Estratti dal libro "La risposta"

(Edizioni internazionali "Beta", Roma 1998) che contiene le
trascrizioni di numerose interviste effettuate a Mirjana Markovic nel
corso degli anni.
Il libro e' stato tradotto e pubblicato in Italia come anche i volumi
"La domanda" ed "Il giorno e la notte". Nel corso degli anni Novanta
gli scritti della Markovic sono stati tradotti in molte lingue,
comprese l'indiano ed il cinese. Tuttavia, in Italia i libri di cui
sopra non sono stati recensiti da nessuno affinche' le opinioni della
dirigente della JUL (Sinistra Unita Jugoslava) non si potessero
conoscere se non attraverso la distorsione della propaganda
guerrafondaia ed antijugoslava dei nostri media. (I.S.)

(A cura di I. Istrijan. Le nostre note tra parentesi quadre)

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DALLA PREFAZIONE:

...Ci sono, nelle sue risposte, dei veri valori letterali. C'è pure la
lungimiranza. C'è pure la stanchezza. Ma c'è pure la speranza che è
oggi l'unica medicina per le ferite aperte...

Aleksandar Popovic

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SI CERCA LA NUOVA JUGOSLAVIA
intervista di Hadzi Dragan Antic a Mira Markovic e Stjepan Mesic
per la rivista "Intervju", marzo 1991.

[L'intervista è preceduta da un testo introduttivo a firma di Hadzi
Dragan Antic comprendente anche anche le biografie degli intervistati]

Continuando a pubblicare le doppie interviste, la redazione in questo
numero ha scelto come propri interlocutori la prof. dott. Mira
Markovic e Stjepan Mesic.
Venerdi, 8 marzo 1991, il giornalista H.D. Antic ha parlato con il
signor Mesic a Zagabria e con la compagna Markovic a Belgrado. Agli
intervistati ha posto 14 domande uguali. Alla fine li ha pregati di
porsi reciprocamente una domanda di loro scelta
[che vi riproponiamo]:

M.Markovic: Visto che per molti anni è stato comunista, oggi come si è
trovato di destra?

S. Mesic: Proprio perché provengo da una tale famiglia, proprio per il
fatto che nella mia famiglia ci siamo sempre parlati apertamente, sono
arrivato alla conclusione che non è un qualunque comunismo ne' il
periodo di transizione al socialismo l'obiettivo che renderà felice la
gente. Sono arrivato alla conclusione che bisogna creare una nuova
società efficace nella quale sarà garantita il più possibile la
massima libertà civile e umana e per questo faccio parte di questo
partito HDZ [il partito di Tudjman] che non è di destra , ma è
un partito di centro. [sic! Ricordiamo che il CNJ riportò a suo
tempo la notizia di quando S. Mesic - attuale presidente della Croazia
- volle promuovere agli onori di generale eroe nazionale della guerra
di Liberazione 1941-1945 un suo zio che, dagli albori della guerra al
1945, cambio' bandiera per ben cinque volte.]

Mesic: Essendo una donna ragionevole e colta, la dr Markovic davvero
pensa che i nostri obiettivi possono essere il socialismo e il
comunismo? E' davvero convinta che l'obiettivo di questa società
possono essere il socialismo e il comunismo?

Markovic: Nelle nozioni sulla società teoriche ed empiriche delle
quali disponiamo oggi niente mette in dubbio la possibilità di un
percorso che porti a una società sviluppata economicamente e
culturalmente e in cui sia eliminato lo sfruttamento e la
sottomissione politica delle persone.
In molti paesi sviluppati del capitalismo occidentale oggi è in corso
un processo di socializzazione che li avvicina a una siffatta società.
A una tale società si avvicinerano anche i paesi socialisti,
attraverso il processo di riforme economiche politiche che li
introducono in una fase successiva dello sviluppo. La domanda sul
senso del socialismo si basa in questo momento sulle esperienze
empiriche del socialismo contemporaneo e si ha spesso il pregiudizio
che queste esperienze sono tali da screditare in partenza anche l'idea
stessa del socialismo. Queste esperienze offrono molto materiale
e quasi degli argomenti per le conclusioni profane, piuttosto
conservatrici e in ogni caso astoriche.
Tutte le difficoltà, le deformazioni e i fallimenti del socialismo
contemporaneo, a partire dai suoi finti regimi come era quello romeno,
i blocchi economici, la pietrificazione del sistema e la chiusura
culturale, fanno parte di un percorso storico di un nuovo sistema
sociale durante il quale molte illusioni e molti errori potevano
essere evitati, ma che in nessun caso può svolgersi su una strada
spianata e senza ostacoli. E gli ostacoli, naturalmente, non sono una
buona ragione per rinunciare al cammino.
Le società che non hanno per obiettivo il movimento e lo sviluppo,
cioè i cui ideali si riducono allo status quo o al ritorno al passato,
verranno in conflitto con la storia e vivranno con minori possibilità
di eliminare con successo le conseguenze di questo conflitto.
Per quanto riguarda la società comunista, essa finora non è stata
realizzata da nessuna parte e nessuno ha tentato nemmeno di
realizzarla. E' un sistema sociale realizzabile nelle condizioni
tipiche di un grande sviluppo economico della società e anche
di tutte le forme della coscienza sociale molto sviluppate. Perciò
ogni discorso sulla società comunista esistita finora e sul suo
fallimento è quanto meno poco serio. Questo equivoco, sulla presunta
società comunista finora esistita che adesso in Europa viene demolita,
si dovrebbe cominciare a chiarirlo prima di tutto dagli intellettuali,
dagli esperti. Senza aver paura che i motivi e gli argomenti con i
quali spiegherebbero questo equivoco abbiano una base politica o
ideologica. L'unica base sulla quale questo equivoco può essere
chiarito è la verità scientifica.

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LA JUGOSLAVIA E' STATA DISTRUTTA DA COLORO CHE NON L'HANNO COSTRUITA O
DAI LORO DISCENDENTI".
Dall'intervista al quotidiano "Borba", dicembre 1992

"Non sapevo neanche di amarla tanto"

D. - Qual'è il suo atteggiamento nei confronti dell'ex Jugoslavia?

R. - Le dirò qualcosa che non è di moda.
Ciò che penso è in contrasto con lo stato d'animo ufficiale e
dominante in tutte le repubbliche dell'ex Jugoslavia, che può esser
identificato quale spirito nazionalista, separatista e antijugoslavo.
Io credo nella Jugoslavia. Nella Jugoslavia com'era prima di
quest'ultima guerra. Non posso prevedere la velocità con la quale essa
si costituirà di nuovo. Nutro la speranza personale e profonda che ciò
accadrà prima di quanto pensano coloro che l'hanno disintegrata.
Ma, indipendentemente dalla mia aspettativa individuale e forse
irrazionale che ciò accada presto, ci sono molti elementi razionali
che fanno pensare alla sua ricostituzione come a una necessità
economica, politica e culturale, come all'esito storico dei
processi e delle relazioni che si svolgono in questa parte della
penisola balcanica.
I popoli jugoslavi sono nonostante tutto piccoli per poter
sopravvivere nelle condizioni attuali da soli, cioè per poter
mantenere, isolati gli uni dagli altri, la propria indipendenza
economica, politica e culturale. E nello stesso tempo i popoli
jugoslavi sono reciprocamente talmente legati storicamente,
economicamente, culturalmente e demograficamente che la loro
definitiva separazione nazionale, anche se la volessero, sarebbe
impossibile.
Nei gruppi primari, nella famiglia, nella microsfera della società,
questi legami tra gli appartenenti a diversi popoli sono estremamente
profondi, razionali ed emotivi e sono piuttosto resistenti alla
politica, alla propaganda, così che sopravvivono anche nelle
condizioni della guerra civile e tribale.
In base a questi legami la Jugoslavia si costituirà nuovamente, ma
pure adesso ci sono molte persone che semplicemente e testardamente
continuano a considerare la propria patria la "ex Jugoslavia".
Se fossero loro a decidere, se fossero presenti nei mezzi
d'informazione, nei parlamenti e nei governi, la Jugoslavia si
ricostruirebbe velocemente. Ma tali persone sono estromesse da tutti
gli ambienti in cui si decide. Del resto, se loro fossero stati lì
dove si decide, alcuni anni fa, la Jugoslavia non si sarebbe
disintegrata e la guerra non sarebbe accaduta.
La Jugoslavia è stata disintegrata da chi non l'ha costruita o dai
rispettivi discendenti. L'analisi delle biografie degli ideologi
nazionalisti di spicco in tutta l'ex Jugoslavia, dimostrerebbe il vero
volto di questa guerra: in queste biografie non ci sono vittime cadute
per la Jugoslavia, non c'è quel profondo dolore per essa né
quell'amore passionale che motivavano quelli che l'hanno costruita e
conservata.
Quanto a me personalmente, ho amato la Jugoslavia da sempre. Ma non
sapevo neanche di amarla tanto finché non è stata ferita, finché non
si è trovata in pericolo. Nonostante questa guerra, non ho provato
alcun odio per i croati, per i musulmani o per gli albanesi. Continuo
a essere convinta che siamo fratelli. Per la verità, fratelli matti e
rozzi. Perciò vedo la soluzione per i popoli jugoslavi nella pace e
nella vita comune. Ma anche in una società che permetterà loro di
vivere in modo più umano e di essere loro stessi più umani.
E così, la Jugoslavia rimane per sempre la mia patria. Ho insegnato ai
miei figli di amarla prima di avere insegnato loro a leggere e a
scrivere. E anche se potessi, ma non posso, dir loro adesso di non
amare la Jugoslavia, perché quell'amore non è vero, sarebbe inutile -
loro l'amano già. Per mio merito o per mia colpa. Spero, il tempo
lo dimostrerà, che sia un merito.