L'età della Geoinformazione (C. Jean)
In questa relazione il generale C. Jean analizza il rapporto
media-militari dal lato dei militari, per la conduzione di quella
che chiama "softwar". Si tratta di un'interessante punto di
vista per capire a grandi linee quali strategie mediatiche
vengono utilizzate, e in linea di massima preferite, dagli
apparati militari. Pat
fonte:
http://www.starfarm.it/casd/home/html/pubblicazioni.html
---
"i media offrono anche interessanti oppportunità a livello sia
politico che militare. Per esempio, possono essere utilizzati
per inviare messaggi all'avversario, al pubblico generico, alle
proprie truppe e alla popolazione civile dei Paesi in cui vi
siano attività di supporto alla pace."
L'impatto della tecnologia dei media sulla pianificazione
e sulle operazioni militari
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
L'età della Geoinformazione
La geoinformazione, non la geoeconomia, ha rimpiazzato la
geostrategia come strumento geopolitico più importante. La
presente analisi non si occupa dell'impatto diretto della
rivoluzione dell'informazione sulla strategia e sulle
operazioni, cioè la Guerra Basata sull'Informazione
(Information-Based Warfare nell'originale, ndr) o la
Rivoluzione negli Affari Militari (Revolution in Military
Affairs nell'originale, ndr) (RMA). Essa si focalizza sulle
relazioni militare-media e sulle comunicazioni di "softwar"
che devono essere condotte contestualmente alla "cyberwar"
e alla "netwar" sul campo di battaglia.
Lo sviluppo delle tecnologie dei media ha portato quasi una
rivoluzione nella diffusione di notizie che ha un impatto
significativo sulla sicurezza e sull'uso della forza militare, in
cui al primo posto vi è ciò che a volte viene detta Rivoluzione
negli Affari della Sicurezza (RSA). La RSA è pensata per
essere ancora più cruciale della RMA. Costringe politici e
militari a spostare la loro attenzione dagli aspetti "hard" agli
aspetti "soft" della sicurezza. In occidente, l'importanza della
softwar trae origine anche dalla sparizione della minaccia
diretta agli interessi vitali occidentali, come dalla difficoltà di
mantenere il consenso interno della popolazione e l'unità
dell'Alleanza quando vi siano interessi divergenti degli stati
membri coinvolti. Il cosiddetto "fattore CNN" è spesso
responsabile di insidiare la razionalità delle scelte di politica e
strategia. Nonostante il suo nome, tuttavia, questo fenomeno
non fu inventato dalla CNN. Si tratta di un inevitabile
sottoprodotto dei media odierni, e non può essere vinto
introducendo regolamenti appositi o, ancor meno, con la
semplice condanna. Politiche e strategie non sono più una
prerogativa d'elite. Esse sono divenute attività di massa. I
leader politici e militari non possono più nascondersi dietro il
segreto di gabinetto o del consiglio di guerra, perchè i media
sono pervasivi e non sono soggetti a barriere o frontiere.
Quindi, l'atteggiamento passivo, protettivo utilizzato nel
passato deve essere rimpiazzato da un approccio più attivo e
dinamico.
Comunicazione, Politica e Strategia
L'influenza della comunicazione su politica, strategia e tattica
non è una storia nuova. Basta pensare alle trombe di Jericho e
ai principi di Sun Tzu. Negli ultimi due secoli, ci sono state
molte spinte tecnologiche nella diffusione di notizie. Mentre
nel passato l'informazione era una prerogativa esclusiva di
governi e generali, ora i media e le agenzie di stampa sono in
grado di diffonderla in tutto il mondo anche prima che
raggiunga i decisori poltici e militari. L'informazione è potere
e la sua tempestività è decisiva. Nell'era dell'informazione, il
tempo ha rimpiazzato lo spazio come dimensione strategica
più importante. Sebbene questo fenomeno sia già esistito,
oggi è quantitativamente diverso dal passato. Nei paesi
democratici, i media non solo influenzano le elite politiche e il
pubblico consenso, ma hanno anche una influenza cruciale
sulle scelte operative. Possono restringere la libertà d'azione,
ostacolare la sorpresa e la sicurezza e possono essere usati
come strumento d'intelligence o di manipolazione,
disinformazione e propaganda. L'azione dei media impone
rapidità di reazione politica e strategica e la pressione
temporale risultante può influire sulla razionalità delle
decisioni. D'altro canto, i media offrono anche interessanti
opportunità a livello sia politico che militare. Per esempio,
possono essere usati per mandare messaggi all'avversario, al
pubblico generico, ai propri soldati e alla popolazione civile
dei paesi in cui vi siano in atto operazioni di supporto alla
pace.
---
"la guerra (...) è condotta per forzare
l'avversario a prendere decisioni politiche
che siano favorevoli ai propri interessi."
"E' l'informazione che crea la realtà."
"Identificare una "giusta causa" per ogni intervento è
divenuta una necessità, sicchè gli obiettivi di "realpolitik"
devono essere mascherati da "idealpolitik"."
da:
The Impact of Media Technology on Military Planning
and Operations
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
I due aspetti di ogni conflitto: Confronto delle Volontà e
Prova di Forza
In ogni conflitto, ci sono due differenti aspetti: il confronto di
opposte volontà politiche e la prova di forza militare. La guerra
non viene condotta per ragioni sue proprie. E' condotta per
forzare l'avversario a prendere decisioni politiche che siano
favorevoli ai propri interessi. Il confronto di volontà può essere
condotto sia attraverso una strategia diretta, attaccando e
distruggendo le forze nemiche e occupando i suoi territori allo
scopo di influenzare le sue decisioni politiche, o attraverso
una strategia indiretta che prenda di mira i centri decisionali
del nemico ("strategia a carciofo", guerra di lunga durata,
guerra psicologica, "softwar", ecc.). In quest'ultimo caso, la
focalizzazione sull'attività strategica non è nè militare nè
territoriale ma giace nel meta-sistema politico e sociale di cui
le forze militari sono un'espressione. Gli aspetti psicologici
sono stati spesso cruciali nelle operazioni militari. Tutte le
guerre sono anche "psico-guerre". Usualmente, la guerra è
limitata. Quindi, ogni proiettile è anche un invito a negoziare
e, da un punto di vista politico, è fondamentalmente un
messaggio. Ciò è molto chiaramente visibile nella brillante
combinazione di diplomazia e forza fatta da Richard
Holbrooke in Bosnia nell'estate del 1995. Minore è l'uso della
forza e più lunga la durata dell'intervento, più grande è
l'importanza della dimensione psicologica dei media. Poche
operazioni possono essere specificamente dirette a supporto di
quest'ultima.
Nuove tecnologie mediatiche e loro effetti politici e
militari
La tecnologia attualmente utilizzata dai media permette loro
di essere più pervasivi e globalizzati quanto mai prima, e di
fornire copertura in tempo reale. E' l'informazione che crea la
realtà. La diffusione in diretta di immagini crea un legame
diretto tra i livelli tattico e politico-strategico. Le azioni
tattiche sono immediatamente amplificate dai media e
acquisiscono un impatto politico. La tradizionale separazione
tra il livello strategico, il livello operativo e quello tattico
nella conduzione delle operazioni è stato sostituito da una grande
sovraimposizione. Anche i comandanti dei livelli inferiori
devono essere ben consapevoli dell'impatto "mediatico" - e
quindi politico - delle loro dichiarazioni ed azioni. Nei corsi
Ufficiali, gli studi sui media non possono più essere
considerati attività secondaria.
Nelle operazioni di supporto alla pace - OOTW - non v'è
linea del fronte e nessun controllo completo può essere
raggiunto sui territori amici. Quindi, i reporters si possono
muovere liberamente. I loro telefoni satellitari e le loro
telecamere possono diffondere istantaneamente e in tutto il
mondo le notizie. Le democrazie non possono facilmente
imporre misure censorie, tenere segreti o restringere i
movimenti dei reporters. I politici hanno bisogno
dell'approvazione dei media e i militari devono cooperare per
ottenerla. I comandanti militari stessi desiderano
l'approvazione dei media, se non altro perchè migliora il
morale delle loro truppe. Atteggiamenti come tentare di
nascondere notizie spiacevoli ai media o esigere il segreto
militare crea sospetti e induce i reporters a violare le regole
allo scopo di assicurare notizie esclusive.
Per ragioni teniche, la televisione non può fornire un contesto
alle immagini che diffonde. La sua logica di mercato la induce
a favorire la spettacolarità e il romanzo piuttosto che la verità.
Come regola, il media tende a criticare piuttosto che capire le
difficoltà incontrate dai militari o la complessità delle
situazioni che essi coprono. Inoltre, sono inclini ad
evidenziare gli aspetti più turpi della guerra, i problemi e i
fallimenti di chi vi è coinvolto. Questa tendenza crea
inevitabili tensioni tra media e militari (Sindrome Vietnam).
A causa della dominanza nei media del tempo reale e della
diretta, come la televisione, e della importanza cruciale del
consenso, la pubblica opinione è divenuta un attore
strategico. Comunque, l'approvazione dei media è spesso
scambiata per consenso pubblico, sebbene le due cose non
sempre coincidano. Il consenso pubblico è determinato pù
dalla forma in cui il messaggio viene convogliato che dal suo
contenuto Questa istanza richiede ulteriori studi. Il consenso
non è lineare e non funziona attraverso i
meccanismi "stimolo-risposta". Esso viene rinforzato dalle
informazioni che riguardano i valori dominanti del pubblico.
L'identificazione di una "giusta causa" per ogni intervento è
divenuta una necessità, così gli obiettivi di "realpolitik"
devono essere mascherati da "idealpolitik".
Naturalmente, queste considerazioni non devono essere fatte
saltuariamente. Alla fine della giornata, è compito della
leadership politica costruire il consenso sulle decisioni
politiche e strategiche più adeguate, piuttosto che decidere
sula base del consenso esistente o sui volatili umori del
pubblico ("videopolitica"). I decisori politici e militari devono
assicurarsi la loro libertà d'azione contro la pressione dei
media. Essi non devono perdere le loro responsabilità allo
scopo di cercare il consenso a tutti i costi. Comunque, il
risultato può essere ottenuto solo se i decisori sono credibili e
se hanno capacità leaderistiche. Altrimenti prevarranno gli
aspetti emotivi e irrazionali.
---
La "softwar" o la guerra mediatica è condotta
con una logica strategica e un meccanismo
simile a quello che governa le armate
combattenti. Quindi, occorre avere sia la
dimensione attiva che passiva, sia quella
difensiva che quella offensiva."
"Oggi, due guerre parallele devono essere condotte: una sul
campo di battaglia e una sui media. (...) La scelta di parole e
segnali è tanto importante quanto la scelta delle armi (..). Le
semiotiche creano una realtà virtuale che è tanto importante
quanto la "reale" realtà del campo di battaglia e che
influenza sia il consenso che le decisioni."
"La pianificazione delle priorità e delle scelte operative
dovrebbe tener conto delle condizioni imposte dai media
(riduzione delle perdite attraverso l'utilizzo di unità corazzate
anzichè di fanteria, rapidità di reazione e breve durata degli
interventi, scelta degli obiettivi; "telegenicità" dei sistemi
d'arma da utilizzare)."
da:
The Impact of Media Technology on Military Planning
and Operations
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
I media e il concetto di guerra di Clausewitz
L'importanza che i media e la pubblica opinione hanno
acquisito, è una delle ragioni che indusse Martin van Creveld
e John Keegan a stabilire che il concetto di guerra di
Clausewitz non è più valido. Secondo loro, nelle società
dell'era dell'informazione non vi è distinzione tra governo,
popolo ed esercito, e la forza militare non può essere usata
razionalmente come uno strumento di politica.
Personalmente, io non condivido questa visione. Il pensiero di
Clausewitz sulla guerra è basato su ciò che il generale
prussiano chiamava "la simpatica trinità" di forze razionali,
arazionali e irrazionali, cioè intelligence strategica, fortuna e
violenza e passione (Aristotele le chiamò "logos", "ethos" e
"pathos"). Tali forze sono, nelle parole di Clausewitz, i tre
magneti nel mezzo dei quali ogni guerra reale è sospesa.
Questa struttura di base non è cambiata, sebbene il
fattore-CNN abbia aumentato l'importanza di passioni ed
emozioni. Per attenersi ai suoi obiettivi politici, la strategia
deve utilizzare il fattore emotivo, o almeno tenerne conto. La
"softwar" o la guerra mediatica è condotta con una logica
strategica e un meccanismo simile a quello che governa le
armate combattenti. Quindi, occorre avere sia la dimensione
attiva che passiva, sia quella difensiva che quella offensiva. La
difesa da sola non basta, anche perchè i media non rispettano
alcuna frontiera. I soldati non devono confinare se stessi alla
reazione: devono prevedere e prevenire. Essi devono, in breve,
avere un'atteggiamento "pro-attivo".
Oggi, due guerre parallele devono essere condotte: una sul
campo di battaglia e una sui media. Le possibilità sorgono dal
combattere guerre "virtuali" basate su strategie "soft"
piuttosto che "hard". La scelta di parole e segnali è tanto
importante quanto la scelta delle armi ("la penna è più potente
della spada"). Le semiotiche creano una realtà virtuale che è
tanto importante quanto la "reale" realtà del campo di
battaglia e che influenza sia il consenso che le decisioni.
Aggiustamento del militare al "fattore-CNN"
I militari dovrebbero imparare a capire i meccanismi e la
logica dei media, i modi in cui questi influenzano le politiche
e le strategie. I militari dovrebbero tener conto, più che nel
passato, delle ripercussioni politiche delle loro decisioni
tecniche e delle loro dichiarazioni ai media. Le relazioni
pubbliche sono divenute una funzione da comando speciale. I
media creano vincoli all'uso della forza. In particolare,
determinano una tendenza a preferire opzioni con bassi rischi,
bassi costi (in termini di perdite) e breve durata. Questo
implica considerare le difficoltà nell'uso della forza militare, in
quanto, in termini strategici, i costi e i rischi impegnati nel
raggiungimento di un obiettivo sono inversamente
proporzionali. Tradizionalmente, una scelta strategica deve
essere fatta tra opzioni di basso costo e alto rischio e alto
costo e basso rischio. L'azione dei media, d'altra parte,
impone una riduzione sia dei costi che dei rischi. Come
risultato, gli obiettivi da perseguire devono essere limitati e la
forza deve essere usata con la massima cautela, resistendo
alla domanda pubblica di intervento o "mission creep".
Rispetto a questo, la cosiddetta "curva-CNN" deve essere
tenuta a mente: la pressione mediatica in favore
dell'intervento militare o l'espansione degli obiettivi di un
intervento rapidamente sfociano in critiche all'intervento
stesso o in domande di ritirata in caso di fallimento, anche
parziale, o se le perdte sono sostenute. Quindi, interventi
navali e aerei tendono ad essere privilegiati rispetto alle azioni
sul terreno, indipendentemente dalla loro utilità. Quanto più
lontano è concepito l'intervento, tanto più tendono ad essere
utilizzati voli cruise e armi riservate per evitare rischi di
perdite e specialmente la cattura di interi equipaggi. La
robotica sui campi da battaglia diverrà molto popolare.
Siccome la logica militare differisce da quella dei media, le
relazioni tra i militari e i media tendono ad essere difficoltose.
I militari sono costretti al segreto, per ragioni di sopresa e
sicurezza. La loro disciplina e gerarchia verticale li rende
particolarmente sensibili alle critiche. Per natura, il militare
tende a censurare o manipolare i media allo scopo di
disinformare e confondere il nemico per prenderlo di sorpresa.
Inoltre, la competizione può sorgere tra militari e media su chi
informerà per primo i politici (Bush dichiarò che le sue
decisioni erano basate più sulle informazioni della CNN che
sul quelle della CIA). I miitari possono anche essere tentati ad
usare presunte "falle" di informazione per influenzare le
decisioni delle leadership politiche o militari.
I media possono anche influenzare la coesione di alleanze
multinazionali (oggi, le crisi disgregano le alleanze, piuttosto
che unificarle, al contrario di quanto accadeva nel periodo
della guerra fredda). I comandi multinazionali sono
generalmente incapaci di imporre una comune politica
comunicativa. Anche l'ONU evita di farlo, per mantenere la
sua immagine neutrale. Il contingente nazionale tenterà,
comunque, di mantenere buone relazioni con altri media
nazionali. Quindi, se un contingente nazionale impone
restrizioni più strette degli altri, le possibilità che si creino
tensioni e divisioni tra le varie nazioni, e tra ogni esercito
nazionale e i media, aumentano. Il rischio innesca
un'escalation di domanda dei media.
L'incolumità dei reporters è un'istanza particolarmente
critica. I reporters tendono a muoversi autonomamente e a
violare le regole decise dai comandi militari al fine di ottenere
notizie o immagini esclusive. Il sistema del "circo mediatico",
cioè, l'accordo fra reporters, è solo limitatamente effettivo in
questo contesto.
I militari devono tener presente i bisogni legittimi dei media. I
loro sistemi di comunicazione dovrebbero evolvere al di là
degli ottusi bollettini ufficiali: devono essere introdotti grafici,
animazioni, chiare e semplici spiegazioni degli obiettivi e degli
scopi delle operazioni. Dovrebbe verificarsi la tendenza a
"saturare" i media, anche al fine di riuscire a preservare il
segreto delle informazioni confidenziali senza sollevare
sospetti, speculazioni e critiche. La strategia comunicativa
dovrebbe essere elaborata ed esplicitata da staff specializzati
(comunque, mentre è abbastanza facile persuadere un
generale a non sottomettersi ad un'operazione di appendicite,
è a volte abbastanza difficile convincerlo a tacere e che le
relazioni con i media richiedono una professionalità
specifica!)
Teoricamente, le informazioni dovrebbero essere tenute
abbastanza separate dalla guerra psicologica, la
disinformazione e la propaganda. In pratica, ad ogni modo,
tale distinzione è molto difficile e i tentativi di attuarla
possono tramutarsi in disastri, compromettendo la credibilità
dei militari agli occhi dei reporters. Gli unici vantaggi che i
militari detengono sono la vastità del teatro delle operazioni,
l'esclusività sulle informazioni e sugli "eint" satellitari, e la
disponibilità di armi a lunga gittata che agiscono al di fuori
della raggiungibilità mediatica.
La logica dei media
I media, e specialmente la televisione, seguono una logica di
mercato: velocità, esclusiva sulle notizie, spettacolarità e
drammatizzazione dominano sul contesto, sulle analisi e sulle
interpretazioni dei fatti, sulle verifiche e sulla veridicità
dell'informazione. La critica alle azioni delle leadership
politiche e militari "vende" molto di più di una approvazione o
di una informazione neutra. E' noto che l'operatore mediatico
esperto è forgiato dallo sviluppo della tecnologia che utilizza. I
corrispondenti di guerra come quelli operanti nella seconda
guerra mondiale, che potevano interpretare i fatti e porli nel
loro contesto appropriato, non esistono più. Questo può
essere spiegato in parte dal fatto che l'interesse per la politica
estera e le strategie si è diffusa tra la gente e che la stampa ha
perso importanza rispetto alla diffusione delle immagini.
Spesso, la decisione deve essere presa sotto gli occhi attenti di
telecamere che sono pronte ad evidenziare ogni problema e
incongruenza. Il militare non può uscire da gioco anche
perchè i decisori politici chiedono la sua cooperazione per la
costruzione del consenso.
Comunque, non sono solo i militari che devono adeguarsi alla
nuova realtà. Anche i media dovrebbero trovare risposte
adeguate alla legittima domanda: come possono i
media lottare contro la manipolazione? Come possono evitare
la manipolazione nascosta, facendo una chiara distinzione tra
fatti e commenti nei programmi tv? Come possono fornire un
background generale alle immagini trasmesse? Come
possono tener conto della loro naturale tendenza ad
influenzare il pubblico con effetti originati dalla combinazione
di immagini drammatiche e commenti?
Cooperazione tra militari e media
Considerare i media come avversari sleali che devono esere
evitati o combattuti, è l'errore più serio che i militari possono
commettere. Nelle società democratiche, i reporters non
possono rinunciare al loro diritto di informazione e critica.
Sebbene seguano la logica di mercato, i reporter devono avere
il loro codice etico, che è meno ragionevole di quanto
comunemente si pensi. Molti esempi provano questo. Per
esempio, il reporter che vide la 24ma divisione meccanizzata
nel Golfo muoversi con il suo equipaggiamento "bridge", capì
perfettamente cosa ciò significasse, ma mantenne il silenzio.
Le esperienze provano che il dialogo e la cooperazione tra i
militari e i media sono possibili. Sono simili a quelle
relazioni stabilite tra membri di una coalizione. Il militare
dovrebbe capire a fondo la logica e i bisogni dei media e
dovrebbe "selezionare le sue parole" valutandone la
consistenza con l'effetto che quelle frasi avranno sulla
pubblica opinione e sui reporters stessi. Di quando in quando,
regole chiare e ragionevoli devono essere definite quanto più
si tratta di informazioni cruciali. Le relazioni media-militari,
quindi, non sono un gioco a somma zero e nemmeno a
somma negativa. Se correttamente organizzate, possono
sfociare in un gioco a somma positiva. L'informazione è un
diritto/dovere, su cui giacciono le basi per il corretto
funzionamento di ogni sistema democratico, e la
manipolazione o la disinformazione danno origine ad istanze
di legittimità costituzionale e non solo di legalità. In più, la
critica dei media contribuisce a migliorare le decisioni
politiche e strategiche. I media possono essere usati per
informare il pubblico sugli scopi e gli obiettivi perseguiti, per
mandare messaggi al nemico, per fare operazioni di guerra
trasparente (OOTW), per ottenere cooperazione dalle
popolazioni locali (basta pensare al successo della Radio IBIS,
del contingente italiano in Somalia) o per depistare il nemico
(come nella guerra del Golfo, dove l'enfasi si pose sulle
esercitazioni di terra dei marines).
D'altra parte, poche operazioni possono essere specialmente
evidenziate per ottenere gli scopi preferiti dai media (armi non
letali; coordinazione delle operazioni e delle azioni mediatiche
effettuate dagli sloveni nel'estate del 1991, ecc..). La
pianificazione delle priorità e delle scelte operative dovrebbe
tener conto delle condizioni imposte dai media (riduzione
delle perdite attraverso l'utilizzo di unità corazzate anzichè di
fanteria, rapidità di reazione e breve durata degli interventi,
scelta degli obiettivi; "telegenicità" dei sistemi d'arma da
utilizzare).
Commenti finali
In conclusione, i militari dovrebbero imparare a capire la
logica e i meccanismi di funzionamento dei media e adeguare
la loro gestione alle richieste della "geoinformazione". Nello
stesso tempo, i reporters dovrebbero migliorare le loro
conoscenze delle necessità e dei condizionamenti operativi, e
il pubblico generico e le elites politiche dovrebbero imparare a
capire meglio la realtà e gli imperativi militari. In breve, l'era
della geoinformazione richiede più elevati livelli di cultura
militare nella società. Solo così sarà possibile operare scelte
razionali e mantenere il consenso e il "fattore CNN" potrà
essere prevenuto dall'eccessiva influenza sulle scelte politiche
e strategiche.
- fine -
fonte:
http://www.starfarm.it/casd/home/html/pubblicazioni.html
In questa relazione il generale C. Jean analizza il rapporto
media-militari dal lato dei militari, per la conduzione di quella
che chiama "softwar". Si tratta di un'interessante punto di
vista per capire a grandi linee quali strategie mediatiche
vengono utilizzate, e in linea di massima preferite, dagli
apparati militari. Pat
fonte:
http://www.starfarm.it/casd/home/html/pubblicazioni.html
---
"i media offrono anche interessanti oppportunità a livello sia
politico che militare. Per esempio, possono essere utilizzati
per inviare messaggi all'avversario, al pubblico generico, alle
proprie truppe e alla popolazione civile dei Paesi in cui vi
siano attività di supporto alla pace."
L'impatto della tecnologia dei media sulla pianificazione
e sulle operazioni militari
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
L'età della Geoinformazione
La geoinformazione, non la geoeconomia, ha rimpiazzato la
geostrategia come strumento geopolitico più importante. La
presente analisi non si occupa dell'impatto diretto della
rivoluzione dell'informazione sulla strategia e sulle
operazioni, cioè la Guerra Basata sull'Informazione
(Information-Based Warfare nell'originale, ndr) o la
Rivoluzione negli Affari Militari (Revolution in Military
Affairs nell'originale, ndr) (RMA). Essa si focalizza sulle
relazioni militare-media e sulle comunicazioni di "softwar"
che devono essere condotte contestualmente alla "cyberwar"
e alla "netwar" sul campo di battaglia.
Lo sviluppo delle tecnologie dei media ha portato quasi una
rivoluzione nella diffusione di notizie che ha un impatto
significativo sulla sicurezza e sull'uso della forza militare, in
cui al primo posto vi è ciò che a volte viene detta Rivoluzione
negli Affari della Sicurezza (RSA). La RSA è pensata per
essere ancora più cruciale della RMA. Costringe politici e
militari a spostare la loro attenzione dagli aspetti "hard" agli
aspetti "soft" della sicurezza. In occidente, l'importanza della
softwar trae origine anche dalla sparizione della minaccia
diretta agli interessi vitali occidentali, come dalla difficoltà di
mantenere il consenso interno della popolazione e l'unità
dell'Alleanza quando vi siano interessi divergenti degli stati
membri coinvolti. Il cosiddetto "fattore CNN" è spesso
responsabile di insidiare la razionalità delle scelte di politica e
strategia. Nonostante il suo nome, tuttavia, questo fenomeno
non fu inventato dalla CNN. Si tratta di un inevitabile
sottoprodotto dei media odierni, e non può essere vinto
introducendo regolamenti appositi o, ancor meno, con la
semplice condanna. Politiche e strategie non sono più una
prerogativa d'elite. Esse sono divenute attività di massa. I
leader politici e militari non possono più nascondersi dietro il
segreto di gabinetto o del consiglio di guerra, perchè i media
sono pervasivi e non sono soggetti a barriere o frontiere.
Quindi, l'atteggiamento passivo, protettivo utilizzato nel
passato deve essere rimpiazzato da un approccio più attivo e
dinamico.
Comunicazione, Politica e Strategia
L'influenza della comunicazione su politica, strategia e tattica
non è una storia nuova. Basta pensare alle trombe di Jericho e
ai principi di Sun Tzu. Negli ultimi due secoli, ci sono state
molte spinte tecnologiche nella diffusione di notizie. Mentre
nel passato l'informazione era una prerogativa esclusiva di
governi e generali, ora i media e le agenzie di stampa sono in
grado di diffonderla in tutto il mondo anche prima che
raggiunga i decisori poltici e militari. L'informazione è potere
e la sua tempestività è decisiva. Nell'era dell'informazione, il
tempo ha rimpiazzato lo spazio come dimensione strategica
più importante. Sebbene questo fenomeno sia già esistito,
oggi è quantitativamente diverso dal passato. Nei paesi
democratici, i media non solo influenzano le elite politiche e il
pubblico consenso, ma hanno anche una influenza cruciale
sulle scelte operative. Possono restringere la libertà d'azione,
ostacolare la sorpresa e la sicurezza e possono essere usati
come strumento d'intelligence o di manipolazione,
disinformazione e propaganda. L'azione dei media impone
rapidità di reazione politica e strategica e la pressione
temporale risultante può influire sulla razionalità delle
decisioni. D'altro canto, i media offrono anche interessanti
opportunità a livello sia politico che militare. Per esempio,
possono essere usati per mandare messaggi all'avversario, al
pubblico generico, ai propri soldati e alla popolazione civile
dei paesi in cui vi siano in atto operazioni di supporto alla
pace.
---
"la guerra (...) è condotta per forzare
l'avversario a prendere decisioni politiche
che siano favorevoli ai propri interessi."
"E' l'informazione che crea la realtà."
"Identificare una "giusta causa" per ogni intervento è
divenuta una necessità, sicchè gli obiettivi di "realpolitik"
devono essere mascherati da "idealpolitik"."
da:
The Impact of Media Technology on Military Planning
and Operations
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
I due aspetti di ogni conflitto: Confronto delle Volontà e
Prova di Forza
In ogni conflitto, ci sono due differenti aspetti: il confronto di
opposte volontà politiche e la prova di forza militare. La guerra
non viene condotta per ragioni sue proprie. E' condotta per
forzare l'avversario a prendere decisioni politiche che siano
favorevoli ai propri interessi. Il confronto di volontà può essere
condotto sia attraverso una strategia diretta, attaccando e
distruggendo le forze nemiche e occupando i suoi territori allo
scopo di influenzare le sue decisioni politiche, o attraverso
una strategia indiretta che prenda di mira i centri decisionali
del nemico ("strategia a carciofo", guerra di lunga durata,
guerra psicologica, "softwar", ecc.). In quest'ultimo caso, la
focalizzazione sull'attività strategica non è nè militare nè
territoriale ma giace nel meta-sistema politico e sociale di cui
le forze militari sono un'espressione. Gli aspetti psicologici
sono stati spesso cruciali nelle operazioni militari. Tutte le
guerre sono anche "psico-guerre". Usualmente, la guerra è
limitata. Quindi, ogni proiettile è anche un invito a negoziare
e, da un punto di vista politico, è fondamentalmente un
messaggio. Ciò è molto chiaramente visibile nella brillante
combinazione di diplomazia e forza fatta da Richard
Holbrooke in Bosnia nell'estate del 1995. Minore è l'uso della
forza e più lunga la durata dell'intervento, più grande è
l'importanza della dimensione psicologica dei media. Poche
operazioni possono essere specificamente dirette a supporto di
quest'ultima.
Nuove tecnologie mediatiche e loro effetti politici e
militari
La tecnologia attualmente utilizzata dai media permette loro
di essere più pervasivi e globalizzati quanto mai prima, e di
fornire copertura in tempo reale. E' l'informazione che crea la
realtà. La diffusione in diretta di immagini crea un legame
diretto tra i livelli tattico e politico-strategico. Le azioni
tattiche sono immediatamente amplificate dai media e
acquisiscono un impatto politico. La tradizionale separazione
tra il livello strategico, il livello operativo e quello tattico
nella conduzione delle operazioni è stato sostituito da una grande
sovraimposizione. Anche i comandanti dei livelli inferiori
devono essere ben consapevoli dell'impatto "mediatico" - e
quindi politico - delle loro dichiarazioni ed azioni. Nei corsi
Ufficiali, gli studi sui media non possono più essere
considerati attività secondaria.
Nelle operazioni di supporto alla pace - OOTW - non v'è
linea del fronte e nessun controllo completo può essere
raggiunto sui territori amici. Quindi, i reporters si possono
muovere liberamente. I loro telefoni satellitari e le loro
telecamere possono diffondere istantaneamente e in tutto il
mondo le notizie. Le democrazie non possono facilmente
imporre misure censorie, tenere segreti o restringere i
movimenti dei reporters. I politici hanno bisogno
dell'approvazione dei media e i militari devono cooperare per
ottenerla. I comandanti militari stessi desiderano
l'approvazione dei media, se non altro perchè migliora il
morale delle loro truppe. Atteggiamenti come tentare di
nascondere notizie spiacevoli ai media o esigere il segreto
militare crea sospetti e induce i reporters a violare le regole
allo scopo di assicurare notizie esclusive.
Per ragioni teniche, la televisione non può fornire un contesto
alle immagini che diffonde. La sua logica di mercato la induce
a favorire la spettacolarità e il romanzo piuttosto che la verità.
Come regola, il media tende a criticare piuttosto che capire le
difficoltà incontrate dai militari o la complessità delle
situazioni che essi coprono. Inoltre, sono inclini ad
evidenziare gli aspetti più turpi della guerra, i problemi e i
fallimenti di chi vi è coinvolto. Questa tendenza crea
inevitabili tensioni tra media e militari (Sindrome Vietnam).
A causa della dominanza nei media del tempo reale e della
diretta, come la televisione, e della importanza cruciale del
consenso, la pubblica opinione è divenuta un attore
strategico. Comunque, l'approvazione dei media è spesso
scambiata per consenso pubblico, sebbene le due cose non
sempre coincidano. Il consenso pubblico è determinato pù
dalla forma in cui il messaggio viene convogliato che dal suo
contenuto Questa istanza richiede ulteriori studi. Il consenso
non è lineare e non funziona attraverso i
meccanismi "stimolo-risposta". Esso viene rinforzato dalle
informazioni che riguardano i valori dominanti del pubblico.
L'identificazione di una "giusta causa" per ogni intervento è
divenuta una necessità, così gli obiettivi di "realpolitik"
devono essere mascherati da "idealpolitik".
Naturalmente, queste considerazioni non devono essere fatte
saltuariamente. Alla fine della giornata, è compito della
leadership politica costruire il consenso sulle decisioni
politiche e strategiche più adeguate, piuttosto che decidere
sula base del consenso esistente o sui volatili umori del
pubblico ("videopolitica"). I decisori politici e militari devono
assicurarsi la loro libertà d'azione contro la pressione dei
media. Essi non devono perdere le loro responsabilità allo
scopo di cercare il consenso a tutti i costi. Comunque, il
risultato può essere ottenuto solo se i decisori sono credibili e
se hanno capacità leaderistiche. Altrimenti prevarranno gli
aspetti emotivi e irrazionali.
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La "softwar" o la guerra mediatica è condotta
con una logica strategica e un meccanismo
simile a quello che governa le armate
combattenti. Quindi, occorre avere sia la
dimensione attiva che passiva, sia quella
difensiva che quella offensiva."
"Oggi, due guerre parallele devono essere condotte: una sul
campo di battaglia e una sui media. (...) La scelta di parole e
segnali è tanto importante quanto la scelta delle armi (..). Le
semiotiche creano una realtà virtuale che è tanto importante
quanto la "reale" realtà del campo di battaglia e che
influenza sia il consenso che le decisioni."
"La pianificazione delle priorità e delle scelte operative
dovrebbe tener conto delle condizioni imposte dai media
(riduzione delle perdite attraverso l'utilizzo di unità corazzate
anzichè di fanteria, rapidità di reazione e breve durata degli
interventi, scelta degli obiettivi; "telegenicità" dei sistemi
d'arma da utilizzare)."
da:
The Impact of Media Technology on Military Planning
and Operations
Gen. Carlo Jean - Roma (5 Novembre, 1996)
---
I media e il concetto di guerra di Clausewitz
L'importanza che i media e la pubblica opinione hanno
acquisito, è una delle ragioni che indusse Martin van Creveld
e John Keegan a stabilire che il concetto di guerra di
Clausewitz non è più valido. Secondo loro, nelle società
dell'era dell'informazione non vi è distinzione tra governo,
popolo ed esercito, e la forza militare non può essere usata
razionalmente come uno strumento di politica.
Personalmente, io non condivido questa visione. Il pensiero di
Clausewitz sulla guerra è basato su ciò che il generale
prussiano chiamava "la simpatica trinità" di forze razionali,
arazionali e irrazionali, cioè intelligence strategica, fortuna e
violenza e passione (Aristotele le chiamò "logos", "ethos" e
"pathos"). Tali forze sono, nelle parole di Clausewitz, i tre
magneti nel mezzo dei quali ogni guerra reale è sospesa.
Questa struttura di base non è cambiata, sebbene il
fattore-CNN abbia aumentato l'importanza di passioni ed
emozioni. Per attenersi ai suoi obiettivi politici, la strategia
deve utilizzare il fattore emotivo, o almeno tenerne conto. La
"softwar" o la guerra mediatica è condotta con una logica
strategica e un meccanismo simile a quello che governa le
armate combattenti. Quindi, occorre avere sia la dimensione
attiva che passiva, sia quella difensiva che quella offensiva. La
difesa da sola non basta, anche perchè i media non rispettano
alcuna frontiera. I soldati non devono confinare se stessi alla
reazione: devono prevedere e prevenire. Essi devono, in breve,
avere un'atteggiamento "pro-attivo".
Oggi, due guerre parallele devono essere condotte: una sul
campo di battaglia e una sui media. Le possibilità sorgono dal
combattere guerre "virtuali" basate su strategie "soft"
piuttosto che "hard". La scelta di parole e segnali è tanto
importante quanto la scelta delle armi ("la penna è più potente
della spada"). Le semiotiche creano una realtà virtuale che è
tanto importante quanto la "reale" realtà del campo di
battaglia e che influenza sia il consenso che le decisioni.
Aggiustamento del militare al "fattore-CNN"
I militari dovrebbero imparare a capire i meccanismi e la
logica dei media, i modi in cui questi influenzano le politiche
e le strategie. I militari dovrebbero tener conto, più che nel
passato, delle ripercussioni politiche delle loro decisioni
tecniche e delle loro dichiarazioni ai media. Le relazioni
pubbliche sono divenute una funzione da comando speciale. I
media creano vincoli all'uso della forza. In particolare,
determinano una tendenza a preferire opzioni con bassi rischi,
bassi costi (in termini di perdite) e breve durata. Questo
implica considerare le difficoltà nell'uso della forza militare, in
quanto, in termini strategici, i costi e i rischi impegnati nel
raggiungimento di un obiettivo sono inversamente
proporzionali. Tradizionalmente, una scelta strategica deve
essere fatta tra opzioni di basso costo e alto rischio e alto
costo e basso rischio. L'azione dei media, d'altra parte,
impone una riduzione sia dei costi che dei rischi. Come
risultato, gli obiettivi da perseguire devono essere limitati e la
forza deve essere usata con la massima cautela, resistendo
alla domanda pubblica di intervento o "mission creep".
Rispetto a questo, la cosiddetta "curva-CNN" deve essere
tenuta a mente: la pressione mediatica in favore
dell'intervento militare o l'espansione degli obiettivi di un
intervento rapidamente sfociano in critiche all'intervento
stesso o in domande di ritirata in caso di fallimento, anche
parziale, o se le perdte sono sostenute. Quindi, interventi
navali e aerei tendono ad essere privilegiati rispetto alle azioni
sul terreno, indipendentemente dalla loro utilità. Quanto più
lontano è concepito l'intervento, tanto più tendono ad essere
utilizzati voli cruise e armi riservate per evitare rischi di
perdite e specialmente la cattura di interi equipaggi. La
robotica sui campi da battaglia diverrà molto popolare.
Siccome la logica militare differisce da quella dei media, le
relazioni tra i militari e i media tendono ad essere difficoltose.
I militari sono costretti al segreto, per ragioni di sopresa e
sicurezza. La loro disciplina e gerarchia verticale li rende
particolarmente sensibili alle critiche. Per natura, il militare
tende a censurare o manipolare i media allo scopo di
disinformare e confondere il nemico per prenderlo di sorpresa.
Inoltre, la competizione può sorgere tra militari e media su chi
informerà per primo i politici (Bush dichiarò che le sue
decisioni erano basate più sulle informazioni della CNN che
sul quelle della CIA). I miitari possono anche essere tentati ad
usare presunte "falle" di informazione per influenzare le
decisioni delle leadership politiche o militari.
I media possono anche influenzare la coesione di alleanze
multinazionali (oggi, le crisi disgregano le alleanze, piuttosto
che unificarle, al contrario di quanto accadeva nel periodo
della guerra fredda). I comandi multinazionali sono
generalmente incapaci di imporre una comune politica
comunicativa. Anche l'ONU evita di farlo, per mantenere la
sua immagine neutrale. Il contingente nazionale tenterà,
comunque, di mantenere buone relazioni con altri media
nazionali. Quindi, se un contingente nazionale impone
restrizioni più strette degli altri, le possibilità che si creino
tensioni e divisioni tra le varie nazioni, e tra ogni esercito
nazionale e i media, aumentano. Il rischio innesca
un'escalation di domanda dei media.
L'incolumità dei reporters è un'istanza particolarmente
critica. I reporters tendono a muoversi autonomamente e a
violare le regole decise dai comandi militari al fine di ottenere
notizie o immagini esclusive. Il sistema del "circo mediatico",
cioè, l'accordo fra reporters, è solo limitatamente effettivo in
questo contesto.
I militari devono tener presente i bisogni legittimi dei media. I
loro sistemi di comunicazione dovrebbero evolvere al di là
degli ottusi bollettini ufficiali: devono essere introdotti grafici,
animazioni, chiare e semplici spiegazioni degli obiettivi e degli
scopi delle operazioni. Dovrebbe verificarsi la tendenza a
"saturare" i media, anche al fine di riuscire a preservare il
segreto delle informazioni confidenziali senza sollevare
sospetti, speculazioni e critiche. La strategia comunicativa
dovrebbe essere elaborata ed esplicitata da staff specializzati
(comunque, mentre è abbastanza facile persuadere un
generale a non sottomettersi ad un'operazione di appendicite,
è a volte abbastanza difficile convincerlo a tacere e che le
relazioni con i media richiedono una professionalità
specifica!)
Teoricamente, le informazioni dovrebbero essere tenute
abbastanza separate dalla guerra psicologica, la
disinformazione e la propaganda. In pratica, ad ogni modo,
tale distinzione è molto difficile e i tentativi di attuarla
possono tramutarsi in disastri, compromettendo la credibilità
dei militari agli occhi dei reporters. Gli unici vantaggi che i
militari detengono sono la vastità del teatro delle operazioni,
l'esclusività sulle informazioni e sugli "eint" satellitari, e la
disponibilità di armi a lunga gittata che agiscono al di fuori
della raggiungibilità mediatica.
La logica dei media
I media, e specialmente la televisione, seguono una logica di
mercato: velocità, esclusiva sulle notizie, spettacolarità e
drammatizzazione dominano sul contesto, sulle analisi e sulle
interpretazioni dei fatti, sulle verifiche e sulla veridicità
dell'informazione. La critica alle azioni delle leadership
politiche e militari "vende" molto di più di una approvazione o
di una informazione neutra. E' noto che l'operatore mediatico
esperto è forgiato dallo sviluppo della tecnologia che utilizza. I
corrispondenti di guerra come quelli operanti nella seconda
guerra mondiale, che potevano interpretare i fatti e porli nel
loro contesto appropriato, non esistono più. Questo può
essere spiegato in parte dal fatto che l'interesse per la politica
estera e le strategie si è diffusa tra la gente e che la stampa ha
perso importanza rispetto alla diffusione delle immagini.
Spesso, la decisione deve essere presa sotto gli occhi attenti di
telecamere che sono pronte ad evidenziare ogni problema e
incongruenza. Il militare non può uscire da gioco anche
perchè i decisori politici chiedono la sua cooperazione per la
costruzione del consenso.
Comunque, non sono solo i militari che devono adeguarsi alla
nuova realtà. Anche i media dovrebbero trovare risposte
adeguate alla legittima domanda: come possono i
media lottare contro la manipolazione? Come possono evitare
la manipolazione nascosta, facendo una chiara distinzione tra
fatti e commenti nei programmi tv? Come possono fornire un
background generale alle immagini trasmesse? Come
possono tener conto della loro naturale tendenza ad
influenzare il pubblico con effetti originati dalla combinazione
di immagini drammatiche e commenti?
Cooperazione tra militari e media
Considerare i media come avversari sleali che devono esere
evitati o combattuti, è l'errore più serio che i militari possono
commettere. Nelle società democratiche, i reporters non
possono rinunciare al loro diritto di informazione e critica.
Sebbene seguano la logica di mercato, i reporter devono avere
il loro codice etico, che è meno ragionevole di quanto
comunemente si pensi. Molti esempi provano questo. Per
esempio, il reporter che vide la 24ma divisione meccanizzata
nel Golfo muoversi con il suo equipaggiamento "bridge", capì
perfettamente cosa ciò significasse, ma mantenne il silenzio.
Le esperienze provano che il dialogo e la cooperazione tra i
militari e i media sono possibili. Sono simili a quelle
relazioni stabilite tra membri di una coalizione. Il militare
dovrebbe capire a fondo la logica e i bisogni dei media e
dovrebbe "selezionare le sue parole" valutandone la
consistenza con l'effetto che quelle frasi avranno sulla
pubblica opinione e sui reporters stessi. Di quando in quando,
regole chiare e ragionevoli devono essere definite quanto più
si tratta di informazioni cruciali. Le relazioni media-militari,
quindi, non sono un gioco a somma zero e nemmeno a
somma negativa. Se correttamente organizzate, possono
sfociare in un gioco a somma positiva. L'informazione è un
diritto/dovere, su cui giacciono le basi per il corretto
funzionamento di ogni sistema democratico, e la
manipolazione o la disinformazione danno origine ad istanze
di legittimità costituzionale e non solo di legalità. In più, la
critica dei media contribuisce a migliorare le decisioni
politiche e strategiche. I media possono essere usati per
informare il pubblico sugli scopi e gli obiettivi perseguiti, per
mandare messaggi al nemico, per fare operazioni di guerra
trasparente (OOTW), per ottenere cooperazione dalle
popolazioni locali (basta pensare al successo della Radio IBIS,
del contingente italiano in Somalia) o per depistare il nemico
(come nella guerra del Golfo, dove l'enfasi si pose sulle
esercitazioni di terra dei marines).
D'altra parte, poche operazioni possono essere specialmente
evidenziate per ottenere gli scopi preferiti dai media (armi non
letali; coordinazione delle operazioni e delle azioni mediatiche
effettuate dagli sloveni nel'estate del 1991, ecc..). La
pianificazione delle priorità e delle scelte operative dovrebbe
tener conto delle condizioni imposte dai media (riduzione
delle perdite attraverso l'utilizzo di unità corazzate anzichè di
fanteria, rapidità di reazione e breve durata degli interventi,
scelta degli obiettivi; "telegenicità" dei sistemi d'arma da
utilizzare).
Commenti finali
In conclusione, i militari dovrebbero imparare a capire la
logica e i meccanismi di funzionamento dei media e adeguare
la loro gestione alle richieste della "geoinformazione". Nello
stesso tempo, i reporters dovrebbero migliorare le loro
conoscenze delle necessità e dei condizionamenti operativi, e
il pubblico generico e le elites politiche dovrebbero imparare a
capire meglio la realtà e gli imperativi militari. In breve, l'era
della geoinformazione richiede più elevati livelli di cultura
militare nella società. Solo così sarà possibile operare scelte
razionali e mantenere il consenso e il "fattore CNN" potrà
essere prevenuto dall'eccessiva influenza sulle scelte politiche
e strategiche.
- fine -
fonte:
http://www.starfarm.it/casd/home/html/pubblicazioni.html