Convegno CNJ 16/11/2002
7 [fine] : Sebastiani, Kneipp

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NOTA: L'intervento di Renato Kneipp (CGIL Trieste) intitolato
"L'immigrazione jugoslava a Trieste" per limiti di tempo non e' stato
svolto per intero; per il testo rimandiamo all'articolo apparso sul
numero 5/2000 della rivista "L'Ernesto":
http://www.lernesto.it/5-00/Kneipp-9i.htm
oppure
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1938

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Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."

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INTERVENTO DI FABIO SEBASTIANI
(giornalista di "Liberazione", Roma)


Sulle iniziative internazionali di solidarietà di classe
 

In questo intervento, in particolare vi parlero' di una iniziativa che
sta nascendo proprio in questi mesi, e che in qualche misura è stata
già introdotta da Lino Anelli [altro relatore al convegno, ndCNJ]
quando ha parlato della "rete di solidarieta'" nata proprio a partire
da un soggetto socialmente determinato, diciamo cosi', sia sul fronte
jugoslavo che sul fronte italiano.
Questa rete solidale e' potuta crescere in maniera quasi esponenziale
almeno nel primo periodo grazie proprio alla rete dei luoghi di lavoro,
a quel coordinamento dei delegati che ha dato un apporto
importantissimo.
E proprio con questo meccanismo di riconoscimento della comune
condizione, cioe' di appartenere al mondo del lavoro: questo e' stato
un po' il traino fondamentale di questo processo. Del resto, per chi
ama ragionare un po' coi simboli: durante o subito dopo il
bombardamento della Zastava di Kragujevac, in Italia c'e' stato il
bombardamento dei diritti, e quindi forse non e' un caso che
l'imperialismo lavori in questa
maniera cosi' generalizzata  attaccando, avendo in mente comunque di
distruggere, un determinato soggetto sociale. Che questo poi avvenga
attraverso un bombardamento o attraverso l'attacco all'articolo 18,
forse alla fine non e' poi cosi' importante.

Noi, sulla scorta di questa prima esperienza - parlo dell'associazione
"Non bombe ma solo Caramelle", ma voglio qui intendere tutto il
circuito che si e' creato intorno a questa esperienza di solidarieta' -
abbiamo elaborato un nuovo progetto di intervento che sta vedendo la
luce proprio
in queste settimane.
Poi daro' altri particolari su questo progetto, pero' voglio partire da
un presupposto importante per capire bene di che si tratta.
Si tratta di un progetto di solidarieta', un progetto mirato non solo
sulla Jugoslavia, ma che cerca di tirar fuori interventi un po' in
tutte le zone di guerra - perche' purtroppo nei prossimi anni ci
troveremo a parlare soltanto di guerra - e che mette in discussione i
modelli di solidarieta' proposti fino ad oggi, e vuole sviluppare un
altro tipo di approccio. Un approccio che nascendo dal mondo del
lavoro, come dire, crea una rete, e quindi proprio per questa
definizione, cioe' proprio perche' il modello e' quello della rete, e'
un modello di solidarieta' che viene gestito direttamente da chi fa la
solidarieta' stessa. Quindi una solidarieta' che non delega,
innanzitutto, e che coinvolge direttamente i soggetti interessati, che
crea relazioni innanzitutto personali ma anche politiche, e che quindi
risponde - qui faccio una piccola forzatura per intenderci - risponde a
quel modello di nuova organizzazione che sta portando avanti il
movimento no global; e che e' molto simile a questa idea di qualcosa
che ti gestisci direttamente e che non deleghi a nessuno. E lo fai,
attraverso i reciproci confini nazionali, in nome di un riconoscimento
comune, cioe' della lotta contro lo sfruttamento e per
l'autodeterminazione della tua vita e quella del soggetto sociale a cui
appartieni.

Sulla critica ai progetti - diciamo cosi' - di "solidarieta'
istituzionale" fin qui portati avanti in questi anni non voglio
spendermi piu' di tanto: sono usciti tantissimi libri interessanti. Tra
gli altri, quello da cui ho preso degli elementi e' di Giulio Marcon
(ICS), che mette fortemente in discussione questi modelli di
solidarieta' internazionale proprio a partire dal fatto che in realta'
essi altro non sono che quinte colonne dell'imperialismo, o meglio i
modi di presentare quell'imperialismo democratico che tanta parte della
cosiddetta sinistra e' andata elaborando in questi anni.
La lezione che viene dal Vietnam in poi, ad esempio, e' che le guerre
si vincono e si perdono anche nella propria societa'.
La guerra quindi e' una operazione che puo' avere dei costi sociali e
politici molto alti, e pertanto il consenso della propria opinione
pubblica interna e' indispensabile. Il ricorso allo schermo ideologico
dei diritti umani, e quindi della cosiddetta solidarieta' che
addirittura e' contemporanea all'operazione di guerra, diventa un punto
centrale della nuova politica estera dei paesi occidentali. Anche
questa chiaramente condotta fuori da ogni legalita'.  Per cui, appunto,
noi in questi anni abbiamo assistito ad operazioni militari che
andavano avanti insieme alle operazioni di solidarieta', e ad un certo
punto non si capiva piu' quale era il limite tra le due azioni.

Per esempio: la stessa operazione Arcobaleno che cosa diventa se non
appunto questo? (A parte la speculazione che e' stata fatta sui costi,
per cui alla fine se uno tira una linea si accorge che la stessa
operazione fatta sotto le insegne della missione Arcobaleno costa dieci
volte di piu' che se fatta da un organismo di solidarieta' che non
partecipa a quella operazione) [E a parte il fatto che il conto
corrente della Missione Arcobaleno era gestito direttamente dallo Stato
Maggiore dell'E.I. ... ndCNJ].
Se noi entriamo nella logica che, in fin dei conti, il limite tra
guerra e pace non esiste con questa idea di guerra preventiva, con
questa idea di guerra portata avanti a tamburo battente
dall'imperialismo, la stessa operazione Arcobaleno come tante altre
operazioni del genere diventano tutte operazioni parallele che in
realta' portano avanti la stessa logica, ovvero annientare
completamente l'identita' sociale e politica di un popolo (e del
resto stamattina ne abbiamo avuto un esempio concreto) [qui Sebastiani
si riferisce agli arresti di Cosenza del 15/11/2002 - ndCNJ],
annientare la sua capacita' di consolidare una propria risposta. E
sappiamo per esempio, per chi conosce i popoli balcanici, quanto li'
sia difficile riuscire a portare la solidarieta', perche' li' non c'e'
la cultura di accettare qualcosa che viene dall'esterno, e quindi e'
stato proprio difficile stabilire una
comunicazione sul terreno della solidarieta'. Invece uno dei punti
fondamentali di questo nuovo modo di gestire le guerre, con questo velo
dei cosiddetti diritti delle guerre giuste, delle guerre umanitarie, e'
proprio questo, cioe' di un programma assolutamente unilaterale che
annienta l'identita' dell'altro, e che in nome dei diritti giusti
dell'occidente cerca di riorganizzare tutto su una scala internazionale
imperialista.

Non mi dilungo molto su questo aspetto: voglio dire che come organismi
di solidarieta' internazionale abbiamo oggi di fronte una sfida vera
nel ripensare la solidarieta', in un momento in cui il movimento dei
movimenti sta raggiungendo risultati politici importanti, e quindi in
un momento in cui dobbiamo consolidare relazioni politiche e sociali di
tipo nuovo. E anche la solidarieta' deve in qualche misura accettare
questa sfida, farla propria e trovare nuovi modelli di relazione.
Chiaramente noi siamo per una solidarieta' non delegata, autogestita, e
abbiamo provato a ragionare su un modello e su una iniziativa specifica
su cui vi diro' brevemente.
Questa iniziativa e' "Non bombe ma solo Caramelle": prende il nome da
una frase che una bimba di Kragujevac scrisse su un suo disegno che ci
invio' nella prima fase degli aiuti.
E' stata per noi una frase illuminante, perche' ci ha fatto capire una
cosa fondamentale, e cioe' che il mondo dell'infanzia probabilmente
puo' avere questa funzione di rinnovamento e di spinta dal punto di
vista dell'espressione, quindi dal punto di vista culturale, a cercare
nuove strade e a battere nuove possibilita' di legame tra i popoli.

Il progetto "Non bombe ma solo Caramelle" contiene secondo noi una
filosofia della solidarieta' completamente nuova, per quello che ci
abbiamo voluto leggere.  Sostanzialmente si tratta di intervenire nelle
scuole, in alcune scuole elementari (abbiamo ricevuto per il momento
una trentina di prenotazioni) [di cui almeno 4 in prov. di Trieste -
ndCNJ] invitando i bambini a elaborare una loro forma di espressivita'
sul problema della pace e della guerra.
Non si tratta del solito sermone educativo che si fa nelle scuole
elementari per educare i bambini alla pace, che poi lascia il tempo che
trova. E' proprio un percorso nuovo che si tenta di fare nelle scuole,
per portare innanzitutto i bambini a un livello di espressivita'
genuina, se non altro perche' i bambini piu' di altri sentono la
necessita' di buttar fuori il grado di violenza che siamo capaci di
inoculare loro. Quindi raccogliere un po' la loro espressivita', questo
bisogno di curarsi dalle immagini di guerra attraverso - noi proponiamo
ad esempio - il campo
musicale, e quindi raccogliere questi elaborati e fare un festival
nazionale, per poi arrivare a un CD, e fare in modo che questo CD serva
a sostenere i progetti di solidarieta' internazionale.
Badate bene che in questi progetti di solidarieta' internazionale, nel
modello ideale che troverete nelle linee del progetto, dovranno essere
gli stessi bambini a elaborare l'obiettivo - cioe' noi non andiamo li'
ad imporre il progetto di solidarieta', ma pensiamo che in qualche
misura, se coadiuvati
nella giusta dimensione, i bambini possano elaborare loro, scegliere
loro, un'area del mondo, una situazione dove poter intervenire. Noi non
facciamo altro che fornirgli gli strumenti.

Ebbene, su questo progetto abbiamo gia' raccolto l'adesione di alcuni
comuni importanti come Roma e Venezia, sono in corso trattative con
altri, Piacenza, piccoli comuni del Piemonte, siamo stati a Napoli
all'ultima assemblea del coordinamento delle autonomie locali contro la
guerra dove abbiamo presentato il nostro progetto. Soprattutto abbiamo
ricevuto l'adesione di una parte del sindacato, e cioe' di quel
sindacato che si occupa di bambini, ossia il sindacato scuola [CGIL -
ndCNJ] che ha messo a disposizione le sue strutture, ha messo a
disposizione alcuni suoi militanti per coadiuvarci in
questo progetto. Questo non significa che non usiamo altre sedi, come
questa, per poter continuare a parlarne, per poter fare in modo di
trovare anche altre adesioni.

Ecco perche' e' importante che abbiano aderito Comuni e che abbia
aderito una struttura sindacale.
Per il sindacato e' ovvio: c'e' una specie di rimorso proprio
inconscio, che non riesce a venir fuori in una maniera adeguata.
Evidentemente la scelta di stare a fianco dei bombardamenti, come ha
fatto parte del sindacato, pesa
ancora sulla coscienza. C'e' un tentativo quindi di venir fuori da
quella scelta, da quel grave lutto, e quindi di tornare un po' dalla
parte giusta. Gia' questa presa di posizione sull'Iraq, su questa
possibile guerra sull'Iraq un po' ci conforta, ma evidentemente dentro
il sindacato la scelta di stare dalla parte
dei bombardamenti ha sicuramente prodotto grandi ferite in Italia.
E' interessante invece l'adesione dei Comuni, perche' ci rafforza nel
tipo di modello che noi abbiamo voluto dare a questa iniziativa. Cioe'
una solidarieta' gestita dal basso, gestita dai soggetti sociali, senza
quell'idea di fare l'elemosina, la carita', di lavarsi la coscienza
attraverso un obolo, attraverso
una partecipazione finanziaria. Invece c'e' questa idea del
coinvolgimento.
I Comuni hanno aderito senza ostacoli, spensieratamente, perche' hanno
capito quale tipo di modello c'era dietro questa proposta. Innanzitutto
l'interesse a diffondere presso la propria comunita' un'idea giusta
della pace: da qui il coinvolgimento delle scuole elementari, ma
soprattutto la possibilita' di gestire un modello che in fin dei conti
e' controllabile in ogni momento, perche' ognuno puo' aprire qualsiasi
progetto che gli interessa e quindi entrare a far parte della nostra
rete di solidarieta'. L'importante e' che ci siano alcune
caratteristiche, le
caratteristiche che ho detto prima.

Ecco, io praticamente credo di aver detto tutto; volevo soltanto
aggiungere che, necessariamente per questa prima edizione di "Non bombe
ma solo Caramelle" che si concludera' nel giugno 2003, questo progetto
va avanti in maniera quasi artigianale, perche' purtroppo con i tempi
di lavoro che
abbiamo non siamo riusciti a stare dentro i cosiddetti tempi
burocratici.
Pero' noi contiamo per l'anno prossimo di andare avanti in maniera piu'
spedita, piu' veloce. Per esempio, voi noterete che nel progetto sono
previste scadenze regionali di queste manifestazioni musicali: queste
scadenze purtroppo quest'anno non ci saranno, pero' il prossimo anno
contiamo
di metterle in cantiere.

Il coinvolgimento dei bambini ci consentira' di rafforzare il messaggio
di pace.
Io capisco di trovare qui orecchie non proprio sensibili a questo
argomento, ma insomma noi oggi ci ritroviamo guardandoci un po' in
faccia l'un con l'altro a dover moltiplicare le iniziative di lotta
alla guerra.
Mi spiego meglio: forse non e' piu' possibile utilizzare gli schemi che
abbiamo utilizzato fino ad oggi, perche' lottavamo contro un modello di
aggressione e di guerra che oggi non c'e' piu', e che oggi e'
completamente diverso. Oggi facciamo i conti con un clima di guerra
permanente anche nei periodi cosiddetti di pace, e allora a questo
bisogna contrapporre una
cultura di pace ad una cultura di guerra. Prima lo diceva il
rappresentante del Partito Socialista Operaio di Croazia [altro
relatore al convegno - ndCNJ]: la gente cambia da un giorno all'altro.
Lui ha usato questa metafora della notte che e' molto bella: ti svegli
la mattina dopo e il tuo amico, il tuo collega di lavoro la pensa in
modo diverso da ieri. E lui sta in Croazia.
Immaginate un po' noi con tutti i mezzi di informazione cui siamo
sottoposti, il tipo di bombardamento che c'e' sulle coscienze, il tipo
di lavorio continuo che l'imperialismo e' pronto a fare pur di
indirizzare i suoi interessi.
Allora io dico che questo ci deve portare a una presa di coscienza piu'
profonda, perche' in questo clima di guerra permanente dobbiamo fare un
salto di qualita' dal punto di vista della lotta.

[fine]

NOTA: per aggiornamenti sulle iniziative di solidarieta' alla
popolazione jugoslava bombardata, e sul modo di contribuirvi, si veda
ad esempio:

http://www.ecn.org/coord.rsu/guerra.htm