Sabato 20/10/2001 una delegazione della associazione
bolognese di solidarieta' "Aiutiamo la Jugoslavia"
(Alj) si e' recata a Kragujevac per consegnare le
quote delle adozioni a distanza alle famiglie di 102
bambini. Il giorno successivo, nella citta' martire
della resistenza si commemora il massacro delle
Sumarice. Di seguito il resoconto della cerimonia.

(Sulla storia delle "Fosse Ardeatine" della Serbia si veda:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1363
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1364 )

UNA GRANDE LEZIONE DI STORIA

Il Comitato di solidarieta' del sindacato Samostalni,
maggioritario alla Zastava e nostro referente, ci
aveva invitato ad essere presenti alla "Grande Lezione
Di Storia" del 21 ottobre e noi eravamo stati felici
di accettare, scegliendo percio' in questo senso la
data del viaggio di consegna.

Siamo alloggiati all'Hotel Sumarice, fuori citta',
sulla cima della collina, a poche centinaia di metri
dalla zona della strage del '41, divenuta monumento
alla memoria delle vittime, il cui numero preciso non
e' mai stato accertato: sicuramente almeno 7.000, ma
forse fino a 12.000. Una voce popolare, non
accertata, dice che con loro mori' anche un soldato
tedesco che si era rifiutato di sparare.

In questo giorno le scuole sono chiuse, o per meglio
dire si trasferiscono sul prato davanti al Monumento
perche' dalla salvaguardia della memoria viene la
lezione piu' importante per le giovani generazioni.
Noi dovremmo saperlo.

La cerimonia e' prevista per le 11, e alle 10.30 ci
avviamo assieme a Radosav Bjeletic, segretario di
Samostalni, e a due membri del Comitato di
solidarieta', Rajka Veljovic che ci fa da interprete,
e Milja.

Giungiamo alle 10,45 e la parte religiosa della
cerimonia e' appena iniziata; con nostra piacevole
sorpresa siamo invitati nello spazio riservato alle
personalita', la parte pianeggiante del prato di
fronte al monumento delle Ali Spezzate: siamo la prima
delegazione per gli aiuti a partecipare a questa
Giornata. Dietro lo spago che fa da separazione la
gente si assiepa foltissima, non sapremmo valutarne il
numero. Volti di ogni eta' intenti e dolenti, il
silenzio e' totale, non c'e' nulla di rituale in tutto
questo, il dolore rivive. Il cielo e' un po' nuvoloso,
e i colori dei paramenti dei Pope che officiano subito
davanti risplendono vividi, ma le profondissime voci
baritonali levate nei canti sacri ci stringono in un
gelo piu' che invernale. Sconvolgente. Ci avvicinano
due giornalisti, ci chiedono il numero del cellulare
per farci un'intervista piu' tardi. Secondo il
protocollo, andiamo a deporre su un apposito lato del
prato i fiori che abbiamo portato: due mazzi che ci
hanno donato ieri due delle ragazzine che abbiamo in
affidamento. Ci sono corone e cuscini bellissimi, ma
anche i rametti e i singoli fiori di chi non puo' fare
di piu'. La funzione termina e i Pope sfilano
solennemente via; adesso con gli altri donatori
andiamo a riprendere i fiori, si forma una processione
per due per andarli a deporre davanti al monumento:
pensiamo che i nostri ragazzi che ci vedranno saranno
fieri dell'uso che facciamo del loro dono. Dietro di
noi c'e' il segretario nazionale dell'SPS e quello
regionale, con una corona: ci ringraziano di essere
presenti a questa cerimonia, sono commossi per la
nostra partecipazione. Poche parole in italiano, a
voce bassa. Torniamo al nostro posto. L'attenzione e'
forse ancora maggiore. Nello spazio vuoto subito
davanti al monumento c'e' un seggio formato da grandi
sagome di libri e sui frontespizi e' scritto a grandi
lettere "21 ottobre 1941". Va a sedervisi un signore
anziano, Rajka ci dice che e' un grande attore
jugoslavo, forse paragonabile al nostro Dario Fo. La
sua sara' la voce della Storia. Un ragazzino in
uniforme da scolaro di sessant'anni fa attraversa lo
spazio agitando una campanella. Inizia "la Grande
Lezione di Storia".

E' veramente una sacra rappresentazione laica
rivissuta dai presenti con profonda immedesimazione.
In prima fila un anziano partigiano, di forse
settant'anni, che e' venuto da Nemesine a piedi nudi
(circa 300 km.!)per rendere onore ai martiri, assiste
eretto e immobile come una statua vivente, reggendo la
bandiera serba. Due attori danno vita ai
rastrellamenti del 20, persone di ogni eta', ma
soprattutto giovani, prese dalle strade, dalle case,
dal lavoro, dalla scuola, perfino donne incinte. Da
sinistra si avvicina un giovane garzone panettiere con
il suo canestro sotto il braccio, da destra un garzone
lattaio col bidoncino del latte. Non parlano, sono i
due attori a leggere brani di testimonianze: le
vittime saranno portate nelle baracche a poca distanza
da qui, dove trascorreranno l'ultima notte. Qui
verranno trovati poi i loro messaggi alle famiglie, al
mondo, e queste baracche faranno parte integrante del
Parco della Memoria, ma solo fino al 1999: il primo
missile su Kragujevac, citta' decretata dall'UNESCO
"Martire della Resistenza", cade proprio su di loro e
le disintegra (eppure su questa collina isolata non
c'e' assolutamente nulla che possa essere considerato
bersaglio, solo l'hotel Sumarice: strano, viene da
chiedersi se questo "missile intelligente" non dovesse
invece proprio cancellare dal mondo la memoria della
storia di questa citta', nella quale TUTT'ORA
convivono pacificamente 32 etnie, davvero scomoda da
criminalizzare. Rajka ci dice che il 21 ottobre dei
bombardamenti venne tenuta una "Grande Lezione
Straordinaria).

Ascoltiamo questi messaggi, legati fra loro dalla Voce
della Storia, e rivivono le illusioni di chi spera
ancora, il coraggio disperato dei molti che hanno
ormai capito; c'e' chi contempla le stelle da un buco
nel soffitto, chi lascia gli ultimi saluti, chi pensa
al sole che non vedra' piu' anche se continuera' a
splendere. La Voce della Storia li intesse coi ricordi
dei sopravvissuti, dei familiari, di un figlio che non
ha potuto conoscere il padre, di un professore di
matematica che riflette amaramente sul senso dei
numeri.

Ora si alza la voce di due figure, in alto sul fianco
sinistro del monumento, in quella che sembra una
divisa da carcerato, chiara: simboleggiano gli uccisi
non nati che, non esistendo ancora, non hanno potuto
lasciare ne' ricordo ne' lacrime, anche questo e'
stato tolto loro. Non sono neppure morti innocenti,
non avendo mai conosciuto la vita. Piano si avvicinano
loro i due garzoni, offrendo il pane e il latte che
non hanno mai potuto assaggiare e che neppure ora
toccano; si alzano invece amare le loro voci contro
l'oltraggio subito, poi le braccia ricadono nel vasto
silenzio della folla intenta, visi chiusi
nell'angoscia rivissuta, qualche lacrima celata ai
vicini. Silenzio ancora e poi lo squillo di una
campanella agitata da un ragazzino in felpa colorata,
con un berrettino da basket: l'oggi e il futuro nello
stesso tempo. La "Grande Lezione di Storia" e'
terminata, per quest'anno.

Ora una ragazza vestita di nero legge in inglese (un
altro traduce in serbo) i messaggi che l'UNESCO e
l'Unione Europea mandano per la prima volta dal '90
[sic!]: si tratta di esortazioni alla pace e al
rispetto dei vicini. Forse una ventina di mani
applaudono con scarsa convinzione nel silenzio gelido
di tutta la folla, sentiamo sulla pelle lo sdegno per
la lezione.

Adesso la gente comincia a muoversi, vediamo il
Sindaco e il principe Alexandar Karadjordjevic,
assente allora e assente durante i bombardamenti, che
e' tornato da poco in Jugoslavia ed ha riavuto
indietro il Palazzo di Belgrado, non sappiamo per
quali meriti. Sono accompagnati da poche persone.
Rivediamo i due funzionari dell'SPS, vogliono
ringraziarci per gli aiuti che portiamo, rispondiamo
che e' la solidarieta' dei lavoratori e delle "persone
comuni" alla popolazione colpita da una guerra che non
abbiamo ne' voluta ne' tantomeno accettata, al di la'
di ogni motivazione; e gli esiti hanno dimostrato che
avevamo ragione, cosi' come lo ha dimostrato la
pacifica convivenza di tutte le etnie presenti in quel
che resta della sventurata Jugoslavia, terra da sempre
multietnica. Si tolgono il distintivo che portano
sulla giacca e ce lo appuntano. Siamo commossi. Siamo
invitati al coktail con le autorita', ma decidiamo di
non andare: con questa esperienza addosso non ce la
sentiamo proprio di partecipare a incontri ufficiali.
Restiamo invece a guardare la gente che si muove
adagio, molti vanno ad inchinarsi davanti al
monumento, c'e' un signore molto anziano in costume
serbo che ha scattato molte foto durante la cerimonia
ed ora va ad inchinarsi davanti al primo masso che
borda il monumento, poi lo bacia e si allontana
solitario. Risalendo verso l'hotel passiamo davanti
alla Rosa di Pietra, il piccolo monumento dedicato ai
piccoli lustrascarpe rom, massacrati per non aver
voluto lucidare gli stivali agli ufficiali tedeschi:
non si sa quanti, certo piu' di cento. C'e' un
gruppetto di persone che brinda alla loro memoria, ci
inchiniamo.

La sera vediamo il principale telegiornale nazionale:
dice che c'e' stata la cerimonia di Kragujevac e fa
vedere il principe, e basta. Forse 30 secondi, ma
certo non tutti hanno imparato la lezione. Noi
rimpiangiamo di non aver avuto una cinepresa, chissa'
se l'anno prossimo potremo assistere, cioe', chissa'
se ci sara' ancora...

(Paola per Alj)

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Questa lista e' curata da componenti del
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