L'ESPANSIONE DELLA NATO AD EST:
IL CASO DEI BALCANI

Andrea Martocchia
(Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia;
relazione presentata al convegno:
"Il mondo dopo Manhattan", Napoli, 20-21 ottobre 2001.
Gli atti del convegno, di prossima pubblicazione,
potranno essere richiesti alle Edizioni "Citta' del Sole"
email: manesed@...)


La necessita' del controllo delle aree strategicamente rilevanti per
l'estrazione ed il trasporto delle materie prime, soprattutto quelle
provenienti dall'Asia centrale, oltre ad essere alla base della
aggressione che mentre scriviamo e' in atto contro l'Afghanistan e'
stata anche il fattore scatenante della crisi nei Balcani e la
motivazione essenziale dell'espansionismo euro-atlantico verso Est.

Per quanto riguarda i Balcani, questo interesse strategico dei paesi
imperialisti diventa evidente gia' solo abbozzando una stringata
cronologia; e d'altronde, non per caso questa semplice operazione di
"mettere in fila" gli avvenimenti non viene generalmente compiuta da
nessun commentatore sulla stampa borghese, stampa che ha preferito e
preferisce tuttora sbizarrirsi con interpretazioni irrazionalistiche e
lombrosiane, dal contenuto fortemente disinformativo.

L'inizio della fase storica che stiamo tuttora attraversando puo' essere
convenzionalmente fissato al 3 ottobre 1990, data in cui
ha luogo la annessione della DDR alla Repubblica Federale Tedesca.
Quella data altamente simbolica e' centrale nel processo di
smantellamento dei paesi socialisti, durato grossomodo dal 1989 al 1991,
culminato con lo sfascio dell'URSS, e segnato sanguinosamente in
particolare dall'inizio delle guerre di secessione nei Balcani.

Lo squartamento della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia,
fino ad allora stato-cuscinetto tra i due blocchi, che godeva di ampia
autonomia e prestigio nello scenario mondiale, e' stato voluto,
agevolato e sancito dalle consorterie occidentali.

Il 29/11/1990, mentre si festeggia per l'ultima volta la festa nazionale
in Jugoslavia, tutti i giornali pubblicano le "rivelazioni" della CIA
che giura che il paese si sta per disintegrare. All'inizio dello stesso
mese il Congresso USA aveva approvato la legge 101/513 per l'appoggio a
tutte le leadership liberiste, nazionaliste e secessioniste.

Il 15/1/1992 i paesi della Comunita' Europea, nonostante la situazione
altamente pericolosa ed instabile sul terreno, riconoscono formalmente
le secessioni slovena e croata, sancendo cosi' gli effetti della
"forzatura" di parte tedesca e vaticana. Successivamente, la Bosnia
verra' invitata a seguire l'esempio attraverso l'indizione di un
referendum illegittimo e largamente boicottato dalla popolazione.

La diretta conseguenza del riconoscimento della indipendenza della
Bosnia-Erzegovina saranno tre anni di guerra fratricida. La secessione
della Bosnia, centro simbolico e storico della Lotta Popolare di
Liberazione e della "Unita' e Fratellanza" jugoslave, rappresenta il
piu' grande colpo inferto al cuore della Jugoslavia multinazionale. I
successivi anni di conflitto serviranno ad affogare, possibilmente per
sempre, la idea jugoslavista in un lago di sangue e di menzogne.

Gli Stati Uniti d'America hanno usato prima la Germania e poi l'intera
Comunita' Europea come battistrada, ma il loro appoggio a livello
mediatico, diplomatico, finanziario e militare ai secessionismi, e
specialmente al separatismo bosniaco-musulmano, sara' sempre piu'
sfacciato. Il loro attivismo surclassera' via via di gran lunga quello
degli europei. A livello diplomatico, gli USA si renderanno responsabili
del boicottaggio dei piani di pace, a partire dal piano Cutileiro (marzo
1992: l'ex ambasciatore Zimmermann invita musulmani e croati a ritirare
la loro firma).
Via via, gli USA riusciranno a screditare e far fallire ogni intervento
attuato sotto l'egida delle Nazioni Unite, imponendo la progressiva
sostituzione delle missioni ONU con missioni piu' direttamente gestite
dall'Alleanza Atlantica.

E' il periodo delle grandi "stragi a mezzo stampa", delle rimozioni dei
vari Morillon, MacKenzie, Akashi, eccetera, e delle prime operazioni di
guerra della NATO in Europa. Nel settembre 1995, USA ed UE scatenano ai
danni dei serbi della Bosnia il primo massiccio bombardamento sul suolo
europeo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. I serbi vengono prima
diffamati e poi colpiti perche', tra gli jugoslavi, essendo distribuiti
in quasi tutte le repubbliche ex-federate sono quelli che meno di tutti
hanno interesse alla frantumazione del loro paese.

La firma degli accordi di Dayton consente, tra l'altro, lo stanziamento
"sine die" di truppe della NATO sul territorio ridotto ormai ad un
protettorato internazionale.

Nella primavera del 1999, dopo anni di strumentalizzazione del movimento
separatista pan-albanese, USA ed europei bombardano installazioni
militari, strutture produttive, di comunicazione e di trasporto della
federazione serbo-montenegrina, allo scopo di agevolare la secessione
della provincia di Kosovo e Metohija. I bombardamenti sulle industrie
chimiche a pochi chilometri da Belgrado causano una gravissima
contaminazione ambientale, e costringono alla resa il
governo jugoslavo. Nella provincia occupata dalle forze NATO e dalle
bande dell'UCK, loro alleate, viene instaurato un regime di terrore
contro le minoranze, mentre gli USA impiantano enormi basi militari come
quella di Camp Bondsteel presso Urosevac, che e' la piu' grande base USA
costruita all'estero dai tempi del Vietnam.

In questi anni abbiamo visto di tutto: dai rifornimenti massicci di armi
attraverso i nostri porti, talvolta usando persino convogli di
organizzazioni religiose o umanitarie (es. Croce Rossa), alla
beatificazione di arcivescovi nazisti (es. Stepinac), allo stragismo,
operato da servizi segreti "amici" per portare alle stelle la tensione
(es. stragi di Markale a Sarajevo), ai bombardamenti di convogli di
profughi (es. Kosovo) o di fabbriche presidiate dai lavoratori (es.
Kragujevac). Abbiamo saputo dell'addestramento delle formazioni
separatiste da parte di agenzie di mercenari (come la MPRI, che ha sede
in Virginia, USA), e del coinvolgimento di agenzie specializzate per il
"lobbying" e la disinformazione strategica (come la Ruder&Finn Public
Global Affairs). Sulla scorta di tutto questo, bisogna avere una gran
faccia tosta per sostenere tutt'oggi che "l'Occidente non voleva" oppure
"non e' riuscito a fermare"...

D'altronde, assistiamo ancora adesso alla prosecuzione della strategia
di smembramento: nell'attuale RF di Jugoslavia (secessione del
Montenegro), nella Serbia (Kosovo, Vojvodina), ed in Macedonia. Anche in
quest'ultima repubblica ex-federata il separatismo pan-albanese e' stato
fomentato negli anni passati, ed e' stato fatto esplodere la scorsa
primavera (2001) usando le milizie paramilitari dell'UCK che per le loro
azioni si sono avvalse delle retrovie del Kosovo, controllate dalla
NATO. La conseguente destabilizzazione ha consentito alla stessa NATO di
impiantarsi in Macedonia nel ruolo di "pompiera": seguendo un copione
ormai ben collaudato, a fare da pompieri sono gli stessi incendiari.

Una stabile presenza di truppe occidentali in tutta la regione, ridotta
ad un "patchwork" di protettorati, consente il controllo delle vie di
comunicazione, ed in particolare in Macedonia consente di avviare la
realizzazione del cosiddetto Corridoio numero 8, sulla direttrice tra
Albania e Bulgaria. Si noti d'altronde che anche in Bulgaria, dove pure
gia' vige un regime filo-occidentale come in Macedonia, la presenza di
una minoranza turca costituisce per la NATO un utile strumento
per far saltare gli equilibri del paese non appena cio' sara' ritenuto
necessario.

E' il classico "divide et impera". Gli strumenti per attuarlo possono
essere "innovativi" (disinformazione strategica, penetrazione culturale
o tramite organizzazioni cosiddette non-governative, eccetera) oppure
"tradizionali" (appoggio a settori politici reazionari o direttamente
criminali, bombardamenti, occupazioni militari, ecc.), ma la filosofia
complessiva e' sempre quella dell'"arancia": per meglio mangiarla
bisogna suddividerla spicchio per spicchio. Talvolta qualche spicchio si
rompe e bisogna sporcarsi le mani... di sangue.

Ad uno sguardo superficiale, per la conquista dell'Est USA ed UE
sembrano adottare una linea unitaria, o quantomeno sono riusciti fin qui
ad agire in perfetta consonanza ad ogni passaggio cruciale. Notiamo che
pure la Francia, che in teoria dovrebbe esprimere una posizione piu'
autonomamente europea, e' entrata nella NATO proprio nei primi anni
Novanta, e a parte pochi segnali non appare mai davvero differenziarsi
dalla strategia unitaria. La stessa Grecia, che dovrebbe difendere le
ragioni dei paesi slavo-ortodossi, sembra non essere in grado di
influenzare minimamente le scelte fatte nella NATO a livello centrale.
Ma la NATO non puo' piu' essere pensata come una coalizione omogenea,
bensi' e' essa stessa luogo di mediazione del conflitto
interimperialistico. Le contraddizioni tra cordate imperialiste esistono
e sono gia' in larga misura visibili.

Certo, spesso dobbiamo scavare piu' in profondita', per individuare i
connotati reali di queste contraddizioni - attuali o solamente
potenziali, ma che potrebbero esplodere in futuro. Sarebbe necessario in
particolare conoscere in dettaglio la struttura dei capitali
transnazionali, per essere in grado di decifrare chi detiene la
proprieta' reale della grandi multinazionali e degli imperi finanziari,
e per svelare quindi la loro complessa strutturazione "a scatole
cinesi".
Troveremmo allora che gli interessi sono spesso trasversali, passano
attraverso i grandi Stati imperialisti, non possono sempre identificarsi
in uno di questi ne' in una loro ben definita coalizione.

Tuttavia, in qualche caso il contrasto e' netto e chiaro. Questo vale ad
esempio per gli interessi energetici, alla vigilia della "grande crisi"
del petrolio (cfr. A. Di Fazio su "Contro le nuove guerre", Odradek
2000), e quindi per i giganti del petrolio. Questo viene chiarito in
recentissimi articoli di Michael Chossudovsky, pubblicati pure sul
"Manifesto", dai quali e' tratta la maggiorparte delle informazioni che
seguono.

La cordata petrolifera angloamericana (BP-Amoco-ARCO, Chevron e Texaco)
si contrappone decisamente agli europei Total-Fina-Elf, ai quali
l'italiana ENI e' associata. Mentre questi ultimi sono "arrivati prima"
in Asia Centrale (es. Kazakistan) ed i loro rappresentanti politici (UE)
perseguono una politica di avvicinamento alla Russia, gli
anglo-americani sono in prima linea nell'interventismo militare e di
intelligence nei Balcani, allo scopo di porre sotto il loro controllo le
vie di comunicazione.

Per questo motivo, mentre il Corridoio 10 (Danubio) e' stato reso
inagibile con i bombardamenti del 1999, e viste le incognite armena e
curda sulla direttrice che dovrebbe portare il petrolio direttamente al
Mediterraneo (Baku-Cehyan), il terrorismo legato agli USA ed alla stessa
Turchia tiene in scacco il Caucaso, mettendo la Russia fuori gioco, e
condiziona i giochi nella penisola balcanica.

Il petrolio dovrebbe passare attraverso il Mar Nero, arrivare in
Bulgaria, a Burgas. Qui ha inizio il Corridoio 8, che termina a Valona
in Albania. La Macedonia e' proprio in mezzo.

All'inizio del 2000, la Commissione Europea aveva avviato con la
Bulgaria, la Macedonia e l'Albania le negoziazioni per l'ingresso nella
UE. Nell'aprile del 2001, la Macedonia era diventata il primo paese nei
Balcani a firmare un cosiddetto "accordo di stabilizzazione e
associazione". Ecco perche', proprio negli stessi giorni, il terrorismo
dell'UCK, armato ed addestrato adesso soprattutto dagli angloamericani,
esplodeva in tutta la sua violenza, per portare viceversa il paese alla
de-stabilizzazione e per allontanarlo dalla UE. Ecco perche' il capo
della missione OSCE in Macedonia Robert Frowick ha voluto legittimare
l'UCK come interlocutore e porre la Macedonia sotto il ricatto: o
cambiate la Costituzione, ponendo le premesse per lo smembramento del
paese, oppure il terrorismo continuera'. Ecco perche', secondo vari
osservatori, tra l'UCK e gli europei (specialmente i tedeschi) in
Macedonia i rapporti non sarebbero idilliaci.

Nel frattempo, il colosso energetico angloamericano ha creato un
consorzio (progetto AMBO) per la realizzazione di un oleodotto ed altre
infrastrutture proprio lungo il Corridoio 8, sottoscrivendo accordi ad
hoc con Bulgaria, Macedonia ed Albania, che escludono in larga misura
gli europei da qualsivoglia iniziativa... Il consorzio AMBO ha sede
legale negli USA ed e' direttamente collegato al potere
politico-militare statunitense. Ad esempio, la Hallibuton Energy
(societa' del vicepresidente Dick Cheney) e' appaltatrice per le
forniture e per la stessa costruzione della base di Camp Bondsteel in
Kosovo. La stessa famiglia Bush e' fortemente legata alla lobby del
petrolio.

Siamo quindi di fronte ad un esempio eclatante di sviluppo
contraddittorio degli interessi delle cordate imperialistiche, nel caso
specifico del petrolio. La NATO e' essa stessa ambito di mediazione
nello scontro tra angloamericani ed europei, specialmente
franco-tedeschi. In caso di rottura, l'Italia, economicamente legata
alla UE - si pensi al cruciale, prossimo passaggio dell'Euro! - ma
militarmente occupata dagli USA, come potrebbe uscirne fuori?

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