"Il Manifesto", 21 Febbraio 2002

All'Aja in difficoltà altri testimoni

Saltano i test d'accusa a Milosevic. Violenze, primo testimone diretto.
Libro nero anti-Uck
T. D. F.

Slobodan Milosevic continua a segnare punti sulla pubblica accusa
all'Aja. Dopo avere protestato perché il governo olandese non
dà il visto alla moglie, Mirjana Markovic, l'ex presidente jugoslavo
ieri mattina ha messo in difficoltà il secondo testimone, un
inquirente del procuratore Carla Del Ponte, il poliziotto australiano
Steven Spargo. Prima la corte aveva rifiutato la deposizione,
chiesta dalla Del Ponte, del capo degli investigatori della procura in
Kosovo, il britannico Kevin Curtis, che nel giugno del 2001
arrestò Milosevic a Belgrado. Secondo il Tribunale dell'Aja la
deposizione di Curtis sull'esecuzioni di civili in Kosovo si sarebbe
però basata sul "sentito dire", su testimonianze di altre persone, non
su prove dirette. Il sostituto Geoffrey Nice, indispettito, allora ha
chiamato a deporre Spargo per presentare mappe sulle vie di uscita dal
Kosovo dei profughi albanesi durante la guerra: Milosevic è
accusato di "deportazione" di 800mila civili albanesi; lui afferma
che sono fuggiti per i bombardamenti Nato.
Nel controinterrogatorio Milosevic lo ha costretto ad ammettere di avere
preparato le carte senza avere raccolto personalmente
una sola testimonianza di profughi e sulla base di documenti preparati
da altri inquirenti. Spargo ha anche dovuto confermare che
l'esodo dei profughi è intervenuto dal 26 marzo, due giorni dopo
l'inizio dei raid Nato, e si è interrotto due giorni prima
dell'ingresso della Nato in Kosovo, e di non avere indicazioni su
possibili punti di concentramento dei civili in fuga. Milosevic aveva
sottolineato poco prima che in caso di "deportazione" è inevitabile
che ci siano luoghi di concentramento dei civili, mentre "è
evidente che si tratta di profughi". Poi ha attaccato la Del Ponte:
"E' vostro dovere, anche in un processo illegale, parlare di
crimini solo se avete la minima prova che ero presente, che li ho
commessi o che sono stati commessi su mio ordine". Ieri
pomeriggio è iniziata, continuerà oggi, la deposizione del primo
testimone diretto di violenze in Kosovo. E' stato chiamato a
deporre un contadino kosovaro albanese di 49 anni, Agim Zegiri, di
Celina. Per il teste, all'indomani dei bonbardamenti della Nato,
il 25 marzo 1999, un distaccamento della polizia serba e dell'esercito
jugoslavo è entrato nel villaggio, ha incendiato alcune case è
ha iniziato a sparare sugli abitanti. Sono morte 75 persone. Milosevic
ha controinterrogato anche lui - il contadino gli ha girato le spalle -
e lo ha costretto a precisare che presso il villaggio stazionava
una unità di 300 guerriglieri dell'Uck, "gli abitanti del villaggio
- ha detto Zegiri - fornivano all'Uck cibo e vestiti". Il
controinterrogatorio continuerà oggi. Mentre a Belgrado è stato
presentato un "libro nero", subito inviato all'Aja, sulle vittime serbe
e non-albanesi in Kosovo: 1.835 uccisi e 1.441 rapiti e scomparsi (di
cui 1.154 sequestrati e scomparsi dall'ingresso della Nato), coin 360
testimonianze dirette, biografie, foto, verbali e autopsie.

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"Il Manifesto" 22 Febbraio 2002

Milosevic controaccusa, è scontro

Un teste se ne va, un altro punta il dito: "Ho visto le tue stragi",
ma ammette legami con l'Uck
T. D. F.

Le cose che ha fatto sono inimmaginabili, signor Milosevic": Fehim
Elshani è seduto avvitato sulla poltrona dei testimoni e parla
dando le spalle all'ex presidente jugoslavo, che lo contro-interroga.
E' il secondo teste-vittima della giornata. Un osso piu' duro -
anche se non molto convicente anche lui - per Milosevic del primo,
Agim Tegiri, che in mattinata non aveva resistito al
contro-interrogatorio di Slobo che lo aveva messo in difficoltà: "Non
mi sento bene, non posso più rispondere" aveva detto al
presidente della corte Richard May. Ed era partito.
Elshani, ex impiegato comunale diventato contadino dopo essere stato
licenziato nel 1991 per avere appoggiato le manifestazioni
degli indipendentisti. Afferma che il 25 marzo 1999, all' indomani
dell'inizio dei bombardamenti Nato, il suo villaggio di Nagafc,
vicino alla frontiera albanese, è stato attaccato e parzialmente
incendiato dalle forze serbe. Il teste ha raccontato anche la fuga di
buona parte della popolazione civile dei villaggi della zona, circa
20.000 persone, verso l'Albania, la paura, la consegna dei
documenti alla frontiera. Ma prima ricorda due "forti esplosioni" che
nella notte del 2 aprile hanno causato la morte di almeno nove
persone nei dintorni della sua casa. Afferma che il governo di Belgrado
aveva avvertito che "se la Nato fosse intervenuta, si
sarebbero vendicati con noi'". Milosevic lo guarda incredulo e gli
contesta di avere parlato di cose da lui non viste personalmente
Elshani replica: "Ho visto con i miei occhi tre donne anziane
bruciate dalle sue forze, una l'ho perfino dovuta sotterrare io, con mio
figlio". Milosevic lo interroga sulle esplosioni del 2 aprile, tante
volte i profughi hanno raccontato di "aerei jugoslavi" che nessun jet
americano ha mai segnalato. Milosevic sottintende che sono state
provocate da bombe Nato, come accadde tragicamente al
convoglio albanese di Djakovica il 14 aprile 1999, ammise poi la Nato
dopo la testimonianza del giornalista britannico Robert Fisk
che era sul posto. Elshani ha ammesso a un certo punto di non avere
visto nulla "perché era notte" e si trovava a letto. Poi
incalzato da Milosevic conferma di avere sentito nella notte "un aereo".
Ma sostiene di non avere visto aerei Nato e di non avere
nulla a che vedere con l'Uck. Alla fine del contro-interrogatorio
ammette però che suo figlio faceva parte dell'Uck: "Ma io non
c'entravo nulla" afferma.
In mattinata c'era stato un colpo di scena. Milosevic riprendeva il
contro-interrogatorio del primo teste-vittima kosovaro, Agim
Tegiri, e aveva appena contestato la traduzione fatta ieri di quanto
aveva dichiarato Tegiri sui suoi rapporti con l'Uck. Il teste aveva
raccontato come anche il suo villaggio fosse stato attaccato dalle
forze serbe il 25 marzo 1999, di essere stato picchiato, di avere
visto una persona uccisa e di avere perso 16 membri della sua famiglia
su 18. Stando a Milosevic una frase pronunciata da Tegiri sui
suoi rapporti con l'Uck voleva dire "li ho ospitati", mentre la
traduzione è stata "li ho un po' aiutati". Il testimone ha insistito:
"Non mi sento bene, sono in dialisi, non ho altro da dire, ho i miei
problemi, la mia sofferenza". Il presidente gli ha chiesto se fosse in
grado di continuare per dieci minuti: "No". Prima di lasciarlo andare il
giudice sudcoreano O-Gon Kwon gli ha chiesto tuttavia di
precisare come fosse morta la sua famiglia. Ieri Tegiri non lo aveva
fatto: "Non me l'hanno detto" ha risposto il teste, e se n'è
andato. Milosevic ha protestato: "E' inaccettabile che l'accusa possa
ritirare il teste. Non ha detto la verita". Oggi niente udienza.

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"Il Manifesto", 24 Febbraio 2002

Mesic pronto per l'Aja

Dal Tribunale penale internazionale dell'Aja per l'ex Jugoslavia non
è arrivata ancora una convocazione, ma se dovesse succedere il
presidente croato Stjepan Mesic è pronto a recarsi all'Aja per
deporre nel processo per genocidio e crimini di guerra a carico di
Slobodan Milosevic. Lo statista croato è stato chiamato direttamente
in causa dall'ex presidente jugoslavo, che l'ha accusato di
aver distrutto la Jugoslavia. Mesic fu l'ultimo presidente della
vecchia repubblica federale jugoslava, prima dell'inizio della
disgregazione, nel 1991. "Io - ha dichiarato all'agenzia Hina - feci
solo constatare che la Jugoslavia non esisteva più". "Non fui io
ma Milosevic - ha incalzato - che disintegrò la Lega dei Comunisti
della Jugoslavia... fu lui, non io, che creo' i campi di
concentramento nella Bosnia Erzegovina, e i campi per i croati in
Serbia". A Milosevic, ha affermato, non interessava la Jugoslavia,
né come federazione, né come confederazione, ma soltanto "una Grande
Serbia". Dopo il distacco della Croazia dalla vecchia
federazione jugoslava, Mesic collaborò con il defunto presidente
nazionalista Franjo Tudjman, col quale ruppe nel 1994, e nel 2000
venne eletto alla presidenza come candidato dell'opposizione.

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"Il Manifesto" 26 Febbraio 2002

Milosevic alla Del Ponte: "Sono testimoni falsi"

"Ma devo dimostrare io la mia non-colpevolezza?". Shock a Belgrado per
l'intervista di Dijndijc a "Der Spiegel"
T. D. F.

All'apertura della terza settimana di udienza, l'ex-presidente
jugoslavo Slobodan Milosevic ha accusato ieri all'Aja la procura del
tribunale penale internazionale (Tpi), cioè Carla Del Ponte, di
produrre "falsi testimoni" per "maltrattarlo" e costringerlo, in
violazione delle norme di giustizia internazionali sulla presunzione
di innocenza, a dimostrare la propria non colpevolezza.
Interrompendo il contro-interrogatorio del terzo "teste-vittima"
dell'accusa, il contadino kosovaro Halil Morina, Milosevic ha
detto al presidente della corte Richard May: "Vedo che qui una
persona che non è colpevole deve dimostrare che non è colpevole,
anche se non spetta a coloro che l'accusano dimostrare la sua
colpevolezza". Milosevic ha inoltre affermato, a proposito dei
testimoni presentati dall'accusa, che "sono dei falsi testimoni".
Prima Milosevic aveva a lungo contro-interrogato il terzo teste,
che ieri ha accusato le forze serbe di avere attaccato il 26 marzo
1999 il suo villaggio, Landovica, incendiando diverse case e
provocando la morte di una donna paralizzata "bruciata viva" in casa.
Il testimone ha risposto di non avere saputo nulla dei
bombardamenti Nato sul Kosovo, iniziati già da due giorni il 26 marzo
1999, né delle attività dell'Uck. Milosevic ha contestato
alcune dichiarazioni del teste, in particolare quando questi ha
riferito di avere visto bruciare un villaggio vicino ma di non sapere,
come indicato dall'imputato, che una stazione di benzina del villaggio
era stata colpita dalle bombe Nato il 25 marzo e che "a
Landovica tre soldati serbi erano stati uccisi dall'Uck". Dopo le
proteste di Milosevic il presidente della corte Richard May gli ha
risposto che "è escluso che lei o qualsiasi altro imputato debba
dimostrare qui la sua innocenza".
Si è dunque ripetuto il copione delle due settimane precedenti nelle
quali, sostanzialmente, l'imputato Milosevic è riuscito a
contraddire almeno cinque testimonianze, facendo entrare in
contraddizione più volte il testimone "chiave" dell'accusa, l'ex
governatore del Kosovo, Muhamat Bakalli; a rifiutare la deposizione
di Kevin Curtis, capo degli investigatori della procura in
Kosovo, e la corte gli ha dato ragione; ha messo in seria difficoltà
Steven Spargo, poliziotto australiano al quale ha fatto
ammettere di non avere raccolto una sola testimonianza diretta di
profughi; ha contraddetto tre kosovaro-albanesi,
dimostrandone spesso l'inattendibilità. Ioltre ha rovesciato le accuse
sull'Occidente e, con una chiamata di correo, ha chiesto di
venire a testimoniare all'Aja ai leader che lo acclamavano per la pace
di Dayton e non solo.
Ora il processo dell'Aja è lo specchio dei nodi irrisolti della crisi
a Belgrado (minaccia di secessione del Montenegro e irrisolto status
del Kosovo). I rapporti con il Tribunale dell'Aja - che i serbi non
amano perché lo considerano strumento politico e non giudiziario
- venivano presentati finora come un pedaggio inevitabile per
l'integrazione in Europa e per i finanziamenti. Dopo tre settimane di
udienza all'Aja, e dopo l'intervista del premier serbo Zoran Dijndic
- l'uomo che ha consegnato Milosevic all'Aja nel giugno 2001 -
di questi giorni al settimanle tedesco Der Spiegel, la versione è
impresentabile. Dijndijc dopo aver ricordato all'Occidente
l'impossibilità, pena la guerra civile, di arrestare Mladic e Karadzic
"del resto mai presi dalla Nato" ha detto: "Resto senza parole nel
vedere quanto denaro è stato dilapidato all'Aja solo per portare in aula
dopo 5 anni testimoni tanto insignificanti. Questo circo
pone su di me e sul mio governo riformista un enorme dilemma. Il 40%
della popolazione serba è affascinata dal comportamento del
suo ex presidente... perfino gli avversari di Milosevic mostrano
simpatia nei suoi confronti e mi chiedono: perché l'abbiamo
consegnato?". E Dijndijc ricorda che i due terzi dei 300milioni di
euro promessi, sono stati trattenuti. Qual è il punto? Ha scoperto
che con queste imputazioni della Del Ponte, Milosevic risulterà il
solo colpevole delle guerre nell'ex Jugoslavia, e che il suo governo
sarà costretto a pagare un mostruoso debito di guerra. Allora addio
premier Dijndijc.

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TPI: CONSIGLIO EUROPA LO DIFENDE,INACCETTABILI PRESSIONI USA

(ANSA) - STRASBURGO, 1 MAR - Il presidente dell'assemblea parlamentare
del Consiglio d'Europa il socialista austriaco Peter Schieder ha
preso oggi le difese della Corte Onu dell'Aja contro quelkle
che ha definito le pressioni ''inaccettabili'' del governo Usa,
che ne propone la chiusura entro il 2008. ''Rappresentano un'ingerenza
politica in un processo giudiziario volto a rendere giustizia
alle centinaia di migliaia di vittime dei crimini commessi
nell'ex-Jugoslavia e in Ruanda'' ha affermato Schieder. Intervenendo
davanti al Congresso di Wasshington, un rappresentante
dell'amministrazione Bush, l'ambasciatore Pierre Richard Prosper,
delegato per i crimini di guerra, ha detto che il Tpi dovrebbe cessare
le sue attivita' entro il 2008, e ha proposto un trasferimento
delle sue competenze ai tribunali nazionali. Secondo Prosper ''ci
sono stati problemi che mettono in dubbio l'integrita' delle
procedure''. L'ambasciatore Usa ha affermato anche che ''e' stata
messa in questione la professionalita' di alcune delle persone
coinvolte, con accuse di abusi e di cattiva gestione''. Per Prosper
le procedure del Tpi - competente per i crimini di guerra
nell'ex-Jugoslavia e nel Ruanda - sono state a volte costose e
poco efficienti, lente e troppo distaccate dall'esperienza quotidiana
delle persone e delle vittime''. Il presidente dell'assemblea
dell'organizzazione di Strasburgo, di cui fanno parte tutti i paesi
euro-occidentali piu' la Turchia e 18 paesi postcomunisti fra cui
la Russia, ha affermato che ''i crimini di guerra piu' gravi ed i
crimini contro l'umanita' devono continuare ad essere giudicati da un
tribunale internazionale''. Schieder ha anche criticato ''i tribunali
speciali creati dal governo degli Usa per giudicare i presunti
terroristi internazionali, senza tutte le garanzie previste dal sistema
giuridico americano e dal diritto internazionale'' che, ha affermato,
''non sono una soluzione piu' soddisfacente''. (ANSA) CEF
01/03/2002 18:22

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"Il Manifesto", 1 Marzo 2002

Milosevic: "Mi spiano"

L'ex-presidente jugoslavo Slobodan Milosevic ha accusato ieri la
procura del Tribunale dell'Aja guidata da Carla Del Ponte di
ascoltare le conversazioni telefoniche che ha dal carcere con i suoi
consiglieri legali. Milosevic ha chiesto al presidente della corte
Richard May di aprire un'inchiesta. Secondo l'ex-capo dello stato
jugoslavo le domande poste ieri mattina dall'accusa al teste
kosovaro Halit Barani riguardavano punti sollevati ieri dallo stesso
Milosevic in conversazioni telefoniche dal carcere con i suoi
consiglieri legali. Il sostituto procuratore Geoffrey Nice ha negato
tutto. Fonti del Tpi hanno però ammesso che le conversazioni
telefoniche di Milosevic dal carcere sono effettivamente registrate
"per ragioni di sicurezza" ma "la procura non ha accesso ai
nastri". Se risultasse "l'accesso ai nastri" il processo sarebbe
ancora più incredibile.