La politica degli "aiuti ai Balcani": impressioni da Belgrado

La riproduzione di questo articolo e' stata concessa da Hannes Hofbauer,
autore dei libri "Guerra dei Balcani - La distruzione della Jugoslavia"
e del recente "Guerra dei Balcani - Dieci anni di distruzione della
Jugoslavia".


Nel corso di una cena in un albergo del centro di Belgrado, il Decano
della facoltà di Chimica parlava dei nuovi rapporti politici dopo la
presa del potere da parte della "opposizione democratica" in Serbia. Era
poco prima del Natale, che in Serbia in base al calendario ortodosso si
festeggia due settimane dopo quello dei paesi cattolici, e il discorso
si spostava sulla situazione economica delle singole famiglie. Il Decano
ci informava con orgoglio di sua moglie, che si trovava negli USA per
studiare ma per questo non riceveva alcun sostegno finanziario dalla
locale Università. Al contrario: era lui che da Belgrado ogni mese
doveva fare grandi sacrifici, appesantendo cosi' il bilancio familiare.
Cosi come alla famiglia del Decano, lo stesso succede a tutto il paese,
e i versamenti degli emigranti dall'Europa occidentale e dal Nord
America ai parenti rimasti a casa non cambiano sostanzialmente nulla:
benché siano vitali per la sopravvivenza di centinaia di migliaia di
persone, tuttavia non possono evitare le difficoltà economiche della
Serbia.
Il capitale viaggia da Est verso Ovest. Questo è stato calcolato
già nel 1994 dall'economista rumeno Silviu Brucan, membro del Comitato
Rivoluzionario nel 1989, e all'epoca si trattava per tutta l'Europa
dell'Est di un bilancio di 15 miliardi di dollari USA che ogni anno si
trasferivano dalle economie dei paesi in transizione verso i paesi
centrali dell'Europa Occidentale del Nord America. Queste somme si
ottengono sottraendo gli interessi sul credito e gli ammortizzatori
del debito estero dal capitale che arriva al netto nella regione.

La situazione in Jugoslavia si presenta ancora più drammatica. Solo tra
il 1992 e il 9 maggio 2001, data in cui Belgrado e' stata riammessa
felicemente nella BM e nel FMI dopo il cambio di regime - peraltro in un
gruppo a guida svizzera, detto "Helvetistan", nel quale Kirghistan,
Tagikistan, Azerbajdzan, Uzbekistan, Turkmenistan e Polonia dispongono
insieme del 2,7% dei voti e con questo possono influenzare le
organizzazioni finanziarie internazionali - il debito estero è aumentato
da appena 4 miliardi di dollari USA a 12 miliardi. In questo periodo, in
cui la Jugoslavia si trovava sotto un embargo economico totale e non
aveva luogo alcuna transazione finanziaria, il debito di capitale
aumentava al 30%. Adesso i debiti pesano sul bilancio del nuovo
governo.
Chi tuttavia preferisce non tediarsi con queste cifre macroeconomiche,
afferma il contrario. Secondo l'opinione dominante sui media, l'Europa
occidentale, soprattutto la Germania, fornirebbero aiuti finanziari ai
Paesi balcanici. Nella vulgata della informazione mediatica i paesi in
transizione del Sud-est europeo sarebbero diventati destinatari di aiuti
per lo sviluppo, per i quali dovrebbero essere estremamente grati alle
cancellerie e ai ministeri delle Finanze dell'Europa occidentale. Gli
ultimi stati a giovarsi di questi presunti "aiuti" sono la Jugoslavia e
la Macedonia, entrambi ristrutturati politicamente solo da poco.
La Jugoslavia si è potuta unire al gruppo dei destinatari degli aiuti
solo dopo che le bombe della NATO avevano distrutto le industrie e le
infrastrutture, dopo che le elezioni del 2000 hanno installato una
classe dirigente succube alle organizzazioni finanziarie occidentali, e
dopo che, con il trasferimento di Slobodan Milosevic all'Aia, si è
realizzato uno snodo politico e giuridico per la "Comunità
internazionale". Il giorno dopo che l'ex capo di stato era stato
trasferito all'Aia i cosiddetti "donatori" decidevano a Bruxelles, il 29
giugno 2001, di voler aiutare la nuova Serbia con 1,3 miliardi di
dollari. Solo una parte di essi era prevista come versamento non
restituibile; in fondo erano in ballo l'indebitamento e la
liberalizzazione del mercato e degli investimenti. Nel frattempo, 500
milioni di dollari USA promessi da singoli stati dell'UE sono stati
pagati, tuttavia 350 milioni di questi sono andati direttamente dai
paesi dell'Europa occidentale alla Banca per gli Investimenti Europei,
per pagare i debiti della Jugoslavia. Si tratta di somme effettivamente
importanti, al di là della percezione pubblica.

Attraverso una semplice lettera del capo di stato jugoslavo
Vojislav Kostunica all' ONU, Belgrado ha perso circa 50 miliardi di
dollari, molte volte l'ammontare degli aiuti allo sviluppo previsti nel
Patto di stabilità. La pressione internazionale ha indotto Kostunica ha
chiedere la ammissione ex novo della Jugoslavia nell'ONU; in questo
modo si è lasciata cadere la posizione del vecchio governo di Milosevic,
di far valere la continuità dello stato con la vecchia Jugoslavia.
Adesso il paese, invece di essere uno dei membri fondatori delle NU,
risulta nella lista come membro numero 186. Le conseguenze finanziarie
sono consistenti. In un colpo solo hanno perso validità tutti i
requisiti di compensazione della vecchia Jugoslavia. Cosi, ancora
nell'anno 2000, Belgrado ha sporto denuncia alla Corte internazionale
dell'Aia - da non confondere con il Tribunale per i crimini di guerra -
contro i 19 stati della NATO che avevano aggredito il paese il 24 marzo
1999. Le distruzioni concretamente visibili dei 78 giorni di
bombardamenti ammontano a 37 miliardi di dollari USA, il che
inizialmente era riconosciuto dal nuovo governo. Con la lettera di
Kostunica al capo dell'ONU, Kofi Annan, il procedimento già avviato ha
perso ogni senso, poiché nella logica giuridica la vecchia Jugoslavia
governata da Milosevic è stata distrutta, mentre la nuova classe
dirigente non può più rivendicare la successione della Jugoslavia e
quindi neanche il risarcimento danni. Altri 10 miliardi di dollari vanno
perduti, secondo la valutazione del professore di Economia di Belgrado
ed esponente dell'SPS, Oskar Kovac, poiché le altre repubbliche ex
jugoslave non devono più patteggiare con Belgrado i titoli di proprietà
della Jugoslavia unitaria, ad esempio per quanto riguarda gli immobili.
La lettera di Kostunica è costata al paese molto di più che non ogni
aiuto previsto dall'estero.

Chi fornisce gli aiuti

Per la realizzazione del Patto di stabilità dei Balcani, che dal 1.
Gennaio 2002 è coordinato da Erhard Busek, nonché delle linee guida
dell'OSCE, dei programmi UE, ecc., decine di migliaia di europei
occidentali e statunitensi scorazzano per i Balcani. In Serbia questi
"fornitori di aiuti" sono arrivati immediatamente dopo la vittoria della
DOS. Costoro approntano programmi per la costruzione di infrastrutture
(ovviamente senza fare nessun riferimento ai risarcimenti per le
distruzioni nella guerra), fanno "monitoraggio" dei media, dei partiti
politici, degli apparati della giustizia e della polizia, e trattano i
responsabili locali come servi oppure come nemici, a seconda della loro
volontà di cooperare.
L'autore di questo articolo era egli stesso presente, all'inizio del
dicembre 2001, ad un seminario co-finanziato dal Patto di Stabilità, che
aveva l'obiettivo di riscrivere la storia dei Balcani.
Si è discusso al Goethe Institut di Belgrado della riscrittura della
storia sotto la direzione di noti storici dei Balcani tedeschi come
Edgar Hoesch e Peter Bartl. Scopo non dichiarato della iniziativa era,
tra l'altro, potersi immischiare nella reinterpretazione della storia
anche per i Balcani, cosi come per la Slesia è stata istituita una
commissione tedesco-polacca sui libri di testo. Ancora per tutto questo
in effetti non c'e' una base condivisa, soprattutto non c'e' sulla
valutazione della recentissima storia della guerra della NATO:
aggressione contro la Jugoslavia oppure inizio della liberazione del
popolo serbo. Rimane controverso se questo ultimo punto di vista,
sostenuto dalla "comunità internazionale" per la sua propria
legittimazione, potrà imporsi nella coscienza degli storici, dei media
nonché nell'opinione pubblica serba. Le ferite della guerra lasceranno
dietro a se ancora per anni tracce visibili e psicologiche, che non si
possono cancellare con i seminari. Inoltre i responsabili locali vedono
sempre più chiaramente a chi giovano in primo luogo i programmi
di aiuto: giovano ai funzionari occidentali, che ottengono lauti
compensi e autovetture fuoristrada, e per di più possono presentare se
stessi vanitosamente come fornitori di aiuti.

Si veda anche:
"Il nuovo inserimento di Belgrado all'ONU costa miliardi al paese"
Intervista ad Oskar Kovac pubblicata sulla "Volksstimme":

http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/
news/viewnews.cgi?category=all&id=1010830101



Subject: "Balkan-Hilfe": Eindrücke aus Belgrad
Date: Sat, 12 Jan 2002 11:16:16 +0100
From: joesb@...
Organization: JOeSB Aktuell
To: jugocoord@...




Dieser Artikel wurde uns freundlicherweise von
Hannes Hofbauer, Autor der Bücher "Balkankrieg -
Die Zerstörung Jugoslawiens " und des jüngst
erschienen Buches "Balkankrieg - Zehn Jahre
Zerstörung Jugoslawiens", zur Verfügung gestellt.


Anlässlich eines Abendessens in einem Belgrader
Innenstadtgasthaus schwärmte der Dekan der
chemischen Fakultät von den neuen politischen
Verhältnissen seit der Machtübernahme der
"Demokratischen Opposition" in Serbien. Es war
kurz vor Weihnachten, das in Serbien nach dem
orthodoxen Kirchenkalender zwei Wochen später als
in den katholischen Ländern gefeiert wird, und die
Sprache kam auf die wirtschaftliche Situation in
den einzelnen Familien. Stolz berichtete der
Dekan, seine Frau verbrächte gerade einen
Studienaufenthalt in den USA, finanzielle
Unterstützung erhielte sie allerdings dafür von
der dortigen Universität kaum. Im Gegenteil: er
müsse ihr aus Belgrad Monat für Monat kräftig
unter die Arme greifen, was das Familienbudget
ziemlich belasten würde.
So wie der Familie des Dekans geht es dem ganzen
Land, daran ändern auch die Überweisungen der
EmigrantInnen aus Westeuropa und Nordamerika an
ihre daheim gebliebenen Angehörigen strukturell
nichts, die zwar für das Überleben von
Hunderttausenden existenziell sind, Serbien jedoch
keinen ökonomischen Antrieb verpassen können. Das
Kapital fließt von Ost nach West. Das hat bereits
im Jahre 1994 der rumänische Ökonom und Mitglied
des 1989er-Revolutionsrates, Silviu Brucan,
ausgerechnet und damals - für ganz Osteuropa -
eine Bilanz von 15 Mrd. US-Dollar gezogen, die
jährlich aus den Ökonomien der
Transformationsländer in die Zentrumsländer
Westeuropas und Nordamerikas fließen. Diese Summen
ergeben sich, wenn man die Kreditzinsen und
Amortisationen für die Auslandsschulden von dem
netto in die Region kommenden Kapital in Abzug
bringt.
Die aktuelle Situation in Jugoslawien stellt sich
noch dramatischer dar. Allein zwischen 1992 und
dem 9. Mai 2001, jenem Datum, an dem Belgrad nach
vollbrachtem Regimewechsel feierlich wiederum in
die Weltbank und den Internationalen Währungsfonds
aufgenommen wurde - übrigens in eine von der
Schweiz angeführte Gruppe "Helvetistan", in der
Kirgisistan, Tadschikistan, Aserbaidschan,
Usbekistan, Turkmenistan und Polen gemeinsam über
2,7% der Stimmanteile und damit des Einflusses in
den internationalen Finanzorganisationen verfügen
- vergrößerte sich die Auslandsschuld um knapp 4
Mrd. US-Dollar auf 12 Mrd. US-Dollar. Innerhalb
dieser Zeit, in der Jugoslawien unter totalem
wirtschaftlichen Embargo gestanden war und
überhaupt keine nennenswerten finanziellen
Transaktionen stattgefunden haben, stieg die
Kapitalschuld um 30% an. Die Zinsen belasten nun
das Budget der neuen Regierung.
Wer sich allerdings mit diesen makroökonomischen
Zahlen nicht belasten will, der spricht vom
Gegenteil. Die vorherrschende veröffentlichte
Meinung geht davon aus, dass Westeuropa,
insbesondere Deutschland, den Ländern des Balkans
finanzielle Hilfe leiste. Im Duktus der
Berichterstattung haben sich die
südosteuropäischen Transformationsländer zu
Entwicklungshilfe-Empfängern gewandelt, die den
westeuropäischen Staatskanzleien und
Finanzministerien gefälligst dankbar zu sein
hätten. Die letzten Staaten, die dieser
zweifelhaften "Hilfe" anheimfallen, sind
Jugoslawien und Makedonien, beide erst kürzlich
politisch neu strukturiert.
Jugoslawien konnte in den Kreis der Hilfeempfänger
erst aufgenommen werden, nachdem die Bomben der
NATO Industrie und Infrastruktur zerstört hatten,
die 2000er Wahlen eine den westlichen
Finanzorganisationen ergebene Führung etabliert
haben und mit der Auslieferung von Slobodan
Milosevic an Den Haag ein entsprechender
politischer und juristischer Kniefall vor der
"internationalen Wertegemeinschaft" erfolgt ist.
Am Tag, nachdem der ehemalige Staatschef nach Den
Haag überstellt worden war, fassten am 29. Juni
2001 in Brüssel die sogenannten "Geber" den
Beschluss, dem neuen Serbien mit 1,3 Mrd.
US-Dollar helfen zu wollen. Nur ein Bruchteil
davon war als nicht rückzahlbares Darlehen
vorgesehen, im wesentlichen ging es um Fragen der
Umschuldung und der Liberalisierung von Handel und
Investment. Mittlerweile sind von den einzelnen
EU-Staaten versprochene 500 Mio. US-Dollar
ausbezahlt worden, 350 Mio. davon wurden
allerdings direkt aus den Budgets der
westeuropäischen Länder an die Europäische
Investmentbank überwiesen, um dort die
Schulden Jugoslawiens auszugleichen.
Um tatsächlich entscheidende Summen geht es
abseits der öffentlichen Wahrnehmung.

Durch einen einfachen Brief des jugoslawischen
Staatspräsidenten Voijslav Kostunica an die UNO
hat Belgrad möglicherweise 50 Mrd. US-Dollar
verloren, ein Zig-faches der im Stabilitätspakt
vorgesehenen Entwicklungshilfemittel.
Internationaler Druck hat Kostunica dazu gebracht,
um Neuaufnahme Jugoslawiens bei der UNO
anzusuchen; damit wurde die Position der alten
Regierung Milosevic, als Nachfolgerstaat des alten
Jugoslawiens zu gelten, aufgegeben. Nun reiht sich
das Land, anstelle Gründungsmitglied der Vereinten
Nationen zu sein, als 186. Mitglied in die Liste
ein. Die finanziellen Konsequenzen sind
beträchtlich. Mit einem Schlag sind alle
Kompensationsforderungen des alten Jugoslawien
ungültig. So hat Belgrad noch im Jahr 2000 beim
Internationalen Gerichtshof in Den Haag - nicht zu
verwechseln mit dem Kriegsverbrechertribunal -
Klage gegen die 19 NATO-Staaten erhoben, die das
Land am 24. März 1999 angegriffen hatten.
Die konkret sichtbaren Zerstörungen
des 78-Tage-Bombardements belaufen sich auf 37
Mrd. US-Dollar, was auch von der neuen Regierung
anfangs noch so gesehen wurde. Mit dem Brief von
Kostunica an UN-Chef Kofi Annan ist das bereits
eingeleitete Verfahren sinnlos geworden; denn in
der Rechtslogik wurde das alte, von Milosevic
regierte Jugoslawien zerstört, während die neuen
Machthaber die Nachfolge Jugoslawiens und damit
die Entschädigungen nicht mehr beanspruchen
können. Zusätzliche 10 Mrd. US-Dollar gehen nach
Einschätzung des Belgrader Wirtschaftsprofessors
und SPS-Mannes Oscar Kovac verloren, weil die
anderen ex-jugoslawischen Republiken
gesamtjugoslawische Eigentumstitel z.B. an
Immobilien nicht mehr mit Belgrad verhandeln
müssen. Der Kostunica-Brief kam dem Land viel
teurer zu stehen als Hilfen von auswärts je
geplant waren.

Die Helfer

Zur Umsetzung von Balkan-Stabilitätspakt, den ab
1.1.2002 Erhard Busek koordinieren wird,
OSZE-Richtlinien, EU-Programmen etc. tummeln sich
zehn Tausende WesteuropäerInnen und
US-AmerikanerInnen am Balkan. In Serbien sind
diese "Helfer" unmittelbar nach dem Wahlsieg der
DOS eingefallen. Sie erstellen Programme für den
Infrastrukturaufbau (freilich ohne über
Entschädigungen für die Zerstörungen im Krieg
reden zu wollen), machen "monitoring" für Medien,
politische Parteien, Justiz- und Polizeiapparate
und behandeln die örtlichen Fachkräfte je nach
deren Kooperationswilligkeit als Untergebene oder
Feinde. Der Autor dieses Beitrages war selbst
Anfang Dezember 2001 auf einem vom Stabilitätspakt
mit finanzierten Seminar zugegen, das sich die
Neuschreibung der Geschichte des Balkans zur
Aufgabe gestellt hatte. Unter Anleitung bekannter
deutscher Balkanhistoriker wie Edgar Hösch und
Peter Bartl wurde am Belgrader Goethe-Institut die
Umschreibung der Geschichte diskutiert.
Unausgesprochenes Ziel der Veranstaltung war es u.a.,
ähnlich wie es für Schlesien eine deutsch-polnische
Schulbuchkommission gibt auch für den Balkan bei
der Neuinterpretation der Geschichte mitmischen zu
können. Noch gibt es dafür allerdings keine
gemeinsame Grundlage, vor allem nicht darüber, wie
die jüngste Zeitgeschichte des NATO-Krieges
einzuschätzen ist: als Angriff gegen Jugoslawien
oder als Beginn der Befreiung des serbischen
Volkes. Ob sich letztere Sichtweise, von der
"internationalen Wertegemeinschaft" für ihre
eigene Legitimität eingefordert, im Bewusstsein
der serbischen Historiker, Medien und schließlich
der öffentlichen Meinung durchsetzen wird, bleibt
indes fragwürdig. Die Verheerungen des Krieges
werden noch auf Jahre hinaus sichtbare und
psychologische Spuren hinterlassen, die mit
Seminaren nicht aufgehoben werden können. Dazu
kommt noch, dass die örtlichen Fachleute zunehmend
vor Augen geführt bekommen, für wen die ganzen
Hilfsprogramme in erster Linie bestimmt sind: für
die BeraterInnen aus dem Westen, die dicke Gehälter und
Vierrad getriebene PKW erhalten und sich noch dazu
selbstgefällig in der Pose der Helfer wiegen
können.


"Belgrads neue Mitgliedschaft in der UNO kostet
dem Land Milliarden"
Das Interview mit Oscar Kovac in der "Volksstimme"
kannst Du hier nachlesen:

http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/
news/viewnews.cgi?category=all&id=1010830101


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