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I krizari

Il motivo per cui il Vaticano ed i servizi segreti occidentali
lasciarono fuggire gli ustascia era la necessit� di sconfiggere il
nemico "ateo bolscevico", creando un movimento di resistenza
clandestino per far scoppiare un'insurrezione nella neonata
Jugoslavia di Tito.

Oltre al compito di aiutarli a scappare, nel dopoguerra Draganovic
aveva anche ``quello di coordinare e dirigere l'attivit� degli ustascia
in Italia'' (108).

Poche settimane dopo la conclusione della guerra, il 25 giugno 1945,
gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a
Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti (60).
``Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato
indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la
Croazia, secondo le leggi di natura, avrebbe la possibilit� di
svilupparsi'' (60).

``Uno degli ecclesiastici che maggiormente si impegnarono ad
aiutare gli ustascia fu l'arcivescovo di Salisburgo Andreas
Rohracher [il quale] mise la Chiesa a disposizione della
Confederazione Pandanubiana dell'Intermarium'' (136).

I servizi segreti occidentali conoscevano benissimo queste trame, ed
un rapporto dei servizi segreti USA di quegli anni lo riassumeva con
le seguenti parole: ``Stanno tentando di istituire lo Stato
Intermarium o Inter-Danubio, composto da tutte le nazioni
cattoliche dell'Europa sudorientale'' (149). Anche ``importanti
politici e burocrati italiani aiutavano le operazioni terroristiche dei
krizari'' (135).


Nel 1945 gli ustascia formularono ``l'offerta di mettersi a
disposizione del comando anglo-americano. [...] Gli inglesi avevano
accettato immediatamente questa offerta'' (136).

``Sia gli inglesi sia, in un secondo momento, gli americani avevano
assoldato quegli stessi nazisti che venivano protetti dalla Chiesa''
(128) per ``colpire con azioni terroristiche bersagli strategici e
uomini al servizio dei comunisti'' all'interno della Jugoslavia (129).
``Questi agenti venivano presi dalle fila degli ustascia sconfitti di
Pavelic. Riandando ai giorni della cristianit� militante, il poglavnik
chiam� questi guerrieri cattolici "krizari", ossia i suoi crociati''
(129). Tale nome derivava da quello di un gruppo ecclesiastico
ufficiale degli anni Trenta, denominato anch'esso "krizari" (145).

``Il distaccamento del CIC a Trieste riceveva informazioni sulle
operazioni che inglesi e americani dovevano compiere
congiuntamente, tra cui una campagna di reclutamento patrocinata
dagli alleati al fine di procacciare volontari per il movimento
krizari. Molti di questi volontari erano gi� stati portati in un campo
di addestramento americano ad Udine o l� vicino, dove ricevevano la
preparazione necessaria. Venivano dati loro approvvigionamenti e
uniformi dell'esercito americano, pi� 700 lire al giorno di paga.
Alla fine del loro addestramento, gli uomini venivano muniti di armi
americane e portati in Austria, dai cui confini entravano in territorio
jugoslavo. Potevano utilizzare i campi inglesi in Austria, nei quali si
ritiravano periodicamente per riposarsi'' (145).

Uno dei principali collegamenti americani con la ratline di
Draganovic ``durante gli anni 1946-47 [era] il colonnello Lewis
Perry, [che] faceva parte del distaccamento del CIC a Trieste''
(145-146). Costui manteneva rapporti in particolare con Srecko
Rover (146).

``Pavelic e Draganovic collaboravano strettamente, impartendo di
comune accordo i loro ordini ai gruppi terroristici'' (132). ``Pavelic
e i camerati pi� vicini a lui s'incontravano regolarmente con
elementi simpatizzanti delle forze armate inglesi, che avevano
pagato per la riorganizzazione unitaria degli ustascia da usare, alla
fine, contro Tito'' (136).

``I rifornimenti militari ai krizari provenivano quasi esclusivamente
dagli inglesi e comprendevano mortai, mitragliatrici, fucili
mitragliatori, radio ricetrasmittenti da campo e uniformi di fattura
inglese'' (136-137). In Vaticano si trovava ``il centro del comando.
Gli aiuti [...] armi e altri rifornimenti di base arrivavano dal
Vaticano con metodi clandestini. [...] Le armi che giungevano in
Croazia provenivano dalla Svizzera'' (137).

Il finanziamento del movimento avveniva attraverso le operazioni di
riciclaggio di denaro sporco di sangue proveniente dal furto nei
confronti degli ebrei e dei serbi durante la guerra; inoltre
``attraverso figure molto influenti in ambito ecclesiastico, il
comando dei krizari riceveva dei fondi vaticani. Alcuni furono usati
per indurre il governo italiano di Alcide de Gasperi a fornire le armi
richieste per la loro crociata contro Tito'' (143).

``Il colonnello dei krizari Drago Marinkovic [...] aveva la
responsabilit� di procurarsi armi e fondi di provenienza italiana,
viaggiando in lungo e in largo per le missioni tra Trieste, Venezia e
Roma. Inoltre Marinkovic aveva contattato il Vaticano a Roma, dove
[era] riuscito ad ottenere una grossa somma di denaro. [...] Questi
soldi servirono per procurarsi delle armi: [...] un camion con
rimorchio che trasportava fucili mitragliatori nascosti tra pezzi di
mobilio [fu consegnato ad] un gruppo di persone in attesa di portare
le armi in Jugoslavia'' (143).

``I criminali comuni, soprattutto spacciatori di droga e operatori del
mercato nero, venivano spesso utilizzati per aiutare i krizari ad
attraversare il confine jugoslavo'' (145). Il traffico delle armi
avveniva ``dietro la copertura della Croce Rossa Italiana'' (145).

A dicembre 1945 ``padre Ivan Condric e altri quattro preti furono
riconosciuti colpevoli di aver organizzato le azioni terroristiche dei
krizari'' (131). Si trattava del primo processo contro i krizari in
Jugoslavia: in seguito ne vennero altri.

``Nell'agosto del 1946, una quantit� considerevole di opuscoli venne
gettata sul territorio croato da alcuni aeroplani, decollati, a quanto
pare, dalla zona inglese dell'Austria. Questi opuscoli, firmati da
Pavelic, dichiaravano che la guerra sarebbe continuata senza tregua
fino alla definitiva eliminazione di Tito [...]'' (136).

Negli anni 1946-47, i krizari si infiltrarono in Croazia a partire
dalle loro basi in Austria: ``i loro ordini erano di rafforzare il
movimento clandestino e di lanciare una violenta campagna di
assassinii e sabotaggi, per prepararsi al momento in cui avrebbero
finalmente regolato i conti coi loro vecchi nemici. Il loro scopo era
quello di ricongiungersi coi potenti reparti che operavano
sull'impervio terreno, distruggere le comunicazioni telegrafiche,
telefoniche e ferroviarie, attaccare l'industria e assassinare i pi�
importanti rappresentanti politici e militari. Invece di trovare un
movimento clandestino ben organizzato di 300.000 uomini,
s'imbatterono presto nell'efficiente e spietata polizia segreta di Tito.
A pochi giorni, se non addirittura a poche ore, dal superamento del
confine, la maggior parte di loro si ritrov� in mano ai comunisti''
(130-131).

Tra di loro ``c'erano alcune persone che avevano eseguito le stragi
pi� brutali per conto di Ante Pavelic, uomini che avevano messo in
atto i sanguinosi metodi politici e razziali del loro poglavnik con
incredibile accanimento'' (130).

``Il contatto radio era mantenuto mediante una radio da campo fatta
funzionare da Vrancic [...] e situata nella zona inglese dell'Austria.
Si ritiene che al servizio di corriere ustascia all'interno delle zone
austriache collaborasse la Chiesa cattolica romana in Austria [e in
particolare] il cardinale di Graz'' (133).

``L'uomo al comando delle operazioni era uno dei pi� fedeli
servitori del poglavnik, Bozidar Kavran, assistito da Lovro Susic''
(134).


``Gli Sloveni avevano istituito la loro sezione del movimento
krizari'' sotto la leadership spirituale del vescovo di Lubiana
Rozman, che si era rifugiato a Klagenfurt (137-138). Il capo dei
krizari sloveni era Franjo Lipovec (143). ``Nel 1945 [Lipovec] fu
arrestato dal SIS a Trieste, dove [...] fu assunto e stipendiato'' dal
servizio segreto inglese (143).

``Lipovec costituiva il principale legame tra i krizari e il governo
italiano. Nell'agosto 1946, s'incontr� con alti ufficiali del servizio
segreto militare italiano, i quali proposero di stabilire un certo
grado di collaborazione. Lipovec accett� la loro offerta e vendette
completamente se stesso e i suoi piani agli italiani. Tali piani
vennero a loro volta forniti al capo di gabinetto di De Gasperi e, in
seguito, il presidente del Consiglio italiano assicur� a Lipovec che il
suo governo avrebbe fatto, in via ufficiosa, qualsiasi cosa in suo
potere per rafforzare l'opposizione a Tito, promettendogli un
appoggio incondizionato nel caso in cui la situazione si fosse fatta
pi� favorevole.

Con il sostegno finanziario dei servizi segreti italiani, Lipovec e i
suoi camerati lanciarono quindi una campagna di propaganda per
procurarsi nuove reclute tra gli esuli politici a Trieste. Il passo
successivo fu quello di armare le unit� di krizari che si trovavano
nella zona e, dopo diversi incontri col servizio segreto italiano,
Lipovec raggiunse un accordo secondo cui armi provenienti dai
depositi dell'esercito italiano sarebbero state messe a sua
disposizione per essere inviate ad elementi krizari che si trovavano a
Trieste. Nei mesi di febbraio e marzo del 1947, secondo l'accordo,
[...] furono consegnati otto carichi d'armi, che comprendevano 500
armi automatiche, circa 4.000 granate a mano, 100 pistole e pi� di
30 bombe a orologeria. I servizi segreti italiani pagarono le spese di
trasporto per portare le armi fuori dalla zona alleata di Trieste fino
in Jugoslavia'' (143-144).

``Trieste [che si trovava sotto l'amministrazione militare degli
inglesi] rappresentava il punto d'incontro tra le forze di resistenza
all'interno della Jugoslavia e le forze che le stavano finanziando,
controllando e dirigendo in Italia. Il principale collegamento era
costituito dal professor Ivan Protulipac, [...] l'uomo di padre
Draganovic a Trieste'' (144-145). Protulipac ``dopo la guerra
assunse un ruolo di primo piano [...] finch� verso la fine del 1946 gli
agenti comunisti non lo assassinarono a Trieste'' (145).


``La sezione croata della Croce Rossa fondata da Cecelja era, in
effetti, sotto il controllo degli ustascia, che ne utilizzavano i vari
uffici come agenzia per la raccolta di informazioni per operazioni
clandestine in Jugoslavia e in Austria. Inoltre Cecelja era noto come
uno dei principali organizzatori ustascia in Austria, dove [venivano
organizzati] regolarmente raduni militari'' (104).

Una delle loro basi era a Trofaiach (Austria), ed era diretta da
Bozidar Kavran e Srecko Rover (146). Quest'ultimo fu
successivamente sospettato di essere una spia di Tito, in quanto tutte
le operazioni da lui dirette si rivelarono disastrose: i suoi uomini
venivano regolarmente arrestati appena mettevano piede in
Jugoslavia, mentre lui la scampava sempre (147-148).

``Tanti dei criminali di guerra che vennero [tratti in salvo dalla rete
di Draganovic] furono catturati in seguito durante missioni
terroristiche compiute all'interno della Jugoslavia'' (121).

In luglio ed agosto del 1948, si tenne a Zagabria un processo
giudiziario contro 57 imputati, per gli atti di terrorismo compiuti
dai krizari. ``Il verdetto, dichiarando colpevoli gli imputati, li
condannava a morte o a lunghi periodi di carcere'' (130).

In Ratlines, il procedimento viene chiamato sarcasticamente
"processo pilotato", e viene manifestato chiaramente il disprezzo
degli autori nei confronti della Jugoslavia di Tito. Dopo sei pagine di
denigrazione del processo, tuttavia, gli autori arrivano alla seguente
conclusione:

``� possibile che le strane accuse fatte dagli jugoslavi
durante il "processo pilotato" ai krizari avessero,
dopotutto, una certa sostanza'' (137).

Il Foreign Office smentiva le accuse che gli venivano formulate al
processo, accusando invece l'alleato americano; tuttavia ``dietro la
rinascita militare e politica degli ustascia c'era proprio il SIS''
(132).

``Nel 1948 le prove presentate durante il processo pilotato ai krizari
lasciarono ben pochi dubbi sul fatto che la polizia segreta comunista
si fosse servita di agenti doppiogiochisti per condurre una
contro-operazione molto sofisticata. Erano riusciti in qualche modo
a procurarsi i codici radio segreti usati dai krizari ed erano
informati, con buon anticipo, sui dettagli precisi delle loro
operazioni. Conoscevano gli itinerari esatti adoperati dai gruppi che
cercavano di entrare clandestinamente in Jugoslavia, come pure la
data e l'ora del loro ingresso nel paese. Grazie a questi vantaggi, era
facile per la polizia segreta attirare i krizari inconsapevoli nelle
loro
mani, servendosi dei loro stessi codici radio. Una volta all'interno
del paese, potevano catturarli quando volevano.

[...] Nonostante questi terribili rovesci, le operazioni proseguirono e
si estesero addirittura in altri paesi comunisti. Per tutti gli anni
Cinquanta, fino agli inizi degli anni Sessanta, il governo jugoslavo
continu� a processare gli agenti catturati, molti dei quali erano
presumibilmente finanziati da padre Draganovic e agivano dietro
suoi ordini'' (148-149).

``Altri eserciti cattolici clandestini erano stati radunati per
disgregare e, se possibile, rovesciare i regimi comunisti dell'Europa
centrale e orientale. In Cecoslovacchia, in Polonia, negli Stati
Baltici e in Ucraina gruppi di nazisti clandestini operavano a stretto
contatto con i krizari. [Fra i] complici dei krizari c'erano famigerati
[fascisti ucraini, sotto il comando di] Stjepan Bandera, per costruire
[...] il Blocco delle Nazioni Anti-bolsceviche. Cominciarono presto a
lavorare per l'occidente'' (149).



Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)

Oltre a nascondere i fuggiaschi ed a impiegarli nel terrorismo, alcuni
funzionari ecclesiastici riciclavano i tesori rubati dai nazisti alle
loro
vittime (32). Erano coinvolte nelle operazioni numerose ``banche
situate in Gran Bretagna, in Palestina, in Italia e in Svizzera.''

Inoltre Walter Rauff, dopo aver preso contatto con l'arcivescovo Siri
``si impegn� a riciclare denaro falso con l'aiuto di Frederick
Schwendt, un ex-collega di Rauff nelle SS. Schwendt � considerato
tra i pi� grandi falsari della storia'' (47).


``Con l'aiuto dei preti cattolici, all'inizio del 1944 Pavelic aveva
cominciato a trasferire [a Berna] notevoli quantit� d'oro e di
valuta.'' Il tesoro doveva ammontare a 2500-3000 kg di oro (142),
``ossia in realt� i valori delle vittime assassinate da Pavelic, rubati
dagli ustascia in fuga'' (127-128).

Una parte del tesoro fu portata a Roma con dei camion dal tenente
colonnello inglese Jonson. ``Due autocarri [...] che trasportavano
una parte del tesoro degli ustascia avevano [...] raggiunto l'Austria''
e furono trasferiti in Italia ``per finanziare il movimento croato di
resistenza in Jugoslavia'' (133).

Inoltre, ``a Wolfsber erano stati nascosti 400 kg d'oro, del valore di
milioni di dollari, nonch� una considerevole quantit� di valuta
straniera, e l� si trovavano sotto il controllo dell'ex-ministro
ustascia Lovro Susic.'' Gli ufficiali ustascia ``dissero a Draganovic
di tenere [il tesoro] al sicuro. Il sacerdote obbed� fin troppo
volentieri; contatt� Susic e, con il suo accordo, prese 40 kg di
lingotti d'oro e li port� a Roma, nascosti in due casse da
imballaggio'' (133).

``Susic nomin� Draganovic membro di un comitato di tre persone
incaricato di controllare il tesoro. [Gli altri due erano]
l'ex-ministro ustascia Stjepan Hefer e il generale di gendarmeria
Vilko Pecnikar'' (134). Draganovic ``consent� a Pecnikar di avere
accesso al tesoro accumulato per la sua ratline. [...] Parte di quel
tesoro and� a finanziare anche una nuova campagna terroristica,
appoggiata dall'occidente, all'interno della Jugoslavia'', ossia il
movimento dei krizari (112).

Nella veste di ``tesoriere della sezione ufficiale croata della
Pontificia Commissione di Assistenza Profughi [padre Mandic]
provvedeva alla vendita dell'oro, dei gioielli e della valuta straniera
depositati dagli alti ufficiali ustascia in cambio di valuta italiana''
(127-128).

Nei primi mesi del 1948 il vescovo di Lubiana Rozman si rec� a
Berna, dove ``2400 kg d'oro e altri valori rimanevano ancora
nascosti. [...] Avrebbero dovuto essere usati per aiutare i profughi di
religione cattolica'', il solito eufemismo per dire gli ex-ustascia.
Gli alleati, e in particolare gli americani, erano perfettamente a
conoscenza dell'esistenza di questo tesoro (142). ``Gli amici ustascia
di Rozman erano impegnati in un'enorme truffa, in cui ci si serviva
del mercato nero per convertire l'oro in dollari e, pi� tardi, in
scellini austriaci'' (142).

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