http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39204
La destra «riforma» il codice militare: galera per i giornalisti che
raccontano la guerra
di Toni Fontana
Arrivano le manette per i giornalisti scomodi al governo, contrari alla
guerra e critici sulla missione in Iraq. Su proposta del centrodestra
il Senato ha infatti approvato ieri una «riforma» del codice penale
militare che prevede tra l’altro pene gravissime e lunghe detenzioni
per i giornalisti che scriveranno articoli sulle missioni militari,
compresa quella in corso a Nassiriya.
L’iniziativa della maggioranza di governo sta già provocando proteste e
suscitando polemiche. Il senatore Ds, Elvio Fassone, sostiene che la
riforma «rischia di avere conseguenze molti gravi anche nel campo della
libertà di informazione». Il segretario della Federazione della Stampa
italiana, Paolo Serventi Longhi, parla di «misura gravemente lesiva
dell’indipendenza e dalla libertà dell’informazione». La riforma, che
appare studiata allo scopo di chiudere la bocca a tutti coloro che
contestano le finalità e la natura della missione italiana nella guerra
dell’Iraq, si configura come un’estensione del codice penale militare
di guerra anche alle missione di pace. La missione a Nassiriya è
appunto considerata dal governo un missione di pace e, di conseguenza,
la nuova normativa verrà estesa (se la Camera confermerà il giudizio
del Senato) anche ai servizi giornalistici che provengono dall’Iraq.
Per effetto delle norme approvate ieri dalla maggioranza di
centrodestra a palazzo Madama diventano «operativi», cioè pienamente in
vigore anche gli articoli 72 e 73 del codice penale militare italiano
là dove la legge recita che viene punita «l’illecita raccolta,
pubblicazione e diffusione di notizie militari». Viene punito con la
reclusione militare, viene cioè affidato ad un carcere militare, il
giornalista che «procura notizie concernenti la forza, la preparazione
o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate,
il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni
altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere
riservato». Il giornalista che verrà accusato di
questi «reati» potrà essere condannato ad una pena variante tra i due e
i dieci anni di carcere, ovviamente militare. Non è tutto. Se queste
notizie verranno «divulgate» la pena potrà essere raddoppiata e
arrivare fino a venti anni di carcere. Il minimo della condanna per il
cronista che osa scrivere qualcosa che disturba è in questo caso di
cinque anni.
Se la riforma seguirà il suo iter e verrà approvata dai due rami del
Parlamento ai militari verrà dunque affidato un potere assoluto e
arbitrario di discrezione e di intervento sulle attività dei cronisti
che seguono le missioni all’estero. Le disposizioni sono così precise e
dettagliate che, nei fatti, ogni articolo inviato dai teatri di guerra,
in special modo da Nassiriya, potrà diventate un atto di accusa contro
gli lo avrà scritto che rischierà pene superiori a quelle comminate a
molti incalliti criminali. Il senatore Ds Elvio Fassone interviene
sulla decisione della maggioranza di «estendere l’ambito del codice
militare di guerra» giudicando l’iniziativa «una scelta molto
inopportuna sotto molti aspetti, che rischia di avere conseguenze molto
gravi anche nel campo della libertà
dell’informazione». Fassone si augura un «ripensamento» alla Camera.
Serventi Longhi ricorda dal canto suo che la riforma «prevede il
carcere duro per i giornalisti che diffondono notizie sull’attività del
contingente italiano e, forse, anche sulle operazioni dei contingenti
alleati». Per il segretario della Fnsi si tratta di una misura
«ricattatoria per i giornalisti invitati di
fatto all’autocensura». Serventi Longhi auspica di conseguenza che la
riforma venga ritirata nella seconda lettura parlamentare, cioè a
Montecitorio. Le misure approvate ieri al Senato appaiono appunto
ispirate da quella parte del mondo politico e militare che da tempo sta
tentando di erigere un muro di gomma per impedire alla stampa di
ribadire i pressanti interrogativi che circondano la missione a
Nassiriya sulla quale non si sanno molte cose avvenute nel corso dei
combattimenti con i miliziani.
Vedi il testo del disegno di legge al sito:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/
frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=14&id=82995
---
Sulla censura della informazione nel caso dell'Iraq vedi ad esempio:
Media Cover-up of US War Crimes in Iraq
(Michel Chossudovsky - 17 November 2004)
http://globalresearch.ca/articles/CHO411B.html
Media Repression in “Liberated” Land
(Dahr Jamail, www.dissidentvoice.org)
http://www.uruknet.info?p=7351 or
http://www.dissidentvoice.org/Nov2004/Jamail1118-2.htm
Vedi anche:
Chi ha ucciso Margaret Hassan
(Robert Fisk - 18 novembre 2004)
in inglese : http://www.uruknet.info/?p=7305
in italiano : http://www.uruknet.info?p=7355 oppure
http://www.unita.it/
index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=39199
La destra «riforma» il codice militare: galera per i giornalisti che
raccontano la guerra
di Toni Fontana
Arrivano le manette per i giornalisti scomodi al governo, contrari alla
guerra e critici sulla missione in Iraq. Su proposta del centrodestra
il Senato ha infatti approvato ieri una «riforma» del codice penale
militare che prevede tra l’altro pene gravissime e lunghe detenzioni
per i giornalisti che scriveranno articoli sulle missioni militari,
compresa quella in corso a Nassiriya.
L’iniziativa della maggioranza di governo sta già provocando proteste e
suscitando polemiche. Il senatore Ds, Elvio Fassone, sostiene che la
riforma «rischia di avere conseguenze molti gravi anche nel campo della
libertà di informazione». Il segretario della Federazione della Stampa
italiana, Paolo Serventi Longhi, parla di «misura gravemente lesiva
dell’indipendenza e dalla libertà dell’informazione». La riforma, che
appare studiata allo scopo di chiudere la bocca a tutti coloro che
contestano le finalità e la natura della missione italiana nella guerra
dell’Iraq, si configura come un’estensione del codice penale militare
di guerra anche alle missione di pace. La missione a Nassiriya è
appunto considerata dal governo un missione di pace e, di conseguenza,
la nuova normativa verrà estesa (se la Camera confermerà il giudizio
del Senato) anche ai servizi giornalistici che provengono dall’Iraq.
Per effetto delle norme approvate ieri dalla maggioranza di
centrodestra a palazzo Madama diventano «operativi», cioè pienamente in
vigore anche gli articoli 72 e 73 del codice penale militare italiano
là dove la legge recita che viene punita «l’illecita raccolta,
pubblicazione e diffusione di notizie militari». Viene punito con la
reclusione militare, viene cioè affidato ad un carcere militare, il
giornalista che «procura notizie concernenti la forza, la preparazione
o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate,
il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni
altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere
riservato». Il giornalista che verrà accusato di
questi «reati» potrà essere condannato ad una pena variante tra i due e
i dieci anni di carcere, ovviamente militare. Non è tutto. Se queste
notizie verranno «divulgate» la pena potrà essere raddoppiata e
arrivare fino a venti anni di carcere. Il minimo della condanna per il
cronista che osa scrivere qualcosa che disturba è in questo caso di
cinque anni.
Se la riforma seguirà il suo iter e verrà approvata dai due rami del
Parlamento ai militari verrà dunque affidato un potere assoluto e
arbitrario di discrezione e di intervento sulle attività dei cronisti
che seguono le missioni all’estero. Le disposizioni sono così precise e
dettagliate che, nei fatti, ogni articolo inviato dai teatri di guerra,
in special modo da Nassiriya, potrà diventate un atto di accusa contro
gli lo avrà scritto che rischierà pene superiori a quelle comminate a
molti incalliti criminali. Il senatore Ds Elvio Fassone interviene
sulla decisione della maggioranza di «estendere l’ambito del codice
militare di guerra» giudicando l’iniziativa «una scelta molto
inopportuna sotto molti aspetti, che rischia di avere conseguenze molto
gravi anche nel campo della libertà
dell’informazione». Fassone si augura un «ripensamento» alla Camera.
Serventi Longhi ricorda dal canto suo che la riforma «prevede il
carcere duro per i giornalisti che diffondono notizie sull’attività del
contingente italiano e, forse, anche sulle operazioni dei contingenti
alleati». Per il segretario della Fnsi si tratta di una misura
«ricattatoria per i giornalisti invitati di
fatto all’autocensura». Serventi Longhi auspica di conseguenza che la
riforma venga ritirata nella seconda lettura parlamentare, cioè a
Montecitorio. Le misure approvate ieri al Senato appaiono appunto
ispirate da quella parte del mondo politico e militare che da tempo sta
tentando di erigere un muro di gomma per impedire alla stampa di
ribadire i pressanti interrogativi che circondano la missione a
Nassiriya sulla quale non si sanno molte cose avvenute nel corso dei
combattimenti con i miliziani.
Vedi il testo del disegno di legge al sito:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/
frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=14&id=82995
---
Sulla censura della informazione nel caso dell'Iraq vedi ad esempio:
Media Cover-up of US War Crimes in Iraq
(Michel Chossudovsky - 17 November 2004)
http://globalresearch.ca/articles/CHO411B.html
Media Repression in “Liberated” Land
(Dahr Jamail, www.dissidentvoice.org)
http://www.uruknet.info?p=7351 or
http://www.dissidentvoice.org/Nov2004/Jamail1118-2.htm
Vedi anche:
Chi ha ucciso Margaret Hassan
(Robert Fisk - 18 novembre 2004)
in inglese : http://www.uruknet.info/?p=7305
in italiano : http://www.uruknet.info?p=7355 oppure
http://www.unita.it/
index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=39199