Cuba, Italia, democrazia e diritti
[NOTA TECNICA PER GLI AMICI DELLA JUGOSLAVIA: "Liberazione" e' quel
giornale che ha titolato "BELGRADO RIDE" all'indomani del colpo di
Stato a Belgrado, il 6 ottobre 2000. Mentre "Belgrado rideva" i
compagni dei partiti e dei sindacati della sinistra belgradese erano
fatti oggetto di aggressioni e pestaggi. Oggi "Liberazione" nasconde
ai suoi lettori la natura reazionaria ed antipopolare del regime
allora instaurato in Serbia, e tace sulla ulteriore stretta repressiva
delle ultime settimane. (Italo Slavo)]
--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Fulvio Grimaldi" ha scritto:
A Sandro Curzi, direttore di "Liberazione",
A Paolo Serventi Longhi, Segretario Nazionale della Federazione
Nazionale della Stampa,
al Comitato di Redazione di "Liberazione".
Direttore,
quella in calce è l'ultima puntata di Mondocane apparsa il 9 maggio su
"Liberazione". Il giorno precedente tu me ne avevi annunciato la
pubblicazione e mi avevi raccomandato di restare in futuro nei limiti
degli accordi relativi ai contenuti della rubrica. Nel successivo
articolo, non più pubblicato, mi ero attenuto strettamente alle tue
indicazioni. Cinque anni fa, all'inizio della mia collaborazione con
il giornale, mi avevi detto che avrei potuto scrivere di tutto.
Successivamente, mi era stato chiesto di confinare i miei scritti a
temi ecologici. Da esperto, per 40 anni, di questioni internazionali,
mi è sembrato lecito inserire le questioni ambientali nel più vasto
contesto della politica e delle devastazioni ecologiche, che non mi
pare siano limitate alla preservazione dei fringuelli, o alla denuncia
di inceneritori. Del resto, nei miei quasi quotidiani dibattiti con
presentazione dei miei video sulle aree di crisi, i compagni mi
chiedono, da Bolzano a Trapani, di esporre le mie esperienze in fatto
di conflitti e questioni geopolitiche, immancabilmente connessi a temi
ecologici.
Il giorno successivo alla pubblicazione del Mondocane su Cuba, in cui
non ho certo espresso opinioni più "devianti" di quante ne erano state
già pubblicate su Liberazione e financo sul Manifesto, mi hai fatto
comunicare impropriamente dall' Amministratore del giornale, Mauro
Belisario, che la mia collaborazione era cessata. A prescindere che
tale comunicazione mi sarebbe dovuta arrivare da te e in modo formale,
non mi sono state illustrate le motivazioni per un simile
"licenziamento in tronco" di un collaboratore dopo cinque anni di non
indifferenti contributi. Arguisco, comunque, che il mio trattamento
dell'argomento Cuba abbia provocato il dissenso e la censura del
vertice del Partito. Arguisco anche che quel Mondocane sia stato
considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia
"eterodossità" rispetto alla "linea" di una parte della maggioranza
del Partito. Lo deduco dalle infinite censure che mi sono state
inflitte, fin dai tempi dell'aggressione alla Jugoslavia, quando,
contro le illusioni e gli errori di altri, documentai fatti poi
divenuti di comune certezza, come l'assoldamento dell'organizzazione
di opposizione serba "Otpor" (da altri in Liberazione definiti
"compagni del Movimento") da parte della CIA, il carattere
diffamatorio e non corretto della definizione di Milosevic come
dittatore, il crollo dell'accusa di "pulizia etnica" di fronte ai dati
rilevati dagli investigatori Nato e ONU, pubblicati addirittura su
"L'Unità". Una mia lunga e drammatica intervista con Milosevic,
l'ultima prima dell'arresto, venne pubblicata con grande interesse dal
"Corriere della Sera", ma ritenuta impubblicabile da "Liberazione".
Altre censure mi vennero imposte per aver intervistato a Bagdad,
l'autunno scorso, Tariq Aziz, e aver "confessato" di avere avuto da
questo uomo di Stato ripetute interviste, tanto che tutti i miei
successivi reportage vennero cestinati, per quanto non fossero per
nulla "scandalosi", o segnati da esaltazioni di Saddam Hussein. Questa
condotta si ripetè durante l'aggressione imperialista all'Iraq, quando
da Bagdad, tra difficoltà che si possono ben immaginare, offersi di
inviare articoli. L'offerta venne accettata, ma i miei pezzi, scritti
tra una bomba e l'altra, furono ridotti a "lettere al direttore", per
quanto, anche in questo caso, non vi si potesse rilevare alcun accento
"scandaloso".
A questo punto, mi è dovuta una spiegazione dettagliata dei motivi per
questo allontanamento in tronco, spiegazione che, per la verità,
meriterebbero anche i lettori dei miei articoli dai quali mi risulta
tu abbia ricevuto numerosi apprezzamenti e ora denunce di
inammissibile censura. Se una rubrica viene cassata, spetta all'autore
il diritto di salutare i suoi lettori, o a qualcun altro il dovere di
una spiegazione.
Pare davvero paradossale che, mentre Partito e Giornale sono impegnati
con grande energia nella difesa di giornalisti censurati ed epurati
dalla RAI, come Santoro e Biagi, per i quali si allestiscono
addirittura clamorosi "Sciuscià in piazza", e si pone al centro della
propria battaglia politica l'estensione dell'art.18 e, dunque, della
"giusta causa", questa "giusta causa" non venga attivata e nemmeno
comunicata a un collaboratore a contratto di un giornale che porta
nella testata la dicitura "comunista".
Rilevo anche che Liberazione si presenta come un giornale di partito,
e dovrebbe essere di TUTTO il partito, nelle sue diverse anime, ma
afferma anche di voler esser letto da chi comunista non è. Non credo
che questo comporti che chi comunista è non debba scriverci. Infine,
nel quadro delle caratteristiche che contrassegnano i materiali dei
media, è norma consolidata che le rubriche (con tanto di foto) non
debbano essere disciplinatamente omogenee alla linea del giornale, ma
abbiano gli attributi della libertà d'espressione e del segno
personale dell'autore. Forse conviene ricordarsi del ricco e
stimolante pluralismo che vigeva su L'Unità.
In attesa di una tua risposta a quanto sopra, ti saluto confortato
dalla solidarietà di tanti compagni e lettori.
Con riserva di adire agli strumenti sindacali e legali a disposizione.
Fulvio Grimaldi.
Roma, 19 maggio 03
CUBA
FULVIO GRIMALDI PER MONDOCANE O9/O5/O3
Lo fan tutte e stavo per pronunciarmi anch'io su Cuba. Riflettevo che
la pena di morte non mi pare per niente buona, tanto meno se inflitta
a democratici in fuga (qualcuno vorrebbe farli passare per dirottatori
a mano armata incaricati di promuovere iscrizioni agli uffici di
reclutamento della centrale mafio-terroristica di Miami). Non godo
delle prigioni (neanche quando inflitte ad Adriano Sofri che scambia
Trotzky per Bush e bagni di sangue per semina di democrazia), specie
se toccano a oppositori (integralisti rossi li definiscono mercenari
di Mr. Carson, incaricato USA della liberazione del popolo, reclutati
per l'ennesima campagna democratica: 70 miliardi di dollari rubati
dall'embargo, 3.478 cubani giustiziati con omicidi, invasioni, bombe,
guerre biologiche). Oppositori che vorrebbero per l'isola gli stessi
benefici goduti in passato da paesi come Cile, Guatemala, Argentina e,
ultimamente, Iraq. Stavo per esprimere tutta la mia fregola per i
diritti umani disattesi, quando, svaporata un po' di lucidità grazie a
un goccetto di Havana Club, mi sono ritrovato su alcuni, obliati
sentieri. Dalle parti di Guantanamo, superate dieci gabbie per polli
dove pastori e bambini afgani, incappucciati e incatenati in
ginocchio, venivano allevati a diritti umani, gironzolavo in una landa
resa verdissima e fronzuta, zeppa di bovini al libero pascolo,
ruscelli scalpitanti, uccelletti cinguettanti, pesticidi biologici
rampanti, grazie a un ciclopico lavoro di trasferimento d'acqua là
dove prima c'era un Sahara. Più in là, in quel di Bayamo, abitavo
aule, dormitori, basketdromi, mense e campi biologici, al seguito
dialettico di minigonellate fanciulle che acquistavano gratis
conoscenza e coscienza. Mentre, allungato lo sguardo oltremare,
scorgevo donne ravanare nell'analfabetismo per il 78% della
popolazione centroamericana e caraibica. Impegnato nello scatarrare i
residui delle patrie emissioni di diritti umani via marmitte e
ciminiere e ancora fosforescente per piogge di casalingo elettrosmog,
in cima alla sierra risanavo a forza di medicina naturale, in uno dei
mille ambulatori alimentati da pannelli solari con i quali questi
avanzi del realsocialismo arrivano al 35% di energia pulita. E allora,
dilemma: come la mettiamo con quest'isola? Mi soccorre il Tg: "In
Israele roadmap di pace e governo anti-Intifada di Abu Mazen
inaugurati con strage di palestinesi a Gaza. I marines sparano sulla
folla a Falluja, Bassora, Mosul, Bagdad" e superano i 30 milioni di
esecuzioni extragiudiziarie di dissidenti dal 1945 ad oggi. QUESTA è
serietà professionale in democrazia.
--- Fine messaggio inoltrato ---
[NOTA TECNICA PER GLI AMICI DELLA JUGOSLAVIA: "Liberazione" e' quel
giornale che ha titolato "BELGRADO RIDE" all'indomani del colpo di
Stato a Belgrado, il 6 ottobre 2000. Mentre "Belgrado rideva" i
compagni dei partiti e dei sindacati della sinistra belgradese erano
fatti oggetto di aggressioni e pestaggi. Oggi "Liberazione" nasconde
ai suoi lettori la natura reazionaria ed antipopolare del regime
allora instaurato in Serbia, e tace sulla ulteriore stretta repressiva
delle ultime settimane. (Italo Slavo)]
--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Fulvio Grimaldi" ha scritto:
A Sandro Curzi, direttore di "Liberazione",
A Paolo Serventi Longhi, Segretario Nazionale della Federazione
Nazionale della Stampa,
al Comitato di Redazione di "Liberazione".
Direttore,
quella in calce è l'ultima puntata di Mondocane apparsa il 9 maggio su
"Liberazione". Il giorno precedente tu me ne avevi annunciato la
pubblicazione e mi avevi raccomandato di restare in futuro nei limiti
degli accordi relativi ai contenuti della rubrica. Nel successivo
articolo, non più pubblicato, mi ero attenuto strettamente alle tue
indicazioni. Cinque anni fa, all'inizio della mia collaborazione con
il giornale, mi avevi detto che avrei potuto scrivere di tutto.
Successivamente, mi era stato chiesto di confinare i miei scritti a
temi ecologici. Da esperto, per 40 anni, di questioni internazionali,
mi è sembrato lecito inserire le questioni ambientali nel più vasto
contesto della politica e delle devastazioni ecologiche, che non mi
pare siano limitate alla preservazione dei fringuelli, o alla denuncia
di inceneritori. Del resto, nei miei quasi quotidiani dibattiti con
presentazione dei miei video sulle aree di crisi, i compagni mi
chiedono, da Bolzano a Trapani, di esporre le mie esperienze in fatto
di conflitti e questioni geopolitiche, immancabilmente connessi a temi
ecologici.
Il giorno successivo alla pubblicazione del Mondocane su Cuba, in cui
non ho certo espresso opinioni più "devianti" di quante ne erano state
già pubblicate su Liberazione e financo sul Manifesto, mi hai fatto
comunicare impropriamente dall' Amministratore del giornale, Mauro
Belisario, che la mia collaborazione era cessata. A prescindere che
tale comunicazione mi sarebbe dovuta arrivare da te e in modo formale,
non mi sono state illustrate le motivazioni per un simile
"licenziamento in tronco" di un collaboratore dopo cinque anni di non
indifferenti contributi. Arguisco, comunque, che il mio trattamento
dell'argomento Cuba abbia provocato il dissenso e la censura del
vertice del Partito. Arguisco anche che quel Mondocane sia stato
considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia
"eterodossità" rispetto alla "linea" di una parte della maggioranza
del Partito. Lo deduco dalle infinite censure che mi sono state
inflitte, fin dai tempi dell'aggressione alla Jugoslavia, quando,
contro le illusioni e gli errori di altri, documentai fatti poi
divenuti di comune certezza, come l'assoldamento dell'organizzazione
di opposizione serba "Otpor" (da altri in Liberazione definiti
"compagni del Movimento") da parte della CIA, il carattere
diffamatorio e non corretto della definizione di Milosevic come
dittatore, il crollo dell'accusa di "pulizia etnica" di fronte ai dati
rilevati dagli investigatori Nato e ONU, pubblicati addirittura su
"L'Unità". Una mia lunga e drammatica intervista con Milosevic,
l'ultima prima dell'arresto, venne pubblicata con grande interesse dal
"Corriere della Sera", ma ritenuta impubblicabile da "Liberazione".
Altre censure mi vennero imposte per aver intervistato a Bagdad,
l'autunno scorso, Tariq Aziz, e aver "confessato" di avere avuto da
questo uomo di Stato ripetute interviste, tanto che tutti i miei
successivi reportage vennero cestinati, per quanto non fossero per
nulla "scandalosi", o segnati da esaltazioni di Saddam Hussein. Questa
condotta si ripetè durante l'aggressione imperialista all'Iraq, quando
da Bagdad, tra difficoltà che si possono ben immaginare, offersi di
inviare articoli. L'offerta venne accettata, ma i miei pezzi, scritti
tra una bomba e l'altra, furono ridotti a "lettere al direttore", per
quanto, anche in questo caso, non vi si potesse rilevare alcun accento
"scandaloso".
A questo punto, mi è dovuta una spiegazione dettagliata dei motivi per
questo allontanamento in tronco, spiegazione che, per la verità,
meriterebbero anche i lettori dei miei articoli dai quali mi risulta
tu abbia ricevuto numerosi apprezzamenti e ora denunce di
inammissibile censura. Se una rubrica viene cassata, spetta all'autore
il diritto di salutare i suoi lettori, o a qualcun altro il dovere di
una spiegazione.
Pare davvero paradossale che, mentre Partito e Giornale sono impegnati
con grande energia nella difesa di giornalisti censurati ed epurati
dalla RAI, come Santoro e Biagi, per i quali si allestiscono
addirittura clamorosi "Sciuscià in piazza", e si pone al centro della
propria battaglia politica l'estensione dell'art.18 e, dunque, della
"giusta causa", questa "giusta causa" non venga attivata e nemmeno
comunicata a un collaboratore a contratto di un giornale che porta
nella testata la dicitura "comunista".
Rilevo anche che Liberazione si presenta come un giornale di partito,
e dovrebbe essere di TUTTO il partito, nelle sue diverse anime, ma
afferma anche di voler esser letto da chi comunista non è. Non credo
che questo comporti che chi comunista è non debba scriverci. Infine,
nel quadro delle caratteristiche che contrassegnano i materiali dei
media, è norma consolidata che le rubriche (con tanto di foto) non
debbano essere disciplinatamente omogenee alla linea del giornale, ma
abbiano gli attributi della libertà d'espressione e del segno
personale dell'autore. Forse conviene ricordarsi del ricco e
stimolante pluralismo che vigeva su L'Unità.
In attesa di una tua risposta a quanto sopra, ti saluto confortato
dalla solidarietà di tanti compagni e lettori.
Con riserva di adire agli strumenti sindacali e legali a disposizione.
Fulvio Grimaldi.
Roma, 19 maggio 03
CUBA
FULVIO GRIMALDI PER MONDOCANE O9/O5/O3
Lo fan tutte e stavo per pronunciarmi anch'io su Cuba. Riflettevo che
la pena di morte non mi pare per niente buona, tanto meno se inflitta
a democratici in fuga (qualcuno vorrebbe farli passare per dirottatori
a mano armata incaricati di promuovere iscrizioni agli uffici di
reclutamento della centrale mafio-terroristica di Miami). Non godo
delle prigioni (neanche quando inflitte ad Adriano Sofri che scambia
Trotzky per Bush e bagni di sangue per semina di democrazia), specie
se toccano a oppositori (integralisti rossi li definiscono mercenari
di Mr. Carson, incaricato USA della liberazione del popolo, reclutati
per l'ennesima campagna democratica: 70 miliardi di dollari rubati
dall'embargo, 3.478 cubani giustiziati con omicidi, invasioni, bombe,
guerre biologiche). Oppositori che vorrebbero per l'isola gli stessi
benefici goduti in passato da paesi come Cile, Guatemala, Argentina e,
ultimamente, Iraq. Stavo per esprimere tutta la mia fregola per i
diritti umani disattesi, quando, svaporata un po' di lucidità grazie a
un goccetto di Havana Club, mi sono ritrovato su alcuni, obliati
sentieri. Dalle parti di Guantanamo, superate dieci gabbie per polli
dove pastori e bambini afgani, incappucciati e incatenati in
ginocchio, venivano allevati a diritti umani, gironzolavo in una landa
resa verdissima e fronzuta, zeppa di bovini al libero pascolo,
ruscelli scalpitanti, uccelletti cinguettanti, pesticidi biologici
rampanti, grazie a un ciclopico lavoro di trasferimento d'acqua là
dove prima c'era un Sahara. Più in là, in quel di Bayamo, abitavo
aule, dormitori, basketdromi, mense e campi biologici, al seguito
dialettico di minigonellate fanciulle che acquistavano gratis
conoscenza e coscienza. Mentre, allungato lo sguardo oltremare,
scorgevo donne ravanare nell'analfabetismo per il 78% della
popolazione centroamericana e caraibica. Impegnato nello scatarrare i
residui delle patrie emissioni di diritti umani via marmitte e
ciminiere e ancora fosforescente per piogge di casalingo elettrosmog,
in cima alla sierra risanavo a forza di medicina naturale, in uno dei
mille ambulatori alimentati da pannelli solari con i quali questi
avanzi del realsocialismo arrivano al 35% di energia pulita. E allora,
dilemma: come la mettiamo con quest'isola? Mi soccorre il Tg: "In
Israele roadmap di pace e governo anti-Intifada di Abu Mazen
inaugurati con strage di palestinesi a Gaza. I marines sparano sulla
folla a Falluja, Bassora, Mosul, Bagdad" e superano i 30 milioni di
esecuzioni extragiudiziarie di dissidenti dal 1945 ad oggi. QUESTA è
serietà professionale in democrazia.
--- Fine messaggio inoltrato ---