Informazione


EUROPEI BRAVA GENTE


Parrebbe un'anima candida, un innocuo uccellino, pacata e saggia guida di decine di milioni di innocenti, che sono peraltro le uniche persone per bene in un mondo di cattivoni.
Stiamo parlando di Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, che è molto preoccupato per le sorti della civilissima Unione, circondata da barbari da ogni lato: «una Cina prepotente» sul mare, la Russia «aggressiva verso l’Ucraina e i suoi vicini», la nuova Amministrazione statunitense che disgraziatamente «sembra rimettere in questione gli ultimi 70 anni di politica estera americana» – 70 anni tutti rose e fiori, grazie alla NATO... E poi terrore e anarchia in Medio Oriente e Africa, situazioni gravissime soprattutto in Siria e in Libia, delle quali l'Unione Europea non porta assolutamente nessunissima responsabilità (ci mancherebbe). Infine, l'Unione è minacciata pure al suo interno dai secessionismi di chi non accetta la sacra guida tedesca e dai populismi di ogni genìa.
L'Unione Europea è inerme tra tante sciagure, anzi è una pura vittima, ed ha sempre ragione. Su tutto.

Nel frattempo, il regime ucraino, incoraggiato dalla Unione Europea con la quale ha stipulato il Patto di Associazione a seguito del golpe razzista e neonazista del 2014, ha ripreso i bombardamenti contro le popolazioni civili sul suo stesso territorio, causando un centinaio morti solo negli ultimi giorni.
E la Germania ha piazzato 200 veicoli militari, tra i quali 30 carri armati, e 450 soldati in Lituania al confine con la Russia, nemico storico, a scopo intimidatorio.


A cura di Italo Slavo. Fonti:

IT: Donbass. Un bombardamento dal vivo... (1.2.2017)

EN: Germany begins tank deployment to Lithuania as part of NATO commitment to Baltics (RT News, 31.1.2017)

IT: Guerre, armi e armati sul “fronte russo” (di Fabrizio Poggi, 31.1.2017)
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/01/31/guerre-armi-armati-sul-fronte-russo-088434

IT: L’allarme Ue: da Trump alla Libia «le sfide più pericolose di sempre». Tensione Usa-Ue su «euro debole» (Redazione CdS, 31 gennaio 2017)

IT: Ucraina fiaccolata neonazisti: bruciano bandiera rossa (Senza Tregua 31.1.2017)
In Ucraina le forze filo-governative bruciano la bandiera rossa dell'Ucraina sovietica durante una fiaccolata a Kharkov, due giorni fa. Fra gli slogan spicca “impiccare i comunisti”

IT: Precipita la situazione nel Donbass (PandoraTV news 30 Gennaio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/JOP8qFk2Z9U?t=9m23s

IT: Continuano i bombardamenti ucraini sulle repubbliche popolari (di Fabrizio Poggi, 30 gennaio 2017)

EN: In the Name of Europe (Germany appeals for the EU to close ranks against the U.S. – GFP 2017/01/30)
DE: Im Namen Europas (Berlin dringt auf Geschlossenheit der EU gegen Trump – GFP 30.01.2017)

IT: Il governo ucraino ha paura della risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa. Dichiarazione di Petro Simonenko, leader del Partito Comunista di Ucraina, 30.1.2017
N.B. Il Consiglio d'Europa è una istituzione pan-europea e non va confuso con il Consiglio Europeo presieduto da Tusk, che invece rappresenta solamente i paesi dell'Unione a guida tedesca

IT: Il mancato “Nobel per la pace” a Petro Porošenko (di Fabrizio Poggi, 29.1.2017)
... Attacchi a ripetizione delle forze ucraine sui quartieri nordoccidentali di Donetsk: impiegato ogni tipo di arma pesante a eccezione, per ora, dell'aviazione. Abitazioni cannoneggiate e distrutte a Makeevka; intensi martellamenti su Avteevka e Jasinovataja; attacchi di reparti neonazisti di Pravyj Sektor sui punti di controllo per l'accesso a Donetsk. L'offensiva iniziata la notte appena trascorsa è tuttora in corso... 
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/01/29/mancato-nobel-la-pace-petro-porosenko-088365


EN: Leader and Followers (Germany posing as the "leader of the free world" – GFP 2017/01/26)
DE: Führer und Gefolgschaft (Deutsches Dominanzgehabe in der EU – GFP 26.01.2017)

DE: Europas Fahnenträger (Traditionen der deutschen Europapolitik: gegen die USA – GFP 30.11.2016)





I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO

1) PROSSIME INIZIATIVE SEGNALATE a Trieste, Monfalcone, Parma
2) TRUFFE, FUFFE E FASCISTI... I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO. UN BILANCIO PROVVISORIO, di Sandi Volk
3) Petizione per l'intitolazione di una via alle “VITTIME DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI ARBE”


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Trieste, martedì 31 gennaio 2017
alle ore 17.30 presso Libreria Antico Caffè San Marco - via Battisti, 18

presentazione del libro di Nerina Fontanot, Anna Digianantonio e Marco Puppini

CONTRO IL FASCISMO OLTRE OGNI FRONTIERA. 
I Fontanot nella guerra antifascista europea

Kappa Vu Storia (2016)
[scheda del libro: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/fontanot.htm ]

Dialogherà con gli autori Franco Cecotti dell'I.R.S.M.L. FVG
Incontro promosso dal Circolo di Studi politico-sociali "Che Guevara" e da A.N.P.I. - V.Z.P.I. di Trieste

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Monfalcone (GO), giovedì 2 febbraio 2017
alle ore 18.00 presso Sede ANPI - via Valentinis, 84

presentazione del libro di Nerina Fontanot, Anna Digianantonio e Marco Puppini

CONTRO IL FASCISMO OLTRE OGNI FRONTIERA. 
I Fontanot nella guerra antifascista europea

Kappa Vu Storia (2016)

Introdurrà l'editrice Alessandra Kersevan
Incontro promosso dall'A.N.P.I. provincia di Gorizia

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Parma, giovedì 9 febbraio 2017
presso il Cinema Astra

FOIBE E FASCISMO
manifestazione antifascista alternativa al "giorno del ricordo" del 10 febbraio
dodicesima edizione – 2017

ore 21:00 conferenza
Crimini e criminali fascisti nei Balcani e in Jugoslavia
DAVIDE CONTI
storico, consulente Archivio Storico Senato della Repubblica

ore 22:00 filmato
sequenze dal documentario della BBC
FASCIST LEGACY
sui crimini dell'Italia fascista in Jugoslavia

ingresso gratuito
promuovono: ANPI, ANPPIA, Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica



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TRUFFE, FUFFE E FASCISTI… 
I “PREMIATI” DEL GIORNO DEL RICORDO. UN BILANCIO PROVVISORIO 

di Sandi Volk

http://www.diecifebbraio.info/2017/01/truffe-fuffe-e-fascisti-i-premiati-del-giorno-del-ricordo-un-bilancio-provvisorio/

Il 30 marzo del 2004 il Parlamento istituiva il Giorno del Ricordo (Legge 30 marzo 2004, n. 92) quale solennità civile da tenersi ogni 10 febbraio al fine della conservazione della memoria “...della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra...” (nonché “delle più complesse vicende del confine orientale”)... In occasione di ogni 10 febbraio la legge prevede iniziative “per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”, nonché “la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti” e stabilisce che nella data della ricorrenza vengano assegnati dei riconoscimenti (una medaglia di metallo con la scritta “L'Italia ricorda” e una pergamena) ai parenti (fino al 6° grado) di persone “soppresse e infoibate” e di quelle soppresse “mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati...” “in Istria, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine orientale” nel periodo tra l'8 settembre 1943 ed il 10 febbraio del 1947 (data di entrata in vigore del Trattato di Pace degli Alleati con l'Italia che ha sancito il passaggio di una serie di territori appartenuti allo Stato italiano a Jugoslavia, Francia e Grecia, nonché più tardi a Somalia, Etiopia, Eritrea e Libia), ovvero di coloro che persero la vita tra il 10 febbraio del '47 ed il 21 dicembre del 1950 per le conseguenze di deportazioni, torture o maltrattamenti. Il termine entro cui si poteva presentare le domande per i riconoscimenti è stato fissato in 10 anni ed è scaduto nel 2015, ma nel 2016 il parlamento lo ha prorogato al 2025. ...
Il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti è di 323. Un numero estremamente deludente, inferiore persino alla cifra di 471 “martiri delle foibe” (per di più riferentesi agli uccisi nel solo periodo immediatamente seguente l'8 settembre) riportata dalla stampa fascista in occasione di quello che è stato in realtà il primo Giorno del Ricordo, cioè il 30 gennaio 1944, quando per decreto di Mussolini in tutto il territorio della RSI si tennero celebrazioni ufficiali di questi “martiri” della “barbarie slavobolscevica”... civili sono 63, ovvero poco più del 19% del totale. Va tenuto presente che tale definizione va presa con cautela perché nei pochi casi in cui ho avuto a disposizione fonti diverse è risultato che le persone in questione non erano affatto dei semplici ed innocui civili... in concreto sono due possibili antifascisti su 323 premiati (lo 0,62% del totale!), e per giunta si tratta di indipendentisti fiumani, quindi evidentemente non catalogabili come persone uccise perché difendevano l'appartenenza della città all'Italia. Ci sono poi 9 persone (il 2,79% del totale) di cui non ho potuto trovare dati di una qualche affidabilità su data e circostanze della scomparsa, né sulle loro appartenenze e qualificazioni. In tre casi la scomparsa è invece avvenuta per mano nazista, e una delle tre vittime è addirittura caduta da partigiano. ...
Coloro i cui corpi sono stati gettati in una foiba sono 33 (10,22%) ... 
per un totale di 61 persone (18,89%) la [] scomparsa non è attribuibile alle formazioni della Resistenza e/o jugoslave... 
per ben 18 (5,54%) persone non abbiamo alcun dato sul luogo della scomparsa... 
... 3 persone ... vengono definite fasciste, mentre negli elenchi e nelle motivazioni del riconoscimento due vengono presentate come semplici civili... Ci sono poi le 6 persone ritenute responsabili di crimini di guerra da parte della Commissione statale jugoslava per l'accertamento dei crimini di guerra. Il caso più noto è quello di Vincenzo Serrentino... responsabile, in qualità di componente del Tribunale straordinario per la Dalmazia, della morte di almeno 18 persone a Sebenico e dintorni... A Serrentino gli jugoslavi imputarono anche la responsabilità, proprio nella sua qualità di “ultimo Prefetto di Zara italiana”, degli arresti, delle uccisioni, delle torture e di quant'altro subito dalla popolazione civile della zona... ci sono anche diversi appartenenti alle più famigerate formazioni fasciste: 9 Camicie Nere, 2 Brigatisti Neri e 1 squadrista “della prima ora”...
... Fortunato Matiassi (di Pisino): la stessa motivazione dice che fu fucilato a Pisino il 4 ottobre dalle truppe tedesche... Antonio Ruffini [fu] “impiccato, quale partigiano, dalle truppe naziste, il 31 marzo 1944 a Gragarske Ravne (Slovenia)...”.



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LETTERA APERTA AL COMUNE DI TORINO

Petizione per l'intitolazione di una via: “Vittime del campo di concentramento di Arbe”

Probabilmente ben pochi sanno che a Torino esiste una via dedicata all'isola di Arbe. Quasi certamente anche chi la conosce, ci passa regolarmente o addirittura ci abita, non deve aver mai percepito niente di strano in quella intitolazione. D'altra parte alla maggior parte dei torinesi - e degli italiani in genere – il nome di Arbe non dice nulla, semplicemente non richiama alcun significato metaforico o simbolico. Eppure nel corso della seconda guerra mondiale proprio sull'isola di Rab (Arbe in italiano) era stato creato il peggior campo di concentramento italiano. Una pagina nera della nostra storia, una pagina che non ha mai trovato spazio nei manuali scolastici e nelle celebrazioni ufficiali. 
Nel 1941 l'Italia, alleata con la Germania hitleriana, partecipa all'attacco e allo smembramento della Jugoslavia, finendo per annetterne o occuparne almeno un terzo del territorio. In seguito alla rivolta partigiana gli italiani reagiscono con estrema durezza, commettendo crimini di guerra di varia natura (tra cui la cattura di ostaggi, le fucilazioni per rappresaglia, la distruzione di interi villaggi...) e creando un vero e proprio sistema di campi di concentramento. Qui finiscono circa centomila cittadini jugoslavi, soprattutto civili, donne e bambini. In questi lager - che pur non sono campi di sterminio, non hanno camere a gas o forni crematori - muoiono migliaia di civili innocenti, perlopiù a causa delle insostenibili condizioni igieniche e alimentari. Il più terribile di questi campi si trova proprio ad Arbe, una piccola isola della Dalmazia, tra Fiume e Zara, una specie di paradiso terrestre che si rivela un inferno per le trentamila persone che vi sono rinchiuse. Circa mille e cinquecento persone muoiono di fame e di stenti, nei quattordici mesi in cui il campo è attivo, tra il giugno del 1942 e il settembre del 1943. 
C'è un'anomalia storica nel nostro paese, che riguarda la memoria della seconda guerra mondiale. Per una serie di ragioni - storiche, politiche, psicologiche - abbiamo rimosso gran parte dell'esperienza di conflitto precedente all'Armistizio dell'8 settembre 1943. Nell'immaginario pubblico gli italiani appaiono come vittime della guerra e del regime, e tutto il Ventennio precedente viene riscattato dall'esperienza partigiana che ricrea dalle ceneri del Fascismo un'Italia nuova e democratica. Solo così si può comprendere il clamoroso oblio che circonda i crimini commessi dagli italiani negli anni del fascismo, non solo in Jugoslavia, ma anche in Grecia, in Libia, in Etiopia. 
A settant'anni dalla fine del conflitto e nel contesto di riconciliazione proprio dell'Unione Europea, sarebbe forse ora di ripensare con più consapevolezza anche le responsabilità storiche del nostro nazionalismo. Il campo di concentramento di Arbe, in particolare, dovrebbe avere un posto di primo piano nella memoria collettiva italiana, dovrebbe rappresentare il luogo della colpa, il luogo della responsabilità di un regime e di un esercito che ha commesso crimini, come il nazismo, in nome di un espansionismo aggressivo e di una pretesa superiorità razziale. 
In prossimità delle date memoriali scelte dalla Repubblica per ricordare i drammi della seconda guerra mondiale (Giorno della Memoria e Giorno del Ricordo), e nello spirito di rinnovamento proprio di questa nuova amministrazione, chiediamo al Comune di Torino un gesto simbolico di presa di coscienza di questo dramma storico rimosso. A partire dalla toponomastica.
Come studiosi di storia e figure professionali impiegate nella conservazione attiva della memoria della seconda guerra mondiale, domandiamo dunque all'amministrazione comunale di avviare le procedure per rinominare “via Arbe”: 
“Via vittime del campo di concentramento di Arbe”. 

FIRME

Eric Gobetti 
Angelo del Boca 
Giovanni De Luna 
Marco Buttino
Giorgio Rochat 
Gianni Oliva
Lucio Monaco 
Gianni Perona
Aldo Agosti
Bruno Maida
Claudio Della Valle
Luciano Boccalatte
Barbara Berruti
Riccardo Marchis
Andrea D’Arrigo
Enrico Manera
Flavio Febbraro
Carlo Greppi
Valentina Colombi
Cristian Pecchenino
Victoria Musiolek 
Chiara Colombini
Fiammetta Balestracci






http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/lenti-bifocali-su-washington-amatrice.html

LUNEDÌ 23 GENNAIO 2017

LENTI BIFOCALI su Washington, Amatrice, Belgrado



E tu onor di pianti Ettore avrai
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato
e finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane

(Ugo Foscolo, I Sepolcri)

“Finchè l’inganno scorreva silenzioso e monotono, tutti ci siamo lasciati ingannare, avallandolo per incoscienza, o forse per codardia”.
 (William Faulkner)

Dedicato a Milosevic, Karadzic, Mladic. E al Corpo Forestale dello Stato.


E’ capitato ultimamente che qualcuno abbia profferito rampogne sul blog e su FB, sia a me, direttamente, sia alla senatrice 5Stelle Ornella Bertorotta che, con un’apprezzabile mozione contraria, aveva bloccato la mozione di una camarilla di ratti a stelle e strisce, guidata da Casini e da miserandi fuorusciti o giustamente espulsi dei 5 Stelle, che pretendeva di far votare al Senato un documento di contumelie e calunnie al Venezuela. Iniziativa sulla falsariga del colpo di coda del rettile Obama che, implicando le solite misure delinquenziali della sua amministrazione, aveva dichiarato il Venezuela “Grave e straordinario pericolo imminente alla sicurezza degli Stati Uniti”. L’oggetto della rampogna era che sia la senatrice, occupandosi della diffamazione di un degnissimo paese sovrano e fornendo ragioni inconfutabili in contrario, che il sottoscritto, pur nelle drammatiche temperie del momento nazionale, deviavamo dalle cose vicine per occuparci di cose lontane, secondarie rispetto ai problemi di casa.
A me pare una visione un tantino provinciale, non infrequente nel nostro paesello affollato da chi ritiene il cosmopolitismo costume dei merluzzi in viaggio tra Golfo del Messico e Artico, o da chi a scuola non va oltre Massimo d’Azeglio e quando sente parlare di Bismarck pensa a uova al tegamino. A ma pare anche lo strabismo di chi si affanna a riparare il rubinetto di cucina che perde, mentre trascura la falla apertasi nell’acquedotto fuori casa. 

Sappiamo che è una degenerazione del visus vedere male da vicino, miopia, o da lontano, presbiopia, o addirittura da entrambe le distanze. Ci inducono a ciò l’avanzare del decadimento fisico e, nella metafora, l’educazione a vedere soltanto fino alla punta del naso, o soltanto oltre. Per rimediare a questi difetti esiste un rimedio meraviglioso: le lenti bifocali. Alzi lo sguardo verso il settore superiore della lente e vedi nettissimi i cipressi sul crinale; lo abbassi e i caratteri dello stampato che leggi ti balzano nitidi agli occhi. E così, un po’ guardi lontano e vedi che succede dietro “questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude”, e ti “sovvien l'eterno”. Ma poi accorci lo sguardo e attorno a te ritrovi “le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei”. 

Intendendo, l’amico Giacomo, che in questo modo connetti l’eterno al passato e al presente, il lontano al vicino, la luna al pastore errante e, se il poeta mi consente, il modello politico-economico, autocratico-predatore-mafioso, imposto dalla più grande potenza del mondo, alla sciagurata situazione del nostro territorio e di chi ci formicola sopra cercando di scansare gli effetti locali di quel modello. In poche parole, cari soloni, per capire qualcosa, tocca conoscere il contesto e constatare che “tout se tien”.

Quando il diavolo e l’acqua santa fanno festa insieme

Azzardiamo un accostamento ardito. Le megamanifestazioni contro l’insediato presidente, preannunciate da roboanti proclami di guerra al duo satanico Trump-Putin, hanno visto affiancati i “dimostranti del Bene”, donne in testa, e quanti fino a ieri erano definiti i massimi esponenti del Male (Cia, i Clinton, i neocon, i padrini di tutti i terrorismi, gli armaioli). Tout se tien. E’ l’ unità ritrovata, anche se la disparità era già più esibita che giustificata, corrisponde a livello globale a quell’”unità nazionale”, ieri “larghe intese”, che oggi s’invoca da noi a copertura della sciagurata incompetenza, inefficienza, indifferenza, delinquenza, che stanno marchiando d’infamia l’intervento, non intervento, delle autorità a difesa e salvezza degli esseri viventi aggrediti dalla natura manomessa e offesa. Considerazioni che non ci impediranno di certo, una volta sistemati i suoi predecessori nella discarica della Storia, di manifestare e lottare contro l’ ennesimo burattino imperiale e le sue aberrazioni ambientali, geopolitiche, filo talmudiste, scioviniste, razziste.

A Washington, Berlino, Tokio, ovunque il pifferaio talmudista ungherese, CdA della camarilla dei necrofori imperiali, abbia fatto risuonare il suo richiamo, amplificato da esemplari femministi come la novella Santa Giovanna d’Arco, Madonna Ciccone, donne si sono mosse credendo di opporsi a chissà quali future nefandezze di Trump e non facendo altro che obbedire, l’ennesima volta dagli anni del ’68, a nemici di classe, imperialisti, guerrafondai, ladri e genocidi, che depistano dai propri crimini verso la guerra tra poveri, tra subalterni, tra generi. La guida è affidata a machofemministe maternaliste che, insieme a Madeleine Albright, avevano votato per Hillary, il plauso arriva dagli amici del giaguaro. Difatti coloro che ti ci hanno mandato, in piazza, sono i giaguari (chiedo scusa all’animale a cui rubo la metafora) con tra le zanne ancora i resti dei milioni di donne (e altri) sbranate in giro per il mondo. Particolare bello che accantonato.

Faccio contenti i miopi, quelli del rubinetto di cucina, e ricordo che un po’ più di vent’anni fa, allertati da uno di quei comitati di cittadini che sono l’estremo presidio del paese, perforando con la Guardia Forestale dello Stato le colline del Golfo dei Poeti a Pitelli (La Spezia), sprofondammo in un oceano di veleni, lì sepolti da una consorteria di farabutti (politici PCI, poi PD, ammiragli ‘ndranghetisti, imprenditori, banchieri, servizi segreti), che avevano intossicato e ucciso esseri umani e non da Pitelli alla Somalia, compresi la mia collega al TG3 Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e il capitano Natale De Grazia che, anche lui, aveva messo il naso nel business. Noi, le Guardie Forestali sotto lo straordinario maresciallo Gianni Podestà, alcuni PM di La Spezia e soprattutto il PM Luciano Tarditi di Asti, che inchiodò i delinquenti uno per uno, tirammo fuori quelle porcherie assassine e le sventolammo sotto il naso ai responsabili. Noialtri ce la siamo cavata. Ma la magistratura, nei tempi della nostra evoluzione politica, s’è evoluta pure lei: vent’anni dopo, tutti assolti e i veleni sono ancora là.


Un corpo di polizia che fa pulizia

Rai, Tg3, magistratura, tutti normalizzati. Anche in Abruzzo, dove l’Edison della centrale di Bussi ha avvelenato per vent’anni 400mila persone. Altro delitto, altri criminali scoperti dalla Guardia Forestale.Tutti assolti. E poi Seveso, la Centrale a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure, assassina di almeno 400 persone, la Terra dei Fuochi, alluvioni, frane, incendi. Il Corpo di polizia sicuramente più preparato e prezioso in un paese che prolifera di polizie come nessun altro al mondo, ma, ahiloro, non militarizzato. Vicino a quella che suol dirsi società civile, al territorio. Fondato nel 1822 da chi non pensava a repressione dei subalterni, ma a salvaguardia e promozione di chi non ha voce, animali, terra, piante, acque, faceva la cosa più importante di tutte, quella che nessuno nel Belpaese fa: prevenzione. Ed era composto da gente preparata, onesta, appassionata. E che perciò dava fastidio e doveva morire.

Hanno iniziato a ucciderla a fine anni ’80. Ricordo un mio servizio sul Parco Nazionale dello Stelvio, il primo d’Italia, uno dei più antichi d’Europa. Ci arrivai che, con lacrime invisibili negli occhi, i Forestali svuotavano armadi, impacchettavano dossier, chiudevano gli uffici, partivano. Un decreto gli aveva tolto il compito di vegliare sul parco e l’aveva affidato ai palazzinari e bracconieri delle tre province che ambivano a saccheggiarlo: Lombardia, Trentino, Alto Adige. Oggi è rimasto integro solo questo’ultimo pezzo, sudtirolese. 

A decretarne la morte definitiva è stata la superesperta di ambiente e amministrazione pubblica Marianna Madìa. Il decreto Sblocca Italia aveva già tolto di mezzo le soprintendenze ai beni culturali, a che servivano nel paese del 40% del patrimonio artistico mondiale, essendoci una Madia? E, per la valorizzazione, un Briatore, un Ciancimino, un Fuksas? La messa a disposizione delle solite torme di ratti, tipo costruttori all’Aquila, viene completata dalla Madia che, all’insaputa di ogni principio di razionalità ed efficienza, ma alla saputa di speculatori e predatori, elimina il CFS incorporandolo nei più “affidabili” carabinieri. Con i Vigili del Fuoco sotto organico perenne e gravemente sottodotati, i due corpi a cui è affidata la salvaguardia del nostro territorio violato e sgretolato, sono ridotti alla ragione di Stato, di questo Stato. E così i geologi, scienziati di cui l’Italia avrebbe bisogno più dei perfettamente inutili suoi 322mila soldati. Sono troppi, costano troppo. Possiamo spendere 15 miliardi di euro per 90 scarcassoni chiamati F35, che tutti gli altri cancellano. Possiamo regalare 20 miliardi alle banche perché si salvino dalle proprie ruberie e regalie. Sarebbero 35 miliardi con i quali si riaggiusterebbe metà del nostro territorio dissestato e reso stragista. Se i nostri burattini scegliessero diversamente, chi li farebbe lavorare più appesi ai fili?

La meglio Protezione Civile

E così non solo prevenzione nulla e abusi a gogò, allarmi ignorati da prefetti, ritardi surreali nei soccorsi, turbine antineve rotte e non riparate, strade vitali per le emergenze sepolte e nè manotenute, né sgomberate (le province che se ne occupavano abolite pure quelle), gente in tenda sotto tonnellate di neve e tra macerie non rimosse a cinque mesi dal primo sisma, tramvate contro la realtà cialtronesca di regime di un capo dello Stato che biascica “non vi abbandoneremo”. Ma nulla ricorda degli 8000 km di ferrovia, della rete allora migliore d’Europa, tagliati come rami secchi per far posto alla gomma e ai carburanti dei compari. Treni che, aprendosi la strada con i rostri anche nella neve, collegavano tutti quei borghi che oggi si sono visti irraggiungibili. Ma anche tre elicotteri della Guardia Forestale che avrebbero potuto intervenire sull’albergo-tomba di Rigopiano, ma sono rimasti fermi perché la Madia non aveva ancora provveduto a emanare i decreti attuativi necessari l passaggio di consegne ai carabinieri. E tutti ad applaudire gli “eroici vigili del Fuoco e il Soccorso Alpino”, compresi quelli che non fanno che togliere di mezzo l’importuno intralcio alle magnifiche sorti e progressive di crescita e sviluppo.

Spasmi di rabbia e crampi di pena a vedere vagolare in una panorama tutto bianco che, solo al suo apparire sullo schermo cerchi una coperta, animali morituri. Mucche, pecore, maiali, conigli, che non sono solo l’economia della regione, senza i quali la regione si spopola e muore e poi viene giù. Sono creature senzienti, affettive, sofferenti, moriture, disperate, morte di freddo, di fame, di solitudine. Questa combutta di inetti e irresponsabili, cui le nevicate straordinarie erano state anticipate, non ha saputo predisporre, mica casette di legno o container attrezzati, ma semplicemente stalle, quattro assi e una tettoia, per salvare chi vive soffrendo l’indicibile e chi ne vive e annega nella disperazione. Siamo una landa desolata, un paese desertificato nella natura, nell’intelligenza, nell’onestà. A che servono i Forestali in un deserto?

Serbi da morire. Stavolta li ammazziamo di migranti

Se sollevo lo sguardo, passo attraverso la parte delle lenti bifocali che fa vedere lontano. Capita che si veda fino a Belgrado. Come, dopo tre lustri di pudica, prudente, cecità sul corpo di reato, sta succedendo in questi giorni a tutti. Vedono fino a Belgrado. Ma non vedono Belgrado. Vedono migranti al freddo. L’ho già ricordato altre volte, ma oggi c’è lo spunto per ripercorrere il ricordo: era la mattina del 24 marzo 1999, con il concorso di pacifinti alla Sofri e Langer, preti, dirittumanisti, giornalisti venduti o imbecilli, furbacchioni, mercenari Nato di Al Qaida, spie e delinquenti, avevano già sbranato la massima parte della Jugoslavia e si apprestavano all’esecuzione di quanto restava, nonostante tutto, orgogliosamente in piedi. La Serbia. Avevano già fatto pulizia etnica a migliaia di morti ammazzati e centinaia di migliaia di sradicati, in Kosovo, Bosnia, Krajine e si erano coperti inventando stragi serbe a Racak, Srebrenica, Vukovar.

Quella notte criminali di guerra, tra i quali il caporale di giornata D’Alema, avevano iniziato i bombardamenti su Belgrado la cui gente si ostinava a mettersi un ponte con un bersaglio sul petto a cantare canzoni. Quella mattina, in riunione di redazione, ci esaltarono l’opera di Giovanna Botteri portavoce simultaneamente di UCK e Nato e ci dissero che tutti dovremmo riferire così sull’ “intervento umanitario”. Come sempre, prima e dopo, nulla era vero, il dittatore Milosevic, gli stupri, la pulizia etnica in Kosovo, la repressione, le carceri piene di politici. Era vero il contrario. E la Serbia poteva dare esempi di democrazia e moderazione a tutta la sedicente “comunità internazionale”. Quel giorno fu il mio ultimo in Rai e il primo tutto solo e da indipendente.

A Belgrado la notte del nostro arrivo le macerie fumavano, nell’ospedale trovammo le incubatrici spente dalle bombe, così la TV di Stato, come in tutti i paesi che diffondono “fake news”, l’albergo accanto al nostro squartato da un missile, l’ambasciata cinese di fronte affettata da tre bombe, le strade ridotte in torrenti congelati di macerie. E la gente sul ponte con il Target, a cantare. Ne feci un documentario “Il popolo invisibile”. E poi un altro, “Serbi da morire”. E poi un altro, “Popoli di troppo”. Ma i miei reportage a Liberazione dopo un po’ vennero bloccati dal caporedattore Cannavò, ora a “Il Fatto Quotidiano”, e dalla vicedirettrice sotto Sandro Curzi , chihuahua di Bertinotti, Rina Gagliardi. Troppo squilibrato verso Milosevic. L’ultimo pezzo cestinato era sulle bombe a grappolo Usa su Nis e, peggio, un racconto di come bene i serbi accogliessero i rom. Rifiutarono perfino, grandi professionisti, la mia intervista con Slobo, l’ultima prima che lo arrestassero. Uscì poi sul Corriere.
Da allora, la Serbia sparì in un buco nero. Conveniva. La vergogna sotto sotto si faceva sentire. Un’Europa unita che ci dà 60 anni di pace e poi si amputa un arto. Ma la vergogna, il senso di colpa, in fondo al pozzo nero dell’anima di tutti coloro che hanno collaborato alla distruzione di Jugoslavia e Serbia, o l’hanno tollerata, riemerge adesso. E prova ad arrampicarsi dal buio della cattiva coscienza verso la luce di una maleodorante solidarietà. Quella per i profughi. Un uragano di compassione per chi agonizza al freddo, come Enrico IV, nel 1077 per tre giorni e tre notti nella neve, anche allora di gennaio, davanti al portone del castello di Gregorio VII e Matilde. Una bufera di indignazione verso “i serbi che sbarrano le porte”. Serbi come Orban, il “nazista ungherese” che, sia detto tra i denti, governa un paese che, in proporzione alla popolazione, ha il più alto numero di profughi d’Europa e il cui “muro” è un cancelletto rispetto a quello eretto in Palestina o a Calais. Lui però è cattivo, ha cacciato tutte le buone Ong di Soros, ama più Putin di Juncker. Cattivi anche i serbi una volta di più vittime di menzogne e calunnie. Come dal 1990. Come anche prima, quando Tito e Milosevic si ostinavano a tenere il paese fuori dalla camicia di forza delle superpotenze.


Una cattiva coscienza che si nasconde nella solidarietà

Sarete rimasti atterriti dall’uragano di immagini, lacrime, geremiadi, anatemi, che i media di mezzo mondo, hanno scaricato dagli schermi a proposito della tempestivamente re-innescata (ovviamente contro Trump e accoliti che schifano i migranti) rotta balcanica. Come Enrico IV, alle porte di Belgrado, o al confine serbo-ungherese, nel gelo, colonne di fuggiaschi in stracci, senza protezione, assistenza, conforto, attorno a focarelli che lottano contro bufera e nevischio, che si fanno la doccia all’aperto, con acqua di bidoni ghiacciati, bambini e donne (meticolosamente rintracciati tra un 90% di giovani maschi). Una roba, come suggerisce un acuto commentatore al mio blog, che dovrebbe evocare paragoni con l’olocausto, con le turbe di moribondi in marcia dal treno blindato alle presunte camere a gas. Ovviamente, su questa strada, Furio Colombo e la lobby sono sempre in testa.

Diversamente che da noi, anche a Roma, non c’è stato nessuno sgombero forzato, si è negoziato per trovare una soluzione che non ferisse nessuno, si sono messe a disposizione tre caserme (da noi stanno vuote), si è provveduto a fornire vestiario, cibo, calore. I cittadini di Belgrado, cui abbiamo lasciato gli occhi per piangere, si sono mossi in soccorso individuale e collettivo, come li avevo visti fare quando dal Kosovo, lacerato dalle bombe Nato e dai briganti dell’UCK, arrivavano in fuga serbi e rom. 

Non hanno parlato di integrazione, di assimilazione di meticciato, e altri trucchi neocolonialisti, coloro che facevano parte del migliore esperimento di integrazione tra etnie e confessioni di una famiglia geografica e storica dallo stesso destino e progetto politico. Ma hanno fatto quel che potevano, da gente stanca, disillusa, sfiancata, mal governata (come piace ai suoi giustizieri), impoverita, demoralizzata, per continuare ad avere il mondo contro. Il mondo che gli ha troncato le gambe e chiuso il futuro. E che oggi pretende di dare lezioni di umanità. Appunto, lo stesso mondo dell’intervento umanitario a forza di bombe e bugie.

Quanto a noi, a quelli che marciano contro Trump per la soddisfazione di Obama, Hillary, signori delle guerre, dei diritti umani, dei LGBTQ, delle donne (bombardate escluse), che magnifica occasione, quella dei poveri rifugiati davanti alle mura dei soliti serbi, per nascondere i carcinomi della nostra coscienza. Per lavarla, questa coscienza, con la candeggina dell’ipocrisia.


(hrvatskosrpski / italiano)

Kitarović - Mesić, due facce della stessa medaglia

La attuale presidentessa della Repubblica di Croazia, Kolinda Grabar Kitarović, leader della destra di derivazione tudjmaniana, e l'ex presidente Stipe Mesić, storico rappresentante della "sinistra" europeista-atlantista, in realtà anche lui legato al nazionalismo anti-jugoslavo ed alla sporca figura di Franjo Tudjman. Sono le due facce della stessa inadeguatezza politica e aspirazione revisionista-revanscista della classe politica croata uscita dalla guerra "patriottica". Mentre infuria la polemica sulla Grabar Kitarović che usa soldi pubblici per farsi viaggetti privati a Capodanno, Mesić appare in un video del 1992 in cui afferma che "chi entrava a Jasenovac [il famigerato lager ustascia] era salvo" – sic: tanto per celebrare in-degnamente ia Giornata della Memoria... (a cura di Italo Slavo e Ivan Istrijan)

1) Kolindin put u Ameriku / Il viaggio di Kolinda negli USA (V. Kapuralin / SRP)
2) La (visita-) vacanza negli Stati Uniti della Presidentessa croata, coronamento di una serie di gaffes! / 'Američka turneja' kruna serije Kolindinih gafova (Boris Rašeta / express.hr)
3) "Tko je došao u Jasenovac, bio je spašen" – VIDEO I TEKST (Sergej Županić / express.hr)


Pročitaj isto:
SUMRAK CIVILIZACIJE: Anna Frank ponovno deportirana (22. Siječanj 2017. / SRP)
Socijalistička radnička partija (SRP) izražava zgražanje nad sramnim i neciviliziranim činom  ravnatelja Tehničke škole u Šibeniku, Josipa Belamarića, zbog naprasno prekinute izložbe o holokaustu i tragičnom stradanju djece u ratnim sukobima Drugog svjetskog rata, a koje simbolizira zla sudbina male Židovke Anne Frank, ubijene u nacističkom logoru Bergen-Belsen...


=== 1 ===


KOLINDIN PUT U AMERIKU

Čitav je niz detalja koji priču Kolinde Grabar Kitarović, trenutno na radnom mjestu predsjednice, nazovimo države, Hrvatske, kojom pokušava novogodišnji odlazak u Sjedinjene Američke Države iz osobne sfere svrstat u službenu sferu i time, naravno, pravdati trošak putovanja, čine krajnje neuvjerljivom.

Pa, da krenemo redom. Vrlo je neuobičajeno da se državnički posjeti na najvišoj razini, onoj šefa države ili vlade, organiziraju i sprovode za vrijeme Novogodišnjih praznika. To je vrijeme kada i državni dužnosnici najčešće provode u krugu svojih obitelji. Tome treba dodati da je u Americi za manje od dva tjedna smjena vlasti. Zaista moraju biti jako ozbiljni razlozi koji bi opravdali potrebu službenog posjeta.

Informacija o posebnim razlozima takve prirode nije objavljena.

Državničke posjete dogovaraju obje strane i realiziraju se prema protokolu koji se sastavlja na osnovu utvrđenih diplomatskih uzanci. Javnost obiju strana biva informirana o vrsti posjete: da li se radi o prvom posjetu ili je posjet uzvratan; da li se radi o pozivu države domaćina ili inicijativi države posjetioca.

U konkretnom slučaju, nijedna strana ništa slično nije navela.

Protokol predviđa da zemlja gostitelj na adekvatan način dočeka gosta i to: šef države šefa države, šef vlade šefa vlade, resorni ministar kolegu ministra. Naravno, u slučaju spriječenosti gosta može dočekat i netko od zamjenika. Po završetku službenog dijela, obično obe strane daju izjave za medije i procjenu uspješnosti razgovora.

U konkretnom slučaju nije javno prikazan nikakav doček niti smo imali prilike vidjeti s kim je gošća razgovarala, nismo čuli ni izjave za medije, ako izuzmemo gospođino pojavljivanje u Dnevniku u četvrtak 5. siječnja.

Ukupni dojam tog pojavljivanja, jedinog do tada, bio je razočaravajući. Gospođa se uslikala ispred željezne ograde koja dijeli prostor oko Bijele kuće od prostora za znatiželjnike. Izjava koju je tom prilikom dala o ambiciji da utječe na formiranje američke vanjske politike lišena je osjećaja za političku realnost. Hrvatska kao vazalna kvazi država ne kreira niti vlastitu politiku, već sprovodi politiku svojih gospodara, a kamoli da može utjecati na nekog poput Amerike.

Dakle, radi se o jednom amaterskom nemaštovitom pokušaju kokošarenja koji će ostati upamćen po lošoj, samovoljnoj i nesinkroniziranoj izvedbi i ljazi koju je bacila na sebe, svoju porodicu, koju se razvlači po fasadama, i društvenim mrežama i društvu u cjelini.

 

http://dalmatinskiportal.hr/sport/prica-o-jakovu-se-sa-stadiona-preselila-na-ulice/14827

https://www.facebook.com/hajduckevijesti/photos/pb.300243256779260.-2207520000.1470548970./798113760325538/?type=3

http://net.hr/danas/hrvatska/ovog-naseg-su-bar-pustili-u-dvoriste-i-srbi-i-hrvati-zbijaju-sale-na-racun-boravka-predsjednice-u-sad/

https://www.facebook.com/disupareka/photos/a.223413837782301.1073741828.223412531115765/464952466961769/?type=3&theater

https://www.facebook.com/disupareka/photos/a.223413837782301.1073741828.223412531115765/464930650297284/?type=3&theater

https://www.facebook.com/disupareka/photos/a.223413837782301.1073741828.223412531115765/464903243633358/?type=3&theater

 

U Puli, 8. I. 2017.

Vladimir Kapuralin


--- TRAD.:

Il viaggio di Kolinda negli USA

Ci sono tutta una serie di dettagli nel racconto di Kolinda Grabar Kitarović, attuale presidente del (per così dire) Stato croato, volti a spostare il suo viaggio di Capodanno negli USA dalla sfera privata a quella  ufficiale e così, naturalmente, a giustificarne il costo, i quali non sono del tutto convincenti. 

Ma andiamo con ordine. È molto insolito che le visite di Stato al più alto livello, quelle dei capi di Stati o governi, si organizzino ed effettuino durante le feste di Capodanno. Questo è il periodo che, sovente, anche i funzionari statali passano insieme alla propria famiglia. A ciò bisogna aggiungere che in America tra meno di due settimane ci sarà un cambio di leadership. Davvero ci devono essere motivi molto importanti per giustificare la necessità di questa visita ufficiale.

Informazione su tali motivi speciali non sono circolate.

Le visite di Stato vengono concordate da ambedue le parti e realizzate secondo il protocollo che viene composto in base a usanze diplomatiche prestabilite. Il pubblico da ambedue le parti viene informato del tipo di visita: se si tratta di una prima visita o è una visita di reciprocità; se si tratta in un invito da parte dello Stato ospitante o avviene su iniziativa dello Stato ospite. 

Nel caso specifico, nessuna delle due parti ha indicato niente in proposito.

Il protocollo prevede che il paese ospitante accolga l'ospite nella maniera adeguata, cioè: il capo di Stato viene ricevuto dal capo di Stato, il capo del governo dal capo del governo, il ministro dal corrispondente collega. Naturalmente, in caso di impedimento l' ospite può essere ricevuto anche  da qualcuno dei sostituti. Alla fine dell'incontro ufficiale, di solito, ambedue le parti rilasciano alla stampa dichiarazioni e valutazioni sull'incontro.

Nel caso specifico, non è stato pubblicizzato alcun benvenuto e nemmeno abbiamo avuto l'occasione di sapere con chi l'ospite abbia parlato, non abbiamo sentito nessuna dichiarazione attraverso i media, a parte la sola apparizione della signora al Telegiornale di giovedì 5 gennaio.

L'impressione ricavata da questa apparizione, unica fino a quel momento, è stata totalmente deludente. La signora si è fatta fotografare davanti alla recinzione in ferro che divide la Casa Bianca dal pubblico curioso. L'ambiziosa dichiarazione fatta in tale momento, di poter influire sugli orientamenti della politica estera USA, non ha alcun rapporto con la politica reale. La Croazia, in quanto quasi-Stato vassallo, non elabora nemmeno una propria politica, bensì esegue la politica dei suoi padroni, figuriamoci perciò come possa influire su qualcuno come gli Stati Uniti d'America.

Si tratta quindi di un tentativo dilettantesco, privo di fantasia, da pollaio, che sarà ricordato in futuro come una povera esibizione velleitaria e fuori tempo, e marchierà perciò lei stessa, la sua famiglia, propagandosi nelle piazze come nelle reti sociali e nella società tutta.

Vladimir Kapuralin
Pola, 8 gennaio 2017

Fonti:
http://dalmatinskiportal.hr/sport/prica-o-jakovu-se-sa-stadiona-preselila-na-ulice/14827
https://www.facebook.com/hajduckevijesti/photos/pb.300243256779260.-2207520000.1470548970./798113760325538/?type=3
http://net.hr/danas/hrvatska/ovog-naseg-su-bar-pustili-u-dvoriste-i-srbi-i-hrvati-zbijaju-sale-na-racun-boravka-predsjednice-u-sad/
https://www.facebook.com/disupareka/photos/a.223413837782301.1073741828.223412531115765/464952466961769/?type=3&theater
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=== 2 ===


La (visita-) vacanza negli Stati Uniti della Presidentessa croata, coronamento di una serie di gaffes!

Prometteva "mari e monti" e nascondeva:
Nascondeva l' accordo con la alleanza NATO
"Appena vinco, trasloco a Visoka" (ufficio dove risiedeva prima di diventare Presidente)
"No, non faccio traslocare soltanto Josip Broz..."
L'inchiesta sul cioccolato serbo
"Donald Trump viene troppo sottovalutato"
"Eccomi, e dove sta Jakovina?" (dopo esser venuta nell' Ufficio del Ministro senza preavviso)
"Noi siamo un piccolo paese, ma siamo un grande paese" (dopo le vacanze di Capodanno negli USA, irritata di essere in un certo senso snobbata)
"Il Canada non ha risorse, ma gli va lo stesso bene"
Dal prato alla leadership
 (Aggiungeva sul prato davanti all'inferriata che divide la Casa Bianca dal luogo riservato ai turisti, che la Croazia dovrebbe esser leader (e dare consigli a gli USA... Vedere l'articolo di Kapuralin). Il senatore Marco Rubio su Twiter ha pubblicato la foto con Kolinda...
"Faremo parte del paese più sviluppato d' Europa e del mondo"
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http://www.express.hr/top-news/americka-turneja-kruna-serije-kolindinih-gafova-8729

'Američka turneja' kruna serije Kolindinih gafova

15. siječnja 2017.
Obećala je smanjiti Ured za dvije trećine, jednako toliko smanjiti troškove i preseliti ga u Visoku. Jamčila je da će se voziti tramvajem, biti bliska običnom čovjeku...

Predsjednica je “američkom turnejom” okrunila dugu seriju lapsusa, gafova, komunikacijskih i političkih akrobacija...

Obećala je smanjiti Ured za dvije trećine, jednako toliko smanjiti troškove i preseliti ga u Visoku. Jamčila je da će se voziti tramvajem, biti bliska običnom čovjeku.

U euforiji pobjede rekla je da će Hrvatsku uvrstiti među najrazvijenije zemlje Europske unije i svijeta. Obećala je otvoriti Ured za mlade. Dokinuti ideološke podjele i razviti zajedništvo. Nakon pobjede otišla je u šator u Savskoj 66, gdje je obećala Ustavni zakon o pravima branitelja.

"Od srca vam želim puno zdravlja i sve najbolje u novoj godini, da se izborite za svoja prava, da svi zajedno ‘proguramo’ Ustavni zakon o pravima hrvatskih branitelja i izborimo se da branitelji konačno dobiju ono što zaslužuju", rekla je predsjednica.

Sljedeće nove godine predsjednica provodi u Americi, a na pitanje Branke Slavice s kim je ovaj put razgovarala, može li reći imena, odgovorila je:

"Pa naravno, niz članova Kongresa, niz članova Kongresa u smislu administracije koja je republikanska, ali isto tako i demokratska jer, naravno, mi želimo raditi u smislu da vodimo politiku s novom Trumpovom administracijom, ali isto tako vodimo politiku, isto tako i s ljudima koji će biti tu, bez obzira na to koje su, da li su, demokratske ili republikanske provenijencije."

Tajila ugovor s NATO savezom

Kolinda Grabar Kitarović imala je ugovor s NATO savezom tijekom kampanje za predsjednicu Hrvatske. Htjela je biti sigurna da će je dočekati stari posao ako izgubi od Josipovića. To je malo tajila, ali su do informacije došli novinari.

Čim pobijedim, selim se u Visoku

Preselit ću rezidenciju, i to u Visoku ulicu, gdje sam i počela raditi 1993. godine. To je sasvim primjerena lokacija, a ne koristi se i zjapi prazna. Pantovčak ću otvoriti za građane, za osobe s invaliditetom, djecu s poteškoćama u razvoju ili sličnu namjenu.

Ne, selim samo Josipa Broza...

Iz Ureda je kratko nakon dolaska iselila bistu Josipa Broza Tita. Značajno je smanjila broj slika Ede Murtića, slikara ljevičarske reputacije, mada je bio proljećar. Ivo Josipović je otkrio da je on jedini predsjednik koji u Uredu nema svoj portret u ulju, što je tradicija Pantovčaka.

Istraga zbog srpske čokolade

”Mi smo već napravili istragu što se dogodilo. Nažalost, jedna od hrvatskih tvrtki iz Vukovara pakirala je tu košaru. Međutim, razgovarali smo s našim djelatnicima i napravili istragu”.

‘U toj košari su se našli proizvodi koji nisu bili hrvatske proizvodnje. Ispričat ćemo se roditeljima’
Čokolinda, prosinac 2016.

Donalda Trumpa jako podcjenjuju

Mislim da se Trumpa podcjenjuje kad je riječ o vanjskoj politici, a Hrvatska ima jako puno prostora da kao saveznica SAD-a napravi puno.

“Kabinet za mlade u okviru Savjetničkog vijeća nije ustrojen, iako je to bilo obećano mladima”
Priznanje Ureda iz studenog 2016.

Evo me, a gdje je Jakovina

U lipnju 2015. godine nenajavljeno je upala u Ministarstvo poljoprivrede Tihomira Jakovine s prosvjednicima. Ministar ju je primio.

Mi smo mala zemlja, ali smo velika zemlja

Iz SAD-a je poručila kako “ne smijemo kao mala zemlja čekati da nam netko nametne agendu”. Po povratku je rekla da joj “smeta kad kažu da je Hrvatska mala država, jer to nije ni geografski ni po potencijalima”.

Kanada baš nema resursa, ali ide im

Kanada je, bez obzira na nedostatak prirodnih resursa, stvorila uvjete za ostanak svojih i dolazak mladih iz cijeloga svijeta, rekla je tijekom posjeta toj zemlji i izazvala podsmijeh.

“Moj ured je naručio četiri tone ribe? Kakve ribe? Lososa? Ne znam stvarno...”
U prosincu 2016. ovo ju je pitanje jako zbunilo

S travnjaka do liderstva

U SAD je, tijekom novogodišnjih praznika, otišla kako bi omogućila Hrvatskoj “sudjelovanje u kreiranju američke vanjske politike”. Dodala je da bi Hrvatska trebala biti lider. Te je izjave davala ispred ograde Bijele kuće, na prostoru po kojemu se šeću turisti. Senator Marco Rubio na Twitteru je objavio slikicu s predsjednicom.

Ući ćemo u najrazvijenije zemlje Europe i svijeta

Ne dam da mi itko kaže da Hrvatska neće biti prosperitetna i bogata jer bit će Hrvatska među najrazvijenijim zemljama EU i svijeta, to vam obećajem. Dosta je bilo podjela! Dragi moji hrvatski građani, idemo zajedno. Idemo Hrvatsku odvesti u blagostanje!

“Varaždin je bio u vrijeme Banovine Hrvatske glavni grad i na simboličan način to vraćamo danas”
Izjava iz prosinca 2016. godine

da www.express.hr



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Pogledaj i video:

STIPE MESIĆ: Jasenovac je bio radni logor, a radio je do 1947. godine (Marko Marković, 23 gen 2017)
STIPE MESIĆ: Jasenovac je bio radni logor kakvih je bilo i u ostalom dijelu Europe. Ta ubojstva nisu istinita, prošlo bi po 15, po mjesec dana da nitko nije umro niti je ubijen. Kad bi došao u Jasenovac zatočenik je praktično bio spašen jer je bio potreban kao radnik.

Stipe Mesic velica NDH (acko82, 15 giu 2007)
Stipe Mesic, predsednik republike Hrvatske, velica ustase i proglasenje ustaske tvorevine 10. aprila 1941. godine

MESIC NISAM JA USTASA (ARHIVIST, 18 dic 2006)
NAKON PRVE OBJAVE PRECJEDNIK MESIC OBRATIO SE NACIJI NA DRZAVNOJ TELEVIZIJI GOVORECI KAKO ON NIJE TAKO MISLIO I DA JE SVE IZVUCENO IZ KONTEKSTA ALI NIJE MISLIO TAKO U OSTALOM SNIMKA JE TU

Pogledaj i dalje:

Mesicev ustaski govor u Sidnej-u, Australiji, 1992 

Mesicev ustaski govor u Novoj Gradisci, 1992

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http://www.express.hr/top-news/tko-je-dosao-u-jasenovac-bio-je-spasen-8837


"Tko je došao u Jasenovac, bio je spašen"


24. siječnja  2017.  

Na Yotubeu je osvanula nova snimka Stipe Mesića u kojoj iznosi čitav niz notornih gluposti o Jasenovcu

Prvo na YouTubeu, potom po opskurnim mjestima poput emisije "Bujica" Velimira Bujanca, a zatim i u onom civliziranijem dijelu hrvatske medijske scene, pojavila se snimka bivšeg hrvatskog predsjednika Stjepana Mesića na kojoj tvrdi da Jasenovac nije bio logor smrti tijekom NDH.

Snimka je, navodno, nastala u Novskoj 4. siječnja 1992. Prikazuje Mesića u opuštenijem raspoloženju u manjoj prostoriji s desetak ljudi, očito lokalnih dužnosnika u ratnim uvjetima. Društvo na početku ismijava broj ubijenih Srba u logoru u Jasenovcu, nakon čega Mesić preuzima riječ i navodi da je jasenovački logor radio sve do 1947., da je bila riječ isključivo o radnom logoru, da treba dovesti "svjetsku komisiju i to raskrinkati"...

Mesić je govorio stvari potpuno na tragu snimke s puta u Australiju iz 1991. na kojoj je tvrdio da su Hrvati u Drugom svjetskom ratu pobijedili dvaput, misleći i na uspostavu NDH, te da se za Jasenovac nemaju što ispričavati. Ovaj put bila je riječ upravo o Jasenovcu. "Ljudi su umirali, kao što su ljudi u ratu i inače umirali, od tifusa od dizenterije... Ali to su bili radni pogoni. Bilo je glupo nekoga naučiti da radi u kožari, pa ga nakon toga ubiti... Ljudi su bili ubijani, ali prije dolaska u Jasenovac. Kad je došao u Jasenovac, on je bio praktično spašen, jer je onda bio kao radnik potreban... Prošlo je po 15 ili mjesec dana da nitko nije ubijen. Ali, umirali su ljudi. Djeca su umirala, s materama bi došla, iscrpljena, pa bi umirala", govorio je Mesić.

Iako je savršeno jasno da je snimka u javnost puštena kao način posebnog obračuna sa Stjepanom Mesićem, zapravo je vrlo lako zamisliti dozu zadovoljstva notornog desničarskog Bujanca dok je najavljivao snimku u "Bujici", ovime je nedvojbeno da je Stjepan Mesić u 1990-ima podilazio ekstremno nacionalističkim, zapravo proustaškim krugovima u vrijeme rata u Hrvatskoj.

Tvrdnje o trostrukom logoru u Jasenovcu, predstavljanju logora kao radnog do 1945., a tek potom logora smrti do 1947., tvrdnje o "spašavanju" logoraša nakon što bi bili dovedeni na mjesto povijesno ozloglašeno kao mjesto na kojem se ubijalo noževima, maljevima, kolcima, sličnim stvarima, danas se u javnom prostoru, pa i privatno, mogu čuti isključivo u ekstremnim krugovima, zapravo i izvan rubova političke scene.

Skandal sa snimkom iz Australije, otkrivenom 2006., Stjepan Mesić je tada objasnio kao "taktički ustupak, pogrešan i promašen, onima koji su Hrvate u otporu velikosrpskoj politici i četništvu kao njezinu osloncu, nastojali mobilizirati na koketiranju s ustaštvom". Jasno je rekao da je bila riječ o takvoj razini političkog oportunizma kojem nije smio pribjeći, bez obzira na to kakva su vremena vladala. Istaknuo je da je upravo on kasnije redovito posjećivao Jasenovac i osuđivao politiku NDH, što doista jest istina.

Činjenica je, međutim, da mu je iz ormara sada izvučen još jedan kostur s koketiranjem ustaštvom, ovaj put isključivo na temu najgore klaonice ljudi koju je organizirao ustaški režim u Drugom svjetskom ratu. Stjepan Mesić će se stoga i ovaj put morati ispričavati i objašnjavati da je pogriješio, da čak niti politika ne trpi sva raspoloživa sredstva. Bar ne u društvu u kojem se drži makar do tragova civilizacije.

Na kraju krajeva, koliko god Hrvatska povijesno bila sljednica antifašističke pobjede nad fašizmom i nacizmom u Drugom svjetskom ratu, koliko god iskrvarila u borbi protiv okupatora, i za nju vrijedi ono što tradicionano vrijedi u Njemačkoj. U toj perjanici borbe protiv fašizma, nacizma i rasne isključivosti u slobodnoj Europi, iz tragičnih i nepodnošljivo bolnih povijesnih razloga svaka tolerancija na političku trgovinu i slične stvari prestaje u onom trenutku kad se spomene Holokaust.




(srpskohrvatski / italiano)
 
Situazione sociale e dei lavoratori in Serbia: aggiornamenti
 
1) Lettera di fine anno di Rajka Veljović (JSO Zastava Kragujevac)
2) "Benvenuti in Serbia, paese della manodopera a basso costo" (Rajko Blagojević – JSO Zastava Kragujevac)
3) RELAZIONE SULLO STATO ECONOMICO DELLA SERBIA – AUTUNNO 2016 (NBMSC onlus)
4) И ципеле се као и пелене бацају након ношења / Lo squallore del manager della ditta GEOX


TITOLO ERRATO

Sulla vicenda del treno Belgrado-Pristina "Il Giornale" del 17 gennaio u.s. titola erroneamente:
"Il Kosovo blocca il treno della Grande Serbia".
Il titolo corretto è invece:
"La Grande Albania blocca il treno della Serbia"
La redazione del quotidiano è troppo servile per poter tenere conto del dettato della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n.1244/1999 che afferma che "Il Kosovo è territorio della Serbia".

(a cura di Italo Slavo e Ivan Istrijan)



BOMBA PIU' BOMBA MENO


L'esercito israeliano ha bombardato il maggiore aeroporto militare di Damasco, causando quattro morti.
(Altre azioni militari sono state intraprese da Tel Aviv contro lo Stato siriano negli ultimissimi anni, mentre quest'ultimo era impegnato su altri fronti a contrastare il terrorismo wahabita)
La notizia non è stata considerata degna di nota dai giornalai italiani.

Israele sferra l’attacco in Siria (Pandora TV News 13.1.2017)



(français / italiano)
 
La dittatura degli "spin doctor"
 
1) Chi c'è dietro alle "notizie false"? I media mainstream utilizzano video ed immagini farlocche (Michel Chossudovsky)
2) Avviso di falsa notizia: la CNN finalmente ammette che il video dei "caschi bianchi" siriani era falso e recitato (Tony Cartalucci)
3) La CIA rédige-t-elle votre journal ? (Jonathan Cook)
4) SPIN DOCTOR (dalla pagina Wikipedia)


Tre iniziative segnalate

1) Milano 18/1: La polveriera dei Balcani
2) Bari 25/1: JASENOVAC racconto di un silenzio
3) Trieste 20--29/1: XXVIII Alpe Adria Cinema 


=== 1 ===

Milano, mercoledì 18 gennaio 2017
alle ore 19 presso il Mare culturale urbano / Cascina Torrette
Via Giuseppe Gabetti 15 (Bus 80 -64 Novara/Fleming)

APERITIVO letterario sul tema

LA POLVERIERA DEI BALCANI

incontro con l'autorevole giornalista e saggista Jean Toschi Marazzani Visconti. 
Dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia ai pericoli del Jihad a pochi passi dai confini europei e non distante da Trieste. Odio e rabbia covano nei villaggi in Bosnia-Erzegovina dove si issano le bandiere nere dell'Isis.

Sul libro di Jean Toschi Marazzani Visconti LA PORTA D'INGRESSO DELL'ISLAM:
https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jtmv2016


=== 2 ===

Bari, 25 gennaio 2017
Piccolo Teatro "E. Dattoma", strada privata Borrelli

JASENOVAC - RACCONTO DI UN SILENZIO
1941-45: l’infernale dittatura Ustascia in Jugoslavia

di e con Dino Parrotta



=== 3 ===

Trieste 20--29 Gennaio 2017 
Teatro Miela (Piazza Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi, 3); Sala Tripcovich (Largo Città di Santos, 1); Magazzino delle idee (corso Cavour, 271)

TRIESTE FILM FESTIVAL 
Ex ALPE ADRIA CINEMA – Ventottesima edizione del principale appuntamento italiano con il cinema dell’Europa Centro Orientale

http://www.triestefilmfestival.it






http://contropiano.org/news/politica-news/2017/01/13/litalia-si-dota-della-legge-la-guerra-087877

L’Italia si dota della Legge per la guerra


di Sergio Cararo

Piuttosto in sordina, il 31 dicembre scorso è entrata in vigore la Legge quadro sulle missioni militari all'estero. La legge era già stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale fin dal 1̊ agosto; ma ne era stata rimandata l'attuazione a fine anno, tranne che per la disposizione all'integrazione del Copasir, cioè dell'organismo di controllo sulle attività dei servizi segreti (venuto fuori come problema in occasione delle “missioni coperte” in Libia), anche se valido solo per la legislatura in corso.
L'Italia si è così dotata di una legge organica dello Stato per l'invio di contingenti militari all'estero che dovrebbe azzerare le contraddizioni di incostituzionalità sul ricorso alle azioni militari contro, verso o in altri paesi vincolate al rispetto dell'art.11. Infatti il nostro ordinamento fino ad oggi prevedeva solo la disciplina della "guerra". Ma lo stato di guerra deve essere deliberato dalle Camere, che conferiscono al Governo i poteri necessari (art. 78 Cost.), mentre la dichiarazione di guerra è prerogativa del Presidente della Repubblica (art. 87, 9° comma). ll tutto nei limiti sanciti dall'art. 11 Cost., che vieta la guerra di aggressione e consente l'uso della violenza bellica solo in ipotesi ben determinate (la difesa).
La storia di questi ultimi venticinque anni, con numerose operazioni militari all'estero e il coinvolgimento dell'Italia in teatri di guerra (Iraq, Afghanistan, Jugoslavia ma anche Somalia, Libano etc.), ha reso inevitabile una legge organica che legittimasse sul piano legale la partecipazione dei militari italiani a guerre e operazioni militari in altri paesi.
La Legge individua la tipologia di missioni, i principi generali da osservare e detta disposizioni circa il procedimento da seguire. La newsletter Affari Internazionali ne offre una sintesi molto utile:


a) Le missioni militari all'estero, sia di peace-keeping che di peace-emforcement, sono in primo luogo quelle con il mandato delle Nazioni Unite, ma aadesso lo sono anche quelle istituite nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è membro, comprese quelle dell'Unione Europea;


2) La Nato non è menzionata espressamente, ma è automaticamente inclusa. La Legge poi si riferisce anche alle missioni istituite nelle coalition of willing, cioè coalizione create su una crisi specifica sulla base di decisioni unilaterali dei paesi che vi aderiscono, infine si riferisce alle missioni "finalizzate ad eccezionali interventi umanitari".


3) La Legge specifica che l'invio di militari fuori dal territorio nazionale può avvenire in ottemperanza di obblighi di alleanze, o in base ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari, purché l'impiego avvenga nel rispetto della legalità internazionale e delle disposizioni e finalità costituzionali (che a questo punto vengono aggirate dalla legge stessa)


“Resterebbe da chiarire il significato di accordi intergovernativi e come questi si differenzino dagli accordi internazionali. Si tratta di accordi sottoscritti dall'esecutivo o addirittura di accordi segreti?” si interroga Affari Internazionali. “In parte tali dubbi dovrebbero essere fugati dai paletti volti a scongiurare una deriva interventista. Le missioni devono avvenire nel quadro del rispetto: a) dei principi stabiliti dall'art. 11 Cost., b) del diritto internazionale generale, c) del diritto internazionale umanitario, d) del diritto penale internazionale”.
Quanto al procedimento per la partecipazione alle missioni internazionali, viene reso centrale il ruolo del Parlamento, razionalizzando una prassi, qualche volta in verità disattesa, che faceva precedere l'invio del contingente militare all'estero da una discussione parlamentare. Ma spesso la ratifica parlamentare avveniva a posteriori, in occasione della conversione in legge del decreto-legge (DL) di finanziamento della missione.
L'iter disegnato dalla L. 145/2016 è il seguente: la partecipazione alle missioni militari è deliberata dal Consiglio dei ministri, Cdm, previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed eventuale convocazione del Consiglio supremo di difesa.
La Legge quadro mette mano anche ad un'altra spinosa questione, ossia se ai militari impegnati nelle missioni debba essere applicato il codice penale militare di pace o il codice penale militare di guerra. Anche la soluzione indicata lascia aperta tutte le strade. La nuova legge dispone che sia applicabile il codice penale militare di pace, ma il governo potrebbe deliberare l'applicabilità di quello di guerra per una specifica missione. In tal caso è però necessario un provvedimento legislativo e il governo deve presentare al Parlamento un apposito disegno di legge. 

 

E' dalla partecipazione alla prima Guerra del Golfo (1991) che si pone il problema di conformare la legislazione italiana al ripetuto ricorso alla guerra "nella risoluzione delle controversie internazionali" che di volta in volta è stata mascherata con acronimi sempre più improbabili: operazione di polizia internazionale, guerra umanitaria, protezione di civili, difesa preventiva etc. etc. Operazioni militari che hanno visto negli anni migliaia e migliaia di soldati italiani prendere parte a guerre in altri paesi e miliardi di euro spesi per parteciparvi. Quando le furberie sulla guerra diventano una Legge organica dello Stato, vuole dire che il punto di non ritorno si è avvicinato ancora di un altra spanna.
 

13 gennaio 2017



(deutsch / italiano)

446 Panzern verso la Russia

1) La Nato in marcia verso le frontiere russe (F. Poggi)
2) Kriegsmaschine rollt (junge Welt)


Si vedano anche:

"I carri armati non creano la pace": manifestazione contro il dispiegamento di forze NATO ai confini della Russia

Bremerhaven, Germania: Proteste accolgono l’arrivo dei mezzi NATO diretti al confine con la Russia (PandoraTV, 9 gennaio 2017)


=== 1 ===


La Nato in marcia verso le frontiere russe

di Fabrizio Poggi, 9 gennaio 2017

Come ricorda Natalija Meden su fondsk.ru, nel 1947 la libera città anseatica di Brema fu estromessa dalla zona di occupazione britannica per diventare un'enclave in quella americana, comoda agli USA perché comprendeva il porto di Bremerhaven, sul mar del Nord, che un anno dopo fu eletto a punto logistico del piano di Winston Churchill “Unthinkable” per un attacco all'Urss. Dopo settant'anni, venerdì scorso la Deutsche Welle annunciava che centinaia di mezzi militari USA – 250 carri armati, oltre a obici semoventi M-109, artiglierie pesanti, centinaia di mezzi “Humvee” e di trasporti truppe blindati – erano stati sbarcati al porto “Kaiserhafen” di Bremerhaven, per poi essere trasferiti in Polonia e Paesi baltici. Le operazioni di sbarco, iniziate mercoledì scorso, si sono concluse ieri con l'arrivo di tre cargo statunitensi (“Resolve”, “Endurance” e “Freedom”) e per tutta questa settimana i mezzi militari attraverseranno la Germania settentrionale a bordo di 900 vagoni merci per una lunghezza totale di 14 km. “Gli USA scaricano panzer in Germania per la guerra contro la Russia”, scriveva nei giorni scorsi la Bundesdeutsche Zeitung, aggiungendo allarmata che la carovana attraverserà “una serie di länder: Brema, Bassa Sassonia, Mecklenburg-Pomerania, Brandeburgo e forse anche Amburgo e Berlino”, con la Bundeswehr e la sua scuola di logistica di Garlstedt che “si fa carico dell'intera logistica di questa operazione militare”.

Insieme ai mezzi, giungono anche 3.500 militari della “Iron Brigade” della 4° Divisione di fanteria USA. Stando a rusvesna.su, altri duecentocinquanta soldati della 3° brigata meccanizzata della stessa 4° Divisione sono stati trasferiti direttamente a Breslavia, in Polonia, a bordo di aerei militari e nei prossimi giorni sono attesi a Illesheim, in Baviera, più di 60 elicotteri, tra cui 50 "Black Hawk" multiuso, oltre a 24 “Apache” da combattimento. L'arrivo del contingente statunitense in Europa – in tutto il 2017 è previsto l'invio di 5.700 militari USA – era stato annunciato nei primi giorni del 2017 dal portavoce del Ministero della difesa Peter Cook, ma già nella primavera scorsa il Segretario alla difesa Ashton Carter aveva parlato del dispiegamento in Europa di un'ulteriore brigata.

“La macchina da guerra è in movimento”, titola stamani la Junge Welt: “Dispiegamento di soldati alle frontiere orientali della NATO – la Germania è la chiave di volta per l'aggressione USA alla Russia”.

Al rafforzamento Nato a oriente, nota Deutsche Welle, contribuisce anche il Battaglione tedesco di circa 500 uomini stanziato in Lituania, a nord della cosiddetta “finestra” di Suwalki, una specie di saliente di circa 65 chilometri, in territorio polacco, per qualche ragione considerato il “tallone d'Achille” della Nato nella regione. 

Ma, in Polonia e nei Paesi baltici, da diversi anni e soprattutto a partire dal 2014, militari americani, britannici, canadesi, tedeschi, stanno addestrando sia reparti regolari e battaglioni neonazisti ucraini, sia militari attivi e della riserva dei tre Paesi baltici. In questi ultimi, in particolare, si è preso a focalizzarsi sulla preparazione a una presunta “guerra partigiana” contro la “minaccia russa”. A tale preparazione, che sta andando avanti da almeno un anno, secondo il New York Times, che cita il generale Raymond Thomas, comandante delle US Special Operations Command, prendono parte attiva corpi speciali statunitensi; in particolare, secondo rusvesna.su, si tratterebbe di addestratori dei “berretti verdi” (Special Forces Operational Detachment-A), specializzati in operazioni di ricognizione e diversione dietro le linee. La presenza di tali distaccamenti sarebbe indirettamente confermata anche da alcune dichiarazioni pubbliche dell'ambasciatore USA a Riga, del tipo: “concentrano la preparazione sull'abilità da cecchino, nelle attività di genio e brillamento e nelle comunicazioni da campo". In generale, il fatto che, sia da parte dei Paesi baltici, sia da parte statunitense, si stia dando pubblicità alla cosa che, dal punto di vista strettamente militare non può certo rappresentare un “pericolo”, costituisce un preciso segnale lanciato a Mosca.

Dunque, “è possibile scongiurare il rafforzamento della Nato in Europa orientale?”, si chiede Andrej Polunin su svpressa.ru, che ricorda come, in ogni caso, Washington avesse già impegnato 3,4 miliardi di $ aggiuntivi al bilancio 2017 (quattro volte più che nel 2016), per l'aumento della presenza in Europa. A differenza delle altre due brigate USA presenti in Germania e Italia, questa terza brigata non disporrà di caserme proprie, essendo previsto un avvicendamento ogni nove mesi e sarà suddivisa tra Polonia, Paesi baltici, Romania e Bulgaria. In tal modo, viene formalmente rispettata la clausola base del trattato Russia-Nato del 1997, secondo cui l'Alleanza non deve dispiegare in modo permanente “forze militari considerevoli” in Europa orientale. Ma, comunque, nota il politologo Mikhail Aleksandrov, Barack Obama ha dato il via con un mese di anticipo, prima dell'insediamento di Donald Trump, al dislocamento della 3° Brigata, programmato dal vertice Nato di Varsavia del luglio 2016 e che prevede l'arrivo di quattro Battaglioni in Polonia e Paesi baltici. Battaglioni che, in forza della loro natura di forze di pronto intervento, in brevissimo tempo possono costituire una forte testa di ponte, puntata soprattutto sull'area di Kaliningrad, con le flotte tedesca e polacca che tengono a guardia la flotta russa del Baltico. Secondo Aleksandrov, la risposta russa più appropriata potrebbe consistere, più che in un concentramento di forze nella regione di Kaliningrad (per sua natura, non in grado di accogliere un numero sufficiente di truppe) nella creazione di due armate corazzate da dislocare ai confini con Estonia e Lettonia, pronte a intervenire in caso di attacco occidentale su quella direttrice. Ma, prima di tutto, a parere del politologo, Mosca dovrebbe cercare di convincere Donald Trump a rivedere la decisione di Obama sul dispiegamento delle forze USA e Nato in Europa, che porterebbe a un'adeguata risposta russa e a una spirale al rialzo che lascerebbe gli USA sguarniti sui fronti asiatico e mediorientale.

Non è difficile osservare come l'amministrazione americana uscente, proprio nelle ultime settimane, si stia dando un gran daffare per creare i maggiori ostacoli al possibile entente Washington-Mosca. Ne è un esempio anche la preoccupazione Nato per il possibile riavvicinamento alla Russia del neo presidente moldavo Igor Dodon che, nonostante la maggioranza parlamentare euroatlantica, ha iniziato un “repulisti” ai vertici militari – a partire dal dimissionato Ministro della difesa, il liberale Anatol Șalaru – legati alla Nato nel quadro del cosiddetto Individual Partnership Action Plan. La Moldavia è un obiettivo significativo nel contesto aggressivo dell'Alleanza, non foss'altro perché confina con la Romania – che dal maggio scorso ospita il sistema “Aegis”, forte di missili USA Mk-41 – e l'Ucraina.

Per il momento, purtroppo, sembra che le uniche resistenze ai piani USA e Nato siano limitate a quelle poche centinaia di pacifisti che, come riporta Junge Welt, attenderanno i convogli militari che nei prossimi giorni attraverseranno la Germania e che, contro quello che la BBC definisce il più grande dispiegamento Nato dalla fine della guerra fredda, sabato scorso si erano dati appuntamento al porto di Bremerhaven, riunendo attivisti del Forum di Brema per la pace, militanti di Die Linke, del DKP di Brema e dell'Associazione della Comunità curda.

Che, ad altre latitudini, la strategia atlantica venga tenuta molto sul serio, lo testimonia il fatto che proprio oggi la Rossijskaja Gazeta riporta la notizia di emendamenti alla legge russa sull'obbligo di servizio militare, secondo cui si “consente di concludere contratti temporanei, per un massimo di 12 mesi, con richiamati e riservisti”, apparentemente per la lotta “contro i terroristi fuori dei confini russi e per spedizioni navali”. Sarà un caso.


=== 2 ===


junge Welt (Berlin), Ausgabe vom 09.01.2017, Seite 1 / Titel

Kriegsmaschine rollt


Truppenaufmarsch an NATO-Ostgrenze – BRD ist Drehkreuz für US-Aggression gegen Russland. Friedensaktivisten protestieren

Von Sönke Hundt, Bremen

Der US-Aufmarsch gen Osten ist in vollem Gange, und die BRD ist das Drehkreuz für diese Kriegsmaschinerie. Bundeswehr und private Unternehmen agieren als willige Vollstrecker der Aggression gegen Russland. Doch es gibt auch Widerspruch: Auf ihrem Weg werden die Militärs von protestierenden Friedensaktivisten erwartet.

Bereits am Mittwoch hatte der erste Frachter »Resolve« (Entschlossenheit) und am Freitag der zweite mit dem Namen »Endurance« (Ausdauer) im Bremerhavener Kaiserhafen angelegt. Am Sonntag kam der dritte an. 2.500 »Ladungsstücke«, darunter 446 Kettenfahrzeuge einschließlich Kampfpanzern und 907 Radfahrzeuge, werden entladen und in den kommenden Tagen nach Polen und von dort weiter nach Litauen, Estland und Lettland transportiert. Dafür sind unter anderem 900 Bahnwaggons im Einsatz, die aneinandergereiht rund 15 Kilometer lang wären. »Bis zum 16. Januar werden täglich drei Züge mit Militärgerät rollen«, sagte ein Sprecher des Landeskommandos Brandenburg der Bundeswehr laut NDR. Außerdem sind etliche Konvois auf den Straßen unterwegs. Es ist die Ausrüstung für 4.000 Soldaten der in Colorado stationierten 3. Kampfbrigade der 4. US-Infanteriedivision (»Iron Brigade«). Sie lassen künftig an der NATO-Ostgrenze gegenüber Russland provokativ die Muskeln spielen. Eine Vorhut ist bereits am Sonnabend angekommen, rund 250 US-Soldaten landeten im polnischen Wroclaw, wie die Nachrichtenagentur PAP berichtete.

Die gesamte Operation »Atlantic Resolve« läuft offiziell unter der Verantwortung des US-Militärs. Aber die Streitkräftebasis der Bundeswehr ist für die gesamte Logistik verantwortlich. Und das Löschen der Frachter übernimmt die Bremer Lagerhaus-Gesellschaft (BLG), die dieses Geschäft schon seit 1945 für die US-Army betreibt. Mit sichtlichem Stolz verkündete deren Sprecher im Regionalfernsehen: »Alle Panzer werden mit eigenen Fahrern entladen.«

Gegen den größten NATO-Aufmarsch seit Ende des Kalten Krieges hatte in Bremerhaven ein breites Bündnis – darunter das Bremer Friedensforum, die Partei Die Linke, die DKP Bremen, der Kurdische Gemeinschaftsverein – am Sonnabend zur Demonstration am Liegeplatz der Panzerfrachter aufgerufen. Etwa 400 Menschen kamen zum Hafen. Sebastian Rave, Mitglied des Landesvorstandes der Linkspartei Bremen, erklärte: »Wir trotzen hier der Kälte, weil wir keinen neuen Krieg haben wollen.« Wie schon während der Proteste im Jahr 1983 zu Zeiten des NATO-Doppelbeschlusses müsse auch heute klar sein: »Bremerhaven ist kein ruhiger Hafen für das Militär!«

Tobias Pflüger vom Linke-Bundesvorstand ging auf die Verantwortung der Bundeswehr und der BRD-Regierung ein. Sie würden sich aktiv an der Kriegsvorbereitung beteiligen. Die Ansage, die US-amerikanische Panzer­brigade solle nach neun Monaten wieder ausgetauscht werden, sei nichts als »Trickserei«, deren Verlegung in Wahrheit ein Bruch des NATO-Russland-Abkommens. Das sollte die Stationierung von Militär des Paktes in Osteuropa ausschließen. Auf Donald Trump wollte Tobias Pflüger lieber keine Hoffnungen setzen. »Ich rechne damit, dass der nächste US-amerikanische Präsident diesen Aufrüstungskurs nicht nur fortsetzen, sondern vermutlich sogar eskalieren wird.«

Anfang dieser Woche sollen weitere Proteste gegen die Militärtransporte stattfinden. So sei etwa geplant, am Montag gegen 18 Uhr am Truppenübungsplatz Lehnin im Landkreis Potsdam-Mittelmark, auf der Straße zwischen Emstal und Busendorf, zu demonstrieren, war von Aktivisten zu erfahren.