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From : Italo Slavetti
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Date : Wed, 17 Apr 2002 15:12:26 +0200
Subject : Venezuela

>
> Per la rubrica "Lettere"
>
> Scrivo per esprimere la mia vicinanza e solidarieta' alla
> vostra collega Marisa B. Romani, autrice dell'articolo (che riporto
> di seguito) nel quale giustamente ella plaudiva alla rivoluzione
> popolare che in Venezuela sembrava aver rovesciato Chavez.
>
> Purtroppo, le forze del bieco populista Chavez hanno capovolto
> gli esiti di quel moto di piazza, ed ora il Venezuela e' di
> nuovo in mano al tiranno. Ma noi che siamo democratici e di
> sinistra non ci scoraggiamo certo per questi incidenti di
> percorso: resteremo sempre dalla parte dei compagni dell'esercito,
> della Confindustria e dei sindacati gialli, e contro certi
> maledetti, come Chavez, come Castro, ed a suo tempo come
> quel Salvador Allende che fortunatamente, con un simile colpo
> ma meglio orchestrato, si tolse dai piedi una volta per tutte.
>
> Oggi, in Venezuela quel mascalzone sta nazionalizzando il
> petrolio, vi rendete conto?! Bisogna fermarlo. Avanti dunque
> Marisa, un giorno trionferemo anche in Venezuela (me lo ha
> assicurato un amico dell'ambasciata americana, che di solito
> e' bene informato).
>
> Fraterni saluti
> Italo
>
>
>
> Unità - 12.04.2002
>
> Venezuela, Chavez dimissionario ora è in carcere.
> I suoi cecchini fanno dieci morti
> di Marisa B. Romani
>
> CARACAS Il Venezuela é a una svolta. Hugo Chávez, il
> tenente colonnello che nel 1992 aveva cercato di prendere il
> potere con la forza e nel 1998 era stato eletto Presidente con
> una schiacciante maggioranza di voti, ha dato le dimissioni
> mettendo fine ad uno dei periodi piú difficili della storia del
> paese. Un governo di transizione, capeggiato dal Presidente
> della Confindustria locale, Pedro Carmona Estanga, preparerá al
> piú presto nuove elezioni.
> La frattura all'interno della societá venezuelana, propiziata dalla
> politica populista e demagogica del Capo di Stato, é arrivata al
> suo apogeo quando Carlos Ortega, presidente della CTV
> (Confederación de los Trabajadores de Venezuela) il sindacato
> piú grande del paese e Pe Carmona Estanga di Fedecámaras, la
> Confindustria locale, dopo 48 ore di sciopero hanno deciso di
> prolungarlo ad oltranza. Detonatore del malcontento sfociato in
> scioperi, serrate e manifestazioni era stata, nei giorni scorsi, la
> decisione del presidente Hugo Chávez di imporre cambi ai vertici
> dell'industria petrolifera nazionale PDVSA (Petróleos de
> Venezuela). Nomine che rispondevano a interessi politici senza
> tener conto di meriti o esperienza e contro le quali hanno fatto
> muro dirigenti e operai dell'industria petrolifera, la seconda in
> importanza nel mondo, dalla quale dipende l'80 per cento
> dell'economia del paese.
> Situazione delicata che creava preoccupazione in tutto il mondo
> considerando che il Venezuela é il quarto esportatore di greggio.
> Settimane di tensione erano sfociate nel licenziamento,
> annunciato dal Presidente della Repubblica, durante una
> trasmissione a reti unificate, di vari dirigenti. La risposta non si
> é fatta attendere. CTV e Fedecámaras, hanno decretato
> sciopero e serrata in solidarietá con i lavoratori di PDVSA.
> Tantissime persone sono scese in piazza durante i primi due
> giorni in un clima che diventava sempre piú teso. Nella mattinata
> del terzo giorno in migliaia hanno partecipato ad una delle piú
> grandi manifestazioni che ricorda il paese. Manifestazione
> composta da persone di tutte le etá. La decisione di camminare
> fino alle porte del palazzo presidenziale per chiedere la rinuncia
> del Capo di Stato, presa all'ultimo minuto, dai dirigenti di
> Sindacato e Confindutria, é stata accolta con entusiasmo. La
> reazione, tra i sostenitori del Presidente, convocati da ministri e
> altre persone del governo, non si é lasciata attendere. Un
> cordone umano si é riunito davanti al palazzo di Miraflores
> disposto a difendere Hugo Chávez. Nel momento dello scontro
> tra le due fazioni, divise da una fila di militari, il Capo di Stato,
ha
> occupato gli spazi televisivi con una trasmissione a reti
> unificate, con il chiaro proposito di evitare l'andata in onda delle
> immagini della violenza. Con fare paternalistico, accusando un
> piccolo gruppo di corrotti di mentire al paese, cercando di
> togliere forza alla manifestazione, spiegava che la sua tolleranza
> era stata eccessiva. E intanto francotiratori appostati tra i suoi
> sostenitori, sparavano sui manifestanti che, fino a quel
> momento, erano avanzati in un clima di allegria e serenitá.
> Macchiando di sangue le strade della capitale. Il saldo: quindici
> morti, tra cui un fotografo del quotidiano 2001 e piú di cento
> feriti, tra cui altri colleghi di vari mezzi di comunicazione.
> Mentre si sparava sulla folla inerme Chávez portava avanti un
> discorso segnato da populismo autoritario senza risparmiare i
> consueti insulti ai mezzi di comunicazione. Insulti ai quali dopo
> poco seguiva l'azione. Le varie emittenti televisive venivano
> occupate da militari e le trasmissioni oscurate. Misura
> parzialmente elusa grazie alla collaborazione di alcune
> televisioni satellitari. Le immagini di morti e feriti, che
> nonostante il tentativo di repressione, erano riuscite a superare
> il black out, hanno contribuito allo sgretolamento del potere di
> Hugo Chávez. Gruppi di generali e militari si sono succeduti in
> una serie di dichiarazioni per dissociarsi dal Capo di Stato.
> Alcuni chiedevano scusa per non aver potuto evitare i morti, altri
> spiegavano "Non possiamo accettare un tiranno alla Presidenza
> della Repubblica".
> Voci di movimenti nell'aereoporto militare di Caracas La Carlota
> hanno fatto confluire un gran numero di persone decise ad
> evitare una possibile fuga di Chávez ormai soprannominato
> l'assassino. Intanto due aerei di Cubana de Aviación, la linea
> aerea cubana, atterravano nell'aereoporto internazionale di
> Maiquetía molto probabilmente per offrire una possibile fuga a
> chi, lo ricordiamo, durante i tre anni di governo ha rifornito di
> petrolio a basso costo l'isola di Fidel sciogliendo l'embargo
> americano. Amicizia sventolata in piú occasioni. In realtá
> Chávez non ha mai fatto il passo da tenente colonnello golpista a
> Capo di Stato. Il suo sogno era quello della folla acclamante
> della Sierra Maestra cubana. Né, a farlo riflettere, sono servite
> le stesse dichiarazioni di Fidel Castro, durante la prima visita in
> Venezuela. Di fronte a una platea di studenti, nell'Universitá
> Centrale del Venezuela, il leader cubano disse che sarebbe stato
> un errore storico voler fare in Venezuela, alle soglie del 2000, ció
> che Cuba aveva fatto negli anni '50. La retorica di Hugo Chávez
> ha trovato ben poco seguito nei fatti. Dopo i primi due anni
> trascorsi tra una campagna elettorale e l'altra, ha dimostrato di
> non essere capace di dare seguito a nessuna delle sue promesse
> di giustizia sociale e prosperitá. La povertá é aumentata e la
> corruzione anche. Ha invece creato un crescente clima di tensione
> additando come nemici e responsabili delle sue promesse
> mancate, i mezzi di comunicazione, la classe media, la classe
> imprenditrice e quella operaia organizzata nel sindacato CTV.
> Un sindacato che avrebbe voluto distruggere e sostituire con
> altro asservito alla sua causa. A tal proposito ha convocato, per
> la prima volta, elezioni di base per eleggerne il presidente. Ma il
> clima cominciava a cambiare. Nonostante la pressante
> campagna per portare avanti il suo candidato Aristobulo Istúriz,
> poi nominato Ministro, i sondaggi davano come favorito quello
> dell'opposizione Carlos Ortega. Bande di provocatori hanno
> disperatamente cercato, durante le elezioni, di impedirne lo
> svolgimento. Risultato: solo il 51 per cento dei seggi sono stati
> scrutinati. In questo 51 per cento Carlos Ortega risultava
> vincitore per ampia maggioranza. L' elezione non sará mai
> riconosciuta dal governo. Si, dai lavoratori. Carlos Ortega e
> Pedro Carmona Estanga, presidente di Fedecámaras, si
> uniscono in un un'unica protesta. Il 10 dicembre del 2001 il
> paese si paralizza in seguito a uno sciopero e serrata decisi
> congiuntamente. Alleanza che aveva precedenti solo nel 1958,
> quando l'intera societá venezuelana si uní per scacciare dal
> potere il dittatore Pérez Jiménez. Intanto, di fronte alla
> crescente violenza verbale di Hugo Chávez e soprattutto alla
> scissione tra parole e fatti che portavano il paese verso una
> paralisisi economica, la societá ha iniziato ad organizzarsi
> spontaneamente. Creando un muro compatto e sempre piú solido
> contro il Capo di Stato. All'inizio dell'anno CTV, Fedecámaras e
> Chiesa preparano un documento programmatico per far uscire il
> paese dal pantano in cui ormai agonizzava. Il Capo di Stato non
> ha mai voluto prenderlo in considerazione. E ha risposto
> infiammando la popolazione piú povera verso la quale ha portato
> avanti una politica assistenzialista e populista. Facendo
> crescere da un lato la disoccupazione e dall'altro l'economia
> sommersa. Mentre, propiziava, parallelamente, il sorgere di
> comitati di quartiere armati e addestrati pronti a schierarsi al suo
> fianco in caso di guerra civile.
> Chávez ha cercato partners anche tra la guerriglia colombiana,
> connivenza piú volte denunciata dalla rivista di García Márquez,
> Cambio 16 e da un gruppo di giornaliste venezuelane. Allo
> stesso tempo, é ancora avvolto nel mistero l'aiuto dato dal suo
> governo a Montesinos, che durante mesi é rimasto nascosto in
> Venezuela. Vittima della sua stessa prepotenza e cecitá
> politica, della violenza scatenata senza misurarne le
> conseguenze, Hugo Chávez ha trovato di fronte a sé il fiume
> umano di una societá organizzata decisa ad andare avanti fino
> alle estreme conseguenze. Sciopero e serrata, decretati
> nuovamente lo scorso martedi 9 aprile, nelle prime 24 ore, hanno
> paralizzato il paese. Al giorno seguente, nonostante la pioggia,
> la folla non ha abbandonato la strada. Con acclamazioni di
> giubilo ha aderito allo sciopero a oltranza. Fin dalle prime ore del
> mattino del terzo giorno la folla é scesa nuovamente in piazza,
> sempre piú numerosa. Un vero fiume umano che ha aderito con
> entusiasmo alla decisione di marciare verso il Palazzo
> presidenziale per chiedere la rinuncia del Capo di Stato.
> Sembrava una festa. Ma é finita in tragedia. Cecchini li stavano
> aspettando. I colpi andavano diretti alla testa o al cuore. Le
> immagini di operatori, spesso bersaglio privilegiato degli
> assassini, non lasciano adito a dubbi. E i militari hanno
> abbandonato il Presidente unendosi alla protesta civile per
> appoggiarla, non per propiziare un colpo di stato, come, in
> qualche momento, si é temuto.
> Messo alle strette, il Capo di Stato, dopo aver indossato la
> divisa dell'Esercito, che gli stessi militari gli hanno
> immediatamente imposto di togliere, ha cercato di trattare la sua
> fuga dal paese. Inutilmente. Militari e civili, compatti, ne
> esigevano l'arresto. Solo alla moglie Marisabel che giá da
> qualche mese si era allontanata da lui e ai suoi figli é stato
> permesso di partire per raggiungere Barquisimeto, cittá
> venezuelana dello Stato Apure, dove risiede la famiglia di lei.
> Ora Hugo Chávez é rinchiuso nella caserma di Fuerte Tiuna in
> attesa di essere trasferito in un carcere. Sará giudicato per le
> morti causate dalle bande del suo governo. Nella notte, quando é
> stato reso ufficiale il suo arresto la popolazione é
> esplosa in manifestazioni di giubilo. Nel frattempo incominciava
> la confisca di armi nei "Circoli bolivariani" della capitale. Il
> Ministro della Difesa José Vicente Rangel, una delle persone
> maggiormente legate al Presidente, si é rifugiato presso
> l'ambasciata cilena mentre non si conosce il luogo dove é
> nascosto il figlio, sindaco del Municipio Sucre della capitale. Tra
> i fedelissimi di Hugo Chávez c'era un figlio di italiani, il Ministro
> di Pianificazione Jorge Giordani, ex professore universitario,
> uomo incorruttibile, forse l'unico che ha veramente creduto nel
> sogno di un paese piú giusto. Per ora non si conosce quale sará
> la sua sorte. Il Venezuela esce da uno dei periodi piú difficili
> della sua storia. Il futuro é tutto da costruire. Su basi
> democratiche, peró. Perché le sue strutture democratiche hanno
> dimostrato di essere piú forti di quello che era possibile
> supporre. E la sua popolazione, considerata in passato
> politicamente apatica, ha sorpreso per la capacitá di lotta e
> coscienza sociale. Chi domani prenderá le redini del paese dovrá
> tenere conto di questa nuova realtá.
>
>