Convegno CNJ 16/11/2002
5: Pavicevac prima parte
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
trascrizioni.html
---
Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
pavicevac.html
INTERVENTO DI IVAN PAVICEVAC
(CNJ / "Voce Jugoslava" su Radio Citta' Aperta, Roma)
La disinformazione di guerra: il caso jugoslavo
Prima parte
[nota: la trascrizione dell'intervento registrato e' stata
completamente rivista e corredata di note per facilitare la lettura.
CNJ]
Mi e' stato assegnato il compito, non facile, di sostituire Fulvio
Grimaldi nell'esporre la problematica della disinformazione di
guerra... e non solo di guerra, aggiungerei. Non e' facile per me poter
essere "distaccato" e lucido quanto sarebbe necessario, su questa
immensa tragedia che ha toccato il nostro popolo jugoslavo: una
comunità che e' stata a suo tempo esempio nel mondo di pace,
convivenza, progresso.
Nella presentazione del suo libro "Menzogne di guerra" (1),
di cui consiglio caldamente la lettura, Juergen Elsaesser
sottolinea che non si può capire la distruzione della
Jugoslavia socialista se non si conosce la storia di questo paese: una
storia non tanto remota, in effetti.
LA STORIA SI RIPETE
"In Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi tentano di
promuovere la secessione della Croazia facendo leva sui capi
nazionalisti"... Non sono poi tanto strane, queste parole, anzi
sarebbero applicabili all'oggi. Eppure sono state riprese da una
cronologia dell'anno 1941, apparsa sulla rivista dell'Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia "Patria Indipendente".
1941: "in Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi
tentano di promuovere la secessione della Croazia facendo leva sui
capi nazionalisti". Se osservate la piantina della Jugoslavia sotto il
nazifascismo, notate la presenza di truppe straniere a sancire la
spartizione, allora come oggi - a parte poche sfumature.
La Germania - parliamo degli ultimi eventi - ha poi imposto
agli altri membri dell'Unione Europea il riconoscimento di Slovenia e
Croazia. E non dimentichiamo la "longa manus" vaticana: il tradizionale
nemico della Jugoslavia, il Vaticano, ha riconosciuto la Slovenia e la
Croazia due giorni prima dell'UE (2).
Grazie al sostegno fornito, la Chiesa cattolica ha incassato la
restituzione delle proprietà nazionalizzate nel dopoguerra: i boschi in
Slovenia, nonché uno "status specialissimo" per le istituzioni
cattoliche nel nuovo Stato di Tudjman.
Come nel 1941, così anche nel 1991 la parola d'ordine e' stata: "La
Jugoslavia deve sparire. La Serbia deve morire!" ("Serbien muss
sterbien!"). Nella nuova edizione aggiornata di Klaus Kinkel, Ministro
degli Esteri tedesco nei primi anni Novanta, essa suona: "La Serbia va
messa in ginocchio" - l'ha detto esplicitamente il 27 maggio 1992...
Nel maggio 1941, invece, l'editorialista del periodico "Conquiste", un
fascista di nome Bartoli, scriveva un articolo intitolato: "La Nemesi
divina". E sosteneva: "La Provvidenza divina è favorevole alla
Germania... la Serbia dovrà inchinarsi per anni e anni ad essa, e
poi... e poi...".
Ne' l'Europa, ne' gli USA vogliono ricordare quel passato, per non
dover ricordare il loro ruolo disonesto in quel passato ed in questo
presente. L'assassino torna sempre sul luogo del delitto: nel 1941,
allo scoppio della guerra mondiale, Belgrado viene bombardata dai
tedeschi; nell'aprile 1944 (Pasqua ortodossa) Belgrado viene bombardata
dai "nostri alleati" anglo-americani. Il giorno dopo si contavano più
di 2000 civili morti, case, ospedali, asili nido, scuole distrutte.
PACIFISTI E "SINISTRA"
Quando nel 1994 si presento' forte la minaccia che gli USA-NATO
avrebbero bombardato i serbi di Bosnia, il sottoscritto consegnò "due
righe" scritte, all'attenzione degli addetti militari
dell'Ambasciata USA e di quella della Gran Bretagna a Roma:
"Nel 1941 la Germania bombardò Belgrado. Nel 1944 gli
anglo-americani. Nel 1994 insieme?!", scrissi. Era il periodo della
campagna di stampa su "Sarajevo assediata": una micidiale trappola per
tutto il movimento pacifista. Tra i pochissimi a testimoniare che, in
realta', la citta' era tragicamente divisa in due piuttosto che
"assediata" (o "doppiamente assediata", secondo Tommaso di Francesco),
c'erano alcuni nostri amici e compagni. Tra questi Manuela Marianetti e
Maurizio Caldarola, che si offrirono anche di fare da "scudi umani" in
caso di bombardamento su Pale.
USA ed "alleati", piu' Germania ed Italia, bombardarono in effetti i
serbi della Bosnia nel 1995 con l'uranio impoverito (3) - ed il
comando italiano, pare, "non ne era stato informato" (sic! Italiani
brava gente...). Ma nel mio piccolo, con la mia attivita' di
controinformazione e sensibilizzazione, mi sforzavo di avvertire i
compagni che i paesi NATO non si sarebbero fermati fintantoché non
avessero bombardato Belgrado. E cosi' fu.
La barbara aggressione contro Belgrado e tutta la Repubblica
Federale di Jugoslavia (RFJ, cio' che rimaneva della RFSJ)
avvenne nel 1999. Il pretesto era che lì si consumava una
"pulizia etnica", si commettevano "crimini contro l'umanità"...
E dagli addosso, per l'ennesima volta, all'unisono con tutti i
media, a quel "tiranno" di Milosevic... Ma chi voleva comprendere
capiva che la posta in gioco era alta. Si trattava della sovranità
dello Stato jugoslavo, minacciata con l'ultimatum-ricatto di
Washington: l'ultimatum di Rambouillet. Purtroppo anche quella volta,
nonostante l'enormita' degli avvenimenti, la sinistra "perse il passo",
mal consigliata dai soliti pacifisti del "ne'-ne'" (ne' con Milosevic,
ne' con gli USA), che non hanno fatto altro che il gioco dello zio Sam,
come ha fatto ben notare Grimaldi in numerosi interventi.
E dunque, avanti con "l'intervento umanitario", con D'Alema in
persona che senza vergogna diceva: "Abbiamo fatto il nostro
dovere... Siamo una nazione affidabile". Tuttavia in tanti,
gente comune o "anime belle", si chiedevano quale interesse
avesse l'America a promuovere i bombardamenti sulla RFJ.
"Perché questa guerra feroce, queste atrocità che fanno
inorridire il mondo?" Risposta tipica: "Bisognava
intervenire perché altrimenti... la Grande Serbia...
Milosevic...". Ed insistevano: "La ex-Jugoslavia
[seppellita come "ex", prima ancora di essere morta, con
particolare zelo proprio da certi "sinistri" ambienti]
non ha petrolio, non è un grande mercato da conquistare...
Dunque per comprendere occorre risalire indietro nei secoli...
I nazionalismi... Gli odii etnici..." (4)
I NEMICI ESTERNI ED INTERNI
Davvero, ad ascoltarli, veniva da chiedersi: "Ma ci sono o ci
fanno"?! Ce l'hanno, eccome, gli USA e i loro alleati NATO,
l'interesse a distruggere e ad infiltrarsi nei Balcani!
Interessi simili a quelli che l'imperialismo americano nutre
quasi in ogni angolo del pianeta (5). Anche la Jugoslavia, alla
fine degli anni Ottanta, si era incamminata verso le riforme
sociali ed economiche in atto in tutti i paesi socialisti d'Europa.
Aveva persino richiesto l'adesione all'UE. Lo standard economico era
uguale a quello spagnolo. Evidentemente a qualcuno (SI-SA-A-CHI, come
diciamo dalle parti nostre) nemmeno questo bastava. Furono poste
condizioni inaccettabili, dei veri e propri ricatti che hanno
accelerato la vertiginosa disgregazione dello Stato e la decomposizione
della stessa coscienza del popolo jugoslavo, con
l'obiettivo di sottometterlo totalmente agli interessi altrui.
"Piatto ricco, mi ci ficco"... ed ecco allora anche noi
italiani, e persino gli ungheresi, gli albanesi... Tutti a
gettarsi come rapaci sulle spoglie della Jugoslavia.
Tito ammoniva: "Se rimarremo uniti, non dovremo temere nessuno".
Invece di seguire le orme di Tito, su cui pure giuravano con
slogan del tipo: "Anche dopo Tito, Tito!", furono in primis
proprio certi leader politici della Lega dei Comunisti a
dileguarsi nelle formazioni nazionaliste, tradendo così non
solo Tito ma anche tutti i combattenti per una Jugoslavia libera,
e tradendo le generazioni che si erano adoperate, con il
volontariato, a ricostruire il paese, a farlo risorgere dalle
macerie nel dopoguerra (6). Creano partiti "democratici",
rinnegano il passato definendolo improvvisamente "periodo buio", e
cosi' via. Tutti a precipitarsi, a candidarsi a capo del proprio
piccolo "cortile" - da non crederci... Gli sloveni Dolanc,
Kucan e Drnovsek, i Racan ed i Mesic croati, il Djukanovic
montenegrino... Persino le maggiori cariche politiche ed
istituzionali! Ed altrettanto gli schipetari Vllasi (gia'
segretario della gioventu' comunista jugoslava) e Hodza (gia'
presidente nella presidenza "a rotazione").
L'unico a non essere mai stato comunista, nemmeno per sbaglio, era
Izetbegovic: integralista da sempre, dopo aver scritto nei primi anni
Settanta la "Dichiarazione Islamica" aveva dovuto giustamente scontare
qualche anno di "patrie galere". Per noi e per quelli che conoscono
anche solo un pò di storia delle nostre terre, questa sua prigionia non
aveva proprio niente di strano o deprecabile. Ma qui si dovrebbe aprire
un altro capitolo: quello della formazione "Handzar", la divisione
delle SS musulmane costituita su invito del mufti di Gerusalemme e con
l'approvazione di Hitler; poi le formazioni SS "Skanderbeg" ed i
"balisti" albanesi...
I PAPPAGALLI
La Jugoslavia dunque non si è "disgregata", come spesso
sostengono i media ed i soliti papagalli - "pappagallo magna risi, quel
che senti tutto dizi", si dice in Istria. La Jugoslavia è
stata attaccata, dall'interno e dall'esterno, con una determinazione ed
una ferocia mirate a distruggere, senza precedenti nella Storia.
Soltanto chi non aveva mai lavorato ne' contribuito alla ricostruzione
del paese dalle macerie della Guerra mondiale poteva scagliarsi con una
tale rabbia contro di esso. Quando mi presentavo dicendo "sono
jugoslavo", mi sentivo rispondere con una soddisfatta cattiveria: "La
Jugoslavia non esiste più".
Ma come potete voi definire noi, jugoslavi, "ex-jugoslavi",
malgrado esistiamo?!
Non vi chiediamo di comprendere il risentimento che possono provare
intere generazioni, compresa la mia, che hanno contribuito con il
lavoro volontario alla ricostruzione del paese ed alla edificazione di
tutti quei diritti sociali fondamentali, ottenuti con il lungo lavoro
delle masse popolari, ispirati solamente dagli ideali di pace,
uguaglianza, lavoro. Ma la "sinistra" italiana, e non solo quella
italiana, avrebbe dovuto capire che l'attacco alla Jugoslavia
socialista era un attacco contro la classe operaia.
Il concreto esempio lo abbiamo, di questi tempi, nel trasferimento
delle fabbriche dall'Italia in altri paesi, dove l'operaio qualificato
costa meno... Sin da allora abbiamo ritenuto che una rielaborazione di
quanto avveniva in Jugoslavia, un approfondimento di analisi sarebbe
stato doveroso per la sinistra italiana.
Purtroppo invece, niente da fare: equivoci ed "errori" di giudizio
si sono protratti ad auto-alimentati fino all'esito disastroso
dei bombardamenti. Cosi', rappresentanti di un governo (italiano) che
si definiva di centrosinistra andarono a stringere la mano a
rappresentanti di un governo di ultradestra, quello di Tudjman.
Certo, nemmeno ci sognamo oggi di chiedere ad un D'Alema - che sembra
godere di impunita' per i crimini ordinati nel 1999, ed e' poi stato
autore di un libro surreale sulla guerra per il
Kosovo - di vergognarsi, come pure sarebbe giusto, perché camaleonti
del genere non conoscono la vergogna. Non era forse chiaro sin
dall'inizio che, finche' la denominazione stessa di "Jugoslavia" non
fosse sparita dalle piantine geografiche, questi politici occidentali
avrebbero comunque continuato ad attaccare, ad "alzare il livello dello
scontro"? E quale senso attribuire, se non quello di un amaro
paradosso, a proposte come quella della "Euroslavia" (10), proposte
nate dopo tanta insistenza sulla distruzione della "slavia" federativa
e socialista?
Dunque, nelle parole dello scrittore e poeta Mesa Selimovic, ma
riferendoci ai nemici interni (i "quisling") ed esterni (la NATO): "Gli
uomini sono dei bambini malvagi. Malvagi per i loro atti, bambini nella
mente. E mai saranno diversi".
L'INIZIO DELLA FINE
L'attacco contro la Jugoslavia ebbe inizio con la "terapia d'urto"
del FMI, alla fine degli anni Ottanta, e con una accelerazione
degli eventi da parte degli USA che stavano organizzando la
divisione della RFSJ proprio mentre, dal punto di vista militare,
si mobilitavano per la prima guerra contro l'Irak (8). Lo riferisce
in dettaglio Sara Flounders dell'International Action Center (9),
l'organizzazione di cui fa parte anche l'ex ministro americano
della Giustizia Ramsey Clark (poi fondatore del "Tribunale"
popolare per i crimini della NATO). Scriveva Sara Flounders:
<<Il Congresso americano approvava [nel novembre 1990] una risoluzione
che tagliava qualsiasi aiuto, prestito o commercio (ma anche congelava
nelle banche americane i depositi jugoslavi) con la RFS di Jugoslavia e
ordinava elezioni separate nello spazio di un semestre in ciascuna
delle Repubbliche federate.>>
In questo contesto si inseri' l'equivoco sulle
"autodeterminazioni": secondo la Costituzione federale
l'autodeterminazione era ammessa, ma con riferimento esplicito ai
"popoli costitutivi" e non alle Repubbliche federate - tanto meno alle
Regioni autonome (Kosovo e Vojvodina). Percio' tutti i confini interni
amministrativi andavano ridiscussi.
Sapevano bene dove andare a piazzare i semi malati, gia'
all'inizio, perche' infestassero tutto: ad esempio nello sport.
La cultura sportiva era anch'essa un simbolo dell'Unità jugoslava.
Roma, giugno 1991, Campionato europeo di pallacanestro. Arriva da
Lubiana al giocatore sloveno Jure Zdovc un ordine: "Non devi piu'
giocare con la Nazionale jugoslava, altrimenti sarai dichiarato nemico
del tuo popolo!" Ero li' da accompagnatore sportivo, ne sono testimone.
E vi posso dire, in quei giorni, quanto si sono viceversa dimostrati
affiatati, amici, patrioti i giocatori slavi di tutte le nazionalita'!
Ma purtroppo, dovendo ritornare a casa dall'estero, ognuno nella sua
Repubblica secessionista, quegli sportivi dovevano stare molto attenti
ad elogiare la vittoria della formazione jugoslava.
In quei giorni che seguirono il 25 giugno - data delle proclamazioni di
indipendenza - l'Esercito Federale fu ostaggio non solamente dei
rivoltosi di Slovenia e Croazia, nelle caserme assediate, ma anche
delle opinioni pubbliche, interna ed internazionale. Derisa e
demoralizzata, con i soldati impossibilitati a rispondere agli spari
dei "territoriali" sloveni, con il comando pressato dai media, dalle
famiglie e dai parenti dei soldati di leva che chiedevano che i loro
figli tornassero subito a casa... l'Armija non svolse il suo ruolo.
Quella "abdicazione" di allora e' costata dieci anni di carneficine e
la distruzione del paese.
Negli stessi giorni giorni Tudjman, sull'ex Piazza della
Repubblica a Zagabria, davanti ad una folla che sbandierava
simboli nefasti e scandiva lugubri slogan, sentiti già nel 1941,
dichiarava che soltanto con la guerra (l'aiuto dell'Occidente e
la benedizione di Papa Wojtyla erano sottintesi!) avrebbero
ottenuto il loro tanto agognato cosiddetto Stato indipendente
croato. Precedentemente Tudjman - che per molti mesi si mosse come un
temporeggiatore, in attesa delle armi dall'estero oltreche' del
determinarsi di condizioni militari e diplomatiche favorevoli - aveva
affermato alla stampa: "Grazie a Dio, mia moglie non è ne' ebrea ne'
serba". La "piena indipendenza" croata fu in effetti acquisita solo nel
1995, con la ferocia, attraverso le varie operazioni "Tuono" e "Lampo",
sotto la guida e le istruzioni dei generali americani in pensione (12),
attaccando anche le colonne indifese dei profughi delle Krajne.
Vi potete immaginare quanto sia stata grande la tragedia dei
padri, delle famiglie cacciate dalle loro case, dai loro focolari.
Adesso, come nel 1941, i serbi ortodossi scacciati dalle loro
terre: dalle Krajne, dalla Erzegovina ("Erzegbosnia" nella
denominazione ustascia usata oggi ahinoi anche da Predrag Matvejevic)
per mano di "cattolicissimi" croati, con la diretta complicità della
Chiesa cattolica croata e del suo arcivescovo Stepinac - beatificato
nel 1997 da questo Papa (13)!
PRODROMI DI DISINFORMAZIONE
Ecco perche' la disinformazione sulla Jugoslavia non e'
solamente "disinformazione di guerra". Un grande contributo
alla disgregazione della Jugoslavia lo hanno dato i media.
"L'atroce guerra in Jugoslavia - a pochi mesi dal trionfale
spettacolo del Golfo - è nata nella bella capitale della
Slovenia, Lubiana, sotto il segno della disinformazione. Non è
più riuscita a liberarsene!", scriveva cosi nel suo libro "Sotto
la notizia niente" Claudio Fracassi (edizioni Avvenimenti).
Quando un giornalista, un reporter, vuole "vedere", riprende i fatti,
quando riesce a mostrarli, viene subito allontanato dai media, viene
messo in quarantena. Come ben sa Milena Gabanelli. (15)
Forse ricordate come stampa e TV mostravano i cittadini di
Lubiana scappare nei rifugi perché le sirene suonavano l'allarme di un
inesistente attacco dell'Esercito Popolare Jugoslavo... Ed il Corriere
della Sera titolava bugiardamente: "Lubiana bombardata".
Aerei militari sarebbero decollati dall'aeroporto militare di Pola,
o di Bihac... Lo stesso ministro degli Esteri italiano di allora,
Gianni De Michelis, ha poi dichiarato a voce e per iscritto (su
"Limes") che era tutto un bluff. Fu accusato prontamente dal Vaticano
di essere amico dei serbi...
Lo sanno benissimo i cittadini di Gorizia e della frontiera con la
Slovenia, compresi i compagni qui presenti, quello che stavano facendo
piuttosto i territoriali sloveni, contro le caserme, contro i militari
di leva... Fu abbattutto l'elicottero che
portava viveri ed acqua alle reclute nelle caserme assediate:
cadde nei pressi del consolato austriaco. Negli attacchi i
nazionalisti sloveni uccisero 34 soldati federali - di ogni
nazionalita'! - mentre dalla parte dei territoriali caddero in
quattro o cinque.
Nel frattempo, in Croazia si complottava sulla messa in opera di piani
preparati precedentemente. Fu intercettata e filmata una riunione, fu
mostrata alla TV. Tra gli altri, a tale riunione
partecipava il generale Martin Spegelj, che l'anno prima (1990)
era comandante in capo a Zagabria; c'era poi un altro alto
ufficiale, Boljkovac... In quella occasione preparava l'attacco
contro le caserme e contro gli ufficiali dell'Esercito Popolare
Jugoslavo, persino nei loro appartamenti privati. E' presente qui
Gordana Pavlovic, il cui marito medico è stato ucciso in Croazia.
Tanti compagni e amici hanno incolpato lo Stato Maggiore per non essere
prontamente intervenuto; ma piu' ancora gli hanno dato addosso gli
altri, quelli che dicevano: "l'Esercito è serbo". Questa è stata una
delle tante enormi menzogne diffuse a bella posta dagli uffici stampa
delle Repubbliche secessioniste. Anche questo abbiamo cercato di dirlo,
con ben poco successo, visto che lo spazio ci era negato in tutte le
sedi. Vi elenco chi erano in quel periodo le persone ai vertici del
Comando dell'Armata Popolare Jugoslava. Si noti che
nazionalmente la composizione non era esattamente proporzionata, bensi'
sfavorevole per i serbi.
Alla carica di segretario (ministro) della Difesa era il generale
d'Armata Veljko Kadijevic, che si e' dichiarato sempre jugoslavo. Il
capo di Stato maggiore era Blagoje Abdic, serbo.
Il vicesegretario alla Difesa era l'ammiraglio Stane Brovet, sloveno.
Comandate in capo dell'Esercito era Josip Gregoric, croato.
Comandante dell'Aviazione: Zvonko Jurjevic, croato. Egli, 15
giorni prima della secessione della Slovenia aveva sostituito
Antun Tus, anch'egli croato. Antun Tus avrebbe voluto fare un enorme
regalo a Tudjman, consegnandogli l'aeroporto militare di Bihac, in
Bosnia ed Erzegovina. Questo ve lo devo ricordare perché non l'avete
trovato scritto sui media italiani. Tus non riuscì nell'intento perché
l'Armata federale distrusse l'aeroporto, che era il migliore in Europa:
ci erano voluti 30 anni di lavoro per farlo, a ricostruirlo non
basterebbero 50 anni. Se fosse stato preso dai paramilitari croati gli
scontri bellici su quei territori sarebbero durati almeno 30 anni...
Bihac, la sacca di Bihac, vi ricorda qualcosa? Fikret Abdic,
musulmano, ne prende il controllo, ed in quella regione stipula
la pace sia con i croati che con i serbi. Poi viene attaccato
dal V Corpo d'Armata della soldatesca dell'integralista Izetbegovic
(1994). Abdic ripara in Croazia, e viene accusato di crimini di guerra.
Il governo della Federazione croato-musulmana della Bosnia-Erzegovina
chiede che sia consegnato alle autorità di Sarajevo, per trasferirlo
all'Aia. Zagabria non lo consegna, essendo lui diventato cittadino
della Croazia. Ma recentemente, per accontentare Sarajevo e
l'Occidente, la Croazia ha celebrato un processo-farsa ed ha condannato
Abdic per crimini di guerra, punendolo cosi'... per avere voluto la
pace con tutti.
Chiusa la parentesi, continuiamo: comandante della Marina militare era
l'ammiraglio Bozidar Grubisic, croato, che l'anno prima della
secessione aveva sostituito Fridrih Moretti, anche lui di nazionalità
croata. Del Servizio d'informazione e controspionaggio si occupavano
gli sloveni ed i croati. I maggiori capi di alcune sezioni erano
macedoni e musulmano-bosniaci. E cosi via.
LE OSTILITA' IN CROAZIA
Ancora non si erano raffredati i fucili dai tafferugli in Slovenia,
che subito iniziarono a divampare le fiamme in Croazia. La
popolazione serba della Croazia, vedendo cosa si stava preparando - un
vero e proprio ritorno al 1941 - incomincio' ad innalzare le barricate
nei comuni a maggioranza serba. Non sono forse le barricate segno di
difesa, e non di attacco!? Dovevano farle, perche' i territoriali
croati nel frattempo cercavano di disarmare i serbi appartenti alla
difesa territoriale ed alla polizia. I primi poliziotti uccisi nei
dintorni dei laghi di
Plitvice sono finiti nel "dimenticatoio" dei media... Ironia
della sorte: l'attuale presidente croato Mesic (è superfuo ricordare
chi e' questo individuo) presenzierà il 16 dicembre prossimo, in Piazza
San Pietro a Roma, alla posa dell'albero di Natale, sradicato dalla
zona suddetta, cioé il Gorski Kotar, e donato quest'anno al Papa dalla
Croazia. Bisognerebbe far notare dunque al Papa che quell'albero si e'
nutrito del sudore e del sangue serbo!
Con la Costituzione "di Natale", regalo di Tudjman alla "Croazia dei
croati", nel 1990 i serbi erano gia' stati esclusi dallo status di
"popolo costitutivo" ed erano diventati "minoranza". Venivano
licenziati dal lavoro, allontanati da tutti i posti di responsabilita'.
Poi furono prese di mira le case dei serbi in Dalmazia, sulle isole e
in altre parti della Croazia. Ed i media su tutto questo neanche si
sono mai soffermati. In seguito qualcuno ha versato lacrime di
coccodrillo, ammettendo che la Croazia e la Slovenia erano state
riconosciute prematuramente. Nel frattempo la Croazia si stava armando,
alla grande... Le armi venivano dalla Germania, dall'Ungheria, e con
l'aiuto di chi, se non del Vaticano?
Sono passati inosservati i retroscena, la vera ragione del crack
della banca Kreditna di Trieste, compresa la morte - "suicidio" -
del Rettore del Collegio Croato di San Girolamo a Roma. E poi, non
abbiamo forse visto persino alla TV italiana i reportage
sull'implicazione della Chiesa cattolica nel traffico di armi, con la
scoperta della falsa missione del "Pane di S. Antonio"?! (14)
I traffici erano coperti anche dalla ditta "Astra" di Zagabria.
Questo avveniva mentre la Comunità internazionale ci presentava i serbi
come aggressori, come occupatori (delle proprie terre).
Sono tante le ingiurie con le quali venivano gia' allora presentati i
serbi ed i loro leader politici. A buon titolo, i semplici cittadini
serbi si chiedevano:" Ma perché tanto odio verso di noi?".
Personalmente mi chiedevo se non fossero casi patologici le Albraight,
i Kucan, quelli che insieme ai loro genitori si erano rifugiati in
Serbia durante il nazismo; e poi Havel, e tutti quelli che hanno
letteralmente sopravvissuto solo grazie al pane serbo. Questo popolo
ospitale, dignitoso, che non ha mai cercato vendetta, e nemmeno chiede
di esser ringraziato, ma che non si aspettava certo di esser offeso,
segregato, pugnalato allo stomaco. Un popolo che insegna ai suoi figli
i valori espressi nella testimonianza di quella ragazza intervistata
alla TV, che dopo i bombardamenti disse: "Non vorrei che questo
succedesse mai ai miei coetanei in tutto il mondo". Ma quel popolo non
potrà e non deve
dimenticare certi tragici eventi. "No, i bambini morti, quelli
non ve li perdoniamo!" era il titolo di una canzone composta
durante i bombardamenti NATO all'uranio impoverito.
LO SQUARTAMENTO DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA
Intanto, mentre vari gruppi, organizzazioni, ONG, Caritas,
eccetera, continuano a versare "lacrime di coccodrillo", ne viene
combinata un'altra, ancora più grossa: viene riconosciuta la Bosnia ed
Erzegovina come Stato indipendente. Benzina sul fuoco della guerra
civile. Viene firmato, a Lisbona, l'accordo elaborato da Cutileiro, con
il quale la Bosnia veniva cantonizzata - un piano accettato da tutte le
parti in causa, dai serbi, dai croati e dai musulmano bosniaci - ma
Izetbegovic, su invito dell'ex ambasciatore USA in Jugoslavia
Zimmermann, ritira subito la firma. (16)
Gli scontri si inaspriscono. Alla fine, gli USA imporranno l'accordo di
Dayton, dopo che i serbi sono stati scacciati da varie regioni e
"sistemati" in due territori, collegati tra loro dal sottile corridoio
di Brcko. Come se vi venissero assegnate due stanze collegate con un
corridoio che non potete usare indisturbati.
A Dayton firmano Tudjman, Izetbegovic e Milosevic, ma l'accordo non
soddisfa nessuna delle tre parti in causa. I musulmano-bosniaci sono
insoddisfatti per non avere ottenuto il loro stato islamico; i croati
perché non hanno ottenuto i territori promessi; figuriamoci se potevano
essere soddisfatti i serbi, scacciati dalla loro terra "occupata" da
centinaia di anni. E' la solita politica americana: accordi di pace
perché pace non sia, fintanto che lo vuole zio Sam. Scriveva Ivo
Andric, lo jugoslavo premio Nobel per la letteratura, nei "Racconti di
Bosnia":
<<Niente di buono in Bosnia fintantoché Dzelaludin comanda.
Oggi Dzelaludin, domani chissà, qualcuno ancora peggiore.>>
LA DISGREGAZIONE TOTALE. IL RUOLO DEI MERCENARI
La secessione della Macedonia viene riconosciuta cosi' come quella
della Bosnia ed Erzegovina. I media (tutti indistintamente) non si sono
mai chiesti perché la Macedonia sia potuta uscire dalla Jugoslavia
senza uno sparo. La risposta e' semplice: perché li' non hanno fatto
quello che i nazionalisti secessionisti facevano nelle altre due
repubbliche. Il Capo di Stato Maggiore jugoslavo si era tranquillamente
accordato con la dirigenza macedone sul ritiro dell'Armija.
Ma se la Bosnia-Erzegovina è oggi un protettorato, la Macedonia ha
perso la sua "indipendenza" prima ancora di acquisirla con il
riconoscimento occidentale. Gli USA hanno piazzato lì subito 500
marines "per difenderla dalle truppe di Milosevic"... Oggi migliaia di
soldati di svariate forze occupatrici si trovano su quel territorio, e
sotto il loro attento sguardo si affermano le pretese secessioniste
degli estremisti schipetari e delle loro organizzazioni mafiose, cosi'
come in Kosmet. Lo dicono anche nei loro murales: "Kosova - Tetova".
Murales visti a Roma nel 1992, durante una sessione FAO, che passarono
"inosservati" benche' segnalassero forze sovversive. Si allesti'
invece, in quella occasione, uno stand ufficiale della inesistente
"Repubblica Kosova", con una "bella" piantina della "grande Albania" in
distribuzione gratuita. Era in effetti lo stand del partito di Rugova.
Uccisi o scacciati i serbi dalla Croazia, e mentre ancora le
fiamme si stavano spegnendo, Tudjman ordinò che soldati croati - quelli
nati in Bosnia-Erzegovina, insieme ad altri quadri
militari - formassero Unità Speciali da spedire in Bosnia,
e precisamente nella cosiddetta "Erzegbosnia", a fare "piazza
pulita" dei musulmani. Di questo esistono le testimonianze di
croati i quali, nati in Bosnia-Erzegovina, per ottenere la
"domovnica" (il "pedigree" razziale valido come certificato di
cittadinanza) dovettero prestarsi a questa operazione. Ma
furono coinvolti anche cittadini di altre nazionalità, come
quell'alto ufficiale schipetaro che si vantò di "aver contribuito
[anche lui] per questa patria", prima di essere "invitato" a
presentarsi al Tribunale dell'Aja.
In Bosnia divampava una feroce guerra civile. Dall'islamista
Izetbegovic venivano reclutati mercenari di tutte le specie:
pakistani, "mujaheddin" di Bin Laden, africani. In verità, il
governo croato di Tudjman già agli inizi dei scontri bellici
aveva usato i mercenari. Tra questi c'erano circa 600 rumeni
della ex polizia speciale "Securitate", nonche' filippini,
curdi, albanesi, africani... E volontari italiani, britannici e
tedeschi "pescati" nelle formazioni di estrema destra dei loro
paesi. Trovavamo questi individui nelle fotografie scattate
a fianco dei francescani croati! Paracadutisti scozzesi si
impegnavano con i croati nelle esercitazioni militari. E cosi' via.
Tutti questi mercenari non hanno disdegnato nemmeno di vantarsi di
quanti "serbo-cetnizi" avessero sgozzato: come un certo Roberto Delle
Fave, che gira tuttora indisturbato in Italia (19). Apparivano foto di
teste mozzate, si faceva riferimento a delitti commessi dai serbi,
oppure le foto erano inserite in articoli con titoli e didascalie di
dubbia interpretazione. Ma non dovrebbero, tutti costoro, andare
dinanzi al Tribunale Internazionale insieme a chi li ha ingaggiati?!
Secondo alcuni dati i mercenari venivano pagati attorno ai 2.000 marchi
tedeschi. Però le banconote trovate in possesso dei mercenari, morti o
catturati, erano di solito banconote ritirate dal corso legale. Gli
appartenenti alle forze croate erano spesso imbottiti di alcool e
stupefacenti, il che veniva confermato dai soldati catturati (20).
LA DEMONIZZAZIONE DEI SERBI
Malgrado delle varie carneficine - al mercato di Sarajevo, nella
via Miskina, a Zepa, a Srebrenica - fossero sempre smentite le
attribuzioni o le descrizioni immediatamente fornite dai media,
le sanzioni contro Belgrado venivano inasprite sempre di più.
Era impossibile far passare i medicinali tra gli aiuti umanitari.
La RF di Jugoslavia era trattata come un immenso lager. I media e i
politici si scatenavano a più non posso, contro Milosevic e contro
l'intero popolo serbo: vedevano se stessi nello specchio e accusavano
gli altri. Milosevic era definito "macellaio dei Balcani" su
indicazione del tandem radicale Bonino-Pannella.
In un cruciverba apparso sull'"Espresso" bisognava trovare
una parola di nove lettere, che comincia per "M" e finisce per
"C", in base alla definizione: "il capo dei barbari". La
soluzione era sin troppo facile, perche' ci avevano messo pure la foto.
I serbi aggressori, torturatori, stupratori di donne musulmane.
I serbi erano stati fatti tanto "neri" che... nascevano addirittura
dei bimbi di "colore". Non è una barzelletta, ma il caso vero di
un parto di una donna musulmano-bosniaca in una clinica Svizzera.
Sarebbe impossibile spiegare la asprezza dello scontro tra le
"etnie" nella Jugoslavia senza considerare il ruolo decisivo
giocato dai giornali e dalle TV, nonche' dalla maggiorparte degli
"intellettuali". Sentivamo e vedevamo in TV una cronista di nome Bimba
Di Maria riportare in italiano, nel doppiaggio, parole che non
corrispondevano per niente a quelle canticchiate dai bimbi serbi delle
Krajne. E Barbara Spinelli, da Mosca, sulla "Stampa": "La figura di
Milosevic produce cloni tra la bandiera rossa e la svastica." Parole
che rasentavano il razzismo. E non era la prima volta che questa
giornalista, seduta su di una comoda poltrona a Parigi o Mosca,
scriveva idiozie. Ma le idiozie rimarrebbero soltanto tali se non
avessero effetti cosi' nefasti. E' per questo che sarebbe necessario
andare a cercare i veri criminali di guerra anche tra i giornalisti
occidentali.
Prezzolati della stampa di regime, come Paolo Rumiz che dichiarò a
Limes nel 1995: "Sarò amico dei serbi solo quando Belgrado sarà
bombardata." In realta' "amico dei serbi" non lo e' stato mai, nemmeno
dopo il bombardamento sulla sede della TV serba, nel quale perirono
tanti suoi colleghi. Forse qualcuno ricorderà Rumiz in un dibattito
alla RAI TV, durante i bombardamenti del 1999, "preso in castagna" da
Dragos Kalajic mentre dichiara il falso.
Lungo sarebbe l'elenco di questi giornalisti "di servizio".
Quanto agli intellettuali, ai giornalisti-scrittori, ricordiamo
innanzitutto quelli di origini "nostrane". Come Enzo Bettiza,
con gli occhi "foderati da prosciutto dalmata", o Demetrio Volcic, che
scrisse un libro sugli eventi in Bosnia, ma ad una domanda di un
giornalista, che gli chiese se fosse stato recentemente da quelle
parti, rispose di esser stato all'aeroporto di Sarajevo - per qualche
ora, forse (concediamogli tanto!).
Poi un certo professor Pirjevec... Ma gli intellettual-borghesi
nostrani sono "degnamente" rappresentati innanzitutto
dall'arcinoto Predrag Matvejevic, il professore appeso "tra asilo
ed esilio" - certamente dorato, il suo "esilio" in Italia, nelle pause
tra una vacanza in Dalmazia e la consegna di una onoreficenza a
Zagabria. Al quale Matvejevic vorremmo davvero chiedere di che "asilo
ed esilio" va blaterando.
L'unica verità della guerra civile in Bosnia, come su tutti
i territori delle ex Repubbliche federate, sono le vittime. Di
vittime, veramente, ce ne sono state troppe, non c'e' dubbio.
Ha scritto "Hrvatska ljevica" (il mensile della sinistra croata,
n.10/1995):
<<Sulle disgrazie della gente e del popolo della Bosnia-Erzegovina ci
sono già tonnellate di documenti. Ogni etnia cerca di convincere il
mondo e se stessa di essere la piu' grande vittima e di essere oggetto
delle bestialità degli altri. Le Nazioni Unite raccolgono e detengono
la loro documentazione, l'UE la sua, il Tribunale per i crimini in
Jugoslavia la sua esclusiva...
Riguardo a questo, i fantocci del Nuovo ordine mondiale
piazzano le prove dei delitti secondo il loro tornaconto,
cosicche' al momento adatto possano ottenere qualcosa sul piano
diplomatico e sul "terreno". Malgrado fosse molto difficile
attestare tutta la verità sulle vittime e sui crimini commessi
dall'una, dall'altra, dalla terza parte, sicuramente i
musulmano-bosniaci hanno avuto il maggior numero dei morti.
I musulmani sono stati vittime dei serbi, dei croati e degli
stessi musulmani; imprigionati, scacciati, le donne stuprate.
Tra i serbi, almeno 20.000 sono morti in uniforme, e almeno
40.000 civili. Sono stati vittime dei musulmani e dei croati.
I croati morti in Bosnia-Erzegovina sono stati 15.000.
Morti, costoro, molto di più negli scontri con i musulmani
che non contro i serbi...>>
Claudio Fracassi lamentava in "Sotto la notizia niente":
<<Come una telenovela, abbiamo distrattamente seguito ogni sera la
nuova puntata. Siamo stati messi in grado, com'è d'obbligo in ogni
serial che si rispetti, di capire subito chi erano i buoni e chi i
cattivi, anche senza conoscere la trama; bastava una frase del
reporter, un'immagine, un rumore, una musica sullo sfondo. Ma nessuno
ci ha spiegato il contenuto delle puntate precedenti...>>
(fine prima parte - segue)
NOTE:
(1) "Menzogne di guerra", di Juergen Elsaesser, Edizioni "La Città del
Sole", Napoli 2002.
(2) A Maastricht (novembre 1991) l'Unione monetaria europea, con il
marco tedesco come valuta-base, e' stata creata in cambio della
distruzione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia
(RFSJ): questa infatti la condizione posta dal Ministro degli Esteri
tedesco Genscher. Il giorno di Natale 1991 i tedeschi annunciano che
riconosceranno formalmente le secessioni; il 13 gennaio 1992 il
Vaticano compie il primo passo ufficiale; il 15 gennaio seguono tutti i
paesi UE.
(3) Sul criminale impiego delle munizioni all'uranio impoverito in
Jugoslavia ed altrove, nonche' sulle conseguenze dei bombardamenti
NATO sulle infrastrutture e sui civili, si vedano ad esempio i due
libri del comitato Scienziate/i contro la guerra: "Imbrogli di guerra"
(1999) e "Contro le nuove guerre" (2000), Edizioni Odradek, Roma (anche
su
http://www.scienzaepace.it).
(4) Il culmine lo aveva forse gia' raggiunto Rossana Rossanda con un
articolo sul "Manifesto" nei giorni di meta' agosto 1995, nel quale la
giornalista si dichiarava esplicitamente favorevole
all'intervento NATO contro i serbi della Bosnia, ed affermava con
irresponsabile superficialita' che gli USA non avevano alcun interesse
strategico nell'area balcanica!
(5) La strategia dell'imperialismo americano e' illustrata bene
da Noam Chomski nel suo libro "I cortili dello zio Sam" (editore
Gamberetti), dove si spiega perché gli USA mirino a distruggere
qualunque Stato, anche piccolo, ed il suo governo, se il sistema di
quello Stato non corrisponde ai parametri USA.
(6) Il movimento delle "brigate di lavoro", grazie alle quali
le infrastrutture del paese furono (ri)costruite soprattutto negli
anni Quaranta e Cinquanta, ed alle quali l'autore di questo
intervento partecipo', fu un formidabile fenomeno di massa.
(7) "No East no West, Islam is the best", era uno dei sottotitoli
di una edizione del libro di Izetbegovic. Fu il lancio della
campagna islamista in Bosnia. Nel 1990 usci' sulla rivista "Vox",
pubblicata in Germania, un esplicito proclama di 12 punti: "Che cosa
fare dei serbi nella Repubblica islamica di Bosnia ed Erzegovina".
(8) Il 29 novembre 1990 i giornali riportavano notizie di agenzia in
base alle quali la CIA "prevedeva" il disastro che poi, l'anno
successivo, in Jugoslavia si sarebbe effettivamente
verificato. Noi disponiamo dei ritagli da "La Stampa" ed
"Il Tempo": "La CIA ha detto: la Jugoslavia esisterà per
ancora 18 mesi... Non si escludono scontri bellici e il maggior
responsabile sarà indicato [sic] in Milosevic". Vanno fatte due
considerazioni: primo, i servizi segreti non "prevedono" se
non "vogliono", ovvero se non stanno lavorando affinche'
succeda; secondo, il 29 novembre era guarda caso la ricorrenza
nazionale della RFSJ (la "Giornata della Repubblica"). Piu' esplicita
di cosi' la CIA non sarebbe potuta essere!
(9) Si veda: "NATO in the Balkans", IAC, New York 1997.
Pubblicato in versione ridotta in lingua italiana da Editori Riuniti,
"La NATO nei Balcani" (1999) e' uno dei testi piu' preziosi per la
ricostruzione della guerra di distruzione della RFSJ (1990-1996), ma
sembra essere ignorato dagli stessi suoi curatori italiani, che non lo
hanno mai menzionato ne' recensito sulla stampa su cui pure
regolarmente scrivono.
(10) La proposta della "Euroslavia" apparve su Limes ma fini'
presto nel dimenticatoio, sommersa dal fragore delle bombe all'U238.
(11) E' successo ad esempio a Spalato, in occasione della visita del
Papa.
(12) L'esercito croato, come poi quelli bosniaco-musulmano e macedone
nonche' l'UCK, sono stati addestrati dalla Military Professional
Resources Inc., nota agenzia con sede in Virginia (USA). L'esercito
croato ha avuto anche l'appoggio logistico della NATO per il
completamento della pulizia etnica delle Krajne nel 1995.
(13) Sulla figura dell'arcivescovo cattolico nazista Stepinac e sul
genocidio, a danno soprattutto dei serbi, commesso durante la Seconda
guerra mondiale in Croazia, si veda ad esempio: "L'Arcivescovo del
genocidio", di M.A. Rivelli, Ed. Kaos, Milano 1999.
(14) <<Non c'è nessun nuovo indagato nell'inchiesta condotta dal
sostituto procuratore della Repubblica di Ancona Cristina Tedeschini
sui tre tir bloccati dalla Guardia di Finanza e dalla dogana nel porto
di Ancona lo scorso 12 aprile (ma la notizia del sequestro è stata data
solo l'altro giorno): seppur carichi d'aiuti umanitari per i profughi
del Kosovo, i camion trasportavano nei doppifondi un enorme carico
d'armi diretto all'Uck. Al centro dell'interesse del magistrato ci
sarebbe per ora la figura di un prete, probabilmente coinvolto nella
vicenda. I tre tir viaggiavano sotto le insegne dell'organizzazione
umanitaria "Kruh Svetog Ante" (Il pane di Sant'Antonio) di Sarajevo ed
erano diretti, secondo la bolla d'accompagnamento, alla "Caritas" di
Scutari...>>.
Tratto da: La Padania, 4 maggio 1999. Del ritrovamento parlo' per primo
il "Corriere della Sera".
(15) Il caso di Milena Gabanelli viene descritto nel gia' citato
"Sotto la notizia niente" ed anche, da lei stessa, in una appendice
contenuta nel peraltro discutibile "La sconfitta dei media", di Marco
Guidi (Baskerville, Bologna, 1993).
(16) Ha scritto Andy Wilcoxson in «How the war started» (su:
http://www.slobodan-milosevic.org/bosnia-started):
<<On March 18, 1992, Alija Izetbegovic (Bosnian-Muslim
leader), Mate Boban (Bosnian-Croat leader), and Radovan
Karadzic (Bosnian-Serb Leader) all reached an agreement
on the peaceful succession of Bosnia & Herzegovina from
Yugoslavia. The Agreement was known as the Lisbon Agreement (it is also
known as the Cutileiro Plan). The agreement called for an independent
Bosnia divided into three constituent and geographically separate
parts, each of which would be autonomous. Izetbegovic, Boban, and
Karadzic all agreed to the plan, and signed the agreement.
The agreement was all set, internal and external borders, and
the administrative functions of the central and autonomous
governments had all been agreed upon. The threat of civil
war had been removed from Bosnia that is until, the U.S.
Ambassador Warren Zimmerman showed up.
On March 28, 1992, ten days after the agreement was reached
that would have avoided war in Bosnia, Warren Zimmerman
flew to Sarajevo and met with the Bosnian-Muslim leader,
Alija Izetbegovic. Upon finding that Izetbegovic was having
second thoughts about the agreement he had signed in
Lisbon, the Ambassador suggested that if he withdrew his
signature, the United States would grant recognition to
Bosnia as an independent state. Izetbegovic then withdrew his
signature and renounced the agreement.
After Izetbegovic reneged on the Lisbon Agreement, he called
a referendum on separation that was constitutionally illegal.
On the second day of the referendum there was a Muslim-led
attack on a Serb wedding. But the real trigger was
Izetbegovic announcing a full mobilization on April 4, 1992.
He could not legally do that without Serb & Croat consent,
but he did it anyway. That night terror reigned in Sarajevo.
The war was on. (...)
If Ambassador Zimmerman had just left Izetbegovic alone,
then none of this would have happened to begin with.
Its that simple. The blame for all of
the death and destruction associated with the Bosnian war
lies exclusively with Alija Izetbegovic for starting the war,
and with the U.S. President Bill Clinton for sending that idiot
Zimmerman to Bosnia in the first place.>>
(17) Djelaludin - soprannome di un visir ottomano - rappresenta lo
straniero occupante, il colonizzatore.
(18) La desinenza con la "a" e' propria della lingua schipetara (cioe'
albanese in senso "etnico" e non nel senso della cittadinanza della
Repubblica di Albania). Tetovo è una cittadina della Macedonia
occidentale.
(19) Clamoroso il caso del criminale di guerra italiano Roberto Delle
Fave, che rivelo' la sua vicenda di mercenario a stampa e televisione,
e dopo aver contribuito a massacri come quello nella zona di Divo Selo
(Gospic, Krajna) ed all'assassinio del giornalista francese Xavier ha
vissuto indisturbato a Bordighera ed e' stato "risparmiato" da
qualsivoglia inchiesta penale, all'Aia o altrove.
(20) I dati sull'uso di stupefacenti nell'esercito croato si possono
trarre dall'opuscolo "Nasiljem i zlocinom protiv prava. Hrvatska '91"
(Belgrado 1991. Trad.: "Con la violenza ed il delitto contro la
ragione. Croazia '91). Per quanto riguarda i drogati, ne abbiamo avuto
testimonianza da quanto apparso nel 1995 sul quotidiano "Corriere della
Sera", ed anche in televisione, sui soldati croati in cura presso la
"Comunità di San Patrignano".
(21) Andrea Catone nella prefazione del libro "Menzogne di
guerra" di J. Elsasser (Nota 1).
(22) Il libro di J. Merlino (trad.: "Le verità sulla Jugoslavia non
sono tutte buone a dirsi") e' stato pubblicato in Francia da Albin
Michel nel 1993. Mai tradotto in lingua italiana, e poco pubblicizzato
nella stessa Francia, il libro documenta la verita' sconvolgente della
disinformazione strategica ai danni dei serbi della Bosnia. Brani della
intervista ad Harff sono stati riproposti nel libro di Claudio Fracassi
"Sotto la notizia niente". Ulteriore dettagliatissima documentazione
sulla attivita' di disinformazione strategica compiuta dalle grandi
catene di "media" e da agenzie specializzate si possono trovare in
tutta la produzione del giornalista belga Michel Collon. Ricordiamo ad
esempio i libri: "Monopoly" e "Poker Menteur" (Edizioni
EPO, si veda: http://www.epo.be/index.html )
(22) Questo e' documentato ad esempio nella intervista ad Hakija
Meholjic, presidente del Social Democratic Party a Srebrenica,
pubblicata su "Dani" il 22/06/1998. Ampia documentazione sul "balletto
dei morti" di Srebrenica si trovano sul libro di Elsaesser (Nota 1).
(23) Ennio Remondino ha recentemente rivelato in "La televisione va
alla guerra" (Edizioni ERI/RAI) che nelle valigie della delegazione UCK
a Rambouillet furono trovati sacchetti di "polvere bianca": come dire,
l'utile ed il dilettevole... Per noi italiani e' particolarmente
significativo ricordare che tra i consiglieri della delegazione,
insieme a molti americani, c'erano personaggi come un tale Di Robilant,
appartenente al Partito Radicale Transnazionale (Fonte: il "Corriere
della Sera" di quei giorni).
(24) Sulla condizione del Kosmet occupato dalla NATO, dopo il 1999, e
governato dai terroristi e dai mafiosi suoi alleati; sul
regime di terrore ed apartheid oggi vigente; e sulle migliaia di
"desaparecidos" che ormai si contano: si veda l'eccezionale
documentazione prodotta da Michel Collon e Vanessa Stojiljkovic nel
video "I dannati del Kosovo" (Edizione italiana a cura del Comitato SOS
Yugoslavia di Torino).
5: Pavicevac prima parte
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
trascrizioni.html
---
Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
pavicevac.html
INTERVENTO DI IVAN PAVICEVAC
(CNJ / "Voce Jugoslava" su Radio Citta' Aperta, Roma)
La disinformazione di guerra: il caso jugoslavo
Prima parte
[nota: la trascrizione dell'intervento registrato e' stata
completamente rivista e corredata di note per facilitare la lettura.
CNJ]
Mi e' stato assegnato il compito, non facile, di sostituire Fulvio
Grimaldi nell'esporre la problematica della disinformazione di
guerra... e non solo di guerra, aggiungerei. Non e' facile per me poter
essere "distaccato" e lucido quanto sarebbe necessario, su questa
immensa tragedia che ha toccato il nostro popolo jugoslavo: una
comunità che e' stata a suo tempo esempio nel mondo di pace,
convivenza, progresso.
Nella presentazione del suo libro "Menzogne di guerra" (1),
di cui consiglio caldamente la lettura, Juergen Elsaesser
sottolinea che non si può capire la distruzione della
Jugoslavia socialista se non si conosce la storia di questo paese: una
storia non tanto remota, in effetti.
LA STORIA SI RIPETE
"In Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi tentano di
promuovere la secessione della Croazia facendo leva sui capi
nazionalisti"... Non sono poi tanto strane, queste parole, anzi
sarebbero applicabili all'oggi. Eppure sono state riprese da una
cronologia dell'anno 1941, apparsa sulla rivista dell'Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia "Patria Indipendente".
1941: "in Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi
tentano di promuovere la secessione della Croazia facendo leva sui
capi nazionalisti". Se osservate la piantina della Jugoslavia sotto il
nazifascismo, notate la presenza di truppe straniere a sancire la
spartizione, allora come oggi - a parte poche sfumature.
La Germania - parliamo degli ultimi eventi - ha poi imposto
agli altri membri dell'Unione Europea il riconoscimento di Slovenia e
Croazia. E non dimentichiamo la "longa manus" vaticana: il tradizionale
nemico della Jugoslavia, il Vaticano, ha riconosciuto la Slovenia e la
Croazia due giorni prima dell'UE (2).
Grazie al sostegno fornito, la Chiesa cattolica ha incassato la
restituzione delle proprietà nazionalizzate nel dopoguerra: i boschi in
Slovenia, nonché uno "status specialissimo" per le istituzioni
cattoliche nel nuovo Stato di Tudjman.
Come nel 1941, così anche nel 1991 la parola d'ordine e' stata: "La
Jugoslavia deve sparire. La Serbia deve morire!" ("Serbien muss
sterbien!"). Nella nuova edizione aggiornata di Klaus Kinkel, Ministro
degli Esteri tedesco nei primi anni Novanta, essa suona: "La Serbia va
messa in ginocchio" - l'ha detto esplicitamente il 27 maggio 1992...
Nel maggio 1941, invece, l'editorialista del periodico "Conquiste", un
fascista di nome Bartoli, scriveva un articolo intitolato: "La Nemesi
divina". E sosteneva: "La Provvidenza divina è favorevole alla
Germania... la Serbia dovrà inchinarsi per anni e anni ad essa, e
poi... e poi...".
Ne' l'Europa, ne' gli USA vogliono ricordare quel passato, per non
dover ricordare il loro ruolo disonesto in quel passato ed in questo
presente. L'assassino torna sempre sul luogo del delitto: nel 1941,
allo scoppio della guerra mondiale, Belgrado viene bombardata dai
tedeschi; nell'aprile 1944 (Pasqua ortodossa) Belgrado viene bombardata
dai "nostri alleati" anglo-americani. Il giorno dopo si contavano più
di 2000 civili morti, case, ospedali, asili nido, scuole distrutte.
PACIFISTI E "SINISTRA"
Quando nel 1994 si presento' forte la minaccia che gli USA-NATO
avrebbero bombardato i serbi di Bosnia, il sottoscritto consegnò "due
righe" scritte, all'attenzione degli addetti militari
dell'Ambasciata USA e di quella della Gran Bretagna a Roma:
"Nel 1941 la Germania bombardò Belgrado. Nel 1944 gli
anglo-americani. Nel 1994 insieme?!", scrissi. Era il periodo della
campagna di stampa su "Sarajevo assediata": una micidiale trappola per
tutto il movimento pacifista. Tra i pochissimi a testimoniare che, in
realta', la citta' era tragicamente divisa in due piuttosto che
"assediata" (o "doppiamente assediata", secondo Tommaso di Francesco),
c'erano alcuni nostri amici e compagni. Tra questi Manuela Marianetti e
Maurizio Caldarola, che si offrirono anche di fare da "scudi umani" in
caso di bombardamento su Pale.
USA ed "alleati", piu' Germania ed Italia, bombardarono in effetti i
serbi della Bosnia nel 1995 con l'uranio impoverito (3) - ed il
comando italiano, pare, "non ne era stato informato" (sic! Italiani
brava gente...). Ma nel mio piccolo, con la mia attivita' di
controinformazione e sensibilizzazione, mi sforzavo di avvertire i
compagni che i paesi NATO non si sarebbero fermati fintantoché non
avessero bombardato Belgrado. E cosi' fu.
La barbara aggressione contro Belgrado e tutta la Repubblica
Federale di Jugoslavia (RFJ, cio' che rimaneva della RFSJ)
avvenne nel 1999. Il pretesto era che lì si consumava una
"pulizia etnica", si commettevano "crimini contro l'umanità"...
E dagli addosso, per l'ennesima volta, all'unisono con tutti i
media, a quel "tiranno" di Milosevic... Ma chi voleva comprendere
capiva che la posta in gioco era alta. Si trattava della sovranità
dello Stato jugoslavo, minacciata con l'ultimatum-ricatto di
Washington: l'ultimatum di Rambouillet. Purtroppo anche quella volta,
nonostante l'enormita' degli avvenimenti, la sinistra "perse il passo",
mal consigliata dai soliti pacifisti del "ne'-ne'" (ne' con Milosevic,
ne' con gli USA), che non hanno fatto altro che il gioco dello zio Sam,
come ha fatto ben notare Grimaldi in numerosi interventi.
E dunque, avanti con "l'intervento umanitario", con D'Alema in
persona che senza vergogna diceva: "Abbiamo fatto il nostro
dovere... Siamo una nazione affidabile". Tuttavia in tanti,
gente comune o "anime belle", si chiedevano quale interesse
avesse l'America a promuovere i bombardamenti sulla RFJ.
"Perché questa guerra feroce, queste atrocità che fanno
inorridire il mondo?" Risposta tipica: "Bisognava
intervenire perché altrimenti... la Grande Serbia...
Milosevic...". Ed insistevano: "La ex-Jugoslavia
[seppellita come "ex", prima ancora di essere morta, con
particolare zelo proprio da certi "sinistri" ambienti]
non ha petrolio, non è un grande mercato da conquistare...
Dunque per comprendere occorre risalire indietro nei secoli...
I nazionalismi... Gli odii etnici..." (4)
I NEMICI ESTERNI ED INTERNI
Davvero, ad ascoltarli, veniva da chiedersi: "Ma ci sono o ci
fanno"?! Ce l'hanno, eccome, gli USA e i loro alleati NATO,
l'interesse a distruggere e ad infiltrarsi nei Balcani!
Interessi simili a quelli che l'imperialismo americano nutre
quasi in ogni angolo del pianeta (5). Anche la Jugoslavia, alla
fine degli anni Ottanta, si era incamminata verso le riforme
sociali ed economiche in atto in tutti i paesi socialisti d'Europa.
Aveva persino richiesto l'adesione all'UE. Lo standard economico era
uguale a quello spagnolo. Evidentemente a qualcuno (SI-SA-A-CHI, come
diciamo dalle parti nostre) nemmeno questo bastava. Furono poste
condizioni inaccettabili, dei veri e propri ricatti che hanno
accelerato la vertiginosa disgregazione dello Stato e la decomposizione
della stessa coscienza del popolo jugoslavo, con
l'obiettivo di sottometterlo totalmente agli interessi altrui.
"Piatto ricco, mi ci ficco"... ed ecco allora anche noi
italiani, e persino gli ungheresi, gli albanesi... Tutti a
gettarsi come rapaci sulle spoglie della Jugoslavia.
Tito ammoniva: "Se rimarremo uniti, non dovremo temere nessuno".
Invece di seguire le orme di Tito, su cui pure giuravano con
slogan del tipo: "Anche dopo Tito, Tito!", furono in primis
proprio certi leader politici della Lega dei Comunisti a
dileguarsi nelle formazioni nazionaliste, tradendo così non
solo Tito ma anche tutti i combattenti per una Jugoslavia libera,
e tradendo le generazioni che si erano adoperate, con il
volontariato, a ricostruire il paese, a farlo risorgere dalle
macerie nel dopoguerra (6). Creano partiti "democratici",
rinnegano il passato definendolo improvvisamente "periodo buio", e
cosi' via. Tutti a precipitarsi, a candidarsi a capo del proprio
piccolo "cortile" - da non crederci... Gli sloveni Dolanc,
Kucan e Drnovsek, i Racan ed i Mesic croati, il Djukanovic
montenegrino... Persino le maggiori cariche politiche ed
istituzionali! Ed altrettanto gli schipetari Vllasi (gia'
segretario della gioventu' comunista jugoslava) e Hodza (gia'
presidente nella presidenza "a rotazione").
L'unico a non essere mai stato comunista, nemmeno per sbaglio, era
Izetbegovic: integralista da sempre, dopo aver scritto nei primi anni
Settanta la "Dichiarazione Islamica" aveva dovuto giustamente scontare
qualche anno di "patrie galere". Per noi e per quelli che conoscono
anche solo un pò di storia delle nostre terre, questa sua prigionia non
aveva proprio niente di strano o deprecabile. Ma qui si dovrebbe aprire
un altro capitolo: quello della formazione "Handzar", la divisione
delle SS musulmane costituita su invito del mufti di Gerusalemme e con
l'approvazione di Hitler; poi le formazioni SS "Skanderbeg" ed i
"balisti" albanesi...
I PAPPAGALLI
La Jugoslavia dunque non si è "disgregata", come spesso
sostengono i media ed i soliti papagalli - "pappagallo magna risi, quel
che senti tutto dizi", si dice in Istria. La Jugoslavia è
stata attaccata, dall'interno e dall'esterno, con una determinazione ed
una ferocia mirate a distruggere, senza precedenti nella Storia.
Soltanto chi non aveva mai lavorato ne' contribuito alla ricostruzione
del paese dalle macerie della Guerra mondiale poteva scagliarsi con una
tale rabbia contro di esso. Quando mi presentavo dicendo "sono
jugoslavo", mi sentivo rispondere con una soddisfatta cattiveria: "La
Jugoslavia non esiste più".
Ma come potete voi definire noi, jugoslavi, "ex-jugoslavi",
malgrado esistiamo?!
Non vi chiediamo di comprendere il risentimento che possono provare
intere generazioni, compresa la mia, che hanno contribuito con il
lavoro volontario alla ricostruzione del paese ed alla edificazione di
tutti quei diritti sociali fondamentali, ottenuti con il lungo lavoro
delle masse popolari, ispirati solamente dagli ideali di pace,
uguaglianza, lavoro. Ma la "sinistra" italiana, e non solo quella
italiana, avrebbe dovuto capire che l'attacco alla Jugoslavia
socialista era un attacco contro la classe operaia.
Il concreto esempio lo abbiamo, di questi tempi, nel trasferimento
delle fabbriche dall'Italia in altri paesi, dove l'operaio qualificato
costa meno... Sin da allora abbiamo ritenuto che una rielaborazione di
quanto avveniva in Jugoslavia, un approfondimento di analisi sarebbe
stato doveroso per la sinistra italiana.
Purtroppo invece, niente da fare: equivoci ed "errori" di giudizio
si sono protratti ad auto-alimentati fino all'esito disastroso
dei bombardamenti. Cosi', rappresentanti di un governo (italiano) che
si definiva di centrosinistra andarono a stringere la mano a
rappresentanti di un governo di ultradestra, quello di Tudjman.
Certo, nemmeno ci sognamo oggi di chiedere ad un D'Alema - che sembra
godere di impunita' per i crimini ordinati nel 1999, ed e' poi stato
autore di un libro surreale sulla guerra per il
Kosovo - di vergognarsi, come pure sarebbe giusto, perché camaleonti
del genere non conoscono la vergogna. Non era forse chiaro sin
dall'inizio che, finche' la denominazione stessa di "Jugoslavia" non
fosse sparita dalle piantine geografiche, questi politici occidentali
avrebbero comunque continuato ad attaccare, ad "alzare il livello dello
scontro"? E quale senso attribuire, se non quello di un amaro
paradosso, a proposte come quella della "Euroslavia" (10), proposte
nate dopo tanta insistenza sulla distruzione della "slavia" federativa
e socialista?
Dunque, nelle parole dello scrittore e poeta Mesa Selimovic, ma
riferendoci ai nemici interni (i "quisling") ed esterni (la NATO): "Gli
uomini sono dei bambini malvagi. Malvagi per i loro atti, bambini nella
mente. E mai saranno diversi".
L'INIZIO DELLA FINE
L'attacco contro la Jugoslavia ebbe inizio con la "terapia d'urto"
del FMI, alla fine degli anni Ottanta, e con una accelerazione
degli eventi da parte degli USA che stavano organizzando la
divisione della RFSJ proprio mentre, dal punto di vista militare,
si mobilitavano per la prima guerra contro l'Irak (8). Lo riferisce
in dettaglio Sara Flounders dell'International Action Center (9),
l'organizzazione di cui fa parte anche l'ex ministro americano
della Giustizia Ramsey Clark (poi fondatore del "Tribunale"
popolare per i crimini della NATO). Scriveva Sara Flounders:
<<Il Congresso americano approvava [nel novembre 1990] una risoluzione
che tagliava qualsiasi aiuto, prestito o commercio (ma anche congelava
nelle banche americane i depositi jugoslavi) con la RFS di Jugoslavia e
ordinava elezioni separate nello spazio di un semestre in ciascuna
delle Repubbliche federate.>>
In questo contesto si inseri' l'equivoco sulle
"autodeterminazioni": secondo la Costituzione federale
l'autodeterminazione era ammessa, ma con riferimento esplicito ai
"popoli costitutivi" e non alle Repubbliche federate - tanto meno alle
Regioni autonome (Kosovo e Vojvodina). Percio' tutti i confini interni
amministrativi andavano ridiscussi.
Sapevano bene dove andare a piazzare i semi malati, gia'
all'inizio, perche' infestassero tutto: ad esempio nello sport.
La cultura sportiva era anch'essa un simbolo dell'Unità jugoslava.
Roma, giugno 1991, Campionato europeo di pallacanestro. Arriva da
Lubiana al giocatore sloveno Jure Zdovc un ordine: "Non devi piu'
giocare con la Nazionale jugoslava, altrimenti sarai dichiarato nemico
del tuo popolo!" Ero li' da accompagnatore sportivo, ne sono testimone.
E vi posso dire, in quei giorni, quanto si sono viceversa dimostrati
affiatati, amici, patrioti i giocatori slavi di tutte le nazionalita'!
Ma purtroppo, dovendo ritornare a casa dall'estero, ognuno nella sua
Repubblica secessionista, quegli sportivi dovevano stare molto attenti
ad elogiare la vittoria della formazione jugoslava.
In quei giorni che seguirono il 25 giugno - data delle proclamazioni di
indipendenza - l'Esercito Federale fu ostaggio non solamente dei
rivoltosi di Slovenia e Croazia, nelle caserme assediate, ma anche
delle opinioni pubbliche, interna ed internazionale. Derisa e
demoralizzata, con i soldati impossibilitati a rispondere agli spari
dei "territoriali" sloveni, con il comando pressato dai media, dalle
famiglie e dai parenti dei soldati di leva che chiedevano che i loro
figli tornassero subito a casa... l'Armija non svolse il suo ruolo.
Quella "abdicazione" di allora e' costata dieci anni di carneficine e
la distruzione del paese.
Negli stessi giorni giorni Tudjman, sull'ex Piazza della
Repubblica a Zagabria, davanti ad una folla che sbandierava
simboli nefasti e scandiva lugubri slogan, sentiti già nel 1941,
dichiarava che soltanto con la guerra (l'aiuto dell'Occidente e
la benedizione di Papa Wojtyla erano sottintesi!) avrebbero
ottenuto il loro tanto agognato cosiddetto Stato indipendente
croato. Precedentemente Tudjman - che per molti mesi si mosse come un
temporeggiatore, in attesa delle armi dall'estero oltreche' del
determinarsi di condizioni militari e diplomatiche favorevoli - aveva
affermato alla stampa: "Grazie a Dio, mia moglie non è ne' ebrea ne'
serba". La "piena indipendenza" croata fu in effetti acquisita solo nel
1995, con la ferocia, attraverso le varie operazioni "Tuono" e "Lampo",
sotto la guida e le istruzioni dei generali americani in pensione (12),
attaccando anche le colonne indifese dei profughi delle Krajne.
Vi potete immaginare quanto sia stata grande la tragedia dei
padri, delle famiglie cacciate dalle loro case, dai loro focolari.
Adesso, come nel 1941, i serbi ortodossi scacciati dalle loro
terre: dalle Krajne, dalla Erzegovina ("Erzegbosnia" nella
denominazione ustascia usata oggi ahinoi anche da Predrag Matvejevic)
per mano di "cattolicissimi" croati, con la diretta complicità della
Chiesa cattolica croata e del suo arcivescovo Stepinac - beatificato
nel 1997 da questo Papa (13)!
PRODROMI DI DISINFORMAZIONE
Ecco perche' la disinformazione sulla Jugoslavia non e'
solamente "disinformazione di guerra". Un grande contributo
alla disgregazione della Jugoslavia lo hanno dato i media.
"L'atroce guerra in Jugoslavia - a pochi mesi dal trionfale
spettacolo del Golfo - è nata nella bella capitale della
Slovenia, Lubiana, sotto il segno della disinformazione. Non è
più riuscita a liberarsene!", scriveva cosi nel suo libro "Sotto
la notizia niente" Claudio Fracassi (edizioni Avvenimenti).
Quando un giornalista, un reporter, vuole "vedere", riprende i fatti,
quando riesce a mostrarli, viene subito allontanato dai media, viene
messo in quarantena. Come ben sa Milena Gabanelli. (15)
Forse ricordate come stampa e TV mostravano i cittadini di
Lubiana scappare nei rifugi perché le sirene suonavano l'allarme di un
inesistente attacco dell'Esercito Popolare Jugoslavo... Ed il Corriere
della Sera titolava bugiardamente: "Lubiana bombardata".
Aerei militari sarebbero decollati dall'aeroporto militare di Pola,
o di Bihac... Lo stesso ministro degli Esteri italiano di allora,
Gianni De Michelis, ha poi dichiarato a voce e per iscritto (su
"Limes") che era tutto un bluff. Fu accusato prontamente dal Vaticano
di essere amico dei serbi...
Lo sanno benissimo i cittadini di Gorizia e della frontiera con la
Slovenia, compresi i compagni qui presenti, quello che stavano facendo
piuttosto i territoriali sloveni, contro le caserme, contro i militari
di leva... Fu abbattutto l'elicottero che
portava viveri ed acqua alle reclute nelle caserme assediate:
cadde nei pressi del consolato austriaco. Negli attacchi i
nazionalisti sloveni uccisero 34 soldati federali - di ogni
nazionalita'! - mentre dalla parte dei territoriali caddero in
quattro o cinque.
Nel frattempo, in Croazia si complottava sulla messa in opera di piani
preparati precedentemente. Fu intercettata e filmata una riunione, fu
mostrata alla TV. Tra gli altri, a tale riunione
partecipava il generale Martin Spegelj, che l'anno prima (1990)
era comandante in capo a Zagabria; c'era poi un altro alto
ufficiale, Boljkovac... In quella occasione preparava l'attacco
contro le caserme e contro gli ufficiali dell'Esercito Popolare
Jugoslavo, persino nei loro appartamenti privati. E' presente qui
Gordana Pavlovic, il cui marito medico è stato ucciso in Croazia.
Tanti compagni e amici hanno incolpato lo Stato Maggiore per non essere
prontamente intervenuto; ma piu' ancora gli hanno dato addosso gli
altri, quelli che dicevano: "l'Esercito è serbo". Questa è stata una
delle tante enormi menzogne diffuse a bella posta dagli uffici stampa
delle Repubbliche secessioniste. Anche questo abbiamo cercato di dirlo,
con ben poco successo, visto che lo spazio ci era negato in tutte le
sedi. Vi elenco chi erano in quel periodo le persone ai vertici del
Comando dell'Armata Popolare Jugoslava. Si noti che
nazionalmente la composizione non era esattamente proporzionata, bensi'
sfavorevole per i serbi.
Alla carica di segretario (ministro) della Difesa era il generale
d'Armata Veljko Kadijevic, che si e' dichiarato sempre jugoslavo. Il
capo di Stato maggiore era Blagoje Abdic, serbo.
Il vicesegretario alla Difesa era l'ammiraglio Stane Brovet, sloveno.
Comandate in capo dell'Esercito era Josip Gregoric, croato.
Comandante dell'Aviazione: Zvonko Jurjevic, croato. Egli, 15
giorni prima della secessione della Slovenia aveva sostituito
Antun Tus, anch'egli croato. Antun Tus avrebbe voluto fare un enorme
regalo a Tudjman, consegnandogli l'aeroporto militare di Bihac, in
Bosnia ed Erzegovina. Questo ve lo devo ricordare perché non l'avete
trovato scritto sui media italiani. Tus non riuscì nell'intento perché
l'Armata federale distrusse l'aeroporto, che era il migliore in Europa:
ci erano voluti 30 anni di lavoro per farlo, a ricostruirlo non
basterebbero 50 anni. Se fosse stato preso dai paramilitari croati gli
scontri bellici su quei territori sarebbero durati almeno 30 anni...
Bihac, la sacca di Bihac, vi ricorda qualcosa? Fikret Abdic,
musulmano, ne prende il controllo, ed in quella regione stipula
la pace sia con i croati che con i serbi. Poi viene attaccato
dal V Corpo d'Armata della soldatesca dell'integralista Izetbegovic
(1994). Abdic ripara in Croazia, e viene accusato di crimini di guerra.
Il governo della Federazione croato-musulmana della Bosnia-Erzegovina
chiede che sia consegnato alle autorità di Sarajevo, per trasferirlo
all'Aia. Zagabria non lo consegna, essendo lui diventato cittadino
della Croazia. Ma recentemente, per accontentare Sarajevo e
l'Occidente, la Croazia ha celebrato un processo-farsa ed ha condannato
Abdic per crimini di guerra, punendolo cosi'... per avere voluto la
pace con tutti.
Chiusa la parentesi, continuiamo: comandante della Marina militare era
l'ammiraglio Bozidar Grubisic, croato, che l'anno prima della
secessione aveva sostituito Fridrih Moretti, anche lui di nazionalità
croata. Del Servizio d'informazione e controspionaggio si occupavano
gli sloveni ed i croati. I maggiori capi di alcune sezioni erano
macedoni e musulmano-bosniaci. E cosi via.
LE OSTILITA' IN CROAZIA
Ancora non si erano raffredati i fucili dai tafferugli in Slovenia,
che subito iniziarono a divampare le fiamme in Croazia. La
popolazione serba della Croazia, vedendo cosa si stava preparando - un
vero e proprio ritorno al 1941 - incomincio' ad innalzare le barricate
nei comuni a maggioranza serba. Non sono forse le barricate segno di
difesa, e non di attacco!? Dovevano farle, perche' i territoriali
croati nel frattempo cercavano di disarmare i serbi appartenti alla
difesa territoriale ed alla polizia. I primi poliziotti uccisi nei
dintorni dei laghi di
Plitvice sono finiti nel "dimenticatoio" dei media... Ironia
della sorte: l'attuale presidente croato Mesic (è superfuo ricordare
chi e' questo individuo) presenzierà il 16 dicembre prossimo, in Piazza
San Pietro a Roma, alla posa dell'albero di Natale, sradicato dalla
zona suddetta, cioé il Gorski Kotar, e donato quest'anno al Papa dalla
Croazia. Bisognerebbe far notare dunque al Papa che quell'albero si e'
nutrito del sudore e del sangue serbo!
Con la Costituzione "di Natale", regalo di Tudjman alla "Croazia dei
croati", nel 1990 i serbi erano gia' stati esclusi dallo status di
"popolo costitutivo" ed erano diventati "minoranza". Venivano
licenziati dal lavoro, allontanati da tutti i posti di responsabilita'.
Poi furono prese di mira le case dei serbi in Dalmazia, sulle isole e
in altre parti della Croazia. Ed i media su tutto questo neanche si
sono mai soffermati. In seguito qualcuno ha versato lacrime di
coccodrillo, ammettendo che la Croazia e la Slovenia erano state
riconosciute prematuramente. Nel frattempo la Croazia si stava armando,
alla grande... Le armi venivano dalla Germania, dall'Ungheria, e con
l'aiuto di chi, se non del Vaticano?
Sono passati inosservati i retroscena, la vera ragione del crack
della banca Kreditna di Trieste, compresa la morte - "suicidio" -
del Rettore del Collegio Croato di San Girolamo a Roma. E poi, non
abbiamo forse visto persino alla TV italiana i reportage
sull'implicazione della Chiesa cattolica nel traffico di armi, con la
scoperta della falsa missione del "Pane di S. Antonio"?! (14)
I traffici erano coperti anche dalla ditta "Astra" di Zagabria.
Questo avveniva mentre la Comunità internazionale ci presentava i serbi
come aggressori, come occupatori (delle proprie terre).
Sono tante le ingiurie con le quali venivano gia' allora presentati i
serbi ed i loro leader politici. A buon titolo, i semplici cittadini
serbi si chiedevano:" Ma perché tanto odio verso di noi?".
Personalmente mi chiedevo se non fossero casi patologici le Albraight,
i Kucan, quelli che insieme ai loro genitori si erano rifugiati in
Serbia durante il nazismo; e poi Havel, e tutti quelli che hanno
letteralmente sopravvissuto solo grazie al pane serbo. Questo popolo
ospitale, dignitoso, che non ha mai cercato vendetta, e nemmeno chiede
di esser ringraziato, ma che non si aspettava certo di esser offeso,
segregato, pugnalato allo stomaco. Un popolo che insegna ai suoi figli
i valori espressi nella testimonianza di quella ragazza intervistata
alla TV, che dopo i bombardamenti disse: "Non vorrei che questo
succedesse mai ai miei coetanei in tutto il mondo". Ma quel popolo non
potrà e non deve
dimenticare certi tragici eventi. "No, i bambini morti, quelli
non ve li perdoniamo!" era il titolo di una canzone composta
durante i bombardamenti NATO all'uranio impoverito.
LO SQUARTAMENTO DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA
Intanto, mentre vari gruppi, organizzazioni, ONG, Caritas,
eccetera, continuano a versare "lacrime di coccodrillo", ne viene
combinata un'altra, ancora più grossa: viene riconosciuta la Bosnia ed
Erzegovina come Stato indipendente. Benzina sul fuoco della guerra
civile. Viene firmato, a Lisbona, l'accordo elaborato da Cutileiro, con
il quale la Bosnia veniva cantonizzata - un piano accettato da tutte le
parti in causa, dai serbi, dai croati e dai musulmano bosniaci - ma
Izetbegovic, su invito dell'ex ambasciatore USA in Jugoslavia
Zimmermann, ritira subito la firma. (16)
Gli scontri si inaspriscono. Alla fine, gli USA imporranno l'accordo di
Dayton, dopo che i serbi sono stati scacciati da varie regioni e
"sistemati" in due territori, collegati tra loro dal sottile corridoio
di Brcko. Come se vi venissero assegnate due stanze collegate con un
corridoio che non potete usare indisturbati.
A Dayton firmano Tudjman, Izetbegovic e Milosevic, ma l'accordo non
soddisfa nessuna delle tre parti in causa. I musulmano-bosniaci sono
insoddisfatti per non avere ottenuto il loro stato islamico; i croati
perché non hanno ottenuto i territori promessi; figuriamoci se potevano
essere soddisfatti i serbi, scacciati dalla loro terra "occupata" da
centinaia di anni. E' la solita politica americana: accordi di pace
perché pace non sia, fintanto che lo vuole zio Sam. Scriveva Ivo
Andric, lo jugoslavo premio Nobel per la letteratura, nei "Racconti di
Bosnia":
<<Niente di buono in Bosnia fintantoché Dzelaludin comanda.
Oggi Dzelaludin, domani chissà, qualcuno ancora peggiore.>>
LA DISGREGAZIONE TOTALE. IL RUOLO DEI MERCENARI
La secessione della Macedonia viene riconosciuta cosi' come quella
della Bosnia ed Erzegovina. I media (tutti indistintamente) non si sono
mai chiesti perché la Macedonia sia potuta uscire dalla Jugoslavia
senza uno sparo. La risposta e' semplice: perché li' non hanno fatto
quello che i nazionalisti secessionisti facevano nelle altre due
repubbliche. Il Capo di Stato Maggiore jugoslavo si era tranquillamente
accordato con la dirigenza macedone sul ritiro dell'Armija.
Ma se la Bosnia-Erzegovina è oggi un protettorato, la Macedonia ha
perso la sua "indipendenza" prima ancora di acquisirla con il
riconoscimento occidentale. Gli USA hanno piazzato lì subito 500
marines "per difenderla dalle truppe di Milosevic"... Oggi migliaia di
soldati di svariate forze occupatrici si trovano su quel territorio, e
sotto il loro attento sguardo si affermano le pretese secessioniste
degli estremisti schipetari e delle loro organizzazioni mafiose, cosi'
come in Kosmet. Lo dicono anche nei loro murales: "Kosova - Tetova".
Murales visti a Roma nel 1992, durante una sessione FAO, che passarono
"inosservati" benche' segnalassero forze sovversive. Si allesti'
invece, in quella occasione, uno stand ufficiale della inesistente
"Repubblica Kosova", con una "bella" piantina della "grande Albania" in
distribuzione gratuita. Era in effetti lo stand del partito di Rugova.
Uccisi o scacciati i serbi dalla Croazia, e mentre ancora le
fiamme si stavano spegnendo, Tudjman ordinò che soldati croati - quelli
nati in Bosnia-Erzegovina, insieme ad altri quadri
militari - formassero Unità Speciali da spedire in Bosnia,
e precisamente nella cosiddetta "Erzegbosnia", a fare "piazza
pulita" dei musulmani. Di questo esistono le testimonianze di
croati i quali, nati in Bosnia-Erzegovina, per ottenere la
"domovnica" (il "pedigree" razziale valido come certificato di
cittadinanza) dovettero prestarsi a questa operazione. Ma
furono coinvolti anche cittadini di altre nazionalità, come
quell'alto ufficiale schipetaro che si vantò di "aver contribuito
[anche lui] per questa patria", prima di essere "invitato" a
presentarsi al Tribunale dell'Aja.
In Bosnia divampava una feroce guerra civile. Dall'islamista
Izetbegovic venivano reclutati mercenari di tutte le specie:
pakistani, "mujaheddin" di Bin Laden, africani. In verità, il
governo croato di Tudjman già agli inizi dei scontri bellici
aveva usato i mercenari. Tra questi c'erano circa 600 rumeni
della ex polizia speciale "Securitate", nonche' filippini,
curdi, albanesi, africani... E volontari italiani, britannici e
tedeschi "pescati" nelle formazioni di estrema destra dei loro
paesi. Trovavamo questi individui nelle fotografie scattate
a fianco dei francescani croati! Paracadutisti scozzesi si
impegnavano con i croati nelle esercitazioni militari. E cosi' via.
Tutti questi mercenari non hanno disdegnato nemmeno di vantarsi di
quanti "serbo-cetnizi" avessero sgozzato: come un certo Roberto Delle
Fave, che gira tuttora indisturbato in Italia (19). Apparivano foto di
teste mozzate, si faceva riferimento a delitti commessi dai serbi,
oppure le foto erano inserite in articoli con titoli e didascalie di
dubbia interpretazione. Ma non dovrebbero, tutti costoro, andare
dinanzi al Tribunale Internazionale insieme a chi li ha ingaggiati?!
Secondo alcuni dati i mercenari venivano pagati attorno ai 2.000 marchi
tedeschi. Però le banconote trovate in possesso dei mercenari, morti o
catturati, erano di solito banconote ritirate dal corso legale. Gli
appartenenti alle forze croate erano spesso imbottiti di alcool e
stupefacenti, il che veniva confermato dai soldati catturati (20).
LA DEMONIZZAZIONE DEI SERBI
Malgrado delle varie carneficine - al mercato di Sarajevo, nella
via Miskina, a Zepa, a Srebrenica - fossero sempre smentite le
attribuzioni o le descrizioni immediatamente fornite dai media,
le sanzioni contro Belgrado venivano inasprite sempre di più.
Era impossibile far passare i medicinali tra gli aiuti umanitari.
La RF di Jugoslavia era trattata come un immenso lager. I media e i
politici si scatenavano a più non posso, contro Milosevic e contro
l'intero popolo serbo: vedevano se stessi nello specchio e accusavano
gli altri. Milosevic era definito "macellaio dei Balcani" su
indicazione del tandem radicale Bonino-Pannella.
In un cruciverba apparso sull'"Espresso" bisognava trovare
una parola di nove lettere, che comincia per "M" e finisce per
"C", in base alla definizione: "il capo dei barbari". La
soluzione era sin troppo facile, perche' ci avevano messo pure la foto.
I serbi aggressori, torturatori, stupratori di donne musulmane.
I serbi erano stati fatti tanto "neri" che... nascevano addirittura
dei bimbi di "colore". Non è una barzelletta, ma il caso vero di
un parto di una donna musulmano-bosniaca in una clinica Svizzera.
Sarebbe impossibile spiegare la asprezza dello scontro tra le
"etnie" nella Jugoslavia senza considerare il ruolo decisivo
giocato dai giornali e dalle TV, nonche' dalla maggiorparte degli
"intellettuali". Sentivamo e vedevamo in TV una cronista di nome Bimba
Di Maria riportare in italiano, nel doppiaggio, parole che non
corrispondevano per niente a quelle canticchiate dai bimbi serbi delle
Krajne. E Barbara Spinelli, da Mosca, sulla "Stampa": "La figura di
Milosevic produce cloni tra la bandiera rossa e la svastica." Parole
che rasentavano il razzismo. E non era la prima volta che questa
giornalista, seduta su di una comoda poltrona a Parigi o Mosca,
scriveva idiozie. Ma le idiozie rimarrebbero soltanto tali se non
avessero effetti cosi' nefasti. E' per questo che sarebbe necessario
andare a cercare i veri criminali di guerra anche tra i giornalisti
occidentali.
Prezzolati della stampa di regime, come Paolo Rumiz che dichiarò a
Limes nel 1995: "Sarò amico dei serbi solo quando Belgrado sarà
bombardata." In realta' "amico dei serbi" non lo e' stato mai, nemmeno
dopo il bombardamento sulla sede della TV serba, nel quale perirono
tanti suoi colleghi. Forse qualcuno ricorderà Rumiz in un dibattito
alla RAI TV, durante i bombardamenti del 1999, "preso in castagna" da
Dragos Kalajic mentre dichiara il falso.
Lungo sarebbe l'elenco di questi giornalisti "di servizio".
Quanto agli intellettuali, ai giornalisti-scrittori, ricordiamo
innanzitutto quelli di origini "nostrane". Come Enzo Bettiza,
con gli occhi "foderati da prosciutto dalmata", o Demetrio Volcic, che
scrisse un libro sugli eventi in Bosnia, ma ad una domanda di un
giornalista, che gli chiese se fosse stato recentemente da quelle
parti, rispose di esser stato all'aeroporto di Sarajevo - per qualche
ora, forse (concediamogli tanto!).
Poi un certo professor Pirjevec... Ma gli intellettual-borghesi
nostrani sono "degnamente" rappresentati innanzitutto
dall'arcinoto Predrag Matvejevic, il professore appeso "tra asilo
ed esilio" - certamente dorato, il suo "esilio" in Italia, nelle pause
tra una vacanza in Dalmazia e la consegna di una onoreficenza a
Zagabria. Al quale Matvejevic vorremmo davvero chiedere di che "asilo
ed esilio" va blaterando.
L'unica verità della guerra civile in Bosnia, come su tutti
i territori delle ex Repubbliche federate, sono le vittime. Di
vittime, veramente, ce ne sono state troppe, non c'e' dubbio.
Ha scritto "Hrvatska ljevica" (il mensile della sinistra croata,
n.10/1995):
<<Sulle disgrazie della gente e del popolo della Bosnia-Erzegovina ci
sono già tonnellate di documenti. Ogni etnia cerca di convincere il
mondo e se stessa di essere la piu' grande vittima e di essere oggetto
delle bestialità degli altri. Le Nazioni Unite raccolgono e detengono
la loro documentazione, l'UE la sua, il Tribunale per i crimini in
Jugoslavia la sua esclusiva...
Riguardo a questo, i fantocci del Nuovo ordine mondiale
piazzano le prove dei delitti secondo il loro tornaconto,
cosicche' al momento adatto possano ottenere qualcosa sul piano
diplomatico e sul "terreno". Malgrado fosse molto difficile
attestare tutta la verità sulle vittime e sui crimini commessi
dall'una, dall'altra, dalla terza parte, sicuramente i
musulmano-bosniaci hanno avuto il maggior numero dei morti.
I musulmani sono stati vittime dei serbi, dei croati e degli
stessi musulmani; imprigionati, scacciati, le donne stuprate.
Tra i serbi, almeno 20.000 sono morti in uniforme, e almeno
40.000 civili. Sono stati vittime dei musulmani e dei croati.
I croati morti in Bosnia-Erzegovina sono stati 15.000.
Morti, costoro, molto di più negli scontri con i musulmani
che non contro i serbi...>>
Claudio Fracassi lamentava in "Sotto la notizia niente":
<<Come una telenovela, abbiamo distrattamente seguito ogni sera la
nuova puntata. Siamo stati messi in grado, com'è d'obbligo in ogni
serial che si rispetti, di capire subito chi erano i buoni e chi i
cattivi, anche senza conoscere la trama; bastava una frase del
reporter, un'immagine, un rumore, una musica sullo sfondo. Ma nessuno
ci ha spiegato il contenuto delle puntate precedenti...>>
(fine prima parte - segue)
NOTE:
(1) "Menzogne di guerra", di Juergen Elsaesser, Edizioni "La Città del
Sole", Napoli 2002.
(2) A Maastricht (novembre 1991) l'Unione monetaria europea, con il
marco tedesco come valuta-base, e' stata creata in cambio della
distruzione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia
(RFSJ): questa infatti la condizione posta dal Ministro degli Esteri
tedesco Genscher. Il giorno di Natale 1991 i tedeschi annunciano che
riconosceranno formalmente le secessioni; il 13 gennaio 1992 il
Vaticano compie il primo passo ufficiale; il 15 gennaio seguono tutti i
paesi UE.
(3) Sul criminale impiego delle munizioni all'uranio impoverito in
Jugoslavia ed altrove, nonche' sulle conseguenze dei bombardamenti
NATO sulle infrastrutture e sui civili, si vedano ad esempio i due
libri del comitato Scienziate/i contro la guerra: "Imbrogli di guerra"
(1999) e "Contro le nuove guerre" (2000), Edizioni Odradek, Roma (anche
su
http://www.scienzaepace.it).
(4) Il culmine lo aveva forse gia' raggiunto Rossana Rossanda con un
articolo sul "Manifesto" nei giorni di meta' agosto 1995, nel quale la
giornalista si dichiarava esplicitamente favorevole
all'intervento NATO contro i serbi della Bosnia, ed affermava con
irresponsabile superficialita' che gli USA non avevano alcun interesse
strategico nell'area balcanica!
(5) La strategia dell'imperialismo americano e' illustrata bene
da Noam Chomski nel suo libro "I cortili dello zio Sam" (editore
Gamberetti), dove si spiega perché gli USA mirino a distruggere
qualunque Stato, anche piccolo, ed il suo governo, se il sistema di
quello Stato non corrisponde ai parametri USA.
(6) Il movimento delle "brigate di lavoro", grazie alle quali
le infrastrutture del paese furono (ri)costruite soprattutto negli
anni Quaranta e Cinquanta, ed alle quali l'autore di questo
intervento partecipo', fu un formidabile fenomeno di massa.
(7) "No East no West, Islam is the best", era uno dei sottotitoli
di una edizione del libro di Izetbegovic. Fu il lancio della
campagna islamista in Bosnia. Nel 1990 usci' sulla rivista "Vox",
pubblicata in Germania, un esplicito proclama di 12 punti: "Che cosa
fare dei serbi nella Repubblica islamica di Bosnia ed Erzegovina".
(8) Il 29 novembre 1990 i giornali riportavano notizie di agenzia in
base alle quali la CIA "prevedeva" il disastro che poi, l'anno
successivo, in Jugoslavia si sarebbe effettivamente
verificato. Noi disponiamo dei ritagli da "La Stampa" ed
"Il Tempo": "La CIA ha detto: la Jugoslavia esisterà per
ancora 18 mesi... Non si escludono scontri bellici e il maggior
responsabile sarà indicato [sic] in Milosevic". Vanno fatte due
considerazioni: primo, i servizi segreti non "prevedono" se
non "vogliono", ovvero se non stanno lavorando affinche'
succeda; secondo, il 29 novembre era guarda caso la ricorrenza
nazionale della RFSJ (la "Giornata della Repubblica"). Piu' esplicita
di cosi' la CIA non sarebbe potuta essere!
(9) Si veda: "NATO in the Balkans", IAC, New York 1997.
Pubblicato in versione ridotta in lingua italiana da Editori Riuniti,
"La NATO nei Balcani" (1999) e' uno dei testi piu' preziosi per la
ricostruzione della guerra di distruzione della RFSJ (1990-1996), ma
sembra essere ignorato dagli stessi suoi curatori italiani, che non lo
hanno mai menzionato ne' recensito sulla stampa su cui pure
regolarmente scrivono.
(10) La proposta della "Euroslavia" apparve su Limes ma fini'
presto nel dimenticatoio, sommersa dal fragore delle bombe all'U238.
(11) E' successo ad esempio a Spalato, in occasione della visita del
Papa.
(12) L'esercito croato, come poi quelli bosniaco-musulmano e macedone
nonche' l'UCK, sono stati addestrati dalla Military Professional
Resources Inc., nota agenzia con sede in Virginia (USA). L'esercito
croato ha avuto anche l'appoggio logistico della NATO per il
completamento della pulizia etnica delle Krajne nel 1995.
(13) Sulla figura dell'arcivescovo cattolico nazista Stepinac e sul
genocidio, a danno soprattutto dei serbi, commesso durante la Seconda
guerra mondiale in Croazia, si veda ad esempio: "L'Arcivescovo del
genocidio", di M.A. Rivelli, Ed. Kaos, Milano 1999.
(14) <<Non c'è nessun nuovo indagato nell'inchiesta condotta dal
sostituto procuratore della Repubblica di Ancona Cristina Tedeschini
sui tre tir bloccati dalla Guardia di Finanza e dalla dogana nel porto
di Ancona lo scorso 12 aprile (ma la notizia del sequestro è stata data
solo l'altro giorno): seppur carichi d'aiuti umanitari per i profughi
del Kosovo, i camion trasportavano nei doppifondi un enorme carico
d'armi diretto all'Uck. Al centro dell'interesse del magistrato ci
sarebbe per ora la figura di un prete, probabilmente coinvolto nella
vicenda. I tre tir viaggiavano sotto le insegne dell'organizzazione
umanitaria "Kruh Svetog Ante" (Il pane di Sant'Antonio) di Sarajevo ed
erano diretti, secondo la bolla d'accompagnamento, alla "Caritas" di
Scutari...>>.
Tratto da: La Padania, 4 maggio 1999. Del ritrovamento parlo' per primo
il "Corriere della Sera".
(15) Il caso di Milena Gabanelli viene descritto nel gia' citato
"Sotto la notizia niente" ed anche, da lei stessa, in una appendice
contenuta nel peraltro discutibile "La sconfitta dei media", di Marco
Guidi (Baskerville, Bologna, 1993).
(16) Ha scritto Andy Wilcoxson in «How the war started» (su:
http://www.slobodan-milosevic.org/bosnia-started):
<<On March 18, 1992, Alija Izetbegovic (Bosnian-Muslim
leader), Mate Boban (Bosnian-Croat leader), and Radovan
Karadzic (Bosnian-Serb Leader) all reached an agreement
on the peaceful succession of Bosnia & Herzegovina from
Yugoslavia. The Agreement was known as the Lisbon Agreement (it is also
known as the Cutileiro Plan). The agreement called for an independent
Bosnia divided into three constituent and geographically separate
parts, each of which would be autonomous. Izetbegovic, Boban, and
Karadzic all agreed to the plan, and signed the agreement.
The agreement was all set, internal and external borders, and
the administrative functions of the central and autonomous
governments had all been agreed upon. The threat of civil
war had been removed from Bosnia that is until, the U.S.
Ambassador Warren Zimmerman showed up.
On March 28, 1992, ten days after the agreement was reached
that would have avoided war in Bosnia, Warren Zimmerman
flew to Sarajevo and met with the Bosnian-Muslim leader,
Alija Izetbegovic. Upon finding that Izetbegovic was having
second thoughts about the agreement he had signed in
Lisbon, the Ambassador suggested that if he withdrew his
signature, the United States would grant recognition to
Bosnia as an independent state. Izetbegovic then withdrew his
signature and renounced the agreement.
After Izetbegovic reneged on the Lisbon Agreement, he called
a referendum on separation that was constitutionally illegal.
On the second day of the referendum there was a Muslim-led
attack on a Serb wedding. But the real trigger was
Izetbegovic announcing a full mobilization on April 4, 1992.
He could not legally do that without Serb & Croat consent,
but he did it anyway. That night terror reigned in Sarajevo.
The war was on. (...)
If Ambassador Zimmerman had just left Izetbegovic alone,
then none of this would have happened to begin with.
Its that simple. The blame for all of
the death and destruction associated with the Bosnian war
lies exclusively with Alija Izetbegovic for starting the war,
and with the U.S. President Bill Clinton for sending that idiot
Zimmerman to Bosnia in the first place.>>
(17) Djelaludin - soprannome di un visir ottomano - rappresenta lo
straniero occupante, il colonizzatore.
(18) La desinenza con la "a" e' propria della lingua schipetara (cioe'
albanese in senso "etnico" e non nel senso della cittadinanza della
Repubblica di Albania). Tetovo è una cittadina della Macedonia
occidentale.
(19) Clamoroso il caso del criminale di guerra italiano Roberto Delle
Fave, che rivelo' la sua vicenda di mercenario a stampa e televisione,
e dopo aver contribuito a massacri come quello nella zona di Divo Selo
(Gospic, Krajna) ed all'assassinio del giornalista francese Xavier ha
vissuto indisturbato a Bordighera ed e' stato "risparmiato" da
qualsivoglia inchiesta penale, all'Aia o altrove.
(20) I dati sull'uso di stupefacenti nell'esercito croato si possono
trarre dall'opuscolo "Nasiljem i zlocinom protiv prava. Hrvatska '91"
(Belgrado 1991. Trad.: "Con la violenza ed il delitto contro la
ragione. Croazia '91). Per quanto riguarda i drogati, ne abbiamo avuto
testimonianza da quanto apparso nel 1995 sul quotidiano "Corriere della
Sera", ed anche in televisione, sui soldati croati in cura presso la
"Comunità di San Patrignano".
(21) Andrea Catone nella prefazione del libro "Menzogne di
guerra" di J. Elsasser (Nota 1).
(22) Il libro di J. Merlino (trad.: "Le verità sulla Jugoslavia non
sono tutte buone a dirsi") e' stato pubblicato in Francia da Albin
Michel nel 1993. Mai tradotto in lingua italiana, e poco pubblicizzato
nella stessa Francia, il libro documenta la verita' sconvolgente della
disinformazione strategica ai danni dei serbi della Bosnia. Brani della
intervista ad Harff sono stati riproposti nel libro di Claudio Fracassi
"Sotto la notizia niente". Ulteriore dettagliatissima documentazione
sulla attivita' di disinformazione strategica compiuta dalle grandi
catene di "media" e da agenzie specializzate si possono trovare in
tutta la produzione del giornalista belga Michel Collon. Ricordiamo ad
esempio i libri: "Monopoly" e "Poker Menteur" (Edizioni
EPO, si veda: http://www.epo.be/index.html )
(22) Questo e' documentato ad esempio nella intervista ad Hakija
Meholjic, presidente del Social Democratic Party a Srebrenica,
pubblicata su "Dani" il 22/06/1998. Ampia documentazione sul "balletto
dei morti" di Srebrenica si trovano sul libro di Elsaesser (Nota 1).
(23) Ennio Remondino ha recentemente rivelato in "La televisione va
alla guerra" (Edizioni ERI/RAI) che nelle valigie della delegazione UCK
a Rambouillet furono trovati sacchetti di "polvere bianca": come dire,
l'utile ed il dilettevole... Per noi italiani e' particolarmente
significativo ricordare che tra i consiglieri della delegazione,
insieme a molti americani, c'erano personaggi come un tale Di Robilant,
appartenente al Partito Radicale Transnazionale (Fonte: il "Corriere
della Sera" di quei giorni).
(24) Sulla condizione del Kosmet occupato dalla NATO, dopo il 1999, e
governato dai terroristi e dai mafiosi suoi alleati; sul
regime di terrore ed apartheid oggi vigente; e sulle migliaia di
"desaparecidos" che ormai si contano: si veda l'eccezionale
documentazione prodotta da Michel Collon e Vanessa Stojiljkovic nel
video "I dannati del Kosovo" (Edizione italiana a cura del Comitato SOS
Yugoslavia di Torino).