Disinformazione strategica:
I colleghi "iracheni" della Ruder&Finn
http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5018&s2=24
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Guerrieri dell'informazione
di Pratap Chatterjee da guerrillanews.com
La Rendon Group è l’agenzia di consulenza che fornisce servizi di
comunicazione politica. I servizi offerti variano dalla creazione di
“un ambiente favorevole in vista della privatizzazione” alla
giustificazione della guerra. Al suo attivo: la manipolazione dei media
durante guerra del Golfo, le reazioni dopo gli attentati dell’11
settembre, la giustificazione dell’invasione in Iraq...
“L’informazione è una componente del potere” – dal sito della Rendon
Group.
Alla vigilia della Convention nazionale dei democratici, un suggestivo
spettacolo pirotecnico illuminava la baia di Boston sotto gli occhi di
eleganti politici, di dirigenti e dei rispettivi amici, che osservavano
da un ristorante in riva al mare di nome Tia’s riservato per
l’occasione.
Rick Rendon, responsabile dell’organizzazione dell’evento, si
intratteneva amabilmente con i propri clienti: i dirigenti della Time
Warner, tra i quali il direttore Richard Parsons che lo aveva
ingaggiato per dedicare la serata a un’importante parlamentare della
California: Nancy Pelosi, leader del partito democratico.
Otto ore dopo, Rendon dava prova delle sue capacità tecnologiche nella
gestione delle informazioni: una video conferenza collegava le 56
delegazioni della Convention del partito democratico distribuite su
tutta la città in 23 luoghi differenti. “Un’iniziativa importante
perché il partito democratico esige che da tutti i suoi deputati emerga
un messaggio coerente e univoco, soprattutto per quanto riguarda la
comunicazione con i media,” ha rivelato a Information Week Rick Rendon,
co-fondatore e socio anziano della Rendon Group.
Comunicazione politica
Per la Rendon Group, il cui motto è: “l’informazione è una componente
del potere,” l’organizzazione dell’evento è stata solo uno dei tanti
servizi di “perception management” (comunicazione politica) che
l’agenzia di consulenza fornisce ai suoi clienti, tra i quali le
agenzie governative del Massachussets, i dirigenti di multinazionali,
il partito democratico, gli uffici della Defense Advanced Research
Projects Agency (DARPA) al Pentagono e il regime militare in Colombia.
I servizi offerti variano dalla creazione di “un ambiente favorevole in
vista della privatizzazione” alla giustificazione della guerra. La
società, che ha sedi a Boston e a Washington DC, è gestita da Rick
Rendon, suo fratello John Rendon, sua cognata Sandra Libby e da David
Perkins, già impiegato al Pentagono.
I rapporti di Rendon con il partito democratico risalgono almeno a 24
anni prima, in occasione della convention di New York del 1980, dove il
suo compito era quello di occuparsi dei deputati. Suo fratello John era
direttore esecutivo e direttore politico del Comitato nazionale
democratico.
Quando Jimmy Carter perse le elezioni contro Ronald Reagan, i Rendon
aprirono bottega come consulenti politici. Quasi un quarto di secolo
dopo la convention di New York, i due fratelli si ritrovano ancora a
stretto contatto sia negli affari che nella politica. John e Rick
sembrano lavorare in due mondi distinti, Boston e Washington, così come
la presenza in rete della Rendon Group si biforca in due siti
differenti, uno interno e l’altro internazionale. John gira il mondo
smerciando strategie di guerra mentre Rick rimane a casa a vendere
pace, produrre video per gli alti dirigenti e organizzare eventi. Ma la
società è a tutti gli effetti un’entità sola e un esame attento
suggerisce come forse questa netta divisione non sia che a sua volta un
caso di “perception management”.
Potere alla guerra
Quando Reagan vinse le elezioni, cancellando in un sol colpo dodici
anni di presidenti repubblicani, i Rendon ampliarono il loro raggio di
azione e John cominciò a fornire servizi di consulenza all’esercito.
Nel 1989 durante l’invasione di Panama, dall’alto di un palazzo di
Panama City (Florida) contribuì alla gestione delle informazioni sulla
guerra.
In occasione della prima guerra del Golfo nel 1991, il suo staff
operava nei dintorni di Taif in Arabia Saudita.
Durante la guerra in Afghanistan , ogni mattina alle 9:30 si riuniva
con alti funzionari del Pentagono per stabilire il comunicato del
giorno.
Una delle sue operazioni mediatiche più famose, realizzata con il
contributo dell’agenzia di pubbliche relazioni Hill & Knowlton, fu
inscenata durante la mobilitazione alla guerra del Golfo del 1991.
Il 10 ottobre 1990 il Congressional Human Rights Caucus (Commissione
per i diritti umani) tenne un’udienza a Capitol Hill. Tom Lantos,
deputato democratico della California, e John Porter, repubblicano
dell’Illinois, presentarono una quindicenne del Kuwait di nome Nayirah.
In lacrime e visibilmente turbata, la ragazza descrisse una scena
orripilante accaduta a Kuwait City. “Facevo la volontaria all’ospedale
al-Addan,” testimoniò. “mentre mi trovavo lì vidi dei soldati iracheni
irrompere con le armi nell’ospedale ed entrare nelle stanze dove
c’erano i neonati nelle incubatrici. Tolsero via i neonati e presero le
incubatrici lasciando morire i bambini a terra sul pavimento gelido”.
Sette senatori favorevoli all’intervento bellico utilizzarono queste
affermazioni per motivare la necessità dell’invasione in Iraq, portando
di fatto alla vittoria del sì per un margine ristretto di cinque voti.
In seguito si scoprì che Nayirah apparteneva alla famiglia reale del
Kuwait, era figlia dell’ambasciatore kuwaitiano negli Stati Uniti e che
l’episodio delle incubatrici era stato inventato.
Un altro trionfo mediatico di cui Rendon va fiero è stata la
manipolazione dei media attuata durante il conflitto vero e proprio.
“Chi di voi ha partecipato alla liberazione del Kuwait… o chi l’ha
soltanto vista in televisione, avrà notato le centinaia di kuwaitiani
che sventolavano delle piccole bandiere americane. Vi siete mai chiesti
come avesse fatto la gente di Kuwait City, dopo essere stata tenuta in
ostaggio per sette lunghi e dolorosi mesi, a procurarsi delle
bandierine americane? E quelle degli altri paesi alleati? Ora lo
sapete. Era uno dei miei compiti,” annunciò nel 1998 a una conferenza
sulla sicurezza nazionale.
Poco dopo gli attentati dell’11 settembre a Wall Street e Washington,
il Pentagono offrì a Rendon un contratto di 100.000 dollari al mese per
rintracciare notizie estere antiamericane, fornire consulenza sulle
strategie di comunicazione e seminare in rete, sulla stampa e in
televisione notizie filoamericane.
Nel 2002 quando il Pentagono tentò di istituire l’Office of Strategic
Influence (Ufficio per la manipolazione strategica) per poter
diffondere nei paesi stranieri notizie fuorvianti, fu proprio Rendon
l’uomo che avevano in mente. Il presidente Bush, infine, fu costretto a
eclissare il progetto dopo il fiume di proteste provenienti dai media e
dall’opinione pubblica, ma guardando indietro ci si chiede se
l’amministrazione non abbia semplicemente deciso di rinominarlo.
Ricevere il messaggio
Un anno fa fu chiesto a John Rendon di tenere un discorso a una
conferenza di funzionari dell’esercito organizzata al King’s College di
Londra su “come utilizzare al meglio le risorse militari nel campo
della gestione delle informazioni, istruendo politici e analisti e
promuovendo piani d’azione all’interno del proprio paese o all’estero”.
“Credo che l’Operation Iraq Freedom (Operazione Iraq libero) ci abbia
assicurato un posto in prima fila per lo scontro tra due diverse
culture della comunicazione. Se si seguivano i media statunitensi o
occidentali la guerra era raffigurata in un certo modo. Se si
ascoltavano o guardavano le notizie trasmesse da un’emittente araba si
ricevevano notizie di tutt’altro genere,” ha affermato Rendon, secondo
una copia del suo discorso ottenuta da CorpWatch. “In altre parti del
mondo la copertura televisiva forniva ai cittadini punti di vista
diversi. In Indonesia, per esempio, dove risiede la più grande
popolazione musulmana del mondo, i telespettatori potevano scegliere
tra la CNN International, la BBC World e, da fine marzo, Al-Jazeera…
Secondo voi qual è stato il canale più visto? Al-Jazeera, ovviamente.”
“E questo ci porta alla prima cosa importante da imparare. Dobbiamo
ancora lavorare se vogliamo far giungere il nostro messaggio al maggior
numero di persone possibile… in una miriade di lingue internazionali…e
con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo di
giungere ma anche di essere recepito”.
Potere alla pace
Mentre il fratello era alla guida della “gestione delle informazioni”
promuovendo la guerra, Rick Rendon si occupava delle pubbliche
relazioni per il progetto educativo post-11 settembre “United We Stand”
(Rimaniamo uniti) del Massachussets; progetto che, secondo il sito
della Rendon Group, “ha creato un simbolo visibile di speranza, una
bandiera americana di enormi dimensioni (20x35 m) formata da circa
40.000 brandelli di stoffa da 15x15 cm con messaggi di patriottismo,
pace, amore e sostegno al proprio paese scritti da 50.000 studenti
provenienti da oltre 675 classi”.
Di recente, Rick si è fatto promotore di un progetto intitolato
“Empower Peace” (Potere alla pace) che sfrutta le tecnologie di video
conferenza della Rendon Group per promuovere la pace tra gli alunni del
Medio Oriente e del Massachussets, anche se in scala ridotta rispetto
alle tecnologie utilizzate per la Convention democratica.
Il primo scambio è stato trasmesso il 20 maggio 2003. Il progetto era
semplice ma stimolante: la El Centro del Cardenal High School di
Boston, gli studenti della Stoneham High School di Stoneham e gli
studenti musulmani della Khawla School del Bahrein hanno parlato tra
loro di pace tramite la tecnologia video della Polycom.
“Per le vecchie generazioni farsi un’opinione o cambiare modo di
pensare è difficile. Per le generazioni future invece è essenziale.
Riponiamo le nostre speranze nelle giovani generazioni future,” ha
dichiarato Rendon all’epoca. Colleen Cull, insegnante alla El centro
del Cardenal High School, ha aggiunto entusiasta: “In sostanza credo
che prenderanno molte delle informazioni ricevute attraverso questo
progetto e le condivideranno con gli amici, i familiari avviando così
l’intero processo di pace”.
Che progetti come quello di “Empower Peace” o “United We Stand” siano
mezzi efficaci per contrastare la retorica antiamericana di Al-Jazeera?
Rick Rendon sta forse aiutando il fratello a comunicare “con le lingue
e con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo
di giungere ma anche di essere recepito”, utilizzando gli studenti di
Boston e del Bahrein come strumento per far sembrare l’occupazione
statunitense dell’Iraq un gesto d’amicizia? Rendon non si esprime
sull’argomento. Alla richiesta di discutere dell’invasione in Iraq, ha
risposto bruscamente: “È irrilevante. Sarò lieto di discutere
dell’Empower Peace, ma di nient’altro”.
Poco distante dalla festa da Tia’s a Boston, Rendon dichiarava che il
progetto era stato finanziato interamente dalla sua società. “È stato
realizzato grazie al nostro buon cuore. Si basava su ciò che è
diventata la campagna per la pace razziale tra scuole più grandi del
mondo; ha riunito qui a Boston 15.000 ragazzi per parlare di diversità
e di rispetto reciproco coinvolgendo studenti di Belfast dall’Irlanda
del Nord (cattolici e protestanti) e dal Sud Africa (neri e bianchi);
hanno interagito superando i pregiudizi e i luoghi comuni e hanno
imparato a vivere, studiare e giocare insieme”.
La guerra è pace
Ma come spesso accade nelle relazioni pubbliche il messaggio che
aleggia in superficie non necessariamente coincide con lo scopo ultimo
della campagna.
A rendere più interessante il lavoro dei due fratelli è il fatto che
spesso si servano delle medesime persone: uno di loro venne alla luce
quando inaspettatamente fu ucciso nel nord dell’Iraq nei primi tre
giorni dopo l’invasione del marzo 2003. Paul Moran, freelance per la
Australian Broadcasting Corporation di Adelaide, all’epoca viveva nel
Bahrein e lavorava per la Rendon Group all’Empower Peace. Oltre a
essere un freelance che girava video aziendali per vivere, Moran
lavorava per John Rendon e aveva quindi una doppia vita, secondo
l’Adelaide Advertiser che al funerale intervistò amici e familiari.
Moran fece tesoro della “sua esperienza di cameraman per addestrare i
dissidenti iracheni all’uso di telecamere nascoste per filmare attività
militari. Durante gli incontri tenuti a Teheran, in Iran, mostrava agli
iracheni contrari a Saddam come sfruttare oggetti di uso quotidiano, ad
esempio sacchi di datteri, per nascondere le telecamere… lavorò a
stretto contatto con i partiti di opposizione iracheni in esilio che
incitavano la popolazione a sollevarsi contro Saddam [e]… fu coinvolto
nella defezione di uno scienziato iracheno che fornì al governo
statunitense prove importanti sui laboratori per la costruzione di armi
biologiche, chimiche e nucleari irachene”. Inoltre “fu ingaggiato per
ripristinare una stazione televisiva del Kuwait utilizzata per
trasmettere in Iraq messaggi anti-Saddam e… per fornire annunci di
servizio pubblici per il Pentagono da trasmettere in Iraq in
preparazione dell’Operation Freedom Iraq.” Alcune di queste
trasmissioni vennero registrate a Boston.
Un articolo del Villane Voice rivelò che la Rendon Group aveva chiesto
la collaborazione di un dottorando di Harvard, sebbene in qualche caso
la produzione non fu organizzata in maniera adeguata. “Nessuno sapeva
una parola di arabo. Pensavano stessi ridicolizzando Saddam, ma per
quanto ne capivano potevo anche stroncare il governo americano. Quale
iracheno troverebbe divertente prendersi gioco dei baffi di Saddam,
quando lì li portano quasi tutti?” affermò lo studente, che chiese di
rimanere anonimo.
Il legame Chalabi
Ci si potrebbe chiedere se il “perception management” o la “gestione
delle informazioni” della Rendon Group siano ciò che una volta si
chiamava propaganda o disinformazione.
Alla luce delle recenti dichiarazioni che hanno rivelato come le prove
addotte dall’amministrazione Bush a giustificazione dell’invasione in
Iraq fossero fittizie, è opportuno considerare il ruolo avuto da Moran
e dalla Rendon Group in quella vicenda.
Per esempio Adnan Ihsan Saeed al-Haideri, un tecnico civile iracheno
che dichiarò di aver visto venti edifici segreti presumibilmente
utilizzati per la costruzione di armi chimiche e biologiche, venne
portato di nascosto in Tailandia per essere intervistato da Moran.
Ad assistere al-Haideri vi era Zaab Sethna, portavoce del congresso
nazionale iracheno (INC) e collega di vecchia data di Moran. Non
sorprende che lo stesso INC (noto per il suo fondatore, Ahmed Chalabi,
membro, caduto ormai in disgrazia, del consiglio di governo iracheno)
sia stato creato dalla Rendon Group, secondo quanto emerge dal rapporto
di Peter Jennings della ABC News del febbraio del 1998 che mostrava
come la Rendon Group avesse speso più di 23 milioni di dollari per
conto della CIA.
Secondo la ABC, fu proprio Rendon a trovare un nome per il congresso
nazionale iracheno.
Aggiunge Seymour Hersh del New Yorker che la Rendon Group fu “pagata
dalla CIA quasi cento milioni di dollari” per il lavoro svolto con
l’INC.
Per testate importanti come il New York Times, Chalabi e l’INC furono
tra le “fonti” principali di informazioni per quanto riguarda le
misteriose “armi di distruzione di massa” irachene.
La Rendon Group lavorava forse con Moran e Chalabi grazie a un qualche
contratto speciale stipulato con il governo americano affinché la
guerra fosse giustificata tramite la manipolazione dei media, come ad
esempio il New York Times? Non ci sono prove a confermarlo ma solo
molte coincidenze sospette.
Secondo il reporter australiano John Hosking, che intervistò Zaab
Sethna a Dateline, un programma di informazione australiano, l’unico
altro reporter che riuscì a intervistare al-Haideri prima che fosse
inglobato da un programma di protezione testimoni fu la scandalosa
Judith Miller del New York Times.
Miller firmò numerose inchieste che ribadivano la “minaccia”
rappresentata dalle armi di distruzione di massa irachene e indicò in
al-Haideri la sua fonte.
Articoli e informazioni di natura simile vennero presentati più volte
dall’amministrazione Bush come pretesto per l’attuale guerra in Iraq.
A maggio del 2004, il New York Times pubblicò un editoriale scusandosi
per cinque inchieste, inclusi parecchi articoli di prima pagina,
prodotte tra il 2001 e il 2003 che riferivano di armi biologiche,
chimiche e nucleari presenti in Iraq: “In alcuni casi, le informazioni
che all’epoca furono controverse, e che ora appaiono discutibili, non
vennero accertate con sufficienza o non vennero messe in discussione…
Guardando indietro, vorremmo aver mostrato più decisione nel
riesaminare le dichiarazioni ogni qual volta venivano – o non venivano
– alla luce nuove prove”.
Gestire gli eventi
Rick Rendon ha evitato ogni commento sul ruolo di Moran o sulle
attività della Rendon Group in Iraq. Verso mezzanotte quando la serata
al Tia’s stava ormai per concludersi, Rendon si è allontanato dal
reporter, troncando così l’intervista.
Nel frattempo i suoi committenti della Time Warner e i loro ospiti lo
hanno raggiunto per ringraziarlo dell’ennesima festa ben riuscita e
dell’occasione concessa per parlarsi.
Tra gli ultimi a lasciare la festa c’era Jason Steinbaum, responsabile
dello staff del parlamentare Eliot Engel, deputato democratico di New
York, che ha scambiato qualche parola con CorpWatch: “Chi di noi
frequenta determinate cerimonie è molto grato alle organizzazioni che
le sponsorizzano, siano esse agenzie o associazioni commerciali o altre
tipologie di… altre tipologie di società. Siamo davvero molto grati.
Con alcuni membri della Time Warner lavoro su tematiche che sono di
competenza del comitato di cui fa parte il mio responsabile e cerimonie
come queste ci danno la possibilità di conoscerci dietro le quinte,” ha
dichiarato.
“La Time Warner ha una sua presenza a Washington e siamo bel lieti di
accoglierla nei [nostri] uffici”.
Se John Kerry dovesse vincere le elezioni, potrebbe decidere di fare
affidamento sulla Rendon Group per plasmare l’opinione pubblica sulla
guerra in Iraq.
Dopo tutto i Rendon sono vecchi sostenitori del partito democratico che
sono stati in grado di mostrare due volti completamente diversi pur
lavorando per la stessa società: manipolando l’opinione pubblica nei
confronti delle operazioni anti-guerriglia in Colombia; incitando i
cittadini del Massachussets a pagare le tasse e a riciclare i
contenitori per le bevande; occupandosi delle pubbliche relazioni di
Jean Bertrand Aristide dopo che l’amministrazione Clinton lo aveva
reinsediato al potere e di quelle dei gruppi cittadini che chiedevano
la caduta di Noriega dopo l’invasione dell’esercito statunitense.
E anche se Kerry dovesse essere sconfitto dall’amministrazione
Cheney-Bush, nessun problema, la Rendon Group sarà sempre pronta e al
servizio di chiunque.
Traduzione di Maria Romanazzo per Nuovi Mondi Media
Fonte: http://www.guerrillanews.com/corporate_crime/doc50
36.html
For Fair Use Only
http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modlo
ad&name=News&file=article&sid=782&mode=thread&orde
I colleghi "iracheni" della Ruder&Finn
http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5018&s2=24
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Guerrieri dell'informazione
di Pratap Chatterjee da guerrillanews.com
La Rendon Group è l’agenzia di consulenza che fornisce servizi di
comunicazione politica. I servizi offerti variano dalla creazione di
“un ambiente favorevole in vista della privatizzazione” alla
giustificazione della guerra. Al suo attivo: la manipolazione dei media
durante guerra del Golfo, le reazioni dopo gli attentati dell’11
settembre, la giustificazione dell’invasione in Iraq...
“L’informazione è una componente del potere” – dal sito della Rendon
Group.
Alla vigilia della Convention nazionale dei democratici, un suggestivo
spettacolo pirotecnico illuminava la baia di Boston sotto gli occhi di
eleganti politici, di dirigenti e dei rispettivi amici, che osservavano
da un ristorante in riva al mare di nome Tia’s riservato per
l’occasione.
Rick Rendon, responsabile dell’organizzazione dell’evento, si
intratteneva amabilmente con i propri clienti: i dirigenti della Time
Warner, tra i quali il direttore Richard Parsons che lo aveva
ingaggiato per dedicare la serata a un’importante parlamentare della
California: Nancy Pelosi, leader del partito democratico.
Otto ore dopo, Rendon dava prova delle sue capacità tecnologiche nella
gestione delle informazioni: una video conferenza collegava le 56
delegazioni della Convention del partito democratico distribuite su
tutta la città in 23 luoghi differenti. “Un’iniziativa importante
perché il partito democratico esige che da tutti i suoi deputati emerga
un messaggio coerente e univoco, soprattutto per quanto riguarda la
comunicazione con i media,” ha rivelato a Information Week Rick Rendon,
co-fondatore e socio anziano della Rendon Group.
Comunicazione politica
Per la Rendon Group, il cui motto è: “l’informazione è una componente
del potere,” l’organizzazione dell’evento è stata solo uno dei tanti
servizi di “perception management” (comunicazione politica) che
l’agenzia di consulenza fornisce ai suoi clienti, tra i quali le
agenzie governative del Massachussets, i dirigenti di multinazionali,
il partito democratico, gli uffici della Defense Advanced Research
Projects Agency (DARPA) al Pentagono e il regime militare in Colombia.
I servizi offerti variano dalla creazione di “un ambiente favorevole in
vista della privatizzazione” alla giustificazione della guerra. La
società, che ha sedi a Boston e a Washington DC, è gestita da Rick
Rendon, suo fratello John Rendon, sua cognata Sandra Libby e da David
Perkins, già impiegato al Pentagono.
I rapporti di Rendon con il partito democratico risalgono almeno a 24
anni prima, in occasione della convention di New York del 1980, dove il
suo compito era quello di occuparsi dei deputati. Suo fratello John era
direttore esecutivo e direttore politico del Comitato nazionale
democratico.
Quando Jimmy Carter perse le elezioni contro Ronald Reagan, i Rendon
aprirono bottega come consulenti politici. Quasi un quarto di secolo
dopo la convention di New York, i due fratelli si ritrovano ancora a
stretto contatto sia negli affari che nella politica. John e Rick
sembrano lavorare in due mondi distinti, Boston e Washington, così come
la presenza in rete della Rendon Group si biforca in due siti
differenti, uno interno e l’altro internazionale. John gira il mondo
smerciando strategie di guerra mentre Rick rimane a casa a vendere
pace, produrre video per gli alti dirigenti e organizzare eventi. Ma la
società è a tutti gli effetti un’entità sola e un esame attento
suggerisce come forse questa netta divisione non sia che a sua volta un
caso di “perception management”.
Potere alla guerra
Quando Reagan vinse le elezioni, cancellando in un sol colpo dodici
anni di presidenti repubblicani, i Rendon ampliarono il loro raggio di
azione e John cominciò a fornire servizi di consulenza all’esercito.
Nel 1989 durante l’invasione di Panama, dall’alto di un palazzo di
Panama City (Florida) contribuì alla gestione delle informazioni sulla
guerra.
In occasione della prima guerra del Golfo nel 1991, il suo staff
operava nei dintorni di Taif in Arabia Saudita.
Durante la guerra in Afghanistan , ogni mattina alle 9:30 si riuniva
con alti funzionari del Pentagono per stabilire il comunicato del
giorno.
Una delle sue operazioni mediatiche più famose, realizzata con il
contributo dell’agenzia di pubbliche relazioni Hill & Knowlton, fu
inscenata durante la mobilitazione alla guerra del Golfo del 1991.
Il 10 ottobre 1990 il Congressional Human Rights Caucus (Commissione
per i diritti umani) tenne un’udienza a Capitol Hill. Tom Lantos,
deputato democratico della California, e John Porter, repubblicano
dell’Illinois, presentarono una quindicenne del Kuwait di nome Nayirah.
In lacrime e visibilmente turbata, la ragazza descrisse una scena
orripilante accaduta a Kuwait City. “Facevo la volontaria all’ospedale
al-Addan,” testimoniò. “mentre mi trovavo lì vidi dei soldati iracheni
irrompere con le armi nell’ospedale ed entrare nelle stanze dove
c’erano i neonati nelle incubatrici. Tolsero via i neonati e presero le
incubatrici lasciando morire i bambini a terra sul pavimento gelido”.
Sette senatori favorevoli all’intervento bellico utilizzarono queste
affermazioni per motivare la necessità dell’invasione in Iraq, portando
di fatto alla vittoria del sì per un margine ristretto di cinque voti.
In seguito si scoprì che Nayirah apparteneva alla famiglia reale del
Kuwait, era figlia dell’ambasciatore kuwaitiano negli Stati Uniti e che
l’episodio delle incubatrici era stato inventato.
Un altro trionfo mediatico di cui Rendon va fiero è stata la
manipolazione dei media attuata durante il conflitto vero e proprio.
“Chi di voi ha partecipato alla liberazione del Kuwait… o chi l’ha
soltanto vista in televisione, avrà notato le centinaia di kuwaitiani
che sventolavano delle piccole bandiere americane. Vi siete mai chiesti
come avesse fatto la gente di Kuwait City, dopo essere stata tenuta in
ostaggio per sette lunghi e dolorosi mesi, a procurarsi delle
bandierine americane? E quelle degli altri paesi alleati? Ora lo
sapete. Era uno dei miei compiti,” annunciò nel 1998 a una conferenza
sulla sicurezza nazionale.
Poco dopo gli attentati dell’11 settembre a Wall Street e Washington,
il Pentagono offrì a Rendon un contratto di 100.000 dollari al mese per
rintracciare notizie estere antiamericane, fornire consulenza sulle
strategie di comunicazione e seminare in rete, sulla stampa e in
televisione notizie filoamericane.
Nel 2002 quando il Pentagono tentò di istituire l’Office of Strategic
Influence (Ufficio per la manipolazione strategica) per poter
diffondere nei paesi stranieri notizie fuorvianti, fu proprio Rendon
l’uomo che avevano in mente. Il presidente Bush, infine, fu costretto a
eclissare il progetto dopo il fiume di proteste provenienti dai media e
dall’opinione pubblica, ma guardando indietro ci si chiede se
l’amministrazione non abbia semplicemente deciso di rinominarlo.
Ricevere il messaggio
Un anno fa fu chiesto a John Rendon di tenere un discorso a una
conferenza di funzionari dell’esercito organizzata al King’s College di
Londra su “come utilizzare al meglio le risorse militari nel campo
della gestione delle informazioni, istruendo politici e analisti e
promuovendo piani d’azione all’interno del proprio paese o all’estero”.
“Credo che l’Operation Iraq Freedom (Operazione Iraq libero) ci abbia
assicurato un posto in prima fila per lo scontro tra due diverse
culture della comunicazione. Se si seguivano i media statunitensi o
occidentali la guerra era raffigurata in un certo modo. Se si
ascoltavano o guardavano le notizie trasmesse da un’emittente araba si
ricevevano notizie di tutt’altro genere,” ha affermato Rendon, secondo
una copia del suo discorso ottenuta da CorpWatch. “In altre parti del
mondo la copertura televisiva forniva ai cittadini punti di vista
diversi. In Indonesia, per esempio, dove risiede la più grande
popolazione musulmana del mondo, i telespettatori potevano scegliere
tra la CNN International, la BBC World e, da fine marzo, Al-Jazeera…
Secondo voi qual è stato il canale più visto? Al-Jazeera, ovviamente.”
“E questo ci porta alla prima cosa importante da imparare. Dobbiamo
ancora lavorare se vogliamo far giungere il nostro messaggio al maggior
numero di persone possibile… in una miriade di lingue internazionali…e
con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo di
giungere ma anche di essere recepito”.
Potere alla pace
Mentre il fratello era alla guida della “gestione delle informazioni”
promuovendo la guerra, Rick Rendon si occupava delle pubbliche
relazioni per il progetto educativo post-11 settembre “United We Stand”
(Rimaniamo uniti) del Massachussets; progetto che, secondo il sito
della Rendon Group, “ha creato un simbolo visibile di speranza, una
bandiera americana di enormi dimensioni (20x35 m) formata da circa
40.000 brandelli di stoffa da 15x15 cm con messaggi di patriottismo,
pace, amore e sostegno al proprio paese scritti da 50.000 studenti
provenienti da oltre 675 classi”.
Di recente, Rick si è fatto promotore di un progetto intitolato
“Empower Peace” (Potere alla pace) che sfrutta le tecnologie di video
conferenza della Rendon Group per promuovere la pace tra gli alunni del
Medio Oriente e del Massachussets, anche se in scala ridotta rispetto
alle tecnologie utilizzate per la Convention democratica.
Il primo scambio è stato trasmesso il 20 maggio 2003. Il progetto era
semplice ma stimolante: la El Centro del Cardenal High School di
Boston, gli studenti della Stoneham High School di Stoneham e gli
studenti musulmani della Khawla School del Bahrein hanno parlato tra
loro di pace tramite la tecnologia video della Polycom.
“Per le vecchie generazioni farsi un’opinione o cambiare modo di
pensare è difficile. Per le generazioni future invece è essenziale.
Riponiamo le nostre speranze nelle giovani generazioni future,” ha
dichiarato Rendon all’epoca. Colleen Cull, insegnante alla El centro
del Cardenal High School, ha aggiunto entusiasta: “In sostanza credo
che prenderanno molte delle informazioni ricevute attraverso questo
progetto e le condivideranno con gli amici, i familiari avviando così
l’intero processo di pace”.
Che progetti come quello di “Empower Peace” o “United We Stand” siano
mezzi efficaci per contrastare la retorica antiamericana di Al-Jazeera?
Rick Rendon sta forse aiutando il fratello a comunicare “con le lingue
e con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo
di giungere ma anche di essere recepito”, utilizzando gli studenti di
Boston e del Bahrein come strumento per far sembrare l’occupazione
statunitense dell’Iraq un gesto d’amicizia? Rendon non si esprime
sull’argomento. Alla richiesta di discutere dell’invasione in Iraq, ha
risposto bruscamente: “È irrilevante. Sarò lieto di discutere
dell’Empower Peace, ma di nient’altro”.
Poco distante dalla festa da Tia’s a Boston, Rendon dichiarava che il
progetto era stato finanziato interamente dalla sua società. “È stato
realizzato grazie al nostro buon cuore. Si basava su ciò che è
diventata la campagna per la pace razziale tra scuole più grandi del
mondo; ha riunito qui a Boston 15.000 ragazzi per parlare di diversità
e di rispetto reciproco coinvolgendo studenti di Belfast dall’Irlanda
del Nord (cattolici e protestanti) e dal Sud Africa (neri e bianchi);
hanno interagito superando i pregiudizi e i luoghi comuni e hanno
imparato a vivere, studiare e giocare insieme”.
La guerra è pace
Ma come spesso accade nelle relazioni pubbliche il messaggio che
aleggia in superficie non necessariamente coincide con lo scopo ultimo
della campagna.
A rendere più interessante il lavoro dei due fratelli è il fatto che
spesso si servano delle medesime persone: uno di loro venne alla luce
quando inaspettatamente fu ucciso nel nord dell’Iraq nei primi tre
giorni dopo l’invasione del marzo 2003. Paul Moran, freelance per la
Australian Broadcasting Corporation di Adelaide, all’epoca viveva nel
Bahrein e lavorava per la Rendon Group all’Empower Peace. Oltre a
essere un freelance che girava video aziendali per vivere, Moran
lavorava per John Rendon e aveva quindi una doppia vita, secondo
l’Adelaide Advertiser che al funerale intervistò amici e familiari.
Moran fece tesoro della “sua esperienza di cameraman per addestrare i
dissidenti iracheni all’uso di telecamere nascoste per filmare attività
militari. Durante gli incontri tenuti a Teheran, in Iran, mostrava agli
iracheni contrari a Saddam come sfruttare oggetti di uso quotidiano, ad
esempio sacchi di datteri, per nascondere le telecamere… lavorò a
stretto contatto con i partiti di opposizione iracheni in esilio che
incitavano la popolazione a sollevarsi contro Saddam [e]… fu coinvolto
nella defezione di uno scienziato iracheno che fornì al governo
statunitense prove importanti sui laboratori per la costruzione di armi
biologiche, chimiche e nucleari irachene”. Inoltre “fu ingaggiato per
ripristinare una stazione televisiva del Kuwait utilizzata per
trasmettere in Iraq messaggi anti-Saddam e… per fornire annunci di
servizio pubblici per il Pentagono da trasmettere in Iraq in
preparazione dell’Operation Freedom Iraq.” Alcune di queste
trasmissioni vennero registrate a Boston.
Un articolo del Villane Voice rivelò che la Rendon Group aveva chiesto
la collaborazione di un dottorando di Harvard, sebbene in qualche caso
la produzione non fu organizzata in maniera adeguata. “Nessuno sapeva
una parola di arabo. Pensavano stessi ridicolizzando Saddam, ma per
quanto ne capivano potevo anche stroncare il governo americano. Quale
iracheno troverebbe divertente prendersi gioco dei baffi di Saddam,
quando lì li portano quasi tutti?” affermò lo studente, che chiese di
rimanere anonimo.
Il legame Chalabi
Ci si potrebbe chiedere se il “perception management” o la “gestione
delle informazioni” della Rendon Group siano ciò che una volta si
chiamava propaganda o disinformazione.
Alla luce delle recenti dichiarazioni che hanno rivelato come le prove
addotte dall’amministrazione Bush a giustificazione dell’invasione in
Iraq fossero fittizie, è opportuno considerare il ruolo avuto da Moran
e dalla Rendon Group in quella vicenda.
Per esempio Adnan Ihsan Saeed al-Haideri, un tecnico civile iracheno
che dichiarò di aver visto venti edifici segreti presumibilmente
utilizzati per la costruzione di armi chimiche e biologiche, venne
portato di nascosto in Tailandia per essere intervistato da Moran.
Ad assistere al-Haideri vi era Zaab Sethna, portavoce del congresso
nazionale iracheno (INC) e collega di vecchia data di Moran. Non
sorprende che lo stesso INC (noto per il suo fondatore, Ahmed Chalabi,
membro, caduto ormai in disgrazia, del consiglio di governo iracheno)
sia stato creato dalla Rendon Group, secondo quanto emerge dal rapporto
di Peter Jennings della ABC News del febbraio del 1998 che mostrava
come la Rendon Group avesse speso più di 23 milioni di dollari per
conto della CIA.
Secondo la ABC, fu proprio Rendon a trovare un nome per il congresso
nazionale iracheno.
Aggiunge Seymour Hersh del New Yorker che la Rendon Group fu “pagata
dalla CIA quasi cento milioni di dollari” per il lavoro svolto con
l’INC.
Per testate importanti come il New York Times, Chalabi e l’INC furono
tra le “fonti” principali di informazioni per quanto riguarda le
misteriose “armi di distruzione di massa” irachene.
La Rendon Group lavorava forse con Moran e Chalabi grazie a un qualche
contratto speciale stipulato con il governo americano affinché la
guerra fosse giustificata tramite la manipolazione dei media, come ad
esempio il New York Times? Non ci sono prove a confermarlo ma solo
molte coincidenze sospette.
Secondo il reporter australiano John Hosking, che intervistò Zaab
Sethna a Dateline, un programma di informazione australiano, l’unico
altro reporter che riuscì a intervistare al-Haideri prima che fosse
inglobato da un programma di protezione testimoni fu la scandalosa
Judith Miller del New York Times.
Miller firmò numerose inchieste che ribadivano la “minaccia”
rappresentata dalle armi di distruzione di massa irachene e indicò in
al-Haideri la sua fonte.
Articoli e informazioni di natura simile vennero presentati più volte
dall’amministrazione Bush come pretesto per l’attuale guerra in Iraq.
A maggio del 2004, il New York Times pubblicò un editoriale scusandosi
per cinque inchieste, inclusi parecchi articoli di prima pagina,
prodotte tra il 2001 e il 2003 che riferivano di armi biologiche,
chimiche e nucleari presenti in Iraq: “In alcuni casi, le informazioni
che all’epoca furono controverse, e che ora appaiono discutibili, non
vennero accertate con sufficienza o non vennero messe in discussione…
Guardando indietro, vorremmo aver mostrato più decisione nel
riesaminare le dichiarazioni ogni qual volta venivano – o non venivano
– alla luce nuove prove”.
Gestire gli eventi
Rick Rendon ha evitato ogni commento sul ruolo di Moran o sulle
attività della Rendon Group in Iraq. Verso mezzanotte quando la serata
al Tia’s stava ormai per concludersi, Rendon si è allontanato dal
reporter, troncando così l’intervista.
Nel frattempo i suoi committenti della Time Warner e i loro ospiti lo
hanno raggiunto per ringraziarlo dell’ennesima festa ben riuscita e
dell’occasione concessa per parlarsi.
Tra gli ultimi a lasciare la festa c’era Jason Steinbaum, responsabile
dello staff del parlamentare Eliot Engel, deputato democratico di New
York, che ha scambiato qualche parola con CorpWatch: “Chi di noi
frequenta determinate cerimonie è molto grato alle organizzazioni che
le sponsorizzano, siano esse agenzie o associazioni commerciali o altre
tipologie di… altre tipologie di società. Siamo davvero molto grati.
Con alcuni membri della Time Warner lavoro su tematiche che sono di
competenza del comitato di cui fa parte il mio responsabile e cerimonie
come queste ci danno la possibilità di conoscerci dietro le quinte,” ha
dichiarato.
“La Time Warner ha una sua presenza a Washington e siamo bel lieti di
accoglierla nei [nostri] uffici”.
Se John Kerry dovesse vincere le elezioni, potrebbe decidere di fare
affidamento sulla Rendon Group per plasmare l’opinione pubblica sulla
guerra in Iraq.
Dopo tutto i Rendon sono vecchi sostenitori del partito democratico che
sono stati in grado di mostrare due volti completamente diversi pur
lavorando per la stessa società: manipolando l’opinione pubblica nei
confronti delle operazioni anti-guerriglia in Colombia; incitando i
cittadini del Massachussets a pagare le tasse e a riciclare i
contenitori per le bevande; occupandosi delle pubbliche relazioni di
Jean Bertrand Aristide dopo che l’amministrazione Clinton lo aveva
reinsediato al potere e di quelle dei gruppi cittadini che chiedevano
la caduta di Noriega dopo l’invasione dell’esercito statunitense.
E anche se Kerry dovesse essere sconfitto dall’amministrazione
Cheney-Bush, nessun problema, la Rendon Group sarà sempre pronta e al
servizio di chiunque.
Traduzione di Maria Romanazzo per Nuovi Mondi Media
Fonte: http://www.guerrillanews.com/corporate_crime/doc50
36.html
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