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"Il Piccolo", 12 luglio 2001

Sono i primi effetti della liberalizzazione del mercato energetico

Tutti vogliono l’oleodotto

FIUME - A metà della settimana prossima dovrebbe svolgersi la seduta
parlamentare straordinaria chiesta dal governo per l’approvazione del
«pacchetto» di cinque provvedimenti di legge che segneranno la
liberalizzazione del mercato energetico, aperto quindi alla libera
concorrenza, e l’avvio del processo di privatizzazione nel settore
(corrente elettrica, derivati del petrolio, gas naturale). Tappa
decisiva nel quadro delle riforme volute dall’attuale governo di
centro-sinistra, che spera di ricavare il necessario per rimettere in
sesto i conti pubblici.
A parte i timori che la «liberalizzazione» del mercato energetico
comporti un’ondata di rincari e un nuovo cedimento del tenore di vita,
quasi sicuramente le nuove leggi moltiplicheranno i tentativi di scalata
a quelle che erano finora le grosse compagne di Stato nei settori
dell’elettricità e del petrolio: Hep e Ina. Ma apriranno anche la corsa
a una struttura che fa gola a molti, ossia lo Janaf, l’oleodotto che dal
terminal di Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia, risale verso
la Croazia continentale e si dirama in due bracci principali: verso il
territorio ungherese a Nord e verso la Serbia a Est (con futuro
allacciamento agli oleodotti rumeni e, quindi, più in là, con i
giacimenti del bacino caucasico-caspico). È proprio il «braccio
orientale» dello Janaf che solletica gli interessi, rientrando in quella
serie di progetti che nel quadro del Piano di stabilità per i Balcani
intenderebbero fare della regione una sorta di «piattaforma girevole»
che connetta l’Europa occidentale (sulla congiungente Mar Caspio-Mar
Nero-Adriatico) con le risorse energetiche caucasiche.
Anche detta così, cioè semplificata ai minimi termini, la cosa
suggerisce un coacervo di interessi in parte già manifestatisi. Oltre
alle ambizioni magiare e russe, allo Janaf – ed è notizia recente –
sarebbe interessata anche la Kuwait Investment Authority (Kia). Secondo
notizie ufficiose, un alto personaggio kuwaitiano avrebbe sondato il
terreno in un incontro con il presidente della Repubblica, Mesic. Al
quale avrebbe prospettato la possibilità di ripianare il debito croato
(35 milioni di dollari, più interessi) proprio con la cessione di una
congrua quota del pacchetto azionario Janaf. Facendo inoltre balenare la
possibilità di investimenti in Croazia per altri 200 milioni di dollari.
Una proposta concreta, che però non è una novità: già l’anno scorso un
alto dirigente Kia aveva delineato a Mesic la stessa possibilità, sia
pure in un discorso più generico.
Il valore stimato dello Janaf è sul miliardo di dollari. Il 50,5 per
cento delle azioni è proprietà statale, il 37,7 per cento è della Ina e
infine una restante quota dell’11,7 per cento spetta a una serie di
azionisti minori.

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