Dini sul caso Telekom Serbia

(vedi anche:
Dini accusa "i manovali della Cia" - Il ministro degli esteri accusa:
l'inchiesta su Telecom-Serbia è manovrata dalla Cia
da "Il Manifesto",1 Marzo 2001
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/819 )


http://www.unita.it/
index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=28555

L'Unita', 03.09.2003

Dini: qualcuno in alto ha pagato Marini


ROMA «L’onorevole Bondi, portavoce del partito del presidente del
Consiglio, dovrebbe vergognarsi degli spudorati attacchi politici
lanciati contro gli esponenti dell’opposizione. Si tratta di una
gravissima campagna di delegittimazione che, al di là di imbarazzate
smentite, sembra ora voler coinvolgere anche la massima carica dello
Stato». Lamberto Dini non nasconde la sua indignazione nei confronti
«dell’uso politico, del tutto strumentale, fatto dalla maggioranza di
governo delle menzogne dispensate da un poco di buono come Igor Marini
sull’affare Telekom Serbia».

Presidente Dini, i leader della Casa Libertà accusano l’allora governo
dell’Ulivo, di cui lei era ministro degli Esteri, di aver sostenuto sul
piano economico e politico il governo di Belgrado e il regime di
Slobodan Milosevic attraverso lo «sporco affare» di Telekom Serbia.

«È un’accusa fuorviante, strumentale. Perché il governo di Milosevic
era tornato ad essere un interlocutore, sia pur problematico,
dell’Occidente, Stati Uniti in testa. Qui non si deve confondere il
momento in cui questa trattativa fu portata avanti, da sola, in
segretezza da Telecom Italia, più alacremente nei primi mesi del 1997,
con il problema del Kosovo, iniziato dopo il febbraio del ‘99. Ci sono
quasi due anni di distacco e nessuno poteva allora prevedere che
Belgrado assumesse un comportamento non cooperativo con la comunità
internazionale nei riguardi del riconoscimento dell’identità etnica e
culturale dei kosovari all’interno della Federazione [1] . Non si
possono legare le due cose. Io ho ricordato in Parlamento che a seguito
degli accordi di Dayton, del 21 novembre ‘95, che sancivano con il
benestare di Belgrado il nuovo assetto costituzionale della Bosnia
Erzegovina, Milosevic era tornato ad assumere il ruolo d’interlocutore,
per quanto problematico, dell’Occidente, a cominciare dagli Usa,
configurandosi come una sorta di garante dei fragili equilibri
delineati a Dayton. In questa ottica, è di grande rilievo la
dichiarazione di James Rubin (portavoce del Dipartimento di Stato
americano durante gli anni dell’amministrazione Clinton e braccio
destro dell’allora Segretario di Stato, Madeleine Albright, nella
gestione della crisi dei Balcani, ndr.), che in un’intervista a "La
Stampa "dice che quanto dichiarato dall’onorevole Fassino risponde “più
o meno a verità”».

Da cosa nasce questa valutazione di Rubin?

«Gli Stati Uniti, come hanno fatto in altre occasioni, non avevano
tolto nel 1997 le sanzioni contro Belgrado, ma sul piano giuridico il
primo ottobre del 1996, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva
revocato le sanzioni economiche e il provvedimento era stato recepito
nell’ordinamento italiano e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4
novembre ’96. Inoltre, il 27 febbraio del ’97, il Consiglio Affari
Generali dell’Unione Europea ha deciso addirittura di ripristinare nei
confronti della Repubblica federale jugoslava le cosiddette preferenze
commerciali generalizzate, e per tanto non si poteva a quell’epoca
sostenere che c’erano controindicazioni politiche. Noi agivamo con
questo nuovo orientamento internazionale, che era molto chiaro. Questi
sono fatti, non chiacchiere. Nel 1996-1997, dopo gli accordi di Dayton,
la comunità internazionale muoveva dall’idea che era legittimo pensare
a impostare con Belgrado relazioni per un futuro non troppo lontano di
normalizzazione. Non si può dunque parlare di cinismo politico quando è
stata fatta questa operazione da Telecom Italia - condotta senza
informare il governo, senza chiederne la partecipazione - perché
diffusa era la convinzione che dopo la guerra si poteva imboccare con
la Federazione jugoslava la via del negoziato. Non è sorprendente che
in quel periodo, non solo imprese italiane ma anche altre e importanti
imprese europee manifestassero interesse e avviassero trattative con le
autorità di Belgrado che avevano iniziato un programma di
privatizzazione».

L’Unità riportava ieri in prima pagina una dichiarazione, datata 11
settembre 1994, dell’allora ministro degli Esteri del primo governo
Belusconi, Antonio Martino, che sosteneva: «Bisogna aiutare Milosevic
ad uscire dall’isolamento, poiché accettando il piano di pace corre
rischi ad opera dei falchi del suo Paese: senza la cooperazione
internazionale sarebbe in pericolo»...

«Di lì poi sono arrivati gli accordi di Dayton nel 1995, con i quali
Milosevic era tornato ad essere un interlocutore accettabile per
l’Occidente...».

Nove anni dopo, queste considerazioni di Martino sembrano sfuggire alla
memoria dei leader della Casa della Libertà. Perché questo «vuoto di
memoria»?

«Non si può confondere il periodo durante il quale la Telecom Italia
condusse questa trattativa e acquistò all’inizio del 1997 una
partecipazione non di controllo ma di minoranza, del 29%, nella Telekom
Serbia, con il problema del Kosovo. Nel momento in cui Milosevic non
accettò, dopo Rambouillet, febbraio 1999, il dettato della comunità
internazionale che contemplava una presenza militare internazionale, in
particolare per prevenire ulteriori lacerazioni tra la popolazione
serba e la popolazione del Kosovo [2] - l’Italia, lo ricordo, insisteva
per dare maggiore autonomia e riconoscere l’identità etnica e cultura
kosovara nelle scuole e nelle università -, da quel rifiuto, e
dall’inasprimento del conflitto, nacque l’intervento della Nato,
sancito all’unanimità dai membri dell’Alleanza e che l’Italia rispettò
pienamente [3]. Non possono assolutamente accusarci di connivenza con
Milosevic. Il fatto è che Telecom Italia ha condotto da sola questa
trattativa, non ha mai chiesto l’intervento del governo, io non ero
stato informato, e vorrei che si trovasse anche una sola persona che
possa dire di avermi parlato di Telekom Serbia, che sia di Telecom
Italia, delle parti politiche, che siano delle autorità di Belgrado.
Mai nessuno me ne ha parlato».

C’è chi sostiene che si sia trattato di un affare «spazzatura», un
pessimo affare, sotto ogni punto di vista.

«Allora era ritenuta una operazione commerciale come tante altre...».

Ma l’ambasciatore Francesco Bascone non appare di questo avviso.

«L’ambasciatore Bascone ha riportato articoli di giornali
dell’opposizione serba, sostenendo davanti alla Commissione su Telekom
Serbia che l’opposizione non era contenta che imprese straniere,
comprese quelle italiane, attraverso le privatizzazioni dessero un
sostegno finanziario molto forte a Milosevic. Ma questa era il
convincemento dell’opposizione serba e non della comunità
internazionale che invece aveva rimosso le sanzioni. A distanza di sei
anni, si grida ”ma come è possibile che il governo abbia autorizzato
un’operazione che è costata ai contribuenti italiani 800 miliardi”...».

Qual è la sua risposta?

«Si tratta di una fandonia. Quando Telecom Italia fece questa
operazione, riteneva che si trattasse di un’operazione strategica per
la società. Anzi, in Serbia si sosteneva che aveva pagato anche troppo
poco e c’erano gli oppositori di Milosevic nel governo, l’ala più
oltranzista, che affermavano apertamente che Milosevic avrebbe dovuto
chiedere di più per questa transazione. Non è che Telecom
necessariamente pagò troppo, queste sono valutazioni dell’azienda che
ha fatto e ha pagato quello che riteneva un prezzo equo, giusto. Da
allora ci sono stati ripetuti passaggi di proprietà di Telecom, tre per
la precisione: prima c’è stata la partecipazione minoritaria di Fiat e
di altri gruppi, poi intervenne il management di Rossi e Tommasi di
Vignano, poi intervenne Colaninno che cambiò il management,
successivamente intervenne Pirelli e quindi Tronchetti Provera che
cambiò a sua volta di nuovo il management della società. A sei anni di
distanza, Telecom Italia cambiata e rinnovata non ha ritenuto più
strategica quella partecipazione - un’operazione portata a termine da
una società per azioni ormai privatizzata - e quindi ha deciso di
cederla [4]. L’ha venduta per il prezzo giusto? Qualcuno può ritenere
che l’ha venduta a un prezzo troppo basso, ma questa è una valutazione
della società, perché del resto a sei anni di distanza certamente le
attrezzature di Telekom Serbia si erano deteriorate, erano divenute
obsolete, c’era stata la guerra del Kosovo che le aveva debilitate, e
molto probabilmente quella partecipazione aveva perso di valore. Ma
questo cosa vuol dire, che sono stati sprecati i soldi dei contribuenti
italiani? Questa è una vergognosa fandonia. Chi conosce come operano le
società sa bene che si può fare un buon investimento che a distanza di
cinque anni può rivelarsi proficuo e profittevole o, al contrario, può
rivelarsi un cattivo affare. Ma allora cosa c’entrano i discorsi dei
vari Consolo, Gasparri, che dicono “ci spieghino come sono stati
sperperati i denari pubblici..”. Questa è un’operazione condotta da
Telecom Italia e non dal governo italiano».

La montatura dell’«affare Telekom Serbia» è il segno inquietante
dell’imbarbarimento della politica italiana?

«Nella mia esperienza non avevo mai registrato un contrasto politico
così forte, devastante tra governo e opposizione. Mai era avvenuto un
tale imbarbarimento. Alla fine di aprile, l’onorevole Berlusconi si
presenta volontariamente a Milano e accusa Prodi e Amato nell’affare
Sme di tangenti e di altre nefandezze. Una settimana dopo, esce fuori
Marini, che attraverso una lettera anonima o altro si presenta alla
Commissione Telecom Serbia, con tutte le sue fandonie, maldicenze,
invenzioni, un cumulo di falsità e bugie, con le quali la maggioranza
della Commissione ha riempito giornali; la maggioranza si è servita di
questi signori per imbastire una vergognosa, infamante campagna di
denigrazione degli esponenti del centrosinistra e quindi
dell’opposizione. Mai era successa una cosa simile, di servirsi di
mascalzoni per delegittimare l’opposizione e i suoi leader. Quando noi
diciamo che vogliamo sapere chi sono i mandanti, diciamo questo: perché
verrà fuori definitivamente che quello che ha detto Marini sono
soltanto falsità, bugie, invenzioni e che non c’è assolutamente nulla
di vero di tutto quello che ha raccontato gli esponenti. E allora ci
dobbiamo interrogare su chi sono i mandanti...».

E qual è la sua risposta?

«Marini non è nato così, questa è una persona senza un soldo, pieno di
debiti, e che si è fatto pagare da qualcuno per infangare. Per più di
tre mesi, Tv e giornali hanno registrato quotidianamente le “verità di
Marini” sulle tangenti miliardarie prese da Prodi, Dini, Fassino; un
cumulo di falsità prese per buone e amplificate da esponenti della
maggioranza. L’obiettivo era di ingenerare dubbio nei cittadini che
forse c’è qualcosa di vero. Questo è il danno politico che hanno inteso
creare. E lo fanno perché sanno che questo governo fallimentare perderà
le prossime elezioni e dunque si cerca di infangare tutta
l’opposizione. Basta guardare il "Giornale" di Berlusconi che fa cinque
pagine al giorno su questa vicenda, rimasticando vecchie cose,
riciclando dichiarazioni fatte in passato, senza mai aggiungere nulla
di nuovo. E fa questo per ordine ricevuto. Dall’alto, da molto in alto».


NOTE

[1] Dini vuole probabilmente dire che nel 1997 non si poteva prevedere
l'inizio della campagna terroristica dell'UCK, appoggiata dagli USA e
sfociata nella guerra di aggressione del 1999.

[2] Dini vuole probabilmente dire che la Jugoslavia non accetto'
l'allegato B di Rambouillet che prevedeva la occupazione militare NATO
di tutto il paese oltre a porre le basi per la secessione della
provincia del Kosmet.

[3] In effetti e' di questo che si dovrebbero vergognare.

[4] Vedi allegati.


--- allegati ---


TELECOM CEDE PARTECIPAZIONE 29% TELEKOM SERBIA PER 195 MLN

(ANSA) - ROMA, 28 DIC - Telecom Italia ha ceduto il 29% di
Telekom Serbia alla PTT Srbija (azienda pubblica controllata dal
governo di Belgrado) che gia' detiene il 51% della societa'. Lo
comunica l'azienda italiana specificando che il prezzo convenuto e' di
195 milioni di euro e che ''con questa operazione prosegue la politica
di razionalizzazione delle partecipazioni non strategiche''. Telecom
Italia, si legge in una nota, ''comunica di aver accettato in data
odierna una proposta di acquisto del 29% di Telekom Serbia da parte di
PTT Srbija (azienda pubblica controllata dal governo serbo) che gia'
detiene il 51% della societa'. Il prezzo convenuto e' di 195 milioni di
euro (pari all'attuale valore di carico della partecipazione nei
bilanci del gruppo Telecom Italia), con versamento di 120 milioni di
euro entro il closing (previsto per il mese di aprile 2003) e il
pagamento dei restanti 75 milioni di euro entro luglio 2008, con
contemporaneo deposito delle
azioni presso una primaria banca internazionale concordata fra le parti
fino all'integrale pagamento del prezzo''. A favore della societa'
greca OTE (anch'essa partner di Telekom Serbia) sussiste un diritto di
prelazione che la stessa azienda potrebbe decidere di esercitare nei
prossimi 60 giorni lavorativi, salvo il consenso di PTT Srbija.
(ANSA). VG 28-DIC-02 16:39 NNNN
28/12/2002 18:05


TELECOM: PER TELEKOM SERBIA E' L'AFFARE DEL DECENNIO

(ANSA) - BELGRADO, 29 DIC - Il premier serbo Zoran Djindjic
ha confermato oggi che l'azienda statale Ptt Srbija (le Poste
serbe) ha comprato l'intero pacchetto azionario di Telekom Serbia
detenuto da Telecom Italia, in quello che il direttore della Ptt ha
definito ''l'affare del decennio''. In una conferenza stampa a
Belgrado, Djindjic ha confermato che e' stato raggiunto un accordo con
cui Telecom ha ceduto il suo intero pacchetto azionario, pari al 29%
del capitale di Telekom Srbija, per la cifra di 195 milioni di euro. Il
governo e' ora proprietario dell'80% del capitale di Telekom (l'altro
20% e' in mano alla greca Ote). Djindjic ha detto che il governo non ha
intenzione di comprare il 20% detenuto dall'azienda ellenica, precisando
anzi che verra' sottoscritto un nuovo contratto per la salvaguardia
dei diritti di soci di minoranza. Le trattative con il partner italiano
sono durate otto mesi, ha detto Djindjic, affermando che ''un cosi'
buon accordo e' stato possibile solo dopo il cambiamento politico in
Italia perche' il nuovo governo ha deciso di chiarire tutti i contratti
dubbi stipulati sotto i precedenti governi''. Djindjic ha detto che
Telekom Serbia quest'anno, nonostante problemi di gestione, ha avuto un
risultato buono, con un attivo di 55-60 milioni di euro, e che per il
prossimo anno e' previsto un attivo di 100 milioni di euro, una parte
del quale sara' usata per restituire debiti con societa' italiane. Il
direttore generale delle Poste serbe Srdjan Blagojevic ha detto che la
Serbia ha fatto ''l'affare del decennio'' ricomprando per 195 milioni
di euro la quota ceduta a Telecom Italia (nel giugno 1997) per 497
milioni di dollari. (ANSA). COR-LG 29/12/2002 16:03


TELECOM: IL 20 FEBBRAIO CLOSING CESSIONE TELEKOM
SERBIA

(ANSA) - BELGRADO, 18 FEB - Telecom Italia e Telekom
Serbia firmeranno il 20 febbraio ad Amsterdam l'accordo per la
cessione del pacchetto azionario dell'azienda serba in mano alla
societa' italiana. Lo ha detto alle agenzie Beta e Fonet il direttore
di Telekom Serbia Srdjan Blagojevic. Telecom Italia possiede il 29%
del pacchetto azionario della consorella serba, acquistato nel 1997 in
una operazione che aveva visto coinvolta anche la greca Oti, che ha il
20% delle azioni.
Il pacchetto di controllo del 51% e' in mano serba. Telekom Serbia
versera' all'azienda italiana 195 milioni di euro, di cui 120 milioni
in quattro rate a partire dal marzo 2003, e il rimanente scaglionato
nei prossimi sei anni. Le trattative per la cessione del 29% delle
azioni di Telekom Serbia erano state avviate circa nove mesi fa.
(ANSA). OT 18/02/2003 15:29


Serbia buys back Telecom Italian stake in Telekom Srbija

http://www.serbia.sr.gov.yu/cgi-bin/printpage.cgi?filename
=/news/2002-12/30/327296.html


(a cura di Andrea)