IL PRESIDENTE MILOSEVIC ALL'AIA
30 GENNAIO 2002
Trascrizione ufficiale

SM :

Mettendo insieme tre bugie non si ottiene una verita', ma
soltanto una bugia piu'grande. Tutte e tre queste accuse
hanno davvero un sottile filo rosso, per usare il termine
che qui ho sentito, che le unisce, e questo filo rosso e'
il crimine che perdura contro la Jugoslavia e contro il mio
popolo.

Questo qui e' indubbiamente un grande abuso di potere, allo
scopo di montare uno storico raggiro, con il quale quelli
che sono stati a favore della conservazione della
Jugoslavia vengano accusati per la sua distruzione, quelli
che hanno difeso il paese vengano accusati di crimini,
quelli che si sono adoperati per ed hanno realizzato la
secessione, appoggiando il separatismo ed il terrorismo,
vengano amnistiati - poiche' dietro a loro c'erano forze
che avevano l'obiettivo di stabilire il controllo sui
Balcani, cosicche' da questa posizione strategica potessero
estendere il loro dominio anche altrove.

Voi qui parlate di tre questioni tra loro collegate -
questo abbiamo sentito. E come arrivano gli autori di
questo cosiddetto piano, del quale parlano con tanto
autoconvincimento, a presentare accuse su Bosnia e Croazia
dopo ben dieci anni? Che sono assurde e prive di senso,
innanzitutto perche' tutta la politica serba, la Serbia ed
io personalmente, sia in Croazia sia in Bosnia, ci siamo
concentrati sulla pace e non sulla guerra, ed abbiamo usato
tutta la nostra influenza perche' si arrivasse alla pace
quanto prima.

Proprio all'inizio del conflitto in Croazia noi ci siamo
adoperati per una soluzione politica. Sulla base di questo
interessamento sono state realizzate le Aree Protette
dell'ONU e tutta la situazione si e' immediatamente
calmata. Il 24 marzo 1992 il defunto leader croato Tudjman
invio' il suo messaggio alla nazione dalla centrale Piazza
Ban Jelacic [a Zagabria], nel quale disse testualmente :
"La guerra non ci sarebbe stata se la Croazia non l'avesse
voluta, ma noi abbiamo valutato che solamente cosi' avremmo
potuto ottenere la nostra indipendenza".

E' naturale che la guerra non ci sarebbe stata se la
Croazia non l'avesse voluta. Ed a questa guerra la Serbia
non ha partecipato come parte belligerante : e' stato un
conflitto interno.

E perche' la Croazia ha voluto la guerra ? Non certo
perche' il popolo croato avrebbe cosi' usufruito del suo
diritto alla autodeterminazione ed alla secessione - ad
esempio, la Macedonia ha reclamato quel diritto e si e'
separata dalla Jugoslavia -, naturalmente non per questo,
bensi' per ottenere il suo obiettivo di cacciare circa
mezzo milione di serbi dalla Croazia, mezzo milione di
serbi delle Krajne serbe, dove per secoli hanno vissuto,
sulla propria terra e non come usurpatori.

Fino all'arrivo di questo regime croato, che voleva la
guerra e che ha dichiarato di averla voluta, la Croazia
aveva una Costituzione nella quale era scritto che essa e'
lo Stato del popolo croato, del popolo serbo e delle altre
nazionalita' che vivono in Croazia. Questa Costituzione e'
stata cambiata. I serbi hanno perso i diritti e lo status
di popolo costitutivo in Croazia, e si sono ribellati. A
quel tempo, nella stessa Serbia non esisteva coscienza del
fatto che in certe parti della Croazia vivevano i serbi.

Voi parlate del piano in base al quale, con il sostegno
della Germania, la Croazia fu prematuramente riconosciuta
gia' alla fine del 1991, senza attendere alcuna soluzione
politica, il che ha scatenato un conflitto nel quale la
Serbia - lo ripeto - ha contribuito solamente al
raggiungimento della pace quanto prima possibile.

Nemmeno la dirigenza croata ci ha mai indicato come
responsabili di quegli scontri, ed oggi io qui sento che
per quello noi avevamo un qualche piano.

In realta' c'era un piano evidente contro quello Stato di
allora che era, direi, un modello per il futuro federalismo
europeo. Quello Stato era la Jugoslavia, dove piu'
nazionalita' erano comprese in un sistema federativo che
realizzava la possibilita' di vivere con pari diritti, con
successo, con la possibilita' di prosperare, svilupparsi e,
direi, di essere d'esempio al mondo intero di come si puo'
vivere insieme.

Per tutto il tempo abbiamo lottato per la Jugoslavia, per
conservare la Jugoslavia. In fondo, tutti i fatti
comprovano soltanto quello che sto dicendo. E soltanto la
Repubblica Federale di Jugoslavia tuttora esistente ha
conservato la sua struttura dal punto di vista delle
nazionalita'. Qui non c'e' stata alcuna cacciata su base
etnica, dall'inizio e fino alla fine della crisi jugoslava.
Tutte le altre repubbliche hanno cambiato la loro
struttura. Dalla Croazia sono stati cacciati circa mezzo
milione di serbi. Quello che e' successo in Bosnia si sa,
per non parlare anche delle altre parti della Jugoslavia.

Dunque, questo e' un processo in malafede, estremamente
ostile, mirato a giustificare il crimine commesso contro il
mio paese, usando questo "tribunale" come strumento di
guerra contro il mio paese ed il mio popolo.

Guardate la Bosnia-Erzegovina. Li sin dall'inizio abbiamo
cercato di assicurare la pace. Dove e' finito il piano
Cutileiro, che tutti avevano appoggiato ? Su iniziativa
dell'ambasciatore americano [Zimmermann, marzo 1992] esso
e' stato respinto dalla parte musulmana, e poi iniziarono
gli scontri. Come poteva la Serbia essere accusata di
alcunche' in Bosnia, quando si sa benissimo che, cercando
di usare tutta la nostra influenza proprio per la pace, non
solo abbiamo appoggiato tutte le proposte di pace ma
abbiamo anche cercato di farle mettere in pratica ?

Nel 1993 si tenne ad Atene l'incontro in cui fu firmato il
piano Vance-Owen. Tutti lo sottoscrissero. Io andai a Pale
insieme a Mitsotakis [premier greco] ed all'ex presidente
jugoslavo Dobrica Cosic, e ci adoperammo affinche' questo
piano venisse accettato. Purtroppo esso fu respinto il tre
o il cinque maggio (non mi ricordo esattamente) del 1993.
Noi abbiamo allora persino decretato un embargo alla
Repubblica Serba di Bosnia, per costringere la sua
dirigenza di allora ad accettare questo piano di pace.
Questo e' stato il ruolo della Serbia : di cercare di
pervenire alla pace.

Abbiamo costantemente messo in rilievo che l'unica formula
per ottenere la pace in Bosnia e' una formula che difenda
egualmente gli interessi di tutti e tre i popoli della
Bosnia ed Erzegovina, Serbi, Musulmani e Croati. Dayton e'
riuscito perche' questa formula e' stata accettata, perche'
si cercava di difendere gli interessi di tutti e tre i
popoli allo stesso modo.

Ora sento qui che l'accordo di Dayton avrebbe dovuto
trattare anche del Kosovo. Questa e' una assurdita'. I
colloqui di Dayton sono stati organizzati per la pace in
Bosnia-Erzegovina, ed a nessuno e' venuto in mente di
aprire la questione del Kosovo, che era una questione
interna della Repubblica di Serbia, e nessuno si sarebbe
potuto sognare che qualcuno cercasse di
internazionalizzarla.

Voi non potete in alcun modo collegare ne' la Serbia ne' la
politica della Serbia ad alcun crimine ; in particolare non
potete accusare e processare dopo dieci anni per cose che
nessuno ci ha mai attribuito. Ci hanno accordato solamente
rispetto ed apprezzamento per i grandi sforzi per la pace
che proprio noi, e la Serbia tutta intera e la politica
serba, abbiamo fatto.

Parlando della Bosnia, sapete che circa 70mila rifugiati
musulmani hanno riparato in Serbia durante il conflitto
bosniaco ? Voi ritenete che qualcuno potrebbe scappare da
casa proprio verso il territorio dal quale gli verrebbe la
minaccia ? Quante vite abbiamo salvato, quanti dei vostri
ostaggi siamo andati a salvare in Bosnia - dai soldati
dell'ONU fino ai vostri piloti ? E su quanti accordi di
pace abbiamo insistito, per renderli praticabili ? In
effetti, noi siamo stati i maggiori artefici di questa
pace, ottenuta proprio grazie al successo di Dayton.

E' stata la fine completa delle ostilita', il totale
allentamento delle tensioni, e poi... Voglio dirvi come e'
cominciato tutto quanto in Kosovo. Proprio perche' esisteva
un piano di mettere sotto controllo i Balcani, il
territorio della ex Jugoslavia, sono iniziati i tentativi
di destabilizzare il Kosovo. Proprio quando diventava
chiaro che tutto si sarebbe risolto pacificamente.

Nel novembre 1997 c'e' stato un summit a Creta con tutti i
capi di Stato e di governo dell'Europa orientale. Li',
allora, proprio su nostra iniziativa abbiamo molto parlato
della eliminazione delle barriere, delle tariffe doganali,
della integrazione all'interno della Europa Sudorientale e
del miglioramento della mutua cooperazione. Io ebbi un
dialogo diretto con il premier albanese Fatos Nano. Abbiamo
parlato della normalizzazione delle relazioni, della
eliminazione dei visti e dei dazi, dello sviluppo dei
trasporti e del commercio. Fatos Nano ed io eravamo dinanzi
alle telecamere, quando lui disse, tra tutto cio' di cui
avevamo parlato, della cooperazione, dello sviluppo delle
relazioni - la questione del Kosovo e' un affare interno
della Repubblica di Serbia. Tutto questo era promettente
per la pace, per la soluzione pacifica di tutti i problemi.
Proprio questo allarmo' quelle forze che continuavano a
commettere crimini contro il mio paese, che cercavano di
destabilizzare la Jugoslavia e di intervenire, come poi
hanno anche fatto. Subito dopo, dopo un mese o due, arrivo'
la lettera di Kinkel e Vedrine in cui esprimevano la loro
preoccupazione per la situazione in Kosovo. Per dieci anni,
da quando la Serbia secondo voi avrebbe "preso il
controllo" del suo stesso territorio, non si erano
verificate uccisioni, ne' espulsioni, ne' razzie, o
distruzioni, e nessun arresto in Kosovo. In Jugoslavia non
avevamo nemmeno un prigioniero politico, neanche uno. In
Kosovo uscivano 20 quotidiani ed altre pubblicazioni
albanesi, in lingua albanese, che potevate acquistare in
ogni edicola. Mai neanche un numero, nemmeno una sola copia
e' stata vietata. I partiti politici albanesi, persino
quelli separatisti, lavoravano liberamente. Qualcuno qui ha
detto che eravamo tolleranti verso di loro. No, noi
ritenevamo che tutto e' lecito, tranne la violenza.

Dopodiche' le potenze che perseguivano tenacemente la
distruzione della Jugoslavia e la sua occupazione hanno
chiamato a raccolta i criminali in giro per l'Europa
occidentale e li hanno spediti giu', per organizzare il
terrorismo. Hanno iniziato le azioni terroristiche nella
primavera del 1998. E poi sono stati sbaragliati. Gia'
nell'autunno del 1998 essi erano stati completamente
eliminati, e restituivano sui trattori le armi che avevano
illegalmente sottratto alla polizia.

Durante quell'anno, costoro uccisero soprattutto albanesi.
Io qui non ho dati precisi da esibire al pubblico, perche'
non sapevo che avrei avuto l'occasione di parlare oggi.
Solo ieri sono stato avvertito che oggi mi sarei dovuto
presentare qui. Nemmeno sapevo di che cosa si sarebbe
parlato. . Percio' non ho dati da esporre, ma vi dico
quello che so. Due volte e mezzo...

CLAUDE JORDA :

Signor Milosevic, mi consenta...

SM :

...piu' albanesi che non serbi sono stati uccisi dai
terroristi nel 1998. Ammazzavano quegli albanesi che
lavoravano come poliziotti, come postini, che erano guardie
forestali, che erano pensionati - e solamente perche'
andavano a riscuotere la pensione statale. Cercavano di
incutere il terrore tra gli albanesi, e di ammazzare quanti
piu' serbi possibile. Noi abbiamo difeso i nostri
cittadini, sia i serbi che gli albanesi, dal terrorismo, e
questa operazione e' stata portata a termine con successo
entro l'autunno del 1998. Dopodiche' Holbrooke [inviato
USA] e' arrivato per chiedere una "missione di verifica",
per creare il pretesto all'attacco contro la Jugoslavia. Ed
io devo dirvi...

CLAUDE JORDA :

Signor Milosevic, mi conceda solamente un minuto. Per
piacere, solo un minuto. Io non le togliero' il tempo che
e' a sua disposizione, glielo concedero' sicuramente. Anche
questo Tribunale internazionale, la cui legalita' lei
contesta, le da' naturalmente la facolta' di esprimersi
fino in fondo. A me sembra, innanzitutto, che lei e'
d'accordo che si incominci subito il processo, oggi stesso,
mi pare... Naturalmente questo le fa onore. Lei e' pronto.
Pero' io devo forse ricondurla a cio' che lei... La prego,
cerchi di non dimenticare del tutto il merito della
questione. Noi non siamo la corte che condurra' il suo
processo. Noi abbiamo capito bene che la sua idea centrale
e' completamente opposta - cioe' che si tratta della
legittimazione del suo paese. Lo abbiamo capito e compreso.

Ma sarebbe bene, signor Milosevic, che lei non si
sbagliasse riguardo alla corte che conduce il processo. Lei
ha gia' usufruito, lei ha a disposizione un tempo pari a
quello della pubblica accusa. Io come presidente di questa
corte le garantisco questo tempo. La prego dunque di non
perdere di vista il tema del quale parliamo.

Lei dunque ha una sua tesi, che cerca di difendere, e ne ha
il diritto - ed avra' questo diritto. Pero', io le devo
ricordare che questa e' la Corte d'Appello, che deve
affrontare un importante problema procedurale. Forse non
per lei, ma per noi e' importante, poiche' noi in effetti
dobbiamo garantire il rispetto di una procedura giusta ed
imparziale. Noi in effetti vorremmo sapere se lei vuole che
il processo contro di lei si conduca come processo per il
Kosovo, separatamente dal processo per la Bosnia e la
Croazia, oppure se preferisce che essi vengano riunificati.
Io comprendo naturalmente che lei potra' rispondere in modo
indiretto. Ovviamente le concedero' di parlare. Lei e' un
imputato in buona salute mentale e chiarezza di pensiero.
Percio' la prego di cercare di rispondere a questa domanda.
La ringrazio sin d'ora. Adesso ha di nuovo la parola.

SM :

Innanzitutto, questa e' la prima volta che non vengo
interrotto, la prima in cui posso dire qualcosa, ed io
usero' ogni occasione che avro' di rivolgermi al pubblico
in relazione al crimine che si sta attuando contro il mio
paese, e questo non lo faccio a causa della procedura,
perche' la procedura non mi interessa, ma per rispondere
all'attacco che si sta attuando contro il mio paese, il mio
popolo, ed al crimine che ancora perdura. Voglio che il
pubblico sappia che dopo la aggressione..

CLAUDE JORDA :

Aspetti signor Milosevic. Lei ha capito bene che ha tutto
il tempo a disposizione, ma che avra' ancora piu' tempo
quando iniziera' il processo. Naturalmente questo non e'
l'oggetto del nostro dibattimento odierno. Lei ha il
diritto di continuare a parlare di cio' di cui sta
parlando. Ma lei adesso in verita' si rivolge alla gente al
di fuori del Tribunale. Signor Milosevic, io devo ripetere
che lei avra' il diritto di rivolgersi al pubblico. La
comunita' internazionale ha istituito questo processo ed io
certamente desidero che tutto quanto si svolge qui, e le
regole di procedura che valgono per lei e per la accusa, ed
anche per la civilta', siano rispettate come si deve. Il
dibattito di oggi riguarda come il processo dovrebbe
avvenire presso un'altra corte. Io non ho intenzione di
interromperla e faro' recuperare il tempo che le ho
sottratto con le interruzioni. Adesso puo' continuare a
parlare.

SM :

Voglio sottolineare che il crimine contro il mio paese
perdura tuttora. L'ultimo serbo ucciso in Kosovo del quale
ho notizia e' stato ucciso a Natale [prob. ortodosso] di
quest'anno. Circa 350mila sono i profughi dal Kosovo,
scacciati sotto la copertura delle Nazioni Unite, mentre le
attivita' dei terroristi albanesi sono avvenute con la
copertura delle Nazioni Unite. Dall'arrivo delle cosiddette
Forze di protezione delle Nazioni Unite, che in base alla
Risoluzione 1244 dovevano garantire ad ogni cittadino del
Kosovo la sicurezza personale e dei beni materiali, i
terroristi albanesi hanno scacciato 350mila persone, hanno
dato alle fiamme decine di migliaia di case. Talvolta 50,
60, qualche volta tutte le case serbe dei villaggi, il
tutto sotto gli occhi di truppe che sono a tutti gli
effetti truppe di occupazione e sono venute li' sotto la
bandiera delle Nazioni Unite, solo per trasformarsi
l'indomani in truppe di occupazione ed alleati dei
terroristi, gli stessi terroristi che uccidevano,
mutilavano e massacravano un sacco di gente, ed
incendiavano. E continuano a farlo tuttora. E dicono che
supponevano che cio' non sarebbe potuto avvenire.

Puo' qualcuno credere che decine di migliaia di case
vengano bruciate, e che le forze che si trovano li' non
vedano che cosa sta succedendo ? Puo' qualcuno danneggiare
e distruggere... Da quando le truppe delle Nazioni Unite
sono arrivate, 107 chiese serbe sono state distrutte. Puo'
qualcuno distruggere una chiesa intera e darle fuoco senza
che le truppe ONU ne vengano a conoscenza ?

Questa e' una "impresa criminale congiunta" - delle forze
che hanno commesso crimini contro la Jugoslavia insieme
alla narcomafia ed ai terroristi albanesi in Kosovo e
Metohija, per crimini diretti non soltanto contro i serbi
ma contro tutti i non albanesi, e persino contro gli
albanesi cattolici, persino contro gli albanesi che in
qualche modo - ad esempio andando a riscuotere gli assegni
della loro pensione - hanno dimostrato fedelta' alla
Repubblica di Serbia come loro Stato.

Con cio' che sta avvenendo li' si sta in pratica
riabilitando la politica del periodo nazista, di Hitler e
Mussolini. Questo grande parlare di "Grande Serbia", di
questa presunta idea che non e' mai esistita, non serve
altro che a mascherare la creazione di una "Grande Albania"
- quella stessa che crearono Hitler e Mussolini durante la
Seconda Guerra Mondiale. Guardate soltanto quello schema, e
guardate che cosa si sta facendo adesso, quello che
vogliono sottrarre alla Serbia, al Montenegro ed alla
Macedonia - e un domani forse anche alla Grecia del Nord,
quando le relazioni greco-turche saranno messe alla prova
di nuovo per ordine del comune padrone, ed anche quella
sara' per loro una questione da risolvere.

E' evidente che e' in questione il crimine, ed e' evidente
che il filo rosso e' il crimine contro la Jugoslavia. Ma io
voglio far notare che falsificare i fatti storici non e'
comunque semplice. Non e' semplice nemmeno se questi fatti
sono noti solamente ad un ristretto gruppo di persone, ed
e' impossibile falsificarli se l'intero popolo di un paese
li conosce, cioe' milioni di persone. Senza offesa per
nessuno, i giudici di questo processo, secondo i ruoli
assegnati, sono quelli - non voi che indossate i mantelli -
ma quelli che hanno deciso di ammazzare i bambini del mio
paese, che hanno lanciato la aggressione della NATO e
scaricato 25 milioni di tonnellate di bombe in 78 giorni,
ed ucciso prevalentemente vecchi, bambini e donne. Essi
vogliono partecipare alla distribuzione dei ruoli. Ma
nemmeno loro riusciranno ad essere giudici.

Qui giudice e' il popolo - non soltanto il popolo della
Jugoslavia, ma i popoli di tutti i paesi ai quali sta a
cuore la liberta' e l'eguaglianza. Non per niente si dice
"giudizio del popolo, giudizio di Dio". Tutti noi siamo
davanti a questo giudizio, non soltanto io, che qui vengo
preso a responsabile per qualcosa, laddove mi dovrebbe
invece essere riconosciuta, ma anche voi, ed i vostri
datori di lavoro, in particolare quelli che hanno commesso
crimini contro il mio paese.

Siccome voi ritenere che io debba chiedere qualcosa a voi,
allora vi chiedo di lasciarmi in liberta'. Perche' credo
che a voi, ed a tutto il mondo, sia chiaro che io non mi
sottrarro' da questa battaglia che si sta conducendo contro
il mio paese ed il mio popolo. Non ho intenzione di
scappare. Non fa onore a questa istituzione tenermi qui
imprigionato, in condizioni svantaggiate, per privarmi di
eque condizioni per esporre i miei argomenti - nemmeno se
questa istituzione fosse legale, e voi sapete benissimo che
non lo e'.

Perche', se non aveste questo dubbio - non mi riferisco a
voi personalmente, ma alla istituzione - allora
accettereste la richiesta dei vostri "amici curiae" [sorta
di avvocati d'ufficio], di chiedere un parere giudiziale
alla Corte Internazionale di Giustizia sulla legalita' di
questo Tribunale. Voi questo non lo fate, perche' chiunque
potrebbe prevederne facilmente l'esito.

In fondo, ritengo che questa attitudine, direi criminale,
di cercare di far passare la vittima da colpevole, e si
tratta del mio popolo e del mio paese oltreche' di me
stesso, non sia stata storicamente ancora mai menzionata.
Percio' ritengo logico ed anche giusto che mi lasciate
subito in liberta', visto che io non scapperei e mi
presenterei ad ogni dibattimento, in quanto questa e' una
battaglia alla quale io non posso proprio sottrarmi.