Da: Susanna
Data: Mar 25 Nov 2003 10:28:29 Europe/Rome
A: jugocoord
Oggetto: Dalai Lama

Cari compagni,
un po' di anni fa avete inviato ai vostri abbonati
una bella biografia del Dalai Lama. In occasione della sua visita in Italia
riuscite a rispolverarla?
Grazie
Susanna

---

1. Cosa ha a che fare la CIA con il Dalai Lama?
di Sara Flounders
2. Il mito del Tibet
di Enrica Collotti Pischel
3. Menzogne americane sul Tibet e sul Dalai Lama
Michele - Risiko
4. Dalai Lama a 'Nazi Dupe Who Succumbed to Hitler'
dal South China Morning Post
5. Dalai Lama: "Violence needed to fight terror"


Si vedano anche gli articoli di Enrica Collotti Pischel:

http://www.lernesto.it/strutture/articolo.asp?codart=869

CINA - NATO - USA
(Giano del 15/05/2000)

http://www.lernesto.it/strutture/articolo.asp?codart=867

LA CINA, ''L'ULTIMO PAESE SOVRANO''
(Giano del 15/9/2001)


=== 1 ===

Cosa ha a che fare la CIA con il Dalai Lama?

di Sara Flounders
(da Workers World, Aug. 26, 1999 - Web:
http://www.workers.org)

Il 14 agosto il Dalai Lama (DL) - figura di spicco del
buddismo tibetano - era a New York in Central Park. In
questa citta' era gia' apparso in tre incontri al Teatro
Beacon (tutto esaurito) piu' altre occasioni in cui persone
benestanti hanno potuto pagare fino a 1000 dollari un
biglietto per poterlo ascoltare.
Il Dalai Lama, con il considerevole aiuto dei maggiori
media, e' divenuto una
figura di culto. Lo si chieda a chiunque si sintonizza
abitualmente sulle radio-televisioni piu'importanti. Anche
se non si interessa di politica, costui dira' che il Dalai
Lama e' una persona buona, santa ed una "forza spirituale".
Il suo nuovo libro "L'arte della felicita'", scritto
assieme con Howard C. Cutler, e'stato pubblicizzato fino a
che non e' entrato nella lista dei best-sellers per 29
settimane.

Ma il Dalai Lama e' veramente un uomo non-politico? Se
cosi' fosse, perche' questo "santo" che si ritiene non
ammazzerebbe un insetto, ha appoggiato i bombardamenti
NATO sulla Jugoslavia? Le persone interessate alle
questioni di carattere sociale dovrebbero sapere che,
come Papa Giovanni Paolo II, il DL denuncia l'aborto, tutte
le forme di controllo delle nascite e l'omosessualita'.
L'imperialismo USA ha molta esperienza nell'uso dei
sentimenti religiosi di milioni di persone. La CIA formo'
un blocco unico con il Papa, che aveva l'appoggio di
milioni di cattolici, per abbattere il socialismo in
Polonia. Non dovrebbe stupire il fatto il DL sia utilizzato
anche dalla CIA.
D'altro canto, le figure religiose che si oppongono agli
USA sono demonizzate o diventano obbiettivi degli assassini
- dall'Arcivescovo Romero in Salvador ai religiosi
musulmani in Libano e Palestina/Israele.
Lo scorso anno Hollywood ha realizzato due importanti films
sul Tibet. Gli Studios amano il DL, che, come si e' detto,
incorpora lo spirito e le aspirazioni del popolo tibetano.
I ricchi gruppi che ora controllano Hollywood - Disney e la
Tristar - entrambi appoggiano l'organizzazione Free Tibet.
Hollywood glorifica la classe religiosa tibetana ed il suo
presunto passato idilliaco allo stesso modo in cui "Via col
vento " glorificava la classe dominate schiavista e
razzista del vecchio sud.
Uno di quest film, "Sette anni in Tibet", e' stato basato
su di un libro scritto da un nazista austriaco, Heinrich
Harrer, coinvolto in alcuni dei crimini piu' brutali dei
nazi-fascisti austriaci. Harrer fini' in Tibet durante la
seconda guerra mondiale in missione segreta per
l'imperialismo tedesco, che stava tentando di competere con
l'imperialismo britannico in Asia. Egli fu accettato nel
circolo piu' ristretto, fra la nobilta' tibetana.

# L'imperialismo e le culture indigene.

In tutto il mondo le societa' indigene dal Nord America,
alla America Latina, l'Africa e l'Oceania sono state
decimate. La ricca varieta' di culture e' stata scalzata,
calpestata, ridicolizzata. I nativi sono stati sterminati
in tutto il mondo da tutte le forze che adesso sembrano
essere rispettosamente in adorazione della cultura
tibetana.
Il Tibet e il buddismo tibetano sarebbero stati di scarso
interesse per l'imperialismo britannico ed americano se non
fosse stato per la grande rivoluzione cinese, che ha
spazzato via tutto il vecchio mondo e la corrotta societa'
feudale.
Questa e' stata una rivoluzione che ha coinvolto movimenti
di massa di milioni di contadini poveri organizzati per la
distribuzione delle terre e per la cacciata dei vecchi
signori feudali. Tale grade sollevamento sociale ha
liberato le energie creative e la partecipazione di un
quarto dell'umanita'.
Tuttora pero' i media occidentali glorificano il vecchio
Tibet.

# L'era della divisione della Cina e del suo dominio

Per oltre 100 anni, le potenze imperialiste dell'Europa
occidentale ed il Giappone hanno mantenuto la Cina nelle
sfere di loro influenza, proprio come l'Europa ha mantenuto
l'Africa fra le sue colonie. Gli Stati Uniti allora si
opponevano a questo, ma solo in quanto esclusi dall'accesso
in Cina per i loro affari. Nell'ottocento la Gran Bretagna,
potenza dominante, combatte' due guerre contro la dinastia
Manchu per il diritto al controllo sulla vendita dell'oppio
in Cina. Nel 1904 la GB lancio' una invasione su larga
scala del Tibet. Col trattato di Lhasa la Cina fu costretta
a concedere due aree di commercio alla GB, e a pagare un
ingente somma per riparare alle spese militari della
guerra.
Nel 1949 l'armata Rossa era vicina alla sconfitta
definitiva dell'esercito del Kuomintang del generale Chiang
Kai-shek, aiutato dagli USA. Washington allora stava
operando per far aderire il Tibet all'ONU come paese
indipendente. Gli sforzi fallirono perche' il Tibet e'
considerato da oltre 700 anni come provincia cinese, ed
anche il Kuomintang asseriva che la Cina includesse il
Tibet e l'isola di Taiwan.
Oggi mentre l'imperialismo USA cresce e diventa sempre piu'
aggressivo, esso si sta muovendo su vari fronti per forzare
la separazione dalla Cina del Tibet, di Taiwan e della
provincia occidentale del Xinjiang.
Proprio come nei Balcani e nella ex-Unione Sovietica, le
grandi corporations americane supportano ed incoraggiano i
separatisti per rompere e controllare completamente le aree
del globo che precedentemente erano libere dal dominio
imperialista.

# La vita nell'antico Tibet.

Il Tibet pre-rivoluzionario era una regione totalmente
sottosviluppata. Non possedeva alcun sistema viario. Le
sole piste erano quelle della preghiera. Era una teocrazia
feudale basata su agricoltura, servitu' e schiavitu'.
Oltre il 90% della popolazione era senza terra e ridotta in
servitu'. Erano legati alla terra ma senza alcuna
proprieta'. I loro figli erano registrati fra le proprieta'
del loro Signore.
Non vi erano scuole, eccetto i monasteri in cui (pochi)
giovani studiavano canti. Il totale degli studenti presenti
in scuole private era di 600 studenti. L'educazione per le
donne era totalmente sconosciuta. Non vi era alcuna forma
di assistenza sanitaria, non vi erano ospedali in tutto il
Tibet.
Un centinaio di famiglie nobili e gli abati dei monasteri -
anche essi membri di famiglie nobili - possedevano tutto.
Il Dalai Lama viveva nelle 1000 stanze del palazzo di
Potala. Tradizionalmente era scelto nella sua infanzia fra
i giovani delle famiglie potenti. Egli rimaneva poi come un
pupazzo sotto il controllo del notabilato che lo seguiva.
Per il contadino medio la vita era breve e misera, il Tibet
aveva il piu' alto tasso di tubercolosi e mortalita'
infantile nel mondo. Oggi il Tibet ha 2380 scuole primarie,
moltissime scuole professionali e l'istruzione si svolge in
lingua tibetana. Vi sono oltre 20000 dottori, 95 ospedali
cittadini e 770 cliniche.

# La lotta di classe in Cina.

Nel 1949 la Rivoluzione Cinese stabili' primariamente che
il Tibet fosse una regione autonoma con molti piu' diritti
di quanti ne avesse mai avuti in precedenza. La politica
del PC Cinese fu quella di attendere che si sviluppassero
le condizioni fra le classi oppresse tibetane per il
sollevamento e la cacciata del regime feudale.
La schiavitu' fu dichiarata fuorilegge solo dal 1959, 10
anni dopo la Rivoluzione. Cio' avvene dopo un grande
movimento di massa che isolo' il Dalai Lama. E' vero,
comunque , che il PC cinese abbia sfidato gli antichi
costumi tibetani.
Prima di tutto il governo cinese pago' un adeguato salario
a tutti coloro che lavorassero alla costruzione delle
strade. Cio' distrusse totalmente l'usanza della servitu'.
Prima di cio' un servo poteva sopravvivere lavorando per il
Signore: non per guadagnare ma per il cibo.
Ancora piu' rivoluzionario fu pagare i ragazzi e gli ex-
schiavi per frequentare le scuole; essi furono anche dotati
di libri, vitto e alloggio. Nelle famiglie piu' disperate
avevano dovuto lavorare anche i bambini per sopravvivere.
La nuova politica rivoluzionaria sollevo' per la prima
volta il livello economico delle classi piu' oppresse di
questa societa' cosi' rigida.

# La Cia mobilita le resistenza delle classi-dominanti

Dal 1955 la CIA inizio' a costruire un esercito
controrivoluzionario in Tibet, molto simile ai Contras in
Nicaragua e, piu' recentemente, al finaziamento ed
addestramento dell'UCK in Kosovo.
Il 16 agosto 1999 su Newsweek e' apparso l'articolo "Una
guerra segreta sul tetto del mondo - i monaci e
l'operazione segreta della Cia in Tibet", nel quale si
descrivono in dettaglio le operazioni CIA dal 1957 al 1965.
Analogamente, il principale articolo del Chicago Tribune
del 25 gennaio 1997 descriveva lo speciale addestramento
dei mercenari tibetani a Camp Hale nelle Montagne Rocciose
in Colorado, per tutti gli anni '50.
Tali mercenari furono paracadutati in Tibet. In accordo ai
famigerati "articoli del Pentagono" ci sono stati almeno
700 di questi voli negli anni 50. Furono usati C-130, come
piu' tardi in Viet-Nam, per portare munizioni ed armi. Vi
erano anche basi speciali a Guam e ad Okinawa, dove furono
addestrati soldati tibetani. Gyalo Thumdup, fratello del
Dali Lama, segui' le operazioni, e non era certo un
mistero. Se ne faceva un vanto.
Il Chicago Tribune aveva titolato "La guerra segreta della
Cia in Tibet" ed afferma in modo chiaro che "ben poco sulle
operazioni Cia in Himalaya e' veramente segreto, eccetto
forse ai contribuenti USA che le hanno finanziate".
La CIA diede una rendita annuale speciale di 180000$ al
Dalai Lama per tutti gli anni 60; questa e' ora una piccola
fortuna in Nepal, ove aveva organizzato un esercito ed un
governo virtuale in esilio. Gli USA hanno anche organizzato
delle radiostazioni per proiettare in Tibet l'"immagine"
del DL come quella di un dio-re.
Ralph McGhee, che ha scritto molti articoli sulle
operazioni CIA, e mantiene anche un sito web, ha descritto
in dettaglio come la "compagnia" abbia promosso il DL.
L'ufficio CIA NATIONAL EDOWDMENT for DEMOCRACY
ha procurato denaro per un fondo per il Tibet, per la Voce
del Tibet, e per la campagna internazionale per il Tibet.

=== 2 ===

"Il Manifesto" del 9 Gennaio 2000

CINA: UNA CRISI ALLA FRONTIERA DI UNA NUOVA GUERRA FREDDA

Il mito del Tibet

Dall'Impero a Mao, un popolo in gioco tra "modernizzazioni"
di Pechino e interessi occidentali in Asia. La fuga del
"giovane Buddha" dalla storia all'immaginario

- ENRICA COLLOTTI PISCHEL -

La notizia della fuga dalla Cina del giovanissimo Lama
Ugyen Trinley Dorje, terza autorità nella gerarchia delle
reincarnazioni del buddhismo tibetano stata ritenuta molto
ghiotta dai giornali italiani e viene considerata un grave
scacco per il governo cinese che non sarebbe riuscito a
impedirla, nonostante il proprio apparato militare.
Quest'interpretazione ignora che i cinesi non hanno mai
fatto nulla per fermare la fuga dei rappresentanti politici
e religiosi tibetani dalla Cina: nel 1959 l'intera classe
dirigente tibetana, con alla testa il Dalai Lama si
allontanò da Lhasa con una lunga fuga a piedi, nonostante
il pattugliamento degli aerei da combattimento cinesi. Fa
parte della politica delle autorità cinesi il pensare che
gli avversari è sempre meglio tenerli fuori del paese che
dentro, meglio lontani dai loro adepti che vicini. Se poi
le circostanze equivoche di quest'ultimo episodio - cioè la
mancata condanna di Pechino - possano far pensare a ipotesi
di contatti con il Dalai Lama e di trattative di
conciliazione, è difficile dirlo ora. Certamente il fatto
che la grande organizzazione propagandistica che negli
Stati Uniti (ma anche in Europa e nello stesso nostro
scafato e realistico paese) sostiene la causa
dell'indipendenza tibetana si sia buttata sull'episodio,
non rende certo facile un'intesa: i cinesi sanno fare molto
bene i compromessi e sono disposti a concluderli quando
siano convenienti. Ma ritengono che debbano essere cercati
e raggiunti con la massima discrezione e comunque al di
fuori di pressioni che li possano far apparire come una
resa a pressioni straniere.
E non dimentichiamo mai che "straniero" per l'intera Asia
orientale nell'ultimo secolo e mezzo ha significato
umiliazione e asservimento: di essa fece parte anche il
tentativo pi volte condotto di staccare il Tibet dalla Cina.

Il più povero

Molte cose dovrebbero essere dette a proposito del mito del
Tibet che ha preso piede, anche nei ranghi della sinistra.
Dal cinematografico "Shangri-la", al di fuori del tempo,
dello spazio e del clima, alle ovvie seduzioni di turismo
"estremo", dalle tendenze a vedere esempi validi in civiltà
rimaste primitive e tagliate fuori dal processo della
storia, alla sistematica disinformazione diffusa da potenti
mezzi mediatici statunitensi e al fascino che sugli
occidentali delusi esercitano le religioni e le ideologie
esotiche ed esoteriche, tutto confluito in un'affabulazione
della quale sono stati vittime in primo luogo proprio i
tibetani.
Certamente sono uno dei popoli più poveri del mondo,
esposti a molteplici forme di oppressione: tra esse quella
cinese è stata con ogni probabilità meno gravosa di quella
esercitata dai monaci e dagli aristocratici, dei quali i
pastori e i contadini erano fino al 1959 "schiavi", nel
senso letterale del termine, in quanto sottoposti al
diritto di vita e di morte dei loro padroni. Che poi tutti,
ma con ben diverso vantaggio, trovassero conforto nel
ricorso ad una delle forme più degradate di buddhismo (il
buddhismo tantrico tibetano popolato di fantasmi e di
incantesimi ha ben poco a che vedere con la meditazione
intellettuale e la creatività artistica dello Zen), si può
anche comprenderlo.
Per fare un minimo di chiarezza è necessario comunque
precisare alcune cose. Il Tibet non stato "conquistato
dalla Cina comunista nel 1950": dopo precedenti più
discontinui rapporti, fu conquistato dall'impero cinese,
nella prima metà del secolo XVIII e da allora stato
considerato parte dello stato cinese da tutti i governi
della Cina, anche dal Guomindang. La Cina (in cinese "Stato
del Centro") è stato ed è uno stato multietnico nel quale è
in corso da millenni un processo di trasferimenti di gruppi
etnici e soprattutto di fusione dei gruppi periferici entro
quello più importante che rappresenta nove decimi dei
cinesi ed è sempre stato capace di offrire ai suoi membri
una maggiore prosperità e i benefici di una cultura più
concreta. Mettere in discussione la natura multietnica
della civiltà e dello stato cinesi significherebbe mettere
in moto la più spaventosa catastrofe degli ultimi secoli.
Quella praticata dalla Cina non è mai stata una politica di
"pulizia etnica" bensì di fusione entro un insieme non
etnico ma contraddistinto da una comune cultura e da comuni
pratiche produttive: più che sterminarle, i cinesi hanno
comprato le minoranze.
E' vero che i tibetani per ragioni geografiche sono, entro
lo "Stato del Centro" il gruppo più lontano dalla comune
cultura, però da 250 anni sono stati sempre governati da
funzionari cinesi nominati dal governo centrale:
giuridicamente e istituzionalmente ciò ha un senso. Gli
inglesi all'apice del loro potere sull'India all'inizio del
secolo XX intrapresero, tuttavia, una serie di manovre per
staccare il Tibet dalla Cina e porlo sotto la loro
influenza giungendo, nel 1913 a convocare una conferenza a
Simla nella quale le autorità tibetane cedettero vasti
territori all'India britannica.
Nessun governo cinese ha mai accettato la validità di
quella conferenza.
Nel periodo precedente il 1949 il governo del Guomindang
considerava il Tibet a pieno diritto, parte del proprio
territorio, tanto che durante la Seconda guerra mondiale
concedeva il diritto di sorvolo agli aerei alleati.

Il ruolo della Cia

Non ha quindi alcun senso dire che la Cina conquistò il
Tibet nel 1950; nel 1950 le forze di Mao completarono in
Tibet il controllo sul territorio cinese; nel 1951 fu
raggiunto un accordo con il Dalai Lama per la concessione
di un regime di autonomia. Verso il 1957, nel pieno
dell'assedio statunitense alla Cina, i servizi segreti
inglesi e americani fomentarono una rivolta dei gruppi di
tibetani arroccati sulle montagne delle regioni cinesi del
Sichuan e dello Yunnan, lungo la strada che dalla Cina
porta al Tibet; i cinesi repressero certamente la rivolta
con pugno di ferro: nelle circostanze internazionali nelle
quali si trovavano e nel loro contesto etnico non era
razionale pensare che si comportassero diversamente. Alla
fine del 1958 i servizi segreti inglesi
annunciarono che all'inizio del 1959 essa si sarebbe
trasferita a Lhasa e avrebbe cercato l'appoggio del Dalai
Lama. Ed infatti ciò che avvenne: sullo
sfondo della rivolta, il Dalai Lama dichiarò decaduto
l'accordo per il regime autonomo e fuggì con la maggioranza
della classe dirigente tibetana in India, dove costituì un
proprio governo in esilio e il proprio centro di
propaganda.
Nessun governo al mondo ha riconosciuto questa compagine.
Recentemente la Cia (i servizi segreti americani sono
infatti obbligati a rendicontare prima o poi le loro spese
di fronte ai contribuenti) ha ammesso di aver finanziato
tutta l'operazione della rivolta tibetana.

Pechino: autonomia no

Dopo il 1959 il governo cinese spossessò monasteri e
aristocratici e "liberò gli schiavi", iniziando una
politica di modernizzazione forzosa (vaccinazioni,
costruzione di opere pubbliche) e di formazione di una
classe dirigente locale, figlia di schiavi, sottoposta a un
bombardamento educativo razionalista e anti-religioso.
Furono questi giovani che durante la rivoluzione culturale
distrussero templi e monasteri, infliggendo gravi danni a
un patrimonio culturale unico e a un'identità certo non
abbandonata dalle masse.
Dopo la morte di Mao, i governanti cinesi hanno cercato di
ristabilire i rapporti con i tibetani, migliorando le sorti
economiche dell'altipiano ma importando anche gran numero
di cinesi, non solo militari. Hanno anche trattato
indirettamente con il Dalai Lama, che - politico asiatico
molto scaltro - non chiede l'indipendenza, ma una più o
meno larga autonomia: Pechino non ha mai tuttavia voluto
concedere un reale autogoverno, che aprirebbe rischi di
secessione e metterebbe in discussione tutti i rapporti
etnici del vasto paese. Alle spalle del Dalai Lama si è
sviluppato, intanto, un vasto insieme di interessi della
classe dirigente tibetana che ormai è nata all'estero e vi
ha ricevuto una formazione culturale moderna: è questa che
chiede un'indipendenza che potrebbe essere ottenuta solo
con una guerra spietata alla Cina e potrebbe essere
innestata dal reclutamento di giovani guerriglieri in India
- segnali "terroristici" in questo senso ci sono già stati.
Erano proprio dissennati i governanti cinesi che ritenevano
che l'attacco alla Serbia motivato dalla difesa dei
"diritti umani" in Kosovo fosse in effetti la prova
generale di un attacco alla Cina?

=== 3 ===

http://www.resistenze.org/sito/te/po/ci/poci3e25.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 25-05-03

Menzogne americane sul Tibet e sul Dalai Lama


Media commerciali e ufficiali propongono incessantemente la
versione americana del tormento che il Tibet avrebbe subito
dall'aggressore e sterminatore cinese. Personalmente ero affascinato
anch'io dal buddismo tibetano e dalla santità del Dalai Lama. Ero
pure addolorato per l'oppressione subita dai tibetani a causa
dell'oppressione cinese. Bhè, come diciamo nel nostro motto, ho
cambiato radicalmente idea per accordarla alla verità. Le mie
conclusioni sono una profonda avversione per la "causa tibetana"
(così come ce la propone Hollywood) e per il Dalai Lama.

Come di fronte ad ogni versione ufficiale, mi sono mosso alla ricerca
di una verità alternativa. Non ero sicuro di trovarne una, ma volevo
vedere se il "martirio" del Tibet è così univoco come gli americani
vorrebbero far credere. Volevo vedere se i Cinesi possono essere
considerati "aggressori" del Tibet come ripetono incessantemente i
media legati a Washington e Londra. Questa ricerca è fatta in nome
del solo principio che mi caratterizza: la ricerca della verità. E ho
trovato delle cose sconcertanti...

Secoli di aggressioni, stermini, attentati, eccidi, guerre da parte
degli occidentali al popolo cinese non fanno parte di questo articolo,
ma vale la pena almeno accennarli per puntualizzare che nessun
"occidentale" può parlare di aggressione cinese a chicchessia senza
prima parlare di torture, umiliazioni, spoliazioni, stermini da parte
degli occidentali ai danni dei "musi gialli". Chiudiamo qui la parentesi
su cui magari scriveremo un articolo dedicato.

L'imperialismo occidentale cerca incessantemente di promuovere la
secessione del Tibet dalla Cina. Perfino una certa sinistra in buona
fede si fa portavoce (assieme agli organi di informazione dell'Impero)
di questa posizione per subalternità o mancanza di conoscenza. E
veniamo ai fatti.

La sovranità cinese sul Tibet ha alle spalle secoli e secoli di storia.
Il Tibet è territorio cinese dal tempo in cui in Europa non esistevano
ancora gli Stati nazionali. I primi a mettere in discussione la
sovranità cinese sul Tibet sono stati i fautori dell'imperialismo
britannico. (1)(2)
Come si legge in un manuale di storia asiatica (uno qualunque), i
tentativi di distruggere la sovranità cinese sul Tibet sono la
conseguenza di una politica volta allo "smantellamento della Cina".
(3)
Non sono soltanto i comunisti cinesi a considerare il Tibet parte della
Cina. Sun Yat-sen, primo presidente della Repubblica nata dal
rovesciamento della dinastia Manciù, ne era convinto. Quando gli
inglesi gli chiesero di partecipare attivamente alla Prima Guerra
Mondiale per poter recuperare alla Cina i territori che la Germania le
aveva strappato, lui rispose: "Voi vorreste strapparci anche il Tibet!".
(4)
Prima della guerra fredda Washington riconosceva che il Tibet era
territorio cinese. Ancora nel 1949 il Dipartimento di Stato Americano
pubblicò un libro sulle relazioni USA-Cina con una mappa che
mostrava tutta la Cina, Tibet incluso dunque. (5)

Tuttavia, con l'avanzare del Partito Comunista Cinese e quindi con
l'avvicinarsi al potere di un chiaro Partito di massa antimperialista,
Washington cominciò a manipolare la realtà. Gli inizi di questa
manipolazione possono essere rintracciati in una lettera del 13
gennaio 1947 al Presidente americano Truman da parte di Gorge R.
Merrel, incaricato d'affari USA a Nuova Dheli. La lettera riguardava
la "inestimabile importanza strategica" del Tibet e recitava:
"Il Tibet può pertanto essere considerato come un bastione contro
l'espansione del comunismo in Asia o almeno come un'isola di
conservatorismo in un mare di sconvolgimenti politici". E aggiunse
che "l'altopiano tibetano [?] in epoca di guerra missilistica può
rivelarsi il territorio più importante di tutta l'Asia".
Questi particolari sono tratti da un autore americano per decenni
funzionario della CIA. L'Autore evidenzia come il contenuto di
questa lettera sia quasi combaciante con la visione imperialistica
che aveva a suo tempo l'Inghilterra vittoriana impegnata nel "grande
gioco" dell'espansione in Asia. (6)
Il separatismo tibetano diviene uno strumento dell'imperialismo
americano o, meglio, per dirla come il funzionario della CIA, diviene
uno strumento degli "interessi geopolitici USA" per costringere il
nuovo governo comunista di Mao a disperdere le forze, ponendo
quindi le condizioni per un "cambiamento di regime a Pechino".

Per portare a compimento questi "interessi geopolitici USA", vennero
addestrati "guerriglieri" nel Colorado e poi paracadutati in Tibet e
riforniti per via aerea di armi, munizioni, apparecchiature
ricetrasmittenti, ecc. A tali guerriglieri la CIA aggiunge la
"collaborazione dei banditi Khampa di vecchio stile". (7)
In questo contesto si sviluppa la "rivolta tibetana" del 1959.
E' ancora il funzionario della CIA, Knaus, a raccontare i fatti: la
rivolta faceva seguito ad un tentativo fallito da parte dei servizi
segreti americani di provocare disordini in Cina a partire dalle
Filippine; come disse un esponente della CIA, lo scatenamento della
rivolta aveva "poco a che fare con l'aiuto ai tibetani", perché lo
scopo era quello di mettere in difficoltà i "comunisti cinesi". Era la
stessa logica che i servizi segreti americani usavano in Indonesia per
"aiutare i colonnelli ribelli indonesiani nel loro sforzo di rovesciare
Sukarno", reo di essere troppo tollerante verso i comunisti di quel
paese. (8) Come è noto il colpo di Stato verrà portato a termine grazie
alla CIA nel 1965, col massacro di centinaia di migliaia di comunisti o
di elementi tolleranti verso i comunisti. Sarebbero state meno feroci le
forze finanziate e addestrate dalla CIA in Tibet se avesse vinto il
separatismo? (9)

Penso che sia interessante far sapere che fu un agente della CIA a
organizzare la fuga del Dalai Lama dal Tibet: questo agente visse
più tardi nel Laos "in una casa decorata con una corona di orecchie
strappate dalle teste di comunisti morti", come ci informa un
docente americano su una rivista USA. (10)

Dopo il fallimento in territorio cinese della rivolta tibetana, i
servizi segreti americani danno inizio ad una campagna mediatica
in occidente.
Nonostante che il Dalai Lama fosse considerato allo stesso modo dei
colonnelli macellai indonesiani, come il capo della rivolta reazionaria
anticomunista filo-occidentale, ora viene santificato. Diventa il leader
della non violenza. Lo stesso buddismo tibetano diventa una dottrina
e una tecnica spirituale sublime. L'industria cinematografica
americana si adopera per proporre incessantemente questo falso mito.

Ma la storia ha dei precedenti. Quando agli inizi del Novecento gli
inglesi e la Russia si contendevano il Tibet, regione della Cina,
correva voce che lo Zar in persona si fosse convertito al buddismo.
(11)

Oggi, invece, sono la CIA e Hollywood ad essere convertiti al
buddismo. Una conversione che ha del miracoloso se si pensa che
l'Occidente ha sempre disprezzato il buddismo tibetano come
sinonimo di dispotismo orientale, con la sua figura di Dio-Re. Basti
ricordare il disprezzo dei padri della cultura occidentale come
Rousseau, Herder e Hegel. Fino ai primi anni del 1900 i lama sono
considerati una "incarnazione di tutti i vizi e di tutte le corruzioni,
non già dei lama defunti". (12)

Quando la Gran Bretagna si accinse poi alla conquista del Tibet lo
fece in nome della civiltà contro "quest'ultima roccaforte
dell'oscurantismo", per civilizzare "questo piccolo popolo
miserabile". (13)

Oggi la propaganda americana cerca di rimuovere l'infamia della
teocrazia tibetana. Come illustra lo stesso storico Morris, quello che
era in carica agli inizi del '900 "era uno dei pochi Dalai Lama ad
aver raggiunto la maggiore età, dato che la maggior parte di loro
veniva eliminata durante la fanciullezza a seconda della
convenienza del Consiglio di Reggenza". (14)

Stando a quanto affermano Hollywood e la CIA, il buddismo tibetano
è divenuto sinonimo di pace e tolleranza, oltre che di elevata
spiritualità. Seguendo l'ideologia imperialistica anticomunista
occidentale, "i tibetani sono dei superuomini e i cinesi dei
subumani". (15)

La teocrazia oscurantista tibetana è santificata dai media
commerciali americani al servizio degli strateghi militari. La struttura
castale si manifesta anche dopo la morte: il corpo di un aristocratico
viene cremato o inumato, mentre i corpi della massa vengono dati in
pasto agli avvoltoi. Poco tempo fa era l'"International Herald
Tribune" che descriveva come durante i funerali di plebei fosse il
sacerdote che staccava pezzo per pezzo la carne dalle ossa per
facilitare il compito degli avvoltoi.
La descrizione era minuziosa e seguita da uno studioso che spiegava il
tutto in chiave "ecologica". (16) Lo studioso non chiariva però perché
all'equilibrio ecologico doveva contribuire solo il corpo dei plebei.

Vorrei chiarire la mia posizione: io non condanno queste pratiche
disumane perché potrei rimanere vittima della mia cultura italiana;
dovrei essere un tibetano per condannarle; ad ognuno la sua cultura.
Io condanno il fatto che gli occidentali imperialisti appoggino pratiche
così disumane per noi, sostengano movimenti sanguinari come il
buddismo tibetano e siano pronti ad inventarsi ogni peggiore frottola
(molto meno disumana) su falsi crimini di Cuba, di Saddam, di
Pechino e di tutti gli avversari, salvo santificare la reazione più
assoluta.

La Rivoluzione Culturale maoista si era scagliata contro la pratica
castale, discriminatrice e violenta. Nel Tibet precedente alla
Rivoluzione la teocrazia riduceva in schiavitù o servaggio la
stragrande maggioranza della popolazione. Come scrisse uno scrittore
radicalmente anticomunista, le riforme realizzate dal 1951 hanno
"abolito feudalesimo e servaggio". (17) La Rivoluzione abolì anche
la teocrazia incarnata nel Dio-Re che pretendeva e pretende ancor
oggi di essere il Dalai Lama. Fu attuata la separazione tra potere
religioso e potere civile.

La Rivoluzione ha significato per i tibetani l'accesso a diritti umani
prima del tutto sconosciuti, un miglioramento del tenore di vita e un
sensibile prolungamento della vita media. E ciò è, malgrado i media,
universalmente riconosciuto da tutti gli esperti analisti della regione.
La Cina di oggi garantisce alla Regione Autonoma Tibetana libertà
che non ha mai conosciuto in tutta la sua storia passata e recente. La
regione tibetana, oltre ad avere il bilinguismo con prima lingua il
tibetano, vede garantiti altri diritti nazionali quali la preferenza a
favore dei tibetani e delle altre minoranze nazionali per quanto
riguarda l'ammissione all'università, la carriera pubblica, ecc.
(18)

Il santificato Dalai Lama viene insignito del Premio Nobel. Ma cosa
chiede questo personaggio che si proclama Dio-Re? "Esige la
creazione di un Grande Tibet, il quale includerebbe non solo il
territorio che ha costituito il Tibet politico in età contemporanea,
ma anche aree tibetane nella Cina occidentale, in larghissima
parte perse dal Tibet già nel diciottesimo secolo". (19) E poi
esistono tibetani in Bhutan, Nepal, India. Tutti i loro territori
dovrebbero far parte del Grande Tibet. Si tratta della pretesta di
Hitler di riunificate nello lo stesso Stato tutti i territori che erano
abitati da maggioranza tedesca. Il principio "nazionale" del Dalai
Lama è quello di Hitler, con la sola differenza che del
nazional-socialismo il Dalai Lama non ha neppure un briciolo di
"socialismo". E' solo puro nazionalismo esasperato ai massimi livelli.

Ora, questa santità, Premio Nobel per la Pace, odia profondamente gli
uomini che hanno la pelle gialla e parlano il cinese. Un odio viscerale,
razzista, tanto che, quando l'India procedette al riarmo nucleare,
trovò il suo più fiero sostenitore nel Premio Nobel, il Dalai Lama.
Ma, ci domandiamo, almeno il multimiliardario Dalai Lama
rappresenta il popolo tibetano? Risposta: nemmeno per sogno! E'
perfino il "Libro Nero del Comunismo" a riconoscere che
un'elementare analisi storica "distrugge il mito unanimista
alimentato dai partigiani del Dalai Lama". (20)
Alla liberazione pacifica del Tibet nel 1951, che portò alla caduta del
regime teocratico, vi fu una resistenza accanita dei gruppi più
reazionari e delle classi dei privilegiati, ma i comunisti poterono
contare sull'appoggio della stragrande maggioranza della popolazione
civile. Gli autori più anticomunisti e anticinesi del pianeta-Occidente
si scagliano così contro la plebe tibetana, colpevole di "essersi
collegata subito col regime comunista"; anche i monaci sono dei
farabutti che "non esitano ad augurarsi che 'presto sia liberato' il
Tibet" e che commettono il crimine di fraternizzare con i comunisti e
l'esercito Popolare di Liberazione.

Per questi autori è inconcepibile come il Dalai Lama sia disprezzato
non solo dalla maggior parte del popolo, ma anche da ampi settori
religiosi tibetani. Ancora nel 1992, nel corso di un suo viaggio a
Londra il Dalai Lama è oggetto di manifestazioni ostili da parte
della più grande organizzazione buddista in Gran Bretagna, che lo
accusa di essere un "dittatore spietato" e un "oppressore della
libertà religiosa". (21)

Oggi il Dalai Lama continua a sperare in una disintegrazione della
Cina come è avvenuto nella tragedia che ha caratterizzato l'URSS. (22)

Michele - Risiko

NOTE:
Le informazioni di questo articolo sono ricavate da Domenico
Losurdo, "La sinistra, la Cina e l'imperialismo", ed. La città del
Sole, Napoli.
La sua opera di informazione è indispensabile sull'argomento.
(1) Owen Lattimore, 1970, "La frontiera. Popoli e imperialismi alla
frontiera tra Cina e Russia", Einaudi, Torino.
(2) Jacques Fernet, 1978, "Il mondo cinese. Dalle prime civiltà alla
Repubblica Popolare", Einaudi, Torino.
(3) Jan Romein, 1969, "Il secolo dell'Asia. Imperialismo occidentale e
rivoluzione asiatica nel secolo XX", Einaudi, Torino.
(4) Sun Yat-sen, 1976, "L'imperialismo dei bianchi e l'imperialismo
dei gialli", in "I tre principi del popolo", Einaudi, Torino.
(5) Herbert Aptheker, 1977, "America Foreign Policy and The Cold
War" (1962), Krauss Reprint Millwood, N.Y.
(6) Jhon Kenneth Knaus, 1999, "Orphans of the Cold War. American
and the Tibetan Struggle for Survival", PublicAffairs, N.Y.
(7) Come sopra.
(8) Come sopra.
(9) Domenico Losurdo, 1999, "La sinistra, la Cina e l'imperialismo",
La città del Sole, Napoli.
(10) Daniel Wikler, 1999, "The Dalai Lama and the CIA", in "The
New York Review of Books", 23 settembre.
(11) James Morris, 1992, "Pax Britannica", The Folio Society,
London.
(12) Donald S. Lopez Jr., 1998, "Prisoners of Shangri - La. Tibetan
Buddhism and the West", University of Chicago Press, Chicago and
London.
(13) Vedi nota 11.
(14) Come sopra.
(15) Vedi nota 12.
(16) Seth Faison, 1999, "In Tibean 'Sky Burials', Vultures Dispose of
the Dead", in "International Herald Tribune", 6 luglio.
(17) Melvyn C. Goldstein, 1998, "The Dalai Lama's Dilemma", in
"Foreign Affairs", gennaio-febbraio.
(18) Seth Faison, 1999, "for Tibetans in Sichuan, Life in the Shadow
of Intollerance", in "International Herald Tribune", 1 settembre.
(19) Vedi nota 17.
(20) Courtois et al., 1998, « Il Libro Nero del Comunismo »,
Mondadori, Milano.
(21) Vedi nota 12.
(22) Vedi nota 17.

=== 4 ===

http://www.amgroup.com/jue/chinanews/archives/docs/971003d.html

Dalai Lama a 'Nazi Dupe Who Succumbed to Hitler'

Friday, October 03, 1997 -- South China Morning Post
TOM KORSKI in Beijing

The Dalai Lama has been branded as a Nazi dupe who fell prey to "certain
influences" of the Hitler regime as a schoolboy.
Mainland media denounced the Tibetan Nobel Prize laureate as a follower
of German fascists after disclosures that the Dalai Lama's former mathematics
teacher was a member of the Nazi SS.
In a vitriolic commentary, the official periodical, the Beijing
Review, portrayed the Dalai Lama as a fascist disciple of Heinrich Harrer,
an Austrian mountaineer who taught the young spiritual leader in the late
1940s.
A US$60 million (HK$464 million) Hollywood film highly critical of China's
occupation of Tibet, based on the Harrer 1953 autobiography Seven Years
in Tibet, is to be released next Wednesday.
"It is logical to ask whether Harrer's Nazi background exerted
certain influences on the 14th Dalai Lama who was 11 years old at the time
and under his guidance," the commentary said.
Harrer, 85, admitted to serving as an SS sports trainer and shaking Hitler's
hand at a 1938 rally after the German weekly Stern disclosed the Austrian's
Nazi affiliations last May.
The Beijing Review, repeating many of the Stern revelations, noted that
"Nazi fascists brought great suffering to the world".
"Their savagery and cruel infringements on human rights were unique in human
history," the commentary continued.
Authorities have repeatedly condemned the Columbia Pictures film, starring
Brad Pitt, and vowed to ban it from all mainland cinemas.
"Should Hollywood sing songs in praise of Nazis?" asked the
commentary.

=== 5 ===

From: Rick Rozoff

HTTP://WWW.STOPNATO.ORG.UK
---------------------------
Perhaps the headline was meant to read Terror Needed
To Fight Violence: The West's Humanitarian Poster Boy
Better keep this guy away from Nepal....

--- Geese 4 Peace wrote:
Subject: Dalai Lama: Violence needed to fight terror

from
The Age
Fri, September 19, 2003

http://www.theage.com.au/articles/2003/09/18/1063625159989.html

Violence needed to fight terror: Buddha's man of peace

By Laurie Goodstein
New York

The Dalai Lama, a Nobel peace prize winner and one of the world's most prominent
advocates of non-violence, says it might be necessary to fight terrorists
with violence.
He also says it is too early to say whether the war in Iraq was a
mistake. "I feel only history will tell," he said in an interview.
"Terrorism is the worst kind of violence, so we have to check it, we have
to take countermeasures," the Dalai Lama said.
He spoke on Wednesday during his first visit to New York since the 2001
terrorist attacks. He is on the last stop of a US tour that has highlighted
his dual roles as Buddhist avatar and head of state.
During the visit he has met Tibetan exiles in several cities,
dedicated an inter-faith temple and pressed the Tibetan cause in Washington.
At a time when many political and religious leaders are saying the American
anti-terrorism campaign and the war in Iraq are only fuelling additional
terrorism, the Dalai Lama refused to pass judgement.
But he emphasised that "the real antidote" to terrorism in the long run
is "compassion, dialogue - peaceful means" - even with terrorists.
"We have to deal with their motivation," he said. "Terrorism comes out of
hatred, and also short-sightedness."
He likened Osama bin Laden to a butcher who has grown inured to slaughtering
animals. With terrorists, he said, applying a Buddhist analysis, "their
whole mind is dominated by negative emotions".
He rejected the prediction popularised by some scholars that the world is
headed towards a "clash of civilisations" between Christian and Muslim nations.
He cited the case of the Soviet Union, whose people once
expressed hostility towards the US and the West but had now changed their
minds.
The Arab world could do the same, he said.
The Dalai Lama, 68, was interviewed in a hotel room in Manhattan as he prepared
for the first of four days of teaching in Buddhist philosophy.
Since he was driven out of Tibet 44 years ago by the Chinese, he has never
been back. But he said that he "certainly" expected that China would eventually
allow him and other Tibetans living in exile to return.
He long ago abandoned the goal of independence from China.
Instead, he said, he now sought "autonomy".



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