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La rete di fuga dei criminali di guerra
tedeschi

I conventi, gli istituti religiosi e le organizzazioni caritatevoli
costituivano nel 1945 la rete attraverso la quale i nazisti poterono
sfuggire ai tribunali:

``Alcuni dei criminali di guerra pi� ricercati passarono
da Rauff, a Milano, al vescovo Hudal nel Pontificio
Collegio di Santa Maria dell'Anima a Roma, per finire
poi dall'arcivescovo Siri a Genova. Qui s'imbarcarono su
delle navi e salparono verso una nuova vita in
Sudamerica'' (48).

La rete era stata predisposta con un certo anticipo: Hudal incontr�
Walter Rauff, assassino di circa 100.000 persone uccise nei furgoni a
gas mobili, fin dalla primavera del 1943 (41). In quell'occasione
``furono stabiliti i primi contatti [...] che avrebbero portato, infine,
all'istituzione, da parte di Hudal, di una rete per l'espatrio
clandestino dei criminali nazisti'' (42).

``A seguito del crollo effettivo dell'esercito tedesco in Italia, Pio
XII
avvi� una campagna per ottenere il diritto di inviare i suoi
rappresentanti personali in visita alle decine di migliaia di
prigionieri
di guerra e internati civili che allora si trovavano nei campi
italiani'',
con particolare riferimento a quelli di lingua tedesca (43-44).
Ottenuto tale diritto, fu nominato ``per prestar soccorso alla
popolazione nemica sconfitta [il vescovo antisemita] Hudal'' (44). La
scelta ebbe il complice avallo degli Americani, che ``sapevano tutto
sulle convinzioni politiche del vescovo austriaco'' e il cui servizio
segreto aveva redatto un dossier sul libro filonazista che costui aveva
pubblicato nel 1936 (45).

``Senza la diretta intercessione diplomatica del Vaticano [egli] non
sarebbe mai riuscito a entrare in contatto con tanti criminali di
guerra nazisti'' (45).

Lo stesso Hudal, molti anni pi� tardi scrisse:

``Ringrazio Dio per avermi permesso di visitare e
confortare molte vittime nelle loro prigioni e nei campi di
concentramento e di aiutarle a fuggire con falsi
documenti di identit�.

[...] La guerra intrapresa dagli alleati contro la Germania
non fu motivata da una crociata, bens� dalla rivalit� dei
complessi economici per la cui vittoria essi avevano
combattuto. Questo cosiddetto business [...] si serv� di
slogan come democrazia, razza, libert� religiosa e
cristianesimo quali esche per le masse. Tutte queste
esperienze mi fecero sentire in dovere, dopo il 1945, di
dedicare la mia opera caritatevole principalmente ad
ex-nazionalsocialisti ed ex-fascisti, soprattutto ai
cosiddetti "criminali di guerra"'' (45).


Hudal era in grado di fornire qualsiasi tipo di documenti falsi: ``carte
d'identit� italiane, falsi certificati di nascita, persino dei visti per
il
paese verso cui si era diretti. I pi� utili erano i passaporti della
Croce
Rossa Internazionale'' (48).

``La Santa Sede patrocinava il traffico illecito di documenti della
Croce Rossa, ottenuti con un falso nome o una falsa nazionalit�. [...]
Il
perno di questa operazione era il prete ungherese Gallov'' (52).

I passaporti e documenti di identit� e di viaggio occorrenti per aiutare
i suoi amici nazisti erano forniti al vescovo Hudal da Montini tramite
la Commissione Pontificia di Assistenza ai profughi e la Caritas
Internazionale (43).

Il traffico illecito di documenti della Croce Rossa era noto ai servizi
segreti americani (49), ed anche il fatto che il Vaticano stava
agevolando la fuga di criminali di guerra, come � scritto nel
"Rapporto La Vista" del 1947: vi erano elencate ``pi� di venti
organizzazioni assistenziali vaticane implicate nell'emigrazione
illecita o sospettate di esserlo. In cima alla lista degli ecclesiastici
coinvolti c'era l'onnipresente vescovo Hudal'' (50). ``I burocrati di
Washington decisero, alla fine, di inoltrare soltanto una protesta
discreta e molto informale presso la Santa Sede'' (53). ``Il
Dipartimento di Stato sembrava preoccuparsi maggiormente del fatto
che i documenti falsi potessero inavvertitamente aiutare degli ebrei
diretti in Palestina o degli agenti segreti comunisti [...] diretti
verso
l'emisfero occidentale'' (53).

Inoltre il capitale privato americano aveva preso, autonomamente
rispetto al proprio governo, l'iniziativa di finanziare
quest'emigrazione illegale (54).


Le azioni di Hudal a favore dei nazisti non passarono inosservate, ed
una serie di articoli apparsi sulla stampa italiana nel 1947 fecero
scoppiare uno scandalo, mettendo in cattiva luce persino Pio XII (54).
Hudal fu costretto a ritirarsi, ma non per questo termin� il traffico:
``da quel momento vennero prese misure straordinarie per nascondere
i percorsi di fuga dei nazisti'' (55).

La rete fu riorganizzata meglio, e sempre con l'autorizzazione di alti
funzionari ecclesiastici: ``Il Vaticano sceglieva, per questo lavoro,
dei
preti fascisti dell'Europa Centrale'' (55).


La rete di fuga di Hudal era inserita nell'organizzazione nota con la
sigla ODESSA - Organisation der Ehemaligen SS Angeh�rigen
(organizzazione degli ex-appartenenti alle SS). Troviamo ulteriori
annotazioni nell'articolo "I segreti della ODESSA" su Storia
Illustrata:

``Segnando un giorno su un mappamondo gli itinerari percorsi nella
loro fuga da alcuni tra i maggiori criminali nazisti, Simon Wiesenthal
[un sopravvissuto del campo di concentramento di Mauthausen,
diventato poi cacciatore di nazisti e direttore del Centro di
Documentazione di Vienna sull'olocausto] si accorse che seguivano
grosso modo tre direttrici principali. Il primo di questi itinerari
conduceva dalla Germania in Austria, poi in Italia e di qui in Spagna.
Il secondo collegava la Germania con i paesi arabi, il terzo con il Sud
America, precisamente con l'Argentina. Questo paese infatti, fino al
1955 -l'anno in cui cadde la dittatura di Per�n- fu uno dei rifugi
preferiti dei criminali nazisti che in seguito si indirizzarono verso il
Paraguay.

Wiesenthal constat� che molte fughe, iniziate nelle pi� diverse citt�
tedesche, convergevano verso Memmingen, un centro medievale nel
cuore dell'Allg�u (regione della Germania meridionale, tra la
Baviera e il W�rttemberg); da qui i fuggiaschi si dirigevano a
Innsbruck e, attraverso il Brennero, passavano in Italia.

[...] Alla fine della guerra, in piena occupazione alleata, era sorta in
Germania una serie di reti di contatto tra i nazisti chiusi in carcere e
gruppi clandestini che facevano capo a ex-gerarchi i quali vivevano
nascosti sotto falsi nomi. Gi� molto tempo prima del crollo del Terzo
Reich, infatti, i capi nazisti avevano ricevuto dal partito documenti di
identit� con nomi falsi e stabilito dei codici segreti da usare in caso
di
necessit�.

[...] Le due principali vie di fuga andavano da Brema a Roma e da
Brema a Genova. Lungo tutto il confine austro-tedesco, nel distretto
di Salisburgo e in Tirolo, ogni 60 o 70 km di percorso c'era uno scalo
costituito da un massimo di cinque persone, le quali conoscevano
soltanto l'ubicazione dei due scali pi� vicini: quello da cui
giungevano a loro i fuggiaschi e quello a cui dovevano indirizzarli.
Questi scali erano mimetizzati nei luoghi pi� fuorimano: capanne
isolate, fattorie vicine ai confini, locande nascoste in mezzo ai
boschi.
Qui i fuggiaschi giungevano accompagnati dai "corrieri", persone che
si occultavano sotto le pi� impensate attivit�.

Tra questi corrieri, ad esempio, c'erano molti degli autisti tedeschi
che gli Alleati avevano assunto per guidare sull'autostrada
Monaco-Saliburgo i camion militari adibiti al trasporto del giornale
dell'esercito americano "The Stars and Stripes". Cos�, spesso, nascosti
dietro pacchi di giornali, viaggiavano criminali nazisti. Questi poi,
con documenti falsi e talvolta accompagnati da donne e bambini che
per sviare l'attenzione delle autorit� di frontiera si dichiaravano loro
parenti, riuscivano a varcare il confine.

[...] Fu grazie all'ODESSA -afferma Wiesenthal- che Bormann,
Eichmann, Mengele e altri, riuscirono a fuggire dalla Germania e a
far perdere cos� bene le loro tracce.

In seguito, da altre fonti, Wiesenthal apprese che uno dei principali
organizzatori dell'ODESSA era un ex-capitano delle SS: Franz
R�stel, che si nascondeva sotto il nome di Haddad Said, viaggiava con
passaporto siriano e faceva la spola da Lindau a Zurigo o Ginevra e
da qui verso la Costa Brava, in Spagna (altro rifugio prediletto dagli
ex-nazisti), l'Oriente, il Sud America. Scopr� anche che l'ODESSA si
era valsa pi� volte, tra l'Italia e l'Austria, della cosiddetta via dei
conventi, servendosi cio� di case religiose, soprattutto di frati i
quali,
per carit� cristiana, davano ospitalit� per qualche ora o per qualche
giorno ai fuggiaschi, come in passato avevano accolto gli ebrei
braccati dai nazisti.''

L'ODESSA era finanziata con i fondi degli ``industriali della
Renania e della Ruhr, che nel 1933 erano stati i sostenitori di Hitler,
[i quali] avendo compreso che la guerra era ormai perduta, avevano
deciso di buttare a mare il F�hrer. Si erano perci� accordati per
impedire che le ricchezze del Terzo Reich cadessero in mano agli
Alleati. Cos� cominciarono a trasferire cospicui fondi nei Paesi
neutrali, sotto la copertura di uomini di paglia che, con operazioni
commerciali legittime, diedero vita a colossali imprese.

Un rapporto pubblicato nel 1946 dal Dipartimento del Tesoro degli
Stati Uniti riferisce che le societ� create in tutto il mondo con il
denaro proveniente dai forzieri degli industriali nazisti erano allora
750, di cui 112 in Spagna, 58 in Portogallo, 35 in Turchia, 98 in
Argentina, 214 in Svizzera, 233 in vari altri paesi. Ma il segreto
bancario, inviolabile, copre questi trasferimenti di fondi e con essi i
nomi dei finanziatori dell'organizzazione ODESSA.''



La rete di fuga dei criminali di guerra
croati

``La maggior parte degli assassini non era neppure tedesca. Alla fine
della seconda guerra mondiale, c'erano decine di migliaia di europei
dell'Europa orientale e centrale che avevano collaborato con i nazisti
ed erano altrettanto colpevoli. Erano capi dei governi fantoccio
nazisti, funzionari municipali, capi di polizia e membri delle unit�
locali di polizia ausiliaria che avevano eseguito l'olocausto. Molti si
trovavano sulle liste nere degli alleati'' (97).

Fra gli stati fantoccio di Hitler vi era la Croazia indipendente,
governata dal movimento ustascia (fascisti croati) di Ante Pavelic. Se
la rete del vescovo Hudal era specializzata nella fuga dei criminali di
guerra tedeschi, esisteva una seconda rete specializzata negli ustascia.

``Padre Krunoslav Draganovic, segretario dell'Istituto Croato di San
Girolamo, era il principale organizzatore delle ratlines utilizzate da
noti criminali di guerra per sfuggire'' alla giustizia (85). ``Gli
ustascia furono i primi a beneficiare della protezione di Draganovic.''
Secondo gli storici ufficiali del Vaticano, infatti, si trattava di
"profughi croati" (98). La maggior parte dei fuggiaschi fin� per
trovare rifugio in Gran Bretagna, Canada, Australia e Stati Uniti (97).

Non era per puri fini umanitari che il Vaticano metteva in salvo
queste persone: ``Draganovic li reclutava per entrare a far parte dei
krizari'', e per utilizzarli in azioni terroristiche contro la
Federazione
Jugoslava (131).

Anche i fascisti sloveni fuggivano: ``nell'agosto del 1944 [...] gli
ecclesiastici sloveni stavano collaborando attivamente con i nazisti e
gi� operavano a stretto contatto con Draganovic per fornire assistenza
ai profughi'' (137).


``La Chiesa aveva conferito pieni poteri a Draganovic'' e, a dire di
padre Cecelja, ne approvava il lavoro (105).

``Una volta, all'inizio di marzo del 1946, il sacerdote croato si
appell� a eminenti figure ecclesiastiche in varie parti del mondo, tra
cui i cardinali Griffin e Gilroy in Inghilterra e in Australia,
richiedendo la loro assistenza. Poi fece pressioni sulla Segreteria di
Stato affinch� intervenisse ufficialmente. Infine, si rivolse
direttamente a Pio XII.

L'oggetto del suo appello erano duecento ex-miliziani ustascia e
numerosi membri delle scellerate divisioni SS Principe Eugenio e
Handzar. I primi erano slavi tedeschi, mentre i secondi venivano
raccolti tra la considerevole popolazione musulmana della Bosnia.
Entrambi i gruppi avevano commesso delle atrocit� contro civili
innocenti. Tra le altre persone difese da Draganovic, figuravano gli
ex-ministri del governo ustascia Dragutin Toth, Vjekoslav Vrancic,
Mile Starcevic, e Stjiepo Peric, come pure l'ex-capo dell'aviazione
Vladimir Kren. [...] Alcuni di questi uomini si nascondevano
all'interno dell'Istituto di San Girolamo o in Vaticano.

Il Vaticano ag� subito, sottoponendo questi casi all'attenzione dei
diplomatici inglesi e americani e raccomandando alla loro cortese
attenzione e considerazione l'appello di padre Draganovic. Fecero
seguito molti altri interventi diplomatici da parte del Vaticano, la
maggioranza dei quali in favore di uomini che avevano perpetrato di
recente l'olocausto nazista'' (126-127).


Come nel caso della rete di Hudal, i preparativi iniziarono con grande
anticipo. Sin dall'agosto 1943 Draganovic cominci� ad intercedere per
Ante Pavelic in Vaticano, e ad attuare ``i piani di Pavelic relativi
all'istituzione di un sistema per l'espatrio clandestino dei nazisti'',
coinvolgendo lo stesso papa Pio XII e ``alti funzionari della
Segreteria di Stato vaticana e dei servizi segreti italiani. Il suo
collegamento pi� importante era quello con monsignor Montini''
(66,98). Nel 1944, la ratline era gi� pronta per essere aperta (67).

``La maggior parte dell'organico [della ratline] era costituito da
sacerdoti croati'', la maggior parte dei quali erano legati alla
Confraternita di San Girolamo (107-108). ``Con l'aiuto di altri
ecclesiastici, fanatici nazionalisti croati, [la Confraternita] divenne
il
quartier generale delle ratlines'' (66).

``Sebbene Draganovic fosse noto ai diplomatici occidentali come
fanatico ustascia, i servizi segreti alleati gli diedero carta bianca''
per visitare i campi profughi, esattamente come avevano fatto con
Hudal (98-99).

``Nel maggio del 1945, servendosi di documenti di viaggio americani,
il sacerdote slavo si avventur� fuori di Roma. A bordo di
un'automobile americana, visit� l'Italia settentrionale e le zone
intorno a Klagenfurt e Villach, sul confine austro-jugoslavo. L� prese
contatto con i maggiori leader ustascia, nonch� con altri sacerdoti
fascisti che prendevano parte alle operazioni della ratline.

Il perno dell'organizzazione di Draganovic per l'espatrio clandestino
era la Confraternita di San Girolamo, che prendeva il nome
dall'omonimo istituto situato a Roma, in via Tomacelli 132, base
principale delle sue operazioni. Il comitato centrale della
confraternita era costituito da monsignor Juraj Magjerec, presidente e
rettore dell'Istituto, da padre Dominik Mandic, vicepresidente e
tesoriere, e dal suo assistente Vitomir Naletilic, nonch� naturalmente
da padre Krunoslav Draganovic, che ricopriva la carica di segretario.
La confraternita fu presto riconosciuta Comitato ufficiale croato della
Commissione Assistenziale Pontificia, il corpo papale di assistenza ai
profughi.

[...] In apparenza, il comitato croato offriva assistenza morale e
materiale ai profughi, ma attraverso la commissione pontificia
manteneva anche stretti collegamenti con la Croce Rossa
Internazionale e con le autorit� alleate in Italia. Draganovic aveva
rapporti particolarmente stretti con due ufficiali dei servizi segreti
occidentali, il colonnello C. Findlay, direttore della sezione profughi
e rimpatrio delle forze di occupazione, e il suo assistente, il maggiore
Simcock.

[...] Draganovic aveva anche stretti rapporti con importanti funzionari
italiani, specialmente col funzionario degli Affari Interni, Migliore,
che dirigeva il servizio segreto italiano e la sezione di polizia che si
occupava dei profughi in Italia. Draganovic raggiunse un accordo con
Migliore per ottenere ufficiosamente l'appoggio dell'Italia -in
particolare quello della sezione stranieri della questura- alla sua
ratline.

Attraverso questa ragnatela di influenti contatti, Draganovic costru�
una sofisticata organizzazione che si estendeva in Italia, in Austria e
in Germania. Il comitato croato della Commissione Profughi del papa
era in grado d'inviare i suoi agenti a far visita ai numerosi campi in
cui si erano rifugiati i criminali di guerra nazisti che cercavano di
fuggire. La maggior parte di questi agenti era costituta da sacerdoti
cattolici croati e, anche se gran parte del loro lavoro spirituale e
materiale consisteva nell'aiutare effettivamente i malati, gli invalidi,
le vedove e i veri profughi, c'era tempo in abbondanza per aiutare
anche i fuggiaschi'' (99-100).

Tra i fuggiaschi che ricevettero l'aiuto di Draganovic, il nome
eccellente � quello dell'ex-dittatore croato Ante Pavelic in persona.
``Nell'ambito dei servizi segreti occidentali, quasi tutti sapevano che
Draganovic stava proteggendo Ante Pavelic, che si nascondeva in
Vaticano. Inoltre, all'epoca, la ratline di Draganovic era nota a tutti
nell'ambito dei servizi segreti. Il sacerdote era tristemente noto per
il
suo vizio di aiutare i criminali di guerra a fuggire'' (123). Del resto,
gli anglo-americani non si limitavano a lasciarlo fare. ``Draganovic
faceva regolarmente visita al quartier generale dell'esercito e dei
servizi segreti a Roma, dove il maggiore Simcock gli rivelava i
dettagli delle imminenti operazioni di arresto dei fuggiaschi'' (121).

``Gli Italiani vennero a sapere che, presso la Confraternita di San
Girolamo, erano alloggiati molti criminali latitanti, tra i quali alcuni
alti membri del governo di Pavelic. Tuttavia non venne intrapresa
alcuna azione contro Draganovic n� contro i funzionari italiani che
gli davano una mano'' (109-110). Ed infatti, erano stretti i legami del
prete croato nei servizi segreti italiani (123).

Grazie all'aiuto di Montini e della Commissione papale per
l'assistenza ai profughi, Draganovic ``ottenne una gran quantit� di
documenti di identit�. [...] Migliaia di questi documenti aiutarono i
fuggitivi ad eludere la giustizia'' (67). ``La ratline di Draganovic era
una rete sofisticata e professionale. Era ottimamente organizzata e
poteva occuparsi di centinaia di fuggitivi alla volta. [In tutto] furono
fatte pervenire a Roma circa 30.000 persone provenienti dall'Austria,
per poi farle proseguire fino a Genova e a nuove patrie nell'America
settentrionale e meridionale e in Australia'' (96).


``Le operazioni di espatrio clandestino ebbero inizio in Austria, dove
padre Cecelja fungeva da collegamento con Roma'' (100). Cecelja era
il terminale austriaco di Draganovic, e aveva iniziato a lavorare alla
preparazione della rete di espatrio sin dal maggio 1944 (102).

Cecelja si trovava a Vienna. L'armata rossa avanzava, e la sconfitta si
avvicinava. Nella Pasqua del 1945 ``l'irriducibile "ustascia giurato"
(Cecelja) lasci� Vienna e trasfer� la sua base vicino a Salisburgo,
dove, alla fine della guerra, si erano riuniti molti fuggitivi nazisti''
(102).

Intervistato dagli autori del libro, ``Cecelja dichiar� con orgoglio
[che il suo compito era stato quello di] fornire documenti alle persone
che avevano perduto i propri. Non nascose di aver aiutato dei fuggitivi
a cambiare identit�:

Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a
pacchi, per mezzo dei quali fornivo una nuova identit� a
chiunque volesse cambiare il proprio nome e la propria
storia personale'' (103).

``In Austria era la sua sezione dell'organizzazione a prendersi cura
dei fuggitivi, dando loro i soldi, il cibo, l'alloggio e i documenti
falsi
di cui avevano bisogno per intraprendere il viaggio dall'Austria
all'Italia. A Roma, invece, era Draganovic il centro nevralgico
dell'operazione. Provvedeva ai documenti di viaggio internazionali e,
attraverso i suoi contatti ad alto livello con i consolati sudamericani
procurava i visti necessari, soprattutto per l'Argentina. Una volta a
settimana Cecelja chiamava Draganovic per sapere quanti posti
fossero disponibili per quella settimana, e poi inviava a Roma quel
numero esatto di persone'' (105).

Draganovic forniva ai fuggiaschi croati ``il necessario aiuto morale e
materiale, facendo in modo di farli fuggire in Sudamerica. Veniva
aiutato in questa attivit� dai suoi numerosi contatti con le ambasciate
e le legazioni del Sudamerica in Italia e con la Croce Rossa
Internazionale, nonch� dal fatto che la Confraternita croata del
Collegio di San Girolamo degli Illirici, dove aveva il suo ufficio,
emetteva false carte d'identit� a beneficio degli ustascia. Con tali
documenti e con l'approvazione della Commissione Pontificia per
l'Assistenza ai Profughi, situata in via Piave 41 a Roma e controllata
quasi esclusivamente dagli ustascia, si potevano ottenere passaporti
della Croce Rossa Internazionale, di cui Draganovic riusciva a
garantire l'emissione'' (109).

``Le carte d'identit� false rilasciate ai criminali di guerra in fuga
erano stampate nella tipografia francescana. [...] A organizzare tutto
questo era [il francescano] padre Dominik Mandic, il rappresentante
ufficiale del Vaticano presso la Confraternita di San Girolamo''
(109). ``Avvalendosi dei suoi collegamenti con la polizia segreta
italiana, Draganovic fece s� che le carte d'identit� francescane
venissero accettate come documenti ufficiali sulla cui base venivano
poi rilasciate le carte d'identit� italiane e i permessi di residenza''
(109).

Mandic ``mise anche la tipografia francescana a disposizione
dell'apparato propagandistico degli ustascia. Gran parte della
campagna, patrocinata dagli inglesi e intrapresa nei campi profughi
come quelli di Fermo, di Modena e di Bagnoli, dovette il suo successo
ai tipografi francescani. Lo stesso Mandic visitava regolarmente i
campi per pronunciare discorsi d'incitamento ai militanti ustascia
riuniti per ascoltarlo'' (109).


``La tappa successiva della sofisticata ratline del Vaticano era
Genova, dove un altro sacerdote croato si occupava dei passeggeri:
monsignor Karlo Petranovic'' (113).
``Draganovic gli telefonava regolarmente per dirgli di quanti posti
avesse bisogno. Petranovic aveva gi� visitato gli uffici d'imbarco
locali e prenotato delle cuccette. Diceva allora a Draganovic quante
fossero le cuccette disponibili e, un paio di giorni prima dell'imbarco,
veniva mandato a Genova un numero corrispondente di persone.
Draganovic aveva gi� fornito ai passeggeri i documenti di viaggio e i
visti necessari, perci� Petranovic non doveva fare altro che trovar loro
un alloggio per pochi giorni e poi condurli alla nave. Alcune delle
persone che aiut� erano senza dubbio profughi veri e propri; [tuttavia]
molti importanti criminali di guerra fuggirono da Genova grazie al
suo aiuto'' (116).

Gli inglesi conoscevano benissimo i movimenti di Petranovic a
Genova, dato che lo tenevano sotto sorveglianza speciale (116).

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