Tra una bottiglia di champagne e l’altra

di Boris Jez (Delo - Sobotna Priloga, Ljubljana 20/9/ 2003)

Silvio Berlusconi si è scusato! E noi non avremo pensato davvero,
quando ha dato l’intervista alla rivista britannica "The Spectator",
che le sue parole siano state qualcosa di più che quattro chiacchiere
tra una bottiglia di champagne e l’altra! E di cosa si chiacchierava?
Del fatto che non si può mettere sullo stesso piano Mussolini e Saddam
Hussein, perché il fascismo italiano è stato un regime benevolo, e
dunque innocuo. Mussolini poi non si è mai macchiato le mani di sangue.
E se sono esistiti dei campi di concentramento, e ce ne sono stati, non
erano altro che località di villeggiatura come le altre.

Silvio Berlusconi ha avuto la premura di recarsi alla sinagoga di Roma,
dove si è scusato di queste frasi con il presidente dell’Unione delle
comunità ebraiche in Italia Amos Luzzato. A sera sono giunte anche le
scuse ufficiali da palazzo Chigi. Naturalmente, non è il caso che
Israele si offenda. Ma davvero Silvio non sarebbe stato Silvio se non
avesse fatto notare incidentalmente che non ha colpe per la malafede
dei giornalisti e poi, dice, c’è anche di peggio: il direttore della
testata inglese, pensate, è nel mio stesso gruppo parlamentare nel
parlamento europeo! Luzzato non ha fatto commenti, ha detto però che
Berlusconi dovrebbe scusarsi con tutti gli italiani.

E perché solo con gli italiani, perché non con gli sloveni e con tutti
gli altri? Nei campi italiani sono stati “in vacanza”, durante la
seconda guerra mondiale, quasi quarantamila sloveni, e più di
cinquemila non ne hanno mai fatto ritorno. Evidentemente si sono
trovati così bene, che hanno deciso di restare. Secondo altre fonti
sono state rinchiuse in tutto settantamila persone, di cui ne sono
morte dodicimila. Quattromila bambini. Nella nostra storiografia
ufficiale, quella che si studia a scuola, si accenna soltanto di
sfuggita a questi fatti, perché si raccontano quasi esclusivamente le
sofferenze nei campi di concentramento tedeschi, come Auschwitz e
Dachau.

Anche il fascismo “benigno” di Mussolini, però, aveva i suoi campi,
naturalmente non soltanto per gli ebrei, ma anche per gli oppositori
politici e soprattutto per quelli di etnia slava. Nelle sue intenzioni
c’era il genocidio, soprattutto degli sloveni e croati del Gorski
Kotar, che avrebbe poi fatto ricoprire di boschi. Il legno era
economicamente più interessante delle persone! Così è sorto il
famigerato lager di Rab (Arbe), dove la gente moriva come mosche,
soprattutto sloveni, poiché mentre con gli ebrei il regime intendeva
ingraziarsi gli alleati, la morte degli sloveni non lasciava spazio ad
alcun rimorso.

Non si sa esattamente quanti siano stati i campi di concentramento
italiani, i numeri oscillano tra duecento e quattrocento, a seconda che
vengano conteggiate anche le località in cui venivano mandati al
confino gli antifascisti e chiunque si opponesse al regime. Gli sloveni
furono internati soprattutto a Rab, Gonars, Renicci in Toscana, Monigo
in Borgo Chiesanuova vicino Padova, Alatri presso Roma, Fossoli in
Cairo Montenotte in Piemonte e naturalmente nella lontana Sicilia e
nell’ancor più remote isole Lipari.

Oggi in Toscana, a Padova o in Sicilia viaggiamo da turisti, e mentre
ammiriamo le loro bellezze storiche e naturali non ci rendiamo conto
che in quei luoghi c’è anche un triste pezzetto della nostra storia.
Sottoterra, spesso senza una croce. E come potremmo saperlo, se la
nostra stessa diplomazia, nelle relazioni con quella italiana, ha messo
cautamente da parte il termine “campo di concentramento”, anche se
durante il regime fascista era proprio questo il termine ufficiale?
Abbiamo tradotto in sloveno il termine “foibe”, ma nel caso dei campi
facciamo ancora i finti tonti.

Ma chi fa davvero il finto tonto sono gli stessi italiani, che fanno di
tutto perché venga dimenticato questo vergognoso episodio della loro
storia. Perché si ritengono “un popolo di cultura”, mentre noi sloveni
ai loro occhi non siamo che “un popolo senza storia”, da sterminare per
far posto ad una razza superiore. Ma comunque chi glielo potrebbe
rinfacciare, lo stesso Marx ha definito gli slavi un popolo “senza
storia”. Gli italiani non sanno uccidere, perché sono “brava gente” [in
italiano nell'originale - N.d.T.], e in ogni caso migliori di quegli
sporcaccioni dei tedeschi, che hanno ucciso e sterminato, anzi, sono
stati loro stessi vittime del fascismo e della guerra (?).

Il film “La vita è bella” è un tipico esempio di come gli italiani
sanno diffondere nel mondo questo mito di sé: i tedeschi sono
criminali, che rinchiudono gli italiani nei campi di concentramento e
li uccidono a sangue freddo. Berlusconi non è il primo che dice
sciocchezze e offende anche i tedeschi: nel 1990 il presidente italiano
Francesco Cossiga dichiarò durante una sua visita in Germania: “Noi
italiani non abbiamo conosciuto gli orrori dei campi di concentramento”.

Abbiamo a che fare con la logica della “rimozione intenzionale”, che è
arrivata così lontano che il premier dei nostri vicini occidentali si
fa beffe di tutto ciò “tra una bottiglia di champagne e l’altra”! Quale
amnesia da parte della “brava gente”! Carlo Spartaco Capogreco, medico
pediatra, che ha pubblicato nel 1998 il libro “Un campo di
concentramento in riva al Tevere”, racconta : “Per puro caso sono
venuto a conoscenza dell’esistenza del campo di concentramento fascista
di Ferramonti, vicino a Cosenza, del quale nella storia locale non
esiste alcuna traccia…”. E da qui ha dedotto che, se la scoperta di
fatti così grandi è possibile al profano, allora senz’altro deve
esserci molto di più, di cui non si sa niente.

Il campo di Renicci, dice Capogreco, è vicino a importanti università,
come sono quelle di Firenze e Siena, e ciò nonostante del tutto
dimenticato. Nessuna letteratura al riguardo. E ad essere sinceri, di
questo campo non c’era notizia neppure da noi, sebbene vi fossero stati
rinchiusi sloveni a centinaia.

Nel momento in cui la propaganda italiana sulle foibe raggiungeva il
culmine, i nostri diplomatici avrebbero potuto mettere a sangue freddo
il libro di Capogreco nelle mani dei colleghi italiani, non ci sarebbe
stato bisogno di alcun commento. Ma a quanto pare il pensiero non gli è
nemmeno passato per la mente, oppure è stato messo da parte in fretta.
Cinque anni fa lo scrittore triestino Boris Pahor sollevò un piccolo
scandalo, quando con un suo articolo su Rab, uscito sul Corriere della
Sera, ha accusato l’allora segretario di stato del ministero degli
Esteri Franco Juri di respingere la collaborazione di professori
italiani su questo tema.

Ma questi “scandaletti” sono troppo poco per destare la nostra
diplomazia, che nella sua servilità verso i vicini occidentali evita
termini così naturali e documentati come “campo di concentramento”,
figuriamoci poi adoperarsi per i diritti delle vittime e per
risarcimenti adeguati! Quindi niente di strano se Berlusconi si
permette di farsi beffe di tutto ciò “tra una bottiglia di champagne e
l’altra”. E che in seguito si scusi solo con gli ebrei, perché Israele
è sempre Israele, ma con gli Sloveni, Croati e Montenegrini non c’è di
che scusarsi, poiché questi ultimi non hanno avuto niente da ridire.

Gli italiani nascondono sistematicamente ciò di cui dovrebbero
vergognarsi, fanno sparire accuratamente i fatti storici più scomodi
dagli scaffali degli archivi e soprattutto li cancellano dal ricordo.
La nostra vergogna è però davanti agli occhi di tutti, ed è la nostra
diplomazia, incapace di un solo gesto di protesta di fronte alle
chiacchiere ingiuriose di Berlusconi.

Tradotto da: Francesco Martino
» Fonte: © Osservatorio sui Balcani
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