I DANNATI DEL KOSOVO
1. Proiezione a Ravenna Mercoledì 14 maggio.
Manifestazione contro la base di Pisignano il 17 maggio.
2. Riflessioni di Curzio Bettio dopo la visione del film "I dannati
del Kosovo", proiettato a Padova.
Traduzione italiana di due interviste agli autori del video.
Anche alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CollonPadova.doc
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--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Red * Ghost" <red-ghost@...> ha
scritto:
- Ravenna
Mercoledì 14 maggio
Redazione Laboratorio Sociale - Collettivo Red Ghost - Studenti in
Lotta
Organizzano
presso il Cinema JOLLY.doc
Via Renato Serra
ORE 21
proiezione del documentario
I DANNATI DEL KOSOVO
di M. Collon e V.Stojiljkovic
Per vedere quello che i media non mostrano.
Per capire la "democrazia" della NATO.
Introduce Claudia Benedetti
(Comitato gettiamo le basi - Cervia)
---
- Cesena
Sabato 17 Maggio h. 9.00
Piazzale K. Marx (stazione FFSS)
MANIFESTAZIONE-CORTEO
Contro il massacro infinito:
continuiamo la mobilitazione!
· Per la chiusura della base NATO di Pisignano e la sua riconversione
a struttura della protezione civile. No al dislocamento dei nuovi
caccia-bombardieri "F16" e alle munizioni ad uranio impoverito !
· No ai ricatti e ai preparativi di nuove guerre "preventive".
· Per il ritiro delle truppe USA-GB e del contingente italiano
dall'Iraq.
· Solidarietà alla popolazione irachena
Comitato promotore: Assemblea cittadina contro la guerra - Assemblea
studentesca - Verdi - Progetto comunista - Pellerossa autogestito -
Giovani Comunisti - Partito dei comunisti italiani - Rifondazione
Comunista (Federazione di Cesena) - Gruppo R.esistenza
adesioni:
Ravenna: collettivo Red Ghost, redazione Laboratorio Sociale, Cobas
scuola, Verdi
Cervia: Comitato gettiamo le basi
Per adesioni e info:
momotombo@...
360842434
--- Fine messaggio inoltrato ---
=== 2 ===
--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., chinino@... ha scritto:
Vi invio in allegato un documento che può essere utilizzato anche
frammentandolo, se lo riterrete opportuno, sulla proiezione dibattito
avvenuta a Padova il 25 marzo del film "I dannati del Kosovo":
partecipazione di numeroso pubblico (circa 150 persone), buono il
dibattito, molte cassette acquisite. La Stojikovic e Collon bravissimi
controinformatori.
Curzio di Soccorso Popolare di Padova
Il documento si puo' scaricare alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/
CollonPadova.doc
---
Padova, 26 marzo 2003
Riflessioni di Curzio Bettio, di Soccorso Popolare di Padova, dopo la
visione del film "I dannati del Kosovo", proiettato alla scuola media
Donatello di Padova, a cura di cittadini compagni del Veneto che hanno
sempre denunciato gli orrori delle guerre imperialiste, ieri contro la
Jugoslavia, ed oggi contro il popolo dell'Iraq.
Veramente rilevante la partecipazione e dibattito sicuramente
efficace.
Il film è il frutto della collaborazione fra Vanessa Stojilkovic,
regista, e Michel Collon, giornalista e scrittore.
Vanessa Stojilkovic, venticinque anni, ha perso diversi membri della
sua famiglia durante la guerra e si è impegnata nel montaggio del
film, soprattutto per raccontare una verità oggi taciuta dai media:
"Lo stress della guerra e dei bombardamenti ha provocato pesanti e
diffusi problemi di ipertensione che la popolazione non ha il modo di
curare.
I tumori, causati dall'inquinamento chimico e radioattivo per Uranio
Depleto delle falde acquifere e del suolo, si sviluppano ad una
velocità spaventosa.
Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio della guerra
per tutta la Jugoslavia non è rappresentato soltanto dai morti, ma
dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla loro
mancanza di futuro...".
Michel Collon, giornalista e scrittore belga, particolarmente attento
al meccanismo dei media e dell'informazione, e impegnato nello
smascheramento delle média-menzogne, ha pubblicato Attention
médias! (1992), Poker menteur (dedicato ad un'analisi delle guerre in
Jugoslavia, 1998), Monopoly: L'Otan à la conquête du monde (2000).
Sulla Jugoslavia ha girato anche il film Sous les bombes de l'Otan.
Macbeth, atto II, scena II
MACBETH
???
Che mani sono queste? Ah! Mi strappano gli occhi.
Basterà tutto il grande oceano di Nettuno
a lavare questo sangue dalla mia mano?
Quattro anni fa, il 24 marzo del 1999, cominciavano i bombardamenti
della NATO sulla Jugoslavia, che non risparmiavano case, scuole,
ospedali, ospizi, ponti, fabbriche, stazioni, vite innocenti, e
facevano largo impiego - come già in Iraq nel 1991 e in Bosnia nel
1995 - di proiettili all'Uranio impoverito.
Era la "guerra umanitaria", per la liberazione del Kosovo, per
contrastare la "pulizia etnica"!
Ma cosa ne è oggi del Kosovo, dopo 4 anni di occupazione militare di
truppe della NATO, e con la presenza di una gigantesca base militare
USA, Camp Bondsteel, che ospita 18.000 marines?
Gli elementi raccolti nel corso della recente missione della
Commissione Diritti Umani del Senato italiano sono eloquenti: 230.000
Serbi ancora sfollati; nessun dialogo né integrazione tra i diversi
gruppi etnici, rappresentati, oltre che dagli albanesi e dai serbi,
anche dalle minoranze bosniache, croate, turche, rom, askalija e
gorani; intimidazioni, vessazioni, omicidi sono all'ordine del giorno.
Il "ritorno alla normalità" è ben lontano.
Il sentimento prevalente è la paura. Se un Serbo si ammala ed ha
bisogno di un ospedale, o riesce a ricoverarsi all'ospedale serbo di
Mitrovica, o rinuncia al ricovero, perché ha paura di non uscirne
vivo.
122 chiese, e luoghi di culto cristiani ortodossi sono stati fatti
saltare in aria dall'UCK, e tanti monasteri hanno bisogno di essere
presidiati militarmente in permanenza per evitare la loro distruzione.
L'economia del Kosovo è al collasso, con interi settori produttivi
bloccati e una disoccupazione al 70%, mentre l'80% del PIL è frutto
delle attività del crimine organizzato.
La presenza di decine di migliaia di militari e di civili stranieri ha
sconvolto le tradizionali gerarchie sociali e retributive, dando vita
ad un'economia gonfiata.
Cosa sta succedendo in Kosovo?
Il nuovo film di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic, "I dannati del
Kosovo", rompe il generale silenzio.
"Cacciata dal suo appartamento di Pristina, Maria si è salvata solo
perché parlava albanese. Suo nipote, interprete dell'ONU, è stato
ferocemente assassinato.
Il marito di Silvana è stato rapito e la donna non ne sa più nulla da
due anni.
La loro casa di Stanimir è stata bruciata.
Cosa hanno in comune queste persone? Il fatto di essere Serbi e di
vivere, o meglio, sopravvivere in Kosovo.
I mezzi di informazione non parlano più di questa regione.
Il film si basa su una ventina di interviste, in cui le vittime
raccontano con toccante dignità le loro sofferenze.
"Ho girato questo reportage in Kosovo - ci dice Collon - per rendermi
conto della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze
nazionali. Mi ricordavo bene di una frase di Clinton pronunciata nel
momento in cui dava inizio il 24 marzo 1999 ai bombardamenti sulla
Jugoslavia: "La nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la
popolazione del Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese.
Provate ad immaginare che cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e
questi poveretti fossero massacrati, proprio davanti alla porta della
NATO. L'organizzazione ne uscirebbe totalmente screditata".
Clinton parlava degli Albanesi, ma cosa è successo oggi dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali che vivevano in Kosovo da secoli?
Vivono sicuri con 45.000 soldati della NATO nel loro paese?
Ho visto un cumulo di sofferenze, di cui in Occidente non si ha
nessun'idea, perché i mezzi di informazione non ci parlano più del
Kosovo.
Altrimenti dovrebbero parlarci quotidianamente di attentati
dinamitardi, omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e
angoscia nelle famiglie, minacce continue...
Il bilancio è disperante: una vera pulizia etnica ha scacciato dal
Kosovo la maggior parte dei non-albanesi, e quelli che sono rimasti
vivono nel terrore. La NATO non solo non mette un freno a queste
violenze, ma - come si documenta nel film - è spesso complice con gli
autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK...".
Questo film rompe il generale silenzio sull'argomento, per far
comprendere che cosa succede in una zona strategica quando essa viene
sottoposta ad occupazione militare da parte della NATO; per valutare,
a posteriori, quali sono i frutti prodotti da tutte le sofisticate
demagogie sulle "guerre umanitarie", i "diritti umani" e la
"democratizzazione"; per indagare sulle ragioni strutturali e reali
della guerra.
Gli autori hanno ritenuto necessario non dimenticare, e non lasciare
sole le vittime di un'aggressione rivelatasi ingiusta e compiuta per
motivi politici, economici e militari, estranei a qualunque logica di
preteso "intervento umanitario".
Sulla scorta delle esperienze passate, possiamo credere alle
motivazioni addotte per la nuova aggressione "umanitaria" contro
l'Iraq?
Questa aggressione viene condotta spacciandola per una guerra di
"liberazione da una dittatura", che avviene però all'ombra di una
bandiera dove sta scritto il motto "colpire e terrorizzare".
L'incubo della "guerra di liberazione dell'Iraq", ci fa rivivere
ancora oggi la vergogna della "guerra umanitaria" del Kossovo, che ha
visto come protagonisti importanti i governanti dell'Italia nel 1999,
con Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, e la coalizione del
centro-sinistra, responsabili di aver contribuito a colpire, a
terrorizzare un intero popolo, quello Jugoslavo, insanguinandosi le
mani di fronte alla storia, non mostrando ancora adesso alcun
sentimento di pentimento e di autocritica, incapaci di rimuovere la
macchia disonorante, senza più fare alcun riferimento alla realtà
delle cose da loro ingenerate, senza alcun desiderio di fare i conti
con le loro illegittime scelte, che hanno prodotto la catastrofe di un
intero tessuto sociale in Jugoslavia.
Era prevedibile che tutto questo venisse non infondatamente rievocato
dal centro-destra, che ora si permette di buttare in faccia la
vergogna a tutti coloro che hanno promosso la guerra sanguinaria
contro il popolo Serbo, ipocritamente sotto tacendo che anche essi
stessi che ora accusano avevano contribuito sostanzialmente
all'aggressione.
In una lettera di Edgardo Bonalumi a "il Manifesto" di oggi, 26 marzo
2003, si afferma: "Succede così di vedere, nelle tante maratone
televisive, Melandri e Letta ( ma anche la Livia Turco, e nelle
televisioni regionali del Veneto Gallo e Ruzzante dei DS) sostenere
goffamente che allora non fu violata la Costituzione, perché si agiva
nell'ambito NATO. (Senza mai tenere in conto le dimostrazioni di
Andreotti, al Senato, di come persino il trattato della NATO fosse
stato violato nella guerra alla Jugoslavia). O di assistere al
balbettio di Pecoraro Scanio, ( dei Verdi ecologisti, umanitari,
assertori che un altro mondo è possibile), il quale non trova di
meglio che inventarsi che "allora era d'accordo anche il Papa".
Ed ecco, da Costanzo, l'esibizione di Massimo D'Alema, che difende la
sua guerra in un modo talmente supponente e pretestuoso, da spingere
il pubblico del Teatro Parioli, sempre così benevolo verso l'Ulivo, ad
indirizzare applausi liberatori alle facili confutazioni di un
pensatore come Belpietro (direttore de "il Giornale").
E oggi riecco il Nostro (D'Alema) sulla Stampa, saldo come una roccia:
"D'Alema non cambia idea".
E' noto che una memoria lunga è spesso d'ostacolo all'azione politica,
nella quale è utile a volte saper dimenticare: ma la ferita del Kosovo
è troppo recente e troppo profonda per essere archiviata o peggio,
rimossa.
Anzi, è proprio in queste giornate drammatiche, dentro la grande onda
pacifista che ha sollevato il Paese, è proprio ora che occorre
ricordare, discutere, contestare quelle scelte, come garanzia che non
abbiano a ripetersi.
E allora ripetiamolo fino alla noia: l'Italia fu portata in una guerra
di aggressione a uno Stato sovrano, in violazione della Carta
dell'Onu, del Trattato del Nord Atlantico, della Costituzione
repubblicana.
Al Parlamento fu consentito votare solo ad attacco già iniziato. Nei
settantotto giorni di bombardamenti devastanti, i governi alleati si
macchiarono di numerosi crimini di guerra (uno per tutti: la strage
proditoria di giornalisti, tecnici, civili, compiuta con la scelta di
bombardare la torre sede della Televisione Jugoslava a Belgrado).
Bohumil Hrabal usava citare un cartello esposto in una tintoria di
Praga. C'era scritto: "Si avvisa la Spettabile Clientela che alcune
macchie non possono essere cancellate senza intaccare le fibre del
tessuto".
La guerra del Kosovo è una di queste macchie. E il tessuto va
intaccato, con una riflessione autocritica di fondo, o almeno con un
rinnovamento della futura leadership ristretta del centro sinistra che
metta da parte i principali responsabili di quel misfatto. Per ora il
solo Cofferati, che pure porta una responsabilità infinitamente
minore, ha avviato un ripensamento serio. (Questo punto trova il
sottoscritto in pieno disaccordo, in quanto un'organizzazione di massa
del mondo del lavoro, la CGIL, non ha proclamato un'ora di sciopero in
appoggio alle sofferenze dei lavoratori della Serbia, che vedevano
distrutte sotto le bombe le infrastrutture e i centri di produzione,
che garantivano loro il lavoro e un salario: per tutto ciò i dirigenti
della CGIL sono altrettanto colpevoli, come i dirigenti del Governo
D'Alema, dello stato di indigenza e di disoccupazione di tanti
lavoratori della Jugoslavia). Altri segnali non se ne vedono."
Questa classe politica del centro-sinistra può ricevere il consenso e
la fiducia dei cittadini che attualmente dichiarano "no alla guerra
imperialista", "no allo strapotere della potenza Statunitense"?
Risulta veramente improponibile questa assunzione di fiducia, non
tanto per una condanna morale inappellabile riferita al passato,
quanto per una preoccupazione politica che riguarda il futuro: perché
i D'Alema, i Rutelli, i Fassino, ci stanno dicendo che, se si
ripresentassero circostanze analoghe a quelle di allora, sarebbero
pronti ad una nuova guerra!
***
Intervista a Michel Collon,
specialista in menzogne mediatiche e in strategie imperialiste, e a
Vanessa Stojilkovic, regista del film "I dannati del Kosovo".
Consuntivo dopo i loro numerosi dibattiti in Europa.
Dove va il movimento contro la guerra, e come potrà consolidarsi?
"Noi, saremmo sempre "in ritardo di una guerra"..."
Un sasso nello stagno! Il recente libro di Guy Spitaels, ex-Presidente
del PS belga, [Guy Spitaels, L'improbable équilibre, L. Pire,
Bruxelles, gennaio 2003], dimostra a qual punto l'opinione Europea è
stata menata per il naso all'epoca della guerra contro la Jugoslavia.
Ora, se si sono tratte delle lezioni da quella guerra, la costruzione
del movimento contro la guerra e di un fronte "STOP USA" su scala
Europea dovrebbe mettersi in moto assolutamente in modo immediato.
Intervistatore: Antoine Renard
Michel Collon, il recente libro dell'ex Presidente del PS belga, ha
dovuto procurarvi un curioso effetto. Egli ha scritto, in
controcorrente a tutto quello che ci avevano detto, che la guerra
contro la Jugoslavia è stata voluta dagli Stati Uniti per insediare la
loro presenza militare in Bosnia, in Kosovo, in Macedonia, " comunque
sempre vicino all'oleodotto che deve arrivare dal Mar Nero verso
l'Adriatico ".
Esattamente come la tesi espressa nei vostri libri "Poker menteur" del
1998 e " Monopoly" del gennaio del 2000. Da tanti anni voi andate
ripetendo: " Tutte queste guerre mirano al controllo delle vie del
petrolio. "
Michel Collon: Effettivamente! Cosa che non aveva detto quando era al
potere; il suo partito si è cacciato in tutte le guerre collegate con
gli Stati Uniti! Non è il primo uomo politico a dire un po' di verità,
una volta arrivato alla pensione. Alcuni farebbero meglio a scrivere
le loro memorie prima di fare carriera!
A.R.: Voi protestate, dato che i media vi hanno censurato quando
affermavate quelle cose!
M.C.: E come! Le Soir (del Belgio) che lo ha intervistato, per
esempio, ha sistematicamente boicottato queste analisi, ha rifiutato
qualsiasi confronto. Idem Le Monde, Libé, le maggiori reti televisive,
a parte qualche giornalista della RTBF.
E io protesto perché la loro propaganda in favore della guerra, e i
loro silenzi sui sordidi interessi economici delle multinazionali,
tutte queste menzogne hanno consentito che la Jugoslavia venisse
bombardata. Che questo paese adesso subisca la dittatura del FMI,
proprio quando in Kosovo la situazione è peggiore di prima, tanto da
nascondercela. E soprattutto, tutta questa propaganda ha incoraggiato
gli Stati Uniti a credere che tutto sia loro permesso, e a scatenare
nuove guerre!
A.R.: Allora, non vi resta che lavorare sotto uno pseudonimo, e fare
la pubblicità al suo libro?
M.C.: Sì, io trovo che la sinistra dovrebbe leggere questo libro dal
contenuto vecchio, e chiedersi perché ci ha cancellato completamente
per dieci anni. Ma, come io condivido la sua constatazione
dell'imperialismo USA, io respingo anche a fondo la sua conclusione?
A.R.: Dato che Spitaels invoca la creazione di un esercito europeo?
M.C.: Esattamente, la maggior parte dei circoli dirigenti europei
vuole creare un Euro-esercito, per impossessarsi di regioni e di
materie prime strategiche. Per favorire le loro proprie
multinazionali, al posto di permettere agli USA di arraffare la torta
completa... Di conseguenza Spitaels reclama per l'Europa il " diritto
d'ingerenza ", vale a dire il diritto al neocolonialismo.
A.R.: Vanessa, in quanto giovane Francese di origine jugoslava, con
tutta la vostra famiglia laggiù, avete dovuto soffrire di questi
pregiudizi e di questa guerra di propaganda?
Vanessa Stojilkovic: Sì, avevo 13 anni quando la guerra è scoppiata, e
di colpo, in Francia, io sono diventata una " sporca Serba ". Avevo un
bel dire che alla televisione non dicevano la verità, nessuno mi
ascoltava. Sì, sono stata traumatizzata dalle tante morti nella mia
famiglia jugoslava, dalla morte raccapricciante di un cugino.
A.R.: Qual' è stato il vostro sentimento nel realizzare il film "I
dannati del Kosovo", che mostra la pulizia etnica attuale delle
minoranze non albanesi: Serbi, Ebrei, Roms, Musulmani, Turchi, Gorani,
e che espone i veri obiettivi strategici USA, quindi l'installazione
in Kosovo della super-base militare di Camp Bondsteel ?
V.S.: Quando ho montato le immagini, eccezionali, che Michel aveva
riportato dal Kosovo, con tutte quelle sofferenze che ora ci vengono
nascoste, alle quali io ho aggiunto le scene degli effetti dei
bombardamenti, mi sono sentita molto triste per non aver potuto fare
di più per la mia famiglia.
Bush aveva cominciato allora a minacciare l'Iraq. Dunque, dato che era
troppo tardi per i morti jugoslavi, io ho voluto fare un film "
preventivo". Per difendere l'Iraq.
Se noi potremo dimostrare che ogni guerra era motivata da interessi
economici, allora noi aiuteremo la gente a difendersi contro la
prossima propaganda di guerra. E mostrare la facciata inumana, barbara
delle grandi potenze.
A.R.: Ma la Yugoslavia non rimane ancora un soggetto tabù per la
sinistra? Si sono smascherate le tante mediamenzogne sull'Iraq, ma
sulla Jugoslavia questo è meno evidente.
M.C.: Giusto, non esiste alcun bilancio critico di questa
disinformazione. Per questo, varrebbe la pena di prestare fede, ad
esempio, alle recenti dichiarazioni del generale di brigata Bo
Pellnas, che era a capo degli osservatori ONU in Croazia: "La squadra
della Madeleine Albright e del Dipartimento di Stato ha presentato
false prove contro Milosevic, delle foto satellitari manipolate.
Rifiutando di mostrare a noi i loro documenti. La superiorità tecnica
degli USA permette loro di fabbricare prove false. Se gli USA
presentassero le prove rispetto alle armi di distruzione di massa
Irachene, i paesi Europei non avrebbero i mezzi per un loro
riscontro.".
L'informazione su Milosevic è stata largamente manipolata,
assimilandolo con certe milizie Serbe di Bosnia. E soprattutto si è
nascosto che le multinazionali volevano smantellare l'autogestione
jugoslava e fare man bassa delle ricchezze del paese.
V.S.: In realtà, la Jugoslavia, come l'Iraq, sono state attaccate e
demonizzate, dato che resistevano all'egemonia degli USA.
A.R.: Andando in questo modo controcorrente, non temete a vostra volta
di essere demonizzati come " pro-Milosevic " ?
M.C.: Attenzione, riflettiamo bene e giustamente su questo processo di
demonizzazione. Chi ha il potere di informare (o di disinformare)?
Quello che sta avvenendo oggi, è questa immensa rivolta contro la
guerra imperialista degli Stati Uniti, è magnifico, ma bisogna andare
più lontano. I progressisti sono costretti a porsi la domanda: "E le
guerre precedenti? Ci hanno mentito nelle stessa maniera?" Io chiedo
che in questi giorni si guardi anche la CNN e le altre televisioni
USA: quando si prende visione di questa enorme macchina di propaganda,
delle sue mediamenzogne fabbricate, di questa sofisticata imbottitura
del cervello con tecniche stile Hollywood, bene, ci si accorgerà che
hanno fatto esattamente lo stesso nelle guerre precedenti, e che i
mezzi di informazione di massa europei li hanno imitati!
Oggi, perché certi governi europei si oppongono a Bush? Soprattutto
perché la Total non vuole essere esclusa dal Medio Oriente da parte
della Shell e dalla Esso. Di colpo, i media europei hanno il diritto
di dirci che si tratta di una guerra imperialista degli USA.
V.S.: Ma L'Europa ha partecipato alla guerra contro la Jugoslavia,
l'Europa ha bombardato il mio paese, ricordiamocelo!
M.C.: Allora, mi domando due cose: 1. Esaminiamo seriamente se le
guerre del passato sono state, o no, imbottite con mediamenzogne. 2.
Domandiamoci se TF1 ha il coraggio di dire che le guerre francesi in
Africa sono egualmente imperialiste.
Sì, queste guerre mirano a proteggere il saccheggio delle risorse da
parte delle multinazionali francesi che rovinano quelle popolazioni.
Accidenti, sicuramente?domani che voi vedrete questo a TF1 !
V.S.: Domandiamoci anzitutto perché ne' TF1, ne' le altre televisioni
non dicono più una parola sulla situazione che regna adesso nel mio
paese ricolonizzato! La popolazione vi crepa di fame. Sono apparsi i
mendicanti per le strade. Per due volte, la gente ha decisamente
rifiutato di andare a votare. Il primo ministro assassinato era
detestato, nessuno lo piange. Quante volte avevo sentito dire laggiù:
"Bisogna farlo cadere, ci ha venduto, noi e il nostro paese, per
arricchirsi personalmente, e noi non abbiamo di che mangiare e nulla
per curarci!"
A fronte dell'aumento di scioperi, il governo del FMI ha approfittato
dell'assassinio per instaurare lo stato di emergenza. Il diritto di
sciopero è stato vietato (non sospeso, vietato!) ed è stata imposta
una violenta repressione. Nel silenzio dei media per i quali " si
cercano appunto i colpevoli"...
A.R.: Dunque, voi siete di ritorno da un giro di proiezioni-dibattiti
sul vostro film in molti paesi europei. Le vostre impressioni?
V.S.: In tutti questi dibattiti le persone comprendono bene perché noi
colleghiamo l'Iraq alla Jugoslavia. Soprattutto quando noi spieghiamo
la situazione economica e sociale che si accanisce sulla Serbia.
D'altronde anche sulla Croazia, dove i sindacati hanno chiamato allo
sciopero generale.
E sul Kosovo, e sulla Bosnia occupate, dove la disoccupazione arriva
al 60% !
A.R.: Ma non vi viene detto mai: " Ma perché parlare della Jugoslavia?
Adesso è l'Iraq di attualità! " ?
V.S.: Sì, ci viene domandato. Ma si tratta di un errore. Prima di
tutto, è necessario rendere giustizia a quel popolo aggredito, la
storia non si cancella. Poi, mostrando i crimini che oggi commette
l'imperialismo USA in Kosovo, noi abbiamo fatto un'azione utile
all'Iraq: si può vedere che un'occupazione da parte degli Stati Uniti
costituisce una catastrofe. Un donna serba molto anziana dice nel
nostro film: " I bombardamenti non erano poi tanto gravi. Ora non
osiamo lo stesso uscire per la strada, dobbiamo rinchiuderci in casa a
doppia mandata ogni giorno. Non è cosa buona, si dovrebbe poter vivere
come fratelli."
Noi abbiamo voluto fare un film perché la gente comprendesse una volta
per tutte la natura delle guerre condotte dall'imperialismo. Che le
persone abbiano i mezzi per analizzare in modo autonomo tutte le
prossime guerre. Fornire loro la chiave di lettura!
A.R.: Corrisponde al vero che degli spettatori abbiano reagito così:
"Il vostro film, è una bomba!" ?
M.C.: Sì, è avvenuto parecchie volte, in posti diversi, ma quasi con
le stesse parole. Le persone si rendono conto che a loro sono stati
nascosti i fatti essenziali, che sono stati presi per il naso.
A.R.: All'epoca, si diceva che nei Balcani gli Stati Uniti sostenevano
i Musulmani. Come reagiscono gli Arabi al vostro film?
M. C.: Molto bene. La sorte riservata ai Palestinesi e agli Iracheni
ha dimostrato che Washington non è assolutamente " l'amico " dei
Musulmani. E il nostro film evidenzia che anch'essi oggi sono vittime
della pulizia etnica nel Kosovo.
Vittime dell'UCK che hanno come santi protettori gli Stati Uniti.
V.S.: In quanto Serba, io sono stata demonizzata, ma gli Arabi, in
Europa lo sono da quarant'anni. La gioventù immigrata, di origine
araba, vive una realtà catastrofica. Fate l'esperienza di cercare un
alloggio fuori dai ghetti delle " ZUP ", se voi avete un nome arabo o
un accento straniero! E se voi domandate un impiego, rischierete di
avvelenarvi il sangue davanti a tanta ingiustizia!
Mi ricordo che un professore mi aveva spiegato che in periodi di crisi
economica, è necessario sempre un capro espiatorio. Oggi sono gli
Arabi.
Io trovo che hanno molto sangue freddo nel controllare la loro calma
di fronte a tanta propaganda di odio e di legge ingiuste: perciò è
possibile sbatterli da 10 anni in centri chiusi, dispendiose scuole di
delinquenza, finanziate largamente, anche quando le sovvenzioni per
gli altri tipi di scuole non cessano di diminuire. Esiste proprio una
volontà di criminalizzare questa gioventù discendente dagli immigrati.
Hanno addossato a noi Serbi un'immagine mediatica molto negativa con
l'obiettivo di legittimare la guerra. Un giorno, a Parigi, durante una
manifestazione di Serbi contro i bombardamenti, ho sentito un uomo che
passava da quelle parti dire ai suoi due bambini: "Presto, andiamocene
da qui, altrimenti ci scambiano per Serbi."
A.R.: Quattro anni dopo la guerra, siete sempre colpiti dai
pregiudizi?
V.S.: Ma sicuramente! Quando il nostro film è stato proiettato alla
Sorbona, la prestigiosa Università di Parigi, la prima domanda che un
francese ci ha posto dopo la proiezione è stata: "Perché le cose siano
chiare, qual è la nazionalità di Vanessa?". La domanda sottintendeva:
se lei è Serba, non è proprio credibile!
M.C.: Spesso riscontriamo ancora questa mentalità: "La Francia, è il
paese dei diritti dell'uomo, il 1789 e tutto il resto?Noi, sappiamo e
possiamo giudicare il mondo, abbiamo il diritto di ingerenza?" Il
neocolonialismo è ben lontano dall'essere cancellato da tutti gli
animi.
E' arrivato il tempo di rovesciare le mentalità, e non solamente in
Francia: i paesi europei che hanno ingenerato le due guerre più
spaventose della Storia, e che hanno colonizzato, vale a dire
saccheggiato il mondo intero, questi paesi imperialisti non possono
far la lezione a nessuno, ma piuttosto devono mettersi nei panni delle
loro vittime. La maggior parte delle persone incontrate, questo lo
capisce bene?
A.R.: Perché scegliere la forma "film"? Un libro non era sufficiente?
M.C.: Con un film, si ha la possibilità di portare la gente del mondo
intero all'interno stesso del Kosovo, fare sentire da vicino quelle
terribili sofferenze, che si vogliono nascondere. Le persone di tutto
il mondo hanno potuto vedere Maria sconvolta per l'omicidio del suo
giovane nipote, assassinato dall'UCK. O Stanimir, la cui casa è stata
bruciata, dire che lui non rimproverava nulla ai suoi amici albanesi,
ma solamente ai terroristi dell'UCK. O un uomo albanese spiegare che
aveva dovuto fuggire in quanto sposato con una donna Serba. E quindi
capire che si trattava di una guerra della globalizzazione, non di una
guerra umanitaria.
Per questo, sono estremamente riconoscente a Vanessa di aver
contribuito al film con tutto il suo talento e il suo accanito lavoro.
Dalla selezione delle immagini, dalla costruzione della sceneggiatura,
fino all'enorme lavoro di montaggio, uno non può supporre quanto tempo
e quanta cura siano necessari: è possibile impiegare una giornata
intera per "montare" dieci secondi! Ai miei occhi, è importante che la
sinistra possa utilizzare dei mezzi audiovisivi moderni, già da adesso
è possibile passare dei filmati su Internet, questo va sempre più
diffondendosi, dunque si ha un gran bisogno di giovani come Vanessa
che si lancino coraggiosamente in questa battaglia!
A.R. Lei, Michel Collon, è molto più anziano e conosciuto di Vanessa,
che ha solo 25 anni! Le persone, non hanno forse la tendenza a
rivolgersi unicamente a lei?
M.C.: Sì; diciamolo: a volte (o spesso?) esiste un qualche razzismo
antigiovanile , in ogni caso una mancanza di fiducia, non vengono
presi troppo sul serio. Ma se si desidera che un altro mondo sia
possibile, bisogna preparare, formare e dunque dare fiducia a questa
nuova generazione!
A.R.: Il bilancio del vostro film, è positivo?
V.S.: Largamente! Questa è la maniera che noi abbiamo scelto per
militare?
A.R.: Vale a dire?
V.S.: Anzitutto, noi lanciamo il film in un Paese per un giro di
proiezioni con dibattito. Nei cinema o in altri luoghi, possibilmente
molto partecipati, con il sostegno di associazioni locali dinamiche,
di campagne di informazioni e di diffusione utilizzando e-mails.
Questo ci ha permesso di incontrare qualche migliaio di persone in
Francia, in Belgio, in Spagna... Domani partiamo per un giro in
Italia. Prima possibile saranno pronte versioni in lingua straniera,
in inglese, olandese, serbo, russo, arabo...
M.C.: Questo ci ha permesso di entrare in contatto con numerose
persone, soprattutto giovani, che ci hanno presentato le loro
testimonianze, i loro problemi politici, i loro progetti, i loro
suggerimenti... Questo ci arricchisce tantissimo. E dovere rispondere
a tante domande, non sempre dalla semplice risposta, questo ci ha
spinto ad approfondire le cose, e a migliorare i nostri
insegnamenti...
A.R.: Comunque voi mettete in vendita la cassetta del film, anche
individualmente?
V.S.: Ed è estremamente incoraggiante di vedere le persone
mobilitarsi, e acquistare la nostra cassetta (9 Euros). Non come
souvenir, ma per fare militanza, prestandola e proiettandola ad amici
e quindi discutere. Poi ci inviano e-mails o lettere con i risultati,
le reazioni. Che io annoto scrupolosamente in un mio piccolo
quaderno...
A.R.: Degli esempi?
V.S.: Inoltre il film mi ha permesso di riconciliarmi con alcuni amici
che erano stati influenzati dai mezzi di informazione francesi.
Attualmente, loro mi sostengono e mi incoraggiano. Alcuni si sono
messi a militare. Mia madre e mia sorella sono diventate attiviste
contro l'attuale guerra.
In più, molti Jugoslavi ci hanno ringraziato con le lacrime agli occhi
per avere finalmente fatto uscire la verità. Una donna croata che ha
dovuto abbandonare il suo paese a causa della terribile campagna
antiserba. Un professore della Sorbona che aveva rinunciato ad
esprimersi di fronte alla sordità e all'intolleranza dei suoi
colleghi.
La storia più tremenda che ho sentito è quella di una donna serba di
Bosnia che abita in Francia: lei è in pensione, ma continua a lavorare
perché ha bisogno di denaro per riscattare le teste dei suoi morti dai
mercenari islamisti che servivano il governo bosniaco di Izetbegovic.
Riscattare le teste dei suoi parenti per potere sotterrarle con il
resto delle spoglie!
Psicologicamente, non è possibile uscire indenni da una tale
propaganda, da una così grande ingiustizia, da tante atrocità. Le
persone non possono nemmeno immaginare fino a quel punto si possa
essere distrutti.
Ancora oggi, non posso trattenermi dal piangere quando vedo alla TV
una corrispondenza propagandistica contro gli Jugoslavi, piango per
sfogare la mia collera. Nello stesso modo come ho pianto di fronte ai
preparativi di guerra contro l'Iraq, pensando all'angoscia di quella
gente lontana, la stessa angoscia che io ho vissuto.
M.C.: Oggi, masse enormi di persone si rendono conto che la guerra
contro l'Iraq è scandalosa, malgrado tutti i pretesti usati dalla
propaganda. Allora, facciamo un bilancio serio di tutte le guerre
precedenti!
Se quello stesso presidente del PS ci viene a dire che ci hanno
manipolato, facciamo in modo che il movimento contro la guerra
acquisisca una base solida per le sue azioni future. Che si proceda ad
una prova della serietà dei media!
A.R.: Avete dei progetti?
V.S.: Esistono nel mondo una grande quantità di paesi minacciati di
diventare il bersaglio degli USA. Io mi sento moralmente obbligata di
dar loro voce, che spieghino perché saranno aggrediti, di palesare le
mediamenzogne...
A.R.: C'è molto lavoro da fare!
V. S.: Effettivamente. Noi lanciamo un appello a tutti coloro che
possono aiutarci a fare films di questo tipo, o a dare loro
diffusione.
***
Sul numero 8/2002 da "Nuova Unità" era apparsa questa intervista a
Vanessa Stojilkovic e a Michel Collon, sempre a cura di Antoine Renard
A.R.: Come è stato realizzato questo film?
M. Collon: Ho girato questo reportage in Kosovo per rendermi conto
della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze nazionali.
Perché mi ricordavo bene di una frase di Clinton, pronunciata nel
momento in cui dava inizio ai bombardamenti sulla Jugoslavia: "La
nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la popolazione del
Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese. Provate ad
immaginare cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e questi poveretti
fossero massacrati, proprio davanti alla porta della NATO.
L'organizzazione ne uscirebbe totalmente discreditata".
Clinton parlava degli Albanesi. Ma oggi, cos'è successo dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali, Rom, Goranci, Turchi, Egiziani,
Musulmani, ... che vivevano in Kosovo da secoli. Vivono sicuri con
45mila soldati della NATO nel loro Paese?
A.R.: E cos'ha visto?
M. Collon: Un cumulo di sofferenze di cui in Francia e in Occidente
non si ha idea!
A.R.: I mezzi d'informazione non ci parlano più del Kosovo. La
situazione non è sotto controllo?
M. Collon: Al contrario! Ecco cosa ho visto: attentati dinamitardi,
omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e angoscia delle
famiglie, minacce continue... Il bilancio è disperante: una vera
pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggioranza dei non-albanesi
e quelli che sono rimasti vivono nel terrore.
A.R.: In concreto, cosa ha potuto mostrare?
M. Collon: Una ventina di interviste offrono alle vittime la
possibilità di parlare. Le loro testimonianze, piene di dignità ma
toccanti, mi hanno commosso fino alle lacrime. Bisognava assolutamente
che il loro tragico messaggio arrivasse all'opinione pubblica.
Bisognava spezzare il silenzio mediatico che circonda oggi il Kosovo.
La loro sorte è un terribile avvertimento anche per tutti i popoli:
l'occupazione da parte degli Stati Uniti o dei paesi della NATO non
rappresenta assolutamente una soluzione. Al contrario, essa garantisce
terribili sofferenze per tutti gli esseri umani che vivono nelle
regioni occupate.
A.R.: La presenza delle truppe NATO non è un freno per queste
violenze?
M. Collon: Non soltanto non mette loro un freno, ma il film contiene
parecchi documenti esclusivi che provano la complicità della NATO con
gli autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK.
A.R.: Ha avuto problemi a girare il suo film?
M. Collon: Certo che ne ho avuti! In un simile clima di terrore, un
cameraman serbo rischia la vita se fa delle riprese in zone "non
albanesi". Ma ho avuto la fortuna di poter contare su una squadra
televisiva serba molto motivata. Persone molto coraggiose, cui debbo
molto.
A.R.: Vanessa, come si è unita al progetto?
V. Stojilkovic: A venticinque anni ho già fatto diverse esperienze nel
campo dell'immagine, anche di montaggio. Dopo un contatto via
Internet, Michel Collon mi ha proposto di ricominciare a scrivere e di
montare il suo film, che era rimasto bloccato a causa dei problemi di
salute del precedente realizzatore: io ho accettato subito.
A.R.: Perché è francese ma di origine jugoslava?
V. Stojilkovic: Sì e no. Sì perché, in effetti, parecchi membri della
mia famiglia sono morti o hanno sopportato terribili sofferenze a
causa della guerra. E ne ho risentito moltissimo. Il film mi ha
permesso di tenere fede alla promessa che avevo fatto loro in
Jugoslavia: di dire la verità in Occidente. Disgraziatamente alcuni
sono già morti, e altri lo saranno tra poco. Lo stress della guerra e
dei bombardamenti ha provocato enormi problemi di ipertensione che non
hanno il modo di curare. I tumori si sviluppano a una velocità
spaventosa. Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio
della guerra, per tutta lo Jugoslavia, non è rappresentato solo dai
morti, ma dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla
loro mancanza di futuro. Michel Collon mi ha fatto veramente un regalo
offrendomi la materia prima delle interviste che aveva registrato. E
le sue lucide analisi, che collegano questa guerra ai processi di
globalizzazione. Dando forma, modellando questi materiali ho avuto la
possibilità di dar voce alla mia sofferenza, di mantenere la mia
promessa e di elaborare il mio lutto.
M. Collon: E' Vanessa invece che mi ha fatto uno splendido regalo. Io
ho lavorato quattro giorni per girare; lei quattro mesi per montare. E
non era assolutamente un lavoro facile, perché non sono un
professionista della macchina da presa e quel che avevo portato con me
dal Kosovo ne risentiva. Grazie a lei, grazie al suo grande impegno,
tanti nel mondo potranno scoprire una realtà molto importante.
A.R.: Questo film si rivolge solo ai Serbi?
V. Stojilkovic: Assolutamente no! La mia principale motivazione è
stata quella di aprire gli occhi ai "Francesi?francesi" e a tutti
quegli abitanti dell'Occidente che sono stati disinformati. Per far
sapere, ad esempio, che i non-albanesi sono privati di cure mediche
decenti: la gente muore perché non si ha di che curarla, perché non
hanno le attrezzature mediche necessarie. Per far sapere che i bambini
serbi non hanno scuole. Che un centinaio di chiese è stato demolito e
che tutto questo continua.
A.R.: E' un film filo-serbo?
M. Collon: No. In primo luogo perché dà la possibilità di esprimersi
alle numerose minoranze nazionali, che sono ugualmente perseguitate,
"ripulite".
I Rom, ad esempio, che in questo momento sono perseguitati un po'
dappertutto in Europa. E che vengono martirizzati in Kosovo. Ma anche
gli ebrei, i goranci, i musulmani, i turchi, gli egiziani, ? minoranze
di cui non si parla mai.
Inoltre tra le vittime di un sistema mafioso, costruito sul terrore,
ci sono anche numerosi albanesi. Uno di loro ha potuto testimoniare
davanti alla nostra macchina da presa. Era perseguitato perché sposato
a una Serba! In effetti, non sono né filo-serbo né filo-albanese.
Penso che tutte queste popolazioni siano vittime di strategie nascoste
all'opinione pubblica: gli Stati Uniti - come i loro alleati -
volevano distruggere una Jugoslavia troppo a sinistra. Volevano
controllare le vie del petrolio, che passano proprio dove volevano
installare la loro megabase militare di Camp Bondsteel... E ci sono
riusciti, utilizzando - o meglio fomentando - il conflitto tra Serbi e
Albanesi. Sa che oggi gli americani concludono contratti di affitto di
99 anni per le piste dei loro bombardieri? Qualcuno ci può spiegare in
che modo i bombardieri potranno contribuire a risolvere i problemi
delle popolazioni del Kosovo?
A.R.: Allora si tratta di un obiettivo strategico più vasto?
M. Collon: Proprio così! Questa base serve ad avvicinare i bombardieri
americani a Mosca e al Caucaso. Fa parte del grande piano di
accerchiamento, perché Washington non pensa che Putin e le sue attuali
tendenze siano destinate a durare in eterno. E soprattutto fare a
pezzi la Jugoslavia faceva parte del piano globale perché in tal modo
si mandava un messaggio a tutti i popoli del mondo: se opponete
resistenza alla globalizzazione sarete distrutti.
Un editorialista del New York Times l'aveva scritto a chiare lettere
alla vigilia della guerra: "Perché la globalizzazione proceda,
l'America non deve aver paura di agire come la superpotenza che in
effetti è. La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un
pugno ben nascosto. McDonalds non può fare affari senza McDonnel
Douglas, il produttore dell'aereo F-15. E il pugno nascosto che
garantisce un mondo sicuro per le tecnologie della Silicon Valley si
chiama esercito degli Stati Uniti, Aviazione, Marina e Marines".
A.R.: Lei ha già scritto parecchi libri su questi problemi. Perché ora
un film?
M. Collon: Ho constatato che questo mezzo permette di raggiungere
anche quelli che non leggono. Ed è perfetto per suscitare un
dibattito. Tutti possono regalare facilmente una cassetta a un amico,
a un parente. O organizzare a casa propria una piccola proiezione -
discussione. Ed è urgente che queste idee circolino perché Bush
annuncia che attaccherà parecchi altri paesi. Una buona ragione per i
progressisti di ridiscutere quello che è successo in Jugoslavia. I
risultati raggiunti dalla NATO corrispondono alle sue promesse?
C'erano altri interessi nascosti? L'opinione pubblica è stata
manipolata grazie alle menzogne mediatiche?
A.R.: La Jugoslavia è dunque un avvertimento, prima dell'Iraq, della
Palestina e di tanti altri?
M. Collon: Sì. La globalizzazione è la guerra, per sua stessa natura.
La politica delle multinazionali non fa che accrescere il divario tra
ricchi e poveri del pianeta. La guerra è diventata il metodo numero
uno per spezzare la loro resistenza. La guerra contro i Palestinesi e
gli Iracheni, il "Piano Colombia", l'aggressione del Congo attraverso
eserciti di potenze locali, ma manovrate dall'Occidente, le minacce
contro l'Iran, la Siria, la Corea, tutto questo fa parte della stessa
guerra globale.
V. Stojilkovic: I giovani antiglobalizzazione dovrebbero interessarsi
di più a queste guerre. Non si può lasciare che un paese che ha usato
un'arma chimica come l'Agente "Orange", bombe all'uranio o schifezze
di questo genere ci manipoli e ci faccia credere che combatte per la
libertà e i diritti dell'uomo. Non possiamo lasciargli governare il
mondo e organizzare guerre che servono agli interessi delle sue
multinazionali. E sono arrabbiatissima anche contro i paesi europei
che sono stati complici degli USA e approfittano di questa guerra.
Questo film vuole ricordare, ammonire, chiedere aiuto. Da parte dei
popoli del Kosovo e di tutti i popoli minacciati. Quando la NATO o la
forza europea di pronto intervento si prepareranno a bombardare un
altro popolo, bisogna che la popolazione dei paesi della NATO insorga
e intervenga in massa contro i propri governi.
A.R.: Il precedente film "Sotto le bombe della NATO" è stato tradotto
in diverse lingue. E questo?
V. Stojilkovic: Ho appena finito la versione serbo-croata. Con le
nuove tecnologie di montaggio computerizzato, è facile sostituire una
"pista" del montaggio, ad esempio quella delle voci fuori campo o
quella con i sottotitoli, con un'altra versione. Le traduzioni in
spagnolo, olandese e inglese sono già in preparazione. Abbiamo già
stabilito contatti per le versioni in arabo, italiano [già disponibile
- ndr], russo e tedesco, che sarebbero anche molto utili. Per tutto
questo e per garantire una massiccia diffusione abbiamo bisogno di
aiuto.
A.R.: Perché, la sorte toccata alla Jugoslavia minaccia altri popoli?
M. Collon: Proprio così. Questo film si rivolge a tutti i popoli del
mondo. Il Kosovo è un avvertimento per tutto il nostro pianeta. Ogni
popolo che non voglia vivere schiavo, ogni paese che voglia
determinare autonomamente il proprio destino, tutti rischiano di
cadere vittima della guerra totale di Bush e dei suoi amici. La sola
possibilità consiste nel creare un vasto fronte internazionale di
resistenza alla guerra.
***
Per approfondimenti: http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org
1. Proiezione a Ravenna Mercoledì 14 maggio.
Manifestazione contro la base di Pisignano il 17 maggio.
2. Riflessioni di Curzio Bettio dopo la visione del film "I dannati
del Kosovo", proiettato a Padova.
Traduzione italiana di due interviste agli autori del video.
Anche alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CollonPadova.doc
=== 1 ===
--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Red * Ghost" <red-ghost@...> ha
scritto:
- Ravenna
Mercoledì 14 maggio
Redazione Laboratorio Sociale - Collettivo Red Ghost - Studenti in
Lotta
Organizzano
presso il Cinema JOLLY.doc
Via Renato Serra
ORE 21
proiezione del documentario
I DANNATI DEL KOSOVO
di M. Collon e V.Stojiljkovic
Per vedere quello che i media non mostrano.
Per capire la "democrazia" della NATO.
Introduce Claudia Benedetti
(Comitato gettiamo le basi - Cervia)
---
- Cesena
Sabato 17 Maggio h. 9.00
Piazzale K. Marx (stazione FFSS)
MANIFESTAZIONE-CORTEO
Contro il massacro infinito:
continuiamo la mobilitazione!
· Per la chiusura della base NATO di Pisignano e la sua riconversione
a struttura della protezione civile. No al dislocamento dei nuovi
caccia-bombardieri "F16" e alle munizioni ad uranio impoverito !
· No ai ricatti e ai preparativi di nuove guerre "preventive".
· Per il ritiro delle truppe USA-GB e del contingente italiano
dall'Iraq.
· Solidarietà alla popolazione irachena
Comitato promotore: Assemblea cittadina contro la guerra - Assemblea
studentesca - Verdi - Progetto comunista - Pellerossa autogestito -
Giovani Comunisti - Partito dei comunisti italiani - Rifondazione
Comunista (Federazione di Cesena) - Gruppo R.esistenza
adesioni:
Ravenna: collettivo Red Ghost, redazione Laboratorio Sociale, Cobas
scuola, Verdi
Cervia: Comitato gettiamo le basi
Per adesioni e info:
momotombo@...
360842434
--- Fine messaggio inoltrato ---
=== 2 ===
--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., chinino@... ha scritto:
Vi invio in allegato un documento che può essere utilizzato anche
frammentandolo, se lo riterrete opportuno, sulla proiezione dibattito
avvenuta a Padova il 25 marzo del film "I dannati del Kosovo":
partecipazione di numeroso pubblico (circa 150 persone), buono il
dibattito, molte cassette acquisite. La Stojikovic e Collon bravissimi
controinformatori.
Curzio di Soccorso Popolare di Padova
Il documento si puo' scaricare alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/
CollonPadova.doc
---
Padova, 26 marzo 2003
Riflessioni di Curzio Bettio, di Soccorso Popolare di Padova, dopo la
visione del film "I dannati del Kosovo", proiettato alla scuola media
Donatello di Padova, a cura di cittadini compagni del Veneto che hanno
sempre denunciato gli orrori delle guerre imperialiste, ieri contro la
Jugoslavia, ed oggi contro il popolo dell'Iraq.
Veramente rilevante la partecipazione e dibattito sicuramente
efficace.
Il film è il frutto della collaborazione fra Vanessa Stojilkovic,
regista, e Michel Collon, giornalista e scrittore.
Vanessa Stojilkovic, venticinque anni, ha perso diversi membri della
sua famiglia durante la guerra e si è impegnata nel montaggio del
film, soprattutto per raccontare una verità oggi taciuta dai media:
"Lo stress della guerra e dei bombardamenti ha provocato pesanti e
diffusi problemi di ipertensione che la popolazione non ha il modo di
curare.
I tumori, causati dall'inquinamento chimico e radioattivo per Uranio
Depleto delle falde acquifere e del suolo, si sviluppano ad una
velocità spaventosa.
Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio della guerra
per tutta la Jugoslavia non è rappresentato soltanto dai morti, ma
dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla loro
mancanza di futuro...".
Michel Collon, giornalista e scrittore belga, particolarmente attento
al meccanismo dei media e dell'informazione, e impegnato nello
smascheramento delle média-menzogne, ha pubblicato Attention
médias! (1992), Poker menteur (dedicato ad un'analisi delle guerre in
Jugoslavia, 1998), Monopoly: L'Otan à la conquête du monde (2000).
Sulla Jugoslavia ha girato anche il film Sous les bombes de l'Otan.
Macbeth, atto II, scena II
MACBETH
???
Che mani sono queste? Ah! Mi strappano gli occhi.
Basterà tutto il grande oceano di Nettuno
a lavare questo sangue dalla mia mano?
Quattro anni fa, il 24 marzo del 1999, cominciavano i bombardamenti
della NATO sulla Jugoslavia, che non risparmiavano case, scuole,
ospedali, ospizi, ponti, fabbriche, stazioni, vite innocenti, e
facevano largo impiego - come già in Iraq nel 1991 e in Bosnia nel
1995 - di proiettili all'Uranio impoverito.
Era la "guerra umanitaria", per la liberazione del Kosovo, per
contrastare la "pulizia etnica"!
Ma cosa ne è oggi del Kosovo, dopo 4 anni di occupazione militare di
truppe della NATO, e con la presenza di una gigantesca base militare
USA, Camp Bondsteel, che ospita 18.000 marines?
Gli elementi raccolti nel corso della recente missione della
Commissione Diritti Umani del Senato italiano sono eloquenti: 230.000
Serbi ancora sfollati; nessun dialogo né integrazione tra i diversi
gruppi etnici, rappresentati, oltre che dagli albanesi e dai serbi,
anche dalle minoranze bosniache, croate, turche, rom, askalija e
gorani; intimidazioni, vessazioni, omicidi sono all'ordine del giorno.
Il "ritorno alla normalità" è ben lontano.
Il sentimento prevalente è la paura. Se un Serbo si ammala ed ha
bisogno di un ospedale, o riesce a ricoverarsi all'ospedale serbo di
Mitrovica, o rinuncia al ricovero, perché ha paura di non uscirne
vivo.
122 chiese, e luoghi di culto cristiani ortodossi sono stati fatti
saltare in aria dall'UCK, e tanti monasteri hanno bisogno di essere
presidiati militarmente in permanenza per evitare la loro distruzione.
L'economia del Kosovo è al collasso, con interi settori produttivi
bloccati e una disoccupazione al 70%, mentre l'80% del PIL è frutto
delle attività del crimine organizzato.
La presenza di decine di migliaia di militari e di civili stranieri ha
sconvolto le tradizionali gerarchie sociali e retributive, dando vita
ad un'economia gonfiata.
Cosa sta succedendo in Kosovo?
Il nuovo film di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic, "I dannati del
Kosovo", rompe il generale silenzio.
"Cacciata dal suo appartamento di Pristina, Maria si è salvata solo
perché parlava albanese. Suo nipote, interprete dell'ONU, è stato
ferocemente assassinato.
Il marito di Silvana è stato rapito e la donna non ne sa più nulla da
due anni.
La loro casa di Stanimir è stata bruciata.
Cosa hanno in comune queste persone? Il fatto di essere Serbi e di
vivere, o meglio, sopravvivere in Kosovo.
I mezzi di informazione non parlano più di questa regione.
Il film si basa su una ventina di interviste, in cui le vittime
raccontano con toccante dignità le loro sofferenze.
"Ho girato questo reportage in Kosovo - ci dice Collon - per rendermi
conto della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze
nazionali. Mi ricordavo bene di una frase di Clinton pronunciata nel
momento in cui dava inizio il 24 marzo 1999 ai bombardamenti sulla
Jugoslavia: "La nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la
popolazione del Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese.
Provate ad immaginare che cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e
questi poveretti fossero massacrati, proprio davanti alla porta della
NATO. L'organizzazione ne uscirebbe totalmente screditata".
Clinton parlava degli Albanesi, ma cosa è successo oggi dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali che vivevano in Kosovo da secoli?
Vivono sicuri con 45.000 soldati della NATO nel loro paese?
Ho visto un cumulo di sofferenze, di cui in Occidente non si ha
nessun'idea, perché i mezzi di informazione non ci parlano più del
Kosovo.
Altrimenti dovrebbero parlarci quotidianamente di attentati
dinamitardi, omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e
angoscia nelle famiglie, minacce continue...
Il bilancio è disperante: una vera pulizia etnica ha scacciato dal
Kosovo la maggior parte dei non-albanesi, e quelli che sono rimasti
vivono nel terrore. La NATO non solo non mette un freno a queste
violenze, ma - come si documenta nel film - è spesso complice con gli
autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK...".
Questo film rompe il generale silenzio sull'argomento, per far
comprendere che cosa succede in una zona strategica quando essa viene
sottoposta ad occupazione militare da parte della NATO; per valutare,
a posteriori, quali sono i frutti prodotti da tutte le sofisticate
demagogie sulle "guerre umanitarie", i "diritti umani" e la
"democratizzazione"; per indagare sulle ragioni strutturali e reali
della guerra.
Gli autori hanno ritenuto necessario non dimenticare, e non lasciare
sole le vittime di un'aggressione rivelatasi ingiusta e compiuta per
motivi politici, economici e militari, estranei a qualunque logica di
preteso "intervento umanitario".
Sulla scorta delle esperienze passate, possiamo credere alle
motivazioni addotte per la nuova aggressione "umanitaria" contro
l'Iraq?
Questa aggressione viene condotta spacciandola per una guerra di
"liberazione da una dittatura", che avviene però all'ombra di una
bandiera dove sta scritto il motto "colpire e terrorizzare".
L'incubo della "guerra di liberazione dell'Iraq", ci fa rivivere
ancora oggi la vergogna della "guerra umanitaria" del Kossovo, che ha
visto come protagonisti importanti i governanti dell'Italia nel 1999,
con Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, e la coalizione del
centro-sinistra, responsabili di aver contribuito a colpire, a
terrorizzare un intero popolo, quello Jugoslavo, insanguinandosi le
mani di fronte alla storia, non mostrando ancora adesso alcun
sentimento di pentimento e di autocritica, incapaci di rimuovere la
macchia disonorante, senza più fare alcun riferimento alla realtà
delle cose da loro ingenerate, senza alcun desiderio di fare i conti
con le loro illegittime scelte, che hanno prodotto la catastrofe di un
intero tessuto sociale in Jugoslavia.
Era prevedibile che tutto questo venisse non infondatamente rievocato
dal centro-destra, che ora si permette di buttare in faccia la
vergogna a tutti coloro che hanno promosso la guerra sanguinaria
contro il popolo Serbo, ipocritamente sotto tacendo che anche essi
stessi che ora accusano avevano contribuito sostanzialmente
all'aggressione.
In una lettera di Edgardo Bonalumi a "il Manifesto" di oggi, 26 marzo
2003, si afferma: "Succede così di vedere, nelle tante maratone
televisive, Melandri e Letta ( ma anche la Livia Turco, e nelle
televisioni regionali del Veneto Gallo e Ruzzante dei DS) sostenere
goffamente che allora non fu violata la Costituzione, perché si agiva
nell'ambito NATO. (Senza mai tenere in conto le dimostrazioni di
Andreotti, al Senato, di come persino il trattato della NATO fosse
stato violato nella guerra alla Jugoslavia). O di assistere al
balbettio di Pecoraro Scanio, ( dei Verdi ecologisti, umanitari,
assertori che un altro mondo è possibile), il quale non trova di
meglio che inventarsi che "allora era d'accordo anche il Papa".
Ed ecco, da Costanzo, l'esibizione di Massimo D'Alema, che difende la
sua guerra in un modo talmente supponente e pretestuoso, da spingere
il pubblico del Teatro Parioli, sempre così benevolo verso l'Ulivo, ad
indirizzare applausi liberatori alle facili confutazioni di un
pensatore come Belpietro (direttore de "il Giornale").
E oggi riecco il Nostro (D'Alema) sulla Stampa, saldo come una roccia:
"D'Alema non cambia idea".
E' noto che una memoria lunga è spesso d'ostacolo all'azione politica,
nella quale è utile a volte saper dimenticare: ma la ferita del Kosovo
è troppo recente e troppo profonda per essere archiviata o peggio,
rimossa.
Anzi, è proprio in queste giornate drammatiche, dentro la grande onda
pacifista che ha sollevato il Paese, è proprio ora che occorre
ricordare, discutere, contestare quelle scelte, come garanzia che non
abbiano a ripetersi.
E allora ripetiamolo fino alla noia: l'Italia fu portata in una guerra
di aggressione a uno Stato sovrano, in violazione della Carta
dell'Onu, del Trattato del Nord Atlantico, della Costituzione
repubblicana.
Al Parlamento fu consentito votare solo ad attacco già iniziato. Nei
settantotto giorni di bombardamenti devastanti, i governi alleati si
macchiarono di numerosi crimini di guerra (uno per tutti: la strage
proditoria di giornalisti, tecnici, civili, compiuta con la scelta di
bombardare la torre sede della Televisione Jugoslava a Belgrado).
Bohumil Hrabal usava citare un cartello esposto in una tintoria di
Praga. C'era scritto: "Si avvisa la Spettabile Clientela che alcune
macchie non possono essere cancellate senza intaccare le fibre del
tessuto".
La guerra del Kosovo è una di queste macchie. E il tessuto va
intaccato, con una riflessione autocritica di fondo, o almeno con un
rinnovamento della futura leadership ristretta del centro sinistra che
metta da parte i principali responsabili di quel misfatto. Per ora il
solo Cofferati, che pure porta una responsabilità infinitamente
minore, ha avviato un ripensamento serio. (Questo punto trova il
sottoscritto in pieno disaccordo, in quanto un'organizzazione di massa
del mondo del lavoro, la CGIL, non ha proclamato un'ora di sciopero in
appoggio alle sofferenze dei lavoratori della Serbia, che vedevano
distrutte sotto le bombe le infrastrutture e i centri di produzione,
che garantivano loro il lavoro e un salario: per tutto ciò i dirigenti
della CGIL sono altrettanto colpevoli, come i dirigenti del Governo
D'Alema, dello stato di indigenza e di disoccupazione di tanti
lavoratori della Jugoslavia). Altri segnali non se ne vedono."
Questa classe politica del centro-sinistra può ricevere il consenso e
la fiducia dei cittadini che attualmente dichiarano "no alla guerra
imperialista", "no allo strapotere della potenza Statunitense"?
Risulta veramente improponibile questa assunzione di fiducia, non
tanto per una condanna morale inappellabile riferita al passato,
quanto per una preoccupazione politica che riguarda il futuro: perché
i D'Alema, i Rutelli, i Fassino, ci stanno dicendo che, se si
ripresentassero circostanze analoghe a quelle di allora, sarebbero
pronti ad una nuova guerra!
***
Intervista a Michel Collon,
specialista in menzogne mediatiche e in strategie imperialiste, e a
Vanessa Stojilkovic, regista del film "I dannati del Kosovo".
Consuntivo dopo i loro numerosi dibattiti in Europa.
Dove va il movimento contro la guerra, e come potrà consolidarsi?
"Noi, saremmo sempre "in ritardo di una guerra"..."
Un sasso nello stagno! Il recente libro di Guy Spitaels, ex-Presidente
del PS belga, [Guy Spitaels, L'improbable équilibre, L. Pire,
Bruxelles, gennaio 2003], dimostra a qual punto l'opinione Europea è
stata menata per il naso all'epoca della guerra contro la Jugoslavia.
Ora, se si sono tratte delle lezioni da quella guerra, la costruzione
del movimento contro la guerra e di un fronte "STOP USA" su scala
Europea dovrebbe mettersi in moto assolutamente in modo immediato.
Intervistatore: Antoine Renard
Michel Collon, il recente libro dell'ex Presidente del PS belga, ha
dovuto procurarvi un curioso effetto. Egli ha scritto, in
controcorrente a tutto quello che ci avevano detto, che la guerra
contro la Jugoslavia è stata voluta dagli Stati Uniti per insediare la
loro presenza militare in Bosnia, in Kosovo, in Macedonia, " comunque
sempre vicino all'oleodotto che deve arrivare dal Mar Nero verso
l'Adriatico ".
Esattamente come la tesi espressa nei vostri libri "Poker menteur" del
1998 e " Monopoly" del gennaio del 2000. Da tanti anni voi andate
ripetendo: " Tutte queste guerre mirano al controllo delle vie del
petrolio. "
Michel Collon: Effettivamente! Cosa che non aveva detto quando era al
potere; il suo partito si è cacciato in tutte le guerre collegate con
gli Stati Uniti! Non è il primo uomo politico a dire un po' di verità,
una volta arrivato alla pensione. Alcuni farebbero meglio a scrivere
le loro memorie prima di fare carriera!
A.R.: Voi protestate, dato che i media vi hanno censurato quando
affermavate quelle cose!
M.C.: E come! Le Soir (del Belgio) che lo ha intervistato, per
esempio, ha sistematicamente boicottato queste analisi, ha rifiutato
qualsiasi confronto. Idem Le Monde, Libé, le maggiori reti televisive,
a parte qualche giornalista della RTBF.
E io protesto perché la loro propaganda in favore della guerra, e i
loro silenzi sui sordidi interessi economici delle multinazionali,
tutte queste menzogne hanno consentito che la Jugoslavia venisse
bombardata. Che questo paese adesso subisca la dittatura del FMI,
proprio quando in Kosovo la situazione è peggiore di prima, tanto da
nascondercela. E soprattutto, tutta questa propaganda ha incoraggiato
gli Stati Uniti a credere che tutto sia loro permesso, e a scatenare
nuove guerre!
A.R.: Allora, non vi resta che lavorare sotto uno pseudonimo, e fare
la pubblicità al suo libro?
M.C.: Sì, io trovo che la sinistra dovrebbe leggere questo libro dal
contenuto vecchio, e chiedersi perché ci ha cancellato completamente
per dieci anni. Ma, come io condivido la sua constatazione
dell'imperialismo USA, io respingo anche a fondo la sua conclusione?
A.R.: Dato che Spitaels invoca la creazione di un esercito europeo?
M.C.: Esattamente, la maggior parte dei circoli dirigenti europei
vuole creare un Euro-esercito, per impossessarsi di regioni e di
materie prime strategiche. Per favorire le loro proprie
multinazionali, al posto di permettere agli USA di arraffare la torta
completa... Di conseguenza Spitaels reclama per l'Europa il " diritto
d'ingerenza ", vale a dire il diritto al neocolonialismo.
A.R.: Vanessa, in quanto giovane Francese di origine jugoslava, con
tutta la vostra famiglia laggiù, avete dovuto soffrire di questi
pregiudizi e di questa guerra di propaganda?
Vanessa Stojilkovic: Sì, avevo 13 anni quando la guerra è scoppiata, e
di colpo, in Francia, io sono diventata una " sporca Serba ". Avevo un
bel dire che alla televisione non dicevano la verità, nessuno mi
ascoltava. Sì, sono stata traumatizzata dalle tante morti nella mia
famiglia jugoslava, dalla morte raccapricciante di un cugino.
A.R.: Qual' è stato il vostro sentimento nel realizzare il film "I
dannati del Kosovo", che mostra la pulizia etnica attuale delle
minoranze non albanesi: Serbi, Ebrei, Roms, Musulmani, Turchi, Gorani,
e che espone i veri obiettivi strategici USA, quindi l'installazione
in Kosovo della super-base militare di Camp Bondsteel ?
V.S.: Quando ho montato le immagini, eccezionali, che Michel aveva
riportato dal Kosovo, con tutte quelle sofferenze che ora ci vengono
nascoste, alle quali io ho aggiunto le scene degli effetti dei
bombardamenti, mi sono sentita molto triste per non aver potuto fare
di più per la mia famiglia.
Bush aveva cominciato allora a minacciare l'Iraq. Dunque, dato che era
troppo tardi per i morti jugoslavi, io ho voluto fare un film "
preventivo". Per difendere l'Iraq.
Se noi potremo dimostrare che ogni guerra era motivata da interessi
economici, allora noi aiuteremo la gente a difendersi contro la
prossima propaganda di guerra. E mostrare la facciata inumana, barbara
delle grandi potenze.
A.R.: Ma la Yugoslavia non rimane ancora un soggetto tabù per la
sinistra? Si sono smascherate le tante mediamenzogne sull'Iraq, ma
sulla Jugoslavia questo è meno evidente.
M.C.: Giusto, non esiste alcun bilancio critico di questa
disinformazione. Per questo, varrebbe la pena di prestare fede, ad
esempio, alle recenti dichiarazioni del generale di brigata Bo
Pellnas, che era a capo degli osservatori ONU in Croazia: "La squadra
della Madeleine Albright e del Dipartimento di Stato ha presentato
false prove contro Milosevic, delle foto satellitari manipolate.
Rifiutando di mostrare a noi i loro documenti. La superiorità tecnica
degli USA permette loro di fabbricare prove false. Se gli USA
presentassero le prove rispetto alle armi di distruzione di massa
Irachene, i paesi Europei non avrebbero i mezzi per un loro
riscontro.".
L'informazione su Milosevic è stata largamente manipolata,
assimilandolo con certe milizie Serbe di Bosnia. E soprattutto si è
nascosto che le multinazionali volevano smantellare l'autogestione
jugoslava e fare man bassa delle ricchezze del paese.
V.S.: In realtà, la Jugoslavia, come l'Iraq, sono state attaccate e
demonizzate, dato che resistevano all'egemonia degli USA.
A.R.: Andando in questo modo controcorrente, non temete a vostra volta
di essere demonizzati come " pro-Milosevic " ?
M.C.: Attenzione, riflettiamo bene e giustamente su questo processo di
demonizzazione. Chi ha il potere di informare (o di disinformare)?
Quello che sta avvenendo oggi, è questa immensa rivolta contro la
guerra imperialista degli Stati Uniti, è magnifico, ma bisogna andare
più lontano. I progressisti sono costretti a porsi la domanda: "E le
guerre precedenti? Ci hanno mentito nelle stessa maniera?" Io chiedo
che in questi giorni si guardi anche la CNN e le altre televisioni
USA: quando si prende visione di questa enorme macchina di propaganda,
delle sue mediamenzogne fabbricate, di questa sofisticata imbottitura
del cervello con tecniche stile Hollywood, bene, ci si accorgerà che
hanno fatto esattamente lo stesso nelle guerre precedenti, e che i
mezzi di informazione di massa europei li hanno imitati!
Oggi, perché certi governi europei si oppongono a Bush? Soprattutto
perché la Total non vuole essere esclusa dal Medio Oriente da parte
della Shell e dalla Esso. Di colpo, i media europei hanno il diritto
di dirci che si tratta di una guerra imperialista degli USA.
V.S.: Ma L'Europa ha partecipato alla guerra contro la Jugoslavia,
l'Europa ha bombardato il mio paese, ricordiamocelo!
M.C.: Allora, mi domando due cose: 1. Esaminiamo seriamente se le
guerre del passato sono state, o no, imbottite con mediamenzogne. 2.
Domandiamoci se TF1 ha il coraggio di dire che le guerre francesi in
Africa sono egualmente imperialiste.
Sì, queste guerre mirano a proteggere il saccheggio delle risorse da
parte delle multinazionali francesi che rovinano quelle popolazioni.
Accidenti, sicuramente?domani che voi vedrete questo a TF1 !
V.S.: Domandiamoci anzitutto perché ne' TF1, ne' le altre televisioni
non dicono più una parola sulla situazione che regna adesso nel mio
paese ricolonizzato! La popolazione vi crepa di fame. Sono apparsi i
mendicanti per le strade. Per due volte, la gente ha decisamente
rifiutato di andare a votare. Il primo ministro assassinato era
detestato, nessuno lo piange. Quante volte avevo sentito dire laggiù:
"Bisogna farlo cadere, ci ha venduto, noi e il nostro paese, per
arricchirsi personalmente, e noi non abbiamo di che mangiare e nulla
per curarci!"
A fronte dell'aumento di scioperi, il governo del FMI ha approfittato
dell'assassinio per instaurare lo stato di emergenza. Il diritto di
sciopero è stato vietato (non sospeso, vietato!) ed è stata imposta
una violenta repressione. Nel silenzio dei media per i quali " si
cercano appunto i colpevoli"...
A.R.: Dunque, voi siete di ritorno da un giro di proiezioni-dibattiti
sul vostro film in molti paesi europei. Le vostre impressioni?
V.S.: In tutti questi dibattiti le persone comprendono bene perché noi
colleghiamo l'Iraq alla Jugoslavia. Soprattutto quando noi spieghiamo
la situazione economica e sociale che si accanisce sulla Serbia.
D'altronde anche sulla Croazia, dove i sindacati hanno chiamato allo
sciopero generale.
E sul Kosovo, e sulla Bosnia occupate, dove la disoccupazione arriva
al 60% !
A.R.: Ma non vi viene detto mai: " Ma perché parlare della Jugoslavia?
Adesso è l'Iraq di attualità! " ?
V.S.: Sì, ci viene domandato. Ma si tratta di un errore. Prima di
tutto, è necessario rendere giustizia a quel popolo aggredito, la
storia non si cancella. Poi, mostrando i crimini che oggi commette
l'imperialismo USA in Kosovo, noi abbiamo fatto un'azione utile
all'Iraq: si può vedere che un'occupazione da parte degli Stati Uniti
costituisce una catastrofe. Un donna serba molto anziana dice nel
nostro film: " I bombardamenti non erano poi tanto gravi. Ora non
osiamo lo stesso uscire per la strada, dobbiamo rinchiuderci in casa a
doppia mandata ogni giorno. Non è cosa buona, si dovrebbe poter vivere
come fratelli."
Noi abbiamo voluto fare un film perché la gente comprendesse una volta
per tutte la natura delle guerre condotte dall'imperialismo. Che le
persone abbiano i mezzi per analizzare in modo autonomo tutte le
prossime guerre. Fornire loro la chiave di lettura!
A.R.: Corrisponde al vero che degli spettatori abbiano reagito così:
"Il vostro film, è una bomba!" ?
M.C.: Sì, è avvenuto parecchie volte, in posti diversi, ma quasi con
le stesse parole. Le persone si rendono conto che a loro sono stati
nascosti i fatti essenziali, che sono stati presi per il naso.
A.R.: All'epoca, si diceva che nei Balcani gli Stati Uniti sostenevano
i Musulmani. Come reagiscono gli Arabi al vostro film?
M. C.: Molto bene. La sorte riservata ai Palestinesi e agli Iracheni
ha dimostrato che Washington non è assolutamente " l'amico " dei
Musulmani. E il nostro film evidenzia che anch'essi oggi sono vittime
della pulizia etnica nel Kosovo.
Vittime dell'UCK che hanno come santi protettori gli Stati Uniti.
V.S.: In quanto Serba, io sono stata demonizzata, ma gli Arabi, in
Europa lo sono da quarant'anni. La gioventù immigrata, di origine
araba, vive una realtà catastrofica. Fate l'esperienza di cercare un
alloggio fuori dai ghetti delle " ZUP ", se voi avete un nome arabo o
un accento straniero! E se voi domandate un impiego, rischierete di
avvelenarvi il sangue davanti a tanta ingiustizia!
Mi ricordo che un professore mi aveva spiegato che in periodi di crisi
economica, è necessario sempre un capro espiatorio. Oggi sono gli
Arabi.
Io trovo che hanno molto sangue freddo nel controllare la loro calma
di fronte a tanta propaganda di odio e di legge ingiuste: perciò è
possibile sbatterli da 10 anni in centri chiusi, dispendiose scuole di
delinquenza, finanziate largamente, anche quando le sovvenzioni per
gli altri tipi di scuole non cessano di diminuire. Esiste proprio una
volontà di criminalizzare questa gioventù discendente dagli immigrati.
Hanno addossato a noi Serbi un'immagine mediatica molto negativa con
l'obiettivo di legittimare la guerra. Un giorno, a Parigi, durante una
manifestazione di Serbi contro i bombardamenti, ho sentito un uomo che
passava da quelle parti dire ai suoi due bambini: "Presto, andiamocene
da qui, altrimenti ci scambiano per Serbi."
A.R.: Quattro anni dopo la guerra, siete sempre colpiti dai
pregiudizi?
V.S.: Ma sicuramente! Quando il nostro film è stato proiettato alla
Sorbona, la prestigiosa Università di Parigi, la prima domanda che un
francese ci ha posto dopo la proiezione è stata: "Perché le cose siano
chiare, qual è la nazionalità di Vanessa?". La domanda sottintendeva:
se lei è Serba, non è proprio credibile!
M.C.: Spesso riscontriamo ancora questa mentalità: "La Francia, è il
paese dei diritti dell'uomo, il 1789 e tutto il resto?Noi, sappiamo e
possiamo giudicare il mondo, abbiamo il diritto di ingerenza?" Il
neocolonialismo è ben lontano dall'essere cancellato da tutti gli
animi.
E' arrivato il tempo di rovesciare le mentalità, e non solamente in
Francia: i paesi europei che hanno ingenerato le due guerre più
spaventose della Storia, e che hanno colonizzato, vale a dire
saccheggiato il mondo intero, questi paesi imperialisti non possono
far la lezione a nessuno, ma piuttosto devono mettersi nei panni delle
loro vittime. La maggior parte delle persone incontrate, questo lo
capisce bene?
A.R.: Perché scegliere la forma "film"? Un libro non era sufficiente?
M.C.: Con un film, si ha la possibilità di portare la gente del mondo
intero all'interno stesso del Kosovo, fare sentire da vicino quelle
terribili sofferenze, che si vogliono nascondere. Le persone di tutto
il mondo hanno potuto vedere Maria sconvolta per l'omicidio del suo
giovane nipote, assassinato dall'UCK. O Stanimir, la cui casa è stata
bruciata, dire che lui non rimproverava nulla ai suoi amici albanesi,
ma solamente ai terroristi dell'UCK. O un uomo albanese spiegare che
aveva dovuto fuggire in quanto sposato con una donna Serba. E quindi
capire che si trattava di una guerra della globalizzazione, non di una
guerra umanitaria.
Per questo, sono estremamente riconoscente a Vanessa di aver
contribuito al film con tutto il suo talento e il suo accanito lavoro.
Dalla selezione delle immagini, dalla costruzione della sceneggiatura,
fino all'enorme lavoro di montaggio, uno non può supporre quanto tempo
e quanta cura siano necessari: è possibile impiegare una giornata
intera per "montare" dieci secondi! Ai miei occhi, è importante che la
sinistra possa utilizzare dei mezzi audiovisivi moderni, già da adesso
è possibile passare dei filmati su Internet, questo va sempre più
diffondendosi, dunque si ha un gran bisogno di giovani come Vanessa
che si lancino coraggiosamente in questa battaglia!
A.R. Lei, Michel Collon, è molto più anziano e conosciuto di Vanessa,
che ha solo 25 anni! Le persone, non hanno forse la tendenza a
rivolgersi unicamente a lei?
M.C.: Sì; diciamolo: a volte (o spesso?) esiste un qualche razzismo
antigiovanile , in ogni caso una mancanza di fiducia, non vengono
presi troppo sul serio. Ma se si desidera che un altro mondo sia
possibile, bisogna preparare, formare e dunque dare fiducia a questa
nuova generazione!
A.R.: Il bilancio del vostro film, è positivo?
V.S.: Largamente! Questa è la maniera che noi abbiamo scelto per
militare?
A.R.: Vale a dire?
V.S.: Anzitutto, noi lanciamo il film in un Paese per un giro di
proiezioni con dibattito. Nei cinema o in altri luoghi, possibilmente
molto partecipati, con il sostegno di associazioni locali dinamiche,
di campagne di informazioni e di diffusione utilizzando e-mails.
Questo ci ha permesso di incontrare qualche migliaio di persone in
Francia, in Belgio, in Spagna... Domani partiamo per un giro in
Italia. Prima possibile saranno pronte versioni in lingua straniera,
in inglese, olandese, serbo, russo, arabo...
M.C.: Questo ci ha permesso di entrare in contatto con numerose
persone, soprattutto giovani, che ci hanno presentato le loro
testimonianze, i loro problemi politici, i loro progetti, i loro
suggerimenti... Questo ci arricchisce tantissimo. E dovere rispondere
a tante domande, non sempre dalla semplice risposta, questo ci ha
spinto ad approfondire le cose, e a migliorare i nostri
insegnamenti...
A.R.: Comunque voi mettete in vendita la cassetta del film, anche
individualmente?
V.S.: Ed è estremamente incoraggiante di vedere le persone
mobilitarsi, e acquistare la nostra cassetta (9 Euros). Non come
souvenir, ma per fare militanza, prestandola e proiettandola ad amici
e quindi discutere. Poi ci inviano e-mails o lettere con i risultati,
le reazioni. Che io annoto scrupolosamente in un mio piccolo
quaderno...
A.R.: Degli esempi?
V.S.: Inoltre il film mi ha permesso di riconciliarmi con alcuni amici
che erano stati influenzati dai mezzi di informazione francesi.
Attualmente, loro mi sostengono e mi incoraggiano. Alcuni si sono
messi a militare. Mia madre e mia sorella sono diventate attiviste
contro l'attuale guerra.
In più, molti Jugoslavi ci hanno ringraziato con le lacrime agli occhi
per avere finalmente fatto uscire la verità. Una donna croata che ha
dovuto abbandonare il suo paese a causa della terribile campagna
antiserba. Un professore della Sorbona che aveva rinunciato ad
esprimersi di fronte alla sordità e all'intolleranza dei suoi
colleghi.
La storia più tremenda che ho sentito è quella di una donna serba di
Bosnia che abita in Francia: lei è in pensione, ma continua a lavorare
perché ha bisogno di denaro per riscattare le teste dei suoi morti dai
mercenari islamisti che servivano il governo bosniaco di Izetbegovic.
Riscattare le teste dei suoi parenti per potere sotterrarle con il
resto delle spoglie!
Psicologicamente, non è possibile uscire indenni da una tale
propaganda, da una così grande ingiustizia, da tante atrocità. Le
persone non possono nemmeno immaginare fino a quel punto si possa
essere distrutti.
Ancora oggi, non posso trattenermi dal piangere quando vedo alla TV
una corrispondenza propagandistica contro gli Jugoslavi, piango per
sfogare la mia collera. Nello stesso modo come ho pianto di fronte ai
preparativi di guerra contro l'Iraq, pensando all'angoscia di quella
gente lontana, la stessa angoscia che io ho vissuto.
M.C.: Oggi, masse enormi di persone si rendono conto che la guerra
contro l'Iraq è scandalosa, malgrado tutti i pretesti usati dalla
propaganda. Allora, facciamo un bilancio serio di tutte le guerre
precedenti!
Se quello stesso presidente del PS ci viene a dire che ci hanno
manipolato, facciamo in modo che il movimento contro la guerra
acquisisca una base solida per le sue azioni future. Che si proceda ad
una prova della serietà dei media!
A.R.: Avete dei progetti?
V.S.: Esistono nel mondo una grande quantità di paesi minacciati di
diventare il bersaglio degli USA. Io mi sento moralmente obbligata di
dar loro voce, che spieghino perché saranno aggrediti, di palesare le
mediamenzogne...
A.R.: C'è molto lavoro da fare!
V. S.: Effettivamente. Noi lanciamo un appello a tutti coloro che
possono aiutarci a fare films di questo tipo, o a dare loro
diffusione.
***
Sul numero 8/2002 da "Nuova Unità" era apparsa questa intervista a
Vanessa Stojilkovic e a Michel Collon, sempre a cura di Antoine Renard
A.R.: Come è stato realizzato questo film?
M. Collon: Ho girato questo reportage in Kosovo per rendermi conto
della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze nazionali.
Perché mi ricordavo bene di una frase di Clinton, pronunciata nel
momento in cui dava inizio ai bombardamenti sulla Jugoslavia: "La
nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la popolazione del
Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese. Provate ad
immaginare cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e questi poveretti
fossero massacrati, proprio davanti alla porta della NATO.
L'organizzazione ne uscirebbe totalmente discreditata".
Clinton parlava degli Albanesi. Ma oggi, cos'è successo dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali, Rom, Goranci, Turchi, Egiziani,
Musulmani, ... che vivevano in Kosovo da secoli. Vivono sicuri con
45mila soldati della NATO nel loro Paese?
A.R.: E cos'ha visto?
M. Collon: Un cumulo di sofferenze di cui in Francia e in Occidente
non si ha idea!
A.R.: I mezzi d'informazione non ci parlano più del Kosovo. La
situazione non è sotto controllo?
M. Collon: Al contrario! Ecco cosa ho visto: attentati dinamitardi,
omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e angoscia delle
famiglie, minacce continue... Il bilancio è disperante: una vera
pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggioranza dei non-albanesi
e quelli che sono rimasti vivono nel terrore.
A.R.: In concreto, cosa ha potuto mostrare?
M. Collon: Una ventina di interviste offrono alle vittime la
possibilità di parlare. Le loro testimonianze, piene di dignità ma
toccanti, mi hanno commosso fino alle lacrime. Bisognava assolutamente
che il loro tragico messaggio arrivasse all'opinione pubblica.
Bisognava spezzare il silenzio mediatico che circonda oggi il Kosovo.
La loro sorte è un terribile avvertimento anche per tutti i popoli:
l'occupazione da parte degli Stati Uniti o dei paesi della NATO non
rappresenta assolutamente una soluzione. Al contrario, essa garantisce
terribili sofferenze per tutti gli esseri umani che vivono nelle
regioni occupate.
A.R.: La presenza delle truppe NATO non è un freno per queste
violenze?
M. Collon: Non soltanto non mette loro un freno, ma il film contiene
parecchi documenti esclusivi che provano la complicità della NATO con
gli autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK.
A.R.: Ha avuto problemi a girare il suo film?
M. Collon: Certo che ne ho avuti! In un simile clima di terrore, un
cameraman serbo rischia la vita se fa delle riprese in zone "non
albanesi". Ma ho avuto la fortuna di poter contare su una squadra
televisiva serba molto motivata. Persone molto coraggiose, cui debbo
molto.
A.R.: Vanessa, come si è unita al progetto?
V. Stojilkovic: A venticinque anni ho già fatto diverse esperienze nel
campo dell'immagine, anche di montaggio. Dopo un contatto via
Internet, Michel Collon mi ha proposto di ricominciare a scrivere e di
montare il suo film, che era rimasto bloccato a causa dei problemi di
salute del precedente realizzatore: io ho accettato subito.
A.R.: Perché è francese ma di origine jugoslava?
V. Stojilkovic: Sì e no. Sì perché, in effetti, parecchi membri della
mia famiglia sono morti o hanno sopportato terribili sofferenze a
causa della guerra. E ne ho risentito moltissimo. Il film mi ha
permesso di tenere fede alla promessa che avevo fatto loro in
Jugoslavia: di dire la verità in Occidente. Disgraziatamente alcuni
sono già morti, e altri lo saranno tra poco. Lo stress della guerra e
dei bombardamenti ha provocato enormi problemi di ipertensione che non
hanno il modo di curare. I tumori si sviluppano a una velocità
spaventosa. Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio
della guerra, per tutta lo Jugoslavia, non è rappresentato solo dai
morti, ma dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla
loro mancanza di futuro. Michel Collon mi ha fatto veramente un regalo
offrendomi la materia prima delle interviste che aveva registrato. E
le sue lucide analisi, che collegano questa guerra ai processi di
globalizzazione. Dando forma, modellando questi materiali ho avuto la
possibilità di dar voce alla mia sofferenza, di mantenere la mia
promessa e di elaborare il mio lutto.
M. Collon: E' Vanessa invece che mi ha fatto uno splendido regalo. Io
ho lavorato quattro giorni per girare; lei quattro mesi per montare. E
non era assolutamente un lavoro facile, perché non sono un
professionista della macchina da presa e quel che avevo portato con me
dal Kosovo ne risentiva. Grazie a lei, grazie al suo grande impegno,
tanti nel mondo potranno scoprire una realtà molto importante.
A.R.: Questo film si rivolge solo ai Serbi?
V. Stojilkovic: Assolutamente no! La mia principale motivazione è
stata quella di aprire gli occhi ai "Francesi?francesi" e a tutti
quegli abitanti dell'Occidente che sono stati disinformati. Per far
sapere, ad esempio, che i non-albanesi sono privati di cure mediche
decenti: la gente muore perché non si ha di che curarla, perché non
hanno le attrezzature mediche necessarie. Per far sapere che i bambini
serbi non hanno scuole. Che un centinaio di chiese è stato demolito e
che tutto questo continua.
A.R.: E' un film filo-serbo?
M. Collon: No. In primo luogo perché dà la possibilità di esprimersi
alle numerose minoranze nazionali, che sono ugualmente perseguitate,
"ripulite".
I Rom, ad esempio, che in questo momento sono perseguitati un po'
dappertutto in Europa. E che vengono martirizzati in Kosovo. Ma anche
gli ebrei, i goranci, i musulmani, i turchi, gli egiziani, ? minoranze
di cui non si parla mai.
Inoltre tra le vittime di un sistema mafioso, costruito sul terrore,
ci sono anche numerosi albanesi. Uno di loro ha potuto testimoniare
davanti alla nostra macchina da presa. Era perseguitato perché sposato
a una Serba! In effetti, non sono né filo-serbo né filo-albanese.
Penso che tutte queste popolazioni siano vittime di strategie nascoste
all'opinione pubblica: gli Stati Uniti - come i loro alleati -
volevano distruggere una Jugoslavia troppo a sinistra. Volevano
controllare le vie del petrolio, che passano proprio dove volevano
installare la loro megabase militare di Camp Bondsteel... E ci sono
riusciti, utilizzando - o meglio fomentando - il conflitto tra Serbi e
Albanesi. Sa che oggi gli americani concludono contratti di affitto di
99 anni per le piste dei loro bombardieri? Qualcuno ci può spiegare in
che modo i bombardieri potranno contribuire a risolvere i problemi
delle popolazioni del Kosovo?
A.R.: Allora si tratta di un obiettivo strategico più vasto?
M. Collon: Proprio così! Questa base serve ad avvicinare i bombardieri
americani a Mosca e al Caucaso. Fa parte del grande piano di
accerchiamento, perché Washington non pensa che Putin e le sue attuali
tendenze siano destinate a durare in eterno. E soprattutto fare a
pezzi la Jugoslavia faceva parte del piano globale perché in tal modo
si mandava un messaggio a tutti i popoli del mondo: se opponete
resistenza alla globalizzazione sarete distrutti.
Un editorialista del New York Times l'aveva scritto a chiare lettere
alla vigilia della guerra: "Perché la globalizzazione proceda,
l'America non deve aver paura di agire come la superpotenza che in
effetti è. La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un
pugno ben nascosto. McDonalds non può fare affari senza McDonnel
Douglas, il produttore dell'aereo F-15. E il pugno nascosto che
garantisce un mondo sicuro per le tecnologie della Silicon Valley si
chiama esercito degli Stati Uniti, Aviazione, Marina e Marines".
A.R.: Lei ha già scritto parecchi libri su questi problemi. Perché ora
un film?
M. Collon: Ho constatato che questo mezzo permette di raggiungere
anche quelli che non leggono. Ed è perfetto per suscitare un
dibattito. Tutti possono regalare facilmente una cassetta a un amico,
a un parente. O organizzare a casa propria una piccola proiezione -
discussione. Ed è urgente che queste idee circolino perché Bush
annuncia che attaccherà parecchi altri paesi. Una buona ragione per i
progressisti di ridiscutere quello che è successo in Jugoslavia. I
risultati raggiunti dalla NATO corrispondono alle sue promesse?
C'erano altri interessi nascosti? L'opinione pubblica è stata
manipolata grazie alle menzogne mediatiche?
A.R.: La Jugoslavia è dunque un avvertimento, prima dell'Iraq, della
Palestina e di tanti altri?
M. Collon: Sì. La globalizzazione è la guerra, per sua stessa natura.
La politica delle multinazionali non fa che accrescere il divario tra
ricchi e poveri del pianeta. La guerra è diventata il metodo numero
uno per spezzare la loro resistenza. La guerra contro i Palestinesi e
gli Iracheni, il "Piano Colombia", l'aggressione del Congo attraverso
eserciti di potenze locali, ma manovrate dall'Occidente, le minacce
contro l'Iran, la Siria, la Corea, tutto questo fa parte della stessa
guerra globale.
V. Stojilkovic: I giovani antiglobalizzazione dovrebbero interessarsi
di più a queste guerre. Non si può lasciare che un paese che ha usato
un'arma chimica come l'Agente "Orange", bombe all'uranio o schifezze
di questo genere ci manipoli e ci faccia credere che combatte per la
libertà e i diritti dell'uomo. Non possiamo lasciargli governare il
mondo e organizzare guerre che servono agli interessi delle sue
multinazionali. E sono arrabbiatissima anche contro i paesi europei
che sono stati complici degli USA e approfittano di questa guerra.
Questo film vuole ricordare, ammonire, chiedere aiuto. Da parte dei
popoli del Kosovo e di tutti i popoli minacciati. Quando la NATO o la
forza europea di pronto intervento si prepareranno a bombardare un
altro popolo, bisogna che la popolazione dei paesi della NATO insorga
e intervenga in massa contro i propri governi.
A.R.: Il precedente film "Sotto le bombe della NATO" è stato tradotto
in diverse lingue. E questo?
V. Stojilkovic: Ho appena finito la versione serbo-croata. Con le
nuove tecnologie di montaggio computerizzato, è facile sostituire una
"pista" del montaggio, ad esempio quella delle voci fuori campo o
quella con i sottotitoli, con un'altra versione. Le traduzioni in
spagnolo, olandese e inglese sono già in preparazione. Abbiamo già
stabilito contatti per le versioni in arabo, italiano [già disponibile
- ndr], russo e tedesco, che sarebbero anche molto utili. Per tutto
questo e per garantire una massiccia diffusione abbiamo bisogno di
aiuto.
A.R.: Perché, la sorte toccata alla Jugoslavia minaccia altri popoli?
M. Collon: Proprio così. Questo film si rivolge a tutti i popoli del
mondo. Il Kosovo è un avvertimento per tutto il nostro pianeta. Ogni
popolo che non voglia vivere schiavo, ogni paese che voglia
determinare autonomamente il proprio destino, tutti rischiano di
cadere vittima della guerra totale di Bush e dei suoi amici. La sola
possibilità consiste nel creare un vasto fronte internazionale di
resistenza alla guerra.
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Per approfondimenti: http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org