Informazione

Truppe italiane e tedesche rastrellano paesi nei Balcani

Fonte:
http://www.ansa.it/balcani

---

BOSNIA: OPERAZIONE CARABINIERI MSU IN ROCCAFORTE KARADZIC

(ANSA) - SARAJEVO, 10 GEN - I carabinieri dell'Msu (Unita'
multinazionale specializzata della Sfor) hanno lanciato questa
mattina un'operazione a Pale, un tempo roccaforte dell'ex leader dei
serbi di Bosnia, Radovan Karadzic, ricercato per genocidio e crimini
di guerra e latitante da otto anni. Secondo un comunicato della
Forza di stabilizzazione della Nato in Bosnia (Sfor), 80 militari
dell'Msu ''in base alle informazioni ricevute, stanno cercando dei
sospetti per crimini di guerra o i loro sostenitori''. Il
portavoce della Sfor Dave Sullivan non ha voluto precisare se
l'obiettivo fosse lo stesso Karadzic ma ha dichiarato che mezzi della
Sfor si sono dispiegati stamani davanti all'edificio dove c'e' la
stazione radio della figlia di Radovan Karadzic, Sonja, e dove si
trova anche l'appartamento della moglie Ljiljana. Secondo
informazioni non confermate, i carabinieri hanno perquisito
l'ospedale locale dove si sarebbe rifugiato un ricercato che potrebbe
anche essere ferito. A molte ore dall'inizio dell'operazione -
stamattina all'alba - ci sono posti di blocco alle entrate del paese,
situato 16 chilometri a est di Sarajevo, e i militari controllano
tutte le macchine che entrano o escono. All'operazione prendono
parte anche unita' della polizia locale. Negli ultimi anni la
Sfor ha condotto numerose operazioni per la cattura di Karadzic e del
suo comandante militare, generale Ratko Mladic, ma senza successo.
Sembra che Karadzic si sposti continuamente tra la Bosnia orientale e
il Montenegro, mentre Mladic vivrebbe in Serbia. La scorsa estate
l'Alto rappresentante della comunita' internazionale in Bosnia Paddy
Ashdown ha bloccato i conti bancari di 14 persone, tra le quali i
familiari di Karadzic, con l'accusa di aver creato una rete di
sostegno alla sua fuga. (ANSA). COR*VD 10/01/2004 16:16

---

BOSNIA: TUTTORA IN CORSO OPERAZIONE CARABINIERI MSU A PALE

(ANSA) - SARAJEVO, 11 GEN - E' tuttora in corso l'operazione lanciata
ieri all'alba dai carabinieri dell'Msu (unita' multinazionale
specializzata) della Forza di stabilizzazione Nato in Bosnia (Sfor) a
Pale ''alla ricerca di sospetti criminali di guerra o loro
sostenitori''. I militari controllano tutte la macchine che entrano
o escono da Pale, villaggio di montagna 16 chilometri a est da
Sarajevo, che durante la guerra (1992-95) e' stata la roccaforte
dell'ex leader serbo bosniaco Radovan Karadzic, ricercato per
genocidio e crimini di guerra, e dove oggi vive la sua famiglia.
Nel corso della notte, ha dichiarato il portavoce della polizia
locale Miroslav Popara, secondo quanto riporta l'agenzia Fena, i
carabinieri hanno perquisito la chiesa di Pale e il centro culturale
adiacente senza trovare nulla di sospetto. I poliziotti di Pale, ha
precisato Popara, che da ieri pomeriggio partecipano all'operazione
''sono solo osservatori in questa azione''. Ieri i militari
dell'Msu hanno perquisito il poliambulatorio di Pale dove, secondo le
informazioni ricevute, si sarebbe rifugiato un ricercato, forse
ferito. Sono stati perquisiti anche i locali della Croce rossa la
cui presidente, fino al 2002, e' stata la moglie di Karadzic,
Ljiljana, e anche la casa della famiglia nella frazione di Krivaca.
Uno dei posti di blocco per il controllo del traffico e' stato
istituito davanti all'edificio che ospita la stazione radio della
figlia Sonja, e un'altro davanti al distributore di benzina di
proprieta' di Mirko Krajisnik, fratello di Momcilo, ex presidente del
parlamento e alter ego di Karadzic, ora detenuto nel carcere del
Tribunale internazionale dell'Aja (Tpi) in attesa del processo per
genocidio e crimini di guerra. La Sfor non ha voluto rivelare il
nome della persona ricercata ne' se l'obiettivo dell'operazione sia
lo stesso Karadzic. Negli ultimi anni la Nato ha lanciato diverse
operazioni per la cattura dell'ex leader dei serbi di Bosnia,
latitante da otto anni, e anche del suo comandante militare, generale
Ratko Mladic, ma senza successo. La Procura del Tpi ha piu' volte in
passato accusato la polizia e l'esercito serbo bosniaco di
proteggere la fuga di Karadzic che si sposterebbe in continuazione
tra la Bosnia orientale e il Montenegro dove vive sua madre. Secondo
il Tpi, invece, Mladic vivrebbe in Serbia. (ANSA). COR*VD
11/01/2004 13:20

---

BOSNIA:SFOR; OPERAZIONE A PALE, FERMATO SOSTENITORE KARADZIC

(ANSA) - SARAJEVO, 11 GEN - Si e' conclusa con un fermo l'operazione
condotta negli ultimi due giorni dai militari della Forza di
stabilizzazione della Nato in Bosnia (Sfor) che hanno perquisito
numerosi edifici di Pale, villaggio 16 chilometri a est da Sarajevo,
roccaforte, durante la guerra (1992-95) dell'ex leader serbo bosniaco
Radovan Karadzic, ricercato per genocidio e crimini di guerra.
L'uomo fermato, secondo fonti serbo bosniache, e' Dusan Tesic detto
Bato, ex appartenente dell'unita' speciale di polizia, e secondo la
Sfor ''un sostenitore dei ricercati per crimini di guerra''. Non
si tratterebbe, pero', dello stesso individuo per la cattura del
quale ieri mattina e' scattata l'operazione che la Sfor ha lanciato
dopo aver ricevuto un'informazione secondo cui un sospetto di guerra
sarebbe rimasto ferito e avrebbe cercato soccorso e rifugio a Pale.
La Sfor, pero', non ha voluto rivelare il nome della persona
ricercata ne' se l'obiettivo dell'operazione fosse lo stesso
Karadzic, ma ieri mattina, all'alba, una compagnia dei carabinieri
dell'Msu, circa 80 uomini, hanno bloccato le vie d'accesso a Pale,
effettuando controlli su tutte le macchine in entrata e in uscita da
Pale, e presidiato numerosi edifici dei familiari dell'ex leader
serbo bosniaco, latitante da otto anni. A meta' giornata e' stato
perquisito il poliambulatorio di Pale, due strutture mediche di
proprieta' della moglie di Karadzic, Ljiljana, nonche' la sede della
Croce rossa di cui la signora e' stata presidente fino al 2002.
Nella notte e' stata perquisita la chiesa serbo-ortodossa e stamani
la casa della figlia di Karadzic, Sonja. La perquisizione e' durata
diverse ore e i militari hanno portato via tre sacchi di documenti.
''Hanno rovistato e buttato all'aria foto e documenti'', ha detto
Sonja Karadzic protestando per l'operazione della Nato, che ha
definito ''un'aggressione''. Negli ultimi anni la Nato ha lanciato
diverse operazioni per la cattura dell'ex leader dei serbi di Bosnia,
latitante da otto anni, e anche del suo comandante militare, generale
Ratko Mladic, ma senza successo. La Procura del Tpi ha piu' volte in
passato accusato la polizia e l'esercito serbo bosniaco di
proteggere la fuga di Karadzic che si sposterebbe in cotinuazione tra
la Bosnia orientale e il Montenegro dove vive sua madre. Secondo il
Tpi, invece, Mladic vivrebbe in Serbia. Lo scorso agosto la Sfor ha
cercato di arrestare Ratko Mladic nella casa di famiglia presso
Sarajevo, il giorno dei funerali della madre, ma il generale
ricercato non si e' fatto trovare. (ANSA). COR*VD 11/01/2004
18:09

---

BOSNIA: FALLITA UN'ALTRA VOLTA LA CATTURA DI KARADZIC (2)

(ANSA) - SARAJEVO, 12 GEN - ''Nella tarda serata di venerdi' - si
dice in un comunicato - la Sfor ha ricevuto l'informazione che ha
fatto pensare che Karadzic si poteva trovare a Pale'', sua roccaforte
durante la guerra (1992-95), dove vivono ancora i suoi familiari.
Durante la notte sono state dispiegate le truppe a Pale, continua il
comunicato, alle quali nel corso della giornata si e' unita la
polizia locale. Secondo il comandante di Sfor, generale americano
Virgil Packett, e' stata la prima vera operazione congiunta, tra Sfor
e il ministero dell'interno serbo bosniaco, per la cattura di
sospetti criminali di guerra. Per tutta la durata dell'operazione,
200 militari della Sfor, tra cui circa 80 carabinieri dell'Msu
(Unita' multinazionale specializzata) hanno controllato le vie
d'acceso a Pale, localita' di montagna 16 chilometri a est da
Sarajevo, e le macchine in entrata e in uscita. Tra sabato e domenica
sono stati perquisiti diversi edifici, tra cui il poliambulatorio, la
chiesa e la casa della figlia di Karadzic, Sonja, in cui vive anche
la moglie di Radovan, Ljiljana. Al termine delle perquisizioni, ieri
pomeriggio, la Sfor aveva annunciato la conclusione dell'operazione
per il pomeriggio di oggi. La Nato ha lanciato in passato diverse
operazioni per la cattura di Karadzic, latitante da otto anni, in
particolare in Bosnia orientale. Si ritiene che l'ex leader serbo
bosniaco si sposti tra questa zona della Bosnia e il Montenegro dove
vive sua madre. La Forza di pace ha finora catturato decine di
ricercati 'minori' per crimini di guerra e tutte queste sono state
operazioni lampo condotte da squadre speciali e la cattura, nella
maggior parte dei casi, e' stata poi annunciata quando il ricercato
era gia' in volo verso l'Aja, sede del Tribunale internazionale
dell'Onu (Tpi) per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia. (ANSA)
COR*VD 12/01/2004 18:53

---

BOSNIA: CACCIA AI RICERCATI, NUOVA OPERAZIONE SFOR A PALE

(ANSA) - SARAJEVO, 13 GEN - I militari della Forza di stabilizzazione
a guida Nato in Bosnia (Sfor), nel corso della notte scorsa hanno
lanciato una nuova operazione di ricerca dei sospetti criminali di
guerra a Pale, roccaforte, durante il conflitto (1992-95), dell'ex
leader serbo bosniaco Radovan Karadzic ricercato per genocidio e
crimini di guerra. L'azione, che segue l'operazione di tre giorni
iniziata all'alba di sabato e conclusa nel pomeriggio di ieri, e'
iniziata con la perquisizione ''di una casa nei dintorni di Breznik,
a est da Pale'', secondo quanto ha riferito il portavoce di Sfor Dave
Sullivan, precisando che l'attivita' e' ancora in corso e materiale
''di valore informativo'' e' gia' stato sequestrato. Miroslav
Popara, il portavoce della polizia di Pale che affianca i militari
della Nato, ha detto, riferisce l'agenzia di stampa Fena, che e'
stata perquisita la casa della moglie di Karadzic, Ljiljana, situata
nella frazione di Krivaca. Secondo la moglie di Karadzic in questa
casa, perquisita anche in passato, da tempo non vive nessuno, ma la
Sfor ha trovato e interrogato un guardiano. Nel corso del
weekend i militari Sfor, americani, inglesi e italiani, carabinieri
dell'Msu, hanno perquisito anche la casa nel centro di Pale della
figlia di Karadzic, Sonja, dove vive anche Ljiljana, e ha sequestrato
diversi documenti e munizionamenti illegali. Sono stati controllati
anche il poliambulatorio, la chiesa, il centro culturale, a seguito
di un'informazione di intelligence secondo cui Karadzic sarebbe
stato ferito e avrebbe cercato assistenza e rifugio a Pale. Secondo
il comandante della Forza di pace, il generale americano Virgil
Packett, questa e' stata la prima vera operazione congiunta, tra la
Nato e il ministero dell'interno serbo bosniaco, per la cattura di
sospetti criminali di guerra. La Sfor ha anche confermato oggi di
tenere tuttora ''in luogo sicuro'' la persona fermata sabato sul
monte Jahorina, vicino a Pale, con l'accusa di essere un
''sostenitore'' dei ricercati per crimini di guerra. Secondo fonti
locali si tratta di Dusan, detto Bato, Tesic, appartenente, durante la
guerra, dell'unita' speciale della polizia di Karadzic. (ANSA).
COR*VD 13/01/2004 16:09

---

BOSNIA: TUTTI GLI SPOSTAMENTI DEL GENERALE MLADIC, STAMPA

(ANSA) - SARAJEVO, 15 GEN - Il generale Ratko Mladic, ex comandante
militare dei serbi di Bosnia, il ricercato eccellente assieme a
Radovan Karadzic per genocidio e crimini di guerra dal Tribunale
dell'Aja (Tpi), avrebbe lasciato la Serbia il 28 novembre scorso e ora
si troverebbe a Bileca, nel sudest della Bosnia. Lo scrive oggi il
quotidiano di Sarajevo 'Dnevni avaz', richiamandosi a fonti di
intelligence di Sarajevo e della Forza di stabilizzazione Nato in
Bosnia (Sfor). Secondo il giornale, Mladic ha lasciato la sua casa
di Valjevo, in Serbia, il 28 novembre dopo aver saputo che un gruppo
di agenti dei servizi tedeschi era arrivato in Serbia con l'intento di
catturarlo e trasferirlo in Bosnia. Il giornale ripercorre tutti i
presunti spostamenti di Mladic: prima la fuga da Valjevo a Visegrad,
in Bosnia orientale, organizzata da militari dell'esercito e dalla
polizia di Belgrado. In quella zona, a Dobrun, sarebbe rimasto quattro
giorni, per trasferirsi poi a Han Pijesak e trascorrere una
settimana nel grande bunker, costruito dall'ex Esercito federale
jugoslavo (Jna) e tenuto oggi dalle forze armate della Republika
Srpska (Rs, entita' a maggioranza serba di Bosnia). Nella notte tra
il 10 e l'11 dicembre Mladic si sarebbe avviato a Kasindol, nei
pressi di Sarajevo, nella casa di famiglia. Verso le 15:30 del giorno
11, due mezzi della Sfor si sono fermati davanti all'ufficio postale
ed hanno fotografato la casa e le jeep che lo avevano scortato.
Quando i militari della Nato se ne sono andati, verso le sei del
pomeriggio, i suoi accompagnatori hanno portato Mladic verso Pale per
strade secondarie. Dopo una sosta a Tjentiste per il pranzo con
Boro Milanovic, ex capo della polizia stradale di Foca, Mladic ha
proseguito ed e' arrivato a Bileca accompagnato da soli tre uomini,
mentre gli altri nove che erano con lui si sono fermati a Kalinovik.
Il Capodanno e il Natale ortodosso del 7 gennaio, sempre secondo il
giornale, Mladic li ha festeggiati in compagnia del comandante della
scuola ufficiali riservisti dell'esercito Rs, nella casa di un amico
sul lago di Bileca, dove, secondo quanto 'Dnevni avaz' ha scritto mesi
fa, Mladic sarebbe stato in vacanza anche l'estate scorsa. La
Procura del Tpi ha ripetutamente affermato che Mladic si nasconde in
Serbia, aiutato dall'esercito di Belgrado, e che solo occasionalmente
si sposta in Bosnia. Nell'agosto scorso la Sfor ha perquisito la casa
della sua famiglia di Kasindol il giorno dei funerali della madre di
Mladic, ma il generale non si e' fatto trovare. (ANSA) COR*VD
15/01/2004 13:07

---

BOSNIA: CONTINGENTE, VISITA CAPO STATO MAGGIORE ESERCITO

(ANSA) - SARAJEVO, 15 GEN - Il capo di Stato maggiore dell'Esercito,
generale Giulio Fraticelli, e' arrivato oggi pomeriggio a Sarajevo,
proveniente dal Kosovo, per una breve visita al contingente italiano
inquadrato nella Forza di stabilizzazione della Nato in Bosnia (Sfor).
Fraticelli ha visitato la base italiana Tito Barracks, nel centro
di Sarajevo, dove il vice comandante del German-Italian battle group,
colonnello Marco Bedina, gli ha illustrato le attivita' del
contingente, formato da circa 900 unita' su base del 52/o reggimento
artiglieria 'Torino'. ''Ho voluto portarvi il saluto e
l'apprezzamento dell'esercito per il lavoro che svolgete - ha detto il
generale ai reparti schierati - attuando una politica di presenza, di
sicurezza fondamentale per l'Italia''. Una presenza, ha aggiunto
Fraticelli, destinata a durare in futuro, in cui, ha detto
rivolgendosi ai soldati, ''ciascuno di voi e' una pedina fondamentale
di questo processo storico, del percorso verso un vero sviluppo di
quest'area''. Entro la meta' del 2004 la Sfor, alla quale
contribuiscono oltre 30 paesi, sara' ridotta dagli attuali 12mila a
7mila uomini, ma non si conosce ancora di quante unita' sara' ridotto
il contingente italiano. (ANSA) COR*VD 15/01/2004 19:05

[ Disinformazione strategica:
Il corrispondente di "USA Today" Jack Kelley ha presentato le
dimissioni al suo quotidiano pochi giorni fa, dopo che molte delle sue
menzogne sono state smascherate.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stata una intervista alla
"attivista per il diritti umani" Natasa Kandic, nota belgradese
sorosiana e filoamericana, che secondo un articolo di Kelley disponeva
di "un block notes con tre anelli dell'esercito jugoslavo, contenente
l'ordine diretto ad un luogotenente di 'ripulire etnicamente' il
villaggio di Cusk, in Kosovo"... ]


http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A6672-2004Jan10.html


Fear and Lying at USA Today


Writer Says Panic Led to Deception, Then Resignation

By Howard Kurtz
Washington Post Staff Writer
Sunday, January 11, 2004; Page A01


When USA Today correspondent Jack Kelley resigned Tuesday after an
investigation of his work, many colleagues wondered why he had quit if,
as he adamantly maintained, his reports from around the world had been
accurate.
The reason, Kelley now acknowledges, is that he "panicked and used poor
judgment" during the probe.
In an effort to prove that he had spoken with a human rights activist
in Yugoslavia, Kelley said in an interview, he encouraged a translator
who was not present during the 1999 sit-down to impersonate another
translator who was there. The woman who agreed to help Kelley called
the USA Today journalist assigned to investigate the matter last fall
and verified Kelley's account as if she had been there.

About two weeks later, Kelley said, he realized the magnitude of his
error and confessed to the paper's publisher, executive editor and
reporter Mark Memmott, who had received the bogus call.
"I resigned because I felt I should no longer work at USA Today because
of what I'd done," Kelley said. But he said he stands behind every
story he has written, many of them from war zones, during a 21-year
career at the nation's best-selling newspaper. He said his bad judgment
stemmed from his conviction that the investigation was "a witch hunt to
drive me out of USA Today."

Editor Karen Jurgensen said yesterday: "I'm confident Jack was treated
fairly and professionally throughout the investigation. We have no
concerns whatsoever about the quality or fairness of the investigation."
The departure of Kelley, 43, a Pulitzer Prize finalist in 2002, caused
considerable bitterness in the Gannett paper's Tysons Corner newsroom,
where many staffers were angry at the way the matter was handled by
Jurgensen, Executive Editor Brian Gallagher and Managing Editor for
News Hal Ritter.
Some staff members staunchly defended Kelley as a risk-taking foreign
correspondent who they believe has been badly treated, while others
said management looked the other way for too long while questions
mounted about his exclusives that others seemed unable to match.
The surge of anger is reminiscent of the emotions unleashed at the New
York Times after the Jayson Blair fabrication scandal last spring, when
a staff revolt led to the resignations of the paper's top editors,
Howell Raines and Gerald Boyd. Times staffers questioned why the
editors had missed a series of warning signs about Blair's problems,
which mushroomed into an assault on their autocratic style.

The Kelley controversy comes at a time of growing public mistrust of
the mainstream media. In the past year, critics have questioned: Fox's
Geraldo Rivera and NBC's Peter Arnett over their reporting on the Iraq
war; The Washington Post for reporting that Jessica Lynch had been shot
and stabbed and not correcting the account for 21/2 months; CNN
executive Eason Jordan for saying he suppressed stories of Iraqi
brutality out of concern for people's safety; Salt Lake Tribune Editor
James Shelledy, who resigned after two reporters sold information on
the Elizabeth Smart case to the National Enquirer; and CBS's use of a
music special to leverage a Michael Jackson interview.

In nearly 20 interviews, USA Today staff members described a "culture
of fear," as several put it, in which many employees are afraid to
speak out and there is widespread talk of personal vendettas by
editors. Kelley and other staffers say they believe he was investigated
so aggressively, based on an anonymous letter, because he had given a
negative evaluation of Managing Editor Ritter during a personnel
review. Jurgensen said such comments played no role and are kept
confidential.

As The Washington Post reported Wednesday, Kelley resigned after
editors presented him with the findings of a seven-month investigation
into whether he had fabricated stories filed from Israel, the West
Bank, Cuba and the Balkans. Jurgensen said the paper has no plans to
run a correction for any of Kelley's stories, but has declined to
discuss the investigation because it involves "a personnel matter."
In Kelley's view, the paper has confirmed at least two of the disputed
stories, such as his presence outside a Jerusalem pizza restaurant when
it was blown up by a terrorist in 2001.

But the story that ultimately led to his downfall was based on an
interview in Belgrade with human rights activist Natasa Kandic. In a
front-page 1999 report, Kelley wrote that Kandic, whom he quoted but
did not identify, had obtained "a Yugoslav army three-ring notebook"
that "contains a direct order to a lieutenant to 'cleanse' the village
of Cusk" in Kosovo.

According to Kelley, two female translators hired by USA Today were
there when he interviewed Kandic in Belgrade. One of the translators,
according to Kelley, later told reporter Memmott in Belgrade that she
recalled the interview but could not vouch for the story's details.
Kelley said he tried to reach the second translator in Texas but she
left him a voice-mail saying she was just trying to earn money and did
not want to get involved. At that point, Kelley recalled, Executive
Editor Gallagher sternly told him: "You must produce her quickly."
Kelley said he tracked down a third Yugoslav translator in Texas, with
whom he had worked before, for assistance in finding the reluctant
woman. The third translator said he would never find the woman and
offered to impersonate her in a phone call to Memmott, according to
Kelley, who said he went along with the plan.

"I knew it was wrong," said Kelley, who lost 25 pounds during the
investigation and said he was under great stress. He said he apologized
not only to the paper's executives but to his wife, Jacki, USA Today's
senior vice president for advertising, and to his pastor.

Was the diary story true? In October, Kelley said, Kandic told him and
Gallagher in Washington that she did not remember meeting Kelley
before, but explained apologetically that she had had many interviews
with journalists.
The two men came away with different interpretations, according to
Kelley. He said Kandic confirmed the existence of the notebook cited in
the story, while Gallagher concluded she had not.
But Kelley said that in November Gallagher accepted that he had done
the interview, based on accounts from a former U.N. mission chief in
Yugoslavia and yet another translator who had helped Kelley conduct a
follow-up interview with Kandic.

Several USA Today staffers questioned the conduct of the inquiry, and
Kelley said a Gannett executive told him that private investigators had
been hired. "People who could have validated my stories -- from editors
to colleagues who had been with me on overseas assignments -- were
never asked for feedback which could help answer USA Today's
questions," Kelley said.

Kelley's career is filled with high drama. A University of Maryland
graduate who began as a lowly news assistant before the paper's 1982
launch, he was there when founding Editor John Curley collapsed in the
newsroom. Kelley ripped open Curley's shirt, cradled his head and was
about to administer mouth-to-mouth resuscitation when Curley came to,
the victim merely of a fainting spell. Kelley took the opportunity to
introduce himself.
He went on to report from 96 countries in lone-cowboy style, drawing
death threats in Russia, confronting starvation in Somalia,
interviewing refugees in the Balkans and, by his account, accompanying
Israeli settlers as they opened fire on a Palestinian taxi and wading
into the water with Cubans trying to escape to Florida. Some of these
stories stirred doubts among detractors in the newsroom.

Asked whether USA Today should have examined his work earlier,
Jurgensen said: "Like any newspaper, we get questions about our
stories, and whenever we do, we look into them carefully."
Kelley loves USA Today but is seething about the way he was treated. He
is an evangelical Christian who told Christian Reader magazine three
years ago that he is in journalism "because God has called me to
proclaim truth." But he now concedes that he participated in a lie
while trying to vindicate the accuracy of his reporting.
USA Today editors considered Kelley so valuable that they used him as
an emergency globe-trotter, plugging holes left by the paper's handful
of foreign bureaus, and drafted him for up to three dozen promotional
speeches a year. But now the editors will discuss him only in carefully
parsed statements. Some staffers say that top editors ignored "lots of
red flags over many years," as one put it, and that Kelley was
protected by a management that later turned on him.

For now, Kelley is talking about writing books. "I'm really looking
forward to the next chapter of my life," he said.

NOI CI SIAMO AUTODETERMINATI,
PERCIO' TU NON RIVEDRAI MAI PIU' IL TUO PAESE,
NEMMENO DOPO MORTO


MORTO DOPO ALT A CONFINE SLOVENO: PROBLEMI RIMPATRIO SALMA (ANSA) -
GORIZIA, 8 GEN - Si sta rivelando piu' difficile del previsto l' iter
per il rimpatrio della salma di Tomislav Veljancic, il bosniaco malato
terminale di cancro morto la vigilia della Befana a Gorizia dopo che
un poliziotto sloveno gli aveva negato il transito verso il Paese d'
origine contestando la validita' dei suoi documenti di viaggio.
Problemi di burocrazia e di lingua stanno rendendo quasi vano il
pellegrinaggio per uffici del fratello del defunto, Vladi, tanto che l'
assessorato alla sanita' e assistenza del Comune di Gorizia, retto da
Silvano Cecotti, si e' messo da questa mattina a disposizione per
prestare aiuto, nei limiti delle sue possibilita' e delle sue
competenze. ''Tra poche ore - ha comunque garantito Cecotti -
Veljancic sara' affiancato costantemente da un interprete e non e'
escluso un contributo finanziario alle spese di rimpatrio della salma
(stimate intorno ai 15 mila euro), qualora se ne ravvisasse la
necessita'''. In realta', finora, il fratello del defunto, ospite di
un albergatore di Gorizia, si e' dato da fare senza chiedere nulla a
nessuno, con il solo supporto logistico e morale dell' associazione
'La Salute' di Gorizia che fin dall' inizio segue la vicenda. Ha fatto
sapere di avere gia' contattato una ditta specializzata bosniaca, che
dovrebbe arrivare a giorni, e per questo pomeriggio e' atteso anche l'
arrivo del figlio ventiduenne di Tomislav Veljancic, a cui spetteranno
oneri di firma e difficili decisioni, tra cui una eventuale verifica
della legittimita' o meno del respingimento di suo padre, giunto ormai
in coma alla frontiera. E' escluso, comunque, che il trasporto possa
avvenire in settimana, visto che, fra l' altro, gli uffici consolari e
le ambasciate serba e bosniaca (il defunto era di Sarajevo ma
risiedeva in Serbia dai tempi della guerra nell' ex Jugoslavia) oggi
sono chiuse per il Natale ortodosso. (ANSA). CNT 08-GEN-04
12:17 NNNN 08/01/2004 19:01
http://www.ansa.it/balcani/bosnia/20040108190132807360.html

Poesie per la Jugoslavia
a BARI il 21 GENNAIO
e a TRIESTE il 12 FEBBRAIO


=== BARI 21 GENNAIO ===

MOST ZA BEOGRAD 
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
via Abbrescia 97 - 70121 - BARI
tel. 0805562663 - most.za.beograd@...
conto corrente postale n. 13087754

---
 
L'ADIRT di Bari ha organizzato

Mercoledì 21 gennaio
ore 18.00
presso la Vallisa (strada Vallisa, città vecchia)
 
un incontro sul tema:

LA SERBIA TRA EVENTI BELLICI E POESIA
 
Intervengono:

Mariella Cataldo: Appunti di un viaggio balcanico

Anna Santoliquido: La poesia serba: Desanka Maksimovic

---

Il libro QUEL BRACCIO DI MARE ... APPUNTI DI UN VIAGGIO BALCANICO (vedi
l'indice ed estratti su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3040) è
disponibile al prezzo di euro 10,00 (+eventuali spese di spedizione).
Il ricavato contribuirà alla campagna di solidarietà con i bambini
jugoslavi.

Per riceverlo o ordinarlo:
tel. 080 5562663
most.za.beograd@...


=== TRIESTE 12 FEBBRAIO ===

Da: Gilberto Vlaic
Data: Ven 16 Gen 2004 19:45:43 Europe/Rome
Oggetto: Sostegno alle adozioni a distanza a Kragujevac

Care amiche cari amici,
nell'ambito della campagna di adozioni a distanza dei figli dei
lavoratori della Zastava di Kragujevac vi mando il testo di una
iniziativa che si terra' a Trieste il 12 febbraio prossimo.

---

Serata di poesia
contro le guerre

Sulle macerie del Muro di Berlino si parlava di pace e di progresso.
In tutti questi anni abbiamo visto invece solamente un crescendo di
guerre e di miserie: dall'Iraq all'Afghanistan alla Palestina, per
ritornare di nuovo all'Iraq

... PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA...

LETTURE di poesie contro la guerra con

Claudio Grisancich

Miroslav Cosuta

Gruppo Majakovskij: Anna Rita Gusso, Francesco Indrigo,
Renato Pauletto, Manuele Morassut, Giacomo Vit,

accompagnamento musicale di Nuccio Simonetti

presenta Gabriella Musetti

Casa del Popolo di Via Ponziana 14
Trieste
Giovedì 12 febbraio 2004
ore 18.30

A seguire, alle ore 20.30

Cena di solidarieta'

per le adozioni dei bambini di Kragujevac, figli dei lavoratori della
Zastava rimasti senza lavoro dopo i bombardamenti della NATO
dell'aprile 1999

…e musica con Gino D'Eliso…

Per la cena (17 euro) prenotare ai numeri:

Tel. 040-364922 040-764047 Cell. 339-6587490

Organizzano:
Circolo Gramsci di Rifondazione Comunista
Ass. Naz. "Non bombe ma solo Caramelle" - ONLUS
Associazione Culturale Almanacco del Ramo d'Oro

UN GENIO CROATO ... NON CATTOLICO ?!?

“Sono fiero di rilevare come lo sviluppo delle tecnologie
dell’informazione ha avuto origine dalle invenzioni del grande
scienziato croato Nikola Tesla"

Dall'intervento del presidente della Croazia Stjepan Mesic al Summit
mondiale sulla società dell’informazione, citato su:
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2703

Nikola Tesla era in realta' di famiglia ortodossa delle Krajne, quindi
non era croato ma casomai serbo o - ancor piu' precisamente - jugoslavo.

Slovenia: le micidiali conseguenze della liberalizzazione dell'economia

---

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2722

Delocalizzazione ad est: la manodopera slovena è troppo cara

Un articolo tratto da Le Courier des Balkans, omologo francese
dell’Osservatorio. Un’indagine sul fenomeno della delocalizzazione
produttiva ad est da un punto di vista sloveno.

(09/01/2004)

Da Lubjana scrivono Maja Grgic e Patarina Fidermuc – Delo
Traduzione a cura dell’Osservatorio sui Balcani

Le imprese si globalizzano ed inseguono i mercati più attraenti.
Altrimenti rischiano di rimanere fuori dai giochi. La delocalizzazione
della produzione industriale verso Paesi con una manodopera a buon
marcato è sicuramente preoccupante per l’economia slovena perché
implica una diminuzione dei posti di lavoro e la chiusura di molte
imprese. La delocalizzazione è l’implacabile risultato della
comparazione tra i salari medi sloveni e quelli di Paesi con una mano
d’opera meno cara e che non siano troppo lontani in modo da limitare le
spese logistiche. Il salario minimo in Romania è sei volte inferiore a
quello Sloveno, quello Bulgaro nove volte inferiore. Nelle produzioni
ad alto tasso di manodopera i calcoli sono presto fatti.

“Dal punto di vista politico sarebbe anche possibile trovare modalità
per rallentare la delocalizzazione, dal punto di vista strategico non è
però una posizione auspicabile” afferma con sicurezza Hribar Milic,
segretario generale dell’associazione degli imprenditori sloveni. “Non
possiamo dimenticare i continui processi di globalizzazione subiti dal
mercato mondiale. Ad est ed in Asia vi sono mercati enormi. Senza
dubbio un numero sempre crescente di imprese cercherà di conquistarli
delocalizzando la propria produzione”.

Un esempio può essere l’azienda Alpina, che produce attrezzatura per
la montagna, che ha deciso di chiudere i propri stabilimenti di Col e
Gorenja Vas (Slovenia) e di spostarsi in Romania ed in Cina. Martin
Kopac, membro del consiglio di amministrazione dell’azienda, chiarisce
le ragioni chiave di questa scelta: una manodopera meno cara ed il
fatto che tutte le aziende concorrenti già hanno aperto stabilimenti in
questi due Paesi. Alpina è stata quindi costretta a muoversi. Kopac fa
notare come con la delocalizzazione progettata Alpina risparmierà circa
250 milioni di talleri (più di un milione di euro) all’anno. Anche la
Labod, attualmente con sede a Novo Mesto, ha già delocalizzato gran
parte della propria produzione in Ungheria, Polonia e Romania.

Le imprese slovene optano per la manodopera meno cara con varie
modalità. Qualcuno costruisce delle fabbriche, qualcun altro con
partecipazioni di capitale, altri affittano degli stabilimenti
produttivi, altri demandano a subcontraenti. Capita spesso che si
delocalizzi la propria produzione nei Paesi più vicini mentre in quelli
più lontani, come ad esempio la Cina, si preferisce optare per
partenariati.

Si può porre termine a questo processo? La Slovenia potrebbe,
adottando misure specifiche, abbassare il prezzo della manodopera e
bloccare il flusso delle produzioni verso Paesi terzi? Accademici ed
economisti constatano in modo unanime che è impossibile, perché la mano
d’opera slovena è troppo cara. Una tendenza che si può addolcire ma non
certo invertire. Il salario netto in Slovenia ha un divario troppo alto
rispetto ai Paesi concorrenti. Secondo Samo Hribar Milic nonostante
quanto risulti da alcune analisi internazionali che deifniscono il
salario sloveno eccessivamente alto rispetto all’andamento generale
dell’economia, sarebbe impossibile abbassarlo. E dunque, essendo
impossibile abbassare quello che per le imprese è un costo, queste
ultime si sposteranno inevitabilmente dalla Slovenia. Un fenomeno già
evidente, anche se non ancora al suo apice.

Anche lo Stato si troverà a dover risparmiare. Diminuirà infatti il
gettito fiscale ed i contributi sociali creando innanzitutto problemi
ai fondi destinati alle pensioni ed alla sanità. E lo Stato dovrà
sforzarsi di affrontare in modo graduale la questione. La
delocalizzazione andrà a colpire soprattutto i lavoratori con una
formazione bassa, il cui reinserimento nel mondo del lavoro non sarà
semplice. I posti di lavoro che andranno a crearsi verosimilmente non
potranno prescindere da una formazione elevata e conoscenze altre
rispetto a quelle in possesso dei lavoratori espulsi. La politica
statale in tal senso dovrà essere attiva, adeguata, trasparente.

Ma la delocalizzazione non è solo dovuta al basso costo della
manodopera. Lek e Kraka, due aziende farmaceutiche slovene, hanno già
messo radici in Polonia e Russia, dove hanno creato una rete di
commercializzazione ben strutturata ancor prima che la dislocazione ad
est divenisse un imperativo per il capitale europeo. Si sono infatti
rese conto che per le imprese farmaceutiche, più che per le altre, nei
Paesi dei quali si voleva conquistare il mercato fosse necessario
ottenere lo status di “imprese nazionali”, privilegiate rispetto a
quelle straniere. Non si può quindi affermare che queste aziende
slovene si siano mosse ad est rincorrendo il basso costo della
manodopera, tanto più che le due società hanno ancora 6500 dipendenti
in Slovenia.


» Fonte: © Osservatorio sui Balcani

INTELLIGENCE SERVICES AWARE OF AL-QA'IDAH PRESENCE IN KOSOVO - SERB
OFFICIAL

Tanjug - January 8, 2004

Nis - Rada Trajkovic, member of the "Povratak" (Return) coalition and a
deputy in the Kosovo Assembly, has stated today that UNMIK (UN Interim
Administration Mission in Kosovo) chief Harri Holkeri is implementing
the policies of informal power centres in Kosmet (Kosovo-Metohija) -
the Crisis Group, the Anglo-American lobby and the American-Albanian
league.
"We have information, precisely from these informal groups, which
unfortunately rule in Kosmet, that, this June, our people and our
state should expect a further destabilization of our government, and
we presently do not know what it will look like," Trajkovic told the
Nis daily Narodne Novine.
This will certainly boost Albanians' appetites, she said, adding that
"unfortunately, certain ambassadors are participating in the creation
of Serbian policy as if they were on the election list".
"There are about 1,500 Al-Qa'idah fighters in Kosovo-Metohija, and the
intelligence services know this for sure. This information comes from
international sources," Trajkovic said.
According to her, "recruiting Albanians for these units is one of the
priorities of that movement".
Trajkovic said that Holkeri had transferred to Kosovo's provisional
institutions almost all the powers and that the next move, if the
state of Serbia failed to do something, could be giving consent to the
setting up of the ministries of foreign affairs and the police.
Due to the victory of the right-wing bloc in Serbia, there is some
nervousness in the international community, she said.
In contrast to this, no-one is talking about the fact that the
Albanians who are responsible for crimes and who should be in The
Hague (International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia -
ICTY), are in power in Pristina, Trajkovic said.

Source: Tanjug news agency, Belgrade, in Serbian 1152 gmt 8 Jan 04
Copyright 2004 Tanjug News Agency
Posted for Fair Use only.
Reproduced at:
http://www.slobodan-milosevic.org/news/tanjug010804.htm

---------------
SEE ALSO:
---------------

JIHADIST HOTBED IN THE BALKANS: THE TRUTH IS OUT

http://www.chroniclesmagazine.org/News/Trifkovic04/NewsST011004.html

by Srdja Trifkovic
Chronicles Magazine
January 10, 2004

<< For years we have been warning that flawed pro-Muslim Western
policies would turn the Balkans from a "protectorate of the New World
Order into an Islamic threat to Western interests" (Chronicles,
December 2001).
This has already happened, according to a spate of media reports and
statements by Western governments and top diplomats over the past few
weeks... >>

http://www.chroniclesmagazine.org/News/Trifkovic04/NewsST011004.html

---

1997 REPORT SHOWS BOSNIAN ISLAMISTS READY TO RE-START WAR TO ELIMINATE
BOSNIAN SERBS: IS THE PLAN NOW BEING IMPLEMENTED?

http://www.strategicstudies.org/Balkan/1997Report.htm

Balkan Strategic Studies
October 27, 2003

<< Defense & Foreign Affairs Strategic Policy, in its
November-December 1997 edition, carried an in-depth report by Yossef
Bodansky which highlighted Bosnian Islamist plans to re-start the
Bosnian civil war to eliminate the Bosnian Serb autonomous republic,
Republica Srpska, which was created as a result of the 1995 Dayton
Accords. There are now indications that the Bosnian Islamist leadership
is beginning steps to initiate this strategy, starting with resumed
terrorism which transcends the borders of Bosnia-Herzegovina and relies
on utilizing the infrastructure established with the help of
international Islamists, including the al-Qaida grouping of Osama bin
Laden as well as by the Iranian Government.

Despite this, Paddy Ashdown, the High Representative for
Bosnia-Herzegovina, appointed by the European Union to oversee
implementation of the Dayton Accords, has steadfastly supported the
Bosnian Islamists and stated that no terrorism was reliant on Bosnian
basing, and that terrorism would never emerge from Bosnia... >>

http://www.strategicstudies.org/Balkan/1997Report.htm

FYROM: Deutsche Dominanz auf dem Pressemarkt

> Da: news@...
> Data: Mar 13 Gen 2004 00:21:05 Europe/Rome
> Oggetto: Newsletter vom 13.01.2004: Deutsche Dominanz auf dem
> Pressemarkt Südosteuropas
>
> Unternehmenskultur
>
> SKOPJE (Eigener Bericht) - Die deutsche Mediengruppe WAZ hat den
> ehemaligen Außenminister Mazedoniens für geeignet befunden, in die
> höheren Dienste der WAZ-Mazedonien zu treten. Der neue Angestellte
> (Dr. Srdjan Kerim), der auch als Botschafter Mazedoniens in
> Deutschland und als UNO-Repräsentant Mazedoniens tätig war, erhielt
> von der Essener Konzernleitung einen Arbeitsplatz in Skopje
> zugewiesen. Dort wird er die Aufträge der deutschen Mediengruppe, die
> seit dem Ende Jugoslawiens in Südosteuropa expandiert, als
> ,,Sonderbeauftragter" erfüllen. Dies lässt der Vorstand der
> WAZ-Mediengruppe in einer Pressemitteilung verlauten.
>
> mehr
> http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1073949271.php

13.01.2004

Unternehmenskultur

SKOPJE (Eigener Bericht) - Die deutsche Mediengruppe WAZ hat den
ehemaligen Außenminister Mazedoniens für geeignet befunden, in die
höheren Dienste der WAZ-Mazedonien zu treten. Der neue Angestellte (Dr.
Srdjan Kerim), der auch als Botschafter Mazedoniens in Deutschland und
als UNO-Repräsentant Mazedoniens tätig war, erhielt von der Essener
Konzernleitung einen Arbeitsplatz in Skopje zugewiesen. Dort wird er
die Aufträge der deutschen Mediengruppe, die seit dem Ende Jugoslawiens
in Südosteuropa expandiert, als ,,Sonderbeauftragter" erfüllen. Dies
lässt der Vorstand der WAZ-Mediengruppe in einer Pressemitteilung
verlauten.

Herr Dr. Kerim hatte sich bereits in mehreren Funktionen verdient
gemacht, bevor er von der WAZ-Mediengruppe befördert wurde. So durfte
er als ,,Sonderberater" im EU-Stabilitätspakt für den Balkan arbeiten,
wo er dessen damaligem Leiter, dem Deutschen Bodo Hombach unterstand.
Da Hombach den Stabilitätspakt in Essen fortsetzte und dort in privater
Funktion WAZ-Direktor wurde, lag es nahe, auch Kerim in die WAZ
einzubringen. Seit Juli 2003 bewährte sich der ehemalige mazedonische
Außenminister in dem WAZ-Subunternehmen ,,Media-Print" (Skopje) und
wies Angriffe wegen der Monopolstellung des deutschen Medienkonzerns in
Mazedonien ab. Die treue Haltung des Mazedoniers, der europäischen
Idealen verpflichtet ist, wurde jetzt durch seine deutschen
Dienstherren besonders anerkannt.

Vergünstigung

Die gegen den Einfluss der WAZ-Gruppe gerichtete Polemik macht sich den
Umstand zu Nutze, dass das Essener Unternehmen etwa 90% des
mazedonischen Zeitungsmarktes betreut und mit den Titeln ,,Dnevnik",
,,Utrinski vesnik" sowie ,,Vest" zivilgesellschaftliche Maßstäbe setzt.
So ist die Mediengruppe WAZ ,,das erste europäische Medienunternehmen,
das sich den OSZE-Grundsätzen zur Wahrung der redaktionellen
Unabhängigkeit verpflichtet hat"1), teilt das WAZ-Direktorium mit.
Trotz dieser besonderen Vergünstigung, die den europaweiten
WAZ-Redaktionen gewährt wird, glauben einheimische WAZ-Konkurrenten,
das deutsche Unternehmen kritisieren zu müssen.

Ausrichtung

So sorgt sich der Mazedonier Ljupko Zikov um angebliche ,,Probleme"2),
die der WAZ-Aufkauf dem regionalen Pressemarkt bescheren könnte. Zikov
ist Herausgeber des Wochenmagazins ,,Kapital". Ähnlich äußert sich Aco
Kabramov, Chefredakteur des mazedonischen Fernsehsenders ,,A1".
Kabramov meint, die hegemoniale Stellung des WAZ-Konzerns beeinflusse
die Medienlandschaft ,,in negativer Weise (...). Wie unabhängig die
Politik der Herausgeber auch erscheinen mag - zu Professionalität und
Pluralismus tragen sie nicht gerade bei (...). Die drei Zeitungstitel
unterstehen ein und demselben Unternehmen und das wird schließlich zu
einer mehr oder weniger einheitlichen Ausrichtung führen." Ähnliche
Sorgen äußert Ana Petruseva vom IWP-Report, die das Pressegleichgewicht
nicht nur in Mazedonien, sondern ,,auch anderswo auf dem Balkan"
gefährdet sieht, sollte die Expansion der WAZ-Gruppe fortgesetzt
werden. ,,In Bulgarien und Kroatien kontrolliert diese Gruppe bereits
weite Teile des Medienmarktes", schreibt Frau Petruseva. Auch in
Serbien sei die WAZ-Gruppe im Begriff, eine Monopolstellung
einzunehmen, und hat 50% der führenden Tageszeitung ,,Politika"
aufgekauft.3)

Staatliche Organe

Wie der WAZ-Konzern mitteilt, ist es die Aufgabe des beförderten
ehemaligen Außenministers, die südosteuropäische Medienpolitik der
deutschen Zentrale zu verstetigen. Dabei werde es nötig werden, dass
Dr. Kerim ,,Verhandlungen mit den staatlichen Organen" des Balkans
führt ,,und die WAZ-Interessen" unter den Einheimischen konsequent
vertritt, heißt es in dem WAZ-Kommunique abschließend.4)


1) DW-Monitor Ost- und Südosteuropa 29.7.2003
2) Institute for War and Peace Reporting. Balkan Crisis Report No.452
vom 13.08.2003
3) Hombach eröffnet der Westdeutschen Allgemeinen Zeitung den
Medienmarkt in Jugoslawien
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1014073200.php%5d,
,,Deutscher Blitzkrieg" auf dem Pressemarkt
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1029500348.php%5d,
Südosteuropa: Presse unter deutscher Kontrolle
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1055887200.php%5d
und Deutsche Medienmacht in Südosteuropa
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1066428000.php%5d
sowie ,,Wie im Protektorat"
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1068850800.php%5d
4) Dr. Srdjan Kerim ist neuer Sonderbeauftragter der WAZ-Gruppe in
Südosteuropa; Deutsche Welle Monitor Ost-/Südosteuropa 05.01.2004

Due lettere ad "Osservatorio Balcani" su "La Bosnia di Ballaro'"


1)

C.a. Osservatorio Balcani
rubrica "La posta dei lettori"

(In merito all'articolo "La Bosnia di Ballarò" :
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2736 )

Sono rimasto fortemente sorpreso dalle reazioni, vostre e dei vostri
lettori, al servizio di RAI TRE sui mujaheddin in Bosnia (*). Mi chiedo
come mai un servizio discutibile sui Balcani sia oggetto, proprio
stavolta, di tante critiche e perplessita', diversamente da moltissimi
altri, ben piu' sconcertanti "pezzi da novanta" della disinformazione
mediatica sui Balcani.

Se infatti il servizio in questione si inserisce senz'altro "bene" nel
contesto di una campagna "contro il terrorismo islamista" che ha
assunto toni esasperati e le cui motivazioni vanno cercate altrove - ad
esempio nelle guerre per il petrolio, oppure in Palestina -, tuttavia
la presenza di volontari stranieri nelle file dell'Armija di
Izetbegovic e' stata una realta' innegabile, la cui denuncia resta
tuttora tardiva ed insufficiente, nonostante Ballaro'.

Di fatto, solo pochi anni fa nessuno si sarebbe azzardato a porre il
problema, poiche' i musulmani dovevano svolgere nello spettacolo
mediatico il ruolo delle uniche vittime, in Bosnia, e la presenza di Al
Qaida laggiu' era funzionale agli interessi strategici occidentali -
per rafforzare cioe' la parte musulmana, secessionista, contro i serbi
che non volevano staccarsi da Belgrado.

Oggi invece la presenza del fondamentalismo islamista e/o del
terrorismo in Bosnia viene considerata con preoccupazione persino da
Massimo D'Alema, presente a Ballaro'... Il quale pero' porta la
responsabilita' storica di avere guidato il nostro paese in una guerra
di aggressione in appoggio al secessionismo su base etno-razziale dei
terroristi dell'UCK, i quali hanno poi fatto scempio del patrimonio
culturale non-islamico in Kosovo (si guardi almeno alle chiese
devastate, se le minoranze scacciate e le persone massacrate non
commuovono altrettanto).

Oggi, evidentemente, del problema dell'Islam militante nei Balcani si
puo' finalmente parlare: ma sempre e soltanto al fine di imporre il
controllo militare-strategico della regione da parte occidentale.

Un vostro lettore lo scorso 8 gennaio vi chiedeva: "Pensate sia
possibile una vera convivenza tra serbi, croati e musulmani senza un
uomo come Josip Broz Tito?". Avete risposto: "Siamo convinti si possa
prescindere da Tito per aspirare alla convivenza pacifica tra comunità
... altrimenti sarebbe un problema."

Giusto. Mi chiedo pero' come sia possibile una vera convivenza tra
serbi, croati e musulmani a prescindere dalla Jugoslavia - cioe' dallo
Stato comune degli slavi del sud: i serbi, i croati, i musulmani, e gli
altri.

Personalmente ritengo che il fondamentalismo islamista sia stato
utilizzato dall'Occidente - insieme alle altre forme di revanscismo ed
identitarismo reazionario - per distruggere la Jugoslavia
multinazionale e sovrana. E' ancora vietato dire questo?

Andrea Martocchia


(*) Dalla trasmissione Ballaro' del 13 gennaio 2004, tuttora visibile
in internet, in formato Real Player, alla URL:
http://www.ballaro.rai.it/R3_popup_articolofoglia/
0,6844,107%5E1932,00.html


2)

Riguardo alla reazione del governo bosniaco (suppongo
"bosgnacco") sull'ottima trasmissione "Ballarò":  

E'  da quel dì che segnalavamo la presenza dei mujahedini, sia in
Bosnia ed Erzegovina che nel Kosmet (Kosovo e Metohija). Identificati
anche nei filmati in nostro possesso. 
Bravissimo il conduttore! Come sempre raffinato nelle domande, soltanto
che tanti fanno "orecchie da mercante", compreso qualcuno di
questa segreteria, alla quale chiedo di "illuminarmi": a che prò questa
scoperta "dell'acqua calda" ?

Ma, al ministro Frattini, gli sta bene la presenza su quei
territori dei mujahedini tagliagole e terroristi di ogni razza!? 
Perché sembra aver giustificato così la presenza dei bravi soldatini,
anche italiani, a tenere la Bosnia-Erzegovina sotto protettorato?!

Ancora non hanno capito i cittadini della Bosnia ed Erzegovina, in
primis i bosgnacchi, già musulmano bosniaci, dove li stanno conducendo
i vari "capi tribù"...

"L' Osservatorio dei Balcani" non potrebbe "illuminare" il vasto
pubblico rispetto a di che stampo sia il Protettorato della Bosnia ed
Erzegovina, dove non possono decidere proprio nulla, nemmeno sulla
propria bandiera e tantomeno sul soldo. Infatti viene usata la
"konvertibilna marka" (il marco convertibile). Mentre i "capi tribù"
nostrani e vari intelettual- borghesi, che meritano tutto il disprezzo
jugoslavo, "tirano fuori" delle lingue inesistenti.   
                                
Ivan

Predrag Matvejevic o manjinama / sulle minoranze...

...ma anche sul "demente nazionalismo serbo" e sui "crimini" dei
comunisti (foibe ed esodo)

(italiano / srpskohrvatski)

---

Premessa

Prima di scrivere le righe che seguono e di mandarle a "Slobodna
Dalmacija", ho telefonato a Predrag Matvejevic. Nei pochissimi istanti
di conversazione, ho voluto soffermarmi su due punti, quelli che
trovate sotto, benché nell’articolo - veramente demenziale - "si tirino
in ballo" pure le "foibe" e "la statistica comunista" riguardo l’esodo…
Sono riuscito a ribadirgli telefonicamente la mia opinione sulla "mezza
verità" riguardante Milosevic, ma quando ho toccato il tasto del
"demente nazionalismo serbo", il Matvejevic mi ha bruscamente
interrotto, accusandoci di non avere scritto quanto lui disse contro
Tudjman. Infine, ricordando che se ne andò da Zagabria, verso il suo
tanto volentieri citato "asilo – esilio", mi ha riattaccato la
cornetta.

Ivan

---

Slobodna Dalmacija, 18.12.03.

Razgovor o manjinama s Predragom Matvejevicem, hrvatskim knjizevnikom i
profesorom na rimskom sveucilistu.

PRIZNANJE TRAZE I SUDBINSKE MANJINE,  

pise Silvije Tomasevic

...Posljednji ratovi izmijenili su balkanski zemljovid manjina. Fojbe
se nicim ne mogu opravdati. Talijanska krajnja desnica preuzima
"komunisticku statistiku" o 350.000 esula. Svedjani u Finskoj su
zasticeniji nego u Svedskoj. Naporan hod umjetnickih manjina...

---

Clanak "Priznanje traze i sudbinske manjine", t.j. Razgovor o manjinama
s Predragom Matvejevicem hrvatskim knjizevnikom i profesorom u
"Slobodnoj" od 18.12.03., od Silvija Tomasevica, nije bas "smece", ali
je veoma dvosmislen. Nista cudno kad ga i pise jedan bivsi komunist i
ondasnji dopisnik "Tanjuga", koji je jos 1990 ovdje u Rimu, obnovio
partijsku ZNA SE KOJU knjizicu.

Inace o prevrtljivosti Predraga Matvejevica "hrvatskog knjizevnika i
profesora", (zar nije "tek" iz Hrvatske, ili tocnije iz BH?!), znano je
ovdje u Italiji.

U tom intervjuu, Matvejevic je, konacno, rekao i poluistinu u vezi
(glede, sto li..)Milosevica. Dakle ipak Milosevicu se ne moze pripisati
"gdje i jedan Srbin je Srbija". Koliko mi je poznato, Milosevic je
rekao da "i Srbi imaju pravo da imaju svoju drzavu", sto je po
jugoslavenskom Ustavu bilo i zakonito u smislu da konstitutivan narod
moze odluciti kako zeli zivjeti, (a ne republike, autonomne regije u
administrativnim granicama, i razne "vodje plemena").

Koje to "dementno drzanje srpskog nacionalizma prema Albancima na
Kosovu" (Kosmetu!) spominje P. Matvejevic?! Zar nije Matvejevic zivio u
Jugoslaviji (Ah da, znao je govoriti da je zivio u Hercegbosni!)?!.
Zaboravlja prof Matvejevic terorizam i ubistva koja su vrsili siptarski
teroristi secesionisti i za vrijeme Tita, a narocito nakon njegove
smrti.Da spomenem samo dva emblematicna: pokolj regruta raznih
nacionalnosti u kasarni u Paracinu i silovanje razbijenom pivskom fasom
nastavnika Martinovica na Kosovu i Metohiji. Osokolili su se ti
teroristi i posljednijh devedestih godina, pa je vlada iz Srbije
(pardon za siru publiku Milosevic) imala pravo da vodi borbu protiv
terorizma!....Sada jos brutalnije siptarski teroristi cine pod okriljem
UNMIK-a. Upotrebljavam izraz "Siptar" bez vrijedjanja. Pa zar nisu se
tako i htjeli definirati da bi se "razlikovali" od Siptara u Albaniji.

Citajte profesore Matvejevicu i druge, recimo Andre Malraux-a, sto je
govorio o Kosovu i Metohiji jos 1974., a ne "pravite se vaznim" samo
svojim imenom, prilagodjavajuci se, kao kameleon, prilikama.

Ivan Istrijan

--- 

Traduzione

L’articolo di Silvije Tomasevic "Il riconoscimento lo richiedono anche
quelle che, per destino, sono minoranze" (Priznanje traze i sudbinske
manjine), con il sottotitolo "Conversazione sulle minoranze con Predrag
Mtatvejevic, scrittore e professore croato", apparso sul quotidiano
"Slobodna Dalmacija" del 18.12.2003, non puo' forse proprio dirsi
"immondizia" (usando il termine del presidente Mesic in merito ad un
articolo nel quale era stato attaccato), ma è molto molto fazioso.

Niente di strano, essendo l'autore dell'intervista un ex comunista,
all’epoca corrispondente della Tanjug, il quale ancora nel 1990, qui a
Roma, aveva rinnovato la ben nota tessera!

Si sa invece della volubilità, adattabilita', qui in Italia, di Predrag
Matvejevic, "scrittore e professore croato" (ma non era soltanto "dalla
Croazia", o per meglio dire "dalla Bosnia ed Erzegovina"?!)

In questa intervista, il Matvejevic riguardo (o "rispetto", o "circa",
o altro... pare che a causa del "nuovo" vocabolario croato si possa
usare soltanto la piu' pura espressione "croata") Slobodan Milosevic,
ha detto, finalmente, una mezza verità! Benche' mezza, dunque: a
Milosevic non si può attribuire di aver detto che "dove c’è un serbo
deve essere Serbia".

Per quanto se ne sa (per quelli che vogliono ricordare), Milosevic
disse: "Anche i serbi hanno diritto di avere il proprio Stato", il che,
secondo l’allora Costituzione della RSF di Jugoslavia, significava che
avevano anche essi il diritto all'"autodeterminazione" (dunque non
nelle frontiere amministrative, tantomeno nelle Regioni autonome o in
base alla lottizzazione dei vari capi tribù! Ma in quanto "popolo
costitutivo", costituzionalmente).

Di quale "demente nazionalismo serbo contro gli albanesi del Kosovo" (e
Metohija!) parla il Matvejevic?! Non viveva forse il Matvejevic in
Jugoslavia, all'epoca? Ah certo, qui in Italia, tempo fa, raccontava di
aver piuttosto vissuto nella "Erzeg-bosnia"...

Dimentica il professor Matvejevic il terrorismo ed i crimini dei
secessionisti schipetari, anche mentre Tito era in vita, ma soprattutto
dopo la sua morte? Bisogna ricordare al Matvejevic soltanto due casi
emblematici: la strage durante il sonno delle reclute di tutte le
nazionalità nella caserma di Paracin, e lo stupro con una bottiglia di
birra rotta ai danni professor Martinovic in Kosovo-Metohija.

E questi terroristi tagliagole, che hanno assassinato preferibilmente
ragazzi e giovani uomini, si sono rinfrancati particolarmente alla fine
degli anni Novanta. Perciò il governo di Belgrado (pardon, per gli
ignoranti in materia: "Milosevic") aveva tutto il diritto di muoversi
militarmente contro queste bande. Ora le brutalità dei terroristi
secessionisti schipetari continuano "alla luce del sole", cioè
all’ombra dell’UNMIK.

Uso la denominazione "schipetari", perché così si voleva denominare
l’etnia schipetara che viveva nella Jugoslavia socialista, per
distinguersi dagli schipetari che vivevano in Albania ("albanesi").

Legga, esimio professore, anche quello che scrivono e hanno scritto
altri, sul Kosovo e Metohija... Per esempio André Malraux, ancora nel
1974. E non si faccia "maravea" (per dirla alla maniera triestina –
istriana) soltanto col proprio nome, adattandosi, come un camaleonte, a
tutte le circostanze.

Ivan Istrijan

http://antiwar.com/malic/index.php?articleid=1700

Balkan Express - January 15, 2004


Back to the Balkans?

Calls for Renewed Intervention

by Nebojsa Malic


Is the Balkans back in Washington vogue? After a couple of seemingly
isolationist years (that were, of course, nothing of the sort) when
the limelight was on the Middle East, there's been a renewed push by
the forces of punditry to get the peninsula back on the Imperial
agenda. Underneath dire warnings and venomous denunciations lies a
hunger to revisit the scene of Clintonian triumphs as the Great Bush
Adventure keeps foundering in the sand. Triumph of the Radicals in
the recent Serbian parliamentary election
[http://www.antiwar.com/malic/?articleid=1390] may have provided the
opportunity, but it is unlikely the renewed interest in the
south-eastern corner of Europe is unrelated to the politics of the
upcoming American election.

With Wesley Clark actually boasting about his "accomplishments" in
Kosovo and inching ahead in polls, raising the Balkans issues could
be a way to support his candidacy. If he were ever elected, Heaven
forbid, chances are he would resurrect the policies of intervention
in all their cruise-missile glory. On the other hand, if all the
caterwauling manages to sway the Bush regime to get Clintonesque on
the peninsula, the shills would still be happy. They care little as
to who holds the reigns of power, long as he leads in their desired
direction. Right now, it seems that direction is back to the Balkans.

The Two Rants: Abramowitz…

According to an op-ed by ICG's godfather Morton Abramowitz, which
appeared
[http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A60592-2004Jan6.html%5d
in the Washington Post on Christmas Day (as celebrated in Serbia),
America's alleged inactivity in the Balkans threatens to undo all
the "successes" of the previous regime, and urgent action is needed.

Apparently, even though "much effort and treasure have been spent on
trying to help produce decent, functioning states," the "stench of
Slobodan Milosevic's rule still pervades Serbia" enough that a
"rabid nationalist party led by an indicted war criminal" threatens
to ruin everything the noble Americans and their European allies
have wrought over the past decade.

Abramowitz also rants against the Serbia-Montenegro union and bemoans
the fact that Kosovo was not given independence immediately after
its forced detachment from Serbia. He blames those on American and
European policy-makers, additionally making an absurd accusation
that western governments "largely avoided putting conditions on
their aid and coddled the democratic forces."

Say again? Granted, Abramowitz's pet regime in Podgorica may have
been a recipient of unrestricted US largesse, but Serbia, Croatia and
even Bosnia have known nothing but blackmail and extortion for years.
Even Zoran Djindjic had complained bitterly about not receiving the
promised 30 pieces [http://www.antiwar.com/malic/m100401.html%5d of
silver.

If it seems Abramowitz has an axe to grind, that's because he does.
In addition to being one of the US-sponsored advisors to the KLA
[http://www.hri.org/news/misc/events/1999/99-03-10_1.even.html%5d
delegation in Rambouillet, he is also the founder of the
International Crisis Group [http://www.antiwar.com/malic/m050301.html%5d,
which advocates a re-centralized Bosnia
[http://crisisweb.org/home/index.cfm?id=1524&l=1] and independence for
an Albanian Kosovo [http://crisisweb.org/home/index.cfm?id=1640&l=1]
and a de-Serbified Montenegro.
[http://crisisweb.org/home/index.cfm?id=1714&l=1]

…And Silber

A near-identical call could be heard six days later, on the pages of
The New York Times/International Herald Tribune, where Laura Silber
[http://www.iht.com/articles/124659.html%5d, chief political advisor
to George Soros' Open Society Institute, was adamant: "America must
act." Not only is Serbia in a "backslide," Kosovo is still not
independent and Bosnia is not yet fully centralized. According to
Silber, this is an inexcusable disaster, and must be remedied
forthwith.

Not surprisingly, Silber's arguments echo Soros's own
[http://sorosny.org/gsbio/financial_times_052403.htm%5d. They are also
incoherent. Just as an example, she criticizes the Dayton
Constitution as creating a Bosnia "hamstrung by layers of
overlapping and contradictory constitutions, laws and administrations,"
but supports a proposal
[http://www.esiweb.org/reports/bosnia/showdocument.php?document_ID=48]
"reducing" the current thirteen governments to twelve!

Such an argument against the present arrangement's cost and efficiency
does not hold water, for one simple reason. If efficiency were truly
an issue, common sense would dictate that centralization should
begin from the eleven governments of the Muslim-Croat Federation.
But this is somehow never entertained seriously, and any
consolidation of the Federation into two ethnic units is seen as
"partition" instead. The real goal is to abolish the Serb Republic,
which compared to the Federation runs remarkably smoothly, by dividing
it into cantons or provinces – in effect, creating more
inefficiency, only now easier to control from Sarajevo or Washington.

None of this should come as a surprise. Silber's claim to expertise
stems from co-authoring "Yugoslavia: Death of a Nation,"
[http://www.amazon.com/exec/obidos/tg/detail/-/0140262636/
antiwarbookstore/] a hateful little pamphlet
[http://www.antiwar.com/malic/foretold.html%5d that blames all the
Balkans ills on Slobodan Milosevic.

The Great Hunt

Meanwhile, in Bosnia itself, NATO's occupation forces launched
another futile hunt
[http://story.news.yahoo.com/news?tmpl=story&cid=586&e=4&u=/nm/
20040111/wl_nm/warcrimes_bosnia_karadzic_dc] for Radovan Karadzic,
wartime president of the Serb Republic wanted by the Hague
Inquisition on charges of "genocide." In cruel winter conditions,
they raided the town of Pale
[http://www.serbianna.com/news/story/104.html%5d for two days,
ransacked private homes, churches and hospitals, held people hostage
and eventually arrested one former police officer on vague suspicions.
Needless to say, they failed
[http://story.news.yahoo.com/news?tmpl=story&cid=586&e=2&u=/nm/
20040112/wl_nm/warcrimes_bosnia_dc] to find any trace of Karadzic,
but declared yet another "success."

Armed raids by occupying forces can never be civil, but NATO seems
to enjoy poking the Bosnian Serbs in the eye every chance it gets.
In addition to Americans and Britons, this weekend's raid was conducted
by German, Bulgarian and Italian troops – just like in the good old
days [http://www.antiwar.com/orig/savich3.html%5d of WW2. Their
ancestors knew how to organize a proper hunt back then
[http://www.eliteforces.freewire.co.uk/Waffen%20SS%20Text+Images/
FAL_500.htm], complete with paratroopers and armored columns. Of
course, they had failed just as badly…

Besides the desire to validate its Balkans interventions by
capturing and putting on trial one of the men it has designated a
villain, there are signs the Empire may also be seeing to "bag"
[http://www.washingtonpost.com/ac2/wp-
dyn?pagename=article&node=&contentId=A59012-2001Nov7¬Found=true]
Karadzic for the sake of appeasing the world Muslim opinion. However
hard they may try, the endeavor is a waste of breath. It seems the
prevalent Muslim opinion
[http://usa.mediamonitors.net/content/view/full/3808/%5d on Bosnia and
the West is already well-established, and there is no room in it for
acknowledging American intervention. Indeed, it is often denied
entirely.

Nonetheless, voices claiming that Bosnia is an example of the US
"helping Muslims" [http://www.antiwar.com/malic/m022003.html%5d are
still raised from time to time, and Washington's commitment to the
Muslim vision of Bosnia remains constant. Such ongoing support of
causes connected to the jihad
[http://www.chroniclesmagazine.org/News/Trifkovic04/NewsST011004.html%5d
seems to stem from belief that militant displays of Islam could be
harnessed for Imperial purposes – a notion as dangerous as it is
misguided. One thing is clear, at least: Bosnia and Kosovo are proof
that the "War on Terror" is both bogus,
[http://www.antiwar.com/malic/?articleid=967] and a far cry from a
"crusade."

Not Done Yet

There are few reasons for the Bush regime to listen to exhortations
by Abramowitz and Silber. For whatever reason, the Balkans has not
been the preferred foreign policy battlefield of the current US
government. Trying to make it into one now would offer too many
potential pitfalls, and few discernible benefits, what with the
former Yugoslavia being treacherous political grounds on the best of
days. Also, it would look too much like a retreat from Babylon, and
play neatly into the hands of Candidate Clark
[http://www.antiwar.com/malic/?articleid=1009]. Anything is
possible, though.

Whatever the White House decides, one thing is a given: the Empire
isn't done with the Balkans.

Not by a long shot.

Ma bistren ! Non dimenticate ! Don't forget ! N'oubliez pas !


---

MA BISTREN !

DJIVESA LIPARNE - E NASALDE RROMENGE THAJ SA E VIKTIMENGE KATAR O KOSOVO

16 THAJ 17 BAREDIVAJ E 2004 BERSESQO

Neziri Nedzmedin
URYD
86, rue du Général Sarrail
10600 La Chapelle St. Luc.
FRANCE
Tel/fax: + 33 3 25 75 69 30
E-mail: diaspora_rroms@...

---

Da: "Roma Network"
Data: Mon, 12 Jan 2004 00:00:28 +0200
Oggetto: [Romano_Liloro] RROMA FROM KOSOVA COMMEMORATIVE DAYS

Da:   Neziri Nedzmedin

 
NON DIMENTICARE
GIORNI DELLA MEMORIA PER I ROM DEL KOSSOVO
16 e 17 Giugno, 2004
 
Cari amici,
 
I giorni del 16 e del 17 giugno rappresentano per i Rom del Kossovo un
anniversario del terrore, che rimarrà impresso nella loro memoria coma
una data storica e tragica.
 
In quei giorni nel 1999 iniziò una pulizia etnica di massa e il più
importante eseodo della popolazione Rom dal Kossovo: più di 140.000
furono espulsi dalle loro case, dove vivevano da quattro secoli,
obbligati a prendere la strada dell'esilio, sotto la spinta dei diversi
nazionalismi. Molte famiglie furono smembrate e molti perirono.
Oggi, a distanza di 5 anni, la memoria di quei giorni è ancora
fortemente presente. Ed inoltre, l'esodo continua tutt'ora.
Per la prima volta, ci riuniremo, Rom del Kossovo sparsi in tutta
Europa, per commemorare questa data e perché non debbano più succedere
queste tragedie.
Vi chiediamo di unirvi al nostro ricordo.

Neziri Nedzmedin
URYD
86, rue du Général Sarrail
10600 La Chapelle St. Luc.
FRANCE
Tel/fax: + 33 3 25 75 69 30
E-mail: diaspora_rroms@...

---

DON'T FORGET

RROMA FROM KOSOVA COMMEMORATIVE DAYS

JUNE 16 & 17, 2004

Dear Friends,

The days of june 16th and 17th represent to the Rroma from Kosova a
painful anniversary. They will remain engraved on their memory as
historical and tragic dates.

Indeed, the june 16th and 17th,1999 began a massive ethnic cleaning and
the most important exodus for the rroma population from Kosovo: more
than 140.000 Rroma have been expeled from their homes, where they have
lived for more than 4 centuries and they have been obliged to take the
road to exile, under the threat of some nationalist. A lot of families
have been separated. Many people died.

Today, 5 years after, the memory of these days is still strongly
present. All the more so as exodus still continues.
For the very first time, an european gathering of Rroma communities in
diaspora from Kosova will commemorate these dates so that we don't
forget the tragedy they recall.

We'd like that you give a thought for all the victims caused by these
days.

Union des Rroms de l’Ex-Yougoslavie en Diaspora
U.R.Y.D.

Neziri Nedzmedin
URYD
86, rue du Général Sarrail
10600 La Chapelle St. Luc.
FRANCE
Tel/fax: + 33 3 25 75 69 30
E-mail: diaspora_rroms@...

---

N’OUBLIEZ PAS !

JOURNEES COMMEMORATIVES DES RROMS DU KOSOVO

16 ET 17 JUIN 2004

Chers amis,

Les journées des 16 et 17 juin sont pour les Rroms du Kosovo un triste
anniversaire. Elles resteront gravées dans leur mémoire comme des dates
historiques et tragiques.

En effet, les 16 et 17 juin 1999 ont commencé un nettoyage ethnique
massif et l’exode le plus important pour la population rrom du Kosovo:
plus de 140.000 Rroms se sont vus chassés de leurs foyers que leurs
familles occupaient depuis plus de 4 siècles et se sont vus obligés,
sous la menace de nationalistes kosovars, de partir en prenant la route
de l’exil. De nombreuses familles ont été séparées. Beaucoup d’autres
ont périt.

Aujourd’hui, 5 ans après, le souvenir de ces journées est encore trop
présent. D’autant plus que, encore aujourd‘hui, l’exode continue.

Pour la première fois, un regroupement européen des communautés Rroms
du Kosovo en diaspora commémorera ces dates pour que la tragédie
qu’elle évoque ne soit pas oubliée.

Nous vous demandons d’avoir une pensée pour toutes les victimes causées
par ces journées.

Union des Rroms de l’Ex-Yougoslavie en Diaspora
U.R.Y.D.

Neziri Nedzmedin
URYD
86, rue du Général Sarrail
10600 La Chapelle St. Luc.
FRANCE
Tel/fax: + 33 3 25 75 69 30
E-mail: diaspora_rroms@...