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Quali sono le cose che l'hanno colpita in particolare?

Ho chiesto qualcosa sulla leggenda del Memorandum dell'Accademia Serba
delle Scienze del 1986, come racconto nel mio libro. Si dice che nel
libro si sostiene che ovunque nel mondo abiti un serbo, li' c'e' uno
Stato serbo. Questo diventa poco a poco un mito del "back stab"
[pugnalata alla schiena] [come la "teoria della pugnalata" relativa
alla sconfitta tedesca nella seconda Guerra Mondiale, ndt]. Ma
personalmente ritengo che questo Memorandum non sia nulla in confronto
con le molteplici attivita' dei desperados e degli agit-prop croati, e
forse anche rispetto a quelli della "diaspora" - in Germania, America,
Argentina, Italia, qualcuno di meno in Francia, eppure anche li' -,
forse anche in buona fede. E' un fenomeno molto piu' massiccio e con
caratteri di militanza. C'e' stato un vero movimento per la Grande
Croazia. Il Memorandum dell'Accademia Serba delle Scienze del 1986,
consistente di pochi paragrafi neanche ben articolati, e' stato usato
come un coltello affilato contro la gente serba. Contemporaneamente io
ho smesso di credere alle storielle sulla "Grande Serbia". Eppure c'e'
molta piu' evidenza dell'esistenza di una ideologia della Grande
Croazia che di quella della "Grande Serbia". L'ideologia della Grande
Croazia era e rimane un fatto.

Le persone generalmente hanno percezione del mondo attraverso i media -
televisione, giornali...

Anche io.

E cosi' tutti quelli che non vanno in loco

Ma anche se uno va in loco, ci va con gli interpreti, per cui io non
credo necessariamente nell'evidenza che uno trae solo dall'essere stato
in un posto. Molti giornalisti possono rimediare a questo quando usano
gli interpreti, ma e' molto raro che ci riescano. La maggior parte dei
giornalisti occidentali prendono un interprete che parli inglese o
tedesco. Dove lo prendono? Cosa gli racconta poi quell'interprete? Dove
li porta? Prima di tutto, i giornalisti di solito non capiscono
l'idioma locale. Non sanno leggere l'alfabeto cirillico e non hanno la
minima idea, per tacere poi di conoscenze reali, su cosa fosse la
Jugoslavia prima dello scoppio della guerra. Vengono sempre portati
dove sono le vittime o in base ad accordi, o in base a notizie
giornalistiche. Tutti sono stati a Sarajevo. Questo ha sempre destato
dei sospetti in me, a parte tutto.

Sente che sarebbe stato strumentalizzato, depistato, ingannato?

Molti giornalisti, della cui bravura non ho dubbi, sono
stati "nuetzliche Idioten" ["useful idiots", nelle parole di Lenin]
nelle mani dei due regimi che si sono dichiarati prime vittime, cioe'
quello croato e quello dei musulmani di Bosnia.

Lei personalmente che esperienza ha avuto dei serbi? Sono un popolo
intollerante, privo di interesse per le altre culture?

Questa e' una delle bugie peggiori e piu' mostruose. Quasi degna di
Goebbels. Cio' che si dice sul conto dei serbi e' falso. Io credo che
non si tratti solo della mia esperienza personale, ma di chiunque abbia
avuto a che fare con la cultura serba e con la gente serba. Se c'e' un
popolo nei Balcani aperto sia all'Est che all'Ovest, al Sud o
semplicemente che ha una qualche sensibilita' nei confronti del resto
del mondo, questo e' in Serbia, non certo in Croazia ne' in Slovenia.
Dov'e' che si possono trovare libri provenienti dal mondo intero, oggi
come ieri, pubblicati e tradotti? In Serbia. Molto di meno in Croazia,
ed ancor meno in Slovenia. La Serbia posso raccomandarla
entusiasticamente a chiunque si interroghi su come puo' essere un
paese. Un paese di fiumi, che altro puo' essere un paese situato
lontano dal mare? Naturalmente, la Serbia e' svantaggiata nella visuale
dei media se la confrontiamo con la Croazia - Dubrovnik, Spalato,
Zara... Ma a parte queste citta' incantevoli sull'Adriatico, la Croazia
e' un paese che si estende interamente all'interno, quasi sconosciuto
al viaggiatore o al turista... Ma la Serbia, direi, e' un paese
caldo... Nella sua storia la Serbia e' stata sempre tollerante. Nella
seconda Guerra Mondiale se c'era un paese che accettava gli ebrei, che
li proteggeva, che li ospitava nelle sue case, questo non era la
Croazia, ne' la Slovenia, ma la Serbia. La Serbia fu l'unico paese
filosemita nei Balcani, insieme alla Grecia - benche' la Grecia, a
voler essere precisi, non e' Balcani... Quello che e' stato fatto al
popolo serbo ed alle sue terre negli ultimi cinque anni e' una enorme
ingiustizia. E' una ingiustizia da urlare fino al cielo il fatto che si
sia paragonata la Serbia alla Germania nazista. Ma qual era lo slogan
durante la guerra civile spagnola? - no pasaran!, non passeranno. Ecco,
non potranno continuare cosi' per sempre.

Cosa pensa delle illazioni sugli interventi militari occidentali contro
i serbi?

Le trovo oscene. Disgraziatamente, il governo francese e quello
britannico, che inizialmente mostravano scetticismo sulla propaganda
anti-serba, sono sprofondati in tutto questo agitar di braccia e questa
violenta propaganda anti-serba. La Francia e la Gran Bretagna hanno
preso parte a questo terribile affare della NATO contro Pale, con
giustificazioni da santarellini. Percio' non mi sarei sorpreso se alla
fine, per costringere alla pace, avessero bombardato Belgrado per la
terza volta in questo secolo. Prima furono i nazisti, poi gli inglesi e
gli americani, a distruggere Belgrado di nuovo nel gennaio del 1944. Ed
anche stavolta probabilmente a Belgrado ci sono andati vicino.

...Kinkel affermo' che gli aggressori serbi dovevano essere messi in
ginocchio. Questa per lei e' arroganza ed infamia. Cosa si sente di
dire?

Se uno come Klaus Kinkel dice una cosa del genere, beh secondo me si
tratta di una persona che e' priva di ginocchia, che non sa cosa siano
le ginocchia, che ha soltanto trampoli o forse una baionetta al posto
della gamba. Nessuno dovrebbe parlare in quella maniera, eppure stanno
succedendo un sacco di cose nella politica e nella pubblica opinione
tedesca... Io credo che il mio libro abbia portato un soffio d'aria
fresca.

Lei e' austriaco, e anche l'Austria ha giocato un ruolo significativo
con gli interventi del Ministro degli Esteri Alois Mock. Egli e' stato
uno dei primi a riconoscere Slovenia e Croazia, e quindi a demolire il
paese. Ma almeno egli si e' mosso dalla sua scrivania.

Io conosco appena l'ex Ministro degli Esteri austriaco. Ma credo di
poter dire che egli e' un convinto antifascista, poiche' egli proviene,
come una volta mi disse, dalla regione del campo di concentramento di
Mathausen. Egli ha passato li un'infanzia e un'adolescenza scioccante.
Non credo che abbia fatto cio' cercando qualche rivincita. Il regime
austriaco e' piu' meritevole di biasimo. Piu' o meno consapevolmente
noi rimproveriamo ai serbi, collettivamente, di aver fatto crollare
l'impero asburgico. Il popolo austriaco, ovviamente non tutto, ancora
mantiene un grande odio per l'assassino di Sarajevo, Gavrilo Princip.
Gli austriaci sono convinti che egli fu mandato li' dal governo serbo e
dallo stato serbo. Essi incolpano i serbi di aver ridotto l'Austria a
un paese cosi' piccolo. Per me questo e' un evidente atavismo (...).
Per quanto mi concerne, Alois Mock non e' personalmente responsabile
per il riconoscimento di Slovenia e Croazia.

Questo diritto all'autodeterminazione veniva sbandierato da tutti, ma
non l'ho mai sentito applicato ai serbi.

Questo e' il massimo dell'assurdo. La nazione serba in Croazia e il 35%
dei serbi in Bosnia Erzegovina: nessuno ha riconosciuto per loro il
diritto all'autodeterminazione. Dove sta la giustizia? Ci sono un
mucchio di chiacchiere ipocrite sul diritto alla'autodeterminazione
nazionale. Ma queste nazioni, i croati e gli sloveni, credo, se ne era
gia' andate via dallo stato Jugoslavo. Specialmente nei dieci anni dopo
la morte di Tito, esse non si sono mai lamentate di maltrattamenti o di
essere svantaggiate sotto il governo federale di Belgrado. I loro
(recenti) reclami per questi motivi, sono delle bugie provate
storicamente. I croati e gli sloveni, al contrario, hanno ricevuto
trattamenti privilegiati, economicamente, per quanto riguarda il
commercio con il Mediterraneo, e per il turismo, e altro. Il loro
cattolicesimo li ha collegati di piu' all'Europa di quanto non sia
stato per gli ortodossi.

Ha notato che i serbi, per anni, hanno lasciato in pace il ponte, ma
che i croati lo hanno fatto saltare in aria?

Certo, a Mostar, e' stata una evidente pazzia.

Ha qualche spiegazione per questo fatto? se i serbi avessero ridotto il
ponte di Mostar a pezzi, allora avremmo letto articoli su questo sui
giornali, un giorno e si e un giorno no? ... Si puo' dire che i serbi
hanno piu' rispetto per la cultura e i suoi tesori, come Dubrovnik, dei
croati?

Questo puo' avere a che fare con il vuoto di potere. Io non mi
considero competente e autorizzato a dire che l'esercito croato porta
delle responsabilita' per la distruzione del ponte, ma apparentemente
non c'erano vuoti di potere, la'. Ancora: non mi piace speculare.

La Germania ha un grande interesse per il diritto
all'autodeterminazione, specialmente di Slovenia e Croazia. Sospetta
che ci sia sotto un altro motivo?

Sospetto? Che cosa potrebbe essere piu' chiaro di cosi! Temo che sia la
solita lezione amara della storia per cui accade sempre quando la
Germania si espande. Non c'e' sempre bisogno di un piano dietro a cio'.
Io credo che questo avviene attraverso il magnetismo economico. I
negoziati politici vengono fatti sempre attraverso il potere economico.
Non credo che avvenga nell'altro modo, cioe' che la politica venga
prima.

Quale puo' essere l'interesse della Germania nella dissoluzione della
Jugoslavia?

Mi chiede troppo. Non mi piace parlare di politica. Ci sono libri che
lei conosce, in cui si dice che i servizi segreti tedeschi hanno
collaborato con il governo croato (jugoslavo) e hanno sistematicamente
preparato il collasso della Jugoslavia. Anche prima della guerra, negli
anni '80, ci sono documenti che azzardano tali sospetti. Ma come
autore, io devo tenere la bocca chiusa.

Una volta, lei disse che la Germania aveva interesse ad avere dei
piccoli stati lacche' attorno ai suoi confini...

E' vero. Dopo il crollo della Jugoslavia, sono stato spesso in
Slovenia, che una volta era una delle regioni mie favorite, in parte
per via dei miei antenati, mia madre e i fratelli di mia madre, che
erano sloveni. Ci sono andato spesso, e ogni volta ho constatato... che
lo stato [indipendente] di Slovenia veniva ridisegnato o come una
provincia dell'Austria o come una fonte di manodopera per la Germania.
Anche le persone che si trovavano a capo della Repubblica di Slovenia,
quando faceva parte della Jugoslavia, avevano piu' presenza, piu'
potere, piu' carisma come uomini di Stato di quanto ne abbiano adesso.
La leadership della Slovenia e' diventata un tirapiedi, come degli
inservienti di teatro, e neanche cosi' capaci, per servire Germania,
Austria, e in qualche modo, anche l'Italia. E questo e' qualcosa che
chiunque va li' puo' notare subito.

Con Tudjman hanno fatto male i calcoli...

Ora e prima della guerra, ho apprezzato molto alcuni articoli apparsi
sul supplemento della domenica della "Frankfurter Allgemeine Zeitung"
["FAZ" - Gazzetta Generale di Francoforte, il principale quotidiano
tedesco; n.d.crj]. Essi hanno sempre presentato la Slovenia in un modo
che a me piaceva molto; per esempio c'era una fotografia di una chiesa
barocca in un campo di grano e cosi' via. Mi piacevano questi articoli;
non c'era irredentismo, ma soltanto un soffermarsi sul paesaggio, sulle
regioni, sulla vita di villaggio. Non si stava scrivendo la storia,
la'. Ma appena la guerra e' iniziata, tutto questo ha avuto fine. Non
lo notai sul momento, ma non sono da biasimare (...)

... Il sig. Reissmueller [editorialista della FAZ per le questioni
internazionali, n.d.crj] e' molto aggressivo...

Per me quell'uomo e' un criminale di guerra. Qualcuno dovrebbe
raccogliere con precisione tutto quello che ha scritto, esaminarlo alla
lettera. Lo farei molto rispettosamente. E' trasparente incitamento
alla guerra, come dicevano loro, un chiaro caso di odio etnico. Non
c'e' niente di piu' da dire.

Ho sentito delle storie di stupro. Su queste storie sono state fatte
pochissime ricerche. Ma poi il parlamento tedesco ha tenuto una
sessione speciale. Mi chiedo se non sia venuta prima l'iniziativa
politica e poi gli articoli e i commenti.

No, seppure strano, non penso sia stato cosi'. Non e' venuta prima la
politica tedesca e poi la stampa. E' stata la stampa tedesca,
specialmente la stampa di destra, la "Frankfurter Allgemeine Zeitung" e
i suoi giornalisti, che hanno fortemente influenzato la politica
tedesca. E' chiaro! E' un fenomeno strano, questo immenso potere che
oggi hanno i media e la stampa. Avevo ragione a dire, forse con
durezza, che per quanto riguarda la Germania, la stampa, e in
particolare il Frankfurter Allgemeine, costituisce il "Quarto Reich".
Esattamente come Viktor Klemperer, ebreo, ha di recente studiato il
linguaggio del Terzo Reich, cosi' oggi noi possiamo caratterizzare, in
base al linguaggio, il Frankfurter Allgemeine come il linguaggio del
Quarto Reich.

... e Reissmueller e' il Goebbels del Quarto Reich.

Quello di Reissmueller e' un misto di visionario piu' Goebbels. Ma
Reissmueller non ha il gergo sportivo di Goebbels. Egli parlava sempre
come un pugile o un maratoneta. No e' piu' un misto tra un utopista e
un boia. Questa gente dovrebbe essere portata davanti a un giudice e
incriminata. [Essi richiedono] questo e quello; sarebbe meglio fare
questo, oppure... Questo e' il modo in uso nei Tribunali del popolo
nazisti [Volksgericht]. Ricordiamoci di Mr. Roland Fleicher [avvocato
nazista]. Anche se il confronto puo' sembrare un po' forzato, ogni
epoca ha i suoi demonizzatori e nuove forme di maliziosita' e disprezzo
per l'umanita' e sempre nuove tecniche di travestimento. Al momento, le
cose sono state camuffate per bene. La cosa peggiore e' che gli affari
del Quarto Reich non si fermano mai. Andra' avanti fino alla fine del
tempo. La stampa, un certo tipo di stampa, avra' potere fino al
Giudizio Universale. E a sua disposizione ha apparenze civilizzate. Un
racconto di un testimone oculare funziona sempre. Notevole. Ho fatto
una ricerca sulla grammatica e sulla struttura di questi racconti
apparentemente obiettivi. Dallo stile grammaticale della prima frase,
gia' si capisce quale sara' la conclusione. Pochi mesi fa sul New
Yorker Magazine ho letto una storia ambientata a Tuzla. La guida
dell'autore vive la' e naturalmente parla inglese. E' andata ad una
scuola americana. Si trovavano a Tripoli, in Libia... Questo giovane
uomo che parla inglese, diventa cosi' l'eroe della storia. La prima
frase dice: "Harun - oppure Haris - subi' la pulizia etnica giocando a
carte con gli amici a Sarajevo." Questa e' la prima frase, e, io penso,
prima di tutto, che questa e' pessima letteratura. In secondo luogo il
taglio della storia diventa immediatamente trasparente. Terzo: e'
politicamente miope scrivere certe cose. E la cosa va avanti cosi' per
tutto l'articolo.

Per me il modo come sono stati trattati i serbi, come popolo intero, e'
chiaramente il primo grande passo dei media verso il Quarto Reich.

... un breve chiarimento: In Austria, attualmente, circola l'idea del
Quarto Reich come una nuova edizione, se non una continuazione, del
Terzo Reich. E' questo quello che intende? oppure lei ha in mente in
Quarto Reich come un quarto potere nello stato?

E' una metastasi del Terzo Reich. Il Quarto Reich e' proprio
altrettanto pessimo come lo fu il Terzo. La sola differenza e' che si
nasconde sotto una superficie umana. Esso scatta per aiutare le
vittime. Ma e' altrettanto pessimo. E' un altro cancro, che temo non
sia curabile. Si diffonde soltanto.

Il sig. Levy e il sig. Finkielkraut, naturalmente l'hanno attaccata...

Esatto. Ma loro non sono scrittori. Loro sono "I nuovi filosofi". Non
so perché siano stati chiamati "nuovi" o "filosofi". C'è stata un'epoca
all'inizio della guerra in cui loro hanno avuto bisogno di me. Avevano
bisogno di qualcuno che non fosse un filosofo, ma un autore, un autore
riconosciuto che, al contrario di loro, avesse una qualche conoscenza
della Jugoslavia. Dopo alcuni incontri con Finkielkraut e Bernard Henri
Levy, mi fu chiaro che loro volessero soltanto usarmi. Ma appena presi
le difese della Serbia, non mi vollero più vedere. Questo è un gruppo
veramente poco comunicativo. E appartiene al Quarto Reich. Ci sono un
sacco di soldi in ballo. E potere. In Francia i libri e i mezzi
elettronici sono completamente controllati da una catena di gente come
questa. Non si riesce più a far arrivare nessuna notizia. La stampa
francese e la TV sono pressoché totalmente sotto il controllo di
Bernard Henri Levy, così come di Finkielkraut. Alcune persone lo
ridicolizzano, ma in virtù di tutti quegli indecenti, decorati, pessimi
diari che lui [Levy] pubblica sulla guerra in Bosnia, nessuno lo
attacca più. Non un singolo attacco. Prendono tutto come una buona
letteratura. Tutto quello che basta fare è prendere un paio di frasi
nel dizionario Robert's dei luoghi comuni. Il suo lavoro è sbagliato
nei suoi punti di vista, e pieno di errori di grammatica. Da non
credere. Ma nessuno fa niente. C'è in giro un sacco di denaro, e di
potere. Tutto questo mi fu chiaro dopo che mi incontrai un paio di
volte con i "nuovi filosofi". Decisi di non firmare nulla. E non sarei
più andato ai loro incontri. Hanno usato questo fatto contro di me, ma
è meglio così.

Questi signori Finkielkraut e Levy pero' mi interessano. Potrebbero
guadagnare soldi scrivendo altro, invece il primo elogia la democrazia
di Tudjman, l'altro dice che l'Europa inizia a Sarajevo. Chi li ha
ingaggiati?

Gli intellettuali (non intendendo niente di negativo) non sono a corto
di denaro, oggigiorno. Perciò non è il denaro che li spinge. E' il
potere, il potere più del denaro. Certamente denaro e potere sono
strettamente connessi. Bernard Henri Levy, credo, non ha una
spiegazione per la sua demonologia. E' taciturno, ma ingannevole.
Taciturno e ingannevole, malizioso. E' una meraviglia speculare come il
suo diario di Bosnia ci mostri una quadro in cui esiste un secondo
potere, oltre a quello del governo, di Chirac, etc., un potere etico e
morale. Questo è quello che lui immagina. Ma questa è la difficoltà,
poiché moralmente ed eticamente, lui è una papera morta. (Come noi
diciamo in un proverbio austriaco, "sotto il cane").

Una volta vidi una scena girata, penso, dalla TV tedesca, in cui Levy
va al Centro Culturale Jugoslavo a Parigi, con un gruppo di suoi
seguaci. A questo punto la donna che dirige il centro desidera chiudere
l'edificio. Lei rifiuta di passare la chiave agli intrusi. Levy e il
suo assistente, prendono la chiave alla donna con la forza. Per due o
tre minuti questa donna, abbastanza anziana, urla, grida: "No, non
voglio darvi la chiave, non vi appartiene. Non potete entrare qui."

Levy rimane li, proprio come il commissario comunista dei film di
seconda categoria con il suo soprabito di pelle nero, e, sorridendo,
osserva il suo amico mentre rigira e strappa la chiave dalle mani della
donna. Questa immagine dovrebbe essere trasmessa dai notiziari della
sera, per tutti i tre minuti, su ogni emittente TV del mondo per far
vedere come questo autoproclamato difensore di Sarajevo e della Bosnia,
si comporta con la gente di tutti i giorni. Mi piacerebbe che tutto il
mondo lo guardasse.

E' convinto che tutte queste persone che oggi fanno queste cose,
potranno correggersi?

No, sarebbe troppo facile. E' tragica, la storia della Jugoslavia, la
storia dell'Europa in questo secolo. Come la storia avviene e come la
storia viene scritta, sono due cose unite insieme. Questa storia va
insieme con la storia del popolo ebreo. Queste sono le due storie
tragiche. E probabilmente non saranno corrette. Pensare in questo modo,
che un giorno le cose potranno essere viste differentemente, penso,
sarebbe un falso ottimismo. Questa gente non cambia. Con il loro
linguaggio e le loro immagini hanno commesso così tanti crimini,
crimini veri, contro la Jugoslavia. Ci sono crimini che possono solo
essere perpetuati. Non c'è via di ritorno.

Quale è stata la sua peggiore esperienza dopo la pubblicazione del
libro? Ha ricevuto incoraggiamenti da qualcuno al di fuori della sua
famiglia?

Non ho avuto nessuna brutta esperienza. Ci sono stati insulti e
manifestazioni di odio verso di me nei media, specialmente nei
tedeschi, austriaci e svizzeri, e anche francesi e spagnoli. Mi hanno
colpito, ma come un personaggio di Kafka, li accetto, come se
appartenessero alla storia.

...Posso incassare tutto quello che dicono di me, senza che mi
colpiscano realmente...

La "Frankfurter Allgemeine Zeitung" (di destra) scrive del
mio "respirare l'odore di sangue, di terra, di corpi e di guerra" etc.
E la "Frankfurter Rundschau" (di sinistra) dice che io "passeggio sui
corpi", con quello che scrivo. Questo mi colpisce. Ma quando vado
indietro e passo al setaccio ogni frase che ho scritto, trovo, dopo
tutto quello che viene detto e fatto, che io non ho scritto una sola
frase che sottovaluti le vittime. Ognuna delle mie frasi, credo, è
estetica, morale e giusta.

In Francia il mio libro uscirà tra due mesi. E sono pressoché certo che
la critica dirà, come in Germania, che io ho macchiato il mio lavoro
precedente con quello che ho scritto qui. Il mio unico traduttore in
Francia, mi disse: "Non osare pubblicare quella cosa, oppure farai
kaputt da te stesso, o sarai la rovina di te stesso." Ma sono grato
alla Gallimard che mi ha pubblicato il libro.

Reissmueller la bolla come profittatore di guerra.

Non credo di esserlo. Per la prima volta in 24 anni, ho dato una
lettura pubblica del libro, in Austria e in Germania. E il piccolo
guadagno che ho fatto l'ho donato per aiutare le vittime. Il viaggio
nella Serbia l'ho pagato con i miei soldi, di tasca mia - biglietto
aereo, albergo, cibo, tutto - Mi piacerebbe sapere se i giornalisti
fanno la stessa cosa, se esiste un solo giornalista in tutto il mondo
che abbia viaggiato nelle zone di guerra a proprie spese.

I media sono i più grandi profittatori di guerra. Chi li appoggia?

Molta, molta gente che io non conosco mi scrive, molti lettori. Essi
dicono: "almeno prendiamo una boccata di aria fresca. Almeno leggo
qualcosa di diverso sulla guerra."

Nessun personaggio pubblico ha avuto la ventura di appoggiarla?

Nessuno, ma non ne ho bisogno.

Sarebbe potuto succedere che qualcuno dicesse: "Bene, ci uniremo al
movimento. Hai ragione." E' impossibile avere questa opinione in Europa
Occidentale?

E' impossibile. E' anche peggio del politically s-correct. E' come un
tabù. E' come rompere un tabù o commettere un crimine contro la storia.
E' qualcosa che non deve essere fatto, non ora, almeno. Nel frattempo,
prima del mio, sono apparsi altri libri, ma parzialmente nascosti alla
visione pubblica. Altri ancora appariranno. Il giornalista Mira Becher,
che probabilmente lei conosce, ha pubblicato una storia dei media in
tutte le guerre degli ultimi 150 anni, cominciando con la guerra di
Crimea e terminando con la guerra in Bosnia. L'editore e' la DTV. E' un
buon segno che questo libra esca con la DTV, poiché è un grande
editore. Ma rimane da vedere se questo problema verrà discusso sul
serio. Finora ci sono stati uno o due casi di pensiero alternativo
sulla guerra in Jugoslavia, ma nessuno ha raggiunto il pubblico. Anche
l'articolo di Bittermann, che avete pubblicato. Io non credo neanche
che abbia attratto un gran numero di lettori. Il mio e' stato il primo
e potrebbe essere l'ultimo libro sulla guerra in Jugoslavia. Potrebbe
anche non essere mai letto, ma la parola è uscita, rivolta al popolo
tedesco, al popolo austriaco - semmai esiste un "popolo tedesco".

Cio' che sento per strada è: "Hai ragione". La gente dice: "I serbi non
dovrebbero essere trattati così". Una cosa, allora, è venuta fuori: i
serbi non possono essere così. E anche se il libro non venisse letto,
sarà utile quando la gente in questo paese penserà: "No, non possiamo
più accettare questa roba". [L'articolo viene presentato per provocare
commenti, critiche e ricerche, sotto il "fair use" delle leggi sul
copyright.]

Traduzione in italiano a cura del Coordinamento Romano per la
Jugoslavia, 1997

> http://web.archive.org/web/20010222232308/
www.marx2001.org/crj/INTELL/handke.html

ENGLISH VERSION:
> http://www.suc.org/news/world_articles/handke_interview.html