary crime,” Galijasevic said.

“Bosnia-Herzegovina simply isn’t ready to explicitly call it terrorism, although western intelligence agencies are pefectly aware of what's going on," he stated.

Galijasevic claimed radical Islam had a strong supporter in wartime Bosnian Muslim president Alija Izetbegovic and current Muslim member of the joint state presidency Haris Silajdzic, who condemned Sunday's bombing as an attack on the state.

Galijasevic heads a non-governmental southeast European counter-terrorist organisation with Serbian expert on terrorism Darko Trifunovic and a Croatian Domagoj Margetic. 

They have frequently warned that Bosnia has become a European hotbed of radical Islam and Al-Qaeda-linked terrorist activities.

Trifunovic agreed that most of Bosnian Muslim leaders have ignored the activities of radical Islamists and played down their terrorist activities. 

“We have been highlighting this problem for years, but no one paid attention,” he told AKI.

Attacks such as the one in Bugojno were the "logical consequence" of ignoring the security threat posed by Wahabism, he said.

"I’m afraid this is not the end,” Trifunovic said.


=== 5 ===

http://www.balcanicaucaso.org/ita/Materiali/Attentato

Attentato

29 giugno 2010

Domenica 27 giugno, un attentato contro il commissariato di polizia di Bugojno, Bosnia centrale, ha causato un morto e sei feriti. Due persone legate all'Islam radicale sono state arrestate. (...) 

Un poliziotto, Tarik Ljubuškić, è morto e 5 suoi colleghi sono rimasti feriti a seguito dell'esplosione di un ordigno collocato domenica mattina presso la caserma di polizia a Bugojno, in Bosnia centrale. Le indagini, che hanno già portato al fermo di alcune persone, si sono indirizzate verso gli ambienti del radicalismo islamico. Secondo indiscrezioni riportate dai media locali l'esecutore materiale dell'attentato sarebbe Haris Čaušević, mentre Naser Palislamović, arrestato ieri a Sarajevo, è considerato dagli inquirenti come l'organizzatore. Le indagini sono ancora in corso.

Leggi il nostro recente approfondimento sul movimento wahabita in Bosnia: 
http://www.balcanicaucaso.org/ita/aree/Bosnia-Erzegovina/Wahabiti-bosniaci


=== 6 ===

http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/2010/06/17/346620-terrorismo_processo_islam.shtml

Terrorismo: processo Islam
Condannati tutti gli imputati
''I giudici la pagheranno''


Accolte le richieste del Pm. I sei islamici sono ritenuti appartenenti a una cellula jihadista e avrebbero svolto attività di proselitismo e riecerca fondi. Due di loro hanno espresso sdegno per il verdetto: "Inspiegabile"


BOLOGNA, 17 GIUGNO 2010- Sono state accolte le richieste di condanna del pm Luca Tambieri per i sei imputati islamici ritenuti appartenenti a una cellula jihadista.

I sei gli islamici, 5 tunisini e un marocchino, sono stati tutti condannati dalla Corte d'Assise di Bologna. A otto anni e due mesi e’ stato condannato Khalil Jarraya, tunisino di 41 anni, che viveva con la famiglia a Faenza (Ravenna), detto anche il colonnello perche’ aveva combattuto nelle milizie bosniache dei ‘Mujihaddin’ durante la guerra nella ex Jugoslavia e che la sentenza ha indicato come promotore; sette anni di condanna per i due tunisini Mohamed Chabchoub, residente a Dozza Imolese (Bologna), e Kalid Kammoun, rimasto latitante fino a un mese fa quando si e’ consegnato alle autorita’ italiane, entrambi ritenuti dai giudici organizzatori. 
Cinque anni e due mesi per Hechmi Msaadi, tunisino di 33 anni, residente a Imola, e cinque anni ciascuno per Ben Chedli Bergaoui, tunisino di 36 anni, e Mourad Mazi, marocchino di 35, di Imola. Tutti e tre vengono indicati dalla sentenza come partecipi alla organizzazione.

Le accuse al centro del processo erano di associazione terroristica internazionale e una truffa. Secondo l’accusa, i sei si stavano organizzando per andare a combattere in Iraq o Afghanistan come potenziali kamikaze o supporto dei martiri. Ed e’ proprio per combattere la ‘guerra santa’ che avrebbero svolto attivita’ di proselitismo. Alcuni imputati, che sono in carcere da due anni, dopo la lettura della sentenza hanno definito inspiegabile la condanna.




(srpskohrvatski / italiano)

ŠTA SVE FALI KRAGUJEVCU?


Che cosa manca a Kragujevac?
Un ironico video realizzato con il telefonino sulle croci che spuntano come funghi in una città che manca di tutto - dai cinema alle sale di lettura, dagli impianti sportivi al lavoro per guadagnarsi il pane...

Sullo stesso argomento si veda anche:
https://www.cnj.it/documentazione/orrori.htm

http://www.e-novine.com/srbija/vesti/39513-Onoga-krsta.html

Šta sve fali Kragujevcu, a čega ima na pretek?

Film mobilnim telefonima snimili polaznici radionice Vidi
KG Maraton, program Čuj/Vidi/Pokreni
© 2010 Dokukino/DKQ

ideja/snimak/montaža/režija
Nevena Dabović
Jovan Bogicević
Aleksandar Vukajlović
Predrag Todorović
Milica Dimitrijević
Ognjan Pantić
Marina Bulatović
Damir Karamustafić
Stefan Aksentijević
Ivana Vukić

mentor
Darko Soković





DOPO LA MILIARDESIMA PETIZIONE ONLINE...

La "democrazia elettronica" limitata ad alcuni aspetti della vita associata dell'uomo può anche essere presa in considerazione. Ma non si può accettare che sostituisca tutte le forme della vita democratica. Anzi credo che bisogna preoccuparsi di essere pronti ad affrontare questo pericolo anche sul terreno legislativo. Ci vogliono limiti precisi all'uso dei computer come alternative alle assemblee elettive. Tra l'altro non credo che si potrà mai capire cosa pensa davvero la gente se l'unica forma di espressione democratica diventa quella di spingere un bottone (...) Io credo che nessuno mai riuscirà a reprimere la naturale tendenza dell'uomo a discutere, a riunirsi, ad associarsi.

(Enrico Berlinguer, in Conversazioni con Berlinguer, Roma, Editori Riuniti, 1984, p.354. Cit. da V. Gioiello su L'Ernesto n.2/2010)